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#simboli religiosi
scienza-magia · 5 months
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Il pensiero magico di Jung
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Jung il grande psicoanalista svizzero manifestò sempre un grande interesse per la grande tradizione magico alchemica. In Jung tale interesse divenne sempre più netto quando più si andò convincendo che oltre all’inconscio personale teorizzato da Freud in ogni essere umano esisteva uno strato ancora più profondo innato che poteva essere definito “inconscio collettivo”. Esso al contrario dell’inconscio personale aveva contenuti e comportamenti identici dappertutto e per tutti gli individui. L’inconscio collettivo può anche essere definito un substrato psichico comune di natura sopra personale presente in ogni individuo. Proprio nella prospettiva dell’inconscio collettivo Jung già cultore di Paracelso vede nell’alchimia una vera e propria anticipazione della moderna psicologia dell’inconscio. Di conseguenza egli interpreta l’alchimia in chiave simbolica. Lo psicoanalista svizzero convinto della storicità dell’alchimia mette chiaramente in luce il carattere compensatorio dell’alchimia rispetto agli aspetti d’ombra della tradizione religiosa filosofica e scientifica occidentale. L’alchimia viene da lui messa in rapporto con la tradizione gnostica nonché con quella dimensione esoterica che vede nei segni e nei fenomeni visibili la continua imprescindibile allusione a una dimensione che oggi viene chiamata inconscia. Per Jung in ogni caso tale dimensione non è mai stata completamente definibile e conoscibile. Se è vero che vi sono molte troppe cose che oltrepassano l’orizzonte della comprensione umana e che per questo ricorriamo costantemente all’uso di termini simbolici o immagini è anche vero che tutti i fatti della cosiddetta realtà diventano eventi psichici. Ma la natura di tali eventi psichici è inconoscibile in quanto la psiche non può conoscere la propria sostanza psichica. Per tale ragione ogni esperienza contiene un numero infinito di fattori sconosciuti per non dire del fatto che ogni oggetto concreto è sempre sconosciuto sotto certi aspetti dal momento che non siamo in grado di conoscere la natura sostanziale della materia in sé. Molti eventi rimangono così al disotto della soglia della coscienza cosicché il loro cuore segreto continua ad agire inosservato ripresentandosi sotto forma di sogno oppure come mito oppure pratica di cui la ragione cosciente difficilmente riesce a decifrare il senso. Pertanto ben precisi archetipi continuano a manifestarsi nelle forme più diverse come tendenze istintive che ripetono sempre lo stesso motivo. Tali archetipi non vanno intesi come forme statiche ma come fattori dinamici che si manifestano come forma di impulsi. Per Jung magia alchimia inconscio personale e sogno sono manifestazioni diverse di un medesimo complesso psichico ruotante intorno ad alcuni simboli fondamentali. Tali simboli fondamentali non sono mai stati inventati da questa o quella figura da questa o quella popolazione ma da ognuna di tali individualità storicamente determinate vengono in qualche modo ritrovati. Anche la magia e l’alchimia sono pratiche utili a portare a termine ciò che la natura ha lasciato incompleto. Proprio come pensava Paracelso. Entrambe implicano una intuizione del “lumen naturae” che agirebbe nel corpo invisibile. Infatti l’alchimista esegue la volontà di Dio e cioè che l’invisibile venga detto visibile. In Jung ritorna dunque la consapevolezza che nell’atteggiamento magico alchemico ma in fondo in ogni forma dell’agire sia essenziale la convinzione inconscia relative alla mancanza dell’unità. Lo psicologo svizzero afferma che l’anima è per natura religiosa se così non fosse se non si sapesse che nell’anima si trovano i valori supremi la psicologia non interesserebbe per nulla lo psicologo svizzero. A suo parere quelli che si definiscono religiosi dovrebbero prendere coscienza del divino quello che abita “ab origine” nella loro anima. Inoltre quelli che si definiscono religiosi dovrebbero anche prendere coscienza della contraddittorietà che è presente in tutti gli uomini nel loro intimo. Per Jung Budda Cristo e le diverse figure presenti nelle molte religioni che di fatto esistono nel mondo vanno considerati come simboli di quell’archetipo universale che Jung chiama il “Se”. Lo stesso archetipo è caratterizzato dall’unità dei contrari. Per Jung il Se è paradossalità assoluta dal momento che rappresenta sotto ogni riguardo e d’aspetto tesi e antitesi e contemporaneamente sintesi. In definitiva possiamo dire che non bisogna stupirsi dell’interesse di Jung nei riguardi dell’alchimia. Non dobbiamo dimenticare che per lo psicologo svizzero l’alchimia è una pratica il cui metodo consisteva nell’andare all’oscuro attraverso il sentiero del più oscuro nonché nell’andare all’ignoto attraverso il sentiero del più ignoto. Concludiamo tale articolo mettendo in evidenza che tematiche analoghe a quelle di Jung escono comunque dall’ambito della filosofia-psicologia e finiscono per affascinare un altro grande protagonista del Novecento europeo. Non si tratta di un filosofo o di uno psicologo ma di un’artista ovvero Andre Breton. Prof. Giovanni Pellegrino Read the full article
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toscanoirriverente · 1 month
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Il preside del liceo Maurice Ravel ha lasciato l'istituto per ragioni legate alla sua incolumità. Tutto è iniziato il 28 febbraio scorso, quando aveva chiesto a tre studentesse di rispettare la laicità della scuola francese
Parigi. Temeva di fare la fine di Samuel Paty, il professore di Storia e Geografia decapitato da un jihadista ceceno per aver insegnato la laicità ai suoi studenti, o di Dominique Bernard, docente di Francese assassinato da uno studente radicalizzato all’entrata dell’istituto Gambetta-Carnot di Arras per gli stessi motivi. Il preside del liceo Maurice Ravel, situato nel Ventesimo arrondissement di Parigi, ha deciso di dimettersi per “motivi di sicurezza”, dopo le minacce di morte di cui è oggetto da un mese. Tutto è iniziato il 28 febbraio, quando il preside, vedendo tre studentesse che indossavano il velo all’interno del perimetro scolastico, ha ricordato loro che è vietato per legge esibire simboli religiosi nelle scuole pubbliche.  
Due hanno subito tolto il velo, la terza, invece, ha fatto finta di non sentire. Il dirigente scolastico, stando al racconto fatto all’Afp dai servizi del ministero dell’Istruzione, si sarebbe avvicinato indispettito e avrebbe trascinato “verso l’uscita della scuola” l’allieva, che avrebbe “opposto resistenza”. Dinanzi all’aumento delle tensioni, il dirigente avrebbe lasciato perdere, fino all’intervento della polizia. Ma da quel momento, la situazione è degenerata. Sui social ha iniziato a spargersi la voce di un litigio tra un preside e una studentessa musulmana. Quest’ultima, oltre a sporgere denuncia per “violenze” (denuncia in seguito archiviata per mancanza di prove), ha riferito alla stampa di essere stata “spinta” e “colpita con forza sul braccio”, versione smentita da Valérie Baglin-Le Goff, direttrice del provveditorato di Parigi. La studentessa ha poi deciso di rincarare la dose contro il dirigente scolastico testimoniando sulla pagina Facebook del Collectif contre l’islamophobie en Europe, associazione sulfurea che nel dicembre 2020 era stata dissolta per propaganda islamista dal ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin sotto il nome di Collectif contre l’islamophobie en France. Risultato? Contro il preside del liceo parigino sono piovute le minacce di morte, secondo un meccanismo simile a quello che ha portato alla tragedia di Samuel Paty. Un ventiseienne originario del dipartimento degli Hauts-de-Seine è stato arrestato e sarà processato a Parigi il 23 aprile per minacce di morte sui social. Un altro uomo, arrestato a metà marzo a Trouville-sur-mer (Calvados), è stato posto in stato di fermo per lo stesso motivo, ma è già stato rilasciato.  
“Sono veramente triste, è una storia grave che ha portato alle dimissioni del preside quando invece doveva accadere l’esatto contrario”, ha dichiarato in forma anonima a France Info un insegnante del liceo Maurice Ravel. Tranne dalla France insoumise, il partito della sinistra radicale noto per intrattenere legami ambigui con un certo islam politico, tutta la classe politica francese ha manifestato solidarietà al professore, sottolineando la gravità di quanto accaduto. “È un fallimento collettivo”, ha commentato il capogruppo dei deputati socialisti Boris Vallaud. “Ecco dove ci portano le piccole pusillanimità e le grandi rinunce”, ha aggiunto Bruno Retailleau, patron dei senatori gollisti. Ieri pomeriggio, il preside dimissionario è stato ricevuto a Matignon dal primo ministro Gabriel Attal. Ex ministro dell’Istruzione, Attal, durante il suo primo discorso da premier il 9 gennaio, aveva affermato che la scuola “è la madre di tutte le battaglie”. Il caso del preside del liceo Ravel mostra che la lotta all’islamismo, in questa battaglia, deve essere prioritaria. 
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fonteavignone · 4 months
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Simboli religiosi nella neve ❄️ 🙏
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foggyrunawaybeard · 1 year
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A cosa servono i Paesi.
I confini geografici (tradotti in amministrativi) servono solo a gestire meglio una collettività; l'identità di una persona non è legata a simboli politici e religiosi, ma al contesto familiare, sociale in cui è cresciuto: alla somma delle sue esperienze, fatte e in divenire.
L'Italia è composta da più "aree culturali", con usi e tradizioni proprie, che sono diverse anche cambiando provincia, talvolta. Non c'è uniformità nemmeno nella parlata, poiché in molte regioni si parla ancora stretto dialetto o, addirittura, proprio una lingua.
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soldan56 · 2 years
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vilipendio di simboli religiosi Il prossimo che deride il comandante Kirk, Spock o la tenente Uhura lo denuncio per vilipendio alla religione di Star Trek
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darsispazio · 2 years
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Leggo che l'incertezza è Zen.
Beh io mi sento molto Zen per certi versi, in questa fase politica convulsa. Vedo che tutti si affacciano sui social con delle opinioni ben definite, arrivano già molto orientati. Il che magari va bene, non lo giudico. Io però - stavolta - sono veramente incerto.
Penso sia un bene per l'Italia avere (o piuttosto avere avuto) un presidente del consiglio autorevole e rispettato in Europa e anche al di fuori. Penso sia un bene stare alla larga dal populismo e dalla retorica irritante di Salvini con le sue parole d'ordine, buone per distrarre le persone (i migranti, i diversi eccetera) per non parlare della alquanto più irritante strumentalizzazione della fede (simboli religiosi nei cortei eccetera, ma anche no).
Però ci sono delle cose che non mi convincono, nell'assetto che si sta smantellando adesso. La scelta bellica non mi convince, per esempio. E non è cosa da poco.
"Dobbiamo continuare a sostenere l’Ucraina in ogni modo, come questo Parlamento ha impegnato il Governo a fare con una risoluzione parlamentare. Come mi ha ripetuto ieri al telefono il Presidente Zelensky, armare l’Ucraina è il solo modo per permettere agli ucraini di difendersi."
No Mario, io qui non sono d'accordo. Io non sono d'accordo nella scelta di armare l'Ucraina. Aiuti sì, di ogni tipo. Armi, per me, no. E mi sembra, non solo per me.
I giornali si scagliano piuttosto compatti, in questi momenti, contro Giuseppe Conte (che non mi sta simpatico, non mi piace, non è il mio uomo, tanto per chiarire). Per curiosità sono andato a leggere parte del documento del Cinque Stelle a Draghi del sei luglio, che ha fatto esplodere tutta la gazzarra.
Il discorso, lo ammetto, mi piace in molti punti. Dico: "il discorso"(prima che partano polemiche sui Cinque Stelle e sul loro operato, che io ho spessissimo avversato anche con grande convinzione).
"Il senso di responsabilità verso il Paese e verso le future generazioni ci impone di rivendicare con sempre maggiore forza le nostre idee e le nostre convinzioni contro la guerra, per la pace e il disarmo espresse, da ultimo, con infinito coraggio e troppa solitudine da Papa Francesco."
Infinito coraggio e troppa solitudine, è vero. Bella la frase su Papa Francesco. Sentita o meno, sincera o meno: è bella.
Ma è un discorso che mi piace in molti altri punti. Certo molti diranno che è appena un discorso. Ma le parole sono importanti. Già definiscono dei mondi, le parole.
Quindi, in un territorio (come i social) dove tutti hanno certezze, io ora non ne ho. E non so se è un bene o un male quello che sta capitando. A livello politico.
Aspetto. Cerco di capire.
Mi sento ridicolo a non sapere come schierarmi, ma in questo momento, per essere onesto, non lo so. Ma mi prendo la libertà di non saperlo.
"Domani è un altro giorno, si vedrà."
Cercando di ragionare, ritengo, non si sbaglierà mai troppo, o troppo malamente. "Aspettiamo senza avere paura, domani".
PS Ci sono due citazioni musicali, forse perché la musica non deve dichiarare, ma può invece, addolcire.
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noisynutcrusade · 5 months
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26 Giorni (Italian Edition)
La storia di Jean Luc Dupuy, cinquantenne scrittore francese, che si trova a seguire le tracce di un vecchio libro esoterico , che lo portera` al di la dell’oceano,dove fara` la conoscenza di misteriose figure . New York e` lo scenario di questo racconto che porta il protagonista a misurarsi con le proprie paure. Un viaggio attraverso i dolori dell’anima,fra simboli religiosi e viaggi astrali.…
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lamilanomagazine · 8 months
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Il “Barocco Festival” a Lecce per inaugurare il nuovo organo della Chiesa di Sant’Anna
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Il “Barocco Festival” a Lecce per inaugurare il nuovo organo della Chiesa di Sant’Anna. Il “Barocco Festival Leonardo Leo”, domenica 17 settembre, alle ore 20.30, approda a Lecce, nella chiesa di Sant’Anna, con il concerto per organo “Le improvvisazioni scritte. Toccate, partite e diferencias”, che presenta un programma di carattere improvvisativo con musiche di Strozzi, Frescobaldi, Greco e Scarlatti, eseguite da Cosimo Prontera. Il concerto, con il quale si inaugura il nuovo organo della chiesa leccese, mette in focus i secoli XVII e XVIII nei quali la pratica dell’improvvisazione era utilizzata per la parte dell’accompagnamento ma consentiva anche al musicista di abbellire e arricchire il tema. Il partimento, ad esempio, era una traccia scritta su un solo pentagramma sulla quale il musicista esperto improvvisava un brano per tastiera. Il momento musicale è preceduto dal saluto di Giuseppe Capoccia, presidente dell’associazione “Antonio Pignatelli”, e dagli interventi del critico musicale, Eraldo Martucci, e del costruttore dello strumento, Nicola Canosa. È nel periodo barocco che l’improvvisazione trova il suo apogeo in quanto spesso presente come parte integrante della struttura armonica e melodica degli stili dell’epoca. In particolare, dal ‘600 al ‘750, con lo sviluppo del basso continuo e le tecniche di ornamentazione tra cui la coloratura e la diminuzione, l’improvvisazione conosce il massimo grado di espressione. Gli ornamenti permettevano di decorare, aggiungere, variare e abbellire una particolare linea melodica, ed erano codificati attraverso una serie di simboli espressamente previsti e indicati dal compositore e lasciati all’estro dell’interprete. I preludi, le toccate, le fantasie, le fughe sono la testimonianza di quanto l’improvvisazione fosse centrale in quella lunga fase della storia della musica. Grandi clavicembalisti e organisti dal XVI al XVIII secolo furono maestri dell’arte improvvisativa. Tra questi Domenico e Giovanni Gabrieli, Girolamo Frescobaldi, Dietrich Buxtehude e Johann Sebastian Bach: capitava spesso di assistere a gare di improvvisazione come quelle fra Wolfgang Amadeus Mozart e Muzio Clementi, oppure tra Domenico Scarlatti e Georg Friedrich Haendel. Si narra che vi partecipasse anche il giovane Ludwig van Beethoven, pianista a Vienna. A questo florido periodo di grande interesse e sviluppo dell’improvvisazione, seguì quello del tardo barocco nel quale fu imposto alla musica un sistema teorico formalizzato di regole e leggi che gradualmente soffocò l’idea di libertà alla base della pratica improvvisativa. A tal proposito il musicologo Ernst Thomas Ferand scrive: “Essi cercavano di annullare almeno in parte l’impulso verso l’improvvisazione; un’arte creativa di abbellimento, stimolata dall’ispirazione del momento, viene sostituita da un meccanicismo razionalistico che tende alla scelta e alla conveniente utilizzazione di formule riduttive già pronte per l’uso”. La pratica dell’improvvisazione organistica rivestiva una rilevanza speciale all’interno delle chiese e dei contesti liturgici. Gli organisti dell’epoca erano ritenuti maestri dell’improvvisazione e spesso erano chiamati a mostrare le loro abilità attraverso una varietà di tecniche e stili. Uno dei tipi più comuni di improvvisazione organistica era il preludio. Gli organisti spesso improvvisavano preludi elaborati all’inizio dei servizi religiosi con lo scopo di creare un’atmosfera appropriata per il culto e introdurre l’ascoltatore alla musica liturgica. Gli organisti potevano sviluppare i preludi basandosi su schemi armonici, creando variazioni e adottando elementi di virtuosismo. Le fughe richiedevano una conoscenza approfondita del contrappunto e gli organisti in molti casi improvvisavano variazioni su melodie religiose familiari, come i canti liturgici. Anche i versetti erano una forma di improvvisazione, con la quale gli organisti sviluppavano diverse versioni di un tema o di una melodia in modo da poter essere utilizzate durante diverse parti del rito religioso. In ogni caso, l’organista era chiamato a espremere tutte le sue abilità, attraverso passaggi veloci, arpeggi, scale e altre tecniche virtuose, al fine di creare atmosfere adeguate ai successivi momenti della liturgia, dalla preparazione alla conclusione. Ciò richiedeva una padronanza della pratica sia dal punto di vista tecnico che espressivo.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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L’imam di Bordeaux: “Per alcune ragazze l’abaya è uno scudo per celare il disagio giovanile”
PARIGI — «Far rispettare i principi della République è giusto, ma dietro alla battaglia sui simboli religiosi a scuola c’è un disagio più profondo». Così Tareq Oubrou, imam di Bordeaux, esponente della corrente più progressista dell’Islam francese, parla del bando dell’abaya. «Una misura politico- mediatica», sostiene il teologo marocchino che vive in Francia da trent’anni ed è autore di numerosi…
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gabriele-85 · 9 months
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Parola 29/08/2023
*TESTIMONIARE CON LA NOSTRA VITA*
Autor: Apolonio Carvalho Nascimento
Quando siamo fuori dal nostro Paese, soprattutto quando siamo in gruppo, troviamo un modo di dimostrare in qualche maniera chi siamo, ci piace mostrare la nostra cultura e le nostre tradizioni.
Dovremmo fare lo stesso come popolo di Dio. Alcuni lo fanno esplicitamente, con simboli religiosi come crocifissi, rosari appesi allo specchietto retrovisore dell'auto, adesivi con frasi bibliche, vestiti che indicano la religione di appartenenza, ecc.
Tutto questo è valido quando è supportato da una vita impegnata in ciò che si professa. Altrimenti non ha valore. Se non c'è amore per Dio e per il fratello, sono solo ornamenti senza alcun significato.
Come dice Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi 13,3: Posso dare tutto ai poveri, ... e persino gettare il mio corpo nelle fiamme, ma se non ho amore, non mi serve a nulla.
Perciò, testimoniate prima di tutto con la vostra vita.
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scienza-magia · 1 month
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Chi ha inventato veramente la stampa?
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Quando si parla di questo argomento, la prima persona che viene in mente a tutti è il tedesco Johannes Gutenberg, l’orafo e poi tipografo tedesco al quale fu commissionata nel 1453 la stampa di 180 copie della bibbia. La sua invenzione dei caratteri mobili, cioè utilizzare delle unità mobili per duplicare un testo su carta, fu una genialata, per il XV secolo. Questo procedimento, che permetteva una pubblicazione delle opere più veloce e in grande quantità, diede un  enorme impulso alla divulgazione e alla circolazione dei libri. Ma è stato veramente lui il primo ad inventarla? In realtà…no! O perlomeno, sarà stato anche il primo in Europa, ma se ci rivolgiamo verso oriente, per i caratteri mobili possiamo tornare indietro fino all’XI secolo. Infatti intorno al 1045, durante la dinastia Song, l’inventore cinese Bi Sheng creò dei caratteri incisi nella porcellana, che però li rendeva molto fragili e quindi facilmente danneggiabili. Per questo motivo non erano molto adatti ad una stampa su larga scala. Il suo sistema fu però migliorato a più riprese: prima intorno al 1300 ad opera di Wang Zhen, un ufficiale di corte che creò dei caratteri mobili incisi nel legno, ma che, come quelle create dal suo predecessore, non potevano essere riutilizzate a lungo, e più tardi, intorno al 1490, dal tipografo Hua Sui, che riuscì a creare dei caratteri utilizzando il bronzo.
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Illustrazione di un'antica macchina tipografica europea in legno Ma se parliamo di caratteri in metallo, allora per le prime stampe possiamo tornare ancora più indietro, fino alla Corea del 1234, dove il politico Choe Yun-ui pubblicò una cinquantina di copie di un libro che descriveva le tipologie di uniformi che i militari e i civili dovevano indossare durante le cerimonie. Tutto questo quindi molto prima delle pubblicazioni di Gutenberg. Non a caso c’è chi pensa che in Europa la stampa sia arrivata proprio dall’oriente verso la fine del XIV secolo, ma non c’è ancora nulla di certo. Invece, la maggior parte degli studiosi concorda sul fatto che la tecnica di Gutenberg fu quella che si diffuse maggiormente nel mondo. Ma prima ancora? In realtà, potremmo tornare ancora più indietro e fare un tuffo tra gli antichi Sumeri, se vogliamo. Infatti già questa remota civiltà della Mesopotamia, che si sviluppò tra il IV e il III secolo A.C. riuscì a creare delle stampe rudimentali utilizzando dei sigilli cilindrici fatti di pietre dure o ossa, e di cui si servivano per stampare sull’argilla dei simboli amministrativi o religiosi. Tanti esemplari di questi cilindri e delle rispettive stampe si possono ancora oggi osservare al museo del Louvre di Parigi. E sull’Italia si può dire qualcosa? Ovviamente riguardo al nostro paese dobbiamo tornare molto più avanti nel tempo, infatti dopo Gutenberg le stamperie si diffusero rapidamente in tutte le principali città europee, ma soprattutto in Italia che fu una delle nazioni che spinsero maggiormente la diffusione dei libri. La prima opera pubblicata nel nostro paese fu un libro di grammatica latina per giovani, stampata nel 1465 in un monastero di Subiaco, nel Lazio. Inoltre non possiamo non ricordare Gianbattista Bodoni, il tipografo piemontese che intorno al 1790 creò a Parma il carattere tipografico che porta il suo nome: il font Bodoni, appunto. Read the full article
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wondball · 9 months
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I simboli religiosi, come il crocifisso, che vediamo imposti a forza anche nelle scuole italiane, nei luoghi pubblici, sono degli scaccia io: servono a ricordare, a chi li guarda, a chi ha subito un indottrinamento (plagio) religioso, che lui, come persona, non vale nulla.
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iltrombadore · 9 months
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Quando posai per Tommasi Ferroni e il suo "Sacrificio di Isacco"
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Riccardo Tommasi Ferroni
'Il sacrificio di Isacco'
cm.2,60x1,80
1983
Tra il 1982 e il 1983 vissi in uno studiolo ricavato dentro un cortile di Via della Lungara, dove abitava anche il mio amico Enrico Manera assieme a Lilli Marcotulli, ed altri artisti.
Ero quasi adiacente a Via dei Riari, potevo così recarmi più facilmente nel grande studio dove operava Riccardo Tommasi Ferroni, e faceva scuola di pittori a giovani suoi allievi e aiuti, tra cui ricordo Piero Salustri e Claudio Bogino, un argentino venuto da Cordoba a Roma per imparare le tecniche della pittura rinascimentale italiana.
Fu in quel tempo che Riccardo un giorno mi chiese di fargli da modello per una rappresentazione del sacrificio di Isacco; io, nelle vesti di Abramo, avrei dovuto impugnare una sciabola e tendere il braccio sul capo di Bogino, che impersonava il giovane Isacco, nell'attimo in cui il padre si ferma, richiamato com'è dalla voce del Signore...
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La posa durò una mezza mattinata (Riccardo era esecutore prensile e veloce), poi qualche tempo dopo vidi l'opera finita. Mi riconobbi nella tensione forzata del volto, ma mi sembrò di essere stato volutamente raffigurato un po' più calvo e attempato di quanto allora non fossi. Il quadro era molto convincente e suggestivo, per i fasci di luce e la istantanea riproduttiva: un 'caravaggismo' di spirito, qual era quello di Tommasi Ferroni, capace di restituire soggetti religiosi e simboli rituali nelle vesti di una mondana attualità. Rivedere oggi quel quadro mi emoziona per il tempo passato e per l'amicizia e la stima che sempre conservo nel ricordare l'uomo e l'artista Riccardo Tommasi Ferroni.
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friedballoonwonderland · 11 months
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I simboli religiosi, come il crocifisso, che vediamo imposti a forza anche nelle scuole italiane, nei luoghi pubblici, sono degli scaccia io: servono a ricordare, a chi li guarda, a chi ha subito un indottrinamento (plagio) religioso, che lui, come persona, non vale nulla.
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PAESE CHE VAI, STORIE CHE TROVI ...
Come una piccola sosta in un paesino di montagna diventa un'occasione inaspettata per scoprire storie, persone e culture.
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Il Tibet è una meta molto impegnativa e difficile, anche per il viaggiatore di oggi, e sembra incredibile pensare che nel '700 dalle Marche partivano gruppi di frati e di religiosi che, con i mezzi di allora, affrontavano viaggi pericolosi e massacranti attraverso oceani, foreste e catene montuose, senza mappe, senza nessuna conoscenza delle lingue locali, viaggi che duravano mesi per raggiungere quelle sperdute vallate così cariche di spiritualità e di tradizioni antichissime, con l'intento di convertire le anime di quelle selvagge terre al Cristianesimo. Operazione che per fortuna non è andata a buon fine.
Un fraticello di nome Orazio parti anche da questo piccolo paesino della Val Marecchia, Pennabilli, e raggiunto il Tibet si stanziò, assieme ad altri Cappuccini marchigiani, dal 1703 al 1745 riuscendo a farsi ben volere dalle popolazioni locali. Fra Orazio da Pennabilli fu accolto nel monastero di Sera (Tiber), dove potè imparare la lingua e le tradizioni locali, riusci anche ad entrare in anicizia con Kelsang Gyatso, il settimo Dalai Lama, tanto da riuscire a farsi concedere il permesso di acquistare un terreno dove edificare una missione cattolica e dove poter praticare liberamente questa religione aliena. Padre Orazio studiò a fondo la cultura di questo paese, e a lui si deve il primo dizionario Tibetano in lingua occidentale composto da 33.000 vocaboli. Ma l'opera di proselitismo del frate, che nel frattempo si era procurato anche caratteri tibetani per stampare bibbie, cominciò ad insospettire i tibetani, sempre timorosi della loro indipendenza e delle loro tradizioni. Con il tempo il frati intuirono che la missione non poteva avere successo, quindi decisero di tornare in patria. Di li a qualche anno vennero a sapere che la loro missione era stata completamente smantellata, e tutto il lavoro di una vita reso vano, un duro colpo per il morale del fraticello di Pennabilli.
Di tutta questa storia rimane oggi solamente una campana, la campana originale della chiesetta che si trovava nella missione cattolica nei primi del '700 conservata in un magazzino del Jolhang, uno dei principali templi buddhisti a Lhasa. E rimane, ancora dopo quasi tre secoli, il ricordo di quell'avventura e di quell'amicizia tra popoli lontani, che è stato rievocato e rinsaldato recentemente con la costruzione, in questo piccolo paesino che ha dato i natali a Fra Orazio, di un piccolo monumento che unisce due simboli iconici di queste due religioni così distanti tra loro: una campana che è la riproduzione di quella origianle conservata a Lhasa affiancata da tre mulini di preghiera tibetani (manokorlo) con inciso sopra il mantra buddhista Om mani padme hum, ovvero 'Salve o Gioiello nel fiore di loto'. Secondo la tradizione tibetana, il gesto di girare la ruota della preghiera assume il significato di un'invocazione rivolta verso il cielo per attirare l'attenzione delle sfere più elevate, similmente al nostro suono della campana.
Oggi conosciamo anche il volto di Padre Orazio Olivieri della Penna grazie alla riscoperta di un suo ritratto rinvenuto da alcune monache nel 2022 nel monastero delle Agostiniane di Pennabilli, dove era rimasto dimenticato per oltre un secolo nel buio di un cassetto.
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Poco sotto lo sperone roccioso su cui si trova il monumento, è stato costruito un piccolo giardino con un Chorten al centro, ovvero uno Stupa, quelle che da noi potrebbero essere le piccole cappellette votive che contengono le madonnine. Solitamente queste piccole costruzioni vengono poste in luoghi considerati infausti, come passi di montagna, incroci o guadi di torrenti, in modo da scongiurare il pericolo. Spesso contengono reliquie e hanno lo scopo di accogliere offerte e preghiere. La loro forma rappresenta schematicamente le forze dell'universo, i suoi elementi, ed il percorso dello spirito verso l'illuminazione. In oriente se ne trovano di magnifici. Tutt'attorno poi è un gran sventolare di colorate bandierine di preghera, ormai sbiadite e logorate dal vento e dal sole, chissà se qualcuna di queste è riuscita ad assolvere al suo intento.
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Recentemente in due occasioni il Dalai Lama è stato in questo luogo per rinsaldare l'amicizia tra Italia e Tibet, grazie a progetti portati avanti da gruppi come l'Associazione Italia Tibet e l'Associazione Orazio della Penna.
Questo luogo mi ha subito donato una bella sensazione di pace e di tranquillità, e mi ha riempito di curiosità, mai mi sarei aspettato di trovare in Romagna un angolo di Himalaya. Tutto il paese è ben curato e ricco di spunti per riflettere e meditare. Qui ha vissuto negli anni '80 anche il poeta Tonino Guerra, che ha lasciato molte tracce della sua arte, c'è un piccolo giardino custodito e protetto da alcune antichissime mura, con sette strane sculture in pietra: "Il santuario dei pensieri. Sette pietre misteriose, sette specchi opachi per la mente, sette confessori muti che aspettano di ascoltare le tue parole belle o le tue parole brutte" (Tonino Guerra).
Ci sono poi tutta una serie di piccoli musei, come il "più sguarnito e poetico museo del mondo" che ospita un'opera sola", L'Angelo coi baffi del pittore Luigi Poiaghi: l'opera rappresenta un angelo capace di far niente che invece di volare in paradiso, scendeva nel Marecchia e perdeva tempo dando da mangiare a degli uccelli impagliati nella casa di un cacciatore, ma un bel giorno questi si animarono e presero il volo. Si trova poi il curioso museo del calcolo, il museo del mondo di Tonino Guerra ed i musei del Montefeltro e del Parco Naturalistico Sasso Simone e Simoncello. Le tortuose stradine del paese, ben curate, sono abbellite con meridiane storiche e ceramiche artistiche, nonche' frasi poetiche ed alcune fotografie molto suggestive che ricordano l'eccezionale nevicata del 2012, insomma una sorta di museo diffuso, un bel luogo per ristorare l'anima, lo spirito e la curiosità.
Due mondi così distanti tra loro, sia fisicamente che culturalmente, le montagne dell'Appennino Romagnolo e la catena Himalayana, uniti da un umile frate finito per secoli nel dimenticatoio, ed un poeta che elegge a sua dimora questo piccolo borgo riempendolo di magia, insomma è' una bella storia, che merita di essere raccontata.
"vincerà la bellezza" -Tonino Guerra-
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Per approfondire :
Chorten >>>
Associazione Italia Tibet >>>
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basidellislam · 1 year
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ISLAM 101: Imparare a pregare. Parte 11
La preghiera del venerdì (Salaat-ul-Jumu‛ah)
Allah ha comandato che nel giorno di venerdì in luogo della preghiera del dhuhr, venga condotta una preghiera obbligatoria speciale, tra i più cospicui simboli dell’Islam. Così i Musulmani si riuniscono una volta alla settimana, ascoltano il sermone dell’imam, quindi eseguono la preghiera del venerdì.
Virtù del giorno del venerdì:
Venerdì è il più importante e nobile dei giorni della settimana. Allah ha eletto il venerdì fra gli altri giorni della settimana e ha conferito a questo giorno meriti particolari. Tra essi:
- Allah ha scelto questo giorno esclusivamente per i Musulmani, come ha detto il Messaggero di Allah (pace e benedizioni di Allah su di lui): “Allah ha tenuto quelli che sono venuti prima di noi lontani dal venerdì: gli Ebrei hanno il sabato; i Cristiani hanno la domenica; quindi Allah ha portato la nostra comunità e ci ha guidato al venerdì” (Muslim 856).
- Nel giorno di venerdì fu creato Adamo ed in questo giorno giungerà l’Ora Finale, come ha detto il Profeta (pace e benedizioni di Allah su di lui): “Il miglior giorno su cui si leva il sole è il venerdì: in questo giorno fu creato Adamo, in questo giorno venne fatto entrare in Paradiso, in questo giorno venne fatto uscire dal Paradiso, e l’Ora Finale non sopraggiungerà che un giorno di venerdì” (Muslim 854).
Per chi è obbligatoria la preghiera del venerdì?
Essa è obbligatoria per:
- Il Musulmano maschio (non è obbligatoria per la donna).
- Il capace di responsabilità (mukallaf); (non è obbligatoria per chi è affetto da instabilità mentale e nemmeno per il bimbo)
- Il residente (non è obbligatoria per il viaggiatore o per chi abita fuori dalla città o dal villaggio dove si esegue la preghiera del venerdì)
- La persona sana (non è obbligatoria per l’ammalato che non può spostarsi)
Caratteristiche e regole della preghiera del venerdì:
- È raccomandato che il Musulmano esegua il ghusl prima della preghiera del venerdì, che si diriga alla moschea recitando il takbir e che indossi i suoi abiti migliori
- I Musulmani si riuniscono nella moschea; l’imam sale sul pulpito (minbar) di fronte ai fedeli e pronuncia due sermoni con una interruzione fra i due, quando l’imam si siede brevemente, nel sermone l’imam esorta i fedeli al timore di Allah (taqwa), offre alcuni insegnamenti religiosi e recita alcuni versetti del Corano.
- È obbligatorio che i fedeli prestino ascolto al sermone, ed è vietato parlare o occuparsi d’altro o anche giocherellare con qualunque oggetto, con le dita, gli abiti, sassolini, ecc.
- Quindi l’imam scende dal minbar per condurre la preghiera, costituita di due raka’at, recitando il Corano ad alta voce.
- La preghiera del venerdì può essere eseguita solo collettivamente e non individualmente. Chi perde la preghiera collettiva del venerdì dovrà pregare la preghiera normale del mezzogiorno (dhuhr).
- Chi giunge in ritardo alla preghiera del venerdì, non riuscendo a pregare con l’imam almeno una rak’ah completa, dovrà completare la preghiera come preghiera del mezzogiorno (dhuhr).
- Quelli per cui non è obbligatoria la preghiera del venerdì (come la donna o il viaggiatore), se eseguono tale preghiera con la congregazione del venerdì, ciò è valido e non sono pertanto tenuti ad eseguire la preghiera del mezzogiorno (dhuhr).
Esenzioni dall’obbligo della preghiera del venerdì:
La partecipazione alla preghiera del venerdì è molto importante per coloro che ne sono obbligati ed è grave mancare a questa preghiera per occupazioni mondane. Ha detto l’Altissimo: “O credenti, quando viene fatto l’annuncio per l’orazione del Venerdì, accorrete al ricordo di Allah e lasciate ogni traffico. Ciò è meglio per voi, se lo sapeste” (Corano 62, 9).
La mancata partecipazione senza una valida scusa è assai grave, al punto che il Profeta (pace e benedizioni di Allah su di lui) ha detto: “Allah mette un sigillo sul cuore di colui che tralascia la preghiera del venerdì per tre volte consecutive senza valido motivo” (Abu Dawud 1052, Ahmad 15498). Il sigillo che Allah mette sul cuore di tali persone è un velo di ignoranza e freddezza, come nei cuori degli ipocriti e dei peccatori.
Tra i validi motivi per non prendere parte alla preghiera del venerdì vi è la difficoltà insopportabile o il danno e pericolo per la propria salute derivante da una malattia o le situazioni di emergenza.
Gli obblighi professionali o di lavoro possono rappresentare una valida scusa per non prendere parte alla preghiera del venerdì?
Generalmente i normali obblighi di lavoro non sono una scusa valida per non partecipare alla preghiera del venerdì, in quanto Allah ci ordina di sospendere le attività e dedicarci alla preghiera: “O credenti, quando viene fatto l’annuncio per l’orazione del Venerdì, accorrete al ricordo di Allah e lasciate ogni traffico” (Corano 62, 9). Dunque il Musulmano dovrebbe scegliere un tipo di lavoro dove può trovare il tempo e l’occasione per rispettare i suoi doveri religiosi, anche se tale impiego gli dovesse garantire un salario inferiore ad altri lavori.
Dice l’Altissimo: “A chi teme Allah, Egli apre una via d’uscita, e gli concede provvidenze da dove non ne attendeva. Allah basta a chi confida in Lui” (Corano 65, 2-3).
Quando il lavoro diventa una valida scusa per non prendere parte alla preghiera del venerdì?
I normali obblighi di lavoro non rappresentano una scusa valida per non partecipare alla preghiera del venerdì, eccetto in due casi:
1) Se il lavoro in questione è fonte di un enorme beneficio che viene meno se la persona lascia il suo impiego per recarsi alla preghiera del venerdì ed anzi ne deriverebbe un danno considerevole; né allo stesso tempo è possibile trovare un sostituto per quel lavoro nel periodo della preghiera.
Ad esempio: 
- Il medico che si occupa dei casi di emergenza
- La guardia ed il poliziotto che proteggono i beni della gente e le loro abitazioni da ladri e delinquenti
- Addetti alla supervisione di attività produttive in grandi aziende, dove è necessario un controllo continuo.
2) Se tale impiego è l’unica fonte di guadagno disponibile e il datore di lavoro non dà la possibilità all’impiegato di assentarsi per la preghiera del venerdì, né tale persona ha altri mezzi di sussistenza eccetto quel lavoro. In questo caso eccezionale, egli potrà restare al lavoro senza quindi recarsi alla preghiera del venerdì. Questo fintanto che non troverà un nuovo impiego o una nuova fonte di sussistenza.
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