Tumgik
#collana fai da te
intotheclash · 5 months
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“Che c'è, Pietro, non sai cosa dire?”
“No.” Risposi con una vocetta appena udibile. Davvero non sapevo cosa cazzo dire. Guardai anche mia sorella, in cerca di una qualche illuminazione, di un appiglio qualsiasi, mi sarei aggrappato a tutto, pur di uscire indenne da quella pericolosa e niente affatto chiara situazione, ma lei rispose picche. Si voltò verso il televisore e mi lasciò solo contro tutti. Non voleva immischiarsi e non si sarebbe immischiata. Se se la prendevano con me, avrebbero lasciato in pace lei; la legge della giungla. Schifosa di un'egoista! Ma, alla prima occasione, me l'avrebbe pagata. Come si suona si balla.
“Allora, visto che non sai cosa dire,” Iniziò mio padre, “Lo faccio io per te. Ti racconto la mia parte di storia, quella che ho dovuto ascoltare stasera, prima di cena. Dopodiché sarai tu a raccontare la tua e bada bene di raccontarla tutta. E soprattutto precisa. Se mi accorgo che mi stai fregando, o soltanto me lo fai pensare, ti darò una di quelle strigliate che te la ricorderai finché campi. E potrai anche dire addio ai tuoi amici per tutta l'estate, visto che non ti farò più uscire di casa. Ci siamo intesi?” Dovetti acconsentire. Non è che fossi poi tanto d'accordo, ma cosa potevo farci? Avevo solo tredici anni. Comandava lui! Lui prendeva le decisioni e io le subivo. Non avevo alternativa. Per quanto riguarda il dove volesse andare a parare era ancora buio totale. Dovevo pazientare.
“Stasera, prima di venire a cena,” Iniziò, “mi sono incontrato al bar con Mario, il papà del tuo amico Sergio, abbiamo deciso di giocarci l'aperitivo a scopa. Una partita secca, chi perde paga, naturalmente. Consuetudine, lo facciano sempre. Ad un certo punto entra nel bar quella gran testa di cazzo dell'avvocato Terenzi…”
Quel cognome mi scoppiò in testa come una bomba a mano. Ora si che era tutto chiaro. Riuscivo a vedere solo disgrazie. Pensai al sangue che zampillava dal naso di Alberto Maria, il figlio dell'avvocato, pensai… Oh no! Peloroscio! Sembrava che si fosse ripreso, che stesse meglio quando lo avevamo lasciato al campo. Invece… Invece doveva essere morto, porco cane! Ecco perché mio padre era incazzato nero! Era finita! Sarei stato sbattuto in prigione per tutta la mia miserabile vita.  Probabilmente anche i carabinieri sapevano già tutto e stavano venendo a prendermi. Forse i miei amici li avevano già rinchiusi. Ero disperato, avevo voglia di piangere. Gli occhi mi si arrossarono e iniziò a tremarmi il labbro inferiore. Era finita! Il vecchio se ne accorse, fece un mezzo sorriso di vittoria e proseguì: “Vedo che non sei del tutto stupido, che stai iniziando a riflettere. Ma non è ancora il tuo turno di parlare, prima devo finire io. Dicevo: entra nel bar l'avvocato Terenzi. Un fatto strano, perché quel figlio di una puzzola è tirchio come un genovese di origini ebraiche e, là dentro, non ci mette mai piede, neanche per un caffè. La cosa ancor più strana, però, è stata che, appena entrato, si è diretto deciso verso il nostro tavolo. Sputava fiamme come un drago. Prima ci ha vomitato addosso una catasta di insulti, almeno dal tono sembravano insulti,  le parole non si capivano bene, quel borioso idiota parla una lingua che solo lui capisce. Ed è stata la sua fortuna, altrimenti sarei tornato a casa con una collana fatta con i suoi denti. Ma quando ha deciso di farsi capire, si è fatto capire bene e ci ha raccontato una storia. Una storia che tu dovresti conoscere bene e che, tra poco, sarai costretto anche tu a raccontare. L'avvocato ha detto che, giù al campo sportivo, tu e i tuoi amici siete saltati addosso a quel bastardo del suo adorato figliolo, lo avete caricato di botte e, non contenti, gli avete pure fregato il pallone. Adesso sta all'ospedale di Civita Castellana con il naso rotto e tutto gonfio. Un bel lavoro, non c'è che dire. Ha detto anche vi denuncerà tutti e a noi ci toccherà pagare una barca di soldi. Il Bastardo!”
Le lacrime trovarono finalmente la strada e sciamarono fuori. Un torrente di montagna dopo mesi di pioggia intensa. Portava con se un sacco di detriti, paura, rabbia, ma anche sollievo. A pensarci bene, soprattutto sollievo. Peloroscio non era morto e, per la seconda ed ultima volta nella mia vita, ne fui felice. Ero scampato di nuovo alla prigione. Subito dopo venne la rabbia. Ci mise un attimo a prendere il sopravvento.
“Non è vero!” Urlai “E’ un bugiardo! Bugiardo lui e bugiardo suo figlio! Il pallone era mio. Quello che mi hai regalato tu, quello di cuoio. Noi stavamo già giocando, poi è arrivato il figlio dell'avvocato, insieme a Peloroscio e a Ringhio, mi hanno gettato in terra e mi hanno fregato il pallone. Il mio pallone, non il suo!
"Se le cose stanno in questo modo, allora avete fatto bene a suonargliele. Domani mi sente quel lurido verme! Erano pure in tre i figli di bagascia. E tutti più grandi di voi.” Vidi lo sguardo del mio vecchio e capii che stava rispolverando l'idea della collana fatta con i denti dell'avvocato Terenzi. La cosa non mi dispiaceva affatto.
“Veramente, papà, non siamo stati noi a dargliele…”
“Ascolta, stronzetto, ho detto niente bugie! Cosa vorresti farmi credere? Che si sono picchiati tra di loro? Che il naso a quel prepotente figlio di prepotenti lo hanno rotto i suoi compari?”
“Non dico bugie! E non ho detto neanche questo! Il naso all'avvocatino lo ha rotto Pietro il Maremmano. E le ha suonate anche ai suoi amici. Anzi, solo a Peloroscio, perché Ringhio se l'è fatta sotto ed è rimasto paralizzato dalla paura.” Dissi tutto d'un fiato.
Mio padre non ci stava capendo più un cazzo. Guardò prima me, poi mia madre, che lo mise al corrente su chi fosse questo Maremmano, che lui non aveva mai sentito nominare, né aveva idea di chi fosse figlio, o dove abitasse. Volse ancora una volta lo sguardo verso di me e, con una calma che proprio non gli riconoscevo, disse: “Ascolta, piccolo, raccontami di nuovo tutto daccapo, senza tralasciare nulla. Poi deciderò il da farsi.” Ed io raccontai. Daccapo. Con dovizia di particolari. Dalla mattina. Raccontai delle biciclette, del pranzo, della partita e infine dello scontro. Il vecchio non mi interruppe mai. Si limitò a seguire il racconto, accompagnandolo con cenni di approvazione, o di disapprovazione, a seconda dell'evolversi degli eventi. Alla fine ero stremato. Stremato ma sollevato. Mi sentivo stranamente leggero. La paura era scomparsa. Mi sentivo bene.
La risata di mio padre piombò giù dalla cima del monte, come una valanga, con lo stesso frastuono e la stessa forza dirompente. Dapprima, io, mia madre e mia sorella, restammo pietrificati, poi ci lasciammo contagiare e fu risata liberatoria per tutta la famiglia. Non capivo bene cosa ci fosse tanto da ridere, ma me ne guardai bene dal protestare; poi era bello ridere tutti insieme. Non riuscivamo più a smettere e papà era quello che rideva più forte. Come suo solito, rideva e piangeva e menava delle manate sul tavolo e sulle mie spalle, facendomi anche male, ma non protestai.
“Certo che questo ragazzino deve essere un bel fenomeno!” Disse quando si fu calmato, “Hai detto che ha la tua stessa età, vero?”
“Si.”
“E ha lisciato il pelo a tre ragazzi più grandi di lui?”
“Si.”
“Davvero un bel fenomeno. Solo mi sfugge una cosa: nel frattempo, tu e quegli altri stronzetti dei tuoi amici, cosa facevate? Non gli avete dato una mano? Anche se, da quanto ho capito, non è che ce ne fosse bisogno. Casomai potevate darla a quegli altri tre perdigiorno!” E giù un'altra mitragliata di risate.
“No.” Risposi molto timidamente.
“No? E perché no? Se le avesse buscate?” Era di nuovo serio.
“Perché avevamo paura! Lui non è di qui. Lui non sa come vanno le cose. Quelli erano più grandi e quelli grandi si approfittano sempre dei piccoli. Guai a protestare. Non era la prima volta che ci fregavano il pallone. Lo fanno sempre. E se ti azzardi a protestare, giù botte.”
Aveva capito. Fece segno di si con la testa. Sicuramente anche quando era un ragazzino lui funzionava così. “Capisco, ci sono passato anch'io. E’ così che va il mondo, perdio! Pesce grosso mangia quello piccolo. E’ una legge di natura. Non ci sono santi. O, forse, no, sembra che il meccanismo si sia inceppato. Credo sia un buon segno.” Sentenziò. Si alzò dalla sedia, si infilò una camicia a quadri sopra la canottiera d'ordinanza, mi fece l'occhiolino e: “Infilati una maglietta pulita e andiamo.” Disse.
“Dove?” Chiesi. La paura stava tornando a farsi sotto. Non ero mai uscito con lui dopo cena.
“Voglio conoscere questo fenomeno del tuo amico. Subito.”
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gregor-samsung · 10 months
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“ Lì, nel mare, spesso ci sei tu. Appena dentro, con l’acqua che ti arriva al ginocchio, giochi a pallavolo con un gruppo di amici e molte ragazze, e fai tuffi spettacolari per prendere la palla, e schizzi acqua con tutte le forze; il vento porta voci, risate e grida qualche volta, altre volte le trattiene e sembra di essere diventati sordi. So che ci sei sempre, so che continui a passare su questa spiaggia gran parte della tua estate e il lungomare sarà invaso da un’altra serie di ricordi che non conosco più; quando fai il gesto di levare gli occhiali da sole e quando il vento porta la tua risata verso il mio ombrellone, ho la conferma che continui a essere felice, che il tuo mondo è in questi due mesi, è in questa piccola città di mare. All’inizio, con imbarazzo, venivi a chiedermi di stare con voi - non me lo chiedevi direttamente, avremmo avuto pudore di chiedere e rispondere, ma lo dicevi in modo passabile, scherzando o prendendo il discorso alla larga. Io dicevo no, anzi non dicevo no, cercavo scuse plausibili. Alla fine, ti allontanavi, e a me sembrava che un attimo dopo sarebbe venuta tua madre a prendermi la mano e a portarmi tra voi, e all’inizio non mi avreste passato la palla, tu con la testa bassa, poi una volta e poi un’altra me l’avreste passata finalmente, e avrei cominciato a giocare, e poi a tuffarmi come te, e poi mi avresti preso in giro per un tuffo goffo o cos’altro, e le risate dei tuoi amici avrebbero fatto il resto. Non avrei potuto. Sembra che sia questo il momento di divertirsi e di vivere, sembra che l’anno abbia un prima, un durante e un dopo. E questo è il «durante» - bisogna approfittarne. A me non piace essere troppo allegro, e nemmeno troppo triste. A me non piace sapere che è questo il momento di fare qualcosa, che ci sono dei mesi irrinunciabilmente dediti alla vita, e sono i mesi d’estate. Essere allegri tutte le sere fino a notte inoltrata, è faticoso. E poi tornare a casa tardi, spogliarsi di poco e non rivestirsi, girare e rigirare il corpo sul letto caldo, e guardare le stelle fuori, perché è tutto aperto e sembra di dormire per strada - e sembra una cosa bella, ma non lo è perché non si riesce a dormire, si suda, bisogna fare una doccia, hai visto che caldo ha fatto stanotte? Non ho chiuso occhio. Un caldo così. Nel letto stai un po’ dalla parte sinistra, e quando diventa calda, passi dalla parte destra, e senti un po’ di quel fresco sulle guance e sulle anche. Poi di nuovo caldo. Puoi girare il cuscino, e poi farlo ancora una volta, ma se non fai presto ad addormentarti succede che acceleri le soluzioni, passi da una parte all’altra del letto, giri il cuscino sopra e sotto, e finisci per scaldare tutto e non ci sono più angoli freschi. Ti agiti tanto, ed è peggio. Un caldo come quello di stanotte non l’hai mai sentito. “
Francesco Piccolo, Storie di primogeniti e figli unici, Feltrinelli (collana Universale Economica n° 1483), 1998; pp. 102-103.
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Pomeriggio di pioggia a casa e l'unica cosa che senti/vedi in tv o sui social è Sanremo quindi cosa ti viene in mente:
"PERCHÉ NON PROVARE A MIXARE LE CANZONI!"
È venuto fuori qualcosa tipo:
"MAH...COSA HO CREATO" e "MA È BELLISSIMO!!!"
Mi sveglio ed è passata solo un’ora
Non mi addormenterò
Ancora otto lune nere e tu la nona
Madre figlia,luna nuova,sorella amica mia Io ti do la mia parola
Ahia ia ia ia ia iai
Ahia ia ia ia ia iai
Mi chiamano con tutti i nomi
Tutti quelli che mi hanno dato
Ma nel profondo sono libera,orgogliosa e canto
(Sinceramente tua & Mariposa)
C’è una guerra di cuscini
Ma cuscini un po’ pesanti
Se la guerra è dei bambini
La colpa è di tutti quanti
Con linee immaginarie bombardate un ospedale
Per un pezzo di terra o per un pezzo di pane
Non c’è mai pace
Ma il prato è verde,più verde,più verde
Sempre più verde(sempre più verde)
Il cielo è blu,blu,blu
Molto più blu (ancora più blu)
(Onda alta & Casa mia)
Ma di svegliarmi con accanto qualcuno
Per me l’amore è come un proiettile
Lo sai che sei un proiettile nel cuore però avevo il giubbotto
E lo sai,cercarti è un po’ come aspettare ad un semaforo rotto
(Click boom & Un ragazzo una ragazza)
Cosa siamo noi
Solo diamanti grezzi
Cadono in mille pezzi
Ma siamo fragili
Come la neve
Come due crepe
(Diamanti grezzi & Fragili)
Cosa ci fai qui
Non vorrai mica deludermi
Hai sciolto le catene che abbiamo stretto insieme
Per tenerci lontani
Non mi piace niente ma tu mi togli il respiro
Apnea
(Ti muovi & Apnea)
Affogo in una lacrima perché il mio destino è autodistruttivo
Copri le lacrime segreti da tenere,non farti scoprire
Lo sai che a casa non devon sapere,cosa dovrai dire
(Autodistruttivo & La rabbia non mi basta)
Nun less pnzat maij
Ca all’inizij ra storij er gia a fin ra storij p nuij
O ciel c sta uardann
E quant chiov e pcchè
Se dispiaciut p me e p te
Solo una stupida canzone per riuscire a riportarti da me
Soltanto un’ultima canzone per riuscire a ricordarmi di te
('I l' me,tu p' te' & Tu no)
Io sono pazza di me,di me
E voglio gridarlo ancora
Non ho bisogno di chi mi perdona io,faccio da sola,da sola
E sono pazza di me
Prima di te non c’era niente di buono
Come se
Tu fossi l’unica luce a dare un senso
E questa vita con te
È un capolavoro
(Pazza & Capolavoro)
Io che da sola
Non so stare
Ad occhi chiusi
Sopra la follia
Perché in giro da sola non resto
Anche la più bella rosa diventa appassita
Va bene,ti aspetto,ma non tutta la vita
(Fino a qui & Ma no tutta la vita)
La mia collana non ha perle di saggezza
A me hanno dato le perline colorate
Per le bimbe incasinate con i traumi
Da snodare piano piano con l’età
Eppure sto una pasqua guarda zero drammi
Tu non guardare indietro mai e vai uh uh
Non guardare indietro mai e vai uh uh
Non guardare indietro mai e vai uh uh
(La noia & Vai)
Tu che non mi ami
E io ancora che ti chiamo
Per dirti
Finiscimi
Fammi sentire quanto sono pessimo
Ma tu già lo sai
Che io non sarò mai
Un porto sicuro
In un mare calmo
Mi hai lasciato con l’amore in bocca
(Finiscimi & L'amaro in bocca)
Lasciarmi cadere nel vuoto per sentirmi vivo
Anche solo per un attimo
Rincorrere ancora quel brivido
Sarà fantastico
Morire ancora per te
Vorrei guardare il passato con te
Addosso al muro col proiettore
Viverlo insieme un minuto anche tre
Scappare per un po’ da Roma Nord
(Il cielo non ci vuole & Tutto qui)
Parliamone da soli in una notte di prigione
Con gli occhi spalancati e le labbra di silicone
Dammi un po’ di te,un pezzo dei Blur,un locale da spaccare
(Fammi vergognare)
Non paragonarmi a una bitch così
Non era abbastanza noi soli sulla jeep
Ma non sono bravo a rincorrere
5 cellulari nella tuta gold
Baby non richiamerò
(Governo punk & Tuta Gold)
E non sai come vorrei farne a meno
E lo sa solo Dio
Chi è più pazzo di me
Sotto questo mantello di cielo
E allora piove da quel buco sulle teste,
Sì,ma non fa niente.
Tanto si riparte:
Non so nemmeno dove.
(Pazzo di te & Ricominciamo tutto)
Ma abbracciami abbracciami che è normale
Stringerti forte è spettacolare
Come l’amore il primo giorno d’estate
Come i dischi belli che non scordi più
Come l’istante che ti cambia per sempre
Ma in fondo resti ancora e ancora
Io e te fermiamo il mondo quando siamo insieme
Anche se dura un secondo come le comete
Griderò,griderò il tuo nome fino a perdere la voce
Sotto la pioggia sotto la neve
Sospesi in aria come due altalene
(Spettacolare & Due altalene)
-la ragazza dal cuore nero♡
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astra-zioni · 2 years
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D’altra parte, perché essere tristi e depressi in un mondo dove Chiara Ferragni ti dà consigli su chi votare mentre sorseggia champagne nel suo jet privato inquinando più lei in dieci minuti che tutta la popolazione mondiale, perché essere depressi in un mondo che affossa sempre di più i diritti inalienabili di ogni essere umano, in cui la sanità diventerà privilegio di pochi come pure l’istruzione, dove le malattie mentali diventeranno la nuova piaga da contrastare, in cui ogni giorno gente diversa ti insegna a campare e a dirti come crescere tuo figlio, come avere una relazione sana, come mangiare bene, come essere più etici, come essere persone migliori. Un mondo dove per alcuni il femminicidio è un termine privo di senso e al contempo se osi dire qualcosa di diverso dal coro di pecore sei un uomo etero cis e fascista. Un mondo dove Giorgia Soleri ti sfrantuma le palle - o le ovaie, per non far sentire escluso nessuno - fino a fartele rotolare a terra col suo femminismo da quattro soldi mentre pubblicizza prodotti skincare e indossa la collana della Ferragni, dove chiunque può scrivere libri a patto di non saper scrivere, in cui ogni persona è chiamata ad avere un’opinione e il fatto di essere qualificati o meno, di aver studiato o meno, diventa completamente irrilevante, se non deleterio, perché significa che sei un fottuto borghese e devi stare zitto. Un mondo dove ce la si prende col capitalismo a vanvera, dove piazzo l’adesivo “fuck capitalism” sul mio bel MacBook da 1000 euro, dove se compri da Shein fai schifo ma anche se compri in una catena di fast fashion e quindi te la prendi nel culo se il tuo fisico non trova un cazzo nei mercatini dell’usato. Ancora, dove fanno più danni psicologici gli attivisti dei disturbi alimentari che ti triggerano facendoti pensare a cose a cui non hai mai pensato - e per paradosso te lo fanno venire loro il disturbo alimentare -, un mondo dove ti si ripete che è liberatorio e bellissimo lasciare tutto e andarsene a vivere nel buco del culo asiatico a meditare, salvo poi accorgerti che puoi farlo solo se hai il culo ben parato. Dove tutti siamo belli ma a me Victoria’s Secret ancora non m’ha chiamata, tutti possiamo fare tutto eppure il mio disturbo bipolare mi costringe a letto 5 giorni su 7. Non riesci a instaurare rapporti umani che abbiano un qualche valore perché la gente è una bandiera al vento e cambia come cambia il clima - sempre più precario anche lui -, dove tre giorni fa un’amica mi piangeva davanti e si dilaniava per una storia finita male e ieri m’ha detto che è cotta di uno, dove la monogamia è un concetto antico ma l’opzione diventa crearmi una cartella sul pc per ricordarmi gli accordi relazionali presi con i miei cinque partner manco avessi stipulato un contratto aziendale, e quindi fanculo la monogamia e il poliamore ché da soli si sta da Dio. Ma comunque, non fa niente: basta idratarti, mangiare sano e preferibilmente vegano, meditare, e passa la paura.
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scontomio · 4 months
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ypsilonzeta1 · 1 year
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PICCOLO DECALOGO CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE
1. Mai accettare di vedersi un’ultima volta. Mai. Neanche per un saluto rapido, in un luogo pubblico, insieme a un’amica, per riprenderti la collana a cui tieni tanto, per rivedere il cane. Mai. Non glielo devi, non lo devi agli anni trascorsi insieme, non è un prezzo da pagare per lasciarlo, non sei obbligata a scrivere nessuna parola “fine”. La parola fine l’ha già scritta lui, tu devi solo chiudere il libro. L’ultimo saluto rischia di essere davvero l’ultimo.
2. Non permettergli di isolarti. È uno dei primi segnali di allarme. Ti fa il vuoto attorno. Comincia parlando male delle tue amiche, che sono tutte egoiste, non lo vedi come ti trattano, non vedi che si approfittano di te, sei sempre tu a chiamarle, mai loro. Dopo le amiche è il turno della famiglia, soprattutto se è una famiglia presente nella tua vita. Poi, quando arrivano i figli, diventa ancora più facile usarli per tenerti in casa. Non ha più neanche bisogno di proibirtelo, gli basta fare appello ai tuoi doveri di madre, ai tuoi sensi di colpa, alle tue paure, che la bimba piange finché non torni e io domani lavoro. E tu hai paura che gli scappi uno dei suoi urli, che perda la pazienza con i bambini, che gli scappi lo schiaffo, e resti in casa. E resti sola.
3. Se ti mortifica costantemente il problema è lui, non sei tu. Se critica il tuo aspetto, se ti dice di mangiare meno dolci, se ti fa sentire goffa e brutta e sbagliata. Se ti dice che stai ingrassando, che dovresti cambiare taglio o colore di capelli, che dovresti truccarti di più o di meno, stringere le gonne o allargarle. Se ti fa sentire vecchia, inutile, poco sexy, poco desiderabile. Se sminuisce il tuo lavoro, se ne parla come se fosse banale, sciocco e irrilevante, e non perché ti meriti di meglio, ma perché di meglio non sai fare. Se ti dice che cosa mangiare, quanti chili dovresti perdere, che cosa devi cucinare e come, come devi tenere la casa. Se in qualunque momento hai la sensazione che il tuo valore dipenda da lui, allora non sei sbagliata. Sei in pericolo.
4. Ogni volta che non siete in due a decidere di fare sesso, è violenza. Se ti obbliga a fare sesso quando non vuoi, ti sta usando violenza. Se ti chiede di assecondare i suoi gusti, se insiste, se ti costringe a fare quello che non vuoi quando non vuoi e come non vuoi, è violenza. Sempre. Se ogni sera fai sesso con lui solo per tenerlo buono anche dopo aver messo in chiaro che non ne avevi voglia, quella è violenza.
5. Se lo fai per non farlo arrabbiare, è violenza. Se ti sforzi di tenere la casa pulita perché non si arrabbi, di avere la cena pronta quando rientra perché non si arrabbi. Se ti vesti come gli piace perché non si arrabbi. Se non esci con le amiche per non farlo arrabbiare. Se non spendi troppo per non farlo arrabbiare, se gli nascondi le bollette o un maglione nuovo per non farlo arrabbiare, se quando esci torni presto per non farlo arrabbiare. Se chiedi ai bambini di non fare rumore perché lui non si arrabbi, ogni volta che percepisci la violenza in casa, anche quella che non lascia lividi, non sei tenuta a sopportarla. Non importa quanto ti sforzi e quanto ti impegni e quanto ci stai attenta, se pensi di dover cambiare per non farlo arrabbiare, prima o poi si arrabbierà.
6. Se ti colpisce una volta, lo farà anche una seconda. Dove è passata la violenza non crescono le seconde opportunità. Se ti dà uno schiaffo una volta, la volta dopo te ne darà due. L’unica cosa che cambierà è che invece di chiederti scusa lui, finirai per chiederglielo tu. Uno basta. Uno è già troppo.
7. Non hai bisogno del permesso di nessuno per lasciarlo. Non hai bisogno di convincere le persone che ti stanno attorno. Non hai bisogno della complicità della sua famiglia o del sostegno della tua. Non hai bisogno di fargli capire che ha sbagliato e che ha torto. Non hai bisogno che nessuno venga a dirti che hai ragione. Tu lo sai.
8. Non hai niente da perdonarti. Sì, avresti potuto lasciarlo prima. Sì, avresti potuto cacciarlo prima di casa. Sì, avresti potuto difenderti. Sì, avresti potuto colpirlo più forte. Sì, avresti potuto denunciare. Sì, avresti potuto impedirglielo. Sì, avresti potuto convincerti che meritavi di meglio. Sì, avresti potuto fidarti prima di te stessa. No, non è colpa tua.
9. Non sei costretta a odiarlo per salvarti da lui. Non c’è un prezzo da pagare in amore. Non sei tenuta a sopportare, non sei tenuta a soffrire, non sei tenuta a sacrificarti, non sei tenuta a metterti in secondo piano, non sei tenuta a rinunciare a niente. L’amore aggiunge, non sottrae. Se fa male non è amore, ma il percorso per salvarti non passa necessariamente dall’odio. Se non vuoi odiarlo, se non puoi odiarlo, se odiare chi hai amato è troppo doloroso e ti farebbe sentire ancora più sbagliata, non sei costretta a farlo. Se disprezzarlo significa disprezzare una parte troppo grande di te stessa e gettare alle ortiche una parte troppo grande della tua vita, non farlo. La priorità è salvare te stessa, non condannare lui.
10. Non sei sola e non sei sbagliata. Anche quando ti senti più sola che mai. Dietro di te ci sono tutte le altre donne che si sono sentite altrettanto sole, perché come te vivevano in un mondo declinato al maschile, in cui le regole sono scritte al maschile e quel che è giusto e sbagliato lo decidono i bisogni degli uomini. Non sei debole. Ci vuole forza per sopportare. Per salvarti te ne basterà meno di quanta ne hai avuta finora.
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tempestainmare · 1 year
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Mas_x
Il tanto atteso... venerdì. Il prossimo sarà Black, i miei sono tutti Total White. Per la gioia di molti ho smarrito lo smartphone 📱 ergo sum ancora. Michele, tu saresti il più capace a spiegare a NOI (not me) come si spendono i soldi nel paese di Chinonso. Che paesello inutile in apparenza. Vivono della festività del Santo Natale 🎅 Come se uno come te potesse accontentarsi di una festività per definirsi Amlet. Che nottataccia. Non ho chiuso occhio per salvare un pinguino dall'estinzione. Ah se la Charity fosse un lavoro a tutti gli effetti, sarei proprio l'Africa for the Children. Invece no, screditata per un lavoretto precario temporaneo da una commercialista e una shampista in preda ad uno scompenso ormonale. Screditata poi, se tu imiti me e tu imiti me e tu fai proprio me, io che faccio? Accrescere fama e notorietà non è un male... NIENTE GUADAGNO (ancora!). Quello che scrive i libri? ESISTE. Quello che canta? ESISTE. La Tv? ESISTE. Lisa? Esiste anche lei. Tutta colpa di una collana di perle. Eppure a causa di una sola ondata di CALDAIA ACCESA sono nata io. Notte insonne e... qualche domandina di troppo. Una Dallas a tutti gli effetti. Il petrolio o una rosa? TUTTO o NIENTE. L'amicizia post 18.00 c'è stata, il caffettuccio al bar pure. Lezione di inglese a parte, siamo già nel VENERDì. I wanna dance. Venerdì nel paese di Chinonsò. Giorno di paga per chi ha un lavoro FISSO. Stanotte mentre salvavo un pinguino 🐧, Lillo, ho appreso una grave notizia per l'umanità: LORO non esistono più. I pinguini si e loro MAI più. LORO. Loro non sono lei, cioè non sono io che non possono essere una lei in un posto altro da quello che tu lei sia noi mai e poi... STOP! Quel suo strano modo di vestire... il maestro di musica. Secondo voi può nascere l'amore sul posto di lavoro? Di solito gli artisti si scelgono tra loro. Non s'è mai visto un violinista e un conducente di autobus 🚍 Cosa avrebbero mai in comune. Lei, ad esempio. Così beltate all'acqua di rose con uno zappatore! Certo è che una principessa che si rispetti, Sophia, sarà già promessa sposa all'erede della Lapponia alta. Una contessa non sceglierà mai un miserevole barista di urban city. La mamma di Giuseppe, quello in alto, stasera sarà al bar con noi, tutte mamme senza mariti e felicemente libere di essere femmine ancora desiderate ma solo nei pensieri. Il giovedì seratina aperitivo e amici di sempre. Lui deve accompagnarla ovviamente. E' proprio quella gonna che mette in risalto la coscia tonica palestrata che fa la differenza. Tranquillo Tony, che sarà mai, è tua. ;) Giorno 5 della settimana, il preferito assoluto del paese di Chinonsò, una giornata dedicata interamente a quel sentimento nazionale che muove i monti sibillini: AMORE 💕.
L'AMORE è anche questo, la notte è fatta per dormire 🛌, i letti mezzi e mai fini, le stelle solo COMETE.
La coppia più amata del web è a cena, lei con gli amici di sempre e lui a casa con gli amici di sempre, "pokerino" senza assi.
Lui&Lei 07.30 sveglia ⏰ 07.45 capsula #nesquik per me e latte schiumato tazza larga per lui, orzo a parte in tazza trasparente, mela a dadolata con spolverata di cannella, yogurt magro con spolverata di cacao, 4 macine #mulinobianco, 2 pan di stelle #mulinobianco e succo ACE 08.15 doccia insieme ma no 08.45 Lilly a spasso (bisogni) e sigaretta per me 09.00 messaggio alla mamma "sono viva, giornata super piena- che stress" 09.13 lui va a lavoro come ogni giorno dal lunedì al venerdì nell'azienda di babbo 🎅 09.45 l'amica di sempre e palestra alto impatto 11.00 doccia (borsone da preparare) 12.00 spesa 🛒 (pane+latte+ lasagna #surgelati) 12.45 letto da rifare 12.55 bagno da pulire 13.05 tv accensione 13.15 friggitrice ad aria e lasagna in forno 13.20 apparecchiare tavola per bene 13.30 telegiornale 13.45 accensione friggitrice ad aria 13.55 soap opera 14.15 lui a casa, a tavola! 15.00 piatti da lavare 15.03 Uomini e Donne 16.00 Paradiso 17.00 Fenicottero Rosa 18.30 pilates 19.45 doccia 20.30 outfit curato nei minimi dettagli ->
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passiondiyblog · 9 years
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Collane con tappetini antiscivolo https://www.passiondiy.com/collane-con-tappetini-antiscivolo/ Una tecnica di #riciclo semplice e divertente per realizzare collane con #tappetiniantiscivolo, da abbinare ad ogni indumento!
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Collana artistica
https://www.etsy.com/it/shop/KubariCreazioniShop
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gregor-samsung · 1 year
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Tienilo a mente
 È una sera di gennaio del 2002. Attraverso la finestra sento scorrere l’unico fiume che oggi conosco, il fiume di automobili sulla Vesturlandsvegur. È tardi, e il cielo si distende sopra la mia testa con una moltitudine di stelle. Lo so che vogliono dirmi qualcosa di importante, e non mi riferisco alla bellezza, alla distanza o al tempo, perché le stelle devono indicarmi la strada, mostrarmi il cammino da seguire, devono salvarmi se mi smarrisco. Ecco là l’Orsa Maggiore, e se da lì tiro una riga raggiungo la Stella Polare, è la stella che i miei antenati navigatori hanno seguito per raggiungere l’isola sulla quale mi trovo. E guarda, le Sette Sorelle. Così sai dov’è il nord, dov’è il sud-est. Tienilo a mente, se ti perdi. Ma a cosa serve se dei puntini luminosi in un cielo d’inchiostro ti sanno indicare la strada, loro mostrano il cammino solo alle tue gambe. È un bene avere una bussola in tasca, meglio ancora se la sai usare, ma che cosa te ne fai di una bussola se non ci sono più i punti cardinali?
Jón Kalman Stefánsson, Crepitio di stelle, traduzione dall'islandese di Silvia Cosimini, Iperborea (collana Gli Iperborei n° 330), Milano, 2021³; pp. 58-59.
[1ª Edizione originale: Snarkið í stjörnunum, Bjartur, Reykjavík, 2003]
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Collana con bottone in madreperla.
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merrowloghain · 3 years
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13.12.76 Auletta al primo piano - Hogwarts - Prove generali per il Ballo dell’Agrifoglio
L: «Ehm» il tono tranquillo, ma chiaro, voltandosi verso il Serpeverde. «Lei è la mia dama.» così, di getto. «Saresti così gentile da lasciarla a me per un po`? Giusto il tempo di esercitarci per il ballo.» tono serio e sguardo tranquillo, anche mezzo sorridente, forse, prima di voltarsi verso Merrow «Se lei vuol, ovviamente» ora lo sguardo è tranquillo, lasciando completamente la scelta a lei.
T:  « Non ne sono del tutto certo. » Perché è lui ad essere il cavaliere di tale dama, almeno al momento. E fino a prova contraria, Luke ne ha già una in attesa. Una su cui posa lo sguardo bluastro del quartino per un momento, prima che lo stesso torni sul corvonero, un po’ incurante di quanto lo stesso lasci la scelta a Merrow. « Potrei sì. » Essere così gentile da lasciarla a lui. Stile pacco postale mattutino sul tavolo della sala grande. E no, non è proprio tranquillo nel dirlo, quanto lievemente ironico. « Oppure potresti essere intelligente e riuscire a capire che lasciare una dama in attesa per una già accoppiata è scortese ed indelicato. »
«Oh, bene.» Marshall cerca di riattirare l`attenzione degli Studenti, «Un lento.» zan zan. «Per questo genere di ballo, la vicinanza è più stretta rispetto a quella regolare.» mantenuta fino ad ora. (...) «I movimenti sono più lenti.» (...) «E meno marcati.» dato che i passi sono più corti e ravvicinati.
«Si» che ci andrà con Luke al ballo, ed in risposta al suo "seriamente" non detto, replica morbida con un «Dal momento che tu non ti sei pensato d`invitarmi.» ah. Bene ma non benissimo. Lo guarda, un poco di traverso, lasciando che le dita s`aprano un poco di più su quel tocco che perpetra sulla spalla del Serpeverde «Tu ci andrai?» chiede poi in maniera morbida e neutra, mentre il profumo di pepe nero e cannella, si fa più forte ora che sono così vicini «Così magari ti distrai un po`, hm?» a lasciarsi alle spalle tutto il resto. Uno sguardo più lungo e silenzioso, si sofferma in quello altrui. Un leggero rossore a tingerle vagamente il collo bianco.
Ma sotto lo scherzo e le prese in giro, ci sono ancora quei ringraziamenti e quel ciondolo che è nuova aggiunta al bracciale in cuoio e bronzo che cinge il polso destro. Resta il fatto comunque, che Merrow andrà al ballo con Luke. E sembra sia per colpa sua. « Colpa mia, scusami. » Ecco. Le parole che forse mai, nessuno, si sarebbe aspettato di sentire dalle sue labbra piene. Certo se non fosse per ciò che segue poco dopo. « Non è che fossi impegnato ad avere a che fare con l’intero Wizengamot in quel momento. » O forse sì. Secco, asciutto in quelle parole, che le rivolge con un sopracciglio finemente disegnato inarcato. Aveva altro per la testa, effettivamente, ma nulla ha spinto la Grifondoro ad una scelta frettolosa, per così dire. « Sì, direi di sì. » Ci andrà, come e con chi non è dato saperlo e non lo commenta per il momento, concentrandosi per un momento sui passi e sull’evitare di andare a sbattere contro altre coppie di passaggio. « Sì » Ancora. Ma più lento, confuso forse da quello sguardo persistente che si ritrova addosso. « Penso sia il caso. » Andare e svagarsi, distrarsi da quanto è successo. « Così ci si lascia indietro tutto prima del nuovo anno. » O forse non è proprio così, non è questo a cui mira il ballo, ma è quello che sceglie di rispondere, ignorando il singolare a favore di tutt’altro. Ma è a favore di Ollie che stacca lo sguardo bluastro dal suo, la lieve confusione che gli segna ancora le iridi. E poi .. « un lento » ecco. Non che non sappia come ballarlo, ovviamente o che si faccia remore nello spostare anche l’altra mano alla vita della Grifondoro, ma c’è ancora lo spettro di quello sguardo a lasciarlo interdetto, mentre s’avvicina maggiormente alla ragazza. E attende, limitandosi a seguire la musica, con i passi corti e lenti che li portano in giro per la sala e lo sguardo bluastro che cerca di nuovo il suo.
E` inevitabile che s`inarchi un sopracciglio al sentire quelle scuse, finendo per sbuffare l`accenno d`una risata nel sentir parlare del Wizengamot «Manderò un reclamo a loro dunque. Poi, se tu in caso preferissi i processi all`invitarmi...» perchè c`è pure quell`opzione dopotutto. Annuisce nel sentire che ci sarà anche il Serpeverde dunque, mormorando un basso «Sono contenta, Tris.» che lui si distragga, ed evidentemente che si lasci tutto alle spalle «Beh, magari non tutto tutto, hm?». Ecco quindi che parte quell`idea del lento, rimanendo a fissare Marshall come Tris per qualche secondo in più, sentendo poi entrambe le mani sulla sua vita, quindi andando ad appoggiare le sue sui trapezi del Serpeverde, avvicinandosi quasi circospetta. Non dice niente, al momento, lo guarda ed è in un moto un po` più dolce che va ad intrecciare le dita dietro la sua nuca, mormorando un «La prossima volta non ritrovarti in beghe legali e prenditi in tempo, magari...» suggerisce, ma poi la maledizione prende possesso delle sue labbra, e mentre china appena il capo, quasi guancia a guancia con gli altri, si ritrova a mormorare «Credevociandassecon qualcun`altra in realtà eropiuttostoconvintaepoi mica potevochiederloio dai. Le ragazzevanno invitate ed ionon ho voglia di prendermi l`ennesimo rifiutosefinisseancheluiperdireandiamociinamicizia finirebbe malissimo, non posso davvero sopportarlo.» e niente, finalmente tutto tace, ma lei oramai è color peperone, finendo con un lamento a collassare con la fronte contro il trapezio altrui se non si spostasse «Scusami.... è una maledizione..» porco Gramo, nemmeno un lento in pace, rialzando piano lo sguardo in quello blu di lui con un moto di scuse che non ha voce.
« Ho la netta impressione che ci sia una sola risposta prevista a questa domanda. » Ecco. « Ovviamente, volendo escludere la possibilità di trovarsi ancora una volta davanti al Wizengamot in tempi brevi. » Perché no, non dubita che potrebbe concludersi proprio in quel modo. Ma almeno per ora, quella parentesi è ben chiusa, lasciandolo ben più tranquillo e apparentemente disposto anche ad avere a che fare con momento come quello. Come i lenti non programmati con dame che sono destinate ad altri, sembrerebbe per via della sua assenza negli ultimi giorni. E c’è quella specie di abbraccio che li lega ancora una volta, lo sguardo del quartino che si perde oltre la spalla della grifondoro, concentrandosi su tutto e niente, registrando solo marginalmente le coppie che incrociano il suo sguardo con movimenti più o meno eleganti. E’ il profumo di pepe nero e cannella, che lo colpisce ancor prima delle parole di lei. Quel flusso di pensieri che lo spinge ad irrigidirsi appena mentre ne segue il processo. E se fosse una persona migliore, forse farebbe in modo che il momento si fermi, ma così non è. L’ascolta e si prende il suo tempo prima di parlare, incurante di quelle sue scuse. « Ero ‘davvero’ impegnato con il Wizengamot. » Non era una scusa. Non ha avuto tempo e modo per riflettere sul ballo se non una volta conclusa l’intera questione del processo. « E per una che casta un incendio ancor prima di capire con cosa ha a che fare, ti preoccupi davvero troppo delle convenzioni sociali. » Dov’è quell’irruenza ora? Anche in quello sguardo chino e quelle scuse che gli rivolge.
Dondola assieme a lui, prima in quella specie di Valzer elegante, sbattendo un paio di volte le palpebre, in uno sfarfallio di lunghe ciglia nere «Ah..» beh, quindi promette bene, no? «Non so quanto tu abbia voglia di tornare a trovare il Wizengamot, quindi, si. Ti toccherà invitarmi.» la prossima volta, obvs, perchè quest`anno qualcuno l`ha preceduto. Torna ad avvicinarsi per il lento, i corpi di nuovo vicini in un`intimità che continuano a ritrovare nonostante non sia naturale come inizio, ma estremamente sensata quando avviene. Di nuovo stretti, con le mani sulla sua vita che la riportano a quel binario nove e tre quarti, con la pressione dei suoi polpastrelli che sembra riconoscere istintivamente, anche se c`è stata una volta sola. La maledizione s`attiva, lei rimane senza fiato alla fine di quella collana di pensieri, rialzando gli occhi a lui che se ne esce con quelle parole, ad accentuarle l`espressione mortificata «Lo so...» che era davvero impegnato al processo «Scusa è una... maledizione» ripete di nuovo «non controllo...» ma come lo spiega? Soprattutto dopo l`aver sentito il suo dire riguardo le convenzioni sociali. Tace, abbassa un momento lo sguardo e poi torna vicino alla sua guancia, in uno sfiorare di pelle appena accennato «Mi piace venir invitata, Delation.» mormora piano «So che non sembra, ma per essere una tipa che casta incendio prima di chiedere "cosa", a volte mi piace lasciare l`iniziativa. Soprattutto se è un Cavaliere che voglio al mio fianco.» proprio come lui ha domandato a lei quel ballo, motivo per cui ciondolano in sincrono stretti l`uno all`altra, la voce bassa che non ha bisogno d`alzare il tono per farsi sentire da lui «E poi che c`entra. Ero davvero convinta che ti fossi preso in tempo ad invitare qualcun`altra. Lo so che hai avuto altro per la testa ultimamente ma... insomma, Tris.» cioè sei tu. Come fai a non avere una dama? Sottotitolo grosso come il castello intero.
« E allora lasciati invitare, ma evita di ‘accontentarti’ » indelicato, ancora. « se è questo che stai facendo. » Mette, per così dire le mani avanti. Ma è mera apparenza, considerando come l’altra abbia in qualche modo già ammesso che non è l’invito di Pyrangelus quello che sperava di ricevere. « E poi .. » quasi le fa in verso, per ricollegarsi alle sue parole. « Cosa se io non avessi ancora invitato nessuno? » Ipotesi, ipotetici scenari che le propone, continuando a parlare piano, lo sguardo che si perde oltre la sua spalla e le labbra vicino al suo orecchio. « Devi smetterla di dare per scontate le cose, Merrow. Te l’ho già detto. » E quella volta, come altre in passato, non andò per niente bene quella conversazione. « E per quanto possa piacerti essere invitata e tutto il resto, ricordati che non puoi sempre sperare che le cose ti finiscano in mano se non ti preoccupi di castare un accio alle volte. » (...)
« E allora vacci da sola. » Sbrigativo, forse troppo secco nel dirlo, mentre volta appena il volto verso di lei, continuando però a sussurrare. « Dubito che tu non abbia nessuno che possa interessarti almeno un po’ più di quello là » di cui non sa il nome e di cui non s’interessa ovviamente. « e se uno di quelli » quelli sì, chi poi non è dato saperlo. « non ti invita, vai da sola. Vai con qualche amica. O fatti schiantare e passa la notte infermeria. Ma per favore Merrow » e qui si tira indietro, per guardarla davvero in volto. « evita di accontentarti già adesso solo per convenzione. Salazar solo sa quanto dovremo farlo una volta che i nostri non ci considereranno più ragazzini e cominceranno a dirci come comportarti, chi vedere e chi sposare. »
Subisce quel discorso secco, inclinando appena il volto verso di lui ma allontanando il collo, in una curva morbida ma che sa di diffidenza, mentre il viso si fa via via più triste. Quel discorso la trapassa da parte a parte, lasciandola in un aggrottare di sopracciglia che termina un po` stupito mentre lui si tira indietro: le iridi grigio-verdi che sembrano ancora più grandi del solito mentre incontra il suo sguardo e poi lentamente, lo abbassa, sempre senza dire nulla. Doveva essere un bell`evento, renderla felice, eppure ora si sente annientata, con le spalle spioventi e le che tornerebbe vicino al Serpeverde senza aggiungere nulla. Stanno ancora danzando, ma adesso le braccia salirebbero a cingergli il collo, per tentare di posare la fronte sul suo trapezio, in un mormorio piccino 
«Volevo sentirmi desiderata, per una volta.» glielo dice con voce ferma, malinconica, ma che non si palesa con altro, cercando di trovare forse un po` di conforto in quel contatto «Probabilmente non sai cosa questo significhi, ma non è bello. Stare soli, sentirsi soli, sapere che l`alternativa è prendere sempre la via del distacco...» tu, che sei così...così: desiderato, guardato, voluto. Sospira un pochino, lo sbircia solo ora, in una richiesta di comprensione che non ha voce.
Lui, d`altro canto, è colpevole solo d’averle sbattuto in faccia una verità che si negava di vedere. E forse è con la consapevolezza d’aver mancato ancora una volta di delicatezza, a lasciarle modo di stringersi a lui, le mani in vita che scivolano per creare un abbraccio che li vede dondolare sul posto e fare poco altro. E se gli altri guardano, che così sia, non si farà nessun problema a fulminare con lo sguardo chiunque. « E lo capisco Merr » Più piano ora, più delicato. « E non pensare che non possa capirti anche io. » Perché è forse più solo di quanto l’altra possa immaginare, per quanto forse per sua stessa scelta egoistica. Ma non è quello il punto, non oggi almeno. « Sai quanto mi piace sentirmi desiderato. » Smussa, o almeno cerca di farlo, quei momenti con un sorriso lieve, appena accennato. « Ma non ridurre tutto a questo. Se sei contenta di andare con lui…» e sì, s’impegna per un attimo per recuperare quel nome dalla memoria. « Luke. Allora vai. Ma non farlo solo perché pensi di non avere altra alternativa o perché è stato l’unico a chiedertelo. » Perché in quello ci sono troppo errori, che però evita di elencare, la consapevolezza di aver rovinato quel momento e forse altri a venire, già pesante fra loro.
Non dice nulla, ma quando lui la stringe in riflesso al suo abbraccio, tutta la freddezza che sentiva addosso, a causa del discorso appena pronunciato dal Serpeverde, pare attenuarsi visibilmente: perchè è il corpo intero che reagisce proprio come se lui fosse l`unica fonte di calore in un mondo colpito dall`ennesima era glaciale, con lei che solleva la fronte a guardare con occhioni chiari, grandi ed affusolati, il niente oltre la sua spalla. Perchè non vede nulla, non davvero, perchè non esiste nessuno, non davvero, ora che stanno stretti così. Ed ha ragione, lo sa che ha ragione, e quando lui la chiama, più delicato, è con un piccolo muoversi di capo che porterebbe la tempia destra vicino al viso altrui, aggrottando le sopracciglia forse stupita, nel sentirlo dire che forse lui la possa capire. Davvero? Annuisce piano al suo sentirsi desiderato, ma non dice altro riguardo il voler andare al ballo con Luke, di cui lui cita persino il nome, in quello sforzo che lei coglie ed apprezza, strusciando d`un centimetro appena, la parte laterale della fronte, contro il capo altrui, qualora lui non glielo impedisse (...) 
«Sono contenta d`andare con lui.» lo dice, ma forse era più vero qualche minuto prima «Ma a venire con te, sarei stata felice.» c`è differenza, forse, ed in quella confessione non c`è nessuna ironia, nessun battibecco, solo una dolcezza sottile e vulnerabile, perchè si sente in condizione di potersi aprire, nonostante quella brutale onestà «E poi se devo andare al ballo con un amico, voglio sapere dall`inizio che quelli sono i termini. E...con...» ma si ferma, perchè va bene l`onestà, ma c`è comunque timore nel tono, con la voce che è poco più d`un sussurro. Inudibile a chiunque non siano loro.
Non pensava di colpire così nel segno, e qui, ancora una volta, pecca stranamente di mancanza di egocentrismo. E se la stringe addosso, una mano lievemente più in alto dell’altra, senza però sfociare in pose compromettenti, mentre lo sguardo si perde oltre la sua spalla. E come ha già fatto ormai diverse volte, guarda davanti a sé quasi indifferente, quasi come se con quel fare algido possa in qualche modo difendere ciò che sta succedendo contro il suo petto. Non commenta su come volessero dare la possibilità ai terzini di unirsi al ballo, no, lì si limita ad annuire lasciando che siano le parole di poco dopo a spingerlo a parlare a sua volta. « Almeno capisci le differenze basilari. » C’è un pizzico di divertimento in quelle parole, eppure sono sporcate dal dubbio, dalla confusione portata dal fatto che, in quelle di lei, non sembrava esserci nulla del genere. E si trincera dietro il suo vanesio egocentrismo, dietro quei battibecchi già sentiti e vissuti fra i due, lasciando che il dubbio rimanga inesplorato. Eppure cresce, per quelle parole che non trovano una fine, per quel che pensa potrebbe essere il continuo di una frase che sfuma nella canzone che Ollie ha scelto per loro. E lo sguardo, si adombra di quel dubbio, dei pensieri a cui non ha modo di dar voce, grazie ad Ollie che decreta la fine della loro piccola lezione di danza. E’ solo a quel punto che ferma il suo dondolare, prendendosi un paio di secondi prima di rilassare la presa su quell’abbraccio condiviso. Non chiede come sarebbe finita quella frase, perché non è certo di esser pronto ad ascoltare qualsiasi sia la risposta al momento, semplicemente stira un sorriso lieve nel guardarla. « Se riuscirà ad imparare un po’ di buone maniere forse non sarà un cavaliere totalmente inutile. Ma ci vorrà parecchio lavoro e io … » lui, sì, che sorride un po’, e parla con tranquillità. « non sarò ovviamente disponibile per aiutarti. » Lui è un figlio di banshee. Che si tira indietro, finalmente, e in qualche modo benedice quell’unione, anche se solo per un ballo, con quelle parole.
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intotheclash · 3 years
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"Che c'è, Pietro, non sai cosa dire?"
"No." Risposi con una vocetta appena udibile. Davvero non sapevo cosa cazzo dire. Guardai anche mia sorella, in cerca di una qualche illuminazione, di un appiglio qualsiasi, mi sarei aggrappato a tutto, pur di uscire indenne da quella pericolosa e niente affatto chiara situazione, ma lei rispose picche. Si voltò verso il televisore e mi lasciò solo contro tutti. Non voleva immischiarsi e non si sarebbe immischiata. Se se la prendevano con me, avrebbero lasciato in pace lei; la legge della giungla. Schifosa di un'egoista! Ma, alla prima occasione, me l'avrebbe pagata. Come si suona si balla.
"Allora, visto che non sai cosa dire," Iniziò mio padre, "Lo faccio io per te. Ti racconto la mia parte di storia, quella che ho dovuto ascoltare stasera, prima di cena. Dopodiché sarai tu a raccontare la tua e bada bene di raccontarla tutta. E soprattutto precisa. Se mi accorgo che mi stai fregando, o soltanto me lo fai pensare, ti darò una di quelle strigliate che te la ricorderai finché campi. E potrai anche dire addio ai tuoi amici per tutta l'estate, visto che non ti farò più uscire di casa. Ci siamo intesi?" Dovetti acconsentire. Non è che fossi poi tanto d'accordo, ma cosa potevo farci? Comandava lui! Lui prendeva le decisioni e io le subivo. Non avevo alternativa. Per quanto riguarda il dove volesse andare a parare era ancora buio totale. Dovevo pazientare.
"Stasera, prima di venire a cena," Iniziò, "mi sono incontrato al bar con Mario, il papà del tuo amico Sergio, abbiamo deciso di giocarci l'aperitivo a scopa. Una partita secca, chi perde paga, naturalmente. Consuetudine, lo facciano sempre. Ad un certo punto entra nel bar quella gran testa di cazzo dell'avvocato Terenzi..."
Quel cognome mi scoppiò in testa come una bomba a mano. Ora si che era tutto chiaro. Riuscivo a vedere solo disgrazie. Pensai al sangue che zampillava dal naso di Alberto Maria, il figlio dell'avvocato, pensai... Oh no! Peloroscio! Sembrava che si fosse ripreso, che stesse meglio quando lo avevamo lasciato al campo. Invece... Invece doveva essere morto, porco cane! Ecco perché mio padre era incazzato nero! Era finita! Sarei stato sbattuto in prigione per tutta la mia miserabile vita.  Probabilmente anche i carabinieri sapevano già tutto e stavano venendo a prendermi. Forse i miei amici li avevano già rinchiusi. Ero disperato, avevo voglia di piangere. Gli occhi mi si arrossarono e iniziò a tremarmi il labbro inferiore. Era finita! Il vecchio se ne accorse, fece un mezzo sorriso di vittoria e proseguì: "Vedo che non sei del tutto stupido, che stai iniziando a riflettere. Ma non è ancora il tuo turno di parlare, prima devo finire io. Dicevo: entra nel bar l'avvocato Terenzi. Un fatto strano, perché quel figlio di una puzzola è tirchio come un genovese di origini ebraiche e, là dentro, non ci mette mai piede, neanche per un caffè. La cosa ancor più strana, però, è stata che, appena entrato, si è diretto deciso verso il nostro tavolo. Sputava fiamme come un drago. Prima ci ha vomitato addosso una catasta di insulti, almeno dal tono sembravano insulti,  le parole non si capivano bene, quel borioso idiota parla una lingua che solo lui capisce. Ed è stata la sua fortuna, altrimenti sarei tornato a casa con una collana fatta con i suoi denti. Ma quando ha deciso di farsi capire, si è fatto capire bene e ci ha raccontato una storia. Una storia che tu dovresti conoscere bene e che, tra poco, sarai costretto anche tu a raccontare. L'avvocato ha detto che, giù al campo sportivo, tu e i tuoi amici siete saltati addosso a quel bastardo del suo adorato figliolo, lo avete caricato di botte e, non contenti, gli avete pure fregato il pallone. Adesso sta all'ospedale di Civita Castellana con il naso rotto e tutto gonfio. Un bel lavoro, non c'è che dire. Ha detto anche vi denuncerà tutti e a noi ci toccherà pagare una barca di soldi. Il Bastardo!"
Le lacrime trovarono finalmente la strada e sciamarono fuori. Un torrente di montagna dopo mesi di pioggia intensa. Portava con se un sacco di detriti, paura, rabbia, ma anche sollievo. A pensarci bene, soprattutto sollievo. Peloroscio non era morto e, per la seconda ed ultima volta nella mia vita, ne fui felice. Ero scampato di nuovo alla prigione. Subito dopo venne la rabbia. Ci mise un attimo a prendere il sopravvento.
"Non è vero!" Urlai "E' un bugiardo! Bugiardo lui e bugiardo suo figlio! Il pallone era mio. Quello che mi hai regalato tu, quello di cuoio. Noi stavamo già giocando, poi è arrivato il figlio dell'avvocato, insieme a Peloroscio e a Ringhio, mi hanno gettato in terra e mi hanno fregato il pallone. Il mio pallone, non il suo!
"Se le cose stanno in questo modo, allora avete fatto bene a suonargliele. Domani mi sente quel lurido verme! Erano pure in tre i figli di bagascia. E tutti più grandi di voi." Vidi lo sguardo del mio vecchio e capii che stava rispolverando l'idea della collana fatta con i denti dell'avvocato Terenzi. La cosa non mi dispiaceva affatto.
"Veramente, papà, non siamo stati noi a dargliele..."
"Ascolta, stronzetto, ho detto niente bugie! Cosa vorresti farmi credere? Che si sono picchiati tra di loro? Che il naso a quel prepotente figlio di prepotenti lo hanno rotto i suoi compari?"
"Non dico bugie! E non ho detto neanche questo! Il naso all'avvocatino lo ha rotto Pietro il Maremmano. E le ha suonate anche ai suoi amici. Anzi, solo a Peloroscio, perché Ringhio se l'è fatta sotto ed è rimasto paralizzato dalla paura." Dissi tutto d'un fiato.
Mio padre non ci stava capendo più un cazzo. Guardò prima me, poi mia madre, che lo mise al corrente su chi fosse questo Maremmano, che lui non aveva mai sentito nominare, né aveva idea di chi fosse figlio, o dove abitasse. Volse ancora una volta lo sguardo verso di me e, con una calma che proprio non gli riconoscevo, disse: "Ascolta, piccolo, raccontami di nuovo tutto daccapo, senza tralasciare nulla. Poi deciderò il da farsi." Ed io raccontai. Daccapo. Con dovizia di particolari. Dalla mattina. Raccontai delle biciclette, del pranzo, della partita e infine dello scontro. Il vecchio non mi interruppe mai. Si limitò a seguire il racconto, accompagnandolo con cenni di approvazione, o di disapprovazione, a seconda dell'evolversi degli eventi. Alla fine ero stremato. Stremato ma sollevato. Mi sentivo stranamente leggero. La paura era scomparsa. Mi sentivo bene.
La risata di mio padre piombò giù dalla cima del monte, come una valanga, con lo stesso frastuono e la stessa forza dirompente. Dapprima, io, mia madre e mia sorella, restammo pietrificati, poi ci lasciammo contagiare e fu risata liberatoria per tutta la famiglia. Non capivo bene cosa ci fosse tanto da ridere, ma me ne guardai bene dal protestare; poi era bello ridere tutti insieme. Non riuscivamo più a smettere e papà era quello che rideva più forte. Come suo solito, rideva e piangeva e menava delle manate sul tavolo e sulle mie spalle, facendomi anche male, ma non protestai.
"Certo che questo ragazzino deve essere un bel fenomeno!" Disse quando si fu calmato, "Hai detto che ha la tua stessa età, vero?"
"Si."
"E ha lisciato il pelo a tre ragazzi più grandi di lui?"
"Si."
"Davvero un bel fenomeno. Solo mi sfugge una cosa: nel frattempo, tu e quegli altri stronzetti dei tuoi amici, cosa facevate? Non gli avete dato una mano? Anche se, da quanto ho capito, non è che ce ne fosse bisogno. Casomai potevate darla a quegli altri tre perdigiorno!" E giù un'altra mitragliata di risate.
"No." Risposi molto timidamente.
"No? E perché no? Se le avesse buscate?" Era di nuovo serio.
"Perché avevamo paura! Lui non è di qui. Lui non sa come vanno le cose. Quelli erano più grandi e quelli grandi si approfittano sempre dei piccoli. Guai a protestare. Non era la prima volta che ci fregavano il pallone. Lo fanno sempre. E se ti azzardi a protestare, giù botte."
Aveva capito. Fece segno di si con la testa. Sicuramente anche quando era un ragazzino lui funzionava così. "Capisco, ci sono passato anch'io. E' così che va il mondo, perdio! Pesce grosso mangia quello piccolo. E' una legge di natura. Non ci sono santi. O, forse, no, sembra che il meccanismo si sia inceppato. Credo sia un buon segno." Sentenziò. Si alzò dalla sedia, si infilò una camicia a quadri sopra la canottiera d'ordinanza, mi fece l'occhiolino e: "Infilati una maglietta pulita e andiamo." Disse.
"Dove?" Chiesi. La paura stava tornando a farsi sotto. Non ero mai uscito con lui dopo cena.
"Voglio conoscere questo fenomeno del tuo amico. Subito."
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nenadaicapelliricci · 4 years
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Quanto tempo ci vuole per dimenticare una persona? Dicono che il tempo necessario sia proporzionale a quello che avete vissuto insieme, ai momenti passati, alle sensazioni provate in due, smezzate, frammentate e necessarie e indescrivibili, ho sentito dire che il tempo che serve dipende da quanto tu sei legato al suo ricordo. Mi spiego: non te la dimentichi facilmente se il suo ricordo ti sveglia alla mattina, quando apri la finestra ed entra un po' di vento nella stanza ma non tanto quanto basta a portarsi via i pensieri, perlomeno quelli un poco più pesanti, quelli che quasi hanno vita propria, quasi pensanti, non te la dimentichi facilmente se il suo ricordo appare dentro a un caffè e non lo sai affogare mai, se ti sembra impossibile smettere di pensarci quando hai iniziato, se guardando il cielo senti che quel ricordo non è più solo un ricordo, ma è una mancanza che ti cammina dentro e non fa piano. Non te la dimentichi facilmente se chiudi gli occhi, in piena notte, ma non dormi: vedi altri occhi e non smetti fino a che, ore dopo, non ti addormenti. Quanto tempo ci vuole a dimenticare una persona? Ho sentito dire che il tempo necessario ha a che vedere con quello che t'ha lasciato. Se hai ancora la sua collana forse ti basterà trovare la forza per buttarla via, se hai il suo profumo nei capelli ti basterà fare una doccia e piangere lacrime che non vedrà nessuno; se hai tutti i vostri ricordi sulle spalle forse sarà necessario fare un po' di strada fino a che non diventino leggeri. E se tu sei tutto ciò che qualcuno che se n'è andato via ti ha lasciato, allora come fai? Quanto tempo ci vuole per dimenticare una persona? Mi hanno detto a volte poco e a volte tanto. A volte, se ti impegni, te la scordi appena chiudi gli occhi; quando li riapri piano, a volte hai invece bisogno di non guardare nient'altro per un po', ma mi hanno detto che tutto dipende da quanto il tuo cuore si è sentito spento nel vederla andar via di scatto, da quanto, nel perderla, il tuo cuore ha perso. In base a questi dati, purtroppo, io penso proprio che, per quel che riguarda dimenticare te, una vita sola non mi basterà.
Marzia Sicignano, Aria (via @nenadaicapelliricci)
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costruisci · 4 years
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quanto tempo ci vuole a dimenticare una persona? ho sentito dire che il tempo necessario ha a che vedere con quello che ti ha lasciato, se hai ancora la sua collana forse ti basterà trovare la forza per buttarla via, se hai il suo profumo nei capelli ti basterà fare una doccia e piangere lacrime che non vedrà nessuno, se hai tutti i vostri ricordi sulle spalle forse sarà necessario fare un po’ di strada fino a che non diventeranno leggeri. e se tu sei tutto ciò che qualcuno che se n’è andato via ti ha lasciato, allora come fai? quanto tempo ci vuole per dimenticare una persona? mi hanno detto a volte poco e a volte tanto. a volte se ti impegni te la scordi appena chiudi gli occhi, quando li riapri piano. a volte invece hai bisogno di non guardare nient’altro per un po’. ma mi hanno detto che tutto dipende da quanto il tuo cuore si è sentito spento nel vederla andar via di scatto. a quanto tanto, nel perderla, il tuo cuore ha perso. in base a questi dati, purtroppo io penso proprio che, per quel che riguarda dimenticare te, una vita sola non mi basterà.
#hy
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passiondiyblog · 11 years
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