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#apertura di cuore
scogito · 1 year
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La logica è nella funzione, non solo nei calcoli.
Non solo nelle teorie, nella mole di conoscenza, nella ragione...ma nel buonsenso prima di tutto!
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iviaggisulcomo · 7 months
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La leggerezza che si prova quando subentra la piena e totale indifferenza verso una delle tante persone che in passato ti ha calpestato il cuore solo perché le hai concesso una piccola apertura, fidandoti.
Vorrei tanto vivere di questa sensazione.
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susieporta · 3 months
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Non CERCARE di aprire il cuore, ora. Sarebbe un sottile movimento di aggressione verso la tua immediata esperienza incarnata. Mai dire a un cuore chiuso che deve essere più aperto; si chiuderà maggiormente per proteggersi, sentendo la tua resistenza. Un cuore si dispiega solo con le giuste condizioni; la tua richiesta di apertura invita la chiusura. È la suprema intelligenza del cuore.
Invece, inchinati al cuore nel suo stato attuale. Se è chiuso, lascia che lo sia; santificane la chiusura. Rendi sicuro perfino il sentirti non sicuro. Fidati del fatto che quando il cuore sarà pronto, e non un momento prima, si aprirà, come un fiore al calore del sole. Non c’è fretta per il cuore. Fidati dell’apertura e anche della chiusura; l’espansione e la contrazione; questo è il modo di respirare del cuore; sicuro, insicuro, sicuro, insicuro; la bellissima fragilità di essere umano; e tutto, accolto nell’amore più perfetto.
Jeff Foster
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crosmataditele · 7 months
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Al popolo di G4z4 in questo momento è negata l'acqua, il cibo, l'elettricità, le cure mediche e ogni bene di prima necessità. I bombardamenti continuano ormai senza sosta da settimane.
Per supportare le persone nella Striscia, insieme a G4z4 Freestyle, Mutuo Soccorso Milano, Centro Vik - Vittorio Arrigoni, ACS - Associazione di Cooperazione e Solidarietà, DIS - Donne in Strada e Corte delle Madri, abbiamo lanciato la campagna di crowdfunding "SOS G4Z4" https://www.gofundme.com/f/sos-gaza-dona-ora-per-aiutare-la-gente-di-gaza?utm_campaign=p_lico+share-sheet-first-launch&utm_medium=copy_link&utm_source=customer
La serata di venerdì 3 novembre servirà a sostenere il crowdfunding, grazie alla disponibilità degli artisti e le artiste che suoneranno venerdì al CSOA La Strada:
@luccibrokenspeakers & @whtrsh
@lailaalabastro
@borghettastile
Il ricavato sarà interamente devoluto alla campagna.
Ci vediamo il 3 novembre!
21:00 Apertura porte
22:00 Inizio live
Ringraziamo con il cuore @zerocalcare per la bellissima illustrazione
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luigidelia · 3 months
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Una bella notizia, cari, sputo il rospo tutto insieme. Non avevo ancora scritto niente su questa novità ma a questo punto il viaggio è cominciato e bisogna pur attirare le energie positive: SONO STATO NOMINATO CONSULENTE PER LO SVILUPPO DELLA NUOVA BIBLIOTECA DI BRINDISI, IL MEDIAPORTO. E il prossimo 22 marzo con un convegno si inaugurano i lavori per la creazione di un OSSERVATORIO DI INNOVAZIONE CULTURALE ED EDUCATIVA ATTRAVERSO LA "NARRAZIONE" E L'ARTE.
Voilà. Una piccola rivoluzione, sì. Una bellissima notizia: una biblioteca e un centro di ricerca sulla povertà culturale attraverso la narrazione. Tutto insieme. All’adrenalina del palco ora si affianca un’energia ancora diversa. E credo che mi toccherà cercare un nuovo centro di gravità "errante".
Il MediaPorto - Biblioteca di Brindisi è uno spazio multifunzionale ristrutturato con il progetto della Regione Puglia Community Library. Qualche anno fa il progetto vincitore lo scrisse Simonetta Dellomonaco e ora una cordata di istituzioni e persone speciali sono davanti a me a tirare la slitta, per dirla alla Zanna Bianca: Luigi De Luca per i #polibibliomuseali della Regione Puglia, Emilia Mannozzi, per il Polo di Brindisi, Toni Matarrelli per la Provincia di Brindisi, Giovanni Luca Aresta per #santateresaspa che di quella slitta ora tiene con energia nuova le redini in mano, il Teatro Pubblico Pugliese e un'infinità di persone laboriose che poco alla volta sto scoprendo dietro le quinte di questo luogo prezioso come l’ossigeno.
Il MediaPorto - Biblioteca di Brindisi comprende sale studio (già affollate dalla riapertura!), un auditorium, una biblioteca ragazzi, una caffetteria di prossima apertura, sale convegni, spazi di co-working e mille altri spazi fisici e immateriali che saranno dedicati ai nuovi media, al cinema, ai libri, alle mie tanto amate storie. Ma soprattutto, e qui batte il cuore, a creare uno spazio dove il potenziale creativo delle ragazze e dei ragazzi del territorio possa trovare nutrimento. Il più alto possibile. E nel massimo rispetto della sovranità e dei mondi intoccabili dei ragazzi. Chi mi conosce può capire a cosa mi riferisco.
Cominciamo il 22 marzo alle ore 17 in rete con le scuole di ogni ordine e grado della provincia, l’ufficio scolastico provinciale, le reti scolastiche più prossime, la ASL, il Comune di Brindisi (il cui sindaco Giuseppe Marchionna ha dato avvio a tutto questo prima di diventare primo cittadino), la consulta provinciale degli studenti, il consiglio comunale dei ragazzi, le reti più virtuose della città (guarda caso la nomina è arrivata da un bando dove come concorrenti eravamo tutti amici cari di mille progetti svolti in città e dintorni) e lo facciamo con un convegno che apre il percorso per la creazione di un OSSERVATORIO DI CONTRASTO ALLA POVERTA’ CULTURALE ED EDUCATIVA ATTRAVERSO LA NARRAZIONE LE ARTI. Il Convegno è aperto a tutti. Muove un primo passo significativo del progetto culturale che vorrei nascesse in questo luogo.
Ho piantato letteralmente migliaia di alberi (erano i tempi che dai miei spettacoli nascevano i progetti di forestazione partecipata) e ho ben chiaro che il bosco nasce solo quando arriva un’esplosione ormai irrefrenabile dalla Terra, dalla Pancia. Quando l’ego, colui che vuole piantare, “io”, ha fatto, forse, quello che doveva fare e poi si è tolto di mezzo. Qui voglio fare questo: ariamo un poco il terreno insieme e quando sarà il momento, se lo sarà, togliersi di mezzo e qualcosa nascerà da sola. E non sappiamo nemmeno che forma avrà.
Che dire? D’ora in poi vi racconterò anche di questo luogo che si chiama Mediaporto di Brindisi. Ovunque siate fra poco potrà valere la pena venire a trovarci. Ah, dimenticavo: l’Osservatorio che sta nascendo si chiama MINISTERO DEI SOGNI. Vi piace? <3 (In una foto io e Carolina in uno dei boschi, vero Antonio…)
Ecco il programma del convegno del 22 marzo, h 17, vi aspettiamo. Contattatemi. Cerchiamoci. ---
Mediaporto di Brindisi 22 marzo 2024, ore 17.00
MINISTERO DEI SOGNI Osservatorio d’innovazione culturale ed educativa Convegno d’apertura
Saluti istituzionali
Introduce Giovanni Luca Aresta, Amministratore Unico di Santa Teresa S.p.A. Loredana Capone, Presidente del Consiglio della Regione Puglia Toni Matarrelli, Presidente della Provincia di Brindisi Giuseppe Marchionna, Sindaco di Brindisi Emilia Mannozzi, Direttrice Polo-Biblio Museale Brindisi Angela Tiziana Di Noia, Dirigente Ufficio Scolastico Provinciale
Interventi e contributi
Luigi D’Elia, Consulente per lo Sviluppo del Mediaporto e coordinatore dell’Osservatorio Gaia D’Argenio, Presidente della consulta provinciale studentesca di Brindisi e Coordinatrice Regionale Luigi De Luca, Coordinatore Poli Biblio Museali della Regione Puglia Rosetta Carlino, Dirigente ICS “Cappuccini” Brindisi - Coordinatrice Rete delle Scuole che promuovono la Salute per la Provincia di Brindisi Mina Fabrizio, Dirigente ITT “Giorgi” Brindisi - Scuola Polo per la formazione Ambito PUGLIA BR 11 Diego Caianiello, Sindaco del CCR Brindisi Consiglio Comunale dei Ragazzi di Brindisi Maria Rita Greco, Dirigente ASL Settore psicologia clinica e pedagogia dell'età evolutiva Lucia Portolano, Dirigente scolastica Coordinatrice de Tavolo docenti per l’educazione ambientale e i “diversi” linguaggi Modera gli interventi Luigi D’Elia
Info: 0831 544301 - [email protected] Si raccomanda l’Iscrizione al link: https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLSeCQzKzUy5S_gjj5wzWxZCstD2nGm25fIiuBUgnHvvrN8k8yA/viewform?usp=sf
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Rivedere la scena dell'addio/arrivederci di Tonio Cartonio dalla Melevisione con l'attore che la guarda insieme al pubblico è stato davvero commuovente... la promessa l'ha mantenuta ci siamo ritrovati a Città Laggiù!
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Ascoltare dal vivo le due frasi di apertura e chiusura delle puntate di Art Attack anche è stato commuovente:
«Questo è Art Attack! Bentornati ad Art Attack l'unico vero programma che vi dimostra che non bisogna essere dei grandi artisti per fare dell'arte e allora all'attacco!»
«Purtroppo per oggi gli attacchi d'arte terminano qui ma io vi aspetto come sempre nella prossima con tanti altri attacchi d'arte ancora tutti da scoprire qui con Giovanni, qui ad Art Attack ciao!»
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Ancona comics & games 🥹
Danilo Bertazzi - Tonio Cartonio della Melevisione 🍎🍃🦉
Giovanni Muciaccia - Art Attack ✂️📄🖌️📏✏️
Avevo il cuore a mille e a parole mie confuse e intrecciate per l'emozione li ho ringraziati per la meravigliosa infanzia che mi hanno regalato.
A Danilo ho detto anche quante volte sarei voluta entrare dentro al televisore per raggiungere il Fantabosco e che la fantasia trasmessa da piccola attraverso questo programma me la porterò per sempre dietro e a quel punto non so con quale coraggio gli ho detto tant'è che sto scrivendo un racconto fantasy, lui ha alzato lo sguardo dall'autografo meraviglioso che mi stava scrivendo (melebacio) e mi ha guardata dritta negli occhi sorpreso, non ha fatto domande ulteriori ma in quello sguardo c'era la soddisfazione di aver creato un input anni e anni fa per un qualcosa che sta prendendo forma nel presente, l'ho abbracciato e mi ha salutata augurandomi il meglio nella vita e io ero a dir poco al settimo cielo, sentivo come un calore che si espandeva nel cuore, come un caminetto acceso che riscalda e trasmette aria di casa, di luogo sicuro, è stato un momento stupendo che si stava sommando ad altri piccoli istanti di felicità della giornata: dal giro in camion con papà alle risate con lo zio, alle coccole fatte al cane di un operaio di papà, alla chiacchierata in fila per il meet&greet con alcuni ragazzi, alla sensazione di far parte di qualcosa di grande come un comics in cui i ragazzi sono tutti nerd e eterni bambini come me, alla chiacchierata in macchina con mio cugino e la chat con la mia amica, erano tutte piccole cose che insieme mi hanno scaldato il cuore per tutto il giorno 💓
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moonyvali · 1 year
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LA MALATTIA TERMINALE
"Sta muovendo qualche onda l'esclusione del fisico Carlo Rovelli dalla cerimonia di apertura della Fiera del Libro di Francoforte, cui era stato precedentemente invitato. La colpa di Rovelli è stata quella di contestare – peraltro in modo argomentato - le scelte del governo rispetto al conflitto tra Russia e Ucraina.
Avendo fatto parte Rovelli fino a ieri del novero degli “accreditati” dal sistema mediatico, questa volta si è inarcato persino qualche sopracciglio nella borghesia semicolta, nei lettori di corriererepubblica e fauna affine. Purtroppo a quest’influente fascia della popolazione sfugge del tutto la gravità di ciò che accade da tempo, come un andamento sotterraneo, continuo, capillare.
C'è una linea rossa continua che si dipana nella gestione dell’opinione pubblica occidentale da anni e che ha subito un’accelerazione dal 2020. È una linea che si lascia vedere in superficie solo talora, come nella persecuzione di Assange (o Manning, o Snowden, ecc.) fino a censure minori, come quella assurta oggi agli onori delle cronache. Il senso profondo di questo movimento sotterraneo è chiarissimo: perseguimento della verità e gestione del discorso pubblico in occidente sono oramai indirizzi incompatibili.
A Rovelli viene imputato qualcosa di imperdonabile, ovvero di aver tradito l’appartenenza alla cerchia degli onorati dalle élite di potere, mettendole in imbarazzo. Questo non può e non deve accadere. Oggi il discorso pubblico ha il permesso di oscillare tra due poli, a un estremo la polemicuzza innocua e autoestinguentesi sull’orsa o la nutria di turno, all’altro i rifornimenti di munizioni alla linea dettata dal capo, cioè dalla catena di comando a guida americana dietro al cui carro - sempre meno trionfale - siamo legati.
Per le verità più pesanti e pericolose vige l’ordine di distruzione, come evidenziato dal caso di Assange la cui vita è stata distrutta per segnare un esempio e un ammonimento a qualunque altro soggetto eventualmente incline alla parresia. Per le insubordinazioni minori (tipo Rovelli, Orsini, ecc.) basta la caduta in disgrazia presso i cortigiani, che si riverbera in censure, piccoli ricatti silenti, e poi in discredito, blocchi di carriera, ecc.
Tutto ciò si condensa in una sola fondamentale lezione, una lezione implicita che il nostro intero sistema di formazione delle menti, giornali, televisioni, scuole, università, ecc. consapevolmente o inconsapevolmente implementa: “Tutto ciò che è discorso pubblico è essenzialmente falso.”
Questa è la lezione che i giovani ricevono precocemente e da cui traggono tutte le conseguenze del caso, in termini di disimpegno e abulia. A tale lezione si sottrae solo in parte qualche parte della popolazione meno giovane, in cui si agita ancora l’illusione di aspirazioni passate (“partecipazione”, “democrazia”, ecc.).
La “realtà” in cui ci troviamo a nuotare funziona però secondo il seguente ferreo sillogismo:
1) Tutto ciò che abbiamo in comune gli uni con gli altri come cittadini, come demos è il discorso pubblico mediaticamente nutrito;
2) Ma quel discorso pubblico è oggi puramente e semplicemente menzognero (o schiettamente falso, o composto di frammenti di verità ben selezionati, funzionali a creare uno desiderato effetto emotivo);
3) Perciò non c'è più nessun possibile demos, nessun possibile discorso pubblico, e dunque nessuna leva perché un’azione collettiva possa cambiare alcunché. Mettetevi il cuore in pace, si salvi da solo chi può.
In questa cornice peraltro si staglia per interesse l’atteggiamento dei superdiffusori di menzogne certificate, dei mammasantissima dell’informazione e del potere, attivissimi nel denunciare ogni eterodossia sgradita come “fake news”. E così ci troviamo di fronte allo spettacolo insieme comico e ripugnante dove i comandanti di corazzate dell’informazione chiedono il perentorio affondamento di canotti social per non aver benedetto abbastanza l’altruismo di Big Pharma, o per essere stati teneri con Putin, o per non aver rispettato l’ultimo catechismo politicamente corretto, e così via.
Viviamo in un mondo in cui la menzogna strumentale è oramai la forma dominante della verbalizzazione di interesse pubblico.
C'è chi vi reagisce con mero disimpegno rassegnato; chi si chiude angosciato nella propria stanza tipo hikikomori; chi cerca paradisi artificiali in pillole; chi accetta il gioco cercando di usarlo per tornaconti a breve termine (perché nessun altro orizzonte è disponibile); c'è chi cade in depressione; chi impazzisce; c'è chi ogni tanto spacca tutto per poi tornare a battere la testa contro il muro della propria cella; e c'è chi sviluppa quella forma particolare di pazzia che sta nel lottare disarmato contro i giganti sperando si rivelino mulini a vento.
Sul fondo fluisce la corrente della storia dove il nostro vascello occidentale ha preso un ramo digradante e con inerzia irreversibile accelera verso la cascata. Una volta che la parola pubblica ha perduto la propria capacità di veicolare verità, ridarvi peso è impossibile. Ogni ulteriore parola spesa per correggere le falsità del passato, se raggiunge la sfera pubblica viene per ciò stesso percepita come debole, logora, impotente. La società che abbiamo apparecchiato è una società senza verità e togliere la verità al mondo sociale significa condannarlo ad una malattia terminale. Quanto dureranno gli scricchiolii, quanto la caduta di intonaci, quanto le infiltrazioni d’acqua, quanto resisteranno ancora gli spazi abitabili sempre più ristretti, questo non è facile prevedere, ma un mondo senza verità è un mondo senza logos, e non può che sfociare in quella dimensione dove le parole sono superflue perché violenza e morte ne hanno preso il posto."
Andrea Zhok
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lunamagicablu · 10 months
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10 consigli da mettere in pratica ogni giorno per seminare dentro di noi una serenità costante, consapevole e vera.
1- Stai fermo e in silenzio per almeno dieci minuti al giorno assaporando lentamente ciò che accade attorno a te e nella tua interiorità. La pausa è rigenerante e permette di elaborare pensieri, di far nascere idee e intuizioni, di far spazio al nuovo.
2- Trattieniti dal voler partecipare a pettegolezzi, giudizi e pensieri non utili alla tua crescita come individuo.
3- Respira profondamente ad ogni inizio d’ora. Il respiro è vita e tu hai bisogno di tuffarti nelle sue profondità per percepire ogni tua cellula vibrare a ritmo dell’Universo.
4- Prova ad uscire da te stesso ogni tanto e diventa spettatore della tua vita: che film vedi? A che opera teatrale stai assistendo?
5- Prenditi del tempo per osservare la natura. Abbiamo davanti ai nostri occhi la maestra di vita più importante di sempre ma non ce ne rendiamo conto. Il semplice volo di una farfalla bianca o l’albero davanti alla finestra del nostro ufficio ci possono rivelare verità incredibili, se abbiamo il cuore aperto per ricevere questi insegnamenti.
6- Ogni giorno trova il tempo per muovere le tue gambe camminando, possibilmente nella natura: il tuo corpo si nutre del movimento e solo muovendosi può mettersi a servizio della tua anima!
7- Non piegarti mai: tieni ben dritte le tue spalle, spalanca il tuo petto, innalza la tua schiena. La tua postura parla del tuo modo di affrontare la vita: sii il comandante del tuo corpo, è la nave che ti porta nel mondo!
8- Quando senti che durante la giornata qualcosa ti innervosisce fermati a dialogare con questa tua sensazione: pensa che un messaggero divino è giunto a te per portarti un messaggio.
9- Dialoga con gli altri con la consapevolezza che nel vostro incontro di anime è nascosto un tesoro da trovare: sii profondamente presente, capace di ascoltare, osservatore attendo della tua interiorità. In questo modo il dialogo sarà terreno fertile per far sbocciare intuizioni utili alla tua crescita come individuo.
10- Dentro di te c’è la sorgente della serenità: per scorrere ha bisogno di presenza, di forza vitale e di apertura. Fai fiorire nelle tue giornate queste tre gemme di vita!
Elena Bernabè ************************* 10 tips to put into practice every day to sow constant, aware and true serenity within us.
1- Stay still and silent for at least ten minutes a day, slowly savoring what is happening around you and in your interiority. The break is regenerating and allows you to elaborate thoughts, to give birth to ideas and intuitions, to make room for the new.
2- Refrain from wanting to participate in gossip, judgments and thoughts not useful for your growth as an individual.
3- Breathe deeply at the beginning of each hour. Breath is life and you need to dive into its depths to perceive every cell of yours vibrating to the rhythm of the Universe.
4- Try to get out of yourself from time to time and become a spectator of your life: what movie do you see? What theater are you watching?
5- Take time to observe nature. We have before our eyes the most important life teacher ever but we don't realize it. The simple flight of a white butterfly or the tree in front of our office window can reveal incredible truths to us, if we have an open heart to receive these teachings.
6- Find time every day to move your legs by walking, possibly in nature: your body feeds on movement and only by moving can it serve your soul!
7- Never bend over: keep your shoulders straight, open your chest, raise your back. Your posture speaks of your way of approaching life: be the commander of your body, it's the ship that takes you into the world!
8- When you feel that during the day something makes you nervous, stop and talk to this feeling of yours: think that a divine messenger has come to you to bring you a message.
9- Dialogue with others with the awareness that in your meeting of souls there is a hidden treasure to be found: be profoundly present, able to listen, an attentive observer of your interiority. In this way the dialogue will be fertile ground for intuitions to blossom that are useful for your growth as an individual.
10- Inside you is the source of serenity: to flow it needs presence, life force and openness. Make these three gems of life flourish in your days!
Elena Bernabè 
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stregamorganablog · 1 year
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Io credo - reputatemi pure una romantica fuori tempo - che due persone che fanno l’amore rimangano in qualche modo “legate”... Sempre. Al di là di ogni tempo. Sarà che sono una donna e questo “accogliere dentro” - accogliere in me - ha per me un significato profondo di apertura dell’anima, di abbandono e fiducia. Sarà che appartengo a “un tempo” in cui si caricava di valore quell’incontro di corpi che celava unioni privilegiate. Non sono né pudica, né bigotta e conosco la Passione (che palpita in ogni angolo di me) e il piacere dell’amore dei sensi... ma il cuore, IN ME, fa la differenza. O chiamatela anima o sentimento o esigenza di appartenersi... È questo che mi frega: mi attraggono le anime. E forse il problema, per me, è proprio il contrario: se sei “in me” come faccio a non desiderarti?!
Letizia Cherubino frammenti d’Amore: La MIA Amante 🫀
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[Legge generale: spesso pensiamo che gli altri provino per noi quello che in realtà siamo noi a provare per loro. Si fa confusione tra persone grammaticali: chi è oggetto del desiderio viene scambiato per il suo soggetto.]
Hai sempre avuto bisogno degli altri, e in questo non c'è niente di male, ti serve l'approvazione, la stima, anche se fingi di infischiartene non pensi ad altro e non saresti capace di dire addio a niente e a nessuno. Solo di allontanarti un po’, ma mai per rompere definitivamente. Sei un cuore malinconico e debole.
Sentirsi in balia, dispossessati, puri strumenti del volere o del piacere altrui è al tempo stesso la più sinistra delle sensazioni ma anche un elemento fondamentale dell’esperienza amorosa, senza il quale non vi è apertura, non vi è relazione, non vi è conoscenza.
Ogni passione nasce da un sequestro, è essa stessa un sequestro, cioè l’effettiva perdita di padronanza su di sé, sul proprio corpo, sulla propria identità, che verrà rovesciata come un guanto, sottoposta a prove esaltanti e mortificanti, e poi abbandonata come un peso inutile. La passione consiste nell’abolire ogni diritto, ogni garanzia, tutte le faticosamente conquistate insegne individuali, prima considerate inalienabili: idee, sentimenti, convinzioni, proprietà, integrità fisica e morale, persino il nome, residuo ultimo della definizione personale, verrà deposto, nella passione, e sostituito da nomignoli imbarazzanti e generici, infantili o grotteschi, osceni. Chi tiene con orgoglio al proprio nome dovrà stare alla larga dalle passioni…
(Edoardo Albinati)
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Torino, lo sai qual'è la soluzione migliore per i vostri problemi domestici? Facile, siamo proprio noi, Servizi Urgenti Torino 24h!
Servizi 24 Ore su 24 a Torino. Nessuna Emergenza è Troppo Grande per Noi!
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ambrenoir · 2 months
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Prima o poi capita a tutti. A me l’ultima volta è successo qualche mese fa. Se non vi è successo… succederà. Se vi è già successo… è probabile che succeda ancora.
Più sono sveglie più sono spietate.
Quando sentono che l’amore è finito, o si è addormentato, o forse non c’è mai stato… non c’è più nulla che possiate fare per farle tornare indietro. Da quel momento è finita, anche se a voi non è stato notificato nulla verbalmente e anche se il rapporto o la convivenza possono durare ancora per un certo periodo. Di norma, se siete fortunati, lei vi concede un periodo di ‘adattamento’, ma lo fa solo per pietà nei vostri confronti, non perché non si sia accorta che è irrevocabilmente giunta l’ora di andare via.
Pretendono AMORE… nulla di meno… e fanno bene, per quanto a noi possa fare davvero male. Noi uomini per quanto concerne l’apertura alle emozioni siamo in media di qualche millennio indietro rispetto a loro.
Non sono appagate dall’amore mentale, dall’affetto, dalla convivenza “perché in fondo si sta bene insieme”. Se non è amore, allora non è niente.
Nel 99 per cento dei casi lei si è già innamorata di un altro. L’altro in realtà è sempre l’effetto, non la causa della crisi del rapporto, ma noi, inevitabilmente, affibbieremo a lui una grossa parte della colpa: “Se non ci fosse stato quello stronzo…”.
Invece no, se noi avessimo veramente amato… lo stronzo di turno non sarebbe arrivato. E se fosse arrivato sarebbe stato respinto dalla coppia, come da un muro di gomma. Invece è entrato… per mostrare una breccia, una crepa, una mancanza.
Regolarmente in noi maschi nascono sentimenti di competizione nei confronti dell’altro: “Cosa ha lui che io non ho? È più bravo a letto? È più divertente? È più intelligente?”. La competizione è inutile, perché anche se fosse l’ultimo scemo del pianeta, anche se avesse il pisello più piccolo del vostro, anche se fosse economicamente spiantato… se lei è innamorata, se lo sente nel Cuore, per lei è l’uomo migliore del mondo. Ed è giusto che sia così perché l’apertura del Cuore è anche un’apertura degli occhi e le permette di vedere l’anima dell’altro oltre le caratteristiche della personalità, è un RICONOSCIMENTO CARDIACO. La medesima apertura le consente di “mettere a fuoco” (è proprio l’espressione giusta) i limiti del rapporto precedente. E a ogni nuovo amore corrisponde un’apertura maggiore: un fenomeno richiama inevitabilmente l’altro.
Quindi l’unico effetto della nostra competizione è maggiore sofferenza, crisi d’identità, disistima di sé, rabbia verso noi stessi. Anche se stravolgiamo la nostra vita nel disperato tentativo di interpretare i suoi nuovi desideri, stiamo solo prolungando l’agonia: pazienti in coma che non vogliono staccarsi la spina.
Come avevo accennato in un post precedente ( Lo stato di non-mente ) il centro mentale e quello emotivo immediatamente si coalizzano – in oriente questa “associazione a delinquere” viene chiamata kama-manas – per cercare di sopravvivere alla situazione pericolosa che si è venuta a creare. Questo significa in termini pratici che il plesso solare si surriscalda, si contrae, fa male, provoca senso di nausea, mentre l’intero corpo emotivo vibra. Le vibrazioni del corpo emotivo raggiungono il centro mentale, il quale inizia a produrre pensieri in maniera incontrollata. I pensieri mentali sono legati al tempo, quindi saranno tutti ricordi del passato e sterili fantasie sul futuro.
Cominciamo a pensare agli anni – a volte anche solo mesi – trascorsi con quella persona: le promesse che ci aveva fatto, i momenti divertenti trascorsi insieme, le chiacchierate sugli argomenti in comune, i progetti, la fusione nel sesso, lo stare abbracciati, l’odore, lo sguardo, il modo di muoversi, i sacrifici fatti per lei… Poi ci proiettiamo stupidamente nel futuro: magari torna (no, non torna… e se torna è peggio, il momento della recisione viene solo prorogato), se la rincontriamo le dobbiamo dire questo e poi questo, e anche se lei risponde così, poi noi rispondiamo così (ore di dialoghi immaginari, che non sono mai avvenuti e forse non avverranno mai).
“Se fossimo rimasti insieme avremmo potuto fare…”
“La mia vita non ha più senso senza di lei.”
“Non mi innamorerò mai più così.”
“Non incontrerò mai più una donna come lei.”
Ogni volta che pensiamo a tutto questo il plesso solare ci fa ancora più male e soffriamo ancora di più.
Tutte cazzate. Se lei ci lascia è perché siamo pronti per qualcosa di nuovo, di più adatto al nostro sviluppo interiore. Ho sperimentato personalmente più volte come l’amore successivo sia già dietro l’angolo e solo l’attaccamento al vecchio e la paura del nuovo ci impediscono di vederlo in breve tempo.
In queste occasioni possiamo cogliere quanto siamo DIPENDENTI da un’altra persona per sentirci “qualcuno”, ossia degli individui completi. Se il nostro benessere dipende da una presenza esterna, allora siamo condannati a vivere con la paura di essere abbandonati e precipitare di nuovo nella sofferenza.
Una donna che ti lascia mette in gioco la tua identità… ti costringe a fare i conti con chi sei veramente… e per questo fa così male.
Dal momento che l’ego non vuole morire allora cominciano i ricatti – la sua forma di resistenza al fluire della vita:
“Se mi lasci mi fai soffrire, sei senza cuore!”
In realtà è vero l’opposto: lei ci lascia perché ha più Cuore di quanto noi possiamo permetterci in questo momento.
“L’altro ti lascerà appena si sarà stufato di te, mentre io ti amo veramente e voglio stare insieme a te per sempre.”
Questo significa non vivere nel presente e immaginare come andrà a finire una storia solo per giocare sulla paura del partner. Una nuova storia potrà durare una settimana o tutta la vita… ma ESISTE SOLO ADESSO e solo adesso può essere pienamente vissuta.
“Stai distruggendo tutto quello che abbiamo costruito insieme.”
Ma ciò che è stato bello non viene mai distrutto, si sta solo passando a una fase superiore della crescita di entrambi. Solo ciò che non serve più viene abbandonato.
“Mi stai dando troppo dolore.”
In verità non è mai la decisione di lei a causarci sofferenza, il fatto che lei ci lasci fa solo in modo che emerga allo scoperto una sofferenza che già si trovava dentro di noi e che veniva tenuta coperta dalla relazione stessa.
Il ricatto – che a volte può essere violento – è un tentativo del bambino immaturo che abbiamo dentro di agganciarsi al corpo astrale di lei, per scatenarle sensi di colpa, dubbi, paure, frustrazioni. È il nostro dolore a pronunciare queste frasi, con lo scopo di approfittare dei momenti di incertezza della nostra partner per manipolarla – anche se inconsapevolmente e in buona fede – e indurla a cambiare idea. Sono gli ultimi disperati tentativi di un ego che non vuole crescere. Se lei non è sufficientemente VIGILE riguardo ciò che accade al suo interno, lui riesce ad agganciarla a livello del corpo astrale, risvegliando il dolore di lei, le sue paure e le sue ansie, rendendo più difficile e piena di sofferenza la sua decisione di andarsene.
Fino a quando non cominciamo a essere più svegli il rapporto di coppia non è un vero rapporto d’amore, è semplicemente un’occasione per scoprire chi siamo veramente attraverso l’altro, usando l’altro come specchio. Il rapporto di coppia in definitiva serve solo a svegliarci – talvolta in maniera traumatica – non a renderci ottusamente felici come la famiglia del mulino bianco.
SALVATORE BRIZZI
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canesenzafissadimora · 2 months
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Le parole sono proprio come noi, nascono, invecchiano, muoiono con noi.
Ci sono quelle premature, venute al mondo prima del tempo, non ce la fanno.
Quelle nate ma poi rifiutate e abbandonate per la strada.
Quelle negate, quelle taciute, quelle ingoiate, masticate, digerite prima di diventare cibo per la mente.
Quelle orgogliose, vestite male, quelle scucite dall’orlo delle labbra solo per riderne.
Quelle che piangono, urlate controvento,
che si mescolano alla pioggia improvvisa sull’anima.
Quelle che diventano deserto, granelli inconsistenti che solo dopo un po’ disturbano gli occhi facendosi sentire e ricordare.
Quelle che esplodono, pugnalano, graffiano i sentimenti, come vandali non danno
ma sono un danno per l’estetica del cuore. Quelle di gioia, cadute in tempo ad addolcire un momento e un dolore.
Quelle belle solo per finta, quelle brutte
per troppo amore.
Quelle già dette, inflazionate per alcuni, per altri comunque sempre nuove.
Quelle intatte di freschezza,
quelle chiuse nella plastica, quelle congelate, quelle bruciate nel camino dei desideri,
quelle spremute e così attese da diventare quasi silenzio.
Quelle trasparenti e quelle invisibili,
quelle che precedono una bugia,
quelle che seguono una verità.
Quelle comprate e quelle senza prezzo,
quelle all’ingrosso e quelle al dettaglio, quelle di apertura e quelle di chiusura.
Quelle che annunciano addii, quelle che vanno senza avvisare.
Quelle che inviti a colazione e arrivano
per cena.
Quelle del sempre e del troppo tardi.
Quelle agitate e rivelate nel bel mezzo
di un’emozione, quelle commosse di poesia che non rimandi al mittente.
Qualcuno dice che non servono, eppure senza non si vive.
Chi resta senza non sceglie mai, le lascia dire, le lascia agire.
E quelle chiuse in un cassetto escono nei sogni.
Scappano di notte, vanno dove vogliono, fanno arrossire i pensieri taciuti.
Un giorno tutte le nostre parole torneranno
a cercarci, a coprirci dal freddo.
Un giorno capiremo sulla nostra pelle quanto abbiamo risposto, quanto abbiamo taciuto. Un giorno non ci sarà più altro da dire
ma da rileggere e da ascoltare.
Un giorno raccoglieremo le sensazioni,
le spiegazioni, il coraggio del viaggio. Raccoglieremo l’imbarazzo, le ferite,
le notti in bianco spese in silenzio,
i rimpianti che mordono e la puntualità del caso e del destino quando si abbracciano, che se pure non volesse qualcuno, nessuno può dividere.
Quelle che lanciate al cielo atterranno gesti. Quelle vere che dirò per poi dire: – Non credermi finché non mi vedi davvero arrivare.
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Massimo Bisotti
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susieporta · 6 months
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Il cammino dell'analisi, quella vera e non di facile consumo, richiede impegno, apertura autentica di mente e cuore. Richiede da parte del terapeuta profonda umiltà, condivisione emotiva. Il mestiere di analista del profondo non si impara semplicemente con l'avere frequentato un corso di formazione. Si è terapeuti dell'anima per predisposizione naturale, affinata dalle esperienze vissute, coltivata attraverso lo studio indefesso, la sensibilità estrema a cogliere gli aspetti più inverosimili dell'esistenza. Non ci sono tecniche migliori di altre da apprendere, sono forse tutte valide, ma non bastano. L'analista è in continua cura di sé stesso poiché nessuno può definirsi completo, o che ha annullato le ferite del passato. Sono sempre lì, e lì dove furono devono restare perché sono la verità con cui l'analista può entrare nelle difficoltà dell'altro. L'analisi non è il superamento del passato in vista di un futuro senza macchia. È piuttosto la continua riesumazione di esso affinché, riportato alla luce, non sia un cadavere in putrefazione cui si è messa una pietra sopra ma un humus da rivangare affinché sia terreno fertile per nuovi frutti. Il passato non si può e non si deve in nessun modo cancellare. L'analista ci convive, consapevole che è l'unica ricchezza di cui dispone. Un'analisi che prometta facili superamenti è disumana e idiota.
L'analisi non è per tutti, è per quei pochi capaci di sostenerla. Non promette falsa felicità, promette solo verità, per quanto sia possibile arrivarvi. La verità è il più delle volte scomoda. Smonta ogni idea che ci si è fatti di sé. La verità è cruda e solo chi ha coraggio vi si espone. Non si guarisce da chissà cosa. Si impara a convivere con le proprie fragilità facendole diventare punti di partenza per diventare forti e nello stesso tempo flessibili.
Si acquisisce semplicemente la capacità di accettarsi e accettare chiunque vivendo passato, presente e la contingenza del futuro ignoto, con coraggio e la volontà di cercare di migliorare, consapevoli che siamo tutti uguali per valore, ognuno nella sua diversa e indiscussa unicità.
L'analista non salva nessuno, non è né più né meno di nessuno e, se non sa questo, è meglio che faccia un altro mestiere.
Il paziente usa l'analista come il violinista usa il violino per inventare la sua musica.
L'analista non dà consigli, non offre soluzioni. Fa domande affinché l'altro si interroghi come l'analista stesso è in continua autointerrogazione.
L'analista lavora con l'anima e si offre all'altro, si mette a disposizione dell'altro affinché l'altro faccia buon uso della sua. Non ci sono miracoli.
Attraverso il buon uso dell'analista il paziente trova la verità su sé stesso per sciogliere problemi che gli apparivano insolubili e riuscire a vivere al meglio la propria vita.
L'analisi richiede tempo, tutto il tempo necessario per giungere alla meta desiderata. Non si raggiunge di corsa la vetta di una montagna. Si va piano, attenti ai crepacci e ben equipaggiati.
Una casa si costruisce a partire dalle fondamenta, non dal tetto. A volte, per eccessivo entusiasmo, ci si illude di essere giunti subito alla meta quando invece è solo un miraggio. Ci vuole pazienza, anche da parte dell'analista che sarebbe opportuno non si vantasse di un facile successo. Pazienza, calma, prudenza affinché ciò che si è costruito resista ben solido nel tempo ai sismi della vita.
Giovanna Breccia
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erosioni · 4 months
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Ars gratia artis 1
Mi basta avere tempo. I pensieri partono e si accavallano e sovrappongono. Pensando a cosa dovrei o devo fare, e come, a cosa dovrei pensare di dover fare, a cosa ho già fatto e detto e come, se andasse e andrà bene. Se invece c’è abbastanza tempo l’ozio disperde i pensieri: questi. 
Gli altri pensieri si accavallano, come le gambe: distanza interposta che proietta in avanti, un raccoglimento che sbircia ai lati. Invece di coprire in stage un turno non mio preferirei essere seduta a fare l’aperitivo, oppure in battello come i turisti, oppure in un letto non mio. Ma forse va bene anche solo stare qui a pensare.
In ogni caso la guardiania chiede solo tempo, soprattutto in un tardo pomeriggio di sole estivo che svuota il museo. Mi lascia allora non sragionare e con me nel fresco delle sale rimane il torpore dell'ozio. Comincio a pensare a qualcuno con cui vorrei bere, oppure con cui vorrei dividere un letto fresco, magari in una stanza anonima di hotel vista lago. Forse dividerlo con più di uno. Con due. Una coppia. È un bel pensiero. Mi cullo per un po’ con l’idea del threesome, finché posso. Disaccavallo le gambe e cambio posizione.
Non possiamo usare il cellulare, fa poco professionale. Ammesso che stare seduti qui sia una professione. Comunque sono severi. Sbircio l’ora: il turno è ancora lungo. Apertura serale estiva, l’idea geniale di qualcuno in assessorato. Non sia mai che qualche erudito manchi l’opportunità di vedere la collezione di sassi arcaici del primo piano nel dopo cena. Dai: comunque sono soldi per le vacanze.
Passa Martino, l’altro stagista. È alto, slanciato, con gli occhi scuri. La giacca gli sottolinea le spalle larghe. L’uniforme gli sta bene. Chi sa come starebbe senza. Mi fa un cenno di saluto annoiato e rispondo. “Tutto bene, Cami?” “Sì sì tutto bene, grazie, perché non andiamo a scopare nei cessi? Ho voglia di stare a quattro zampe davanti a te.” Questo mi limito a pensarlo ovviamente, in realtà annuisco sorridendo.
“Non c’è nessuno, vuoi uscire a fumare? Qui ci sto io…”. Forse anche meglio della scopata al cesso. Lo ringrazio con un altro sorriso e mi alzo. “Ti devo un favore” gli dico mentre esco dalla stanza, ma mi sa che sono troppo timida per fargli capire qual è il favore che gli farei per davvero.
Passando di fronte allo specchio dell’uscita mi vedo nell’uniforme della guardiania. Sembro un incrocio tra una hostess e una monaca: tailleur blu, camicetta bianca, gonna al ginocchio, calze velate. Definitivamente non da selfie.
All’esterno ci sono forse cinquanta gradi, ma è come stare fuori di galera. Mi rollo una sigaretta e aspiro con voluttà. Appoggiata al muro, mi slaccio il primo bottone della camicetta e socchiudo gli occhi. Non oso levarmi la giacchetta.
E faccio bene. “Signorina!” Sobbalzo come in un manga. Probabilmente ho l’espressione del gatto che ha mangiato il canarino. Ci mancava la direttrice, ma non era andata via? “Smetta subito di fumare e rientri! Lo sa che è proibito? Un po’ di professionalità, anche se è una stagista!” “Mi scusi, dottoressa” balbetto. Butto via la sigaretta. “Ma che fa? Sporca anche a terra? Andiamo bene! Raccolga quel mozzicone e lo metta nel cestino! Veloce…” Divento di tutti i colori. Sono proprio scema e ora la Bianchi mi prenderà in antipatia per sempre: è famosa per essere una super stronza con tutti. Mannaggia a me e a quando accetto di fare i turni degli altri.
Raccolgo il mozzicone e lo butto nel cestino. Mi giro e mi ritrovo faccia a faccia con la Bianchi, mi sta a cinque centimetri dal naso. I suoi occhi azzurri, vitrei, mi fissano come quelli di un serpente. Deglutisco e cerco di fare l’espressione docile.
Ora che cosa ho sbagliato? Ma non oso chiedere, mi limito a guardarla negli occhi con una lieve sensazione di smarrimento. Senza smettere di fissarmi, la Bianchi solleva le mani e mi chiude l’ultimo bottone della camicia. “In ordine, signorina… deve stare IN ORDINE…” Sento un tonfo al cuore. “S-sì mi s-scusi…” Non capisco il brivido che mi sale lungo la schiena. Questa stronza mi tratta come una merda e io mi eccito.
La seguo tutta remissiva mentre rientriamo. Ascolto il ticchettio dei suoi tacchi sul pavimento. Ma mi sono veramente eccitata? Do un’occhiata di sbieco al suo corpo. Ha il doppio dei miei anni, ma è una gran figa. “Scusa, ma stai veramente guardando il culo della Bianchi?” La mia voce interiore suona fintamente scandalizzata in mezzo ai pensieri che mi si accavallano in testa. “Sì” sono costretta ad ammettere. E sento pure le farfalle nello stomaco. Speriamo che mi lasci in guardiania dove posso finire di fare qualche fantasia su di lei in santa pace. Continuo a seguirla come un agnellino, ma con mia delusione passiamo davanti al desk dove c’è Martino. Lui mi guarda come dire “Povera”. Io non so più che espressione ho.
“Camilla…” mi riscuoto. La Bianchi si ricorda pure il mio nome? “Si chiama così vero?” Annuisco. “Mi segua in ufficio per favore. Martino: se c’è bisogno di ulteriore copertura in guardiania telefoni al mio interno, comunque non ci metteremo molto…”. Deglutisco e le farfalle nello stomaco si agitano anche di più. “Ma sei ansiosa o sei eccitata?” Non faccio in tempo a rispondermi che siamo nel silenzio dell’ufficio della Bianchi. Dovunque boiserie di mogano, libri e testine archeologiche. Sulla scrivania, enorme e piena di carte, un piccolo busto di qualche dea, ma non ho molta curiosità per i soprammobili, vista la situazione.
“Signorina, la nostra istituzione, anche se piccola, è famosa a livello internazionale per la sua serietà, per la sobrietà…” La ramanzina della Bianchi è cominciata. A quel punto mi rilasso. Cosa può succedere? Mi caccia? Non è certo il lavoro della mia vita. Mi scappa un sorrisetto di sollievo. “Che cos’è quel sorriso?” ruggisce la Bianchi “Lei mi sta sfidando?” Avvampo. “No, no dottoressa… mi dispiace, sono veramente dispiaciuta…”.
Mi si avvicina minacciosamente, rivedo quegli occhi freddissimi che mi trafiggono. Mi punta un dito al petto, mi fa quasi male. “I mocciosetti della tua età pensano di potersi permettere qualsiasi cosa, vero?” “Dottoressa i-io, mi dispiace…”. “Ora ti darò veramente una ragione per dispiacerti… ti piace aprirti la camicetta per farti vedere eh?”
Rimango spiazzata del tutto, forse più perché è passata al tu che per quello che dice. Mi afferra violentemente per il bavero della giacchetta. Ha una forza incredibile, nonostante sia alta come me. “Guardami bene, mocciosetta. Guardami…” Annaspo. Cado nel suo sguardo di disprezzo, poi abbasso gli occhi e li ritrovo nella sua scollatura abbondante. Ha un gran seno la Bianchi. Mi rifila un ceffone violentissimo. “Cosa guardi, mocciosetta?” Sono senza fiato: “A… a…” Mi arriva un secondo ceffone con il dorso della mano. Mi sale improvvisamente da piangere come da bambina.
“Mi guardi le tette? Ti fanno invidia? Tu certo hai ben poco in quel reparto!” Mi dà uno strattone alla camicetta e saltano tre bottoni. “Sei una puttanella maleducata e devi essere punita, lo sai?” Penso di avere il viso in fiamme e anche rigato di lacrime. Mi sento veramente umiliata e quel che è peggio riesco solo a balbettare cose incoerenti.
La Bianchi invece è una furia ma agisce in modo efficiente. Mi fa fare un mezzo giro su me stessa e mi spinge decisamente verso la scrivania. Sento che fruga in un cassetto. Qualcosa di metallico si chiude attorno ai miei polsi. Mi ha ammanettato questa stronza! Mi spinge e crollo a novanta gradi sulla scrivania mentre carte e libri finiscono a terra. Mi schiaccia la faccia contro il piano di vetro, tirandomi i capelli. Da quella posizione vedo gli occhi indifferenti della statuetta. Non capisco cosa sta succedendo, a parte che piango un po’ e mi tremano le gambe.
“Abbassiamo questa gonna ora, puttanella, vediamo che c’è sotto!” Cerco di divincolarmi, ma la Bianchi crudelmente mi sbatte la testa contro la scrivania. Sento un dolore fortissimo e trovo la forza di gridare. Mi sta addosso con tutto il peso. “Grida pure, mocciosetta, tanto è tutto insonorizzato qui…” “Per favore, per favore… no…” La gonna e i collant scivolano lungo le mie gambe e si afflosciano alle caviglie. “Lo sapevo, lo sapevo, hai delle mutandine davvero da quattro soldi. Tipico di voi mocciose: dove le prendi, al mercato?” Mi metto di nuovo a piangere perché non so cosa dire.
La Bianchi si piega su di me e mi sussurra: “Però hai un bel culetto, mocciosetta, va usato.” Inaspettatamente sento un brivido di eccitazione: mi sto bagnando. Comincia a sculacciarmi con la mano aperta. Sciaff. Grido e mi scuoto tutta, ma non mi azzardo più a ribellarmi. Sciaff. Sciaff. Continua con una mano durissima. “Per favore dottoressa noooo… bastaaa…” stavolta grido fortissimo, ma è inutile. “Ti stai eccitando, puttanella? Dimmi la verità?” Mi mordo le labbra per non rispondere, ma mi sto eccitando molto. Mi vergogno anche tanto, non credevo che una cosa del genere potesse essere eccitante.
Sento il sedere che pulsa, forse ci rimane anche il segno. Vorrei solo essere scopata adesso. “Sei proprio una troietta, vero, Camilla?” “Mhhh… sì sì…” Non so perché lo dico, forse per paura, ma in realtà mi fa piacere dirlo. Me lo fa ripetere diverse volte mentre mi sculaccia, è come se mi vedessi dall’esterno mentre mi umilia. “Sì, sono una troietta, una troietta, una troietta…”. Mi piace. Non ho più voglia di ribellarmi.
Mi spinge giù dalla scrivania. In ginocchio. Mi prende il mento e mi costringe ad alzare lo sguardo verso di lei. “Non mi dire che non l’hai mai fatto, mocciosetta…”. Non dico niente, mi vergogno e basta. La Bianchi si solleva la gonna. Sotto non ha nulla. È depilata. La sua vulva sembra un occhio indifferente. Mi prende la testa fra le mani.
Sento l’odore forte della sua eccitazione e in qualche modo sono felice che sia eccitata per una troietta come me. La lecco con desiderio, con passione, mentre mi passa una mano fra i capelli. A un tratto con soddisfazione sento che viene, viene per me.
Ora sorride. Io sono tutta bagnata, mi fa male il culo e sono anche ammanettata. Mi sdraio sul tappeto persiano esausta. “Che cosa vuoi veramente, Camilla?” “Voglio venire, ti prego, ti prego!” Non so da dove mi esce questa voce, sembro veramente una troia. Si piega su di me, mi abbassa le mutandine. La sua bocca raggiunge la mia figa. Vengo quasi subito con un mugolio. Vengo ancora e poi ancora. Sembra che non finisca mai. La Bianchi ridacchia: “Vedo che sei proprio una troietta, non mi ero sbagliata…”.
Tira fuori la chiave delle manette e mi libera. Istintivamente la abbraccio. Ci baciamo con la lingua. Ha il trucco tutto disfatto adesso, ma è molto affascinante lo stesso. “Hai imparato la lezione, Cami?” Annuisco anche se non so cosa ho imparato, a parte che mi piace essere sculacciata da donne mature. “Dietro quella porta c’è un bagno, datti una rinfrescata perché Martino è rimasto solo anche troppo…” Ora è di nuovo brusca. Sono un po’ delusa. Uffa: mi piaceva la Bianchi che mi faceva le coccole.
Mi ripulisco cercando di non guardarmi allo specchio. Ho la faccia di una tossica della stazione, i collant ovviamente sono smagliati, mi mancano bottoni alla camicetta. Quando esco, la direttrice è seduta alla scrivania, tutto è di nuovo in ordine. Mi avvicino alla porta: “Allora io vado, dottoressa…”. “Puoi chiamarmi Lucia quando siamo sole. Cosa che accadrà spesso nei tuoi prossimi turni, come puoi immaginare…” Il cuore mi batte un po’, cerco qualcosa da dire. Arrossisco mentre dico solo: “Ciao Lucia…”. Dio che frase stupida. Sono proprio scema. Speriamo che mi perdoni la goffaggine. Anzi no. No. Speriamo proprio che me la faccia pagare.
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thebeautycove · 9 months
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CHANEL - CHANCE EAU FRAÎCHE - Eau de Parfum - Novità 2023 -
Does your scent gift you with the thrill of happiness? My answer in this bottle. Seize a Chance!
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My Chanel My Chance. Chance Eau Fraîche l’abbiamo conosciuta amata e vissuta per il suo carattere gioioso, il suo essere provocatoriamente ottimista, la sua freschezza pétillante dispensatrice di sorrisi…
volevamo di più? una nuova Chance? Eccoci accontentate, scosse da un’energia ribelle…
Chanel Chance Eau Fraîche si lancia nell’esplorazione di una dimensione olfattiva più intensa e seducente con la nuova versione in Eau de Parfum.
Olivier Polge, avvezzo alla sfida di innovare nella tradizione, conserva la trama odorosa della fragranza ma ne rinnova l’impianto caricando gli accordi di nuove accezioni aromatiche.
Decise le esperidi del cedro in apertura per connotare e non disperdere il fattore freschezza e l’effetto luminosità con il balletto aggraziato delle aldeidi.
Più accesa e penetrante la sfumatura floral del gelsomino, che è garanzia di gaiezza e più profonda la vibrazione ambrata del legno di teak che plasma una scia raffinata, sottilmente persistente.
Volevamo altro? La stessa fragranza per i capelli? Fatto.
Creata da Olivier Polge.
Eau de Parfum 50, 100ml. Hair Mist 35 ml. Online qui
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Tre domande a OLIVIER POLGE Parfumeur Créateur di Maison CHANEL sulla nuova Chance Eau Fraîche Eau de Parfum
•Quale è stato il processo creativo di Chance Eau Fraîche EdP?
Abbiamo apportato dei sottili cambiamenti alla composizione per amplificare le sensazioni suscitate nell'Eau de Toilette. L'idea era di portarla all'estremo, di enfatizzare ulteriormente le note fresche attraverso gli agrumi e dare maggiore intensità alle note di fondo, note ambrate, per conferire una maggiore vibrazione. La vera e propria sfida è stata lavorare sull'intensità, esaltare le note di fondo e dare più profondità, senza rinunciare alla freschezza.
• L'Eau de Parfum è radicalmente differente dallo spirito dell'Eau de Toilette?
Entrambe fanno parte dello stesso universo olfattivo, fresco e colorato, in cui il filo conduttore è il gelsomino. Questa nuova interpretazione è più ambrata e avvolgente rispetto all'EdT. Per crearla abbiamo intensificato la fragranza ad ogni livello della composizione (note di testa, cuore, fondo).
• Come descriverebbe le differenze tra Edt e la nuova Chance Eau Fraîche Eau de Parfum?
L'Eau de Parfum è un profumo fresco e boschivo che si apre su uno slancio agrumato, ancora più vibrante e tonico, esaltato da un tocco di aldeidi. In questa variazione, il cuore fiorito del gelsomino è più ricco e dona rotondità e luminosità. L'accordo di legno di teak, con le sue note ambrate più intense, conferisce ricchezza e profondità alla fragranza, per una scia più decisa.
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