Super Mario Maker 2: il metodo marcolago™
Il secondo episodio dello strumento che Nintendo ha messo nelle mani del popolo per permettere di creare e condividere in libertà un numero SPROPORZIONATO di livelli di Super Mario mi ha trovato più attivo rispetto a quanto successe con l’originale.
Sebbene all’epoca del primo non fossi digiuno del creare videogiochi, non avevo mai realizzato nessun livello che fosse definibile decente.
Penso, a ragionarci oggi, più per una questione legata al fatto che facevo livelli per me stesso e non avevo persone con le quali condividere direttamente. Mettere le mie creazioni nel mucchio dei milioni di cose fatte da altri non aveva tutto questo fascino e da qui il poco impegno e gli scarsi risultati.
Ancora una volta avere degli amici con i quali giocare, anche se non nella stessa stanza, è un toccasana che alimenta la creatività e la voglia di fare.
A dimostrazione di ciò, in questo episodio, sono a quota venti livelli pubblicati dei quali nessuno fa schifo e che hanno, per quelli che possono essere i numeri di un perfetto sconosciuto, un apprezzamento decente.
Mi sono detto allora — complice anche il fatto che dopo aver incontrato di persona un “amico in edizione fisica” mi sia un po’ ripresa la voglia di buttare giù dei pensieri solitamente espressi a voce anche se non c’è nessuno ad ascoltarmi — che avrei potuto scrivere “qualche” riga sull’argomento.
Vado quindi a raccontare il mio metodo di creazione dei livelli, cosa mi spinge a crearli e come, che non è chissà quanto diverso da quello di chiunque altro, o dai più canonici che può raccontare Nintendo stessa o un qualunque level designer più o meno “pro”, ma è il mio e ne parlo sia perché negli anni ho imparato che c’è sempre qualcuno che non sa le cose, anche le più ovvie per chi pensa di saperne, sia anche solo perché posso.
Poi metti che qualcuno trovi davvero utile qualche consiglio o gli prenda un’ispirazione pazzesca. Ben felice.
Passo ai ringraziamenti già da ora, metti che non si arrivi alla fine!
Da qualche parte bisogna iniziare
Si inizia dalle solite cose, che vado a elencare brevemente per poi spenderci un po’ di parole sopra — alternando anche codici e immagini dei miei livelli in una vera spinta di autocelebrazione — passando quindi per dei processi mentali tutti miei, e così via, tutto mischiato insieme.
Mettiamone un po’ sotto forma di domande.
Che tipo di livello voglio costruire?
Quale meccanica base o oggetto voglio usare?
Cosa voglio insegnare al (o cosa voglio che impari a fare il) giocatore?
Quale idea posso rubare ad altri?
Quale problema visto in altri livelli voglio risolvere?
Quale storia voglio raccontare?
Come voglio che inizi o finisca il livello?
Quale estetica voglio rappresentare?
In mezzo a queste poche domande che costituiscono il punto di partenza ci sono cose come “i livelli si costruiscono da soli” o “ci sarà sempre qualche imprevisto da risolvere” o ancora “è troppo facile/difficile/lungo/corto, non va bene”; vedremo queste cose annegate nel resto.
Andiamo a dare qualche risposta parlandone in modo pratico.
1. Che tipo di livello voglio costruire
Puro platform, puzzle, dichiaratamente speedrun o un mix di questi. O ancora: musicale, automatico, kaizo o troll (per citarne anche alcuni che non sono solito fare).
Partire da una chiara idea di cosa voglio ottenere mi aiuta a restare all’interno di un perimetro fuori dal quale rischio di mettere online una “mischietta” che alla fine non sa veramente di nulla.
Questa regola è quella più malleabile, forse, perché di perimetri ce ne sono almeno due: quello del "va bene lo stesso purché abbia un perché”, e quello del “NO!”.
Il perimetro del va bene lo stesso purché… è un cerchio più stretto, all’interno del quale si possono trovare soluzioni di level design che pur non aderendo al modello originale ristretto non stonano con il tutto o hanno un secondo fine ragionevole.
Parto con il primo esempio: The Run of the Two Worlds (ID: JLF-2YV-BHF).
Per fare questo livello sono partito con una chiara idea in testa: «Voglio creare un livello speedrun per divertirmi a farlo, divertirmi a giocarlo e far divertire la gente che ci gioca per fare il miglior tempo!».
Durante la costruzione la mia priorità è stata creare un percorso veloce che fosse più o meno mimetizzato tra piattaforme che suggerissero dei passaggi diretti e facili verso il traguardo.
Non ho mai pensato di fare un livello da 20 secondi, forse avrei potuto pensare di farlo intorno ai 30, ma in realtà ho lasciato che venisse lungo quanto “fosse giusto”.
E qui vado ad aprire un paio di parentesi.
Un livello si costruisce in parte da solo
Una sfida è tale quando impegna, ma non stanca. Quando è superabile, ma non si risolve da sola.
Utopisticamente parlando un livello dovrebbe poter essere interessante per qualunque giocatore, dal più navigato esperto alla schiappa totale.
Utopisticamente, appunto. Ma non è così.
Con questa verità nel cuore ho iniziato a riempire il livello di fronzoli tali per cui i salti più tosti da fare e le situazioni più pericolose avessero comunque una strada più o meno parallela percorribile con maggiori sicurezza e probabilità di farcela.
E viceversa, ovvero passaggi troppo facili resi più interessanti da alternative più veloci ma palesemente più difficili.
In questo modo il livello originale si è ingrandito, la percorrenza si è allungata, ed è emersa la necessità di avere un checkpoint in più.
«Cosa ci fa un checkpoint in un livello speedrun?», vi starete chiedendo.
Eh! Bella domanda, vi rispondo io. Non potrei essere più d’accordo con questa affermazione, ma ci sono almeno due motivi per metterne uno o due.
Come detto sopra, tutti dovrebbero poter arrivare alla fine del livello;
per chi volesse allenarsi in un passaggio specifico avere un punto di partenza più vicino è una cosa molto comoda.
Tornando al punto.
Ho costruito un percorso veloce teorico e decorato il livello con altre piattaforme e ostacoli che potessero essere superabili senza troppa sbatta. Ho comunque fatto in modo che ci fosse un certo livello di sfida a tempo anche per i meno abili, facendo in modo che percorrendo l’ultima parte oltre un certo tempo limite il tubo di uscita dall’area secondaria fosse chiuso all’arrivo ma, grazie ad una pratica porta di reset, si potesse riprovare ancora, forti dell’esperienza accumulata.
Un livello va testato fino allo sfinimento
Messo in piedi il tutto è stata quindi la volta di provare a vedere se il livello fosse veramente veloce e, soprattutto, non avesse dei palesi passaggi rotti che permettessero di tagliarne delle parti e fare tempi assurdi.
Già, perché una delle cose più divertenti da fare, come giocatore, è rompere i livelli degli altri e farli in meno tempo di quanto previsto dall’autore. E io avrei tanto voluto che questo non succedesse con il mio.
Ho investito allora taaaaaaaanto tempo nel provare ogni, singolo, salto e ogni, singolo, passaggio possibile per fare il tempo, appuntando quali combinazioni potevano produrre il teorico tempo migliore, scoprendo che passaggi non previsti avrebbero potuto fare tagli troppo evidenti e correggendo il tutto assicurandomi (spero) che il percorso progettato fosse effettivamente il più rapido.
Storia breve: ho speso più tempo a provare il tutto che a creare effettivamente il livello.
Ultima nota, visto che l’autore non può rigiocare il proprio livello e stabilire dei tempi record, ho fatto il “giro di prova” del livello finché non mi è riuscito un tempo sufficientemente buono da settare l’asticella per tutti gli speedrunner che si sarebbero cimentati nella corsa.
Ad oggi il tempo resta imbattuto.
Il perimetro del NO! (non me ne ero dimenticato) è invece qualcosa che rovina completamente l’esperienza.
In questo caso l’errore sarebbe stato mettere una boss fight che avrebbe reso una parte di livello dipendente dalle dinamiche di scontri lunghi e spesso casuali, rovinando irrimediabilmente il concetto originale.
2. Quale meccanica base o oggetto voglio usare
Basta una sola cosa per costruire un livello interessante, la singola meccanica forte che permetta di attraversare il tutto.
Questo è effettivamente alla base della struttura a 4 tempi del level design iconico di Nintendo stessa, il kishōtenketsu per chi avesse già sentito il termine.
Non si è certo obbligati ad aderire rigidamente ai passaggi
introduzione o apprendimento,
sviluppo o evoluzione,
espansione o sfida,
conclusione o esame finale,
perché a mio personale avviso si finirebbe per avere, nei grandi numeri, livelli che sarebbero forse un po’ troppo prevedibili. Però ha senso partire da qui, almeno le prime volte o quando si vuole veramente e stressare la meccanica al fine, anche e soprattutto, di insegnare qualcosa al giocatore (ma di questo ne parleremo tra poco).
Due esempi di questo modo di creare sono: Wall Halen (ID: 78B-0CH-GVG) e Wall Halen 3D (ID: TT2-BKY-5NG).
Due livelli quasi identici, nati per obbligare i giocatori a familiarizzare, esplorare e imparare ad eseguire bene il salto a parete.
Sviluppati in due temi differenti, New Super Mario Bros. U (NSMBU) e Super Mario 3D World (3D World), gli unici che permettono questa particolare meccanica, hanno come scopo bonus anche l’analizzare e metabolizzare le piccole differenze tra gli stili. Sebbene la fisica del salto sia stata normalizzata in tutti gli stili, onde evitare di trovarsi a fidarsi di una pressione del tasto e finire male, basta poco, come il feedback visivo dell’attaccarsi al muro e scivolare presente in 3D World per rendere l’esperienza più fisica e piacevole, arrivando all’essere addirittura più facile e veloce da seguire.
In entrambi i livelli si devono affrontare sezioni verticali costruite secondo i principi del kishōtenketsu.
La prima colonna è per capire il tempo, non ci sono rischi reali (presentazione);
le colonne immediatamente successive evolvono il concetto aggiungendo dei rischi e iterando possibili soluzioni variando, ad esempio, la larghezza della colonna nella versione 3D (evoluzione);
immediatamente dopo, magari alternando i due concetti, si espandono ostacoli e si richiede al giocatore maggiori destrezza e improvvisazione nell’affrontare l’ostacolo (sfida);
si chiude con un passaggio finale che, anche se a volte è derivativo, espande e aggiunge per richiedere a chi sta controllando Mario di dimostrare di aver capito il tutto (esame finale).
Nello specifico, soprattutto nella versione 3D World che è quella che penso mi sia venuta meglio da un punto di vista creativo e di apprendimento per il giocatore, le sfide centrali sono proposte più volte di seguito riducendo di volta in volta la larghezza della colonna, arrivando ad uno spazio solo (possibile in modo sensato solo in questo tema grazie alla scivolata sul muro, giocare per credere), e aumentando il numero di ostacoli letali.
E tutto questo concentrandosi esclusivamente sul salto a parete.
Se invece pensate che con una sola meccanica si rischi di finire nel noioso e ripetitivo, beh, leggete il punto successivo.
Altri livelli che appartengono a questa categoria:
SPIN! (ID: LWS-BGV-JHF), dove tutto è incentrato sul salto spin per non finire male su twomp e piante piranha (dove un tale con il nome giapponese mi ha fatto un tempo che pensavo impossibile, bravo!);
Gold at the End of the Rainbow (ID: JL8-4GK-QDF), un livello costruito per volare con la cappa di Super Mario World, costringendo a scoprire e ad eseguire manovre particolari per fare il tempo record (poco apprezzato a dire il vero, sia perché non piace la cappa a quanto pare, sia perché non c’è un vero incentivo alla speedrun).
3. Cosa voglio insegnare al (o cosa voglio che impari a fare il) giocatore
Sebbene in SMM2 non siano presenti tutti gli oggetti e i meccanismi dei giochi regolari, per ovvie ragioni di semplificazione ridotti ad un insieme comunque molto consistente, è possibile creare un numero potenzialmente infinito di situazioni sia basandosi su meccaniche pure, sia su mix di due o più oggetti o comportamenti.
È il caso, ad esempio, di What’s Behind That Door (ID: MLG-F1H-7BG), un livello nato da un pensiero piuttosto semplice: «Come faccio a far capire al giocatore che in una porta si entra tenendo premuto SU e non premendolo per forza al momento esatto in cui ci si trova davanti?».
Avevo bisogno di mettere i giocatori davanti a delle sfide che li costringessero o ad un tempismo eccessivo, o ad un tempismo addirittura impossibile.
Ho iniziato quindi a esplorare i possibili modi di mettere il personaggio davanti ad una porta, sì, ma su un pavimento instabile, mobile, pericoloso.
Sicuramente ci saranno molte altre soluzioni rispetto alle sole che ho implementato io, ma ecco quali ho deciso di mettere nel livello.
Per superare la prima parte del livello, praticamente senza rischio di sconfitta se non per salti in faccia alle Nelle, si deve salire sul dorso di una Nella volante che esce da un tubo, imparando nel caso non lo si sapesse che standoci sopra questo nemico smette di volare in linea retta per prendere quota (informazione bonus, che non fa male). Qui l’idea è di saltare sulla Nella facendo in modo che il nostro peso la faccia scendere un po’ per arrivare a filo porta proprio quando ci si passa davanti. Qualche salto di troppo e si è troppo bassi, pochi salti o poco decisi e si è troppo alti. La verità sta nel mezzo. Si preme SU davanti alla porta e si entra.
Immediatamente dopo un altro momento piuttosto facile, addirittura più immediato per logica ma reso non banale dalla scivolosità del ghiaccio. Si deve saltare su delle stalattiti (sì, sopra, non starci sotto) sospese nel vuoto, arrivare all’ultima, quella sopra la porta e lasciare che caschi. È qui che si dovrebbe imparare effettivamente che basta tenere premuto SU per entrare e non è necessario premere ESATTAMENTE quando si è a livello porta.
Se non lo si impara si deve rifare la parte, risalendo e riprovando, ma prestando attenzione a come si risale perché chi avesse troppa fretta potrebbe trovare un’appuntita e sgradita sorpresa.
Il terzo momento avrebbe dovuto essere quello con le spine ma, visto che qui fare una brutta fine era abbastanza probabile, mi sono trovato costretto a piazzare un checkpoint. E nuovamente ho dovuto allungare un po’ il livello perché un checkpoint l’avevo già messo in quest’area prima della prova finale (sì, level design non lineare, ne parlerò più avanti).
Il terzo momento allora è diventato una normale caccia alle monete rosa, solo 3, ma messe in una stanza resa buia dall’effetto notte della casa dei fantasmi, illuminata solo da sporadici boo e qualche fiammella. Per entrare nella porta serve la chiave e un minimo di tempismo per entrare nella ruota di boo quando si apre il varco.
Qui, facendo di necessità virtù, sono anche riuscito a creare un interessante passaggio che ha giustificato la copertina del livello come parte dello stesso. Dettagli belli.
Il quarto momento, quindi, è quello con le spine, nato all’inizio come una sequenza di salti tra blocchi nota e spuntoni dove si doveva entrare nella porta durante i rimbalzi.
La meccanica però qui era più incentrata sul saltare che non nell’entrare nella porta, perché il blocco nota a differenza del trampolino considera il personaggio appoggiato su un piano per qualche frame.
Troppo facile, andava cambiato.
Ho quindi messo un trampolino al posto del blocco nota, rendendo impossibile entrare nella porta, e costruito un mini puzzle che ha il bonus extra di insegnare che sugli interruttori P si può salire per qualche frame senza attivarli, permettendo così non solo di non fare una brutta fine sulle spine, ma anche di entrare nella penultima porta.
Ultima porta, ultima sfida.
In pieno stile “esame finale” ho voluto creare qualcosa che fosse più articolato e che portasse all’ultimo modo (non assoluto, parlo del livello) di fare un ingresso trionfante.
Una bella piattaforma instabile, di quelle blu che cadono appena le tocchi, e via.
Però se la piattaforma fosse sparita nel vuoto senza che si fosse riusciti ad entrare sarebbe stato un problema, perché si sarebbe costretti a tornare indietro per resettare, ma una cosa che non ho ancora detto è che non è possibile il reset di una sfida attraversando la porta di ingresso, perché questo avrebbe voluto dire anche affrontare nuovamente la sfida precedente.
Da qui la necessità di costruire un percorso su rotaia che portasse nuovamente la piattaforma in alto, ma così la piattaforma avrebbe avuto una velocità ridotta e sarebbe stato tutto più facile. Uff!
Soluzione: un bel po’ di seghe circolari che non fanno mai male (figura retorica di qualche tipo), un breve tratto a caduta libera e la porta abbastanza fuori portata da rischiare di far cadere i giocatori più irruenti.
Piccolo loop in caso si debba rifare il pezzo e via.
Una volta presa la porta si atterra dritti sulla bandiera del traguardo in un tripudio di miccette e fuochi d’artificio.
Immaginando che sia stato superato anche da chi non sapeva, ad inizio livello, queste sfumature di ingresso nelle porte: missione compiuta!
Un altro livello nato dal desiderio di far imparare al giocatore che si possono fare delle particolari manovre con un altro oggetto è Vroom! Vroom! Skreeeak! (ID: 0WF-X5K-TLG), dove chiedo di controllare la nuova Koopa Car, aggiunta del tema 3D World, in modo completamente diverso rispetto agli altri livelli costruiti praticamente tutti come degli auto runner.
È un livello dove ogni sfida è pensata per essere affrontata più di freno che di acceleratore, costringendo il giocatore a stare spesso fermo in un posto con una macchina che ha la manetta bloccata al massimo.
Una cosa così, completamente diversa da quanto visto (da me almeno) fino a quel momento.
4. Quale idea posso rubare ad altri
Non è una cosa (così) cattiva, non fate subito quelli che si indignano.
Funziona così.
Prendiamo ad esempio quando revisioniamo insieme i livelli che fanno i miei figli: e vado a sistemare delle cose spiegando sempre il perché lo faccio, in modo didattico.
Ogni tanto capita che io faccia una modifica che a loro non piace e, nonostante il mio argomentare, non vogliono che gli modifichi quella parte.
Quando questo succede, se l’idea di base era veramente valida, allora mi approprio di quella particolare modifica e ci costruisco attorno qualcosa io.
Perdonato ora?
Anche in questo caso si parla di singole pillole di idee, una meccanica, un passaggio specifico, un perché. Si procede come abbiamo già visto più su, è un po’ solo un altro modo di partire a costruire qualcosa.
In effetti è proprio così che è andata con Wall Halen, ma si è poi evoluta nel doppio livello molto più articolato della versione originale del mio piccolo maker (del quale lascio qui l’ID autore, se qualcuno volesse provarne le opere: Cece™ PS7-PTJ-DCG).
Un altro livello che ho fatto partendo da un’idea vista fatta da altri, è The Short Way to Home (ID: J9B-KPW-14G).
Avevo visto, principalmente nei livelli di Wariuzzo (ID: X41-LQ0-QNG) — ottimo maker che fa capolavori sia per level design, meccaniche e sfide, sia per coreografie sempre più che perfette — un uso particolare dei paletti del categnaccio, ma senza categnaccio, come piattaforme leggermente instabili e di superficie ridotta.
Volevo capire come riusciva a usare quegli oggetti che non erano, naturalmente, disponibili nell’inventario, così studiando un po’ i suoi livelli ho capito che semplicemente faceva scoppiare i categnacci appena questi venivano caricati nel livello. Geniale, ma come usarlo per creare un livello che non sapesse per forza di già visto e già giocato?
Gironzolando un po’ con l’editor, dopo un po’ di prove inconcludenti e con una voglia di fare qualcosa di più veloce e reattivo rispetto ai livelli dove avevo visto questa cosa originariamente, ho optato per una corsa a perdifiato su una lago velenoso nel tentativo di tornare alla propria, amata, casetta (un po’ di storytelling aiuta a costruire l’ambientazione).
Tutto bene con la costruzione dei singoli ostacoli o, meglio, gruppi di ostacoli, fino a quando mi sono scontrato con dei problemi.
Ed è il momento di un piccolo stacchetto.
Problema che viene, soluzione che trovi
Sono successe queste cose.
Il caricamento dei nemici è legato all’avanzamento del giocatore e questo rendeva il ritmo delle piattaforme mobili su rotaia e delle esplosioni troppo aleatorio rendendo il livello un po’ troppo imprevedibile e lasciando qualche volta in vita un categnaccio che rovinava tutto.
Ho finito le bombe e non potevo più far esplodere categnacci!
Per ovviare a questi problemi ho dovuto rivedere il design del livello facendo rispettivamente due cose.
Per il primo problema ho dovuto chiudere il livello in sezioni separate da porte che, grazie allo scorrimento automatico, controllavano molto meglio il caricamento delle risorse che non hanno mai più dato problemi di aleatorietà e categnacci immortali.
Tuttavia il livello non era più uno speedrun puro a chi arriva prima ma si presenta con un minimo tecnico molto facile da raggiungere. La difficoltà, a parte i salti a rotta di collo sulle spine, è però diventata il non essere mai né troppo in ritardo né troppo in anticipo con il rischio di perdere il ritmo e non riuscire nei salti o, addirittura, arrivare a sbattere contro il bordo destro dello schermo e fare una brutta fine perché non si riesce ad affrontare il pezzo successivo.
Il secondo problema è stato invece affrontato nell’unico modo possibile, visto che fino a quel punto il livello era troppo corto e non volevo assolutamente usare un’area secondaria: presentando una terza sfida leggermente differente rispetto alle prime due, ma che ne condividesse degli elementi riconoscibili.
È qui che mi sono reso conto che la meccanica base iniziale, ovvero il salto sui paletti dei categnacci, era in realtà più un salto sulle spine che galleggiano sul veleno (usando i paletti di categnaccio) e si era evoluta poco dopo in salto spin sui gusci spinosi mentre evito le spine che galleggiano sul veleno.
Avevo a disposizione un sacco di sfumature diverse della stessa sfida di base, che fortunato!
E fu così che unii salti tra le spine a salti spin su oggetti in movimento con la fretta moderata dello scorrimento automatico.
Tutto sommato penso di esserne venuto fuori bene dai problemi.
Nota a margine: questo livello è stato anche “premiato” con una menzione di Nintendo Italia come un bel livello a tema Super Mario World.
Ne sono felice, ma mai quanto sapere che c’è chi lo considera “il miglior livello in circolazione” anche se si tratta di amici che potrebbero essere considerati di parte.
Nota curiosa: quello stesso amico, @arkady_18 su Twitter, è la persona che mi ha costretto a tenere un particolare salto del quale mi stavo lamentando in chat vocale (stimolante la sera mentre si crea nella solitudine di casa propria, proprio come ho detto all’inizio) perché pensavo che avrebbe più che altro fatto storcere il naso ai giocatori. Quel salto l’ho tenuto, il livello gli è piaciuto tanto, e io sono ben felice quando mi riesce bene perché è davvero tutto molto fluido, vedere per credere.
5. Quale problema visto in altri livelli voglio risolvere
Un giorno ho giocato ad un livello di SirZompi (ID: H1T-F8N-3FG), uno dei maker che anima il canale Discord dei Re-Polp Fiction, insieme a Lucacat (ID: D6G-SH0-HPG), forza toro (ID: QHG-FN2-C5G), parzival (ID: VC9-80T-W0H), e tanti altri ottimi soggetti, sia come persone, sia come costruttori di livelli. Non posso citarli tutti ma potete venirci a trovare, basta chiedere.
L’hype era grande perché nei due giorni prima della pubblicazione lui non faceva altro che vantarsi che era difficile, prima, e lamentarsi che non riusciva a superarlo, dopo!
Mi piacciono i livelli difficili, soprattutto quando sono onestamente e non pretestuosamente impegnativi.
Mi piacciono i salti precisi, gli input rapidi e scattanti, il trovare la strada corretta o la più veloce (quasi mai la stessa) e il flusso fluido dei livelli fatti bene.
SirZompi ha fatto un livello diviso in due metà. La prima con salti, ostacoli e nemici che devono essere affrontati con solerzia, tempismo e una bella dose di precisione, davvero molto bella; la seconda in caduta libera in un labirinto di spine con troppo poche indicazioni su dove andare per evitare gli ostacoli in accelerazione di gravità con un controllo tutto tranne che reattivo.
Era davvero una bella seconda metà con il solo difetto di mancare di buoni feedback.
Mi sono imposto, anche dopo una breve discussione sull’argomento con gli altri su Discord, di dimostrare che con altri feedback, più forti e visibili, sarebbe stato (più) facile superare il livello.
Quindi, un po’ rubando l’idea (già spiegato che non è una cosa malvagia), un po’ partendo da una meccanica base (la caduta libera), e un po’ volendo raccontare una storia o usare uno scenario narrativo particolare (lo vedremo a breve), ho messo in piedi un livello che si propone di simulare una corsa in pista alla massima velocità possibile, tematizzandolo come un “Mario Kart in Mario Maker”.
Il livello si chiama, senza troppa fantasia: Mario Kart Maker Championship (ID: 68X-KYG-DQF).
Ho diviso il livello in 3 sfide distinte, la 50cc, la 100cc e, ovviamente, la difficile 150cc.
La 50cc è finanche banale, ma costituisce il tutorial per capire come giocare il resto. Non è certamente così immediato, me ne rendo conto, ma anche con un minimo di istruzioni nella descrizione del livello c’è da considerare che chi dovesse affrontarlo nella modalità sfida infinita non vedrebbe nulla se non il titolo.
La 150cc doveva essere la 100cc all’inizio, ma era talmente tosta e tutta di filato che ho creato una via di mezzo con momenti di pausa tattici per permettere ai “malcapitati” di prendere fiato.
Ma il punto è: come ho risolto il problema?
Fin dall’inizio ho sostenuto che, se si fosse indicato più chiaramente e tempestivamente quale direzione sarebbe stata la prossima da prendere, il tutto avrebbe funzionato. Inoltre, visto che il controllo in aria è tutto fuorché reattivo, per me era importante che una volta presa una direzione si sarebbe dovuto tener premuto quel tasto fino al cambio successivo. Micro correzioni in volo erano da escludere, quantomeno come metodo canonico di risolvere il livello.
Mi era tutto chiaro, quindi forte della funzione “scia di Mario” dell’editor ho iniziato a saltare nel vuoto dall’alto e a costruire ogni rettilineo e curva basandomi sugli input.
Ho messo una scia di frecce ad indicare non tanto la direzione della successiva curva, quanto piuttosto quale direzione tenere sul controller, e ho indicato il momento esatto del cambio di direzione usando i blocchi blu tratteggiati (i blocchi ON/OFF spenti, per capirci).
In questo modo il feedback visivo era sufficientemente forte a mio avviso da permettere ai giocatori di riuscire nell’impresa dopo qualche tentativo, il minimo per metabolizzare la cosa.
Ah! Ovviamente i bordi della pista sono fatti di spine, toccarli vuol dire sconfitta visto che come spesso faccio non ci sono power-up utilizzabili nel livello per poter sopportare del danno (e poi il personaggio piccolo può passare in spazi più stretti).
Al feedback visivo ne ho aggiunto uno audio, nella forma (suono) di uno YEAH! che anticipa leggermente il momento della sterzata, perché l’essere umano reagisce più rapidamente ad uno stimolo visivo che uditivo. Ho provato il tutto giocando a occhi chiusi per un po’, e funzionava. Per me era a posto, anche se essendone l’autore partivo con un certo vantaggio.
Tutto il resto è stato costruire diritti e curve e ambientazione in modo che sapesse di Mario Kart.
Ad esempio, in un certo punto della 150cc si viene minacciati da un categnaccio, come in alcune piste reali.
Piccola nota sulla 100cc. Il motivo per cui il giocatore ad un certo punto sale su una piattaforma teschio-blu (non ricordo il nome esatto qui e ora) è che avevo bisogno di farlo risalire più in alto per recuperare spazio, avendo usato ogni singolo tassello di area secondaria in verticale per sviluppare le tre cilindrate.
Ho chiuso il tutto con un’area principale che è più che altro decorata in modo da apprezzarla nella schermata dei dettagli del livello e con un finale che fa arrivare il giocatore sul gradino più alto del podio, con un pubblico che “scoppia” per l’esaltazione. Fuochi d’artificio, tutti a casa.
L’unico vero problema che ho dovuto affrontare è che ad un certo punto ho finito le frecce disponibili e ho dovuto metterne solo quattro dopo ogni curva. Ammesso che si impari che un input va tenuto fino al successivo, il problema non sussiste.
Potrebbe essere interessante sapere perché ho scelto il tema di Super Mario Bros. 3 (SMB3) e perché quella particolare ambientazione.
Facile. È l’unica combinazione che mi ha permesso di avere delle caratteristiche utili per la leggibilità di quello che succede a schermo.
Lo sfondo dello scenario è completamente nero, nemmeno una decorazione che potesse distrarre dall’azione. Anche il tema di Super Mario Bros. ne ha, ma quello che invece non ha è il cambio di direzione in cui guarda Mario mentre cade. In SMB3 invece, quando Mario è in volo e ci si gira dall’altra parte il personaggio si orienta in accordo con l’input. Fondamentale per analizzare il proprio gioco e capire se si sta facendo tutto nel modo corretto.
Per chi pensasse impossibile affrontare il livello e preferisse un approccio più da “Peeping Robin”, ho preparato un video di gameplay con solo le parti importanti e gli input corretti in sovrapposizione.
Il livello che ne è venuto fuori è una sfida che sta mettendo a dura prova i giocatori, ma è anche incredibilmente il mio livello di maggior successo (capirai!).
A parte il concludere che la gente non sa quello che vuole giocare nemmeno in Mario Maker, chi troppo facile, chi troppo difficile, chi boh!, mi è stato lanciato il guanto di sfida del fare la 150cc speculare.
Ovviamente ho accettato la sfida, e ovviamente ho rilanciato buttandoci dentro anche la 200cc, tra l’ingiocabile e il caciarone, proprio come nel Mario Kart vero.
Superato ad oggi da un solo essere umano, ecco a voi Mario Kart Maker Championship Deluxe (ID: BV0-R3M-TYF).
Se avete piacere…
6. Quale storia voglio raccontare
«È un gioco platform! Si salta e si salva la principessa!», potrebbe dire qualcuno.
Ma non potrebbe avere più torto.
Per prima cosa perché in Super Mario Maker la storia della principessa non c’è.
E comunque ha rotto le scatole nel 2019.
E poi perché una sequenza di salti, a mio avviso, ha più senso e più obiettivo se affrontata con uno scopo o una storia di sottofondo, fosse anche solo l’allegro gironzolare per una foresta.
È così che sono nati un paio di livelli in particolare: Adventure in the Forest (ID: 8S9-GGG-7KG) e Starry Night Adventure (ID: Y86-MBS-CDF).
I livelli adventure sono quelli che io chiamo così perché è permesso gironzolare più o meno liberamente per la mappa, prendendo strade alternative progettate e affrontando le sfide nell’ordine che si preferisce, nei limiti del possibile.
In questo tipo di livelli concateno sfide basate più su un flusso avventuroso non lineare, proponendo momenti che, a sentimento mio, ben ci stanno se affrontati di fila, con sfide che vanno dal facile al più difficile non necessariamente in quest’ordine.
Non hanno un senso vero e proprio, come il gironzolare per perdersi e poi trovarsi al punto di arrivo in un bosco di notte, o vivere una città durante una notte stellata, tranquilla ma non per questo poco pericolosa.
Forse messaggi troppo criptici che non vengono sufficientemente fuori, ma chiari dentro di me e che ho preferito tenere di fondo ad un’esperienza incentrata sul platform.
Magari più criptico ancora ma molto divertente da progettare, realizzare e correggere tutte le volte che gli amici me lo hanno rotto provandolo, è stato The Pit of Fail (ID: 9DK-3CH-1QG).
Un livello creato con un’idea forte in testa, ovvero: tutto quello che il giocatore fa per raggiungere il traguardo deve fallire, per poi riuscire solo una volta toccato il fondo.
La grossa pretesa che avevo nel crearlo era di fare in modo che i giocatori fossero “frustrati” dal non riuscire mai a fare quell’ultimo salto che li avrebbe portati all’uscita, chiaramente tenendo la frustrazione entro limiti accettabili per non far partire il rage quit (fin troppo facile a giudicare dalle statistiche di completamento del gioco).
Sono partito allora dalla scelta del tema in quanto funzione e non estetica.
Avevo bisogno di avere controllo assoluto sulle possibilità di movimento, non volevo rischiare di trovarmi con persone capace di salti impossibili che avrebbero finito il livello fin dalla prima area.
L’unica scelta possibile è stata Super Mario Bros. per via dell’implementazione più pura e minimale dei concetti di corsa e salto. Niente spin, niente rimbalzi strani, niente possibilità di afferrare gli oggetti.
Partendo da questo, e potendo misurare con serenità ogni lunghezza grazie ancora una volta alla funzione scia non è stato difficile impostare le macro aree del livello. Più complesso connetterle insieme, facendo in modo che nessuna fosse saltabile se non dove appositamente progettato, e che tutte conducessero al punto più basso dell’area secondaria, dove sarebbe iniziata nuovamente la scalata, questa volta con successo.
Un po’ per volta, comunque, ne sono venuto fuori, ragionando sempre a compartimenti stagni, sotto area per sotto area, cosa che mi ha causato non pochi problemi dopo la pubblicazione.
Già, perché mentre ho speso parecchio tempo a progettare tutto quanto in modo che durante la discesa si fallisse ma durante la risalita fosse facile — anche a causa o per colpa delle azioni compiute poco prima — non ho testato a dovere dei casi che alla fine si sono rivelati non così limite come pensavo.
Insomma, nel giro di poche ore dalla pubblicazione, un paio di amici me lo hanno rotto per bene, registrando tempi ben al di sotto dei teorici 30 secondi minimo che avevo progettato come “soluzione alternativa” per il livello, possibilità anche in questo caso coerente con la narrazione.
La fortuna più grande, però, è che a romperlo sono stati proprio degli amici con cui ero in contatto e che mi hanno fornito immagini e video di come hanno fatto, così che io potessi correggere il tutto.
Certo, ad un certo punto mi sono dovuto prendere del tempo per tirare giù il livello e riprogettarne una parte in modo abbastanza drastico, ma ne è valsa la pena. Dopo questo confronto era molto migliore di prima.
Il livello è un continuo scendere, provare a risalire, fallire un salto, cadere apparentemente nel nulla per scoprire strade alternative, mancare una nuvola per pochi istanti, e poi farcela.
A mio avviso il messaggio passa. Spero sia così anche per i giocatori. Se qualcuno fosse d’accordo o in disaccordo me lo facesse pure sapere. Apprezzerò.
C’è poi un altro livello del quale voglio parlare, non mio, ma di uno dei miei figli.
Qui la storia da raccontare non è originale, ma è ispirata al gioco che più di tutti lo ha segnato nell’immaginario: Hollow Knight.
È così preso da quel gioco da aver speso davvero parecchio sia nel gioco stesso che sulla wiki per imparare quanto più possibile su storia e personaggi. Conosce alla perfezione tutto quanto e sa il nome del compositore della colonna sonora, cosa tutt’altro che scontata.
È così preso da quel gioco che ne ha ricreato — più simbolicamente che altro, ok — una delle aree: White Palace (ID: N3G-761-KXF).
Cosa c’entro io?
Come in tutti gli altri livelli ho fatto una revisione perché la regola di casa: non si pubblica niente se non è approvato da papà marcolago™.
Revisionando il livello, un blocco qui, una sega circolare là, mi ha fatto notare che aveva creato anche il Percorso del dolore, il passaggio puro action/platform più difficile di tutto il gioco. Solo che, pur opzionale, non era più difficile del tragitto standard, allora mi sono messo lì e ho aggiunto una discreta dose di perfidia, di salti al pixel e di mezzi salti con lunghezze e altezze fuori standard.
L'unico peccato è che non c'è modo di sapere chi l'ha intrapreso e chi l'ha superato. A parte, forse, un giocatore che ha commentato che gli sarebbe piaciuto un checkpoint nel livello. Solo che il checkpoint c'è, ma se si prende il Path of Pain si salta!
Se voleste provare qualche livello di Carraxiu, ecco il suo ID: STC-C5D-7NF.
7. Come voglio che inizi o finisca il livello
Spesso costruisco l’inizio e la fine del livello come prima cosa, con non pochi problemi dopo dovendo magari spostare, copiare e far quadrare le dimensioni del tutto. Questo è il principale motivo per cui, spesso, nei miei livelli c’è tanta roba all’inizio e alla fine ma quasi niente nel mezzo dell’area principale. Ops!
A volte invece è un esercizio che torna a toccare le corde della narrativa, o del gameplay puro, ma comunque resta un dialogo tra me (l’autore) e il giocatore.
In fondo ogni livello è un dialogo tra le due parti, più o meno esplicito, con messaggi più o meno forti, ma è così.
Un esempio di dialogo basato sul gameplay, e sull’essere un po’ trollone è il livello Tricky Twisty Clouds (ID: M2Y-RSP-JKF). Il mio secondo livello creato in Super Mario Maker 2 e un tentativo di fare tante cose tutte insieme (e forse per questo non riuscito esattamente al 100%).
In questo caso sono partito esattamente dal finale. Volevo che il giocatore, qualunque cosa avesse passato per arrivarci, si trovasse davanti al traguardo e ci si buttasse a capofitto, solo per scoprire che era una trappola letale. Avrebbe dovuto quindi giocarsi ancora un pezzetto di livello, non difficile, non complesso, ma comunque una cosa in più, inaspettata.
Avevo questo passaggio, ma cosa ci avrei messo nel mezzo? Saltini e corsette senza particolare carattere?
NO! Volevo qualcosa di memorabile, qualcosa di fattibile per tutti e che avesse un senso nel complesso del livello.
Quasi subito mi è presa l’idea di sviluppare un livello che andasse da destra verso sinistra e non nella solita direzione canonica. Non è stato facilissimo implementare alcune cose, anche perché nemici e meccaniche di gioco sono progettati per andare nell’altra direzione, ma dopo un po’ di giri una bozza di livello c’era.
A questo ho aggiunto il voler creare due percorsi, che ho definito Speedy Path e Greedy Path.
Nel primo l’obiettivo è fare il tutto più velocemente possibile tralasciando qualsiasi oggetto o distrazione, per questo i checkpoint sono messi in punti tali da far perdere tempo a chi li volesse attivare, ad esempio. Inoltre è un percorso fatto di salti più difficili e di assenza di potenziamenti.
Il secondo percorso invece presenta una sfida molto più bassa, se ne frega di quanto ci metti a percorrerlo, ma ti chiede di raccogliere 10 monete rosa (troppe, ma volevo provarne il limite) per sbloccare un’ulteriore area opzionale con ancora più denaro.
Oltre a queste due strade ce n’è una terza, il Trolly Path (licenza poetica) che è in realtà il percorso più veloce perché si basa sul rompere una parte di livello, ma che sarebbe stato tutto da scoprire prendendo un po’ in giro il giocatore cercando di confonderlo proprio con la struttura un po’ ribaltata e non convenzionale. Ovviamente avevo basato questa parte sulla convinzione che il giocatore medio parte e punta all’obiettivo guardando la strada che ha davanti, ma non avevo fatto i conti, ancora una volta (anche se è stata la prima, in effetti), con arkady18 che ha trovato la terza strada poco dopo la pubblicazione.
Beh, poco male, è stato bello finché è durato! E a chi avesse pensato all’errore, faccio notare che dopo aver meticolosamente piastrellato un pavimento di blocchi invisibili per impedire a chi non fosse riuscito a saltare sulle palle di cannone di riprovarci (tra l’altro un passaggio che ho dovuto semplificare molto per renderlo eseguibile da chiunque), costringendolo alla “tortura” di non uno, ma ben due labirinti a percorrenza lenta, non è che ho lasciato un singolo buco vuoto per caso. Eh!
8. Quale estetica voglio rappresentare
Fuori tutto, le meccaniche, gli obiettivi, le funzioni, la storia, a volte si può voler fare solo qualcosa di bello da un punto di vista estetico.
Non c’è niente di male in questo, ma se c’è del gameplay è meglio.
Partendo da questo, e da un’idea davvero semplice che mi è venuta compiendo un particolare gesto in modo naturale, è nato I Drew the Background (ID: PKP-KKG-1LG).
È un livello basato sull’estetica lineare e geometrica del primo Super Mario Bros. che è talmente “squadrato” nella sua esecuzione da proporre come fondale sempre le stesse due montagne che si ripetono e sempre le stesse nuvole, solo di tre dimensioni differenti.
Il livello si è ridotto ad un semplice piazzare dei blocchi disegnando sopra alle montagne e alle nuvole, trasformando così elementi dello sfondo in piattaforme in primo piano.
Ovviamente ci ho messo del gameplay, rendendo alcune montagne pericolose e altre no, e facendo in modo che passare sulle nuvole non fosse solo un modo per evitare i pericoli delle montagne di spine, ma fosse necessario per recuperare la chiave verso l’uscita.
Livello corto, senza alcun checkpoint, si risolve in fretta e spero piaccia più per l’idea di fondo che non per la sfida.
Una nota per chi volesse obiettare che non tutte le nuvole sono state disegnate.
Non è così, ma forse non potete saperlo. È vero che le nuvole dove è lecito salire sono state ridisegnate con il blocco nuvola (meta referenziale, oserei dire), ma tutte le altre dove non volevo che si andasse sono state coperte da dei blocchi invisibili. Così io ho intrinsecamente ragione e nessuno mi rompe il livello. Qualche blocco potete anche attivarlo, e se vi sbattete potete anche andare in alto. Ma non c’è nulla, ed è stata una vostra scelta.
Errori, o presunti tali
A giochi fatti, col senno di poi, sarei troppo buono con me stesso se pensassi che tutti i livelli fatti siano perfetti e non perfettibili.
Vorrei fare delle ammissioni spontanee ed evidenziare quelli che secondo me, e anche secondo altri che si sono presi l’apprezzato disturbo di farmelo sapere, sono dei difetti più o meno importanti e che terrò in debito conto per i prossimi livelli.
Speedrun troppo lungo
È ovviamente il caso di Run of the Two Worlds. Volevo fare una sfida per i più abili, capaci di restare concentrati e mettere tutta la loro tecnica in campo per superare una sequenza di salti precisi e rischiosi ma, evidentemente, 45 secondi di fatica sono troppi.
A guardare bene gli speedrun che vanno di più sono tra i 20 e i 30 secondi, progettati in un altro modo rispetto a quanto fatto da me.
Il livello mi piace, trovo che sia ben riuscito, ma mi dispiace che nessuno lo stia affrontando per battere il mio tempo di riferimento.
Parti di livello saltabili a piedi pari
L’ho fatto apposta, il permettere di saltare delle parti nei due “adventure”. Avevo i miei motivi.
Per Adventure in the Forest era il desiderio di fornire un percorso speedrun, per Starry Night Adventure era il permettere di saltare una parte a durata fissa per alcuni considerabile lenta.
Non è una cosa grave, e magari non è nemmeno una cosa criticata, però alla fine mi dispiace che le parti più interessanti dal punto di vista platform di questi livelli non vengano viste.
Troppo difficile no, troppo facile no, il giusto
Non ci sarà mai cosa più difficile di fare un livello difficile il giusto.
Non solo perché tanto non si metteranno mai d’accordo tutti, ma anche perché ogni autore ha il suo limite e dovendo superare il proprio livello per poterlo pubblicare si è portati a tarare tutto su di sé e sulle proprie abilità.
Nel caso dei due Mario Kart non c’è da dire molto, quelli nascono apposta per essere difficili senza riserve, anche se conoscendo come farli non sono così difficili.
Dal lato opposto c’è The Boss Strikes Back (ID: GYY-TJN-Y1G) che, nel desiderio di fare in modo che tutti potessero arrivare alla boss fight finale, ho reso praticamente una passeggiata elargendo power-up con manica troppo larga.
E, nonostante tutto, la percentuale di completamente è ben bassa.
Dopo aver raccolto qualche feedback non mi andava di togliere e ripubblicare il livello — è una cosa che mi sta davvero antipatica non poter fare delle correzioni in corsa — allora ho rifatto solo la boss fight, più difficile ma non impossibile, e l’ho pubblicata come un nuovo livello: The Boss Strikes Hard (ID: QCN-STP-4TF).
Per motivi che sfuggono la mia umana comprensione, qui la percentuale di completamente è decisamente più alta!
Ma allora il problema sono i salti? Qui ci sarebbe da scriverne un libro.
Ma è, diciamolo ancora una volta, difficile difficile difficile bilanciare un’esperienza per tutti, e io mi sto impegnando proprio per riuscire a fare dei livelli che siano onesti, sfidanti, superabili e belli da giocare.
Testare di più, testare non solo tu
Ho la fortuna di avere due figli che giocano e creano livelli per conto loro.
È una fortuna perché io faccio provare i miei livelli a loro e loro lo fanno con me.
Lato mio, però, spesso non prendevo in considerazione come loro giocano il livello perché, essendo piccoli, non si comportano come i giocatori più esperti.
In realtà sbagliavo perché sono bravi, più di tanti, ma soprattutto perché hanno un approccio al livello spesso inaspettato, e questo è oro in un gioco dove non è possibile creare una versione “beta” del livello da far provare a pochi fidati per raccogliere feedback e commenti.
È già da un po’ che ogni livello lo faccio provare sempre a loro prima di pubblicarlo e lo modifico di conseguenza, quindi rispetto all’inizio non è più un problema, ma andava detto.
Fate giocare i vostri livelli da quante più persone possibile prima di pubblicarlo, sia giocatori navigati, sia gente alle prime armi. Switch è portatile, tenetelo con voi in ufficio, a scuola, ovunque, e fate giocare la gente.
E se non avete giocatori solidi vicini, entrate in qualche gruppo di maker e condividete il livello prima con loro e non abbiate paura di tirarlo giù e ripubblicarlo rivisto e corretto.
Cose strane difficilmente inquadrabili
A volte mi viene un’idea talmente piccola ma esplosiva che devo farci un livello anche se viene di una sola stanza.
È successo ad esempio, mentre finalizzavo SPIN! che avessi creato un meccanismo di quelli che alternano i blocchi ON/OFF pasticciando un po’ troppo.
Contemporaneamente mi è presa l’idea di fare un livello ritmico, ma non musicale, ispirato più che altro a Crypt of the Necrodancer.
Da queste due cose, considerando che lo sviluppo orizzontale non era fattibile come avrei voluto, è nato il puro esperimento stilistico che è Seriously?!? (ID: NLH-XB6-JTG).
Un livello più fuori di testa che altro, dove è richiesta la sola precisione ritmica nella pressione di un singolo tasto per superarlo. Complice il fatto che non è possibile essere sconfitti è, ad oggi, il mio livello più superato in assoluto, con un abbondante 40% di successo!
In un altro modo, la stessa idea l’ho usata nell’extra di Vroom! Vroom! Skreeeak!, ma in questo caso più come “punizione”.
E poi c’è Messing Around (ID: C85-0LQ-X1G) che è esattamente quello che dice il nome, ovvero un livello nato pasticciando quasi a caso con l’editor, partendo dal concetto di livello che si risolve da solo ma rovinandolo proprio sulla bandierina.
Farlo è stato un pasticcio dietro l’altro, giocarlo lo è ancora di più, tanto che ho esplicitamente invitato la gente a romperlo apposta.
E indovinate un po’ chi è stato il primo a farlo?
Chi ha detto arkady18?!
Cose importanti che importano, forse, solo a me
Ma che aggiungono non poco ad un livello sia come narrazione, sia come memorabilità.
Trovate sempre un nome per il vostro livello
Non pubblicateli con nomi a caso, con progressivi o con caratteri strani.
Un nome adeguato, accattivante e che possa automaticamente dare un qualche indizio su cosa aspettarsi è già di per sé un bel biglietto da visita.
Può contenere un suggerimento su come affrontare il livello e, in certi casi, è anche bene che lo abbia. Certo, i caratteri sono pochi e la descrizione è più adatta a quello, ma se pensate che alcuni giocatori (i più, probabilmente) incontreranno il vostro livello nelle sfide infinite, sappiate che lì potranno leggere solo il titolo prima di giocare il livello, e dovrebbero andare a cercarsi la descrizione di proposito nel menu di pausa.
A volte la creazione di un livello parte proprio dal titolo. Io ne ho un in cantiere, ancora acerbo e per nulla sviluppato che è nato intorno ad un’idea di meccanica che si è trasformata prima in nome e poi in livello: Slippery When Night.
Scegliete con cura il punto del livello da mettere in anteprima
Nella schermata dei livelli, sempre per chi gioca dalla ricerca, è la prima cosa che si vede di come è fatto, il suo biglietto da visita.
Potete scegliere il passaggio migliore, quello più difficile o caratteristico.
Potete scegliere una parte che fa uno spoiler importante, che evita uno spoiler importante o che dia un suggerimento su come affrontarlo o un indizio su dove trovare un oggetto particolare.
Potete scegliere una parte che non c’entra niente con il livello creando una copertina ad hoc.
Se avete fatto un livello sulla sola area principale potete entrare comunque nella secondaria, anche senza tubo, e usare tutto lo spazio che volete per creare copertine e poi scegliere la migliore.
Oppure potete trovare uno spazio vuoto, grande quanto una schermata di gioco, e mettere lì la vostra piccola opera d’arte.
I miei consigli per una copertina sono i seguenti.
Concettuale: rappresentate il concept del livello, ad esempio qualcosa che comunichi mistero o sorpresa, come in What’s Behind That Door o Messing Around.
Testuale: scrivete quello che riuscite a farci stare, in qualche modo, così che possa completare o rinforzare il titolo, come in SPIN!, The Pit of Fail o The Boss Strikes Back.
Figurativa: un’illustrazione che rappresenti una parte del livello o il tutto, o un particolare dettaglio reso più grande e dettagliato, come in Adventure in the Forest o Starry Night Adventure.
Oppure, ancora, come nel livello The Abyss (ID: D89-Q3D-FRG) di Cece™, che visualizza un’illustrazione di un momento chiave del gioco originale dal quale ha preso ispirazione.
Decorate il vostro livello facendo attenzione ai particolari
Funzionali o meno i dettagli sono fondamentali. Possono fornire preziosi indizi su dove e quando fare un salto o su dove è presente un blocco nascosto con un 1UP (a questo proposito fate attenzione alla “vegetazione” in Wall halen). Oppure possono essere pura decorazione, comunque utile per aumentare il livello di credibilità, come un orologio a pendolo ben messo nella casa dei fantasmi.
Quanto tirate lunghe righe orizzontali di terreno, a caso, possono comparire blocchi con quattro decorazioni differenti. Una volta sullo schermo potrete copiarle a piacimento e fare in modo che tutto quanto sia esattamente dove lo volete voi.
Investite un po’ di tempo in questa attività, e nell’assemblare parti di livello una sopra l’altra — rotaie, spine, piattaforme fluttuanti possono essere tutte sovrapposte; sperimentate con vari pezzi per capire come usarli al meglio — e vedrete come l’aspetto cambierà da anonimo e raffazzonato ad una piccola opera d’arte perfettamente realizzata.
Occhio a cosa mettete nell’area principale
Se potete. Perché quello che è stato costruito lì sarà visibile nel dettaglio del livello, subito sotto all’anteprima.
Chiunque potrebbe quindi visualizzare quanto è lunga e cosa contiene, e con una buona approssimazione farsi un’idea dei pericoli e di come affrontarli.
Se avete fatto un livello puzzle potrebbero capire la soluzione osservando alcuni dei dettagli presenti in quell’immagine.
Ma anche quest’immagine è una tela che potete usare per rappresentare qualcosa che va dal semplicemente carino al funzionale. Andate ad esempio a curiosare nelle aree principali dei Mario Kart Maker Championship o di The Boss Strikes Hard per capire cosa intendo.
Conclusioni, finalmente
Ecco, questo è più o meno tutto quello che può essere interessante sapere sul come faccio i livelli io.
O quello che penso sia interessante. Ma tant’è.
Sarebbe rimasto fuori dei venti livelli solo il primo fatto, Buzzy Beetle Legacy (ID: P9X-R31-0GF), ma non c’è molto da dire.
È stato il primo, fa il suo dovere e non è esente da difetti. Però non l’ho mai corretto e ripubblicato. Lo tengo lì a memoria che si può fare sempre meglio ma anche che da qualche parte si deve iniziare a pubblicarne, altrimenti non si imparerà mai.
Spero che questa sia stata una lettura interessante, intanto grazie.
Spero di aver ispirato qualche idea, corretto qualche comportamento viziato e incuriosito.
Per chi fosse più curioso e volesse parlarne o saperne di più, il mio invito è di raggiungermi su Twitter per iniziare il dialogo. Mi trovate come @marcolago.
Per trovarmi in Super Mario Maker 2, invece, l’ID autore è GF3-YPC-PMF.
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