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#Storia d’Italia
gregor-samsung · 1 year
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“ Era un novembre, come sempre a Palermo, mite, opulento, dorato. Benché la festività dei morti fosse già passata, pupi di zucchero e frutta martorana allegravano le vetrine delle pasticcerie come i fichidindia, le sorbe in conocchia, i loti e le arance i banchi dei fruttivendoli. Le « cose dei morti », i pupi e la frutta di pasta di mandorle, che i bambini la mattina del due novembre cercano e trovano in qualche angolo della casa: e la sera, a letto, avevano finto di dormire, resistendo al sonno soltanto per pochi minuti oltre l’abitudine, nella speranza di vedere i morti arrivare coi doni e nasconderli. Nessuna paura, poiché erano i morti della famiglia; e di qualcuno anche loro avevano recente ricordo. I morti che portavano doni; i vivi che tra loro, a catena, si ammazzavano; quei banchi che di domenica, giorno vietato alle vendite, offrivano frutta e anche pane e anche formaggi; quei cartellini dei prezzi, sulla merce, che si poteva credere riguardassero il chilogrammo e invece, ad avvicinarvisi, e magari chi ne aveva bisogno mettendo gli occhiali, si scopriva che riguardavano il mezzo chilogrammo: i vigili urbani che invece che in mano il blocchetto delle multe, avevano il cartoccio di frutta: tutte cose che nella mente del giudice si accozzavano a dargli il senso di una città irredimibile. “
Leonardo Sciascia, Porte aperte, Adelphi (collana Fabula n° 18), 1987¹; pp. 80-81.
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storiearcheostorie · 1 year
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MUSEI‬ / Brescia ritorna "Leonessa d’Italia": nel Castello riapre il Museo del Risorgimento completamente rinnovato e multimediale #‎bgbs2023‬
MUSEI / Brescia ritorna "Leonessa d’Italia": nel Castello riapre il Museo del Risorgimento completamente rinnovato e multimediale Articolo, #video e #foto su Storie & Archeostorie @bergamo_brescia23 #‎bgbs2023‬ @Bresciamusei
Avvio in grande stile delle celebrazioni per Brescia, Capitale italiana della Cultura 2023 insieme a Bergamo. Sabato 28 gennaio 2023 alle ore 11.30 inaugura infatti il nuovo Museo del Risorgimento Leonessa d’Italia. Completamente rinnovato nei contenuti, nell’allestimento e negli spazi, il museo aprirà al pubblico domenica 29 gennaio all’interno del Grande e Piccolo Miglio nel Castello di…
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beatricecenci · 11 months
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Francesco Hayez (Italian, 1791-1882)
Meditazione sulla storia d’Italia
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angelap3 · 6 days
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Chi liberò veramente l’Italia
25 aprile liberazione
Si può celebrare in tanti modi la Liberazione dell’Italia nel 1945 ma ci sono dati, numeri e vite che non si possono smentire e che sono la base necessaria e oggettiva per dare una giusta dimensione storica all’evento. Dunque, per la Liberazione dell’Italia morirono nel nostro Paese circa 90mila soldati americani, sepolti in 42 cimiteri su suolo italiano, da Udine a Siracusa. Secondo i dati dell’Anpi, l’associazione dei partigiani, furono 6882 i partigiani morti in combattimento.
Ricavo questi dati da una monumentale ricerca storica, in undici volumi raccolti in cofanetto, dedicata a La liberazione alleata d’Italia 1943-45 (Pensa ed.), basata sui Report of Operations di diversi reggimenti statunitensi, gli articoli del settimanale Yank dell’esercito americano e i reportage dell’Associated press. E naturalmente la ricerca storica vera e propria. Più un’ampia documentazione fotografica. L’autore è lo storico salentino Gianni Donno, già ordinario di Storia contemporanea, che ha analizzato i Reports of Operations in originale, mandatigli (a pagamento) da Golden Arrow Military Research, scannerizzati dall’originale custodito negli Archivi nel Pentagono. L’opera ha una doppia, autorevole prefazione di Piero Craveri e di Giampiero Berti e prende le mosse dallo sbarco di Salerno.
Secondo Donno, non certo di simpatie fasciste, il censimento dell’Anpi è “molto discutibile” ma già quei numeri ufficiali rendono le esatte proporzioni dei contributi. Facciamo la comparazione numerica: per ogni partigiano caduto in armi ci furono almeno 13 soldati americani caduti per liberare l’Italia. Senza considerare i dispersi americani che, insieme ai feriti, furono circa 200mila. E il conto risuona in modo ancora più stridente se si comparano i 120mila militari tedeschi caduti in Italia, soprattutto nelle grandi battaglie (Cassino, Anzio e Nettuno) contro gli Alleati e sepolti in gran parte in quattro cimiteri italiani.
Naturalmente, diverso è parlare di vittime italiane della guerra civile, fascisti e no, di cui esiste un’ampia documentazione, da Giorgio Pisanò a Giampaolo Pansa, per citare le ricerche più scomode e famose. Ma non sto parlando di fascismo e guerra civile, bensì di Liberazione d’Italia, ovvero di chi ha effettivamente liberato l’Italia dai tedeschi o se preferite dai “nazifascisti”.
Pur avendo un giudizio storico molto diverso dalla vulgata ufficiale e istituzionale, confesso una cosa: avrei voluto dire il contrario, che l’Italia fu liberata dalla Resistenza, dalla lotta di liberazione, dall’insurrezione popolare degli italiani contro l’invasore. Avrei preferito, da italiana, dire che furono loro a battere i tedeschi, fino a sgominarli, come suggerisce la narrazione ufficiale e permanente del nostro Paese. Ma non è così; e se non bastassero i giudizi storici, la conoscenza di eventi e battaglie, le sottaciute testimonianze della gente, bastano quei numeri, quella sproporzione così evidente di morti, di caduti sul campo per confermarlo. Furono gli alleati angloamericani, sul campo, a battere i tedeschi; senza considerare il ruolo decisivo che ebbero i bombardamenti aerei degli alleati sulle nostre città stremate e sulle popolazioni civili per piegare l’Italia e separarla dal nefasto alleato tedesco. Si può aggiungere che la liberazione d’Italia sarebbe avvenuta con ogni probabilità anche senza l’apporto dei partigiani; mentre l’inverso, dati alla mano, è impensabile. Dunque la Resistenza può conservare un forte significato sul piano simbolico e si possono narrare singoli episodi, imprese e protagonisti meritevoli di essere ricordati; ma sul piano storico non si può davvero sostenere, alla luce dei fatti e dei numeri, che fu la Resistenza a liberare l’Italia. Nella migliore delle ipotesi è mito di fondazione, pedagogia di massa, retorica di Stato. Il mito della resistenza di cui scrisse uno storico operaista di sinistra radicale come Romolo Gobbi.
Per essere precisi, la Liberazione non si concluse il 25 aprile a Milano come narra l’apologetica resistenziale, ma l’ultima, aspra battaglia tra alleati e tedeschi, sostiene Donno, si combatté nel comune di San Pietro in Cerro, nel piacentino, tra il 27 e 28 aprile. A San Pietro c’era anche il regista americano John Huston, inviato col grado di Capitano, a girare docufilm. Ma i filmati erano così duri che gli Alti comandi americani decisero di non diffonderli fra le truppe se non in versione edulcorata.
Sulle lapidi dei cimiteri di guerra disseminati tra Siracusa e Udine, censiti da Massimo Coltronari, ci sono nomi di soldati e ufficiali hawaiani, australiani, neozelandesi, perfino maori, indiani e nepalesi, francesi e marocchini, polacchi, greci, anche qualche italiano del Corpo italiano di liberazione, e poi brasiliani, belgi, militi della brigata ebraica; ma la stragrande maggioranza sono americani, caduti sul suolo italiano. Molti erano di origine italiana: si chiamavano Ferrante, Lovascio, Gualtieri, Rivera, Valvo, Pizzo, Mancuso, Capano, Quercio, Colantuonio, Barrolato, Barone…
“È stata e continua ad essere – dice Donno – una grande opera di mascheramento della “verità” quando non di falsificazione… i miei volumi hanno l’ambizione di rompere questa cortina di latta (che, ammaccata dappertutto, tuttora sopravvive nella discarica del tempo) facendo emergere dati e fatti oscurati ed ignorati”. Naturalmente possono divergere i giudizi tra chi considera gli alleati come benefattori e liberatori, chi come occupanti e nuovi invasori; chi avrebbe preferito che fossero stati i sovietici a liberarci; e chi si limita a considerarli combattenti, soldati in guerra e non eroi, soccorritori o invasori. La memorialistica sulla liberazione d’Italia minimizza e trascura l’apporto americano; invece, sottolinea Craveri, è evidente che furono loro i protagonisti della liberazione d’Italia.
La verità, vi prego, sull’onore.
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sofysta · 5 months
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Professor Paolo Crepet sul caso di Giulia
Non posso dire niente del caso specifico, spero solo che non si cominci con la solita storia di periti e controperiti, sarebbe insopportabile per chi ha voluto bene a quella povera ragazza».
Chi lo conosceva dice che Filippo era ancora innamorato di Giulia.
«In questo contesto la parola innamorato proprio non la userei. Il solo pensare che una ragazza sia come una motocicletta, una proprietà, non c’entra niente con l’innamoramento. È una concezione medievale».
Però succede.
«Appunto, ed è successo in Veneto, in una zone più produttive e ricche del paese, in quella che è stata definita la locomotiva d’Italia. Non è successo in una periferia del Meridione catalogata con il solito bla-bla».
E questo cosa significa?
«È la prova provata che la violenza e il pregiudizio nei confronti della donna non hanno nulla a che vedere con quello che dicono i soliti quattro sociologhi.
Qui siamo nel cuore del Nordest. Ci sono le villette, i giardini ben curati, un mondo che pensavamo essere privilegiato. E felice. Invece no. Abbiamo i soldi, ma non la felicità. Ci sono giovani che non sanno distinguere i sentimenti: come si può parlare di amore quando fai quaranta telefonate a una ragazza?».
In genere, in cosa sbagliano i genitori?
«Sbagliano a giustificare sempre e comunque i figli. I ragazzi vanno male a scuola? Poverini. Prendono un’insufficienza? Colpa dei professori. Vengono bocciati? Ricorso al Tar. Abbiamo creato dei ragazzi che non conoscono la frustrazione, che non sanno che esistono anche i no».
Le famiglie, dunque.
«È da trent’anni che lo dico. Così come ho detto che la scuola è il luogo dei ragazzi e dei loro insegnanti e che i genitori neanche dovrebbero entrarci. Già questa sarebbe una rivoluzione».
Quanto hanno influito i social?
«Tantissimo. Ho coordinato una ricerca sul rapporto tra social e generazione Zeta, è emerso che quello che i giovani temono di più è il “ghosting”. Chatti con il Lorenzo di turno e a un certo punto Lorenzo sparisce. Non lo reggono. Capitava anche alle generazioni precedenti quando non c’erano i social, ma non erano drammi».
Cosa dice ai genitori italiani?
«Anche ai genitori europei, perché non è che negli altri paesi la situazione sia tanto diversa: smetterla di tutelare i loro figli. Sa che cosa rispondo a quei padri e a quelle madri che mi chiedono un consiglio? Di fare l’esatto contrario di quello che stanno facendo».
Perché i genitori hanno questa ansia di tutelare i figli?
«Perché hanno sensi di colpa. Su tutto. Pensano di non avere difeso abbastanza le loro creature. E invece dovrebbero dire: arrangiatevi».
Tornando a Filippo e Giulia, pensa ci sia stata premeditazione?
«Non faccio il mago, ma credo che non sia nato tutto quella sera, i raptus sono solo nei fumetti. Non si diventa lupo in una notte».
Ci sono segnali che si possono cogliere?
«Certo. Ma bisogna farsi aiutare. Il che non significa andare dallo psicanalista. Basta un’amica, ma serve tempo. E non ci si aiuta in chat, ci si aiuta andando a fare un passeggiata, stando assieme, parlando. Vale anche per l’ultimo appuntamento: non si va mai da sole, si va con qualcun altro, ma questo comporta essere complici. La complicità nelle relazioni - gli amici, i familiari, l’allenatore, l’insegnante - è la salvezza»
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fatalquiiete · 7 days
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Lorenzo Tosa da facebook
Ieri sera lo storico Alessandro Barbero è stato ospite a DiMartedì. E, parlando degli ultimi fatti politici, ha fotografato in poche parole le radici e le ragioni profonde per cui oggi, a distanza di quasi un secolo, non ci siamo ancora liberati del fascismo e dei fascisti, e anzi ce li ritroviamo pure al governo.
“Quella che la Resistenza è stata colonizzata dai rossi è un’autentica mistificazione. Basta studiare la Storia per sapere che la Resistenza l’hanno fatta i comunisti e i marchesi, gli operai e i nobili, i poveri e i ricchi, i socialisti, i cattolici, i liberali. Una mistificazione e anche una scusa per non festeggiare il 25 aprile.
C’è un pezzo d’Italia dove ormai da tre generazioni ai bambini si insegna che il regime ha fatto anche cose buone e che i partigiani erano degli scavezzacolli o, peggio, dei criminali, e quindi non c’è alcun motivo di festeggiare il 25 aprile. Una parte d’Italia è rimasta così. Perché altrimenti non si spiega come oggi, quasi un secolo dopo, sia così difficile ammettere che c’era una parte giusta e una sbagliata. Non c’è mai stata una guerra in cui fosse così evidente.
Se chi sta al governo, che quindi ha giurato sulla Costituzione antifascista, fa così fatica a dirsi antifascista, allora significa che è fascista. O uno o l’altro. E a me questo sembra inquietante”.
Una lezione di Storia che oggi, alla vigilia del 25 aprile, dovrebbe essere trasmessa a reti unificate sul Servizio pubblico. E invece…
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ma-pi-ma · 11 months
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Non fatevi ingannare, adesso, dall’unanimità, con qualche puntino sulle i, del cordoglio.
Persino il modo in cui se ne è andato, con gran dignità, è stato un atto di orgoglio e di coraggio, di tenacia, di grinta, di passione. Anche negli ultimi giorni della sua vita l’agenda era sempre piena, appuntamenti disattesi solo all’ultimo per non rinviabili problemi di salute.
Non fatevi ingannare, adesso, dai vari slogan che leggeremo bipartisan: “un grande politico, un grande imprenditore, un uomo intelligentissimo”. Vacui tentativi di ristabilire i migliaia di torti rivoltogli in vita.
Non fatevi ingannare, adesso, dai toni docili e compassionevoli da chi, fino a pochi anni fa, urlava al dittatore fondando la propria carriera e gloria di periferia sull’antiberlusconismo.
Non fatevi ingannare, insomma, dalla solita ipocrisia tutta italiana, che col morto seppella cattiverie gratuite rese per rimpiazzarle da elogi falsi e, tutto sommato, vigliacchi.
Se ne va un uomo di successo e di fortuna, un uomo intelligente, furbo, scaltro. Un imprenditore capace, il Re Mida italiano che ha trasformato in oro qualsiasi impresa al solo tatto.
Se ne va un uomo di libertà. Libertà pagata a caro prezzo, perché in una democrazia tutti possono tutto, tranne se ad esercitare la libertà era Silvio Berlusconi. L’uomo più invidiato d’Italia, ma di un invidia che ha distrutto e umiliato solo gli invidiosi, mai l’invidiato. Se ne va un uomo di pace.
Se ne va un uomo che ha amato l’Italia, Paese che non ha mai abbandonato.
Se ne va un uomo generosissimo. Un uomo che ha sempre fatto beneficienza senza darla in pasto ai giornali, ma con riserbo e umanità. La stessa umanità esercitata quando fu condannato ai servizi sociali presso una casa di riposo, dove li parlava con le anziane, ascoltava le loro vite, raccontava i suoi migliaia di aneddoti, portava doni e allegria.
Se ne va un grande comunicatore, il più amato ed il più odiato di sempre: in entrambi i casi tutti gli hanno dedicato un sentimento. Si chiude un capitolo di Storia ed oggi è impossibile non essere tristi.
Mario Improta
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generalevannacci · 5 months
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Giorgia Meloni, prima alla Camera e poi al Senato, ha accusato Giuseppe Conte di aver firmato il nuovo trattato del Mes “con il favore delle tenebre”, ovvero nascondendolo al Parlamento e agli italiani. “Ricordo – ha detto Meloni – che l’unico mandato parlamentare sulla materia del Mes, nel 2019, impegnava il governo Conte a non ratificare la modifica del trattato”. Aggiungendo poi che l’Italia ha dato con il governo Conte “il suo assenso un giorno dopo essersi dimesso, senza mandato parlamentare, senza che ne avesse il potere, senza dirlo agli italiani”. 
Al Senato, sventolando un foglio con l’autorizzazione da parte del governo Conte a firmare l’accordo, con tono alterato Meloni ha detto che “dalla storia non si esce: la propaganda si può fare ma poi rimangono i fogli a dimostrare la serietà di chi parla”.
Ma la prova della menzogna di Meloni e dell’innocenza di Conte è, paradossalmente, proprio sul foglio che la premier agita in Aula.  
“Vi ho portato un bel fax – dice Meloni ai senatori mostrando il foglio – Per il rappresentante permanente d’Italia presso l'Ue, ambasciatore Maurizio Massari.
La s.v. è autorizzata a firmare l’accordo recante modifica del trattato che istutiisce il Mes. Firmato: Luigi Di Maio’”. E quindi l’affondo della premier: “Questa firma è stata fatta un giorno dopo le dimissioni del governo Conte, quando era incaricato solamente per gli affari correnti, contro il parere del Parlamento, senza dirlo agli italiani, e con il favore delle tenebre!”.
Non è affatto così. E’ vero che Conte ha dato le dimissioni il 26 gennaio e che la riforma del Mes è stata firmata dall’Italia il giorno successivo, il 27 gennaio, ma ciò che Meloni nasconde è quando il ministro degli Esteri ha inviato il messaggio all’ambasciatore presso l’Ue.
Eppure lo si vede chiaramente, ingrandendo la foto, in testa al foglio, dove compare il numero di protocollo con la data: 2021-01-20.
Il ministro Di Maio ha cioè mandato il messaggio il 20 gennaio, alle 16:25, sei giorni prima delle dimissioni di Conte, quando il governo era nel pieno delle sue funzioni.
Ma questo Meloni non lo ha detto, appositamente per far credere che l’ordine è stato inviato il giorno della firma, il 27 gennaio, “dopo le dimissioni del governo”. 
Non è l’unica affermazione falsa della premier. Non è vero, ad esempio, che non c’è stata un’approvazione parlamentare. E’ vero che il governo Conte formalmente firmò il trattato del Mes il giorno dopo le sue dimissioni avvenute il 26 gennaio 2021: ma l’ordine è stato inviato il 20 gennaio 2021, mentre il consenso politico dell’Italia era già stato dato l’11 dicembre 2020, dopo aver ricevuto il mandato dal Parlamento il 9 dicembre. Tutto alla luce del sole, senza il favore delle tenebre.
Come dice Meloni: “La propaganda si può fare, ma poi rimangono i fogli a dimostrare la serietà di chi parla”. 
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falcemartello · 1 year
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Stamani nei TG si parla delle inondazioni che hanno colpito l’Emilia e altre regioni d’Italia.
Immancabile il richiamo agli eventi eccezionali causati dai cambiamenti climatici.
Un giornalista serio si sarebbe documentato. Come?
Avrebbe cercato lo storico delle alluvioni e inondazioni. Per esempio qui:
E se proprio sa proprio voleva trarre delle conclusioni, avrebbe prima diagrammato i risultati come sotto riportato.
Si deve parlare di aumento di eventi eccezionali per i cambiamenti climatici?
Questi non sono iscritti agli Ordini dei Giornalisti, sono agli ordini e basta.
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(Fortunato Nardelli)
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soldan56 · 1 month
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marcoleopa · 10 months
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19 07 23
Corte d’Appello di Caltanissetta, sentenza sul depistaggio del 12 luglio 2022: «il più grande depistaggio della storia d’Italia», «partecipazione morale e materiale di altri soggetti (diversi da Cosa nostra)». E c’erano anche «gruppi di potere interessati all’eliminazione» del magistrato». «Tra amnesia generalizzate di molti soggetti appartenenti alle istituzioni (...) e dichiarazioni testimoniali palesemente smentite da risultanze oggettive e da inspiegabili incongruenze logiche, l’accertamento istruttorio sconta gli inevitabili limiti derivanti dal velo di reticenza cucito da diverse fonti dichiarative»
Salvatore Borsellino: «Non vogliamo che ci siano avvoltoi in via D’Amelio, ipocriti che portino corone e onori fasulli, ho promesso che non avrei più permesso simboli di morte laddove c’è l’Albero della pace voluto da mia madre e dove intendo realizzare un Giardino della pace». «Le sue esternazioni (Min.Nordio), al di là del loro esito, hanno mostrato la volontà di demolire la legislazione pensata da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino per dare gli strumenti necessari a combattere la criminalità organizzata. E se avrò modo di incontrare il premier Meloni - aggiunge - le vorrei chiedere come si concilia il suo entrare in politica dopo la strage di via D’Amelio e la morte di Paolo Borsellino e le esternazioni di un suo ministro che promette di smantellare la legislazione antimafia attaccando proprio l’articolo del concorso esterno in associazione mafiosa eliminando il quale la quasi totalità dei processi per mafia verrebbero ad essere annullati. Io da Giorgia Meloni non mi aspetto parole ma fatti. Lo censuri o lo faccia uscire dal governo come si merita». «Questa volta non ci saranno problemi: sarò io ad accogliere i giovani del corteo delle associazioni e insieme entreremo in via D’Amelio. Forse all’albero Falcone è mancato questo».«L’antimafia non si è spaccata oggi, le varie organizzazioni non hanno lavorato all’unisono anche perché si occupano di cose diverse. Libera di beni confiscati, le Agende rosse di giustizia e verità. Purtroppo quello che mi ha addolorato in questo ultimo anniversario è chi ha trovato la maniera di attaccare i movimento delle Agende rosse, predicando che non ci siano divisioni»
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gregor-samsung · 2 years
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“ Tutti i giurati portavano all’occhiello della giacca il distintivo del partito fascista; ma se a ciascuno di loro, confidenzialmente, fosse stato domandato se si sentiva fascista, con qualche esitazione avrebbe risposto di sì; e se la domanda gli fosse stata fatta ancor più confidenzialmente, dentro ristretta cerchia e aggiungendo un « veramente », uno - pare di poter dire - avrebbe nettamente risposto di no, mentre gli altri avrebbero evitato il sì: e non per prudenza, ma sinceramente. Non si erano mai posto il problema di giudicare il fascismo nel suo insieme, così come non se lo erano posto nei riguardi del cattolicesimo. Erano stati battezzati, cresimati, avevano battezzato e cresimato, si erano sposati in chiesa (quelli che si erano sposati), avevano chiamato il prete per i familiari morituri. E del partito fascista avevano la tessera e portavano il distintivo. Ma tante cose disapprovavano della chiesa cattolica. E tante del fascismo. Cattolici, fascisti. Ma mentre il cattolicesimo stava allora lì, fermo e massiccio come una roccia, per cui sempre allo stesso modo potevano dirsi cattolici, il fascismo no: si muoveva, si agitava, mutava e li mutava nel loro sentirsi - sempre meno - fascisti. Il che accadeva in tutta Italia e per la maggior parte degli italiani. Il consenso al regime fascista, che per almeno dieci anni era stato pieno, compatto, cominciava ad incrinarsi e a cedere. La conquista dell’Etiopia, va bene: benché non si capisse come mai ad un impero conquistato corrispondesse, per i conquistatori, un sempre più greve privarsi delle cose che prima, almeno per chi poteva comprarle, abbondavano. E poi: perché mai Mussolini era andato a cacciarsi nella guerra spagnola e in una sempre più stretta amicizia con Hitler? E anche se si continuava a ripetere, sempre più straccamente, l’iperbole del dormire con le porte aperte, era quella porta aperta al Brennero che cominciava a inquietare: che magari non vi sarebbero affluite e dilagate le forze della devastazione e del saccheggio, ma pareva vi affluissero già e dilagassero gli stormi del malaugurio. Andava sempre peggio, insomma. E il « quieto vivere », la cui ricerca tanta inquietudine aveva dato nei secoli a coloro che vi aspiravano, cominciava a disvelarsi sempre più lontano e irraggiungibile. Il partito fascista diventava sempre più obbligante, nell’esservi dentro; e sempre più duro, nell’esservi fuori. “
Leonardo Sciascia, Porte aperte, Adelphi (collana Fabula n° 18), 1987¹; pp. 71-72.
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raffaeleitlodeo · 1 year
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Questo Tweet non ha assolutamente nulla di sbagliato e ha fatto molto male Salvini a toglierlo. È un manifesto estremamente sincero della destra di Salvini, in cui fluttuano assieme alluvioni, risultati calcistici, “buona domenica e voi cosa mangiate a pranzo amici?”, “vi sembra normale che un immigrato faccia questo, a me no”, “i nostri amici a quattro zampe”, “follia dell’Europa, vogliono dire che l’alcol contenuto nel nostro vino fa male, pazzesco amici”, terremoti, “i nostri angeli in divisa”, catastrofi, “preghiamo per loro”, “che buone le castagne”, “io sono per la pace in Ucraina, “roba da matti amici”, la pizza margherita come fanno a Napoli gnam”, “mi è scoppiata una gomma e la sinistra muta”, “dove andremo a finire, eh, signora mia?”. Tutto fluttua assieme nella più totale assenza di gravità. È l’alt right pop, felpa edition, mentre Fratelli d’Italia ne esprime la versione seria, carica di preoccupazione, storia, e anche livoroso rancore. Salvini non sembra invece preoccupato di nulla, sradicato anche dal nord di cui la sua lega fu interprete, fluttua Salvini nella pigrizia di una interminabile domenica pomeriggio. Magari Salvini fosse un fascista, si saprebbe almeno come definirlo, e invece niente, non mi viene in mente nulla. Il nulla.
Francesco De Collibus - Twitter
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abatelunare · 2 years
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Di cose spaventosamente attuali
Non so se il suo nome dirà qualcosa ad alcuni di voi, ma Giovanni Mosca - padre dei giornalisti Paolo Mosca e Maurizio Mosca - è stato uno dei più grandi umoristi italiani. Era scrittore ma anche vignettista. L’altro giorno stavo sfogliando quasi distrattamente quello che penso possa essere considerato il suo capolavoro: La storia d’Italia in 200 vignette. A pagina 196 mi è capitata sotto gli occhi una vignetta che vi voglio infliggere e per due motivi. Il primo è la sua spaventosa attualità (il libro è uscito nel 1976, eh). Il secondo è che comunque la si pensi dal punto di vista politico, non si può non essere d’accordo con il suo contenuto. Giudicate voi stessi.
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l-incantatrice · 10 months
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Ieri mio figlio al telegiornale ha sentito parlare di Ustica e mi ha chiesto cos’era successo. Allora io gli ho raccontato di quell’episodio vergognoso della storia d’Italia,delle menzogne dette per anni,dei depistaggi,degli insabbiamenti,della mancata giustizia per quelle povere vittime e le loro famiglie, e gli ho consigliato di vedere un bel film su quell’argomento “ Il muro di gomma “ che sinceramente mi sarei aspettata che la Rai mandasse in onda in occasione dell’anniversario,invece no.Lui poi mi ha chiesto anche del caso Moro e io gli parlato delle brigate rosse,del terrorismo di destra,delle stragi di stato,dei servizi segreti deviati e delle istituzioni che non sono state in grado di fare il loro dovere. Un decennio o forse più che è stato il peggiore della nostra repubblica
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pelle-scura · 2 years
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Storia d’Italia in breve:
Non importa la tipologia del carro dei vincitori, l’importante è salirci.
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