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#violenze taciute
philosobia · 8 months
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Le molestie alle femmine
Stamattina è iniziata leggendo le storie di L’ha scritto una femmina. Persone, tutte donne e ragazze, hanno condiviso le loro brutte esperienze in tema di molestie subite da maschi. Ebbene, oltre il risultato è che (cito): Non tutti i maschi lo fanno, ma tutte le femmine lo hanno subito almeno una volta nella vita. E ovviamente ho condiviso in parte anche la mia esperienza. Di tutti gli anni…
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Papa: Acs, appello per la libertà di fede è fonte di speranza
(ANSA) – CITTÀ DEL VATICANO, 09 APR – “Il pensiero di Papa Francesco in questa domenica di Pasqua per le comunità sofferenti vittime dei fondamentalismi religiosi in Burkina Faso, Mali e Mozambico o di regimi oppressivi in Nicaragua ed Eritrea, è fonte di speranza. Purtroppo le feroci violenze sono quotidiane e incredibilmente taciute e nascoste in Europa e in Occidente più in generale”. Lo…
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abbattoimuri · 2 years
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Fame da morire: infanzia
Fame da morire: infanzia
La mia era una famiglia disfunzionale che attribuiva al cibo una funzione compensativa per colmare abbandoni e carenze affettive e soprattutto le violenze che venivano esercitate da mio padre e taciute da mia madre. Sedere a tavola durante il pranzo era una tortura perché non si poteva lasciare un briciolo di nulla sul piatto, pena una punizione col corporale, lo sganassone di mio padre e…
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superfuji · 3 years
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L'eroe Mussolini e gli immigrati assassini: i fascio-fumetti invadono le scuole
La propaganda nera arriva dalla Germania sotto forma di vignette, graphic novel, opuscoli e libri animati pubblicati dalla galassia degli editori d'ultradestra: amministrazioni e assessori soprattutto di FdI li donano a istituti e biblioteche
C'E' LA CARICA dei tagliatori di teste al grido di “hail!”, che sostituisce, rievocandolo, il saluto hitleriano “heil”. C’è l’immigrato assassino che brandisce un machete insanguinato: lo stesso sangue grondante da un coltello impugnato dal solito uomo di colore che, nella narrazione fumettistica, rappresenta il male della società. C’è Mussolini raccontato come un eroe e c’è la ricostruzione fantasiosa e apologetica - in chiave martire-valoroso -, dell’uccisione a Dongo di Alessandro Pavolini, ultimo segretario del Partito fascista e comandante delle famigerate Brigate Nere. Sospesi tra realtà e finzione. Pieni di slogan e santini propagandistici, rimandi nostalgici, simboli del neofascismo e del neonazismo (rappresentati quasi sempre da personaggi “veri”, realmente esistiti e entrati nel pantheon dei camerati). Sono i fumetti dell’estrema destra. Scie, vignette, graphic novel, opuscoli, libri “animati”. Pubblicati da case editrici vicine, o collegate, in alcuni casi diretta emanazione di movimenti politici della galassia nera. Alcuni dei quali già sotto inchiesta e attualmente alla sbarra.
Controcultura nera
Un’operazione di “controcultura” in risposta al racconto mainstream. Che si snoda soprattutto tra Italia e Germania, ed è rivolta – ovviamente - alla platea dei giovani. Giovani delle scuole, anche. A cui – grazie all’iniziativa di amministrazioni comunali, sindaci, assessori, deputati – questi fumetti vengono regalati. L’elenco degli ultimi casi italiani ci porta a Ascoli Piceno. Su input del sindaco di FdI Marco Fioravanti, per il Giorno del Ricordo 2021, il Comune ha comprato e donato agli studenti della provincia il libro “Foiba Rossa. Storia di un’italiana”, dedicato a Norma Cossetto. Il volume è pubblicato da Ferrogallico, casa editrice di fumetti legata a doppio filo all’estrema destra: tra i soci fondatori (2017) figurano due esponenti di Forza Nuova (Marco Carucci, ex portavoce milanese, e Alfredo Durantini), e il cantautore “non conforme” Skoll, nome d’arte di Federico Goglio. A distribuire i volumi di Ferrogallico oggi è Altaforte, la casa editrice del dirigente-picchiatore di CasaPound Francesco Polacchi, pregiudicato per violenze come alcuni dei suoi autori, e anche proprietario del marchio di moda Pivert, nonché editore del Primato Nazionale, la testata (carta e on line) dei “fascisti del terzo millennio”. Sulle pagine del periodico di CPI trovano spazio pure i fumetti. Un esempio: la lenzuolata intitolata “Il paese normale, fatti e cronache di ordinaria integrazione”. Un collage di notizie di crimini commessi da immigrati ruota intorno al disegno di un coltello stretto in una mano dalla pelle scura.
Soldi pubblici e casse fasciste
Torniamo a Ferrogallico e al caso Ascoli Piceno. La stessa scelta di parlare del Giorno del Ricordo attraverso il fumetto su Norma Cossetto è stata assunta anche da altre amministrazioni: due anni fa, tra le prime, l’assessore all’Istruzione della Regione Veneto Elena Donazzan, di FdI, poi esibitasi in Faccetta nera ospite di una trasmissione radiofonica. Seguirono Regione Piemonte, Pavia - sempre su proposta di una consigliera del partito di Giorgia Meloni, Paola Chiesa, che distribuì personalmente il libro - , ed altri Comuni. Il tutto, tra prevedibili e incandescenti polemiche. Anche perché si tratta di soldi pubblici che finiscono dritti nelle casse di case editrici collegate a gruppi e movimenti dichiaratamente fascisti. Andiamo avanti. Sorvolando sul fumetto (sempre targato Ferrogallico) dedicato alla vita di Nino Benvenuti, esule istriano, si può ricordare un altro caso: due anni fa l’amministrazione di Verona decide di regalare alle scuole e alle biblioteche comunali il libro a fumetti pubblicato nel 2017 (l’editore è sempre lo stesso) che racconta la storia di Sergio Ramelli, giovane membro del Fronte della Gioventù ucciso nel 1975 a Milano da militanti di Avanguardia Operaia, e diventato, da allora, uno dei simboli del neofascismo.
"Immigrato criminale"
Come funziona la propaganda del fumetto nero? Da dove nasce? Chi c’è dietro questa editoria che punta su leggerezza e immediatezza per veicolare messaggi nostalgici e revisionisti? Alla base dell’ombra lunga, che trova il suo terminale nei politici che ricoprono ruoli decisionali nelle istituzioni (Ferrogallico è stata sdoganata con incontri convocati in Camera e Senato da politici di FdI e Lega), c’è una strategia di diffusione mirata a entrare in contatto coi più giovani. Che utilizza stile e modalità narrative particolari. Come spiega Emilio Cirri ne “Lo spazio bianco – nel cuore del fumetto”, queste opere “sono accomunate da alcuni elementi ricorrenti. Da una parte abbiamo la forma artistica e narrativa. Si usa uno stile realistico per dare al contenuto un effetto ‘storicamente corretto’. Uno stile spesso rigido e sgraziato, minato da errori di anatomie e prospettive, più attento a creare immagini da usare per la propaganda”. In molti fumetti spiccano immagini di stupri e uccisioni “per creare un macabro effetto shock”. Nei dialoghi nelle vignette – spiega sempre Emilio Cirri - c’è una “prosa pomposa e retorica allo sfinimento, con dialoghi lapidari utili solo per trasmettere una tesi preformata e una definizione macchiettistica dei personaggi, sia quelli ‘buoni’ sia quelli ‘cattivi’”. Altri esempi. Graficamente, diciamo, border line. La copertina di ‘Adam – una storia di immigrazione’. E’ la graphic novel del giornalista Francesco Borgonuovo uscita sempre per Ferrogallico. Suona come un inno splatter alla tesi sovranista immigrato uguale criminale. Qui non è tanto importante ricordare che l’autore è ospite abituale a eventi e convegni organizzati da gruppi neofascisti e anche di ispirazione neonazista (vedi Lealtà Azione). Più interessante è interpretare la presentazione che Ferrogallico propone dei propri fumetti. “Ostinati e contrari”. Con un presunto obiettivo: portare alla luce “storie taciute su cui grava il velo di silenzio del conformismo culturale e del politicamente corretto”.
Quelle che avete appena letto sono le classiche parole d’ordine esibite dalla narrazione neofascista in questo mezzo secolo di storia: dagli anni ’70 ad oggi. Sono anche gli slogan che rimandano a quello che oggi si può considerare un laboratorio privilegiato della fumettistica di estrema destra. La Germania. E’ da lì che rimbalza, in Italia, il fenomeno. Per raccontare la mappa tedesca delle strisce apologetiche e revisioniste, delle graphic novel inneggianti alle SS e quelle che affondano nella propaganda omofoba e anti-immigrati, conviene partire da Hydra Comics. Che è diventato un caso politico. Andiamo con ordine. Ai lettori e agli appassionati della Marvel il nome Hydra non suonerà affatto nuovo: è la denominazione di una fittizia organizzazione terroristico-sovversiva, nata come società segreta, che compare nei fumetti americani Marvel Comics nel 1965. Gli spietati agenti di Hydra puntavano a istituire un nuovo ordine mondiale di stampo nazionalsocialista. Il loro motto? “Taglia una testa, altre due penderanno il suo posto”.
Sassonia ultranazionalista
Dresda, Sassonia. Un luogo a caso? No. E’ nel capoluogo del Land divenuto tristemente celebre negli ultimi anni per la nascita e l’attività violenta di gruppi di estrema destra e neonazisti che nasce Hydra Comics. Il fondatore è Michael Schafer, ex politico della Cdu poi passato a NPD e per anni dirigente dei Junge Nationaldemokraten (JN). Chi finanzia la creazione di Hydra? I destrissimi Movimento Identitario (Identitäre Bewegung) e Ein Prozent. Islamofobici, nemici dell’immigrazione e del multiculturalismo, oppositori dei diritti Lgbt. Parliamo di movimenti che non rifiutano angolazioni nostalgiche e neonaziste. Come Pegida, anche questa made in Sassonia. Nell’opera di proselitismo mediatico di queste formazioni, in particolar modo tra i giovani, oltre a cortei, presidi, manifestazioni no-vax, giocano un loro ruolo anche i fumetti.
Venticinque febbraio scorso: il caso Hydra balza alle cronache. Sulla pagina Fb di Comixene, importante rivista tedesca dedicata al fumetto, il direttore in persona fa, di fatto, da cassa di risonanza alla nascita di Hydra: prendendo formalmente le distanze dalla pubblicazione su un numero di Comixene della notizia del lancio della casa editrice nera, e invitando a indagare sulle sue origini segrete, nella pratica le offre un graditissimo spot. Comixene – come racconta sempre “Lo Spazio bianco – il cuore nel fumetto” - viene travolto da critiche durissime. Per altro: chi siano e cosa pubblichino quelli di Hydra Comics è già noto. Strisce e vignette con riferimenti ai “veri patrioti”, simbologia delle “squadre di salvaguardia” (SS) naziste, agenti segreti al servizio del popolo. Gli eroi Marvel Capitan America e Superman decontestualizzati. “Siamo aperti a tutti quegli autori che nel panorama odierno non trovano un posto in cui pubblicare” – spiega Hydra. “Opere non conformi, anche provenienti dall’estero” in difesa di quei lettori e quegli artisti che si sentono “limitati da un settore in cui l’ideologia viene prima del talento”. Intorno al progetto editoriale Hydra e alla sua lotta alla “dittatura del buonismo” si muovono artisti tedeschi della scena dell’estrema destra: il writer Wolf PM (che usa caratteri calligrafici di epoca nazista) e Remata’Clan dalla Turingia.
Asse Roma-Berlino-Tokyo
In Germania – dopo una lunga scia di violenze, molte delle quali avvenute proprio in Sassonia, e dopo la strage terroristica di Hanau del 21 febbraio 2020 – si è riaperto il dibattito sull’estremismo di destra. I servizi segreti hanno messo sotto sorveglianza AfD perché considerato un movimento pericoloso per la democrazia. AfD. Hydra. Link che si riattivano. Ci sono fumetti, in Germania, partoriti e pubblicizzati dagli stessi partiti. Tra il 2017 e il 2018 sulla pagina della sezione AfD di Berlino sono stati pubblicati sette racconti intitolati “Emilia and friends”. L’autore? Il caposezione Georg Pazderski. Protagonista dei racconti è, appunto, Emilia, una ragazza dalle sembianze di uccello, sostenitrice di AfD che difende le posizioni più estreme del partito contro una società fatta di crimini. A chi è ispirato, per la sua striscia ultranazionalista, Pazderski? Agli omologhi austriaci dell’FPÖ (Freiheitliche Partei Österreichs), partito di estrema destra austriaco il cui leader, Heinz Christian Strache, in questi anni è stato protagonista, a sua volta, di numerose vignette che lo immortalavano come un supereroe in lotta contro i mali della società liberale e globalista. Intorno a super Strache, un florilegio di riferimenti, diretti e indiretti, al nazismo e alle rune che ne hanno caratterizzato la deriva esoterica. L’elenco dei fumetti tedeschi finiti sotta accusa è lungo e fornito. Si è molto parlato, tra gli altri, di Der Vigilant. L’eroe qui – in un paradosso perfetto - è un vendicatore solitario che protegge il popolo da un partito dittatoriale ecologista. L’editore che ha dato alle stampe il fumetto si chiama Eric Zonfeld (Zonfeld-Comics). E’ noto per la pubblicazione di romanzi giovanili xenofobi, razzisti e attraversati da continui richiami al nazismo. Libri il cui contenuto – vari esposti sono finiti sul tavolo Tribunale di Colonia - “stimola l’odio razziale, glorifica o minimizza le idee del Nazionalsocialismo, glorifica i membri delle SS e discrimina gli omosessuali”. Il bisogno continuo di additare un nemico da combattere e annientare; la mitizzazione dei regimi e della razza; l'avversione verso gli "invasori” colpevoli di rovinarla. Dalla Germania all’Italia, sotto traccia, lavora la fabbrica del fumetto. L’ultimo prodotto Hydra Comics è dedicato all’artista giapponese Yukio Mishima, ultranazionalista adottato come feticcio dalle destre europee. Chi ha realizzato la nuova striscia? Semplice: Ferrogallico, l’etichetta editoriale dei fascisti di Forza Nuova distribuita dai fascisti di Altaforte-CasaPound. Siamo in tempo di pace, ma nella graphic novel si rinsalda l’asse Roma-Berlino-Tokyo.
di Paolo Berizzi - la Repubblica
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“Il femminismo ideologico è il riflesso speculare del peggiore maschilismo. Mr”
Un’affermazione già problematica di suo, per motivi che è semplice spiegare. Il maschilismo è un’espressione del sistema patriarcale, quello in cui viviamo immersi ogni giorno perché è la struttura su cui posa la nostra società. Un’ideologia di oppressione impastata nella nostra cultura quotidiana, che privilegia gli uomini a tutti i livelli e ha come ultimo risultato la morte di una donna in media ogni tre giorni, oltre a innumerevoli piccole e grandi violenze compiute e spesso, purtroppo, taciute e celate. Il maschilismo non ha una data di nascita, nemmeno vaga: è sempre esistito da quando la società umana si è strutturata intorno alla leadership maschile, e ha costruito la sua narrazione intorno all’idea che l’uomo sia per natura “più forte”, più adatto al comando, alla gestione, a dare forma al mondo e alla cosa pubblica, mentre la donna si realizzerebbe (sempre “per natura”) nella domesticità, nella cura, in una forma di potere esercitato unicamente a livello di manipolazione.
Il femminismo, che Recalcati bolla in maniera generica come “ideologico”, è un movimento filosofico e politico creato dalle donne più di due secoli fa proprio per reagire all’oppressione creata dal sistema patriarcale e maschilista che annulla gli individui nel nome di una supposta “naturalezza” di alcune scelte e comportamenti, e che da allora si batte per la liberazione individuale e collettiva di ogni soggetto oppresso. Le femministe potranno essere talora veementi, di sicuro non vanno sempre d’accordo fra di loro, ma il femminismo non è responsabile delle violenze compiute sugli uomini. Violenze riconducibili nella stragrande maggioranza dei casi alla stessa matrice delle aggressioni maschiliste e agite per lo più dagli uomini stessi. Uno psicoanalista di chiara fama e uomo di cultura come Recalcati dovrebbe rifuggire da un paragone del genere, che non è solo improprio, ma puzza anche di suprema ignoranza delle istanze del movimento che cita.
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goodbearblind · 6 years
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8 Marzo Come USI-AIT riteniamo importante rilanciare anche quest’anno la mobilitazione dell’8 Marzo sui luoghi di lavoro, produttivo e riproduttivo.L’oppressione di genere è da sempre parte del processo di accumulazione capitalista; le donne hanno subito l’estrazione di valore dal lavoro non pagato o scarsamente retribuito. Durante il secolo scorso a compiti definiti come specificamente femminili come il lavoro riproduttivo e la cura della prole e dell’ambiente familiare si sommarono anche parti fondamentali del lavoro salariato. Allo stesso modo dalla fine del XIX secolo ad oggi in molti paesi occidentali i movimenti femministi sono riusciti in conquiste oggettive; nonostante ciò il corpo delle donne è ancora regolamentato, sottoposto all’aggressione e al controllo di governi e patriarcato, visto come da normare secondo le regole della morale vigente, che riflette i bisogni della classe dominante. Basti pensare alla difficoltà che permane ad accedere all’aborto o alla contraccezione anche in molti paesi occidentali. Esempio massimo di questa concezione della donna come soggetto inferiore da tutelare o da predare è la legittimazione dello stupro ancora oggi giustificato dalla rappresentazione della donna come provocatrice di presunti “istinti maschili”, schiacciata sullo stereotipo di o santa o puttana. In ambito lavorativo ancora oggi possiamo assistere a forti discriminazioni come il mai superato gap salariale, la maternità non garantita, le violenze sessuate taciute per paura di perdere il posto di lavoro; la violenza di genere così si interseca naturalmente con l’oppressione di classe, così come si interseca con la razzializzazione. Lo vediamo oggi con le pesanti discriminazioni che subiscono le donne migranti, maggiormente ricattabili, discriminate in quanto donne, proletarie e straniere. Ma oggi il corpo delle donne è anche oggetto di propaganda elettorale in tema sicurezza, la difesa delle donne è la motivazione per sorvegliare e militarizzare sempre più le nostre strade, oltre che a legittimare violenze e restrizioni di movimento. Il corpo femminile viene visto come “bene nazionale” da porre sotto tutela, la soggettività individuale viene negata. La discriminazione di genere è ancora oggi una delle tante contraddizioni della società che categorizza le donne come vittime da aiutare, come oggetto di proprietà esclusivamente maschile, come persone incapaci di scegliere e di difendersi da sole. La lotta femminista cammina di pari passo con la lotta di classe e con la lotta antirazzista, combatte per scardinare gli attuali rapporti di forza perché soltanto con l’intersezionalismo, con la capacità di tessere relazioni tra lotte solo apparentemente separate, si potrà abbattere la cultura patriarcale di cui sono imbevuti il capitalismo e lo statalismo. La sezione reggiana dell’USI-AIT invita tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici, tutti gli studenti e tutte le studentesse a scendere nelle piazze, a scioperare sia dal lavoro produttivo che dal lavoro riproduttivo per scardinare l’attuale sistema di dominio, per costruire una società di individui liberi, solidali, eguali. L’appuntamento a Reggio Emilia sarà alle ore 10 in via Farini per poi partecipare alle 18 alla manifestazione cittadina. USI – AIT Sezione di Reggio Emilia Via Don Minzoni 1/d – RE /// FB: USI- AIT Reggio Emilia ///
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golden-things · 7 years
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— john tipper (@Time57Tipper) October 16, 2017
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allinfoit · 7 years
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No Violence: Sabato 14 ottobre al Teatro dei Dioscuri di Roma
No Violence: Sabato 14 ottobre al Teatro dei Dioscuri di Roma
Sempre di più alla ribalta delle cronache sentiamo di casi disperati dove la violenza  rende vittime le donne e spesso sono proprio i compagni di vita a rendere impossibili le convivenze.IL rapporto abusante genera violenze di ogni tipo,per lo più taciute dalle vittime,questo silenzio può diventare il peggiore dei narcotici e può condurre su una strada del non ritorno.Le donne padrone di se…
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paoloxl · 7 years
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#bastatacere. Con questo hashtag donne di tutta Italia e non solo hanno aperto il vaso di pandora in merito ad una tematica per troppo tempo rimasta sommersa, rinchiusa nel dolore di milioni di donne che hanno taciuto violenze psicologiche e fisiche sulla loro esperienza del parto.
Se per anni la parola delle donne si è concentrata intorno alle tematiche del corpo, della sessualità, dei diritti – uno fra i tanti il diritto all'interruzione di gravidanza contro il becero tentativo, riuscito, di portare gli obiettori di coscienza all'interno di consultori ed ospedali – la rivincita di quest'ultimo anno riguarda sicuramente questo tema.
Mai prima di allora si è parlato di questa tematica, che rimaneva vivida nei ricordi e nei corpi di troppe donne che vivevano sulla propria pelle un dolore troppo grande da esporre, anche ad altre donne e madri, per colpa di una società che ha sempre insegnato – tramandandolo di generazione in generazione -  che partorire “è naturale” che soffrire per mettere al mondo i propri figli “è il prezzo da pagare”, che le modalità con cui ciò avviene in sala parto devono essere taciute ad altre donne e perfino ai propri compagni e compagne, perché “è sempre stato così”.
Le donne si sono liberate di questo status quo partendo inizialmente da pochi racconti coraggiosi nei blog e nei social network che hanno cominciato a ribaltare l'idea che il parto sia per forza un'esperienza positiva e nel caso in cui non lo fosse stata bisognasse andare avanti, in silenzio, a testa china.
Da qualche testimonianza è iniziato il dibattito vivace e vero, aperto e liberatorio rispetto al tema della violenza ostetrica che prima di partire dall'atto della nascita comincia da una cultura di un mondo immagignifico, creato ad hoc da una società che da sempre tenta di reprimere il diritto delle donne di prendere parola su argomenti che rompono dei tabù talmente radicati nel tempo e nella storia, che facciamo fatica a trarne l'origine.
Non tutte le donne vivono la gravidanza prima, ed il parto poi, nello stesso modo. Non tutte sono preparate a vedere il proprio corpo cambiare, gli organi spostarsi per fare posto al proprio figlio. Non tutte le donne vivono positivamente la medicalizzazione che le accompagna fino alla sala parto.
Non tutte le donne si sentono accompagnate e appoggiate dai propri compagni, familiari, medici ed ostetriche.
Tante, troppe donne, hanno subito violenze – fisiche e verbali, prima durante e dopo il parto – che hanno taciuto.
Non tutte le donne sono in grado o vogliono allattare il proprio figlio.
Molte donne hanno bisogno di sostegno per capire come approcciarsi a quell'essere che nasce dalle loro viscere, ma che quando lo hanno davanti possono viverlo in modo ambivalente, avendo davanti a loro un neonato, il loro figlio, che risulta essere difficilmente comprensibile nei bisogni e nella relazione.
Questo bisogna avere il coraggio, in primis, di ammetterlo a se stesse e per farlo bisogna che si smonti un assunto radicato nella nostra cultura da tempo immemore.
Un assunto da sfatare o quantomeno da ricomporre in modo corretto è il seguente: “Essere madri è naturale, non ce lo può insegnare nessuno. Quello che succede in sala parto deve rimanerne all'interno”.
Queste parole risuonano nelle orecchie delle donne da troppo tempo e hanno creato nelle loro menti più danni di quanto si possa immaginare.
Partiamo da qui per dire cosa? Per affermare il diritto delle donne di potersi permettere finalmente di aprire un discorso e delle pratiche da condividere con altre donne e non solo, per non far sentire sole e inadeguate tutte le donne che si sono sentite tradite da persone cui hanno messo in mano non solo il loro figlio ma anche il loro corpo, con tutto il vissuto di emozioni, paure, gioie e fatiche che ciò comporta.
Cominciamo a dire a queste donne che hanno il diritto di poter verbalizzare di sentirsi inadeguate senza per questo essere giudicate. Che devono avere a disposizione personale specializzato e sostegno psicologico gratuito per potersi aiutare.
Diciamo a queste donne che non è sempre vero che questo è naturale per tutte, che a volte per quanto abbiano desiderato il loro figlio ci si trova davanti un essere che non si sa interpretare, e non per questo valgono meno di altre donne e madri; che c'è uno spazio in cui possano sentirsi libere di dire tutto quello che vogliono, anche che non sono pronte quanto possano pensare, che c'è chi le può aiutare in un percorso meravigliosamente potente e difficile come il divenire madre.
Diciamo che non staremo più in silenzio davanti a pratiche aggressive, violente, non richieste e mai spiegate nel momento del parto.
Diciamo che è un diritto pretendere di poter avere l'epidurale, perché non è vero che si deve partorire con dolore, ci sono mezzi e terapie che lo possono quantomeno ridurre.
Diciamo che è un diritto partorire in piedi, in acqua, a carponi, sedute su una palla, in casa e ovunque ci si trovi a proprio agio senza dover essere messe stese su un lettino per la comodità di medici e ostetriche che devono assistere al parto.
Diciamo che anche in momenti in cui il parto è “a rischio” e si devono applicare determinate procedure d'urgenza, la donna deve essere sempre messa al corrente con terminologia adeguata e comprensibile in merito a quello che sta per accadere.
Che la donna ha diritto di piangere, urlare, imprecare senza essere zittita dal personale ospedaliero con frasi denigranti della propria persona, che deve sempre essere sostenuta e aiutata con un supporto sia fisico che psicologico.
Diciamo che dopo il parto la donna ha il diritto di scegliere se stare nella stanza con il proprio bambino ma che può decidere di riposarsi da sola, senza per questo essere giudicata e bollata come una “cattiva madre”.
Diciamo che una donna non è meno madre delle altre se non ha il latte, se fatica ad allattare o se sceglie di non farlo.
Se tutto questo comincia ad accadere lo dobbiamo a donne coraggiose che per prime hanno messo nero su bianco esperienze e vissuti intimi e personali che hanno permesso ad altre donne di poterne parlare, di sentirsi meno sole e abbandonate.
Tutto questo è un inizio verso una rivoluzione culturale che deve ancora darsi nella sua completezza ma che è qualcosa di enormemente potente e dirompente nel panorama attuale.
Non smettiamo dunque di aprire spazi di libertà, continuiamo a spingere sempre di più e a pretendere che il corpo e il vissuto delle donne siano rispettati in ogni aspetto della vita.
Se è vero che la libertà e la dignità degli esseri umani non hanno prezzo, allora cominciamo da noi. Riprendiamoci i nostri diritti, ciò che ci appartiene, ad ogni costo.
di Federica Pennelli
Redattrice di “Global Project”, membro dello “Spazio salute popolare” di Padova, da anni consulente in comunità terapeutiche e cliniche a sostegno della genitorialità.
Per info:
https://ovoitalia.wordpress.com/violenza-ostetrica-faq/
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golden-things · 7 years
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