Tumgik
#scappare dalla vita reale
darkaimaa · 1 year
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Vattene via, fuggi da qui. Meglio nessuno che uno così
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meimi-haneoka · 10 months
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Ciao cara! Mi è piaciuto una sacco il cap. 75 per molteplici fattori, ma credo che quello che mi ha fatto più effetto è stato come Touya ha confortato Akiho ♥ Volevo chiederti, se la "battaglia" finale sarà quella di riportare indietro Kaito, i Calamari e l'Associazione resteranno un finale aperto? O pensi che risolveranno in qualche modo anche quella questione?
OOOH ma che bello, un ask in italiano una volta ogni tanto! xD Ciao cara!! Ti capisco, mi chiedevo già dai capitoli precedenti se lui avrebbe mostrato un qualche tipo di dimostrazione di affetto (o almeno empatia) per Akiho: già il fatto che fosse arrabbiato e che abbia menzionato che non la fa passare liscia a chi ferisce le sue persone care mentre si parlava di Akiho, suggeriva che anche Akiho comunque era entrata a far parte del suo "circolo di famigliari"! Ma con questo capitolo proprio si è capito che, anche se Akiho non è davvero sua sorella, non significa che l'abbandona così, lui ci sarà sempre per lei....e questo è davvero rincuorante specialmente considerato che Akiho quasi sicuramente riacquisterà i ricordi precedenti...sapere che ora ha tante persone che non la lasceranno sola aiuterà a sopportare meglio il contraccolpo di ricordare tanto schifo tutto in una volta. Poi siccome sappiamo BENISSIMO che Kaito non è mai stato una figura fraterna per lei, avere Touya che ricopre quel ruolo è una bella cosa! e mette i puntini sulle i riguardo a cosa sia una figura fraterna per Akiho
Per quanto riguarda "la battaglia" finale, io sono dell'idea che molto si concentrerà sul liberare Kaito e riportarlo da Akiho (e contrastare gli effetti della magia del tempo su di lui). La questione dei Calamari e l'Associazione è troppo complicata: sono tanti, sono potenti e senza scrupoli. Non è cosa che una coppia di tredicenni può affrontare da sola. Senza contare che, anche se chiamassero i rinforzi, l'unico esito possibile è che li sterminino tutti. Perchè sono talmente assorbiti dalla loro sete di potere che non basta sconfiggerli "magicamente". E' proprio il loro animo che è marcio. E dato che non credo esista un "carcere" per i maghi... Io onestamente non vedo CCS come il "teatro" ideale per una cosa del genere. Stride con i valori che rappresenta.
Come ho detto alcune volte in precedenza, sono sempre più convinta che il fatto che sia i Calamari che l'Associazione siano sempre coperti e non ne abbiamo mai visto neanche uno in faccia è voluto e intenzionale. Una mia mutual giapponese su Twitter tempo fa fece un discorso molto bello al riguardo: dato che uno dei temi di questo arco è il pregiudizio, se vedessimo le loro facce ci concentreremmo a odiare la persona piuttosto che le loro azioni, e a giudicarla in quanto tale, mentre loro sono qui in questa storia per simboleggiare un concetto molto più ampio, le famiglie tossiche e la società più in generale, che ti umilia e ti ferisce se non rispondi ai loro standard o ciò che è considerato "normale", e ti sfrutta se invece hai qualcosa che fa loro comodo, disumanizzandoti. Io davvero vorrei che il fandom si rendesse più conto di quanto importante è la loro rappresentazione. E siccome loro rappresentano elementi che non puoi semplicemente "sconfiggere" nella vita reale (fa male dirlo ma certe cose purtroppo esisteranno sempre perchè la luce è sempre accompagnata dall'oscurità), io credo che quello che le CLAMP ci vogliano dire è che anche se queste cose esisteranno sempre e purtroppo potranno far male, quello che è importante e che conta davvero è trovare la forza di scappare e sopravvivere a quelle situazioni, e che si può avere una vita felice e degna di essere vissuta anche se si ha subito abusi in passato (e qua ci ricolleghiamo a Kaito e alla sua poca voglia di vivere).
Io penso che se l'intenzione era di eliminare/mettere fuori gioco le due parti malefiche, probabilmente Kaito si sarebbe già mosso in quella direzione. Cavoli, lui è rappresentato come quello "che non ha scrupoli" e in grado di fare tutto, del resto. Ma nemmeno lui l'ha fatto perchè non è nella visione del mondo di questa storia. E anche lui comprende che la cosa importante è che lascino stare Akiho d'ora in poi.
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shygirls-world · 1 year
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Spesso le persone intorno a me non sono in grado di capire il motivo per cui sono andata via. Il motivo per cui sono scappata, anche se in realtà non é proprio così, io non lo definirei proprio scappare, penso sia meglio dire decidere di stare meglio, di andare avanti. Spesso i luoghi in cui viviamo cominciano a diventare delle trappole che man mano sembrano rimpicciolirsi fino a quando non resta altro che una tremenda ansia e un enorme senso di oppressione. É così che ci si comincia a sentire quando non si sta bene nel posto in cui si vive. É come se qualunque cosa pesasse il doppio, ogni strada, ogni vicolo, ogni edificio. Quel luogo comincia a diventare sempre più una prigione dalla quale si cerca di fuggire in ogni modo. Io l’ho sempre fatto tramite la lettura, i romanzi sono sempre stati il mio grande sfogo per dimenticare almeno per un istante le situazioni in cui mi trovavo. E la mia immaginazione è quella che mi ha salvata, da un mondo orribile. Quando le cose andavano male io chiudevo gli occhi e immaginavo di vivere in luoghi differenti, con gente diversa, più matura o magari più reale. Mi sono resa conto di quanto davvero stessi male solo quando sono andata via, mentre ancora abitavo nel mio paesino sapevo di non stare bene al 100% ma credevo che quella fosse la normalità e mi dicevo ‘le cose saranno per sempre così, devo solo abituarmi’ e invece non è vero, da quando mi sono trasferita il peso che mi appesantiva ogni giorno é sparito, magicamente, e io ho cominciato a vivere davvero la mia vita. Ma quando torno nel mio piccolo paesino quel senso d’oppressione torna a galla e le cose sembrano tornare a prima della partenza. A questo punto arrivo alla conclusione che il problema o sono io che mentalmente mi auto convinco di questa cosa, o è il mio paese che è sbagliato.
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missfogo · 1 year
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Ho deciso che la depressione me la diagnostico e me la curo da sola.
Sono ben 10 anni che sono depressa. Lo dico perché tutto questo tempo l’ho passato a piangere, a tagliarmi, ad abusare di relazioni e sostanze, a dare la colpa agli altri e a gettarmi via, come un rifiuto non compostabile. È logico che non posso più continuare così, o mi curo, o finirò per avvelenare chi mi sta attorno, e questo non posso farlo ora che sono circondata da brava gente che mi vuole bene.
In ospedale una notte ci sono arrivata ubriaca fradicia, con un tasso alcolemico nel sangue che si aggirava attorno ai 2.5, una volta appurato che fossi ancora in grado di esprimermi, mi hanno portato da uno psichiatra con il quale ho intavolato un discorso che non ricordo assolutamente, ma nel verbale di pronto soccorso egli mi ha definito “a tratti borderline”. Ho poi parlato con diversi psicologi i quali mi indirizzavano sempre da altri psichiatri, che proponendomi cure farmacologiche mi vedevano scappare a gambe levate.
Tutto questo tempo l’ho vissuto con diverse dipendenze, quella da nicotina, thc, alcol, cocaina, smartphone, sesso, affetto, autolesionismo. Mi sono liberata della maggior parte di esse da sola. Rendendomi conto che per me le più pericolose sono quelle che tutt’ora mi posseggono: quella affettiva e quella dal telefono. La parentesi sul mio bisogno di affetto non sento il bisogno di aprirla per ora, ma quella da smartphone è una cosa tutta nuova e spesso sottovalutata, perché è legale, così diffusa tra i giovani che passa completamente inosservata, tanto da far sembrare normale il fatto che un adolescente passi la maggior parte del tempo sui social, ma non lo è affatto. escludendo tutte le altre cose delle quali ero dipendente, mi sono rifugiata nella realtà dei social a tal punto da preferirla al mondo reale. Non volevo più fare nulla, se non stare attaccata allo schermo, scorrendo i per te su tik tok. Le persone che vedevo qui avevano rimpiazzato i miei rapporti umani quotidiani. Non mi importava avere interazioni reali, tanto un algoritmo poteva mostrarmi persone e storie molto più interessanti praticamente sempre ed ovunque. Stavo mandando a puttane tutto quanto.
Quindi, il primo passo per uscire dalla depressione è stato CANCELLARE I SOCIAL (Tumblr è un discorso a parte, lo uso come se fosse un diario). Pochi istanti successivi all’eliminazione di ogni account, il mio interesse verso il mondo esterno si è riacceso come una piccola scintilla.
Ma volete sapere quale altra cosa improbabile crea dipendenza in una situazione simile alla mia? Piangere.
Da bambina non ho mai pianto, me lo ricordano sempre i miei genitori, ma non hanno mai saputo il perché: in pratica all’asilo venni esclusa dagli altri bambini fin da subito, un giorno, dopo l’ennesima presa in giro, la rabbia che provavo mi fece tirare un morso fortissimo sulla guancia di una mia coetanea, dunque le educatrici mi misero in castigo ed io iniziai a piangere a dirotto, ma non per la punizione, bensì perché vedevo gli altri giocare insieme da lontano, ed io, ancora una volta, rimanevo fuori dalla loro collettività. La maestra mi guardò e disse schifata : “è inutile piangere”. Così la presi alla lettera. Nessuno ha più visto lacrime sul mio volto, fino ai 13 anni circa, quando in una notte di giugno iniziai a piangere per la rottura col mio primo ragazzo, ma finii col versare lacrime per ogni cosa che non andava nella mia vita.
Piangere dà l’illusione di essersi sfogati, una volta finito tutto ci sentiamo meglio, ed è proprio questa la sensazione che crea dipendenza, il dopo pianto diventa quel momento celestiale (l’unico) in cui ci sentiamo bene, ed è così che giustifichiamo il pianto, “perché ci fa stare meglio” ma in realtà ci indebolisce tantissimo.
Avete mai notato che se iniziate a piangere per un motivo, finite col farlo per ogni cosa negativa che vi passa per la testa? La tristezza attira altra tristezza.
Una lacrima tira l’altra e poi non riesci più a farne a meno.
Dunque, la seconda cosa da fare per uscire dalla depressione è SMETTERE DI PIANGERE.
La depressione è iniziata quando ho scoperto l’affettività al di fuori della mia famiglia. La mia prima relazione fu davvero tossica per me, riaccese inoltre quei bisogni che i miei genitori avevano spento crescendomi nel modo più freddo e scostante possibile, dunque potete immaginare cosa è successo dopo la fine, o forse no… ve lo spiego brevemente
Ho aperto questo blog, ho iniziato a fumare le sigarette, le canne, a bere, a tagliarmi e la mia depressione si è fatta strada fra tutto questo, portandomi a sapere cose sempre più orrende sulla mia infanzia e dirigendomi in strade ancora più buie dalle quali sono quasi fuori. Voglio trarre conclusioni che possano essere d’aiuto per altri. Voglio essere un buon esempio.
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Vorrei scappare dalla vita reale e far parte dei libri con un lieto fine, che qui di lieto fine non c'è niente.
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d3hydrat3d · 1 month
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Sei innamorato?
si, no, boh, forse, vorrei.
sto cercando di rispondere in maniera molto sincera a tutte le domande, voglio sbloccare il mio essere così chiuso ed essere ‘generoso’ con chi ho difronte, proprio come mi ha consigliato la mia psico, quindi non posso tirarmi indietro.
allora, caro anon, parto con un discorso più generale, dicendo che ho compreso che l’innamoramento non è come la concezione del film, in cui è tutto rosa e fiori, un giorno ti svegli e capisci che quella è la persona che avrai al tuo fianco per tutta la vita, ed allora non te ne separerai mai.
come mi è dato di sapere (perché penso di non aver mai provato una cosa simile, ma poi ci arriviamo) l’innamoramento è una scelta continua che fai nei confronti dell’altro. Conosci l’altro, lo comprendi e per questo scegli di stargli affianco, non ci sono se e non ci sono ma.
concedermi e concedersi in tutto e per tutto all’altra persona, anche nei momenti più difficili, anche quando tutto è una merda, buttarsi, e non aver paura della caduta, che se si è in due si cade sempre in piedi. Questo ad esempio non ho mai avuto modo di farlo.
ci si deve prendere la propria responsabilità ad innamorarsi di una persona, e non che questa sia invece una cosa che capiti dalla mattina alla sera.
ovviamente non sto dicendo che c’è la possibilità di innamorarsi di chiunque ti stia affianco, ma che ti venga involontariamente da rinnovare la scelta con un’unica persona, quello si, sono a conoscenza del fatto che potrebbe capitare.
Io purtroppo nella vita ho sempre cercato l’innamoramento fiabesco, quello che ci regalano nei film e serie tv, sottovalutando quello reale, e ti dirò che si, riconosco di aver amato, ma quello è semplice, d’altro canto però non mi sono mai innamorato. Sono sempre fuggito, ho sempre tenuto la mia valigia d’emergenza sotto al letto pronta, cosi da scappare.
devo dirti però che questo sentimento l’ho visto, sentito addosso, ed infine compreso, anche se ce n’è voluto di tempo, anche perché non ho passato un periodo che è stato dei migliori, perdendo me stesso nell’ultimo periodo e lo riconosco.
sto lavorando infatti su me stesso, affinché ció possa accadere un giorno, ho scoperto di esser stato infatti troppo egoista e volere l’amore tutto per me, che ad essere compreso dovessi essere solo io, e c’ho perso. Sopravvalutando, persino troppo, ciò che facessi per l’altro, ma che alla fine facevo solo per me.
Sono anche determinate situazioni e dinamiche però che ci aiutano a capire, ed anche molto.
quindi per rispondere infine alla tua domanda:
ti dico di sì, se parliamo di quello strettamente fiabesco come lo immaginavo.
ti dico di no, per le motivazioni di cui sopra
ti dico boh, perché non so se mai riuscirò effettivamente a far guerra a quel che mi porto dentro e vincerlo.
ti dico forse, perché ho veramente così tanti pensieri al momento, che è meglio non pensare e non agire.
e ti dico che vorrei, perchè se solo avessi a disposizione i mezzi per regalare all’altra persona, anche solo il minimo di quello che ho percepito, firmerei col sangue.
Solitamente qui è la parte in cui ringrazio per la domanda, qui non so se farlo, c’hai messo un po’ troppo sale
però d’altro canto, è una domanda che mi ha aperto molti spunti di riflessione, e te ne sono riconoscente. 🥀
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enkela76 · 6 months
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Un giorno ci
rincontreremo
Sopra ogni nuvola accarezzate dal sole
Là su dove tutto è cristallina, dove il solo fiatare spezza il filo magico che gira intorno. O forse ci rincontreremo nei abissi, forse ci saremmo persi portando appresso gli anni pieni di dolore e malinconia. Un peso insopportabile per piegarci. Non vorrei vederti in nessun altro luogo se non nell'angolo dove il sole abbraccia la terra. Ricongiungimento perfetto, indissolubile che esiste prima dell'uomo. Sentire, vivere e assaporare il benessere è la più elevata potenza che l'uomo possiede.
Non saprò se hai sofferto, se hai pianto, se hai riso , se hai ballato sotto la pioggia. Se hai toccato con mano i tuoi sogni. Se hai voluto scappare per poi ritornare. I ritorni sono come una nuova alba.
C'è sempre qualcosa che si abbandona per fare spazio a un'altra forma.
Fammi entrare nei tuo occhi per poter leggere le pagine mancanti, hai voluto strappare tutto per paura che qualcuno potesse frugare dentro e dopo lasciare tutto in disordine come è già successo.
È stato scritto da qualche parte, forse sul tronco di un albero. Perdersi per poi ritrovarsi. Nulla si perde per sempre. Ci si sbarazza del peso, delle cianfrusaglie, delle foglie autunnali, delle vecchie auto cariche di ricordi. Delle scarpe usurate e delle file interminabili. Non esiste un elenco dove poter liberarsi di ciò che ti ha fatto stare sveglia fino alle 4 del mattino. Del immagine che ha viaggiato nei tuoi pensieri, visualizzare e viverla è più reale della prima neve inaspettata. Cade lentamente e da inizio alla magia che nessuno può interrompere.
Ancora una volta saprei dove trovarti. Non importa se non vorrai vedermi. Ricordi? Eravamo nella stessa vita un tempo. Così vicini che gli anni non hanno sfocato l'immagine.
Se quel giorno ci sarai saprò riconoscerti tra mille. Per tanto le piante cercano fin dalla loro esistenza l'unico che può tenerle in vita. Il sole.
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daredevil696 · 8 months
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Questa volta voglio parlarvi di T. Beh credetemi non è facile da gestire,un uragano che cammina mi ha scombussolato la vita ma andiamo per gradi....
Posso dirvi che all'inizio non è stato facile. Eppure dal primo momento mi ha catturato spesso mi chiedo se mi sia solo aggrappato a un idea o se la persona che vedo in lei sia reale. Posso dirvi che ho fatto come sempre un casino enorme ma in questo sappiamo tutti che sono campione mondiale. Ebbene sì l'ho persa ho fatto scappare anche a lei. Ma forse anche se mi è difficile non rimpiango nulla. Avrei voglia di dirle una miriade di cose. Avrei voglia di dirle che forse non era poi così un disastro come le ho sempre detto ma che ero solo arrabbiato nel parlarle così,vorrei dirle che ogni giorno rivivo tutti i momenti condivisi con lei e che mi ha fatto sentire costantemente le farfalle allo stomaco miste a dei coltelli alla schiena,vorrei dirle che per me non è mai stato semplice fidarmi eppure con lei l'ho fatto a pieno e quando se n'è andata si è portata via tanto di me,vorrei chiederle se lei ci pensa mai a noi,vorrei sapere che posto ho per lei nel suo cuore, vorrei sapere se ogni tanto le manco perché a me spesso,vorrei dirle che ormai non ho più tanta voglia di ridere,ma più di tutto vorrei dirle che non so perché ad un certo punto abbiamo smesso di capirci e abbiamo fatto si che tutte le cazzate ci logorassero che ogni volta che mi ostinavo a litigare un verità ero semplicemente impaurito costantemente dal fatto che se ne andasse ero devastato dalla sensazione di non essere realmente ciò che voleva mi sono sentito inadeguato più volte e invece di aprirmi come sempre preferivo mettere la faccia da duro. Vorrei poterle dire che io non la perdo di vista perché non farò come tutti quelli bravi a parole. E poi le vorrei raccontare i ricordi che mi passano per la mente per rivivere forse insieme quelle sensazioni,come quando le diedi la lettera,la prima giornata a Napoli,quella volta che per fare l'amore abbiamo fatto le 7 del mattino in auto e lei mi guardo con lacrime di gioia mentre io andavo in ansia perché non capivo cosa stesse accadendo,la sera del concerto,la nostra vacanza a Paestum e quella in puglia,quella volta che fumavi la dinner lady mentre camminavamo per Castellammare,la seconda volta al parco virgiliano, quando la mattina l'ho accompagnato a fare il filler e il pomeriggio lei mi hai accompagnato a fare l'esame per l'articolo 6,la sera a meta,la prima volta che mi raccontò di lei,cantare le canzoni in auto, condividere la musica che ci piaceva,lei che veniva a dormire da me con la sola voglia dello stare insieme,la prima volta che abbiamo dormito insieme,il suo primo ti amo,le mie follie nel dirle se ti porto a Napoli sulle 13 discese ti chiederò di sposarmi e alla fine spoiler le ho chiesto di essere la mia ragazza,quella volta che abbiamo finto di dovercene andare da casa di mattia solo per l'esigenza di stare da soli,la tua laurea, il darle una mano per la laurea con le correzioni,l'ansia che provava per gli esami,quella volta in cui sei venuta con me a lavoro,la sera che andammo a vedere il murales di Rocco Hunt.....beh potrei continuare veramente per molto ancora ma concludo con la sera a Vietri una sera che mi ha fatto ritornare bambino per molti versi e si è conclusa con l'inizio della fine dopo quel giorno ha iniziato a dirmi che i suoi sentimenti erano cambiati e che non provava più le stesse cose da quel momento giorno dopo giorno ho cercato di far si che il nostro mondo non crollasse ma alla fine purtroppo ho sortito l'opposto e alla fine l'ho persa perdendo con lei una parte significativa di me ma ciò che non perderò sono sicuramente i ricordi.
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mariaceciliacamozzi · 8 months
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Jouhatsu: il popolo evaporato del Giappone
Se ci pensate, al giorno d’oggi scomparire da tutto e tutti è molto difficile. Abbiamo tutti in tasca degli oggetti che lasciano dietro di noi una scia di accessi, geolocalizzazioni e pagamenti con carte di credito. Grazie a questi dati siamo facilmente rintracciabili in qualsiasi parte del mondo. Per non parlare delle telecamere a circuito chiuso ormai presenti praticamente ovunque. Eppure scomparire senza lasciare traccia non è impossibile, se qualcuno specializzato nel farlo ci aiuta.
In Giappone chi decide di sparire dalla circolazione ha un nome ben preciso: jouhatsu, letteralmente ‘evaporato‘. Nel senso di evaporare dalla faccia della terra e non farsi più trovare. Sono uomini, donne, perfino famiglie intere a farlo. C’è chi scappa da matrimoni infelici per non affrontare l’iter del divorzio. Donne che scappano da mariti violenti portandosi via i figli. Ma soprattutto si volatilizza chi ha grossi debiti o guai con la legge. O chi ha alle calcagna qualche organizzazione malavitosa tipo Yakuza, come accade in una nota serie americana che credo tutti conoscano.
In Breaking Bad quando qualcuno è nei guai e deve sparire, contatta un venditore di aspirapolveri con una parola d’ordine: volere un nuovo filtro. Previo pagamento, verrà fornita una nuova identità, nuovi documenti (falsi), un nuovo lavoro e una nuova vita lontano dalla vecchia. In Giappone capita più o meno lo stesso ma lo fa un’azienda vera e propria chiamata Yonigeya ma conosciuta anche come ‘la ditta dei traslochi notturni’. Arrivano di notte e fanno sparire te e le tue cose con il favore delle tenebre.
A volte un evaporato riesce a rimanere anche nella sua stessa città. Tokyo è talmente grande e sovraffollata che basta cambiare quartiere per non farsi più trovare. Esiste anche una zona gestita dalla yakuza, che non si trova volutamente sulle mappe, con la fama di rifugio per evaporati e senzatetto. Pare che se si chiedono informazioni ai Koban della polizia sul quartiere di Sanya, ci verranno date volutamente indicazioni poco chiare. E’ un non–luogo di Tokyo ed è qui che si trova anche una statua di Rocky Joe, protagonista del popolare manga sul pugilato. La storia di un emarginato della società che lottando e inseguendo il suo sogno ha una rivalsa.
La maggior parte degli evaporati comunque, per non rischiare di essere trovati, preferisce rifugiarsi in luoghi sperduti e lontani dalle città. In tanti scelgono le pendici del Monte Fuji e la zona di Hakone, ricca di sorgenti Onsen. Proprio i vapori delle terme dicesi che hanno dato vita al temine evaporati. In passato i fuggiaschi le sceglievano proprio per purificarsi dalle colpe del loro passato.
Le aziende Yonigeya in origine aiutavano le persone a fuggire dagli strozzini. Ma al giorno d’oggi i giapponesi le usano non solo per questo motivo ma anche per qualsiasi altro che li porti a voler scappare da tutto e tutti. A volte questo allontanamento non è definitivo e dopo qualche tempo le persone tornano alle loro vecchie vite. Spesso perché sentono la mancanza della famiglia e degli amici o semplicemente perché quando riescono a risolvere dei conflitti interiori si sentono pronti a tornare.
Un esempio di questo possiamo trovarlo nel fantastico manga Il diario della mia scomparsa, dello stesso autore di Pollon. E’ la vicenda reale del mangaka Hideo Azuma che da un giorno all’altro e all’apice della fama, decide di sparire rifugiandosi in montagna per fare il senzatetto. Tuttavia, la maggior parte delle persone che sceglie volontariamente di ‘evaporare’ non torna mai più indietro.
Nel 2019 in Giappone sono scomparse circa 90.000 persone. Di queste ne sono state ritrovate 80.000. Le 10.000 mancanti sono tutte allontanamenti volontari. Fuggire per la vergogna di qualcosa che si è fatto, o da un lavoro logorante sono tra i motivi più gettonati legati alla drastica cultura giapponese del lavoro. Il fallimento o l’errore grave in ambito professionale non sono accettati dalla società. E per evitare l’onta insostenibile che un giapponese prova in questi casi, una possibilità è quella di sparire. L’altra, più estrema ma utilizzata ugualmente da molti purtroppo, è quella a cui tutti state pensando: il suicidio. Sicuramente meglio evaporare che morire!
L’evaporazione non è altro che una forma di anonimato legale. Lo stato giapponese garantisce la più assoluta riservatezza in merito ai dati finanziari ed economici di coloro che decidono di scomparire. Praticamente queste persone chiedono che venga resettata la loro vita precedente per rinascere con un nuovo nome e nuove prospettive. Le leggi giapponesi rendono ancora più facile evaporare. Per loro la privacy è molto importante e le autorità raramente chiedono i documenti a qualcuno per strada.
Quando la polizia ha prove concrete che la persona scomparsa che qualcuno sta cercando si è allontanata volontariamente, non indagherà ulteriormente né fornirà più alcuna informazione. Nemmeno ai familiari stretti. In questi casi, se proprio vogliamo ritrovare qualcuno, l’unica possibilità è quella di rivolgersi ad un investigatore privato.
Enrica Billi
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E oggi più che altre notti riprenso profondamente a quella notte tra l'1 e il 2 di Febbraio, quella notte che fu la prima notte in questo nuovo reparto, quella notte che è volata velocissima grazie a te, ai mille discorsi aperti insieme e lasciati in sospeso. Discorsi mai ripresi. Grazie a me, che sono così dannatamente brava a mandare tutto a puttane. Che sono bravissima ad annegare nell'alcool e a straparlare, a fare scappare le persone, perché non tutti sono disposti a stare attaccati ad una persona difficile come me. Probabilmente è vero che se non sei rimasto era destino che non rimanessi, però mi manchi davvero tanto. Dopo anni di vuoto, anni senza provare assolutamente niente per nessuno sei apparso tu, tu che in pochissimo tempo parlando dietro ad uno schermo sei riuscito a farmi venire voglia di rimettermi in gioco ancora una volta. In una sola sera sei riuscito a farmi provare cose che con altre persone ho provato solo dopo mesi e mesi e mesi. Tu che tra una battuta stupida, una canzone cantata a squarciagola, una bottiglia di vino rosso, tra baci e mani addosso mi hai fatto perdere la testa. Tu che sei stato capace di litigare con me fin da subito, che mi hai tenuto testa dalla prima volta, che mi hai toccata e mi hai fatta sentire reale dopo tanto. Sicuramente sei un bastardo e mi hai ferita così profondamente che anche oggi che è la notte tra il 7 e l'8 di Aprile sono qui a pensare a te. Tra mille chat, mille complimenti scontati, gente nuova che ha voglia di conoscermi e scoprire chi sono, continuo a pensare solo a te, alla tua voce, alla tua faccia da cazzo e al tuo sorriso. Penso alla tua visione del mondo e a quanto pur essendo diversa dalla mia collimava nelle stesse paure e negli stessi desideri. Tu che soffri così tanto e non lo dici a nessuno, ma a me sei stato capace di dirlo e di trasmetterlo fin da subito. Tu che quell'ultima notte passata insieme hai fatto di tutto per farmi allontanare da te che sai di essere una bomba ad orologeria, ma che anche se con un po' di freddo distacco mi hai mostrato un'altra parte di te. Io che sapevo che quando ho lasciato casa tua quella mattina un po' lo sapevo già che sarebbe stata l'ultima volta che ti avrei visto. Quella voglia matta di venire sotto casa tua che ho avuto per tanti di quei giorni che nemmeno posso contarli. Io che mi sono buttata duecento volte con tutta me stessa contro te che sei stato uno scoglio, e che fino all'ultima volta hai sminuito tutto ciò che sentivo. Io che c'ho provato e riprovato fino all'ultimo, perché sarà pur una frase fatta ma per me è mille volte meglio pentirmi che rimpiangermi. E comunque non mi sono pentita di averci provato fino all'ultimo e se non fosse che mi amo davvero, ci avrei provato ancora. E ancora penso a te quando sento la tua voce e vedo le tue fottutissime storie su Instagram, sapendo che tu a me non ci pensi mai, che non guardi le mie storie e non hai più neanche il mio numero in memoria, neanche la benzina che abbiamo messo insieme nella tua cazzo di macchina. La cosa più del cazzo di tutte è che non ho ancora avuto il coraggio di smettere di seguirti e non vedere più nulla che ti riguarda, perché sarebbe un po' negare a me che ci sei stato davvero, cancellare l'ultima traccia di te. Fanculo a te e alla tua esistenza del cazzo nella mia vita.
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nuvolenellatesta · 1 year
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Ripenso a momenti assieme come se la nostra vita fosse stata un film o come se la nostra relazione fosse stata perfetta, almeno in certi momenti, con tanto di inquadrature, primi piani, sguardi e sorrisi. Mi faccio male.
Fatico ad uscire da questa immagine mentale che ho di tutto ciò, come se parte di me fosse collegata a questi ricordi, e che questa parte di me utilizzi solo i pensieri positivi e non quelli negativi che mi han mangiato e buttato giù. E' come se fossi nostalgico di una realtà parziale che non è mai esistita perché quelle situazioni le si vivono a tutto tondo e non solo negli aspetti positivi. Altrimenti non sarebbe andata così, mica le cose vanno male se tutti gli aspetti sono sempre e solo positivi. E' impossibile.
Ciò di solito mi capita alla sera, quando sono stanco e/o pensieroso. E quando mi capita cambio d'umore. 1- ci sto male e sento tutte le fragilità del mio cuore. Sento un dolore profondo, non più estremamente lancinante come tempo fa ma comunque notevole e reale. 2- divento indisponente, arrabbiato, seccato, rabbioso. Penso che sia perché mi da un fastidio assurdo che le cose siano andate così e fatico ad accettarle. Fatico anche ad accettare che tutto ciò sia capitato per causa mia perché nonostante tutto e nonostante il nostro non fosse il rapporto perfetto, penso che quasi la totale responsabilità sia la mia. Mi sembra poi di aver perso una cosa perfetta, anche se razionalmente so che non può essere così, ma in quei momenti non sono poi troppo razionale. 3- voglio allontanarmi dalle persone, stare solo, soffrire in pace e non essere rotto le palle. Non voglio farmi vedere fragile, non voglio dare spiegazioni, non voglio che mi si vengano fatte domande o che vengano dette cose. Non voglio essere disturbato, che la gente faccia casino o altro. Voglio stare da solo e risolvermela da solo. 4- dopo la rabbia scende la paura, di stare solo e non uscirne più. Di perdere tempo ed occasioni. Di faticare a guarire. Quasi sempre riesco a combatterla però, ora.
Non so esattamente come risolvere tutto ciò. Solitamente dopo un po' passa, di solito provo a mettermi a fare qualcosa che mi impegna o mi sfoga ma non è sempre possibile. Di solito cerco di scappare dalla gente. Quando scendono un po' i sensi di colpa di solito mi masturbo, poi ci pensano le endorfine. Rispetto a tempo fa va molto molto meglio, non ho più i miei attacchi che ora si sono trasformati in "colpi"/momenti che mi cambiano l'umore ma tempo di una mezz'ora sono circa normale. Per fortuna, da una parte, ma dall'altra è passato più di un anno e mi sta sul cazzo essere ancora fragile. A volte mi convinco che sono quasi guarito quando ripenso ai momenti vecchi con calma, relativizzo le cose, penso al futuro, e7o ad altre, ma altre mi sento come se non fossi andato poi così distante o perlomeno come se ci fosse ancora molta molta strada da fare.
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opheliablackmoon · 2 years
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ㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤ  ㅤㅤ           ᴅɪᴀʟᴏɢᴜᴇ  ❚  manhattan, ny        new update  ﹫  ophelia & her father         h. 11.55, june 25th, 2022             ❪      🌑      ❫ ㅤㅤ ㅤㅤ ㅤ   ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ  « Papà? Che cosa ci fai qui? Non ti aspettavo prima di lunedì mattina. »   ʜᴇʀ ғᴀᴛʜᴇʀ  « Ciao Ophelia, posso entrare? »   ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ  « Sì, certo. Prego, accomodati. Stavo facendo un caffè, lo vuoi? »   ʜᴇʀ ғᴀᴛʜᴇʀ  « Sì, grazie. Senza zucchero per favore. Vedo... Vedo che ti sei sistemata bene qui. E' tutto così diverso rispetto a Monaco... »   ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ  « Senza zucchero e senza latte, lo ricordo. Io... Sì, ho cercato di rendere l'appartamento più accogliente. Ho richiesto anche alcuni preventivi e i lavori di ristrutturazione inizieranno settimana prossima. »   ʜᴇʀ ғᴀᴛʜᴇʀ  « Pensi sempre a tutto, mh? »   ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ  « Ci provo, ma è anche grazie ad Aaron se ho trovato chi fa al caso mio. »   ʜᴇʀ ғᴀᴛʜᴇʀ  « Aaron... L'ho incontrato qualche settimana fa, pensavo di vederti con lui e invece mi ha detto che sei rimasta a Cannes. Ho letto gli articoli, eri bellissima. »   ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ  « Grazie... Non mi sentivo a mio agio nel ritornare. L'ultima volta che ho visto la mamma non è andata un granché bene. »   ʜᴇʀ ғᴀᴛʜᴇʀ  « So che non ami Aaron, e so che la situazione in cui ti abbiamo messa non è delle più semplici. Probabilmente mio padre si rigirerà nella tomba, ma volevo ringraziarti per ciò che stai facendo. Ci sono situazioni in cui non importa ciò che vogliamo noi ma ciò che è meglio per un bene più grande. »   ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ  « Preferisco... Preferisco non parlarne. »   ʜᴇʀ ғᴀᴛʜᴇʀ  « Rispetto il tuo pensiero, ma non puoi scappare per sempre dalle tue responsabilità. Sei nata con dei doveri che devi portare a termine e tua madre... »   ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ  « Se faccio ciò che faccio è per il Principato non di certo per voi. Tu non hai mai preso una posizione nei confronti della mamma, e lei... Beh, lasciamo perdere. »   ʜᴇʀ ғᴀᴛʜᴇʀ  « Non sempre prendere una posizione porta a qualcosa di proficuo. E l'amore che provo per tua madre... »   ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ  « Ti prego, risparmiatelo. »   ʜᴇʀ ғᴀᴛʜᴇʀ  « Non sono venuto per litigare, Ophelia. »   ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ  « Allora per favore non tirare fuori discorsi che sai perfettamente non tollero. Il fatto che il Principato sia sull'orlo del baratro non dovrebbe essere il motivo per cui mi si spinge a fare un matrimonio combinato. Hai mai pensato al fatto che magari avrei avuto le mie ambizioni? »   ʜᴇʀ ғᴀᴛʜᴇʀ  « Sei qui a New York per questo motivo, Ophelia, ma appartieni alla famiglia reale, che tu lo voglia o no, e i doveri ci sono da quando sei venuta al mondo. »   ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ  « Non rinfacciarmelo. Sai esattamente il motivo per cui sono qui, era una condizione necessaria affinché accettassi questa dannata situazione. »   ʜᴇʀ ғᴀᴛʜᴇʀ  « Avrei voluto una vita diversa per te, questo è il mio unico rimpianto. »   ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ  « Mi sarebbe bastato che fossi dalla mia parte, almeno per una volta. »   ʜᴇʀ ғᴀᴛʜᴇʀ  « Non vedermi come un nemico, sono dalla tua parte sempre. »   ᴏᴘʜᴇʟɪᴀ ᴀᴜʀᴀ  « Sono le stesse parole che mi rivolge Aaron, eppure ogni volta fate qualcosa per ferirmi, seppur inconsciamente. »   ʜᴇʀ ғᴀᴛʜᴇʀ  « Aaron non è un tuo nemico come non lo sono io. Anche lui si trova in una situazione che non ha voluto, non odiarlo. Feriamo sempre le persone che ci stanno accanto, anche quando non vogliamo farlo. »
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virginialunare · 2 years
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Le città intermedie alla ricerca di una nuova vocazione.
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Una delle tendenze emergenti nell’epoca post covid è il crescente interesse da parte degli investitori locali, ma soprattutto internazionali, per le città cosiddette intermedie. Come descritto nello studio di Kroll dedicato a queste realtà (Secondary Cities: Gateway per nuove opportunità d’investimento per il real estate), ma possono rappresentare una destinazione interessante per investimenti nel reale estate al di fuori delle prime location di Milano e Roma.
Non di meno il nostro paese viene spesso descritto come il paese dei mille campanili e alcune di queste “campane” possono suonare una musica interessante per una nutrita fetta di operatori.
Se infatti, le grandi operazioni direzionali e residenziali hanno nella capitale economica e in quella politica il loro luogo di elezione, è anche vero che una nuova idea di real estate può trovare terreno fertile in realtà più piccole ma non per questo meno interessanti.
Il punto di partenza deve essere l’assenza di pregiudizi sulle città cosiddette minori perché se è vero che dopo due anni di pandemia siamo ritornati tutti in ufficio e quindi prevalentemente nelle grandi città, è anche vero che la digitalizzazione e l’utilizzo degli strumenti per collegarsi e interagire con il mondo esterno hanno consentito una maggiore libertà di movimento che ha portato a nuova vita case di villeggiatura dimenticate.
Un altro fattore che la pandemia ha permesso di evidenziare è che le città possono interpretare il proprio ruolo in ottica moderna attraverso una nuova lettura del proprio essere e delle proprie attrattività.
Questa sfida, soprattutto, deve essere intrapresa da città che, dopo avere giocato all’inizio del secolo scorso un ruolo determinante nell’economia del paese hanno visto via via esaurirsi la loro fiaccola e si sono ritrovate come vecchie signore un po’ dimesse e molto nostalgiche.
Mi è capitato di parlare più volte di Genova, che negli ultimi scorsi del secolo scorso assomigliava ad una città da cui scappare e tornare solo perché richiamati dalla macaia o dall’ancestrale attaccamento ai luoghi che molti di noi provano. Una politica intelligente in termini di riqualificazione e di valorizzazione dell’esistente sta oggi consentendo al capoluogo ligure di diventare una possibile città di destinazione non solo per la gray economy ma anche per una fetta di popolazione che vuole vivere sentendo il rumore del mare e immergersi in una cultura non sfacciata ma diffusa.
Diverso è il destino di Torino, da sempre così diversa, seppur vicina, da Milano. Silenziosa e quasi ritrosa nella valorizzazione dei propri asset, nel corso degli anni Novanta ha cercato di trovare un’altra vocazione, ma nonostante abbia ospitato le Olimpiadi Invernali del 2006 non è stata in grado di attrarre l’attenzione degli investitori stranieri. Recentemente, il trend sembra si sia invertito e alcuni operatori stanno guardando con interesse al capoluogo piemontese soprattutto per la realizzazione di studentati per i numerosi studenti fuori sede del politecnico cittadino e per il mercato residenziale caratterizzato da un patrimonio di valore le cui quotazioni di mercato, in questo momento, sono decisamente inferiori rispetto a Milano da cui ormai dista solo meno di un’ora di treno.
Altro interessante esempio è quello di Bergamo che dopo essere stata drammaticamente al centro dell’attenzione pubblica per effetto della pandemia che ha duramente colpito il territorio, sta vivendo oggi una nuova stagione che unisce un settore industriale tra le eccellenze nazionali, una vicinanza che non è sudditanza da Milano e il terzo aeroporto nazionale per numero di passeggeri, è protagonista di due importanti esempi di rigenerazione urbana: Chorus Life e Porta Sud che in modo diverso porteranno nel corso di pochi mesi il primo e pochi anni il secondo un’ondata di novità sul mercato immobiliare della città.
Lo studio di Kroll evidenzia come gli investitori siano sempre più attenti ad ampliare il proprio sguardo anche su altre realtà al di fuori dei mercati principali di Milano e Roma verso quelle città secondarie che per qualità della vita, infrastrutturazione esistente o in programmazione, onerosità dei costi più sostenibili come ottime location per l’investimento.
In un’ottica di razionalizzazione degli investimenti e riqualificazione del territorio la diversificazione degli investimenti su più centro nevralgici del paese rappresenta un ottimo veicolo di ricadute positive che queste operazioni possono avere sui territori.
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sciscianonotizie · 2 years
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Ischia Film Festival, ecco gli “Scenari campani” tra integrazione, cultura e ricerca
Svelati i sei film in concorso che verranno proiettati in anteprima nel corso della ventesima edizione che si terrà dal 25 giugno al 2 luglio nel Castello Aragonese
CONCORSO 2022
ISCHIA, 9 MAGGIO 2022
Integrazione, ricerca e cultura sono le parole chiave dei sei film in concorso, tra cortometraggi e documentari, nella sezione “Scenari Campani” della ventesima edizione dell’Ischia Film Festival (https://bit.ly/3so3U9P), presentati tutti in anteprima dal 25 giugno al 2 luglio negli esclusivi spazi del Castello Aragonese di Ischia.
“La sezione intende valorizzare le opere cinematografiche, che siano di finzione o utilizzino il linguaggio del cinema del reale, girate in territori riconoscibili della regione Campania o che abbiano come location prevalente territori campani”, spiega il direttore artistico del Festival Michelangelo Messina.
Mira a informare le persone dei progressi della ricerca, Amici per la pelle, di Angela Bevilacqua. Il cortometraggio, fortemente voluto dal professore Paolo Ascierto, sceglie la strada dell’ironia tragicomica, attraverso l’interpretazione degli attori brillanti Gigi e Ross, per sensibilizzare le persone affinché offrano il loro aiuto nella cura dei melanomi.
Atmosfere oniriche in Bagno al largo, di Luigi Russo. Roberto sogna di scappare dalla provincia, prendere il largo e diventare uno scrittore famoso. Un invito a non lasciarsi tarpare le ali dal conformismo e dalla prospettiva di una vita tranquilla ma monotona.
Parla di integrazione Un passo alla volta, di Alessio Avino. Due immigrati africani pianificano il futuro, tra il sogno di diventare un affermato chef e il desiderio di riunire la famiglia rimasta in Nigeria.
La Divina Commedia riletta dai bambini dei Quartieri Spagnoli, nel documentario di Matteo Parisini, Dante ai Quartieri. Inferno, Purgatorio e Paradiso per rileggere la propria esperienza adolescenziale, in un laboratorio tenuto dai maestri del Teatro delle Albe.
Con taglio antropologico, l’esperto regista cilentano Andrea D’Ambrosio porta la macchina da presa nel Parco Nazionale della sua terra. Il sentiero dei lupi documenta l’estinzione del raro animale e la parallela desertificazione di un ambiente naturale incontaminato, abbandonato dai giovani che cercano fortuna altrove.
Viva Viviani, diretto dai fratelli Mario e Stefano Martone, è il biopic su uno dei più grandi commediografi del ventesimo secolo. Testimonianze di Mario Martone, Toni Servillo, Nello Mascia, Mimmo Borrelli. Interviste e materiali di archivio compongono il ritratto di una figura fondamentale del teatro napoletano e italiano.
“La Regione Campania – continua Messina – che da cinque anni sostiene il Festival nell’ambito di una legge cinema che finanzia tutta la filiera dell’audiovisivo, ha individuato nel racconto cinematografico un mezzo importante di promozione del patrimonio turistico e culturale. Ci è sembrato doveroso quindi, sin dal primo anno in cui è stata istituita questa importante misura di sostegno, dedicare un pezzo significativo del festival a quei lavori che spesso vengono realizzati proprio grazie a queste misure di finanziamento”.
La 20a edizione dell’Ischia Film Festival è sostenuta dalla Film Commission Regione Campania e dalla Direzione Generale Cinema e Audiovisivo del Ministero della Cultura.
SCENARI CAMPANI (film selezionati)
Amici per la pelle (Italia, 2021) di Angela Bevilacqua
Bagno al largo (Italia, 2021) di Luigi Russo
Dante ai Quartieri (Italia, 2021) di Matteo Parisini
Un passo alla volta (Italia, 2022) di Alessio Avino
Il sentiero dei lupi (Italia, 2021) di Andrea D’Ambrosio
Viva Viviani (Italia, 2021) di Stefano Martone, Mario Martone
source https://www.ilmonito.it/ischia-film-festival-ecco-gli-scenari-campani-tra-integrazione-cultura-e-ricerca/
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susieporta · 2 years
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Gli amori di vetro
Gli amori di vetro sono quelli nati attraverso lo schermo del telefono. Quelli nati in un sito di incontri, per intenderci. Ce ne sono tanti, e in alcune realtà conoscere persone tramite il cyberspace è comodo, e offre opportunità allargate, aumenta le possibilità.
Sì, di inciampare in una storia disfunzionale.
Nulla contro questo mezzo, che tanto offre per coprire distanze e ampliare orizzonti.
Tuttavia ho varie pazienti che portano in seduta le disavventure postume di incontri siffatti.
Perciò mi accingo a compilare un piccolo vademecum, per le donne (se ne gioveranno anche gli uomini ne sono felice, ma ai blocchi di partenza le posizioni sono, di default, differenti, in genere). Lo faccio nella speranza che sia utile a chi passa di qui e legge, con l'auspicio che non si faccia troppo male con questo tipo di incontri.
Perché è necessario, a mio avviso, avere la patente.
Mi spiego.
Occorre tenere a mente che chi utilizza le chat di incontri questo cerca, conoscere nel mucchio, sfogliando un catalogo.
Quindi ragazza:
1- se chatta con te facilmente chatterà con N altre, anche in contemporanea
2- non bruciare le tappe. C'è un tempo per coltivare le relazioni, le affinità. Con calma
3- non investire. Dopo due chattate, non rinunciare alla tua vita per stare a parlare, a precipitarti a rispondere. Non mettere un emerito sconosciuto nelle tue priorità, spostando la tua vita per fare posto a lui (questo vale SEMPRE)
4- chiarisci bene cosa cerchi tu, e chiedi cosa cerca l'altro. Altolà, i trucchi li so! All'inizio si finge spensieratezza, o meglio, si dichiara disimpegno magari per non "farlo né scappare, né spaventare", ma sappiamo bene che sotto c'è la speranza di una storia. Anche se sulla carta entrambi firmate "onenightstand", una botta e via
5- le donne, quasi tutte, anche le più libere e sbarazzine, alla fine hanno fame. Non di sesso, come ho scritto più volte, ma di coinvolgimento. Di essere tenute in mente, di sentirsi viste. Ci sono caratteristiche "maschili", anche incarnate in una donna, non importa, che sono differenti dalle caratteristiche femminili, anche incarnate in un corpo maschile. Sono attitudini, che rispondono a bisogni differenti. Pertanto vedi punto 6.
6- ascoltati. Cosa vuoi davvero? Ti va bene l'harem? Ti va bene il disimpegno? Fantastico. Quello che vedo io è che dopo un po', di solito, la donna ci sta stretta, e inizia a sognare un impegno, una presenza differente. Come dicono dalle mie parti, ci rimane in mezzo, insomma
7- scegli. A volte ci si sente soli, sovente non si è capaci di stare bene con sé stessi, non si è in grado di reggere una solitudine antica, che viene da molto lontano. E ci si accontenta, pur di avere qualcuno con cui parlare
8- proiezioni. Attenzione: soprattutto con gli amorazzi virtuali, la proiezione è istantanea. Non avendo manco visto la persona dal vivo, parte il sogno. Anche questa voglia di sognare è una fame. L'altro immaginato prende piede, e ciaone, resta ben lontano dalla persona reale, che insegue invece i suoi di bisogni, tipo collezionare, conquistare, confermarsi, ecc
9- incontrarsi subito, potendo. Così l'incendio virtuale non divampa, lasciando misere ceneri e delusioni come quando si è al bar e magari si macchia la camicia bianca al primo sorso di caffè, da leggersi anche come metafora
10- punto critico, magari valutato antico o fuori moda, ma lo dico con convinzione. Fare sesso con qualcuno implica che i campi energetici si incontrino, si mescolano fluidi e storie, così come la psiche di entrambi. Come dice qualcuno molto più importante di me, si diventa un po' "parenti". Occhio con chi ti impasti, pericolo residui tossici e lenti a smaltirsi
Allora badiamoci a queste realtà implicite. Poi se è piacevole, se ci sentiamo autentiche e a nostro agio, usciamoci a bere quella birra, a prendere quel gelato.
All'inizio 5 minuti possono bastare.
Se a quell'incontro segue un silenzio o un calo della tensione, passare oltre velocemente, evitando un attaccamento fittizio.
A meno che tu non abbia una botta di fortuna fotonica, il primo ragazzo conosciuto in chat non può essere l'uomo della tua vita, il principe azzurro, non è il padre che cerchi né l'orsetto a cui aggrapparti per stare sul divano a guardare la TV.
E' probabilmente una persona che ha fame di qualcosa come te.
Assicurati di cosa.
Ah, vi ricordo che finché non si risolve questo buco nero, si smanierà sempre per essere viste da un LUI. Impariamo a andare a questi incontri non affamate, ma serene e dritte anche senza mendicare attenzioni. Vi assicuro che vi divertirete molto di più
#chatdiincontri #amorivirtuali #ditroppoamore #famedamore #onenightstand #tinder #badoo #meetic
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sciatu · 3 years
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Focaccia messinese: alla norma, capricciosa, con funghi tradizionale con patate e pancetta, con cipolla
Mimì e Gegè e la focaccia alle cipolle
“Gegè devi dormire!!” Si disse per l’ennesima volta girandosi nel letto che a forza del suo inquieto muoversi prima da un lato poi dall’altro era uno sfacelo con coperte e lenzuola ormai per conto loro. Il fatto era che aveva litigato con Mimì e quando questo accadeva, gli veniva una raggia (rabbia) che per un giorno aveva nu scattu di nebbi che avrebbe preso il mondo e lo avrebbe buttato all’aria. Con la mente ritornò all’inizio della tragedia, quando erano entrati nella rosticceria del loro amico Geraldo. Una volta arrivati la moglie di Geraldo non era alla cassa per accompagnarli al tavolo come amichevolmente faceva di solito. Seduta alla cassa c’era la suocera di Aldo, una signora ancora con l’aria giovanile, con un enorme decolté dove un delfino tatuato nel seno sinistro saltava in una minna enorme che, con la gemella, si allargavano abbronzate, profumate e vogliose per la gioia degli occhi dei clienti del locale. La signora, con la sua chioma ossigenata, era tutta cunsata (vestita elegante), con un vestito turchese ed era avvolta in una nube di Paciulli tanto forte che stordiva.  Per completare il quadro aveva gli occhi pittati (colorati) con un ombretto dello stesso colore turchese del vestito, cosa che a Gegè ricordò subito il trucco delle donnine nude che da sole o a coppie si offrivano sulle copertine dei film porno danesi degli anni settanta. La signora si alzò e li accompagnò al tavolo ancheggiando con il culo enorme quanto il seno e ormai informe ma proprio per questo volgarmente provocante. Mostrava inoltre, a causa della gonna che arrivava a metà coscia, due gambe scolpite dalla cellulite ma messe in bella evidenza senza vergogna alla “mangiami-mangiami” Gegè  era entrato immediatamente Nella modalità “Studdutu di sticchiu”, nel senso che si era dimenticato dove era e con chi era e seguiva quel culo come il gregge segue il culo del pastore. Arrivati al tavolo si era perso nel seguire il delfino tatuato saltargli davanti mentre la signora allisciava la tovaglia per liberarla da pieghe invisibili facendogli dondolare sotto gli occhi quel seno floscio ma abbondante, disponibile e voglioso. Infine seguì con interesse l’ammasso di gelatina del sedere allontanarsi mentre ballonzolava ad ogni passo degli zamponi depilati della signora. Tutto questo Gegè osservava senza accorgersi di come Mimi lo stesse a sua volta pietosamente guardando stupita e delusa, e, cosa peggiore, incazzatissima. Gegè si voltò nel letto perché a questo punto viene la parte peggiore della serata: arriva il cameriere! Un essere strano e lungo-lungo, che tutto gentile incominciò a chiedere a Mimì cosa volesse mangiare e lei ripeté quello che da sempre aveva preso da Geraldo: un arancino, duecento grammi di focaccia tradizionale, duecento di Norma e duecento con le patate e per finire uno sfincione di riso ricoperto di zucchero. Insomma, il minimo per sopravvivere e di ben inferiore a quello che Gegè avrebbe ordinato. Ora, quell’anima longa del cameriere incominciò a dire che la focaccia con le patate non c’era! Doveva scegliere tra quella alle cipolle o quella con i funghi. I due incominciarono a discutere su quale fosse la più buona. Ogni tanto il cameriere guardava Gegè di sfuggita, forse solo per tenerlo buono, gli faceva un sorrisino da pigghiata pu cucu (presa in giro) e tornava a parlare fitto fitto con Mimì. Poiché negli altri vediamo sempre i nostri difetti, Gegè incominciò a pensare che il cameriere dava corda a parlare a Mimì per poter vedere dall’alto la sua scollatura che era cosa che faceva resuscitare i morti. Al pensiero degli occhi lascivi di lui sulla morbida e soffice pelle di Mimì, il sangue gli incominciò a pulsare nelle tempie. Per cui incominciò a guadarlo di traverso, come pure guardava la moglie mezzo incazzato per il suo smuffuniari cu da cosa longa e ‘nutili. Si incazzò ancora di più quando il cameriere se ne andò e lei lo osservò andar via guardandogli il culo. “Chi ti vaddi?” chiese con uno scatto di nervi. Lei lo guardò stupita e seccata rispose “Picchì? Jo non pozzu vaddari?” Gegè capì dal tono e da come lei aveva pronunciato “Jo” che stava per cadere in un precipizio e, malgrado ne avesse coscienza, sentandosi nel giusto come tutti i ladri che hanno appena rubato, ci si buttò senza esitare. “Ma comi? Se sei cu mia ti metti a vaddari l’autri?” “Ma tu lo sai chi è quello?” “Chi minni futti cu jè e cu nun è: se ci sono io, a me devi guardare” “Ma se tu hai lasciato una scia di bava dietro il culo della suocera di Aldo ora mi vieni a fare la predica” “Non cambiare discorso…” “E poi quello lo sai chi è ? - Gegè stava per rispondere ma ormai Mimì era scatenata - Quello è Tonino u Sciantusu, u zitu di Cammelu “gnagnà”” La visione di Cammelu detto Gnagnà per evidenziare le sue movenze molli e la sua parlata strascicata e femminina (che accentuava quando a Carnevale si vestiva da damina veneziana del ‘600), gli apparve di fronte con effetti devastanti “Il fidanzato di Cammelu…?” “Si u zitu u zitu! Jo non m’aviria a preoccupari picchi a vecchia ci vaddi u culu e non ti accorgi che u Sciantusu buttava l’occhio tra le tue gambe a prendere le misure: non hai visto come si nagava (ancheggiava) per richiamare la tua attenzione? “ “A me attenzione? Ma chi minni futti ammia du Sciantusu” “E da soggira di Aldo tinni futti o no?” “Ma figurati si pensu a da vecchia….” “Eh si intantu i minni ci vaddavi a di sacchi i  bettula vacanti chi ti pinnuliavanu davanti (sacche  flosce, di bettola che ti pendevano davanti)” E per sottolineare il concetto fece dondolare mollemente davanti a lui la mano chiusa punta “Ma chi dici….” Ma ormai l’ira di Mimì era un crescendo inarrestabile di critiche e lamentele. Alla fine , mangiato l’arancino, lui chiese di mettere tutto in una scatola portavivande e di andarsene a casa a finire il pranzo. Fu peggio. Se da Geraldo lei si lamentava di lui sottovoce, in macchina gridava e a casa urlava. Alla fine disgustata, dopo aver sbattuto tutte le porte di casa, Mimì se ne andò a letto dove, dopo qualche ora, con la speranza che lei dormisse, andò anche lui, senza però riuscire a prendere sonno. Raccontato il triste antefatto torniamo in tempo reale con Gegè che si gira e rigira nel letto passando dal sonno alla veglia con randomica continuità. Stava sognando che era su una spiaggia colore della pelle delle minne monchie (molli) della vecchia suocera, con le onde del mare colore del vestito da vecchia jarrusa (buttana). Le onde andavano e venivano con lui che pancia all’aria cercava di sciogliere il proprio io nel mare e finalmente dormire. Invece si svegliò nuovamente. Mimì girandosi nel letto nervosamente lo aveva richiamato alla realtà. Si girò verso di lei per addormentarsi e nel buio vide che era sveglia e che lo guardava con due occhi che sembravano due stelle gemelle nella notte. Gegè penso che l’amore è solo una minchia di parola che ti rovina la vita, ma lei ci credeva, e questa sua fede, rendeva questa parola reale, vera! Lui non poteva passarci sopra e lasciare che la sua ciolla si godesse Mimì mentre gli donava il bene più grande che sentiva, per poi pensare di fottersi la prima vecchia monchia che incontrava. In amore bisogna pensare per due, trovare un punto di equilibrio e viverlo insieme. Se uno pensa solo per se, l’amore diventa una prigione da cui si vuole solo scappare. Lei lo amava forse di più di quanto lui l’amava, la prova era nel suo non riuscire a dormire, sconvolta come lui dal litigio avuto, mentre lui voleva solo dormire  per dimenticare tutto e nascondere il problema. Non poteva far finta che non era successo niente e lasciarle sprecare il suo amore. Quell’amore apparteneva anche a lui e lui doveva santificarlo come se fosse il bene più prezioso che, chi lo amava, gli affidava. Un figlio invisibile di cui lui doveva prendersi cura. Tutto questo pensò stupendosi lui stesso della lucidità e profondità che aveva avuto. Capì anche che in fondo erano questi pensieri  (che la parte più profonda del suo io distillava dentro di lui) che non lo facevano dormire frustandolo con sensi di colpa e impietose considerazioni di se stesso. Si avvicinò e mise le sue gambe tra quelle di lei che subito vi si attorcigliarono intrappolandole. Avvicinò lentamente le sue labbra a quelle di lei e la baciò “Scusami – sussurrò con un filo di voce – mi sono comportato da scemo” E la baciò ancora Sentì le sue labbra cedere mollemente come la prima volta che l’aveva baciata “Si cretinu – fece lei impietosamente - chi vaddi i vecchi e laidi quannu ci sugnu jo…..?” “È chi nui masculi ragiunamu ca minchia….” Sentì la mano di lei scendere lungo il suo corpo ed afferrare il sopradetto centro del ragionamento dei maschi “Jo ta tagghiu sta cosa sa mustri (se la mostri) a n’otra” “Farivi nu tortu sulu a tia stissa” Rispose lui pronto e prima che lei potesse rispondere le mise tutta la lingua in bocca, a sfidare la sua perché lei a stringere u micciu (lo stoppino) l’aveva fatto crescere a dismisura “Faresti solo un torto a te stessa – ripetè sorridendo -  u sai chi jè sulu toi.” Mimì sorrise e nel buio il suo sorriso apparve a Gegè la luce di una stella cadente “Videmu” e prese tra sue labbra il labbro superiore di lui succhiandolo e mordendolo e mentre lui apriva la bocca per rispondere al suo attacco, la lingua di lei ne approfittò per entrare e scendergli fino quasi in gola. Lui lasciò fare mentre la sua mano scivolava sul seno si lei e lentamente scendeva verso il cespuglio che lei aveva tra le gambe ad abbellire u pacchiu. Ma non arrivò fino a li in fondo, si mise a stringere e tirare forte i peletti , come a sfidarla. Lei accettò la sfida e mentre la sua mano destra stringeva il micciu di lui e con il pollice ne sfregava la punta per farlo crescere da XL a XXXL, con la mano manca, la mano del diavolo o del cuore, gli stringeva e rilasciava le sfericità terminali, quasi a gonfiare l’asta di cui l’altra mano violentava la parte più sensibile della punta. Il risultato fu che  lui senti defluire verso quel pezzo di carne periferico, tutto il sangue del suo corpo. Lei rimase soddisfatta e forse ingolosita dalle dimensioni e dalla durezza, o forse voleva sottolinearne la sua proprietà assoluta e quindi ne prese possesso rovesciando lui sulla schiena e salendogli sopra e facendo scomparire l’obelisco dentro il suo ventre. Incominciò a muovendosi avanti ed indietro, come una valchiria sulla sua cavalcatura celeste, schiacciando il corpo di Gegè contro il materasso con le braccia tese  appoggiate al suo petto, mentre le minne le dondolavano seguendo il suo divorare e rilasciare e nel far così, sbattevano contro la sua camicia da notte, gonfiandola e sgonfiandola nella penombra della stanza. Lui afferrò le minnone e le strinse come se fossero palloncini di plastica da far scoppiare. Mimì aumentò il ritmo alzando la testa e chiudendo gli occhi come se dentro di lei stesse crescendo qualcosa che non voleva fermare. Lui lascio la minna e fece scendere lentamente la sua mano destra sulla schiena di lei sfiorandola appena e facendole venire la pelle d’oca. Ora, tanto per non limitare il racconto ad una minimale storia pseudo erotica, devo dirti che Gegè amava immensamente la schiena di Mimì.  Di nascosto l’aveva fotografata con il telefonino dopo che lei si era fatta la doccia e si stava asciugando i capelli. Al lavoro osservava sempre quella foto con la schiena tutta nuda e le mani di Mimì tra i suoi capelli a farla risaltare nella sua sinuosa seduzione. Ogni giorno ne studiava ogni dettaglio, ingrandendola per poterne vedere ogni neo, ogni più piccola parte che sognava di poter baciare, accarezzare e leccare. I primi tempi che osservava il telefonino si era sentito un maniaco e preso da uno stupido sussulto di perbenismo, pensò di cancellare la foto, ma non vi riuscì. Quella era la sua Mimì, quella che viveva dentro i suoi desideri, non poteva vergognarsi di lei, di come le veniva la pelle d’oca quando la sfiorava scivolando con le dita dalla spalla fino a dove la schiena da piatta diventava tonda. Gegè pensò a lungo a questo suo pensiero dominante in cui la schiena di Mimì era la sua porta del piacere. Si disse infine che ormai, quando facevano l’amore, erano come due ballerini di tango che sanno a memoria i gesti e le mosse l’uno dell’altra. Così lui sapeva come portarla avanti ed indietro nella loro danza sensuale e lei lo seguiva lasciando fare, sapendo dove lui voleva arrivare e pretendendo che lui capisse cosa lei volesse senza doverglielo dire. Lo scopo della loro danza non era il godimento finale, intenso e provvisorio, ma il viversi continuamente e per sempre. I loro corpi erano solo un mezzo per poter vivere e dare sfogo a quello che dentro di loro sentivano. Come amanti, esistevano grazie all’abbraccio dei loro corpi a prova di quello delle loro anime. Era questo quello che la foto gli aveva fatto capire e per questo conservava nel telefonino la sinuosa e pallida schiena di Mimì, perché quella era l’essenza  ed il motivo di baci delicati di morsi e leccate che ognuno di loro due apprezzava dentro di se nel suo modo, ma insieme all’altro. Nel desiderare e immaginare, lui capiva e sentiva il suo amore per lei e in questo non c’era nulla di sbagliato perché alla fine tutto quello che facevano, senza limiti e per come desideravano e sognavano, non era altro che il modo di concretizzare e vivere il loro amore. Per questo la mano destra di Ģegè incominciò a scendere fino al tondo sedere e provando il piacere di immaginare di farlo con la sua lingua, come già aveva fatto e come presto avrebbe rifatto, perché Mimì sapeva rendere reali tutte le fantasie che gli nascevano dentro. Questo per lui era amarsi: godere l’uno dell’altro. Arrivato in fondo, alzò la mano e diede uno schiaffone rumoroso a quella golosa sofficità dicendole, quello che sentiva dire in simile circostanze nei tanti film porno che aveva visto e da cui aveva imparato quell’alfabeto del sesso che Mimì aveva trasformato in poesia. Così con enfasi le disse “Moviti Troia” Era il suo sogno mutuato da altre perversioni, ma non era quel tipo di gratificante degradazione che Mimì poteva condividere in quel momento, visto che lui la stava paragonando alla vecchia sucaminchie della suocera di Aldo. Mimì sembrò svegliarsi dalla salita verso l’estasi che aveva intrapreso e Gegè vide le sue minnone scendere minacciose verso di lui e la piccola mano di Mimì afferrargli i capeli e, stringendoli, piegare la sua testa a novanta gradi, quasi a staccargliela. In quella posizione scomoda vide brillare gli occhi tondi della sua caramellosa Dea-bambina e la sua piccola dolce bocca aprirsi per sillabare con veemenza “Strunzu!” Gli occhi di fuoco di Mimì lo incenerirono e poi le labbra di lei prossime a quelle di lui, lo baciarono o forse lo morsero perché nel viscidume delle lingue che lottavano per dare od avere ancor più piacere, lui sentì anche sapore di sangue. Il bacio di Mimì fu come buttare benzina su un pagliaio che già bruciava, tanto che lui incominciò a stringerla schiacciandola su quell’enorme vulcano di fuoco che lei stessa, per la sua volontà e piacere aveva creato e che ora lui le donava senza alcun risparmio. Mimì staccò le sue labbra da quelle di lui ed i suoi immensi occhi tornarono a guardarlo quasi a vederlo per la prima volta mentre la bocca restava aperta a mostrare il piacere per l’intensità con cui il suo corpo era unito a quello di lui e di come quello di lui la stesse intensamente e profondamente esplorando “Si strunzu …..” Ripetè in un sospiro addolcito dal mieloso fuoco che la divorava e tornò a baciarlo, delicatamente, pudicamente quasi fosse un bambino a cui bisognava perdonare una monelleria. Lui ne approfittò e intreccio le sue mani dietro i fianchi di lei spingendola ritmicamente avanti e indietro  contro la sua boscaglia di peli, con il suo ciollone-batacchio che suonava a festa nella campana di lei. Mimì si eresse su di lui illuminata nel buio della stanza, dalle righe di luce dei lampioni che filtravano dalle persiane. Lanciò un grido silenzioso per far uscite i raggi del sole che stava splendendo dentro di lei. Gegè la trovo bellissima e con la mano entrò tra le loro due pelurie anch’esse mischiate, bagnate e aggrovigliate, andando a cercate l’inizio delle sue labbra e il punto dove incominciava il suo  piacere. Raggiuntolo, incominciò a giocarci accarezzandolo velocemente e poi agganciandolo con un dito, lo tirò quasi a strapparglielo. Mimì si curvò su di lui con la bocca spalancata a far uscire il troppo piacere che era esploso dentro di lei. Alla fine cadde su Gegè travolta dall’intensità di quanto provava, con il respiro e il cuore che correvano per dare aria all’anima travolta del Big Ben di luce che aveva creato dentro di lei un universo di beatitudine. Gegè la strinse a se, quasi provando nel vibrare delle sue cosce, nel fuoco che era avvampato tra di esse e nel loro liquido scomporsi, lo stesso suo piacere. La danza che li aveva uniti e portati in una dimensione fatta solo dei loro corpi e delle sensazioni che provavano era improvvisamente finita. La realtà era tornata nelle righe di luce sul soffitto, nel suono di una sirena che si allontanava, nello scroscio d’acqua di qualche bagno nel condomino. Lei aprì gli occhi dopo  non si sa quanto tempo e guardandolo gli disse “Vieni” Volendolo su di se per donargli quanto lei aveva già provato “No si stanca …. Domani” Disse Gegè sentendo il suo respiro affannoso e vedendola stravolta dalla fatica e dal piacere. Lei si accuccio tra le sue braccia e lui tirò la coperta a coprirli fino alle orecchie. Bastò meno di un minuto perché Mimì sembrò addormentarsi mentre Gegè restò ad osservarla stupito di quello che avevano fatto non per la solita abitudine e senza averlo programmato, quasi per semplice istinto, per riconfermarsi che quanto era successo non aveva nessuna importanza. Poi lentamente scivolò finalmente sulla soglia del sonno e stava felicemente attraversandola quando Mimì con gli occhi chiusi disse qualcosa in un sospiro, “Ti lassai a fucaccia ca cipudda. Dumani mancittilla (mangiatela)” Allora Gegè al pensare che domani alzandosi avrebbe fatto colazione con la focaccia calda con le cipolle dolci, fu intensamente felice che Mimì esistesse e che l’amasse quanto lui non riusciva neanche a immaginare. La strinse forte e abbracciato a lei scivolò lentamente nel desiderato sonno pensando che questo per lui era l’amore: sacrificarsi per chi si ama.
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