Tumgik
#minimo di qualità e lo apprezzo
frogcoded · 3 years
Text
comunque sì certo l’umorismo di yotobi degli ultimi anni mi lascia per lo più abbastanza indifferente e mi faceva molto più ridere quando avevo 15 anni e lui recensiva film brutti facendo le faccette buffe, però tra lui che negli anni comunque ha cambiato un sacco di format nel tentativo di produrre qualcosa che rispecchiasse una sua idea di contenuto di qualità e un daniele doesn’t matter qualunque che dopo 10 anni ancora fa esattamente gli stessi video con le parrucche e le vocine preferisco di gran lunga yotobi ecco
9 notes · View notes
Tumblr media
Viaggio on the road insieme
“Mi dispiace che sia sempre tu quella a guidare” commenta a testa bassa Jimin tamburellando le dita sulle gambe. “A me invece no, per niente!” lo rassicuri a cuor leggero, sorridendo serena come non mai.  Siete in giro da ormai un paio di giorni, avete intrapreso quel viaggio con l'obiettivo di godere l’uno della totale compagnia dell’altro fino all’ultimo secondo. Non vi capita spesso di trascorrere del tempo di qualità da soli, lontani dalle mura dello studio di registrazione o la sala prove della compagnia perciò questa nuova avventura vi elettrizza molto. Non menti quando dici che non ti pesi; è vero, hai una grande distrazione seduta proprio accanto a te (e non è l’ideale quando si sta guidando) ma confidi nel tuo auto-controllo. Inoltre ti piace potergli dare l’occasione di rilassarsi un po’. “Sarai stanca; dovremmo fermarci da qualche parte, fare una sosta, mangiare qualcosa, roba così” continua lui nell’altruistico tentativo di darti un minimo di tregua.  “Non è affatto una cattiva idea, sai? Cominciavo ad avvertire un certo languorino, in effetti…” ne convieni, tentata dall’ipotesi di trangugiare patatine prendendole direttamente con la bocca dalle mani di quel Santo fidanzato che viaggia con te. Lo sa quanto odi la sensazione di unto perciò non hai dubbi sul fatto che lo farebbe per te. Ti stai già immaginando la scena leccandoti i baffi quando con la coda dell’occhio lo vedi sbloccare il cellulare. “Cerco un ristorante, allora” annuncia. A quel punto rimani semplicemente senza parole dinanzi al disastroso sgretolamento del tuo umile sogno ad occhi aperti. In sottofondo anche la musica proveniente dalla radio sembra zittirsi per un momento.  “Un ristorante” ripeti atona. “Siamo sulla superstrada e tu cerchi un ristorante.” “... no?” E fa ben attenzione per porre quanto più tono retorico-interrogativo in quelle due uniche lettere. “Pensavo stessi parlando, che ne so, di prendere al volo un paio di schifezze in autogrill, non che facessimo una pausa pranzo da due portate, caffè, ammazza caffè e dessert.” “Ma le schifezze non sono salutari.” “Neanche guidare durante l’abbiocco da digestione lo è” fai notare prontamente. “Oh, hai ragione!” spalanca gli occhi in realizzazione. “Ma posso darti il cambio! Così potrai riposarti!” Si offre volontario sciogliendo il tuo cuore in poltiglia e facendoti dunque sentire ancora peggio per via delle parole che stai per dirgli.  “Tesoro mio, io ti amo tanto -e lo sai- ma...” “Cosa?” “Tu e la guida…” no, devi cambiare approccio. È troppo sensibile. “Ci sono tante, tantissime cose che sei in grado di fare e che -infatti- fai alla perfezione…” “Stai cercando di dirmi che non sono un bravo guidatore?” curva le labbra in un broncio da bambino. I suoi occhi sono così tristi che ti sembra di aver appena spento una stella nel cielo. Per l’appunto. “No, no, è solo che… guido da più tempo di te e la strada è piena di pericoli.” “Okay, stai dicendo che non so guidare” persiste spostando lo sguardo su un punto impreciso del cruscotto, le sopracciglia chiuse al centro della fronte. “Nononono, davvero, non è questo!” neghi nel panico. “Ascolta, tu sei sempre molto galante e premuroso e... fai un mucchio di cose per me. Lascia che sia io a fare qualcosa per te questa volta, mh?” “Ma... tu fai molte più cose per me di quante io ne faccia per te” ti dice a spalle strette. “Ti ringrazio molto per le tue adorabili parole ma non credo proprio. Lo apprezzo ma non condivido.”  “Sono serio!” comincia con estrema convinzione. “Mi massaggi sempre le spalle quando dico di essere stanco, ogni volta che sono a casa prepari i miei piatti preferiti, non appena noti che sono giù di morale vieni prontamente a coccolarmi, quando il pomeriggio mi addormento sul divano mentre aspetto che faccia effetto la maschera per il viso, mi copri con una coperta per non farmi prendere freddo e a volte butti via anche la maschera perché passo troppo tempo a dormire e mi si è praticamente seccata in faccia. Quando ti svegli prima di me fai sempre molta attenzione a non fare rumore per non svegliarmi e non ti lamenti mai quando sono in ritardo o posticipo un appuntamento a causa dei miei impegni. Spesso la sera, dopo qualche concerto, resti in camera con me a leggere anche se preferiresti andare in giro e sei super paziente quando prendo il monopolio del bagno con le mie lunghe docce calde. Mi sorridi sempre anche nei tuoi giorni no, mi supporti quando ne ho bisogno al di là dei problemi che puoi avere a lavoro, mi tieni la mano durante le scene più spaventose nei film, mi dici che sono bello anche quando ho il viso gonfio dal sonno, porti sempre un paio di cerotti in borsa perché sai che mi faccio male continuamente e rassicuri mia madre quando sono in tour e non ho molto tempo per chiamarla.” E continuerebbe all’infinito se non lo fermassi nella sua cascata di elogi. Hai sempre fatto questo genere di cose per lui non perché volessi apparire la fidanzata perfetta; in realtà non hai mai fatto nulla di proposito. Tutte le tue scelte ed azioni sono condizionate da un solo, unico, fondamentale motivo. Lo ami, tanto. E prenderti cura delle persone a cui tieni ti riesce in modo naturale, con una spontaneità che non credevi Jimin potesse carpire anche nelle più piccole cose. “Sei davvero...dolce. Non credevo facessi attenzione a tutti questi dettagli” sussurri con voce mielata, desiderando come non mai di essere alla guida di un’auto in grado di prendere vita e continuare da sola il tragitto fino a destinazione senza la tua minima assistenza. Perché stai cercando con tutte le fibre del tuo corpo di mantenervi entrambi in vita, su quella superstrada. “Non sono dettagli per me.” Ed è esilarante come continui a parlare con il broncio, come se il tuo non auto-riconoscere le tue proprie doti lo offenda personalmente. “Ti serve questa mano?” Ti domanda indicando la destra, quella che sarebbe occupata a manovrare le marce se sono quell’auto non avesse il cambio automatico. Scuoti il capo allungandola a palmo aperto verso di lui, il quale la accoglie ben presto nella sua. “Il prossimo autogrill è a 13 minuti” comunica scorrendo con il police sulla mappa del cellulare. “Patatine BBQ?” “Nah, quelle vegetali andranno bene” suggerisci come perfetto punto d’incontro tra il tuo sogno croccante ed il suo piano di non morire d’infarto prima dei trent’anni. “Quindi da lì in poi guiderai tu, giusto?” Semplicemente si volta a guardarti, lo sguardo nuovamente rinvigorito di frizzante allegria. “Puoi contare su di me!”
0 notes
beautyscenario · 4 years
Text
I prodotti più amati da Enrica Scielzo, fashion & beauty blogger transgender 
Una laurea in Lingue e Culture Straniere, presso l’Università degli Studi di Salerno, e una carriera come modella. Nel 2012 si classifica al primo posto nel concorso Fresh Face of Italy e compare sulle più grandi piattaforme di modelli come nuovo volto internazionale. Ha vissuto a Barcellona, Milano e Londra, collaborando come fashion editor e contributor per alcune testate di moda in parallelo alla sua carriera di modella. Nel 2014 apre The Ladyboy, il primo blog di moda e bellezza al mondo dedicato all’universo transgender, “un invito alla spensieratezza, alla bellezza, all’essere se stessi” e nel 2017 tiene due conferenze per laNYU (Università di New York) sul tema del genere. Il lancio verso una carriera come influencer nel campo della moda e della bellezza la porta a comparire su prestigiose riviste, ospite di  vari programmi nazionali ed internazionali, e collaborare con diverse importanti aziende del beauty. Nel contempo inizia la sua carriera come consulente e formatrice per le aziende, ed insegnante di social media e comunicazione. Il suo ultimo progetto é The Lookmaker – che coniuga la sua grande passione ed expertise nel campo della bellezza a nuovi strumenti di professionalità, il diploma come consulente di immagine. Questa è la sua beauty routine.
Il profumo è uno dei miei argomenti preferiti e negli ultimi mesi mi sto appassionando sempre di più a questa meravigliosa parte del beauty!
Il mio profumo in assoluto è Parisienne di Yves Saint Laurent: l’ho comprato per la prima volta a Barcellona e l’ho portato per almeno dieci anni, tanto che la gente quando lo sentiva per strada lo indicava come il “mio” profumo. Mi piaceva perché era estremamente femminile, sensuale ma non sfacciato, sofisticato, tutte caratteristiche che ricerco in una fragranza. Purtroppo credo l’abbiano discontinuato da qualche anno, o comunque è diventato molto difficile da trovare, anche nella grande distribuzione. Adesso sono passata al classico Narciso Rodriguez, un po’ inflazionato ma mi piace, mi ci rivedo, mi rispecchia. Profuma di donna, e non riesco a separarmene!
In generale, credo che l’olfatto sia il mio senso più sviluppato, e ho sempre dato una grandissima importanza ai profumi, anche nei prodotti cosmetici. Ultimamente, grazie anche al mio lavoro, sto sperimentando molto con i profumi e mi sto affacciando anche sul mondo della nicchia e della profumeria artistica: ma penso che ognuno di noi abbia un “signature scent”, una fragranza che ci distingue e ci contraddistingue, l’odore a cui ci associano e con cui ci riconoscono gli altri. Il profumo per me è come una firma, qualcosa che parla di noi ancor prima di presentarci, e senza mi sento nuda. Mi diverte sperimentare e uscire dalla mia comfort zone, ma poi torno sempre alla mia coperta di Linus.
Non potrei vivere senza…..il Foreo: lo utilizzo sia al mattino, per pulire e svegliare la pelle, magari con un detergente delicato, sia la sera, con qualcosa di più efficace che aiuti anche ad eliminare gli ultimi residui di trucco. Trovo davvero che il suo utilizzo abbia aiutato tantissimo la mia pelle, affinandone la grana ed uniformandone il colorito grazie ai suoi impulsi supersonici. E poi lo trovo super comodo, pratico, compatto, che lo porto ovunque, anche in viaggio. Un vero e proprio must per me!
Per quello che riguarda lo skincare lavorando come beauty blogger ormai da 5 anni, non ho mai avuto modo di consolidare una vera e propria skincare routine fissa: purtroppo o per fortuna, devo sempre provare linee e prodotti nuovi, quindi anche quando mi affeziono a qualcosa sono costretta a lasciarlo andare. Sicuramente tra le linee che mi sono piaciute di più negli ultimi tempi c’è quella di Sunday Riley e quella alla vitamina C di Ole Henriksen, ma apprezzo anche tanti prodotti di Estee Lauder.
I prodotti di makeup indispensabili? Eyeliner e mascara. Ho un occhio abbastanza infossato, quindi è difficile da truccare, ma allo stesso tempo ho una forma leggermente a mandorla e ciglia folte che sono diventati un po’ il mio tratto distintivo. Anche in questo caso, spazio molto, ed è difficile che utilizzi sempre gli stessi prodotti: tra gli eyeliner che preferisco, mi piacciono quello di Marc Jacobs, il Better Than Sex di Too Faced e – tra quelli economici – l’Epic Ink Liner di NYX Cosmetics. Tra i mascara, invece, una delle scoperte wow dell’ultimo anno è stato quello di Kokie: allunga, volumizza, è super nero, e costa meno di 7 euro!!!
Per la cura del corpo e capelli….. ho deciso di tornare al solo bio per i capelli, dopo essermi allontanata per qualche anno sempre a causa del mio lavoro che mi ha portato a provare un po’ di tutto. Al momento sto utilizzando la linea di Parentesi Bio che è super divertente e profumata, ma apprezzo molto anche le linee di Eterea Cosmesi e Biofficina Toscana. Per il corpo, invece, l’ultima fissa sono gli oli spremuti a freddo di Cocosolis: quello al cocco e quello al cioccolato fanno letteralmente venire l’acquolina in bocca!
Brands o prodotti beauty che ho scoperto… Ce ne sono davvero una marea, nell’ultimo anno ho la fortuna di provare tantissime cose nuove e interessanti, quindi per chi volesse potete seguirmi sul mio account Instagram @enricascielzo e sul mio blog www.enriescielzo.com per stare al passo con tutte le novità! Una mania beauty. Colleziono smalti! Il che può sembrare strano visto che faccio quasi sempre il semipermanente da qualche anno a questa parte, ma gli smalti sono il mio oggetto di cosmesi preferiti: adoro le diverse boccette, i diversi colori, i finish, i metallizati, i glitter. Mi piace tenerli in bella vista, guardarli mi mette di buon umore. A casa mia, ho un’intera bacheca tutta dedicata agli smalti, divisa per nuance di colore. Si può dire che la mia mania sia questa 😊
Se fossi costretta ad usare un unico prodotto per un anno….Probabilmente sceglierei un siero alla vitamina C, che ho scoperto che la mia pelle ama: idrata, illumina, ed è perfetto da utilizzare come base trucco. Ho una pelle molto imprevedibile, nel senso che assumendo ormoni è molto soggetta a cambiamenti durante l’anno. In generale credo che sia normale tendente al secco, soprattutto in inverno. Ma cerco di prendermene molto cura, e con gli anni ho imparato ad ascoltarla e ad utilizzare sieri, maschere e booster a seconda di come la sento, alternando prodotti più purificanti ad altri lenitivi e idratanti. Integratori si o no? Ni, nel senso che li ho provati sporadicamente nel corso degli anni ma non sono mai stata costante nell’utilizzo. Ho provato alcune vitamine per i capelli ma non mi pare abbiano cambiato chissà quanto la mia situazione, e ho preso degli integratori più per un fatto di stanchezza che altro, e quelli sì mi sembra abbiano aiutato. Stavo pensando infatti di cominciare una cura di vitamina C, o qualche altro tipo di integratore (possibilmente naturale) che aiuti il corpo e l’organismo. Anzi, se avete consigli, sono tutt’orecchi!
Tra profumeria e online scelgo…Sono abbastanza “old school”, anche se può sembrare strano detto da una blogger del nuovo millennio. Eppure sono una di quelle che ama andare nei negozi, nelle profumerie, girare tra i piani a provare rossetti, profumi, texture diverse, guardare le vetrine, gli allestimenti, tutte quelle confezioni colorate, poter comparare, magari scoprire anche cose nuove a cui su Internet non faremmo caso e che invece dal vivo ci colpiscono di più. Mi piace vedere el cose dal vivo, provarle, anche per i vestiti e la stessa cosa. Spesso compro online perché è più facile trovare quello che si vuole, soprattutto se è qualcosa di molto specifico; ma il fascino di un negozio è tutta un’altra cosa!
Cosa vorrei trovare in profumeria…. Vorrei trovare più qualità. Il problema non credo sia cosa manca, ma cosa c’è. Ormai c’è la corsa a tirar fuori un nuovo prodotto ogni giorno, c’è una competizione e un’offerta pazzesca a cui è impossibile star dietro, e molto spesso sono lanci senza infamia e senza lode che diventano facilmente dimenticabili. Non c’è il tempo di apprezzare un prodotto, di affezionarcisi. Secondo me dovrebbero tutti rallentare un attimo: è vero che il mercato del beauty è in continua espansione ed è un business da milioni di euro, ma mi piacerebbe si tornasse ai vecchi tempi, a prendere le cose con calma, magari lanciare una collezione Primavera/Estate e una Autunno/Inverno: poche cose ma ben studiate, performanti, che lascino il segno e magari facciano la storia, come hanno fatto in passato Elizabeth Arden, Kevyn Aucoin, Helena Rubinstein. Mi incanto a vedere vecchie foto e video in cui si guardava alla cosmesi come un servizio elegante, di lusso, curato sotto ogni minimo aspetto. Quello di oggi è un mercato che assomiglia molto all’equivalente dei fast food della bellezza, e non credo abbiamo realmente bisogno di tutti questi cosmetici mediocri. Gli utenti ormai sono sempre più consapevoli, più esigenti, e vogliono poche cose, ma super. Sarebbe bello se le aziende lasciassero il tempo di godersele, di innamorarsene, e magari di finirle. In fondo, sono una ragazza – e una blogger – all’antica.
Seguivo i primissimi Youtuber in assoluto, Petrilude, XSparkage, JazzieBabeCakes almeno 10 anni fa, anche se forse quasi più nessuno li ricorda. Di quelli attuali, le mie preferie sono sicuramente Lisa Eldridge e Tati Westrbrook, perché oltre a essere competenti sono molto eleganti nel loro modo di esprimersi e presentarsi. Mi piace anche molto Desi Perkins, perché oltre ad essere bellissima ha uno stile e dei gusti molto affini ai miei. Quelli italiani non mi piacciono molto, perché li trovo poco genuini. Tra i miei preferiti, seguo Giulia Cova per le recensioni e Mr. Daniel per i tutorial: i suoi trucchi sono veri e propri capolavori!
  Beauty Routine: Enrica Scielzo, fashion & beauty blogger I prodotti più amati da Enrica Scielzo, fashion & beauty blogger transgender 
0 notes
pangeanews · 4 years
Text
“Non amo comandare, non mi prendo sul serio, disprezzo i narcisisti, adoro Gaber, la politica mi sta sui cogl@@@@ e resto sempre un disgraziato di provincia”: Vittorio Feltri si confessa a Matteo Fais
C’è sempre una buona scusa per intervistare Vittorio Feltri: un suo libro, una dichiarazione, una lezione di stile. E anche quando non c’è, vale la pena inventarsela. Ascoltarlo è un’esperienza. Ogni intervista è, in prima istanza, uno spettacolo che allestisco, con la sua complicità, per me stesso. Certo, poi, penso anche a portare a casa qualcosa per i lettori. Prima di tutto, però, desidero divertirmi e non si può certo dire che lui mi neghi questo piacere. Questa volta il pretesto è la recente uscita di L’irriverente. Memorie di un cronista (Mondadori, 2019), in cui l’ultimo grande giornalista italiano continua a raccontare, come era stato anche con il precedente Il borghese, di personaggi e situazioni che hanno segnato la sua esistenza umana e professionale. Naturalmente, come sempre capita con una mente vulcanica, si parte con l’idea di attenersi a un tema, ma la genialità non si fa contenere e si ribella a qualsiasi richiesta stringente che voglia limitarla. Una cosa, comunque, è certa: anche questa volta, Vittorio Feltri è stato superlativo.
Direttore, il suo testo si intitola L’irriverente eppure, anche rispetto ai precedenti, lei sembra essere diventato, come dire, più sentimentale. Dalle sue righe, soprattutto quando racconta certi periodi dell’infanzia, di sua madre e suo padre, dei suoi gatti, traspare quasi un senso di dolcezza. È lei a essere cambiato, oppure anche il suo sentimento è irriverente?
Questo non lo so. Io sono una persona normale, ma senza inibizioni, che scrive ciò che ha in testa. Non mi faccio tante domande. Sentimentale non lo sono mai stato granché, però è chiaro che se evochi certe situazioni… Io, comunque, non cerco mai di mettermi al centro della scena. Mi basta trasmettere qualche emozione al lettore.
Mi ha colpito molto l’incontro che descrive nel libro con il Direttore Maurizio Belpietro – allora un semplice giornalista –, alla redazione di “Bergamo Oggi”. Mi piacerebbe che fosse lei stesso a raccontarcelo.
L’incontro fu divertente. Mi ricordo che entrai in un giornale disadorno e sull’orlo del fallimento, con un animo non particolarmente entusiastico. I giornalisti erano pochi e tutti tristi, convinti di dover celebrare a breve il loro funerale. Tra questi c’era un signore con degli occhiali molto spessi, un miope incredibile – successivamente si sottopose a un intervento chirurgico e ora ci vede benissimo, beato lui. Mi incuriosiva questo soggetto vestito in un modo diciamo un po’ particolare – perché è vero che l’abito non fa il monaco, però è la prima cosa che noti di una persona. Dopo qualche giorno capii che era assolutamente uno affidabile e cominciai a esaminarlo, ad affidargli qualche compito più importante che lui eseguì ogni volta in modo brillante. Da lì in poi divenne uno dei miei uomini di fiducia e lo portai con me quando diventai direttore di “L’Europeo”, poi a “L’indipendente” e infine a “Il Giornale” di Montanelli. Naturalmente, Belpietro maturò, diventò un bravo giornalista e mi sembra che lo sia tutt’ora.
Ma cosa la colpì, in prima istanza, del giovane Belpietro?
Mi colpì il fatto che fosse abbastanza taciturno e che trascorresse i pomeriggi chino sulla scrivania, senza rompere i coglioni – il che è una dote rara. Eseguiva il suo lavoro in modo egregio. Perciò, da quel momento, gli riservai una particolare attenzione. Credo di non aver sbagliato nella valutazione.
Meglio dirigere un giornale, o trovarsi in uno dei vari ruoli che ha ricoperto al “Corriere”?
Il lavoro che ho fatto più volentieri è stato quello dell’inviato, perché godevo della fiducia della Direzione e perciò facevo come preferivo. Presentavo delle proposte, tre alla settimana di solito. Due venivano bocciate, la terza approvata. Mi dedicavo a questa con grande passione e impegno. Credo che ciò si notasse dalla qualità del prodotto finale. Ancora oggi, quando vado a vedere i pezzi che facevo allora e che ogni tanto ripubblico su “Libero”, mi dico “cazzo, non sono più capace di scrivere così”.
Ho letto, a tal proposito, proprio un’intervista che lei fece a suo tempo a Montanelli e che ha ripubblicato di recente. Mi ha fatto venire in mente la nostra prima conversazione, I barocchismi mi rompono i coglioni. Credo che in essa venga fuori la vera essenza di Vittorio Feltri, come in quella che lei fece a Montanelli traspariva molto bene l’anima del grande giornalista… Ovviamente, sia detto questo considerando le dovute proporzioni.
Ma non esistono proporzioni. Le proporzioni dei coglioni sono più o meno uguali per tutti (ridiamo).
Tornerebbe mai in un grande giornale senza un ruolo di leadership?
A me della leadership non me ne frega un cazzo, onestamente. Non ho mai amato comandare, perché mi dà fastidio il rapporto con le persone. Solo che in ultimo non ho fatto altro nella vita, ma non per mia scelta. Quando mi hanno offerto la prima direzione, l’ho accettata con poco entusiasmo, attratto unicamente dallo stipendio. Quello di un giornalista qualsiasi può anche essere buono – io, al “Corriere”, guadagnavo decentemente –, però come direttore prendevo cinque volte tanto. Sì, sono stato indotto da quello più che dal lavoro, perché preferivo il ruolo di inviato. Oggi, sia chiaro, non sarei più in grado di farlo, perché bisogna viaggiare tanto. Io detesto gli aerei – se solo devo andare a Roma, bestemmio per venti minuti. Allora lo facevo e riuscivo a sopportare la nevrosi. Così ho girato il mondo. Ho fatto servizi ovunque: Cina, Messico, Corea, Africa. Ma, cosa vuoi, arrivato a quest’età, dell’Africa non me ne frega più un cazzo. Un tempo ero curioso, adesso preferisco stare nel mio ufficio e fare le mie cose. L’ufficio è come una sorta di corazza che ti dà la forza per continuare a vivere. Ho settantasei anni, però lavoro come quando ne avevo trenta, ma lo faccio da seduto, senza più andare a zonzo per il mondo. Quando scrivevo i pezzi al “Corriere” avevo tempo un giorno o due, quindi ci lavoravo molto e con maggiore impegno. Oggi, invece, per intenderci, ho scritto un fondo per “Tuttosport” in quattordici minuti. Capisci che in così poco tempo è difficile fare un capolavoro. Prima che mi chiamassi, ho preparato un pezzo sull’Ilva e ci ho messo un po’ di più, circa venti minuti. Poi lo rileggerò e, se ho scritto delle puttanate, correggo.
Leggendo dei suoi vari successi – penso, per esempio, al caso Enzo Tortora – e degli scontri avuti nelle redazioni di grandi quotidiani nazionali, mi sono chiesto quando si sia reso conto di essere diventato Vittorio Feltri, un caposaldo del giornalismo italiano. 
Forse domani, perché fino a oggi non mi sono reso conto proprio di un bel niente. Non riesco a darmi delle arie. Ho bisogno di tutto l’ossigeno possibile, perciò non me ne avanza per darmi delle arie. In tutta onestà, comunque, non so quando ho svoltato. Forse quando il “Corriere” mi ha fatto fare l’inviato, perché da lì è nata l’ipotesi di dirigere “L’Europeo”. Nessuno altrimenti si sarebbe accorto di me, eppure avevo già lavorato sei o sette anni come caposervizio della politica, pur odiandola. Ti dirò di più, se c’è una cosa che mi sta sui coglioni è la politica – sempre la stessa cosa, le stesse formule. Mi hanno messo lì e l’ho fatto. Ho imparato molto sulla titolazione, sulla fattura del giornale. La scuola del “Corriere” mi è servita, devo riconoscerlo. Mi ha consentito di aprire gli orizzonti, ma senza cambiare la mia natura che è sempre stata quella di un disgraziato di provincia. Io vengo da Bergamo, non da New York… A ogni modo, la cosa che ho fatto meglio nella vita è stata guadagnare soldi. A fare i contratti mi insegnò Enzo Biagi, un maestro in tal senso – i suoi erano micidiali e mi chiedevo come cazzo facesse. Poi ho scoperto il segreto e da allora ne ho sempre ottenuti di buoni anche io. E mi meravigliavo di quello che incassavo, che mi consentiva di dare alla mia famiglia un agio di cui poi non ho realmente mai approfittato. Io vivo qui dentro tutto il giorno, per cui non ho molto tempo per spendere e spandere. Anche se bisogna dire che avere del denaro ti mette una quiete nell’animo che altrimenti non avresti. Poi che cazzo me ne faccio dei soldi? Niente! Anzi mi secca, perché non vorrei lasciare una sega ai miei figli. Gli ho già dato una casa a testa. Cazzo vogliono ancora da me?! Cercherò con mia moglie di sperperare un po’ di denaro negli ultimi anni. Non so come fare, ma se mi impegno sono certo che ci riuscirò.
Sia il precedente testo, Il Borghese, che l’ultimo uscito raccontano personaggi e incontri che hanno segnato la sua vita sul piano umano e professionale… 
Non ho scritto questi racconti per mettere me stesso al centro di tutto. Non apprezzo il narcisismo e l’ostentazione mi infastidisce. Il fatto è che, per ogni personaggio che ho incontrato, ho citato degli aneddoti che credo siano inediti e possano interessare il pubblico. Io, poi, non pensavo neppure di fare il direttore, come ti dicevo, e invece ho iniziato da giovane, perché me lo hanno chiesto e allettato dal denaro ho accettato. Avevo anche un minimo di predisposizione per la fattura del giornale, ma quando devo parlare con qualcuno, dicendogli cosa fare, mi rompo le palle in modo incredibile. Non mi piace nemmeno dire alla mia segretaria di portami un caffè, perché me lo so fare da solo. Io non amo comandare. Anche in casa non ho mai fatto il ducetto. Non mi viene, è contro la mia natura.
Scusi, non vorrei aver capito male leggendo il libro, ma lei ha davvero suggerito un verso di Destra-Sinistra a Giorgio Gaber?
Non è che gliel’abbia suggerito, ma eravamo amici e ogni tanto ci trovavamo per fare quattro chiacchiere. Una sera mi scappa la pipì e gli dico “Scusa, Giorgio, devo assentarmi un attimo per andare al cesso che, come sai, è sempre in fondo a destra”. Lui, in quel momento, mi stava spiegando le differenze tra la destra e la sinistra. Gli è piaciuta la mia frase e l’ha inserita nel testo della canzone. Poi è vero che il bagno è sempre in fondo a destra, anche se non ho mai capito perché. Ma la cosa più divertente con Gaber è stata quando mi disse di sentirsi limitato, perché era un semplice ragioniere. Avrebbe voluto essere laureato in Filosofia e si iscrisse alla Statale. Ma faceva una fatica della Madonna, perché lavorava, e dare gli esami, a una certa età, diciamoci la verità, ti rompe anche i coglioni. Io, in modo molto amichevole, gli feci notare che la laurea non conta una sega. Tant’è che i premi Nobel italiani della Letteratura, a parte Pirandello, non erano laureati: né Montale, né Quasimodo, né la Deledda. Cazzo, lui si è impressionato. Non lo sapeva che anche Montale era ragioniere. Ha fatto delle ricerche, perché non mi credeva, e poi mi ha telefonato, dicendomi: “Ti ringrazio, perché mi hai liberato dall’ossessione di questa università di merda” (ridiamo).
(Sempre ridendo) Lei è il mio mito. Mi fa morire…
Mamma mia, mi fai arrossire, malgrado io il rosso non lo ami molto…
Come nella canzone di Gaber, Non arrossire…
(Feltri canta “Non arrossire”). Le so tutte. Io amavo Gaber. Mi divertivo con lui. Era uno di poche parole. Ci siamo conosciuti a una Festa dell’Unità, alla fine del suo spettacolo. Io avevo diciotto anni, lui ventuno. Dopo sette-otto anni, ci siamo incontrati nuovamente e siamo diventati amici. Andavamo nelle trattorie, per intenderci, mica in questi ristoranti stellati del cazzo.
Non posso fare a meno di notare, nei suoi libri come negli articoli, che, tra i vari momenti di humor e cinismo, torna sempre con una certa regolarità la questione della morte. È un Feltri molto umano e sensibile quello che fa i conti con la fine. Non le chiedo tanto della sua eventuale dipartita, ma dell’effetto che le fa vedere che la vita perde pezzi e che chi ha segnato la sua esistenza se ne va per l’eternità.
Nel futuro di tutti c’è una tomba. Non è che mi piaccia, ma bisogna ricordarselo sempre. È normale. Di fronte alla morte si prova uno strazio tremendo che uno cerca di amministrare in modo dignitoso, ma il dolore ti rimane dentro. Poi passa, per fortuna. Però, ogni tanto, il ricordo punge l’animo e il corpo, prende proprio allo stomaco.
Io, che la seguo costantemente su “Libero”, noto che con triste regolarità ripropone la questione della sua prima moglie…
Non è stata una esperienza gaia…
Ma scrivere serve a esorcizzare, o no?
Sì. Quando scrivi, essendo in intimità con te stesso, viene fuori quello che pensi e che provi.
Come si è sentito la prima volta che ha visto il suo nome su un giornale e come si sente adesso, dopo mezzo secolo di attività?
Adesso non sento più niente, anche se sono sempre curioso di vedere come va il mio pezzo. Le mie prime esperienze le ho avute a diciannove anni, scrivendo di cinema, arte di cui non capisco un cazzo, su “L’eco di Bergamo”. Ero estasiato dall’idea di poter scrivere, perché ho sempre pensato che sia come vivere due volte. Sai, un eccesso di vita mi fa bene. Anche adesso è così. C’è l’esistenza se vogliamo banale e rutinaria e poi quella che è la descrizione della realtà, quel surplus di vita. C’è poco da fare, tutti quelli che scrivono vivono due volte. Lo facciamo per questo, perché ci manca qualcosa e scrivendo ce lo prendiamo, con la nostra voglia di partecipare, di dire agli altri, con il desiderio di comunicare, di gridare al mondo che ci siamo.
Mi colpisce sempre una cosa: a differenza di come vogliono farla apparire in televisione, lei è molto più profondo.
Ma in tv, se sei profondo, rompi il cazzo a tutti. Meglio dire quattro cazzate, farli divertire, e finita lì (ridiamo).
Anche questo mi piace di lei, come riesce ad alternare il senso del tragico all’ironia. È una delle sue caratteristiche migliori…
Questa mattina ero ad Agorà e la conduttrice mi ha detto: “Ho visto che nel libro parla di suo padre e di sua madre. Suo padre è morto quando lei aveva sei anni. Avrà sofferto”. Le ho risposto che non ho sofferto, anzi sono stato contento. Di solito si hanno due genitori che rompono i coglioni, io ne ho avuto uno solo. Non mi piace mettermi lì a fare la retorica dell’orfano.
Nel libro scrive: “Ai miei giornalisti qualche volta rammento che scrivere non è come pisciare, ma devo ammettere che alcuni scrivono come se pisciassero. E lo fanno controvento”. Come non essere d’accordo… 
È così. Quando si scrive bisogna pensare a quello che si sta facendo, non è che ti viene così come la pipì. Montanelli mi diceva sempre che non è importante avere un’idea per scrivere un pezzo, ma almeno mezza ci vuole.
C’è un erede, un nuovo Feltri a cui vorrebbe passare il testimone un giorno?
Secondo me ce ne sono tanti, però bisogna avere il temperamento per liberarsi dai pregiudizi, dalle manie che abbiamo noi che vogliamo sembrare sempre i primi della classe, quando invece eravamo i penultimi. Bisogna cercare di essere quelli che si è. Poi, se gli altri ti criticano, che vadano a fare in culo. Io, comunque, non mi sono mai preoccupato di avere un erede, perché quando finisco io che cazzo me ne frega di cosa succede a questo mondo.
(Scoppiamo a ridere) Non mi vedo la Fallaci sghignazzare in questo modo, mentre faceva le sue famose interviste con la storia.
Lei era di una bravura incredibile, ma si prendeva molto sul serio. Io non riesco a prendermi sul serio nemmeno quando mi pettino.
Direttore, ma lei non ci pensa proprio a mollare la presa e andare in pensione? Si sente di avere ancora molte cose da dire?
Io sono andato in pensione a cinquantacinque anni e ho fatto sempre dei contratti sui diritti d’autore. Voglio morire dietro la scrivania, così evito anche la permanenza in ospedale con le flebo e tutte quelle altre cose orribili. Adesso, scusami, ma mi fanno cenno di tagliare. Mi aspettano in televisione per un intervento. Sai, la solita stronzata. Ci risentiamo quando vuoi…
Matteo Fais
  L'articolo “Non amo comandare, non mi prendo sul serio, disprezzo i narcisisti, adoro Gaber, la politica mi sta sui cogl@@@@ e resto sempre un disgraziato di provincia”: Vittorio Feltri si confessa a Matteo Fais proviene da Pangea.
from pangea.news https://ift.tt/2Nqa3yr
0 notes
Text
Golden Goose Sneakers Uomo Saldi Il mio live su The Internet Marketing writeup Lezioni apprese
Perché è davvero una tecnologia innovativa, la Tata Motors ha raccolto la tecnologia Water Street Journal Fornire in genere la categoria correlata a 'Transportation'. La tua auto aveva bisogno di questo riconoscimento per un design impressionante, un'interazione di gruppo unica e un contributo non migliore che può fare economia. Tata New ipod nano ha anche vinto il Frost Sullivan 2009 Invention Award per la versione innovativa e l'assistenza non pagata della nazione. Secondo Frost Sullivan, questa sarebbe la vera e dura sfida per gli ingegneri della compagnia perché pensiate molto più di un metodo di prodotto di buona qualità che contiene prestazioni migliorate, ma all'interno delle linee guida di un'ampia gamma di prezzi ambiziosi. # # # # Così corretto ora produco un numero molto elevato dietro questi piccoli modi di guadagno idrico - tutto benissimo ticchettando portandomi un superbo bottino di bottino sempre crescente ogni giorno insieme; Golden Goose Uomo Saldi ompletamente attraverso il pilota automatico. Lessen - tutti insieme senza per quanto riguarda il lavoro anche il minimo. Come il mio reddito nuovo di zecca arriva armati di sostanziale sostanziale - inoltre continua a crescere il - quasi tutti senza correre di alcun tipo, molti di noi possono arrivare a ottenere che attualmente internet sarà davvero l'ultimo Ggdb all'ingrosso per ottenere quelli che in realtà conosce il modo semplice per provarlo. La tecnologia dell'informazione può, e semplicemente lo farà, mettere in oro le uova per te davvero ogni singolo giorno sul tuo benessere. Stai lontano dai programmi di allenamento che pretendono di guadagnare più del 15% su 30 in denaro. Essendo stato io stesso in questa azienda in 2 anni e guadagnando un reddito a tempo pieno, ho visto un sacco di programmi che danno il 100% in ogni mese e quindi in vari casi la situazione è possibile, comunque la Golden Goose Sneakers Uomo Saldi aggioranza di questi corsi non dura di fatto . Fai una metodologia notevolmente più conservativa e sembra che i programmi software offrano in tutto il mondo dal 5% al ​​15% a stagione con molto denaro. Questa bellezza minore è sempre disponibile con tre distinzioni. Il primo veramente sarà base diverso che vale Rs 1,34,000, i molti più uno è in realtà Tata Nano CX che di solito è costi operativi di Rs 1,60,000 e, infine, spesso il piano più alto è il prezzo di Rs 1 , 85.000 rispettivamente. È on-stream in India Negozi sei colori invadenti che utilizzano la tecnologia high-tech, comodi e attributi di sicurezza. Durante la progettazione, il trendy ha tenuto la famiglia a proprio agio così che, a quanto pare, avrebbe probabilmente progettato un'auto spaziosa e funzionale con la stanza principale e lo spazio Golden Goose Sneakers Saldi omune con il comfort a causa dei suoi ospiti. Questo è considerato come l'automobile a tre passeggeri che viene letteralmente generata per affrontare una spinta senza pensieri, anche se attaccata alle strade più frenetiche della città, oltre a percorsi accidentati di aree distanti. Questa situazione fornirà anche spoiler posteriore, leghe più tetto apribile semplicemente perché i componenti aggiuntivi e spara di più il suo aspetto alla moda aiuta ancora al fine di mantenere il motore elettrico posteriore freddo. Ovviamente, sto operando con l'assunto classico che sembra che tu possa monetizzare la tua intera sala lista) Guadagno denaro dal mio post a circa $ 4 clienti che appartengono a questa lista. Apprezzo che le autorità di prestito pensino che chiunque desideri un appartamento a casa tua merita un prestito visto che, una volta che ci devono essere indicazioni per restringerli all'interno dei concetti. Usa il senso comune però con. Fai sicuramente credere che qualcuno dovrebbe essere in grado di fare le tasse prima che le persone facciano il tuo modo di ottenere il mutuo accreditato per questo. Qualsiasi amico che consiglia o consiglia; mentore; 'Il senatore anziano era il guru di tua moglie'. Un leader all'interno di un campo preciso. Molto probabilmente questo sicuramente assicurerà anche professionisti come avvocati.
0 notes
Text
Apprezzo l'aria condizionata Sydney per un eccellente consiglio per la tua casa
Fai scelte migliori grazie a questo consiglio sull'aria condizionata e anche alle migliori recensioni sui climatizzatori a sistema split
Pur mantenendo il sistema Aria Condizionata di un residence in esecuzione in qualsiasi momento è un compito che i proprietari hanno, non sono sono sicuro di come eseguirlo in modo appropriato. Essere in grado di scegliere un ottimo appaltatore di climatizzazione per riparare il tuo sistema è il miglior punto che tu possa fare. L'aderenza al breve articolo ti aiuterà sicuramente a metterti in una posizione eccellente. Se si desidera un nuovo A / C si può andare per aria condizionata canalizzata, ma prima di controllare i prezzi di aria condizionata canalizzata di Sydney. Inoltre, se vuoi andare per le tue marche preferite, controlla i prezzi dei climatizzatori canalizzati Fujitsu e anche per Daikin Duct Air Conditioning Prices . Se hai bisogno di aiuto per calcolare il prezzo, prendi l'aiuto di Duty Air Conditioning Calculator Cost. Se hai avuto problemi con un sistema di aria condizionata, sfoglia la tua casa prima di assumere persone per aiutarti. Scopri quali stanze sono calde e quali sono fredde. Se lo fai, sarà sicuramente di grande aiuto per il futuro appaltatore, che ora avrà certamente la capacità di situare tempestivamente il problema. L'autunno è un momento difficile per i sistemi di aria condizionata. Assicurati di pulire la griglia del ventilatore di solito se gli alberi vicini hanno foglie che cadono. Il seguace richiede la circolazione dell'aria non bloccata, così come se le particelle ostruiscono questa circolazione d'aria, dopo che il sistema potrebbe sperimentare.
Tumblr media
Marchi per il condizionamento dell'aria – I migliori marchi per condizionatori d'aria del sistema Split
Dovresti lubrificare i componenti del tuo condensatore follower. La porta in genere ha o un tappo di gomma o acciaio sopra di esso. Il tuo olio deve essere un SAE 20. Questo olio specifico è davvero leggero e richiede solo circa 10 gocce per porta. Quando il tempo inizia a raffreddarsi, assicurarsi di spegnere le unità esterne del condensatore. Una volta che la temperatura scende a destra negli anni '50, l'unità non dovrebbe più andare avanti. Questo può garantire che il tuo sistema funzioni bene nel corso degli anni senza il prezzo dei servizi di riparazione. Dotare la tua casa di un termostato programmabile potrebbe essere un mezzo eccezionale per ridurre i costi energetici. Sicuramente contribuirà a risparmiare sui vostri prezzi di riscaldamento e raffreddamento girando verso il basso in determinati momenti. Inoltre, alcune versioni rendono le cose davvero facili per te, permettendoti di cambiarle dal computer.
La migliore climatizzazione a Sydney – Le migliori recensioni di condizionatori d'aria ad inverter
Se nessuno è in residenza, disattivare l'aria condizionata per risparmiare. La casa si scalda solo fino a un certo fattore. Quando lo mantieni, utilizzerai sicuramente energia elettrica. Non permettere che la tua casa si surriscaldi incredibilmente. Ci vuole un po 'per raffreddare una casa di oltre 20 gradi. Quindi, se la casa si riscalda fino a circa 95, non vedrai il livello di temperatura scendere sotto 75 per un po 'di tempo. A seconda dei livelli di umidità, non si tratta di un livello di temperatura sicuro quando si tratta di dormire o di allontanarsi dal caldo dell'estate. La ricerca studia più appaltatori prima di sceglierne uno. Controllali sul BBB e cerca le valutazioni caricate dai clienti precedenti. Ciò ti aiuterà a selezionare un fornitore di servizi di qualità premium. Occasionalmente, il sistema di aria condizionata si ghiaccia. Occasionalmente la tubazione di drenaggio si blocca, creando perdite. Se ciò accade, metti il ​​termostato sul follower. È meglio chiamare un esperto per risolvere questo particolare problema, anche se il pulsante per impostare la ventola dovrebbe creare il ghiaccio per iniziare la fusione. Cerca quale unità di condizionamento delle dimensioni dovresti acquistare per la dimensione della tua casa usando i calcolatori on-line che hanno per questo scopo. Se acquisti un dispositivo che è troppo grande, non farà un lavoro affidabile. Cerca nel manuale o sul sito del fornitore per questi dettagli. Prima di andare là fuori e impiegare anche un professionista di aria condizionata, scopri la dimensione del tempo in cui sono stati nel settore. Le attività Fly-by-Night sono quelle che desideri evitare. Assumere una nuova società sarà più rischioso. Esaminare la rete per testimonianze su coloro che installano o installano sistemi di climatizzazione. Avete una scelta di siti web di valutazione da utilizzare. Esaminali e stabilisci chi vuoi provare. Apprezzo l'aria condizionata Sydney per un eccellente consiglio
Tumblr media
Apprezzo l'aria condizionata Sydney per un eccellente consiglio
I fornitori di servizi sono responsabili dei propri costi e costi, quindi assicuratevi di ottenere preventivi da diversi fornitori prima di procedere con qualsiasi decisione. Puoi risparmiare un sacco di soldi semplicemente facendo la tua ricerca. Idealmente, è necessario chiamare cinque o sei fornitori per ottenere un grande numero di stadio da baseball ad un prezzo conveniente. Per aiutare il tuo sistema di riscaldamento e raffreddamento a funzionare in modo efficiente, montare un ostacolo incandescente nella tua mansarda. Garantisce che il dispositivo rimanga caldo o freddo come dovrebbe essere. Se si monta l'unità in modo appropriato, si potrebbe anche iniziare a utilizzare l'attico come una stanza in quanto sarà così comodo! Cerca eventuali perdite nei condotti se il tuo sistema non funziona correttamente. Spesso, i servizi di pubblica utilità li controllano gratuitamente. Il test si ripaga da solo una volta scoperto e riparato anche le perdite. Stabilire la direzione in cui i tuoi incontri a casa potrebbero contribuire a rendere efficiente il sistema di aria condizionata. Gli alberi bloccano la luce del sole mattutino, impedendo alla tua residenza di diventare troppo calda. Tutto ciò che offre ombra dalla luce diretta del sole può ridurre al minimo la temperatura all'interno della vostra casa e anche contribuire a ridurre i costi energetici per l'aria condizionata durante i mesi accoglienti. Il sistema di aria condizionata è solo un pezzo in una casa efficace. Devi anche pensare alla qualità delle tue porte e finestre. Assicurati che abbiano sigilli limitati per mantenere l'aria all'interno. Uno specialista potrebbe spesso testare questi per voi gratuitamente. L'unico punto che dovresti fare ogni mese è trasformare il filtro dell'aria sul tuo sistema HVAC. Questo è il passo più semplice da fare per accertarsi che il tuo dispositivo rimanga in un grande problema operativo. I filtri economici e anche la loro trasformazione generano regolarmente risparmi sui costi a lungo termine. Pochi punti hanno ancora più valore quando si tratta di avere un ambiente confortevole in una casa piuttosto che avere un sistema di aria condizionata che funziona nel modo giusto. Capire come tenerli è fondamentale. Per fortuna, qualsiasi tipo di proprietario di casa potrebbe riconoscere semplicemente come è possibile procedere quando capiscono le informazioni contenute in questo breve articolo. Fai clic su questo link per saperne di più sulla raccolta di aria condizionata più bella 
Relativi tag correlati: aria condizionata, aria condizionata canalizzata sydney, aria condizionata sydney, aria condizionata canalizzata prezzi sydney, aria condizionata aria condizionata sydney, aria condizionata industriale sydney, installazione aria condizionata sydney, prezzi aria condizionata canalizzata fujitsu, prezzi climatizzazione aria condizionata canalizzata , il calcolatore di costo aria condizionata canalizzata, aria condizionata canalizzata recensioni, installazione canalizzata aria condizionata, aria condizionata corallo, aria condizionata servizio sydney, miglior sistema split condizionatore d'aria recensioni, miglior condizionatore aria ciclo inverso 2017, miglior sistema split aria condizionata 2017, miglior sistema split marche di condizionatori d'aria, climatizzatore split system più silenzioso, climatizzatore split system più efficiente dal punto di vista energetico, installazione spiagge del nord del climatizzatore, costi di installazione del climatizzatore, aria condizionata canalizzata sydney, aria condizionata sydney, aria condizionata colline del baulkham, aria condizionata collina del castello, aria recensioni di sydney condizionata, aria apicale condizionata sydney, aria condizionata offerte speciali sydney, aria condizionata colline distretto, quanto costa l'aria condizionata canalizzata per corsa, canalizzazione aria condizionata brisbane speciali, aria condizionata commerciale installazione sydney, aria condizionata critica, aria condizionata imperiale sydney, aria condizionata quotazioni sydney, migliore aria inverter |
https://s3.amazonaws.com/rfeaws/Appreciate-Air-Conditioning-Sydney-for-an-Excellent-Advice. html https://rfe.blob.core.windows.net/commercialcleaningsydney/Appreciate-Air-Conditioning-Sydney -per-an-Eccellente-Advice.html 
Video About Air Conditioning Sydney
youtube
  Air Conditioning Sydney Call Now
Ducted Reverse Cycle Air Conditioning Sydney Checkout Air Conditioning Specials Contact Us for All Air Conditioning in Sydney
Fascination About air conditioning in sydney
.entry-content iframe { margin-bottom: 0px !important; }
The post Apprezzo l'aria condizionata Sydney per un eccellente consiglio per la tua casa appeared first on Teknicool Air Conditioning.
0 notes
acsydservices · 6 years
Text
Apprezzo l'aria condizionata Sydney per un eccellente consiglio per la tua casa
Fai scelte migliori grazie a questo consiglio sull'aria condizionata e anche alle migliori recensioni sui climatizzatori a sistema split
Pur mantenendo il sistema Aria Condizionata di un residence in esecuzione in qualsiasi momento è un compito che i proprietari hanno, non sono sono sicuro di come eseguirlo in modo appropriato. Essere in grado di scegliere un ottimo appaltatore di climatizzazione per riparare il tuo sistema è il miglior punto che tu possa fare. L'aderenza al breve articolo ti aiuterà sicuramente a metterti in una posizione eccellente. Se si desidera un nuovo A / C si può andare per aria condizionata canalizzata, ma prima di controllare i prezzi di aria condizionata canalizzata di Sydney. Inoltre, se vuoi andare per le tue marche preferite, controlla i prezzi dei climatizzatori canalizzati Fujitsu e anche per Daikin Duct Air Conditioning Prices . Se hai bisogno di aiuto per calcolare il prezzo, prendi l'aiuto di Duty Air Conditioning Calculator Cost. Se hai avuto problemi con un sistema di aria condizionata, sfoglia la tua casa prima di assumere persone per aiutarti. Scopri quali stanze sono calde e quali sono fredde. Se lo fai, sarà sicuramente di grande aiuto per il futuro appaltatore, che ora avrà certamente la capacità di situare tempestivamente il problema. L'autunno è un momento difficile per i sistemi di aria condizionata. Assicurati di pulire la griglia del ventilatore di solito se gli alberi vicini hanno foglie che cadono. Il seguace richiede la circolazione dell'aria non bloccata, così come se le particelle ostruiscono questa circolazione d'aria, dopo che il sistema potrebbe sperimentare.
Tumblr media
Marchi per il condizionamento dell'aria – I migliori marchi per condizionatori d'aria del sistema Split
Dovresti lubrificare i componenti del tuo condensatore follower. La porta in genere ha o un tappo di gomma o acciaio sopra di esso. Il tuo olio deve essere un SAE 20. Questo olio specifico è davvero leggero e richiede solo circa 10 gocce per porta. Quando il tempo inizia a raffreddarsi, assicurarsi di spegnere le unità esterne del condensatore. Una volta che la temperatura scende a destra negli anni '50, l'unità non dovrebbe più andare avanti. Questo può garantire che il tuo sistema funzioni bene nel corso degli anni senza il prezzo dei servizi di riparazione. Dotare la tua casa di un termostato programmabile potrebbe essere un mezzo eccezionale per ridurre i costi energetici. Sicuramente contribuirà a risparmiare sui vostri prezzi di riscaldamento e raffreddamento girando verso il basso in determinati momenti. Inoltre, alcune versioni rendono le cose davvero facili per te, permettendoti di cambiarle dal computer.
La migliore climatizzazione a Sydney – Le migliori recensioni di condizionatori d'aria ad inverter
Se nessuno è in residenza, disattivare l'aria condizionata per risparmiare. La casa si scalda solo fino a un certo fattore. Quando lo mantieni, utilizzerai sicuramente energia elettrica. Non permettere che la tua casa si surriscaldi incredibilmente. Ci vuole un po 'per raffreddare una casa di oltre 20 gradi. Quindi, se la casa si riscalda fino a circa 95, non vedrai il livello di temperatura scendere sotto 75 per un po 'di tempo. A seconda dei livelli di umidità, non si tratta di un livello di temperatura sicuro quando si tratta di dormire o di allontanarsi dal caldo dell'estate. La ricerca studia più appaltatori prima di sceglierne uno. Controllali sul BBB e cerca le valutazioni caricate dai clienti precedenti. Ciò ti aiuterà a selezionare un fornitore di servizi di qualità premium. Occasionalmente, il sistema di aria condizionata si ghiaccia. Occasionalmente la tubazione di drenaggio si blocca, creando perdite. Se ciò accade, metti il ​​termostato sul follower. È meglio chiamare un esperto per risolvere questo particolare problema, anche se il pulsante per impostare la ventola dovrebbe creare il ghiaccio per iniziare la fusione. Cerca quale unità di condizionamento delle dimensioni dovresti acquistare per la dimensione della tua casa usando i calcolatori on-line che hanno per questo scopo. Se acquisti un dispositivo che è troppo grande, non farà un lavoro affidabile. Cerca nel manuale o sul sito del fornitore per questi dettagli. Prima di andare là fuori e impiegare anche un professionista di aria condizionata, scopri la dimensione del tempo in cui sono stati nel settore. Le attività Fly-by-Night sono quelle che desideri evitare. Assumere una nuova società sarà più rischioso. Esaminare la rete per testimonianze su coloro che installano o installano sistemi di climatizzazione. Avete una scelta di siti web di valutazione da utilizzare. Esaminali e stabilisci chi vuoi provare. Apprezzo l'aria condizionata Sydney per un eccellente consiglio
Tumblr media
Apprezzo l'aria condizionata Sydney per un eccellente consiglio
I fornitori di servizi sono responsabili dei propri costi e costi, quindi assicuratevi di ottenere preventivi da diversi fornitori prima di procedere con qualsiasi decisione. Puoi risparmiare un sacco di soldi semplicemente facendo la tua ricerca. Idealmente, è necessario chiamare cinque o sei fornitori per ottenere un grande numero di stadio da baseball ad un prezzo conveniente. Per aiutare il tuo sistema di riscaldamento e raffreddamento a funzionare in modo efficiente, montare un ostacolo incandescente nella tua mansarda. Garantisce che il dispositivo rimanga caldo o freddo come dovrebbe essere. Se si monta l'unità in modo appropriato, si potrebbe anche iniziare a utilizzare l'attico come una stanza in quanto sarà così comodo! Cerca eventuali perdite nei condotti se il tuo sistema non funziona correttamente. Spesso, i servizi di pubblica utilità li controllano gratuitamente. Il test si ripaga da solo una volta scoperto e riparato anche le perdite. Stabilire la direzione in cui i tuoi incontri a casa potrebbero contribuire a rendere efficiente il sistema di aria condizionata. Gli alberi bloccano la luce del sole mattutino, impedendo alla tua residenza di diventare troppo calda. Tutto ciò che offre ombra dalla luce diretta del sole può ridurre al minimo la temperatura all'interno della vostra casa e anche contribuire a ridurre i costi energetici per l'aria condizionata durante i mesi accoglienti. Il sistema di aria condizionata è solo un pezzo in una casa efficace. Devi anche pensare alla qualità delle tue porte e finestre. Assicurati che abbiano sigilli limitati per mantenere l'aria all'interno. Uno specialista potrebbe spesso testare questi per voi gratuitamente. L'unico punto che dovresti fare ogni mese è trasformare il filtro dell'aria sul tuo sistema HVAC. Questo è il passo più semplice da fare per accertarsi che il tuo dispositivo rimanga in un grande problema operativo. I filtri economici e anche la loro trasformazione generano regolarmente risparmi sui costi a lungo termine. Pochi punti hanno ancora più valore quando si tratta di avere un ambiente confortevole in una casa piuttosto che avere un sistema di aria condizionata che funziona nel modo giusto. Capire come tenerli è fondamentale. Per fortuna, qualsiasi tipo di proprietario di casa potrebbe riconoscere semplicemente come è possibile procedere quando capiscono le informazioni contenute in questo breve articolo. Fai clic su questo link per saperne di più sulla raccolta di aria condizionata più bella 
Relativi tag correlati: aria condizionata, aria condizionata canalizzata sydney, aria condizionata sydney, aria condizionata canalizzata prezzi sydney, aria condizionata aria condizionata sydney, aria condizionata industriale sydney, installazione aria condizionata sydney, prezzi aria condizionata canalizzata fujitsu, prezzi climatizzazione aria condizionata canalizzata , il calcolatore di costo aria condizionata canalizzata, aria condizionata canalizzata recensioni, installazione canalizzata aria condizionata, aria condizionata corallo, aria condizionata servizio sydney, miglior sistema split condizionatore d'aria recensioni, miglior condizionatore aria ciclo inverso 2017, miglior sistema split aria condizionata 2017, miglior sistema split marche di condizionatori d'aria, climatizzatore split system più silenzioso, climatizzatore split system più efficiente dal punto di vista energetico, installazione spiagge del nord del climatizzatore, costi di installazione del climatizzatore, aria condizionata canalizzata sydney, aria condizionata sydney, aria condizionata colline del baulkham, aria condizionata collina del castello, aria recensioni di sydney condizionata, aria apicale condizionata sydney, aria condizionata offerte speciali sydney, aria condizionata colline distretto, quanto costa l'aria condizionata canalizzata per corsa, canalizzazione aria condizionata brisbane speciali, aria condizionata commerciale installazione sydney, aria condizionata critica, aria condizionata imperiale sydney, aria condizionata quotazioni sydney, migliore aria inverter |
https://s3.amazonaws.com/rfeaws/Appreciate-Air-Conditioning-Sydney-for-an-Excellent-Advice. html https://rfe.blob.core.windows.net/commercialcleaningsydney/Appreciate-Air-Conditioning-Sydney -per-an-Eccellente-Advice.html 
Video About Air Conditioning Sydney
youtube
  Air Conditioning Sydney Call Now
Ducted Reverse Cycle Air Conditioning Sydney Checkout Air Conditioning Specials Contact Us for All Air Conditioning in Sydney
Fascination About air conditioning in sydney
.entry-content iframe { margin-bottom: 0px !important; }
The post Apprezzo l'aria condizionata Sydney per un eccellente consiglio per la tua casa appeared first on Teknicool Air Conditioning.
0 notes
sportpeople · 7 years
Text
Vent’anni fa, quando qualcuno andava in Austria ad assistere ad una partita di calcio, le reazioni erano sempre un misto fra la sorpresa e l’incredulità per quel che si poteva apprezzare sugli spalti. Oggi proprio quei piccoli paesi dove il calcio non è solo caratterizzato dall’interesse di prendere quanti più soldi possibili, costituiscono una sacca di resistenza per salvare quanto di meglio resta della cultura del tifo dei bei tempi andati.
In virtù di ciò, non desisto nemmeno davanti alle difficoltà del viaggio e al giorno feriale per presenziare alla finale della Coppa Austriaca, giocata a Klagenfurt. Disgraziatamente l’avversario del famoso Rapid Wien si chiama Red Bull Salzburg, per certi versi uno dei fari dell’odiato “calcio moderno”.
Quando sono in viaggio per andare a vedere una partita di calcio (che non veda la partecipazione della mia squadra), vorrei sempre giudicare le cose in maniera oggettiva, riuscire a riportare con neutralità tutti gli avvenimenti dentro e fuori dallo stadio, oltre ogni rivalità o simpatia, ma quando mi ritrovo davanti a questa RB, davvero non riesco a trovare un singolo aspetto positivo…
Sfortunatamente il viaggio con la macchina, stimato in quasi 4 ore, a causa di parecchi incidenti stradali, code e una forte pioggia, mi costa quasi 6 ore, per cui non mi riesce d’arrivare in tempo per il corteo della tifoseria Viennese (tornato a casa ho poi apprezzato splendide immagini di questo corteo con tante torce e fumogeni…). Per lo meno riesco ad entrare allo stadio con un quarto d’ora d’anticipo sul fischio d’inizio.
La curva del Rapid fa subito una grande impressione con una coreografia semplice ma di notevole impatto. Per commemorare l’ultima vittoria della Coppa risalente a 22 anni fa, sventolano tante piccole bandierine che ricordano la maglia di quei tempi, accompagnate da un grande striscione con su scritto: “Vinceremo la coppa con lo spirito del 1995”.
Il tifo durante tutto il primo tempo è di altissima qualità, con cori fortissimi, sempre tutti eseguiti con le mani in alto, le bandiere sventolate senza un minuto di pausa e con tanti torce e fumogeni durante la partita.
Dopo l’intervallo, se possibile, il tifo sarà ancora più impressionante. Al rientro delle squadre per il secondo tempo, nel secondo anello, dov’è sistemato il nucleo più caldo della tifoseria Viennese (rappresentato dai gruppi principali degli Ultras Rapid, Lords, Tornados, Spirits, ecc.) viene accesa una lunga fila composta da tantissime torce di colore verde. I cori sono sempre di massima intensità, le bandiere sempre in alto, con un clima emotivo altissimo allorquando la squadra in campo sigla il pareggio e la Curva accende di nuovo tante torce.
Un altro picco sugli spalti si registra intorno al 75esimo minuto: l’inizio del famoso “Quarto d’ora Rapid” è annunciato da un battimano intenso in quasi tutto lo stadio (sono 17.000 i tifosi del Rapid presenti e quasi 2.000 quelli dell’RBS) e ancora una volta si vedono tante torce, questa volta sia verdi che rosse.
Ottima davvero la prestazione della tifoseria del Rapid, per me una delle più belle realtà del panorama ultras germanofono. Sfortunatamente il grande favorito RBS segna il gol decisivo a 5 minuti dalla fine della partita.
Giusto per la cronaca, la “tifoseria organizzata” nel settore ospiti, quasi un migliaio di gente senza il minimo piglio ultras, raccolta dietro qualche striscione in stile americano e con due bandiere, non si faranno mai sentire. Esulteranno, quello sì, se esultanza si può chiamarla, perché la loro squadra artificiale (per me non si tratta nemmeno di una società sportiva, ma di un’impresa commerciale) ha infilato la doppietta campionato-coppa per la quarta volta di fila. Un record storico per il calcio in Austria, ma un disastro per ognuno che ama il vero calcio in cui i valori agonistici sono anteposti a quelli economici.
Dopo la partita gli Ultras della squadra Viennese lanciano fumogeni e torce sul terreno di gioco per tutta la durata della cerimonia della consegna della coppa. È in questo momento che lo speaker dello stadio paradossalmente ringrazia le tifoserie per “l’atmosfera meravigliosa”. Un momento bellissimo se penso alla Germania, dove una singola torcia può già provocare la sospensione della gara: apprezzo che la partita di stasera non sia mai stata sospesa per un secondo nonostante per quasi tutti i 90 minuti abbia visto torce, fumogeni forse perché, questo va detto, solo una parte marginale è stata lanciata verso il terreno di gioco.
Dopo la partita, fuori dello stadio, niente da segnalare per quanto concerne l’ordine pubblico: la “tifoseria” dell’RBS non rappresenta un vero e proprio avversario.
Di nuovo la pioggia riprende a cadere quando lascio la città di Klagenfurt. Alle 4 di notte arrivo finalmente a casa mia. Avrò solo 2 ore per dormire prima di tornare al lavoro, ma ne è valsa sicuramente la pena.
Jürgen De Meester.
#gallery-0-5 { margin: auto; } #gallery-0-5 .gallery-item { float: left; margin-top: 10px; text-align: center; width: 33%; } #gallery-0-5 img { border: 2px solid #cfcfcf; } #gallery-0-5 .gallery-caption { margin-left: 0; } /* see gallery_shortcode() in wp-includes/media.php */
Rapid Wien – Red Bull Salzburg, Coppa d’Austria: lotta dura al simbolo del calcio moderno Vent'anni fa, quando qualcuno andava in Austria ad assistere ad una partita di calcio, le reazioni erano sempre un misto fra la sorpresa e l'incredulità per quel che si poteva apprezzare sugli spalti.
0 notes
saggiosguardo · 5 years
Text
Recensione AirPods 2: gli stessi di sempre, migliori che mai
Tumblr media Tumblr media
Quando Apple ha presentato l'iPhone ha innescato un processo di evoluzione globale del mercato della telefonia (e a seguire audio, video, software) che ha avuto impatti di larga scala anche sulla società. Prodotti così rivoluzionari e al tempo stesso democratici per la loro vasta diffusione, non sono per nulla frequenti. Apple stessa vi è ancora fortemente legata dopo 12 anni e sta spendendo molte energie per differenziare il suo business.
L'evento speciale tenutosi il 25 marzo 2019 ha evidenziato questo nuovo approccio con l'annuncio di Apple TV+, Apple News+, Apple Arcade ed Apple Card, ma il settore che ha registrato maggiore crescita anno su anno nell'ultimo trimestre fiscale è quello definito "altro", che include accessori come HomePod, Apple Watch ed AirPods. Se escludiamo il primo, che è ancora limitato territorialmente per le vendite – e comunque non molto diffuso anche in patria per la concorrenza spietata degli smart speaker a basso costo di Amazon e Google – gli altri due sono saldamente in cima alle classifiche di gradimento.
Non parliamo di dispositivi capaci di rivoluzionare il mondo come ha fatto l'iPhone, tuttavia amo il mio Apple Watch 4 e nella prima recensione del 2016 non ho avuto timore di affermare che gli AirPods siano un po' magici, nonché tra i prodotti migliori sfornati da Apple nell'ultima decade. Il 20 marzo sono stati leggermente aggiornati con un'edizione che per comodità chiameremo AirPods 2, anche se le modifiche introdotte sono apparentemente minori e alcuni preferiscono considerarli come una versione 1.1. Li sto utilizzando da una ventina di giorni, periodo in cui ho cercato di identificare tutte le possibili differenze con i precedenti, ed è ciò di cui vi parlerò in questa recensione.
Ehi tu, c'è un controllo in più!
La principale novità dei nuovi AirPods si chiama Apple H1, ovvero il chip che sostituisce il precedente W1 migliorandone le prestazioni ed aggiungendo funzionalità. La più evidente di queste è la possibilità di richiamare l'assistente vocale pronunciando semplicemente Ehi Siri. I controlli al tocco rimangono i medesimi, dunque si può scegliere di avere riproduci/pausa, traccia successiva e traccia precedente su entrambi gli auricolari, ma, data la possibilità di richiamo vocale per Ehi Siri, abbiamo di fatto un controllo in più. Le modalità d'uso si personalizzano da Impostazioni / Bluetooth toccando la piccola (i) che si trova di fianco agli AirPods connessi.
Si possono configurare come i precedenti, se si preferisce avere Ehi Siri "al tocco", ma un esempio di utilizzo che sfrutta la novità avendo tutte le azioni possibili sotto mano potrebbe essere questo:
traccia precedente: doppio tocco auricolare sinistro
traccia successiva: doppio tocco auricolare destro
play/pausa: togliendo e mettendo gli auricolari
ehi Siri: vocalmente
Ricordo che non ci sono superfici touch sugli AirPods, dunque il "colpo" viene rilevato da un sensore di movimento, cosa che ne rende l'utilizzo abbastanza immediato perché non si deve essere particolarmente precisi (inoltre funziona pure con i guanti).
Tip: richiamando l'assistente vocale non si devono fare pause aspettando un segnale dopo aver detto "Ehi Siri" ma pronunciare la frase intera senza pause.
Personalmente continuo a sentire un po' l'assenza del controllo diretto sul volume, perché chiederlo a Siri è scomodo e si finisce per dover utilizzare il dispositivo sorgente. Tuttavia con gli auricolari B&O E8, che hanno mille funzioni, non avverto la stessa immediatezza nell'uso quotidiano, dunque trovo abbastanza sensata la soluzione di Apple.
La ricarica Qi c'è ma si paga
Uno dei principali elementi di distinzione del nuovo modello non è negli auricolari, ma nel case. Come si sospettava da tempo, è stata aggiunta la funzionalità di ricarica wireless Qi, quindi compatibile con tutte le basette di terze parti in commercio – comprese quelle che molto probabilmente già si possiedono avendo un iPhone successivo al 7.
Attenzione alle basi di ricarica Qi in verticale, perché il case non arriverà all'altezza giusta.
Purtroppo, però, Apple ha fatto Apple. I nuovi AirPods a 179€ hanno infatti la vecchia custodia di ricarica con cavo Lightning, mentre per avere quella wireless il prezzo sale a 229€. È anche "possibile" spendere 89€ per avere soltanto la nuova custodia e metterci dentro i vecchi AirPods (che sono compatibili), ma onestamente mi sembra una soluzione sconsigliabile. Sono il primo a sostenere la bellezza della ricarica senza fili, fin da quando era assente negli iPhone e lo segnalavo come negatività, ma la cifra richiesta non è giustificabile razionalmente. Se proprio si vuole sperimentare il Qi sui precedenti AirPods si può optare per dei copri-case come questo: saranno anche grossi, ma costano una ventina di Euro.
La custodia wireless mantiene la stessa identica forma e qualità costruttiva di quella Lightning, peraltro anche questa si può ricaricare via cavo nello stesso modo. Le due sono facilmente riconoscibili per un paio di differenze strutturali ed estetiche. Sul retro, il pulsante del pairing è stato spostato al centro, dove è più facile da premere, e la piccola cerniera argentata è di un materiale diverso, probabilmente per non interferire con la ricarica Qi (la finitura è satinata anziché lucida).
I prossimi iPhone potranno ricaricare gli AirPods poggiandoli sul dorso
Frontalmente si nota invece il LED, che è stato spostato dall'interno all'esterno. La scelta è stata obbligata, poiché altrimenti non si poteva verificare la corretta attivazione della ricarica wireless dopo aver poggiato gli AirPods su una basetta. Si ha però un piccolo vantaggio supplementare, in quanto basta un rapido clic del pulsante di pairing per far accendere il LED ad indicarci lo stato di carica (che in alcuni casi è più pratico di aprire la custodia).
Considerando che gli AirPods hanno un'ottima autonomia – sostanzialmente inalterata nella nuova edizione – avere la ricarica Qi non è che cambi drasticamente l'esperienza d'uso, tuttavia è una funzionalità che io apprezzo moltissimo. Ormai abbiamo basette un po' ovunque, dunque è facile poggiare il case di tanto in tanto e senza alcun impegno programmatico, trovando gli auricolari sempre carichi e pronti all'uso.
Questa comodità non credo valga da sola l'upgrade dalla prima generazione, ma soprattutto devo ribadire la spiacevole scelta di Apple di farla pagare come un plus invece che inserirla come standard nella nuova edizione. Come utente avrei trovato più ragionevole una media del prezzo di listino (ad esempio 195€) a fronte di un unico modello dotato però di custodia Qi.
Relativamente al case devo aggiungere una cosa: negli ultimi 3 anni ho potuto provare tanti altri auricolari true wireless e nessun concorrente può vantare una custodia così riuscita considerando dimensioni, robustezza e praticità del formato.
It just works... better
Ciò che fin da subito ha contraddistinto gli AirPods è stata l'esperienza d'uso, che oggi Samsung sta tentando di replicare con i suoi Galaxy Buds. Non c'è nulla di sostanzialmente nuovo in questa generazione, ma il chip H1 aumenta leggermente la velocità con cui gli auricolari si abbiano ai dispositivi e tra di loro. Dopo diversi anni dalla presentazione ormai non ci si stupisce più di tanto, però questa fluidità che si percepisce chiaramente adoperando gli AirPods rimane uno degli aspetti migliori e quasi "magici" del prodotto... soprattutto adesso che sono stati ulteriormente perfezionati. Non si nota mai neanche il minimo fuori sync, non si "scoppiano" in nessuna occasione e il lag è persino inferiore rispetto ai precedenti.
Curiosità: se si possiedono anche gli AirPods di prima generazione e per errore si incrociano nei rispettivi case, un popup sull'iPhone ci avvisa e ci aiuta a riconoscerli dato che esternamente sono identici.
Lì dove nessun auricolare è mai arrivato prima
La caratteristica più sottovalutata degli AirPods 2 e il Bluetooth 5.0. Accoppiandoli ad uno smartphone che supporta lo stesso protocollo, si ottiene una portata nettamente superiore rispetto al primo modello, potendo spingersi ben oltre i classici 8/10 metri dalla sorgente. Al di là dei dati tecnici, vi posso dire che si superano allegramente i 15 metri lineari rispetto l'iPhone con 4 muri divisori in mezzo. Il beneficio in termini di libertà si percepisce continuamente, tutti i giorni, perché ci si sposta praticamente ovunque all'interno della casa o studio senza perdita di segnale (a patto di non abitare nel Castello di Windsor).
Quel che funziona non si cambia
Dato che gli auricolari mantengono esattamente lo stesso formato, valgono le medesime considerazioni riguardo l'ergonomia. Può piacere o meno, ma personalmente ritrovo diversi vantaggi rispetto gli auricolari in-ear con gommini. Direi che non opprimono le orecchie, non restituiscono quella sensazione di ovattamento e quasi non si avverte di averli indosso, anche perché sono leggerissimi. Il controaltare è che isolano poco dall'ambiente, quindi in aree rumorosi portare il volume al massimo può non essere sufficiente a sentire bene. Tuttavia si possono usare in ogni contesto urbano senza il rischio di non avvertire dei segnali di pericolo.
Sul fronte della qualità audio non ci sono cambiamenti, ma il confronto che ho potuto fare successivamente con tanti altri modelli della concorrenza mi ha fatto apprezzare ancora di più gli AirPods. Indossandoli correttamente le frequenze basse sono davvero ben riprodotte per auricolari di questo tipo e in generale li trovo tra i migliori, se non i migliori della categoria.
Rimane davvero comoda la possibilità di utilizzare indistintamente tutti e due gli auricolari oppure solo uno, sinistro o destro che sia. È però migliorata la resa microfoni in chiamata, che sopprimono in modo più efficiente il rumore ambientale e l'interlocutore ci sente meglio.
Conclusione
Tumblr media
È vero: gli AirPods 2 non rappresentano una rivoluzione. A ben guardare non sono ancora del tutto perfetti ma Apple è riuscita a migliorarli notevolmente e in molti ambiti. La politica di prezzo non mi è piaciuta, perché la custodia di ricarica wireless doveva essere l'unica disponibile, ma dopo diverse comparazioni posso affermare senza timore di smentita che nessun concorrente meno costoso può davvero competere con gli AirPods. Se si mettono insieme la comodità, l'autonomia, la qualità costruttiva, la portata, la resa audio, l'efficacia dei microfoni, la praticità, la dimensione ed il formato del case gli auricolari true wireless di Apple continuano ad essere al vertice della categoria. Si può legittimamente sostenere che costino parecchio se si confrontano a delle cineserie di bassa lega, ma alla prova dei fatti la differenza di resa non li pone neanche in concorrenza.
Non mi soffermo sulla domanda "conviene passare dalla prima alla seconda generazione?" perché la risposta giusta non c'è e se c'è è diversa per ognuno di noi. Però consiglio di valutare la possibilità di vendere i precedenti (puliti e disinfettati, mi raccomando) per acquistare i nuovi, specie se si sono usati molto e la batteria ha perso un po' dell'originale longevità.
Una piccola nota per gli sportivi: gli AirPods sono auricolari per tutti i giorni che spiccano per la comodità grazie al fatto che sono così poco invasivi nelle orecchie, ma di contro non hanno una stabilità paragonabile a quella degli in-ear, specie confrontandoli con quelli dotati di supporti aggiuntivi. Ecco perché nel caso si utilizzino per la corsa o altre attività dinamiche, non sono il prodotto più indicato. Non che non si possano adoperare, ma si deve prestare maggiore attenzione per non perderli (o usare dei supporti aggiuntivi...). In questi casi può essere utile avere un secondo paio di auricolari Bluetooth tradizionali per lo sport, anche a prenderne un paio di quelli super economici da una ventina di euro.
In chiusura vorrei ripartire dalla definizione che ho dato ai primi AirPods, ovvero briciole di magia. Il fatto che siano così piccoli e senza fili sottolinea l'evidente similitudine con le briciole, ma è la magia l'elemento più importante della frase. Apple è riuscita in un'impresa per nulla facile migliorando quasi tutto senza cambiare niente, ribandendo sia la validità del primo modello che evolvendo il nuovo nella giusta direzione. Per questo motivo – e considerando anche le lacune in termini di qualità costruttiva, funzionalità e resa dei concorrenti – non ho dubbi nell'assegnare 5 stelle ai nuovi AirPods. Ciò non significa che non ci siano elementi migliorabili, ma che sono l'acquisto migliore che si possa fare, in particolare per chi utilizza prodotti Apple.
PRO
Tumblr media
 Leggere e per nulla invadenti nelle orecchie
Tumblr media
 Qualità audio molto valida
Tumblr media
 Possibilità di utilizzo del singolo auricolare con microfono
Tumblr media
 Qualità della chiamata migliorata grazie alla riduzione ambientale del rumore
Tumblr media
 Più veloci nell'accensione e nell'abbinamento
Tumblr media
 Portata nettamente superiore grazie al Bluetooth 5.0
Tumblr media
 Assenza quasi totale di lag e fuori sync tra i due auricolari
Tumblr media
 Abbinamento, accensione e spegnimento vicini alla perfezione
Tumblr media
 Ottima durata della batteria considerando anche le ricariche possibili con il case
Tumblr media
 Sistema di pairing molto flessibile, in particolare con tnti dispositivi Apple
Tumblr media
 Richiamo dell'assistente vocale con Ehi Siri
Tumblr media
 Praticissima la ricarica Qi (modello più costoso con custodia wireless)
CONTRO
Tumblr media
 Isolano poco dal contesto
Tumblr media
 La custodia di ricarica wireless costa di più
Tumblr media
 Si sente la mancanza del controllo volume
L'articolo Recensione AirPods 2: gli stessi di sempre, migliori che mai proviene da SaggiaMente.
Articoli correlati:
Recensione: Zolo Liberty, auricolari true wireless economici per lo sport Gli auricolari Bluetooth completamente senza fili, noti in commercio come...
Recensione: Mjyun M1, auricolari true wireless economici per lo sport Quando Apple presentò gli AirPods (recensione) in tanti ne misero...
Le prime immagini degli auricolari Powerbeats Pro true wireless Nel segmento alto del mercato relativo agli auricolari Bluetooth, ormai...
from Recensione AirPods 2: gli stessi di sempre, migliori che mai
0 notes
saggiosguardo · 4 years
Text
HP Envy 32" All-in-One è l'iMac che molti utenti Apple vorrebbero
Mentre stiamo riscaldando i motori per riprendere le attività in questo 2020, il CES sta iniziando a sfornare molte novità che entreranno nelle liste dei desideri di tutti noi. Quella che vi voglio presentare subito si chiama HP Envy 32" All-in-one, un computer che fa venire l'acquolina in bocca. Fin dall'epoca dell'iMac G3 il territorio dei "tutto-in-uno" è stato ipotecato da Apple, che nel corso degli anni li ha resi sempre più moderni e potenti. Sono stati pochi i tentativi della concorrenza di fare di più e meglio, tanto che anche alcuni utenti PC hanno acquistato iMac quando desideravano una postazione completa e compatta, ideale sia a casa che negli uffici, soprattutto negli ambienti di rappresentanza. E mentre le attenzioni di Cupertino nel 2019 sono state rivolte ai nuovi Mac Pro e MacBook Pro 16", gli iMac rimangono stagnanti. Il design è quello da troppi anni, gli schermi pure e le caratteristiche tecniche sono progredite linearmente seguendo soltanto le nuove generazioni di CPU e molto poco sulle GPU.
Probabilmente si sta lavorando ad un aggiornamento importante dietro le quinte – o almeno è questo che speriamo – ma nel frattempo si è creato uno spazio per chi vuole osare un po' di più. HP non è nuova agli all-in-one ma mai nessuno mi aveva colpito come questo. Il design paga il suo importante tributo all'iMac, ma si sa anche distinguere quando deve. Il display da 32" è un 4K HDR-600 DCI-P3 10 bit che regala ottime immagini e che risulta essere della taglia giusta per poter godere appieno di contenuti multimediali così come per crearli. Sono ormai 3 anni che lo ripeto:
i 27" in fascia top non sono più adeguati
E anche se Apple punta alla qualità "Retina" con le modalità HiDPI e risoluzioni più elevate, il 4K spalmato su una diagonale da 32 risulta godibilissimo. Chiunque ne abbia uno ve lo può confermare e io stesso ve lo dico scrivendo dal mio iMac Pro con un 27" 5K che cambierei immediatamente con un 32" 4K... se solo potessi!
Le cornici sono sottili e costanti, mentre in basso c'è un'ampio spazio dedicato ad una sorta di soundbar integrata firmata Bang & Olufsen. È ricoperta in tessuto e sporge nell'area inferiore, così da ad offrire un'esperienza d'ascolto nettamente superiore.
In alto si nota l'assenza di webcam ma in realtà è presente in uno scompartimento a scomparsa meccanico, così si risolve anche il problema di chi non vuole avere la camera sempre attiva quando in realtà non la sta usando. Il colore scuro della livrea ricorda da vicino quello dell'iMac Pro ed è inutile tentare di nascondere che tutti, più o meno, guardano ad Apple quando si tratta di all-in-one (e non solo). Tuttavia HP si è spinta dove Apple non vuole o non è ancora andata, sia per le linee più fresche che per lo schermo maggiorato. Bella anche la chicca dell'area Qi nella base per ricaricare lo smartphone.
La dotazione di porte è misurata ma ben variegata, includendo una Thunderbolt 3, una USB-C, due USB-A, 2 HDMI (out / in) e la Ethernet. All'interno troviamo CPU Intel di nona generazione, buona dotazione di RAM (che a parità di prezzo è nettamente superiore rispetto a quella degli attuali iMac) e soprattutto GPU NVIDIA di ultima generazione.
I prezzi non sono bassi ma l'offerta è interessante perché concreta e con molti aspetti davvero positivi. Ad esempio il modello con i7-9700, 32GB di RAM, 512GB SSD NVMe + 1TB HDD e GeForce RTX 2060 dovrebbe costare circa 3200€, dunque vale il vecchio adagio per cui se prendi un case e ci metti dentro la stessa "roba" si può risparmiare, tuttavia non si ottiene lo stesso design pulito, compatto e senza cavi. Tutti motivi che hanno praticamente fatto sparire gli assemblati dalla maggior parte delle scrivanie nel mondo. E comunque un iMac 27" sostanzialmente comparabile costa almeno 1000€ in più-
Vi includo di seguito anche i commenti degli altri SaggiAutori su questo HP ENVY 32" All-in-one:
Non trattiamo su queste pagine, per motivi tecnici e legali, la questione hackintosh. Ma non si può negare che questo HP tenta a metterci macOS su, di vederlo all’opera su quello che l’iMac potrebbe essere e diventare se Apple decidesse di osare di più. Purtroppo o per fortuna, ci pensa la stessa HP a togliere la tentazione, adottando GPU Nvidia per le quali Apple ha la stessa passione e supporto che abbiamo noi per le zanzare in estate, ossia zero. – Giovanni
Hp Envy 32 insegna ad Apple che una evoluzione del settore degli all in one è ancora possibile: cornici ridotte al minimo, ampio display 4K e audio di ottima qualità accompagnano una dotazione hardware di tutto rispetto, pur mancando il suffisso “Pro” nel suo nome. Chissà se questo computer non porti un po’ di ispirazione per un rinnovo ragionato della gamma iMac nel corso del 2020. – Elio
Non sempre sottile è meglio, anzi mi piacciono molto le forme leggermente irregolari di questo nuovo HP, la dimensione dello schermo è quella giusta ed è stata posta giusta enfasi anche nel comparto audio integrato. Apprezzo inoltre la webcam a scomparsa (anche se sarebbe stata più cool se motorizzata invece che manuale) e lo spazio per la ricarica Qi integrato nella base. – Massimiliano
L'articolo HP Envy 32" All-in-One è l'iMac che molti utenti Apple vorrebbero proviene da SaggiaMente.
Articoli correlati:
Recensione: iMac 27" 5K (2017), il prezzo della bellezza L’iPhone è certamente l’emblema del successo per Apple, nonché il...
HP vorrebbe reinventare il PC con lo Spectre Folio: missione possibile? "Due in uno"... a pensarci non è una bella immagine....
CES 2019: le principali novità laptop Al CES 2019 di Las Vegas è molto massiccia anche...
from HP Envy 32" All-in-One è l'iMac che molti utenti Apple vorrebbero
0 notes
saggiosguardo · 5 years
Text
5 cose che mi piacciono del Galaxy S10+ e 5 che non mi piacciono
Iniziando un articolo simile mi trovo sempre invischiato in una lunga premessa, necessaria per far capire al lettore la mia prospettiva. Almeno questa volta vorrei evitarla, utilizzando al suo posto un brevissimo punto elenco:
uso iOS: da 10 anni a questa parte il mio smartphone principale è l'ultimo modello di iPhone uscito (e da quando sono più d'uno provo tutta la lineup)
uso Android: da circa 7 anni la mia seconda SIM di lavoro è parcheggiata in uno smartphone Android e ne cambio da 4 a 10 l'anno (dipende da quello che mi "ispira" al momento)
conosco Android: non è parte necessaria nella mia attività ma per passione ho provato smartphone di tutti i principali brand ed ho iniziato a guardare alla Cina quando ancora produttori come Xiaomi erano poco noti da noi e non avevano una distribuzione italiana, realizzando anche delle guide per eseguire root e flash di rom differenti utilizzando macOS e non Windows
preferisco iOS: trovo che gli iPhone offrano una migliore esperienza d'uso, supporto più duraturo e soprattutto molti vantaggi derivanti dall'intero ecosistema (poiché ho anche iPad, Mac, AppleTV, Apple Watch
Uno dei terminali Android che ho deciso di acquistare in questo inizio del 2019 è stato il Samsung Galaxy S10+. In realtà sono abituato a prendere almeno un Samsung S all'anno per tenere d'occhio i progressi dell'azienda coreana, ma di norma non ho fretta e aspetto i successivi cali di prezzo. Questa volta c'erano elementi che volevo provare con mano anche in qualità di utente Apple che non sa cosa aspettarsi dalla prossima generazione di iPhone. Comunque sia questa non è una recensione e non farò una recensione. Non è che io snobbi il prodotto, altrimenti non l'avrei acquistato, semplicemente non ho una tabella di marcia che mi "impone" di farlo e dunque vado a "sentimento". In questo caso quello che vorrei condividere con voi e più specificatamente con quelli interessati a questo articolo, sono alcune riflessioni dalla prospettiva di chi usa iOS, usa Android, conosce Android ma preferisce iOS.
5 cose che mi piacciono del Samsung S10 Plus
Schermo: ci sono pochi dubbi sul fatto che Samsung produca i migliori pannelli OLED per smartphone ed S10 Plus non fa eccezione. Da alcuni anni l'azienda ha corretto anche quella fastidiosa tendenza all'eccessiva saturazione, ottenendo una taratura equilibrata ma gradevolmente vivida. La luminosità è convincente e sono molto buone sia la diagonale che la risoluzione, rispettivamente di 6,4" e 1440 x 3040 pixel (anche se di base è settato su 1080 x 2280 visto che il di più si percepisce solo in rarissimi casi, come nell'uso con visori). Il foro frontale per la doppia fotocamera non è bello o brutto in termini oggettivi, è solo un'altra possibile soluzione simil-notch per aumentare la dimensione dello schermo e ridurre le cornici. A me non dispiace e in molti casi è gestito bene, anche se trovo più gradevole la soluzione con singolo foto di S10 ed S10e. Da notare che comunque lo spazio aggiuntivo rispetto i precedenti S9 non è sempre usato in modo ottimale, poiché oltre ai video col buco (meno fastidioso del notch, secondo me) alcuni formati meno estesi dello schermo vengono riprodotti decentrandoli.
Storage: Apple dovrebbe prendere esempio, perché su smartphone top di gamma 128GB di base sono giusti oltre che dovuti (ne ho già parlato). In più il Galaxy S10+ si può espandere con microSD, offrendo all'utente molta più libertà, comodità ed economia rispetto agli iPhone. Altro vantaggio: ci puoi collegare una pendrive standard ed accedere liberamente al contenuto. Apple dovrebbe prenderne nota soprattutto per l'iPad, da troppo tempo castrato da questo assurdo limite.
Fotocamere: Non sono un fan delle foto eccessivamente contrastate e sature dei Samsung e questo nuovo modello non fa eccezione. Apprezzo invece moltissimo la fotocamera super grandangolare che è stata aggiunta. Come ho già avuto modo di dire decine di volte parlando degli smartphone LG – che la utilizzano da anni e per questo li compro – l'aumento dell'angolo di campo porta ad una visione diversa, più immersiva ed originale che stimola la creatività ben più di quella tele (che alla fine è solo un crop di migliore qualità di quella standard). Da notare anche che la disposizione centrale realizzata da Samsung non è affatto sgradevole da vedere e, a differenza del "semaforo" degli iPhone, non comporta lo sbilanciamento dello smartphone sulla superficie d'appoggio.
Ricarica: Tre aspetti mi piacciono di S10+ relativamente alla ricarica: il primo è che in dotazione vi è un caricatore USB molto più veloce di quello Apple (ma alcuni Android fanno ancora meglio da questo punto di vista); il secondo è che supporta fino a 15W nella ricarica wireless Qi; il terzo è che dispone di reverse wireless charging. Samsung la chiama Wireless PowerShare e consente di utilizzare la batteria del telefono per ricaricare un dispositivo compatibile Qi poggiandolo sul dorso. Non è molto veloce ed ha poco senso per ricaricare un altro smartphone, ma è comodissimo per gli auricolari Galaxy Buds ed altri prodotti compatibili (io lo uso pure con le AirPods grazie ad un case dedicato).
Uscita audio: Forse sarà l'ultimo Samsung ad averla ma per adesso ce la godiamo. In dotazione ci sono degli auricolari più che sufficienti realizzati in collaborazione con AKG, ma il vantaggio in generale è quello della flessibilità, perché in qualsiasi occasione sarà necessario collegare cuffie, casse, microfoni, mixer, stereo ed altro, non servirà alcun adattatore.
5 cose che non mi piacciono del Samsung S10 Plus
Autenticazione: Samsung ha dotato il Galaxy S10+ di un doppio sistema di autenticazione biometrica, uno visivo ed uno ultrasonico. Il primo è basato sulle fotocamere frontali ma purtroppo si inganna anche mostrandogli una foto dell'interessato presa da un social. Ho provato anche ad abilitare una maggiore precisione (che rimane molto veloce) ma purtroppo il risultato non cambia. Il sensore d'impronta ultrasonico è invece posizionato sotto lo schermo, in un'area specifica che non sempre si centra al primo colpo non avendo una sua "fisicità". Se si preme bene e al punto giusto è efficace il 95% delle volte ma fallisce un po' troppo spesso se si poggia il dito leggermente e senza troppa attenzione. L'ultimo update ha migliorato un po' le cose, ma rimane un tipo di accesso non propriamente fluido e rapido come quello visuale. In conclusione ognuno dei due sistemi presenta i suoi limiti, poiché quello del volto non è neanche lontanamente sicuro come il Face ID degli iPhone X e per l'impronta siamo ben distanti dall'efficacia del Touch ID di seconda generazione. Ne avrebbero potuto aggiungere anche un terzo o un quarto, ma io avrei preferito averne uno solo a patto che fosse sicuro, veloce ed affidabile.
Design ed ergonomia: Complessivamente l'aspetto del Galaxy S10+ mi soddisfa e apprezzo molto anche la leggerezza e lo spessore ridotto. Sospendo il giudizio per l'Infinity-O Display, con quel doppio foro che può piacere o meno, mentre trovo davvero sgraziato il fatto che su quattro lati tre abbiano uno spessore diverso delle cornici. Non vorrei sembrasse un discorso di principio, posso capire che qualcuno poco interessato a tali dettagli neanche lo noti, ma avrei preferito aumentare un minimo il bordo superiore al fine di eguagliare almeno quello inferiore. Ritengo comunque che la soluzione tecnica utilizzata da Apple per eliminare l'asimmetria del "mento" dovrebbe essere implementata almeno nei terminali Android top di gamma come questo, dato che sappiamo essere difficile e costosa. Aggiungo qui anche un paio di lati negativi relativi all'ergonomia, in quanto gli angoli curvi fronte/retro causano due effetti spiacevoli: il primo è che è troppo facile toccare il bordo dello schermo con il palmo della mano o con le dita che lo stringono dall'altro lato, attivando la risposta touch involontariamente; il secondo è che il bordo diventa così un po' troppo affilato e non è esattamente piacevole in mano.
Gesture: Nel Galaxy S10+ Samsung ha aggiunto la sua interpretazione di gesture, che però sono sostanzialmente inutili: c'è soltanto un'opzione che consente di trasformare la classica barra in tre trattini bassi che si attivano con uno swipe verso l'alto. In pratica si sostituisce la pressione con lo scorrimento, ma senza cambiare le funzionalità. Android Pie stock sul Pixel ha un approccio più gradevole, per cui bastava seguire quella strada per ottenere un risultato migliore. Allo stato attuale della One UI 1.1 si fa prima a tenere i tradizionali pulsanti di navigazione.
Software: A prescindere dalle proprie preferenze personali, trovo che Android nelle versioni così personalizzate abbia più svantaggi che vantaggi. Sono sicuramente comode ed apprezzabili alcune implementazioni uniche di Samsung, tuttavia l'insieme non è ben amalgamato. Inoltre durante i primi giorni di utilizzo il sistema propone di attivare una nuova funzione ogni 3x2, ottenendo un effetto controproducente sia per gli utenti avanzati (che già le conoscono) che per gli eterni neofiti (i quali non vogliono approfondire per definizione). Alla fine entrambi si annoieranno e inizieranno a saltare qualsiasi cosa dopo l'ennesima proposta ricevuta in poche ore, soprattutto perché ognuna è condita dalle solite condizioni contrattuali. Dovrebbero accorpare meglio le funzioni primarie in fase di prima attivazione e soprattutto dovrebbero eliminare i servizi e le app duplicate. Capisco che ogni produttore voglia dire la sua e creare un ecosistema in cui lucrare in esclusiva, però alla fine è Android e allora perché mettere Galaxy Store in aggiunta al Play Store, installare Galleria e Google Foto, E-Mail e Gmail. Poi c'è Samsung Pay, che però non è Google Pay, e un browser nativo che per sincronizzare i preferiti dal desktop ti costringe ad installare un'estensione per Google Chrome. Non so, mi sembra che troppo spesso produttori come Samsung si complichino la vita complicandola pure ai loro utenti. Sarebbe meglio sfruttare quelle risorse per velocizzare il rilascio degli update di sicurezza di Google e garantire una maggiore longevità a tutti i propri smartphone.
Svalutazione: Il prezzo di listino del Galaxy S10+ non è eccessivo se si considera che con meno di 1000€ si porta a casa una versione del top di gamma più che dignitosa con 128GB. Per comparazione, un XS Max base da soli 64GB (e senza espansione) costa 1289€ e il più comparabile modello da 256GB ne richiede 1459€. Rispetto agli anni passati ormai anche gli iPhone faticano a mantenere il prezzo di listino – per fortuna, visto quanto è salito – tuttavia i Samsung presentano una svalutazione costante e vertiginosa. Già solo nei giorni di preordine si sono viste oscillazioni di 100€ e, considerando l'andamento dei precedenti S9, non mi stupirei di vedere un 40% in meno entro 6 mesi. Diciamo che con Samsung, ancora più che con Apple, i primi acquirenti sono i più "sfortunati", ma si deve considerare che a differenza dell'azienda di Cupertino la casa coreana propone delle interessanti promozioni per chi preordina. Nel caso di S10 ed S10+ si aveva diritto ad un paio di auricolari Galaxy Buds (che si riceveranno entro 180gg dall'acquisto degli smartphone ufficiali italiani).
Conclusione
Nel mondo Android si possono vedere varie sperimentazioni ed è più facile trovare qualcosa che stuzzichi i propri interessi. Il Galaxy S10+ è certamente una delle proposte più interessanti, perché offre un pacchetto davvero completo di specifiche tecniche e funzioni in un design nuovo e parzialmente originale. Alla fin fine che sia un notch, una goccia, un foro a sinistra o un doppio foro a destra, poco cambia: avendo schermi sempre più vicini ai bordi, i produttori cercano di distinguersi in base a dove scelgono di posizionare la fotocamera frontale ed il relativo buco nello schermo. Ci si abitua a tutto ma l'impressione è che siamo in un periodo di transizione che durerà solo finché non si troverà un modo migliore per nascondere la fotocamera ed eventuali elementi ad essa correlata. Abbiamo già visto slitte o elementi motorizzati, ma sono tutte cose con diverse controindicazioni al momento. Quindi ci teniamo questi buchi e a quanto pare possiamo solo decidere dove preferiamo che siano. Dispiace però che sul Galaxy S10+ la doppia fotocamera frontale non sia stata utilizzata per valutare la profondità ed evitare l'aggiramento dell'accesso con una semplice immagine 2D. Speriamo si possa migliorare lato software perché una foto la possono trovare tutti, mentre realizzare un calco tridimensionale è cosa ben più complicata. Devo ammettere che con questo S10+ non è scoccata la scintilla, perché do molto peso all'esperienza d'uso e tra lo schermo curvo che tocco troppe volte, l'assenza di gesture moderne ed un accesso che è o veloce ma poco sicuro o sicuro ma più macchinoso, ho maturato un po' di perplessità. Complessivamente, però, è uno smartphone che convince su quasi tutti gli aspetti tecnici rilevati per il mercato ed avrà ragione di dettare il passo nel mercato Android di fascia alta in questo 2019.
L'articolo 5 cose che mi piacciono del Galaxy S10+ e 5 che non mi piacciono proviene da SaggiaMente.
Articoli correlati:
Samsung Pay arriva in Italia: ecco come attivarlo in anteprima Ieri Samsung ha annunciato l'arrivo del servizio di pagamento Samsung...
Samsung Pay è ufficialmente disponibile in Italia Lo avevamo anticipato qualche settimana fa, e vi avevamo anche...
ecco il Galaxy S10+ svelato dalla stessa Samsung Domani Samsung terrà il classico evento unpacked in cui svelerà...
from 5 cose che mi piacciono del Galaxy S10+ e 5 che non mi piacciono
0 notes
saggiosguardo · 7 years
Text
Recensione: Sudio Regent, cuffie Bluetooth oneste e dal bell'aspetto
Quando sono stato contattato per la prima volta da Sudio per la recensione degli auricolari VASA BLÅ non sapevo cosa aspettarmi. Ultimamente tendo a dire di no alla maggior parte di quelli che ci scrivono per inviare prodotti in prova, perché troppo spesso si tratta di materiale scadente. Affacciandomi sul sito dell'azienda svedese ho avuto una sensazione diversa ed è grazie a quella che ho risposto positivamente ed ho apprezzato i suoi bei prodotti. Linee pulite, attenzione alla qualità ed all'ergonomia, niente fronzoli ed un prezzo equilibrato. L'obiettivo è quella fascia media che non si accontenta, sa riconoscere la qualità ma non vuole neanche spendere troppo. Le cuffie Sudio Regent soddisfano proprio questi requisiti e si sono guadagnate da più di un mese un posto nella mia Everyday Messenger (recensione).
Aperta l'elegante e semplice confezione si trovano solamente le cuffie, un cavo microUSB per la ricarica e uno mini jack per utilizzarle da spente. Non c'è un astuccio per il trasporto, cosa che mi ha un po' stupito visto che sono particolarmente adatte al trasporto. I padiglioni, infatti, si ribaltano all'interno riducendone di molto le dimensioni e riuscendo ad aggiungerle facilmente in borsa anche all'ultimo momento.
Il cavo ha la lunghezza giusta per lo smartphone, se lo si tiene in tasca, o per collegarle al computer sulla postazione su cui si sta lavorando, mentre risulta un po' corto se si utilizzano schede audio esterne o mixer posizionati più distanti dallo schermo. Le ho usate molto spesso con il cavo, proprio perché le porto sempre con me e mi capita di dover lavorare su postazioni di altri, ma non è quello il loro principale impiego.
Tolto il cavo, che è simmetrico ed usabile senza preoccuparsi del verso, le Regent rientrano nel loro più naturale ambito di utilizzo via Bluetooth. I tasti di controllo sono tre, tutti disposti sul retro dell'auricolare destro, ma riescono a coprire tutte le funzioni principali. Oltre al volume ed al cambio traccia, differenziati dalla lunghezza della pressione, possiamo anche richiamare Siri con un doppio clic sul tasto centrale. Questo si localizza facilmente al tatto per via di una leggera sporgenza, mentre gli altri due sono identici. Personalmente li avrei fatti un po' più ampi, ma apprezzo la modularià del design.
L'accensione e il pairing sono semplicissimi e la portata rientra nei classici limiti del Bluetooth, anche se il segnale appare abbastanza forte e stabile fino al limite dei 10 m. I padiglioni sono di tipo on-ear e perfettamente circolari, con un diametro adeguato per fornire anche un minimo di isolamento passivo. L'imbottitura è comoda e piuttosto spessa, con un rivestimento in simil-pelle molto soffice.
L'assemblaggio è buono ma non è perfetto, nel mio esemplare il rivestimento dei due padiglioni non è al 100% simmetrico nella linea, ma la qualità costruttiva è sopra la media. Non ci sono scricchiolii di nessun tipo e resistono bene ai maltrattamenti. Tutta la parte superiore dell'archetto ha la medesima imbottitura, mentre un robusto sostengo in metallo permette di spostare i padiglioni in altezza fino a trovare la giusta posizione.
Le finiture sono dorate, con una tinta non scontata ma neanche kitsch essendo poco satura. Una volta indossate sembrano piuttosto comode, non manca un pizzico di pressione sulle orecchie, cosa necessaria per dare stabilità, ma non danno fastidio. Certo rimangono piuttosto compatte ma si estendono parecchio e si riesce a trovare una buon setup anche sulle teste più grandi.
Ho apprezzato molto le due placche metalliche in cui è riportato l'orientamento dei padiglioni sotto il logo dell'azienda, perché è ben visibile e rende più rapido indossarle nel verso giusto. La parte esterna dei padiglioni è in plastica dura e il disco di decorazione è sostituibile. Si toglie semplicemente con un movimento rotativo e si inseriscono gli altri con lo stesso metodo. È un'idea simpatica per personalizzare le proprie cuffie o cambiare look, anche se la scelta è piuttosto ridotta e continuo a preferire il design dei dischi originali.
Le Sudio Regent si presentano bene, sono comode e si trasportano facilmente, ma è anche il suono a convincere. L'impedenza da 47 Ohm si adatta bene agli smartphone e consente di sfruttare anche degli amplificatori leggermente più impegnativi, ma non quelli di fascia alta. I due driver da 50mm spingono abbastanza forte (105 dB la sensibilità) e la firma sonora è davvero molto equilibrata. Forse la resa è un po' freddina ma la definizione è davvero buona e consente di apprezzare con dignità qualsiasi brano.
Le frequenze basse sono ricche ma sempre sotto controllo e i medi hanno contorni abbastanza puliti su tutto lo spettro. Incisivi gli alti, anche se mai troppo squillanti. La risposta in frequenza di 18 - 22.000 Hz è nella media, ma le Regent riescono ad essere ruffiane il giusto da conquistare le nostre orecchie senza cedere alla tentazione di una equalizzazione forzata. Magari non sono le più coinvolgenti ma sono cuffie che non stancano e a cui la dinamica non manca. Davvero apprezzabile l'autonomia che, nelle mie prove, ha raggiunto le 18h di ascolto a volume medio.
Conclusione
Le Sudio Regent offrono un bilanciato mix di qualità, la prima delle quali è un bel design. Ci sono sia in nero che in bianco, entrambi con elementi strutturali e decorativi dorati (che spiccano sicuramente più sul nero). Sono strutturalmente semplici e robuste, abbastanza comode in testa e sempre pronte ad essere messe in borsa viste le dimensioni contenute con i padiglioni chiusi all'interno. Si possono usare anche per le telefonate ma il microfono non è il massimo, mentre nell'ascolto musicale si fanno apprezzare per un suono abbastanza forte ed una definizione elevata per la fascia di spesa. Il suono è davvero equilibrato e per chi bada al sodo non c'è davvero nulla di cui lamentarsi. Tuttavia il brand svedese non è molto noto da noi e non essendo un prodotto da discount è facile che i potenziali acquirenti si indirizzino su altro. Magari proprio quelli che scelgono con oculatezza e che riuscirebbero ad apprezzare meglio la buona sostanza di queste cuffie. Il mio consiglio è: se vi piacciono e le specifiche rispondono ai vostri bisogni, allora buttatevi. Non vene pentirete. Le Regent si possono acquistare sul sito Sudio per 129€.
PRO  Design semplice e riuscito  Buona qualità costruttiva  Compatte e richiudibili  Buona ergonomia  Comode da usare (funziona anche Siri)  Suono di buona qualità, equilibrato e ben definito  Durata della batteria elevata
CONTRO Manca una custodia da trasporto  Il microfono per le telefonate è scarso
DA CONSIDERARE Possibilità di personalizzare il disco dei padiglioni, ma ci sono poche opzioni Il marchio non è particolarmente noto, ma il prodotto merita Il cavo mini-jack è un po' corto, ma vale per tutte le cuffie BT
Articoli correlati:
Recensione: Jabra Move, cuffia Bluetooth economica con giuste qualità e prezzo Qualche tempo fa ho provato per qualche giorno le Jabra Revo....
Recensione: cuffie Bluetooth Noontec Zoro II Wireless, audio ok ma il resto? Fino a qualche tempo fa non prestavo molta attenzione alle...
Recensione: Superlux HB668B, cuffie classiche e molto economiche Back to the past. Questa la sensazione che ho avuto aprendo...
from Recensione: Sudio Regent, cuffie Bluetooth oneste e dal bell'aspetto
0 notes
saggiosguardo · 7 years
Text
Recensione: Jabra Move, cuffia Bluetooth economica con giuste qualità e prezzo
Qualche tempo fa ho provato per qualche giorno le Jabra Revo. Queste sono osannate un po' ovunque da diversi anni, ma non mi hanno conquistato. Sì, è vero, sono ben costruite e suonano discretamente bene, ma con il prezzo di listino di 199€ si può chiedere decisamente di più. Per fortuna sono spesso in forte sconto e le cose cambiano se si pagano 100€, ma se serve una cuffia bluetooth on-ear votata più alla comodità che al sound o al prestigio, trovo che la Plantronics Backbeat Sense sia complessivamente più riuscita (l'unico problema è che non si richiude). Devo dire di non aver ancora trovato delle cuffie piccole e leggere che possano superare in comodità e qualità le Bose SoundLink On-Ear (recensione), ma in quel caso il prezzo raggiunge i 200€. Volendo spendere meno è facile ritrovarsi di fronte tutti quei prodotti cinesi che stanno infestando anche Amazon negli ultimi anni. Non voglio fare nomi, ma ce ne sono due e tre che si spacciano per marche importanti e purtroppo riescono ad ingannare diversi consumatori con offerte false e prodotti meno che mediocri. La ricetta di Jabra rimane decisamente più appetibile in tal senso, soprattutto se si considera il modello più economico.
Le Jabra Move sono delle cuffie on-ear assolutamente gradevoli nell'aspetto e disponibili in diverse colorazioni. Io ho quelle interamente nere, in cui vi sono soltanto un paio di richiami di colore grigio. La parte superiore dell'archetto sembra di plastica, con una sottile imbottitura ed un rivestimento in tessuto bicolore. Le sezioni dell'archetto legate ai padiglioni sono invece di metallo. Quando si riducono al minimo le cuffie risultano davvero compatte, cosa molto utile visto che non si possono ripiegare. Il sistema a slitta è fin troppo semplice, infatti capita che si spostino senza volerlo o che non si riescano ad alzare o abbassare i padiglioni mentre si indossano. Si riesce comunque a trovare la giusta dimensione senza troppa fatica, anche se sarebbe gradito un sistema più preciso.
I padiglioni stessi sono di metallo, piccolini ma ben rifiniti, con il cavo di connessione a vista. È un particolare che personalmente ho gradito, specie considerando il richiamo cromatico e il posizionamento. Sull'esterno del padiglione sinistro si trova uno strano controller, che bisogna un po' digerire. Questo ha un tasto centrale sporgente che fa da play/pausa, mentre le due aree più basse controllano il volume (o il cambio traccia, tenendo premuto). Non vi è alcun problema in realtà, ma l'eccessiva discrepanza nell'estrusione dei due rende un po' più scomoda l'identificazione e la pressione dei pulsanti volume, che sono praticamente piatti al confronto. In basso vi è anche l'uscita mini-jack, utilizzabile per il collegamento cablato senza l'uso della batteria.
La ricarica avviene tramite un cavo micro USB, la cui porta è alla base del padiglione destro. Ci vuole poco più di un'ora per portare la batteria al 100% e l'autonomia media è di circa otto/dieci ore, che variano in base al volume d'ascolto e al tempo di stand-by. Il selettore di accensione ha tre posizioni: in basso è spento (uso con cavo), al centro è acceso (uso via Bluetooth), in alto si attiva il pairing. L'abbinamento è stato sempre rapido e stabile su tutti i dispositivi testati (smartphone, tablet, TV, computer).
L'area interna dei padiglioni riprende lo schema cromatico del resto, con un'imbottitura nera morbida ed il rivestimento dei driver di colore grigio. Qui vi sono anche le lettere L ed R ben visibili, un particolare che apprezzo molto e preferisco rispetto ai bassi rilievi sugli archetti, che non sempre si identificano al primo colpo.
A livello di ergonomia non mi sento di promuoverle con l'eccellenza, ma solo per un paio di dettagli. Il primo è che tendono a stringere un troppo per chi indossa gli occhiali e ha la testa un po' grande. Con il tempo potrebbero cedere un po' ma attualmente dopo 40 minuti mi danno un po' fastidio.
Un'altra cosa che non gradisco molto è la posizione dei pulsanti. Questi sono sul retro, come è giusto che sia per raggiungerli con il pollice, ma nell'area più esterna del padiglione, proprio dove va a stringere tanto il diametro e la superficie è larga circa 1 cm. Non sono molto comodi ed è anche poco naturale andare a cercali lì, io metto sempre le mani sulla parte più larga.
Dopo un delicato chime di accensione, una voce guida ci indica lo stato di connessione. Il cambio volume non genera nessun suono finché non si raggiungono i livelli più elevati, con una logica sensata che riduce le distrazioni quando si ascolta a bassi regimi. La timbrica è piuttosto simile a quella delle Revo, con un'equalizzazione furba ma anche abbastanza bilanciata, che non enfatizza i bassi a scapito della qualità. Il volume non è fortissimo ma è più che sufficiente ed ho apprezzato una buona separazione stereo, con uno stage ampio ed assolutamente godibile. Si ascolano sicuramente con piacere, specie con le tipiche sorgenti in streaming.
Conclusione
Inizio dal prezzo, perché se dovessi giudicarle in base ai 99€ del listino ribadirei la mia preferenza per le Backbeat Sense. Invece è già da maggio dello scorso anno che le Jabra Move sono scese intorno ai 70€ ed oggi costano mediamente 65€, ad eccezione di quelle nere da me prescelte, le quali si pagano ancora meno: solo 55€. Considerando questo prezzo alcune possibili critiche vengono meno, come ad esempio la mancanza di una sacca o custodia. L'archetto è piccolo e si trasportano bene anche senza, ma chi ha la testa grande le può avvertire un po' stringenti, specie se indossa gli occhiali. L'estetica è buona, i materiali pure e l'ergonomia non sarà perfetta ma è comunque più che sufficiente. L'audio non è strabiliante per dinamica ed incisività, ma è sempre un prodotto Bluetooth e se la cava molto meglio della maggior parte degli altri sotto i 100€. Specie quelli in cui l'equalizzazione spinge forte i bassi e distrugge tutto il resto. Se si potessero richiudere ed avessero dei controlli più comodi sarebbe meglio... ma un prodotto così esiste già e si chiama Jabra Revo. In tutti i casi non le avrei mai prese in considerazione a 99€, mentre a 55€ non mi pare di aver visto nulla che possa competere nel trio: audio, design, qualità.
PRO  Design elegante e riuscito (meno in quelle rosse o blu)  Costruzione buona e con tanto metallo  Semplice funzionamento via Bluetooth e con voce guida  Padiglioni comodi  Possibilità di uso anche via cavo senza batteria  Buona autonomia per le dimensioni e la leggerezza  Possibilità di uso in chiamata con microfono integrato  Prezzo ottimo (se pagate circa 60€)
CONTRO La slitta dell'archetto è poca precisa nei movimenti  Non si richiudono, ma la slitta dell'archetto consente di ridurne tanto le dimensioni  I controlli sono posizionati in modo un po' scomodo
DA CONSIDERARE Sono un po' stringenti per chi ha testa un po' grande ed occhiali  Manca una custodia/sacca da trasporto (ma visto il prezzo...)
Articoli correlati:
Recensione: Cuffie Bluetooth Verbatim 44403, il sound "piacione" Si dice che l'appetito vien mangiando, affermazione mai più vera...
Recensione: Bose QuietComfort 35, la musica regna nel silenzio La riduzione del rumore attiva delle cuffie Bose è unanimemente...
Recensione: Beyerdynamic DT 770 Pro, cuffie da studio con ottima resa Qualche mese fa ho iniziato una serie di prove per sostituire...
from Recensione: Jabra Move, cuffia Bluetooth economica con giuste qualità e prezzo
0 notes
saggiosguardo · 7 years
Text
Recensione: MacBook Pro 15" (2016) con Touch Bar, al di là della Touch Bar
Ho atteso così tanto tempo per pubblicare questa recensione che ora dovrei dirvi qualcosa di davvero unico per renderla interessante. Qualcosa che non abbiate già letto o sentito dire altrove, ma non è certo un obiettivo facile da raggiungere. Questo tipo di "pressione" non giova all’obiettività di una prova, in quanto rischia di diventare il centro di gravità di ogni singolo pensiero. Per evitare di cadere in questa trappola verbale ho preso la decisione di ignorare tutto quanto sia stato già detto sul MacBook Pro 15" 2016, compreso ciò che abbiamo pubblicato su SaggiaMente. L’unico articolo che è consigliabile aver letto prima di questo è la recensione del MacBook Pro 13" senza Touch Bar, in cui ho approfondito alcuni aspetti che trovo inutile ripetere una seconda volta. Ma basta con le premesse, diamo uno sguardo a questo magnifico computer.
Magnifico è il termine giusto, perché anche se la linea è sostanzialmente invariata da diversi anni a questa parte, le modifiche strutturali rispetto ai modelli precedenti lo hanno perfezionato e reso ancora più stupefacente. Non ho praticamente elaborato le foto proprio per cercare di rendere il suo aspetto naturale senza enfatizzarlo, perché non ne ha davvero bisogno. Capisco bene chi si lamenta dell’infruttuosa rincorsa all’assottigliamento dei dispositivi, ma quando si vede dal vivo questo computer se ne apprezzano i risultati. Il peso rimane importante con i suoi 1,8Kg, ma è davvero compatto considerando l’hardware di cui dispone e l’ampio schermo da 15,4".
Io ho scelto il modello base con l’aggiunta di un SSD da 512GB, ma ho avuto risultati di prima mano anche di quello più potente con le CPU e GPU in opzione. Parliamo sempre della sesta generazione di chip Intel Skylake, i7-6700HQ nel primo caso e i7-6920HQ nel secondo; nel mezzo si trova l’i7-6820HQ che Apple propone come processore della configurazione top "liscia". Sono tutti quad-core, con frequenze di clock rispettivamente di 2.6, 2.7 e 2.9GHz. Abbiamo già spiegato il motivo di questa scelta, così come anche quello che ha costretto Apple ad adottare la LPDDR3 e non la LPDDR4, non supportata da questa generazione di CPU (che era il meglio che si potesse avere per un portatile di fascia alta al momento della sua immissione sul mercato).
A parte lo spessore ridotto, cornici più sottili intorno allo schermo e il nuovo colore grigio siderale, le altre novità più superficiali riguardano alcune assenze illustri, come il pratico connettore MagSafe e l’illuminazione del logo Apple, cose che non ci hanno sorpreso essendo già sparite nei MacBook 12". Pur non ritenendoli peccati mortali, devo ammettere che la porta magnetica per la ricarica era un dispositivo di sicurezza molto valido per tutte le volte in cui si inciampava nel cavo, mentre la mela luminosa è assolutamente ininfluente per l’utente ma potrebbe avere risvolti negativi per Apple in termini di marketing, in quanto i suoi portatili saranno ora molto meno evidenti. Pensate a tutte le volte che avete riconosciuto i MacBook in una platea proprio per via di quel dettaglio.
Aprendo il coperchio si rimane catturati dalla Touch Bar, ma l’elemento più evidente è probabilmente l’enorme Trackpad Force Touch. È veramente sterminato e ben più ampio di quello già grande del nuovo 13”, tant’è che Apple ha dovuto inserire un secondo controller per gestirne l’intera superficie. Le caratteristiche ormai le conosciamo: si preme comodamente in qualsiasi punto e si ha anche la possibilità di effettuare un clic più deciso per attivare funzionalità aggiuntive. L’uso risulta piacevole, confermando la leadership di Apple per la qualità dei dispositivi di puntamento nei computer portatili. Inoltre se ci si abitua a sfruttare tutte le gesture per mostrare la scrivania, attivare Mission Control, Launchpad, ecc.. la produttività migliora vertiginosamente.
Rispetto al modello da 13” arriva più ai lati della tastiera, per questo ho notato un maggior numero di volte in cui ho mosso involontariamente il cursore durante la digitazione. Per i clic avevo risolto disattivando l’opzione “Tocca per fare clic”, ma ne ho sentito troppo la mancanza. In fin dei conti ci si dovrà forzare a mantenere i polsi inclinati verso i lati, nella speranza che diventi rapidamente un’abitudine. Una cosa davvero strana è che non risponde sempre con puntualità al trascinamento delle finestre con tre dita (funzione che apprezzo e che mi spiace Apple abbia confinato nel pannello di preferenze Accessibilità).
Alcune volte non va al primo colpo e devo ritentare, cosa che non mi era mai capitata con nessun MacBook, neanche il 13” di quest’anno. Forse dipende proprio dal fatto che ci sono due controller touch separati, la cui sincronizzazione avrà richiesto del lavoro aggiuntivo, per cui spero possa essere risolto lato driver in breve tempo. Tutto sommato questo trackpad risulta molto comodo oltre che piuttosto impressionante da vedere. Speriamo che Apple valuti in futuro la possibilità di introdurre il supporto per la Apple Pencil, perché lo spazio di certo non manca e sarebbe una funzionalità potenzialmente molto utile, che aprirebbe tutta una serie di nuovi scenari.
Per la tastiera valgono le medesime considerazioni espresse nella recensione del MacBook Pro 13” senza Touch Bar, riassumibili in: comoda ma un po’ rumorosa. Continua a stupirmi la precisione con cui si può premere un tasto in qualsiasi punto, sentendolo scendere giù dritto come su un binario. Il miglioramento rispetto il meccanismo a farfalla di prima generazione visto nel MacBook 12” è evidente, con una corsa più estesa ed un feedback finalmente chiaro. Il discorso rumorosità, che quando scrivo di notte mi dà piuttosto fastidio, è il rovescio della medaglia di questo preciso meccanismo, che richiede una quantità di forza moderata per premere un tasto ma poi non bisogna accompagnarlo continuando a spingere. Non è semplice da spiegare, ma se la provate sentirete un minimo di resistenza all’inizio della pressione che sparisce completamente nello spazio di un decimo di millimetro, facendo quasi sembrare che il tasto si ritragga da solo sotto le dita.
Insieme al Touch ID, la Touch Bar è tra gli elementi più importanti di questo aggiornamento. Si tratta di un display OLED lungo e sottile, che riproduce una serie di controlli che possono variare a seconda del contesto. Nella configurazione di base questa mostra un gruppetto di 4 tasti virtuali sulla destra, che costituiscono la “Control Strip”, ed un blocco centrale di “controlli app” alla cui sinistra è localizzato il tasto Esc.
Dal pannello di preferenze Tastiera si può modificare questa impostazione, scegliendo di vedere solo la Control Strip espansa o solo i controlli app. La prima soluzione ci porta ad un utilizzo sostanzialmente identico a quello delle vecchie tastiere, avendo in seconda funzione i normali F1/F12 visualizzabili con la pressione del tasto Fn. Anche questa opzione è modificabile dallo stesso pannello di preferenze Tastiera.
La situazione può sembrare molto complessa all’inizio viste le diverse possibilità offerte, ma vi dico una cosa: mai lamentarsi dell’eccesso di opzioni. Specie con Apple e specie quando queste sono tutto sommato logiche e comprensibili. La voglia di cambiare qualcosa sarà forte per alcuni, tuttavia consiglio di mantenere le cose inalterate per i primi giorni, perché ho provato diverse combinazioni ma con il tempo ho apprezzato di più quella di default. In particolare all’inizio non mi convincevano le quattro icone predefinite della Control Strip: luminosità schermo, volume, silenzioso e Siri. Questo finché non ho realizzato di usare male le prime due, perché tappavo su luminosità o volume e poi le aggiustavo muovendo il cursore che appariva, mentre invece si può fare tutto in un unico gesto, tenendo premuto e muovendosi in orizzontale.
L’area definita “controlli app” è quella che varia in base al software, a patto che questo supporti la nuova funzionalità. Nell’elenco delle app compatibili ve ne sono tantissime: si parte da tutte quelle di sistema, comprendendo anche le ex iLife e iWork, per poi annoverare la suite Adobe CC (non tutta), 1Password, Pixelmator, AirMail 3, PCalc, Ulysses, Touchbar piano, 2Do, Battery Health 2, BetterTouchTool e tante altre che dimentico e che si aggiungono quasi quotidianamente. Quello che non mi è piaciuto molto è come si personalizzano le icone e i comandi presenti in quest’area, poiché l’ho trovato poco organico in termini di collocazione. La Control Strip si modifica dal pannello di preferenze tastiera, mentre i controlli app vengono demandati al menu interno dei vari software (logico), dove non vi è però un’attenta continuità. Anche negli stessi programmi nativi di Apple troviamo la voce “Personalizza Touch Bar” in posizioni diverse all’interno del menu Vista – una volta in cima, una volta in fondo, una volta a metà… – mentre in alcuni altri manca del tutto. Credo che avesse molto più senso metterla sempre allo stesso punto come linea guida se non addirittura nelle Preferenze delle app.
La personalizzazione della Touch Bar è uno degli aspetti più intriganti in termini di funzionamento, in quanto le icone disponibili sono riprodotte sulla parte bassa dello schermo principale, ma noi possiamo portarle sulla Touch Bar con un drag&drop verso il basso, proprio come se si trattasse di un display secondario. In fin dei conti è esattamente questo, uno schermo OLED da 2170 x 60 pixel, ma è una cosa che si tende a dimenticare vista la sua posizione e dal momento che lo usiamo per impartire comandi col tocco.
Una cosa che fin qui non ho sottolineato è la qualità di questo pannello OLED, che Apple ha perfezionato per una visione ottimale da un’angolazione compresa tra 45 e 60°, ovvero quella tipica che ci si trova ad avere abbassando gli occhi sulla tastiera. Con questo non intendo dire che non si veda bene se ci posiziona perpendicolarmente, ma la tonalità del grigio dei tasti virtuali diventa un po’ troppo chiara. Insomma, parliamo di quei dettagli che davvero poche aziende al mondo vanno a considerare come fa Apple.
Dopo questa carrellata sul funzionamento e sulla qualità della Touch Bar, parliamo un po’ di esperienza d’uso. L’implementazione nativa di Apple è molto convincente, specie quando non viene usata per dei semplici tasti. Mi riferisco ad esempio allo scorrimento rapido di un video con tanto di immagini a colori o, più banalmente, alle miniatura delle varie tab aperte sulla finestra di Safari attiva, consentendoci di passare rapidamente dall’una all’altra. Sono tutte cose molto cool e non nego di averle usate di tanto in tanto, ma per lo più mi sono imposto di farlo. Trovo infatti che siano più efficaci i controlli aggiuntivi rispetto quelli duplicati. Ad esempio mi è piaciuto molto l’uso della Touch Bar durante una registrazione di QuickTime, dove si può vedere il tempo trascorso, la dimensione del file generato e si ha la possibilità di interrompere comodamente.
Volutamente sorvolo sull’uso a mo’ di tastiera iOS, con i suggerimenti di scrittura e le onnipresenti emoji. Sono consapevole che è una cosa carina, ma oltre a trovarlo poco utile (⌃⌘Spazio mi sembra più veloce) mi voglio illudere che non sia questo l’uso principale che se ne vuol fare o che sia stato previsto da Apple. Ci sono diversi ambiti in cui effettivamente la Touch Bar può essere comoda per chi non è avvezzo all’uso di combinazioni da tastiera, ma se dovessi dare un parere dopo queste prime settimane d’uso, la definirei più bella che utile. Non inutile, voglio precisare, però l’ago sulla mia bilancia di valutazione tende più verso l’effetto scenico che non sulla praticità. Inoltre vi ho trovato una serie di problemi che, per un divoratore di tastiere, si fanno sentire. Il primo è posturale: sia io che diversi amici con cui mi sono confrontato, ci siamo trovati tante, troppe volte a premere involontariamente Esc o Indietro (che in alcune app come Safari si trova subito alla sua destra) solo poggiando le mani sulla tastiera in posizione di riposo.
E si rimane davvero spiazzati se si sta guardando solo lo schermo, in quanto si vedono succedere "cose strane" senza collegare immediatamente di esserne i colpevoli. Questo perché la Touch Bar non ci avverte in nessun modo dei tasti premuti se non visivamente. Non emette un suono, una vibrazione o un feedback aptico, che a mio avviso sarebbe la soluzione migliore oltre che la cosa più urgente da implementare nelle prossime versioni. Ad essere pignoli ho sentito anche la mancanza del Force Touch, perché ho trovato diverse situazioni in cui sarebbe stato utile, ad esempio per chiudere un tab di Safari con un pressione più profonda, mentre al momento possiamo solo attivarle.
Meno frequente ma comunque poco gradevole è l’uso di combinazioni miste tra tasti reali e virtuali. Penso ad esempio a ⌘⌥Esc che serve per forzare la chiusura di applicazioni o a ⇧F5 che uso spessissimo in Photoshop per riempire, tutte cose che risultano poco ergonomiche per il diverso feedback delle due superfici. Anche in questo caso, però, un ipotetico Taptic Engine potrebbe aiutare a livellare la risposta sensoriale, ragione in più per considerarlo un upgrade necessario.
Se il mio personale feeling con la Touch Bar è stato così così, non posso che lodare l’implementazione del Touch ID. L’ho trovato incredibilmente utile fin dal login, dove riconosce l’utente in base al dito, nonché per evitare di mettere la password amministratore in diverse aree di sistema (non tutte, purtroppo), anche se personalmente l’uso più assiduo che ne faccio è con 1Password, che consente di avere a portata di mano tutti i nostri accessi e le informazioni riservate in modo sicuro. Ricordo che Apple ha implementato in questi MacBook Pro con Touch Bar il chip T1, che si occupa proprio di memorizzare in locale le impronte con un’architettura di protezione definita Secure Enclave.
Un piccolo peccato veniale è che se usiamo il portatile in modalità clamshell, ovvero a coperchio chiuso, la finestra di autenticazione continua a proporre l’impronta come scelta predefinita invece della digitazione della password, cosa sciocca perché macOS a quel punto sa bene che il Touch ID non è raggiungibile. Nulla di grave, ovviamente, ma volendo essere pignoli si nota come in questi casi non si perda solo il vantaggio del Touch ID ma serva anche del tempo aggiuntivo per cliccare manualmente sul tasto "Usa Password". Arriverà una Magic Keyboard 2 con Touch Bar e Touch ID? Forse sì, anche se costerà parecchio e dovranno cercare di mantenere un’autonomia decente senza farla diventare troppo spessa (che in Apple sembra essere considerata la peggiore sciagura possibile).
Sullo schermo non c’è molto da dire oltre quello che si può facilmente immaginare. Contrasto eccellente, neri profondi, gamma cromatica estesa DCI P3, ottima visibilità dai lati, riflessi sempre più contenuti, luminosità molto buona (500 nit) e risoluzione 2800 x 1800 in modalità Retina. Faccio solo notare che in questo computer Apple ha smesso di usare il fattore intero 2x per la scrivania. In questo caso, cioè, si parte da uno spazio di lavoro equivalente ad un 1680 x 1050 e non con la metà esatta dell’effettiva risoluzione del pannello, che avrebbe dovuto essere 1400 per 800 pixel. Anzi, questa risoluzione è stata proprio evitata e quella subito sotto è la 1440 x 900 (le altre risoluzioni disponibili partono da un minimo di 1024 x 640 fino ad un massimo di 1920 x 1080).
Questa scelta, a mio modo di vedere assolutamente corretta, è legittimata dagli ottimi risultati che si ottengono grazie al particolare metodo usato da Apple per renderizzare l’output sugli schermi Retina. Ne ho approfondito il funzionamento ormai diversi anni fa, spiegando che macOS elabora effettivamente un’immagine a dimensione doppia rispetto quella della scrivania, anche se questa eccede i limiti fisici del pannello. Nel caso specifico, ad esempio, lo spazio di lavoro 1680 x 1050 viene elaborato a partire da immagini virtuali di 3360 x 2100 pixel, le quali poi vengono scalate per essere riprodotte su un pannello 2800 x 1800. Questo passaggio può sembrare una inutile complicazione – e in effetti è a causa sua se i primi Mac con schermo Retina faticavano più del dovuto con le animazioni – ma nel medio periodo si è rivelato un vantaggio importante in termini di flessibilità, offrendo delle risoluzioni non intere in cui i difetti dovuti all’adattamento risultano praticamente invisibili. Sia Windows che Linux sono lontani da un risultato altrettanto valido.
Per lo stesso motivo io uso schermi 4K con i computer Apple e ritengo che la differenza di resa effettiva rispetto i 5K sia praticamente impercettibile se si imposta la modalità 2560 x 1400, seppure questa sia una riduzione intera partendo dal 5K e frazionata rispetto il 4K. Inoltre dal 27" in poi preferisco lavorare con almeno 3008 x 1692 pixel, per cui la moltiplicazione sarebbe non intera anche rispetto al 5K. Per collegare uno schermo esterno su questi nuovi computer abbiamo diverse possibilità, ma tutte vanno sempre ricondotte all’unica tipologia di porta disponibile: Thunderbolt 3.
Ne abbiamo quattro in tutto, due per lato, ognuna delle quali supporta il Power Delivery in entrambe le direzioni (ricaricando quindi anche il computer), una banda massima di 40 Gbps con dispositivi Thunderbolt 3, 10 Gbps con quelli USB-C 3.1 Gen 2 e 5 Gbps con quelli Gen 1. Da qui a scendere è tutto possibile con opportuni adattatori, ad esempio da Thunderbolt 3 a 2, oppure da USB-C 3.1 Gen 2 ad una vecchia USB-A 3.0. L’intero settore si sposterà inevitabilmente verso la porta USB-C, l’unica cosa che non possiamo prevedere è la velocità con cui ciò avverrà. Ero piuttosto fiducioso al tempo dell’arrivo del MacBook 12", ma dopo 2 anni in sua compagnia lo sono un po’ meno. Per il momento uscire con uno o più adattatori è ancora una necessità per cui, a meno di non essere dannatamente sicuri di non aver bisogno di connettere qualcosa, converrà portarsi dietro almeno un piccolo hub con un paio di porte USB-A e uscita HDMI.
Personalmente non ne faccio un dramma, però arrivando dal modello precedente ho avvertito un po’ di fastidio per questa incombenza. Più che altro perché ci si ritrova ad acquistare fin troppi adattatori e, per essere pronti a tutto, si rischia di portarsi dietro anche cose che poi non si usano. Questo perché la volta che si parte leggeri e fiduciosi di non averne bisogno, è proprio quella in cui sarebbero stati utili. La potete chiamare sfortuna o potete prendervela con il Rasoio di Occam, ma fidatevi, capita. Per l’uscita video prima si avevano l’HDMI e la mini DisplayPort "inclusa" nella Thunderbolt 2, ora servono due adattatori separati a meno di non trovarne uno che le abbia entrambe e che funzioni. E poi oggi ci vuole almeno una porta USB in formato tradizionale, ma meglio abbondare con un paio di adattatori USB-C/USB-A. Quello di Apple funziona bene e non costa troppo caro con l’attuale sconto, ma è comunque un po’ ingombrante, soprattutto se se ne usano due. Si potrebbe tentare con quelli mini e a buon mercato, comodi da portare e magari da lasciare connessi ai cavi dei device che usiamo più spesso, ma sembrano avere tutti limiti di velocità. Alla fine si converrà che è più pratico un hub, ma a quel punto è meglio che sia dotato anche di uscita video per semplificarsi la vita. Purtroppo in tutti quelli attualmente in commercio si trova la HDMI 1.4 che non gestisce il 4K a 60Hz. L’unico a non avere questo limite è l’adattatore CDP2HD4K60 di StarTech, che però fa solo quello e si dovrebbe quindi aggiungere al precedente hub. Inoltre ci hanno tolto lo slot per le memorie e molti di noi dovranno sopperire, magari prendendo la palla al balzo per acquistarne uno che legga nativamente anche le microSD e con supporto UHS-II. Ma questo avrà probabilmente la porta USB a pieno formato visto che il modello di SanDisk proposto da Apple con USB-C ha ancora lunghe previsioni di consegna (io uso e consiglio il Kingston MobileLite G4).
Il futuro sarà dell’USB-C, questo è abbastanza prevedibile, ma il presente è un marasma pazzesco. I problemi – non avendo timore di chiamarli con il loro nome – nascono e crescono in relazione all’uso che si farà di questo computer, perché è facile che vi siano anche utenti che lo acquisteranno usandolo ad 1/10 delle sue potenzialità. Utenti per i quali un hubettino da 30€ risolve tutti i limiti dovuti alla retrocompatibilità con i dispositivi già in possesso o necessari. Ma non è in base a questi che si deve valutare il MacBook Pro, altrimenti lo staremmo trattando come un MacBook. In effetti il primo adattatore che sarà probabilmente necessario ai più è quello Apple da Thunderbolt 3 a 2, il quale consente di rimettere in pista le precedenti catene di archiviazione. Però questo non supporta il segnale video, per cui ne serve uno separato e specifico per avere la mini DisplayPort (e non funzionano tutti, vi consiglio di dare un’occhiata a questo articolo). La situazione richiederebbe un approfondimento davvero sterminato, soprattutto perché le esigenze possono variare moltissimo da caso a caso, ma ci sono almeno altri due aspetti che non si possono ignorare.
Il primo riguarda i cavi, i quali possono riservare davvero delle brutte sorprese. Se non fosse già abbastanza strano che tutti i device Thunderbolt 3 associati al chip USB-C di prima generazione non sono compatibili con i MacBook Pro 2016 senza un hack, ci si mettono anche i cavi a creare una gran confusione. Ad occhio lo riconosciamo il connettore USB-C, ma in commercio ce ne sono almeno di tre tipi: USB 2.0, USB 3.1 Gen 1 e USB-C Gen 2. Poi ci sono quelli Thunderbolt 3, apparentemente identici ma con l’icona del fulmine, i quali a loro volta si suddividono in base al supporto USB che offrono. Ad esempio il cavo Thunderbolt 3 che Apple ci dà in dotazione con questi computer è USB 2.0, per cui non gestisce il trasferimento dati (di conseguenza neanche quello video). In sostanza potreste pensare di usarlo per connettere due dispositivi Thunderbolt 3, ma non funzionerà. Neanche se si tratta di due MacBook Pro. C’è il serissimo rischio, se non la certezza, di trovarsi in breve tempo con una marea di cavi apparentemente identici ma sostanzialmente diversi e di impazzire per ricordarsi cosa funziona con cosa. La soluzione migliore – se non ci si può o vuole limitare ad usare solo quelli nativi – è quella di comprare cavi Thunderbolt 3 con USB-C Gen 2, che funzioneranno più o meno con tutto. Ma non è neanche una certezza assoluta, perché può capitare di trovarne alcuni ottimi, come quelli di Cable Matters, che però sono limitati a 20 Gbps su Thunderbolt 3. Non sarà un grande limite nella maggior parte dei casi, ma c’è sempre l’eccezione. Ad esempio se si vuole usare uno schermo 5K serve almeno il cavo di StarTech, che però è più caro. Apple vende sul proprio sito quelli di Belkin che sembrano molto buoni, ma con tutto lo sconto attuale servono 22€ per il taglio da 0,5m e ben 59€ per quello da 2m.
La seconda questione da valutare è quella della ricarica, che è parzialmente correlata anche ai cavi. Tutti quelli fin qui citati supportano Power Delivery per un massimo di 60W secondo le specifiche, che sono quelli richiesti dal MacBook Pro 2016 da 13", mentre ne servono 87 per il 15". Sono infatti curioso di vedere che cavo ha inserito LG nel suo monitor LG UltraFine 5K 27", in quanto il sito Apple specifica che fornisce fino a 85W. Cavi e alimentatori a parte, la questione richiede comunque delle precisazioni. In primo luogo con una Power Delivery di 60W non significa che non si possa ricaricare la batteria del MacBook Pro 15", solo lo si farà più lentamente. In condizioni normali non si avrà alcun problema, perché giusto nelle fasi in cui si spreme al massimo l’hardware – ad esempio durante un rendering – il computer consumerà più corrente di quanta ne riceve. Potrà dunque capitare di vederlo scendere per qualche minuto al di sotto del 100%, ma appena si ritornerà a ritmi di lavoro normali riprenderà a caricare regolarmente. Io lo sto usando proprio adesso con il monitor LG 27UD88 e cavo Cable Matters ed è fisso al 100%, mentre con il cavo originale da un lato carica e dall’altro no (e ve lo possono confermare altri possessori). Ma come, non era una porta standard, simmetrica e reversibile?
Chiaramente tutto questo trascende dalla valutazione del MacBook Pro, ma essendo il primo portatile ad arrivare con Thunderbolt 3/USB-C Gen 2 e senza neanche una porta alternativa, non c’è un momento migliore per parlarne. Voglio dire che non è un demerito di questo computer il fatto che ci siano millemila cavi diversi in commercio, poca chiarezza sui nuovi “standard” e scarsa reperibilità di alimentatori USB-C con Power Delivery profilo 5 (che è quello che arriva a 100W, mentre il 4 si ferma a 60W). Certo, in futuro ci saranno sempre più monitor e dock adatti, con il pregio di ricaricare anche il computer e fornire un hub di connessioni aggiuntive, ma al momento la scelta in tal senso è molto ridotta. Se siete di quelli che vedono il bicchiere mezzo vuoto, quasi sicuramente avvertirete soltanto problemi e limitazioni per le connessioni di questo computer, ma se riuscite a dare priorità alla parte mezza piena, potreste essere ben felici di sopportare qualche piccolo grattacapo oggi per essere già pronti per il domani.
Il disco flash inserito in questo MacBook Pro è realizzato con NAND di Samsung ed offre ottime prestazioni. Si parla di circa 3GB/s in lettura e poco più di 2GB/s in scrittura, valori che potevamo solo sognarci fino a poco tempo fa. Un SSD di questo tipo garantisce velocità eccellenti in fase di avvio del computer e delle app, così come nella gestione dei file (apri, salva, ecc..), ma è anche utile per mantenere reattivo macOS quando la RAM è prossima alla saturazione e si ricorre allo swap su disco. In commercio esistono altri dischi NVMe con prestazioni analoghe, tra cui i Samsung 960 EVO/PRO o il Patriot HellFire, tutti con connessione M.2. Purtroppo Apple ha deciso di saldare l’SSD sulla scheda logica, per cui non si avrà la possibilità di eseguire un upgrade in futuro. Non se ne sentirà sicuramente il bisogno per la velocità, ma nel medio/lungo termine poteva essere utile aumentare lo spazio di archiviazione. Visto che ciò non sarà possibile è opportuno valutare con più attenzione la capacità in fase d’acquisto, perché i 256GB del modello base da 15" non mi sembrano adeguati per l’uso avanzato cui il computer è indirizzato, specie nel caso in cui non si voglia ricorrere troppo spesso a dischi esterni e adattatori.
I test di Geekbench che vedete qui sopra sono i migliori che io e Luca siamo riusciti ad ottenere con i nostri rispettivi MacBook Pro 15". Grazie alle CPU i7 quad-core la differenza rispetto i modelli da 13" è enorme, ed è una precisa scelta di Apple quella di creare una netta distinzione tra i due: il più piccolo è destinato alla portabilità ed è, di conseguenza, votato al contenimento dei consumi; il secondo punta sulle performance e si può quasi considerare come una piccola workstation mobile. La CPU a sinistra è quella da 2,6GHz del modello base (i7-6700HQ) mentre quella a destra è la più potente da 2,9GHz (i7-6920HQ) che è disponibile solo in opzione con un’aggiunta di 380€. Il salto prestazionale è del 10% circa, lascio a voi decidere se valga o meno il prezzo richiesto dall’upgrade (io dico di no). Da notare che la configurazione top "liscia" proposta da Apple monta un terzo processore, ovvero l’i7-6820HQ da 2,7GHz che si posiziona a metà tra i due e richiede sempre un esborso aggiuntivo per passare a quello superiore da 2,9GHz (in questo caso +240€). Tutti e tre condividono la grafica integrata Intel HD 530, che è sufficiente per pilotare il monitor integrato nell’uso semplice del computer, ma si passa subito a quella dedicata nel momento in cui si collega un monitor esterno 4K/5K o si lavora di più con la grafica.
Versioni Predefinito Opzione (€) BASE CPU i7-6700HQ 2,6GHz i7-6920HQ 2,9GHz (+380€) GPU Radeon Pro 450 2GB Radeon Pro 460 4GB (+240€) TOP CPU i7-6820HQ 2,7GHz i7-6920HQ 2,9GHz (+240€) GPU Radeon Pro 455 2GB Radeon Pro 460 4GB (+120€)
Anche per questa ci sono diverse opzioni, a partire dalla Radeon Pro 450 con 2GB di RAM del mio modello (ovvero quello base), per passare alla 455 che si trova in quello top. In opzione vi è la 460 con 4GB di memoria, che richiede un’aggiunta di 240€ partendo dal primo e di 120€ dal secondo. Apple conferma dunque la sua preferenza per i chip grafici di AMD, essenzialmente perché questi sono ottimizzati per macOS e Metal. Se si analizzano le prestazioni nude e crude c’è un bel miglioramento rispetto la precedente generazione, ma anche una vecchia entry-level NVIDIA (la GTX 950M) supera la Radeon Pro 450. È vero che consuma di più, ma il rapporto con la potenza è comunque a vantaggio della GeForce. La più potente 460 presente nel MacBook Pro di Luca ha ottenuto 78.23fps in Cinebench R15 contro i 70,62 della mia 450, per cui ancora una volta si tratta di un 10% in più. In questo caso, però, potrebbe essere più utile rispetto quello della CPU per via del raddoppio della RAM, il cui apporto è determinante in alcuni ambiti (nel montaggio video si fa sentire).
In termini di prestazioni nude e crude, vi lascio immaginare cosa succede comparando tali schede con le pur vecchie 970/980M di NVIDIA. Il punto, però, è che fintanto che non si gioca e si lavora con le app native per Mac – come Final Cut Pro X, Affinity Photo e simili – allora si andrà sufficientemente veloci già con la Radeon Pro 450. Anzi, se parliamo di montaggio video ed esportazione in H.264, Premiere perde nettamente (sia su Windows che su macOS) pur avendo a disposizione una GPU più potente. Per cui la scelta di Apple non è affatto insensata, ma conferma questo costante e progressivo allontanamento dalla suite Adobe, che, in verità, vede le colpe equidivise tra i due. Gli ultimi aggiornamenti della Creative Cloud hanno portato il supporto per Metal in alcune app e la cosa aveva fatto ben sperare. Nelle operazioni in real time ho notato che OpenCL continua però ad essere più veloce, mentre nelle esportazioni i due mi hanno dato esattamente lo stesso tempo su questo MacBook Pro. Il Mac Pro 2013 con due FirePro D500 migliora di circa 1/3 nel rendering H.264 su Premiere Pro usando Metal, per cui ci sono alti e bassi ed una ottimizzazione non ancora del tutto efficace.
In sintesi direi che questo MacBook Pro è ritagliato su misura per l’uso con un limitato set di applicazioni, le quali sfruttano a dovere il suo hardware ed offrono un’esperienza d’uso appagante. Purtroppo io sono profondamente legato alla suite di Adobe in questo momento storico del mio lavoro e devo dire che Lightroom fatica non poco, Photoshop è lentuccio con file grandi e su Premiere Pro anche una TimeLine a 720p con Lumetri Look ed un paio di effetti presenta continui drop frame. In 4K, invece, si vede perennemente il bollino giallo dei frame persi, anche riducendo la qualità dell’anteprima. Facendo la stessa cosa con Final Cut Pro X tutto scorre liscio, in parte per la migliore ottimizzazione, in parte perché questo non offre la stessa trasparenza nella qualità dell’anteprima, riducendola dinamicamente per mantenere la fluidità elevata. Non approfondisco ulteriormente la questione per non divagare troppo, ma vi dico che se per i progetti video lavorativi continuerò necessariamente ad usare Premiere (per via dell’integrazione nella suite CC, la comodità e robustezza dovuta al supporto nativo di LUT, curve, ecc.. e la più efficiente gestione in gruppi di lavoro), sto valutando di riprendere in mano FCPX almeno per i progetti personali e del sito, al fine di valorizzare al meglio questo MacBook Pro.
Metto in un unico paragrafo alcune considerazioni aggiuntive riguardo le specifiche non ancora trattate, ad iniziare dal comparto audio. Già gli speaker stereo del 13" mi avevano stupito, ma questi vanno ancora oltre. Anche se vediamo le due griglie ai lati della tastiera, è quasi impossibile capire esattamente da dove provenga il suo, che pare diffondersi dall’intero computer rimbalzando sullo schermo. Il volume è forte, i bassi non mancano e lo stage è ampio. Non è un hi-fi, ma a memoria non mi pare di aver sentito nessun altro portatile suonare così bene, anche quando erano spessi il triplo. Purtroppo quello di Luca riproduceva dei fastidiosi “pop” (non quelli relativi ai driver Windows, che non usa), per cui è ritornato in Apple per una sostituzione.
Il mio, invece, lo stavo mandando indietro per sospetti problemi alla batteria, ma poi ho realizzato che sono tutti così. Apple è sempre stata molto attenta nel descrivere l’autonomia dei suoi portatili, specificando le attività testate e differenziandoli anche per piccole variazioni. Questa volta ha dichiarato 10h di autonomia per tutti i MacBook Pro 2016, sia 15” che 13”, con o senza Touch Bar. La cosa sembra piuttosto improbabile e, in effetti, lo è. Il più economico dei tre ha una batteria abbastanza ampia e una potenza contenuta, per cui se la cava bene, mentre il 15” dura molto meno nell’uso misto. Con luminosità bassa, Safari e solo siti senza contenuti pesanti può fare quanto promesso, ma chi lo usa così questo computer? A me dura 3h con impieghi pesanti e meno di 5 quando lavoro leggero con testi, navigazione e fotoritocco. Il precedente 15” che avevo non faceva di meglio, per cui la polemica a cui si è assistito non è del tutto fondata, però è logico che scrivendo 10h invece di 7h Apple ha creato delle aspettative fin troppo elevate. In risposta è stato rilasciato un aggiornamento di macOS che ha tolto la possibilità di avere l’autonomia residua espressa in tempo nella barra di stato, giustificandosi dicendo che la stima non era precisa. A me sembra che tutti abbiano sempre saputo il significato di quella utile previsione e capito perché variava in base all’uso del momento, per cui direi che la decisione di Apple di privarci di questa opzione sia stata del tutto fuori luogo. Mettere la testa sotto la sabbia non risolve i problemi.
Dimenticavo che per l’audio è rimasta l’uscita da 3,5mm sulla destra, che non supporta però più il segnale ottico (come già visto nel 13”), mentre la videocamera FaceTime HD a 720p è solo accettabile, il Wi-Fi AC piuttosto efficiente così come il Bluetooth 4.2.
Conclusione
Il MacBook Pro 15” 2016 è oggettivamente un computer strepitoso. Il linguaggio stilistico inizia ad essere un po’ stantio, ma in questo modello il corpo è stato visivamente ridotto e i piccoli tocchi dovuti al nuovo colore Grigio Siderale, al Trackpad gigantesco ed alla Touch Bar gli hanno garantito una notevole rinfrescata anche all’esterno. Alcune delle sue principali doti sono state confermate e migliorate, come lo schermo o la tastiera, per non parlare dell’audio, ma ha anche diversi difetti. Il più evidente è sicuramente il prezzo che, giustificabile o meno, parte da sontuosi 2.799€. Se Apple producesse anche un 13” quad-core ad un prezzo inferiore ai 2.000€ la lineup sarebbe decisamente più user-friendly, mentre così chi ha bisogno di prestazioni o di uno schermo generoso è obbligato a spendere una cifra davvero elevata. Dal mio punto di vista anche le GPU scelte rappresentano una limitazione, ma questo dipende dal fatto che mi sono progressivamente allontanato dai software professionali di Apple nel momento in cui l’azienda ha iniziato a trascurarli. Questioni personali a parte – che non incidono più di tanto sulla valutazione – i "problemi" si hanno essenzialmente se si lavora con la Creative Cloud, perché Adobe (come il resto del mondo extra Apple) ha investito per ottimizzare sulla più prestante e promettente architettura CUDA di NVDIA. E se nel video il problema può essere considerato relativo, perché ormai FCPX è finalmente maturo ed offre buone prestazioni su questo computer, è molto più difficile far allontanare i fotografi da Lightroom ora che Aperture è morto e non è affatto risorto in Foto. E poi Premiere significa anche After Effects e li l’accoppiata FCPX + Motion (che pure apprezzo) non credo regga il confronto. In alcuni casi le alternative ci sono, penso ad esempio al bel pacchetto di Affinity, ma nella maggior parte degli studi con cui ho a che fare, Acrobat, Photoshop, Illustrator e InDesign non si toccano. Per non parlare poi dei reparti di stampa di grandi e piccole aziende. E badate bene che non sto citando settori a caso ma alcuni di quelli dove i Mac sono stati da sempre più presenti. Dai numerosi feedback diretti che ho avuto, devo dire che i progressivi aumenti di prezzo (più pesanti in Italia per via del cambio), rischiano anche di allontanare gli sviluppatori indipendenti, cosa da monitorare per possibili ripercussioni sul futuro della piattaforma iOS (visto che Xcode non si può usare altrove) e dei suoi contenuti al di fuori del mercato mainstream (dove Apple continua a guadagnare e far guadagnare tanto).
Lavoro su questo computer quasi tutti i giorni da circa un mese e devo dire che se mi soffermo a valutare il rapporto prezzo/prestazioni con alcune app che uso non c’è da essere troppo contenti, ma è ancora una volta "colpa" della GPU perché la CPU va benone. Infatti se tornassi indietro lo ricomprerei, perché escludendo la fatica che fa con Premiere durante l’editing in real time con un po’ di color correction, mi offre una reattività complessiva ed una comodità eccezionali. Se lavorassi solo su quei software tutto il giorno, tutti i giorni, probabilmente mi sarei indirizzato su altro (come sto facendo per la workstation) ma come portatile per la produttività personale avanzata non ha rivali. Inoltre risulta validissimo anche per tutti i professionisti in campo multimediale a cui l’offerta software specificatamente pensata e ben ottimizzata per macOS sia sufficiente per la propria attività. Lo possono usare anche tutti gli altri, ovviamente, a patto di volere questo computer anche per tanti altri motivi. Dopotutto Apple è sempre stata questo e gli acquirenti non la scelgono perché le specifiche tecniche sono migliori a parità di prezzo, ma perché offre un pacchetto di design, ingegnerizzazione, ergonomia, stabilità e supporto che meritano mediamente più rispetto la concorrenza. Tuttavia c’era stato un periodo in cui computer come i MacBook Air risultavano anche economicamente vantaggiosi per la loro categoria, mentre oggi sia i MacBook che i MacBook Pro hanno definitivamente perso questa bella caratteristica.
Rimangono per molti versi all’avanguardia e Thunderbolt 3, Touch Bar e Touch ID ce lo ricordano, ma ci sono alti e bassi anche lì e ne abbiamo parlato. In tutti i casi bisogna ricordare che parte del merito per l’efficienza di questo computer non è da ricercare nell’hardware ma nel software. macOS inizia ad avvertire qualche acciacco (nutro grandi speranze per Apple File System in arrivo nel 2017), ma rimane un sistema operativo davvero godibile e con alcune piccole-grandi comodità ed app che non hanno rivali su Windows: Alfred, Ulysses, Coda, Tweetbot, Reeder e PDF Expert sono solo le prime che mi vengono in mente tra quelle che uso quotidianamente e che non sono riuscito a rimpiazzare degnamente. Mi vien da dire che se si rimane catturati da questo sistema operativo risulta difficile farne a meno, arrivando a digerire più facilmente alcune scelte poco felici e, in parte, anche il prezzo. Spero che in Apple non dimentichino mai questo loro vantaggio e dedichino più attenzioni a macOS, perché credo basterebbe fare nuovamente l’errore di darlo in licenza a terzi per vedere le vendite dei Mac crollare sensibilmente. Per fortuna è un’ipotesi quasi impossibile, per cui anche quella fetta di utenti insoddisfatti (che ci sono sempre stati e sempre ci saranno, per una ragione o per un’altra), è facile che acquistino il MacBook Pro anche a causa dell’assenza di alternative. Detta così può sembrare un’affermazione fin troppo negativa, ma il punto è che se non si ha fretta si può benissimo rimanere sui precedenti 2014/2015 per ancora un paio d’anni, dando il tempo al mercato di adeguarsi almeno alla USB-C Gen 2 (per la Thunderbolt 3 la questione è più complessa). Tuttavia Apple continua a macinare ordini e su questi computer rimane un tempo di spedizione medio di un paio di settimane, per cui o ne stanno producendo due al mese (difficile) oppure gli scontenti non sono poi così tanti. C’è qualche problemuccio dovuto alla prima edizione, che sia io che Luca abbiamo riscontrato, ma il MacBook Pro 15" 2016 si fa certamente apprezzare per tantissimi altri aspetti positivi. E no, l’economicità non è tra questi: il modello top con le varie opzioni su CPU, GPU e disco arriva a costare 5000€. Io lo ritengo insuperabile nel complesso, ma se vogliamo guardare solo le specifiche allora è probabilmente vero che per alcune attività un Dell Inspiron da 15" può essere più veloce (1499€ per i7 quad core con 16GB di RAM, 512GB PCIe e GTX 960M), così come un Razer Blade 14" (2200€ per i7 quad-core con 16GB di RAM, 256GB e GTX 1060)… insomma, avete capito, ma il punto è che per un computer da scrivania magari si può anche ragionare per sommatoria di componenti mentre ciò non vale assolutamente per un portatile. Ho qualche remora, non lo nego, ma complessivamente il giudizio è certamente positivo.
Se avete voglia di esprimere un apprezzamento per la recensione e supportare SaggiaMente potete effettuare i vostri acquisti sull'Apple Store (e non solo) partendo da uno qualsiasi dei nostri link. Ovviamente il prezzo per voi non aumenterà ma ci verrà riconosciuta una piccola cifra che aiuterà a mantenere elevata la qualità del nostro lavoro, più frequente l'aggiornamento ed evitare di rovinare la vostra esperienza di navigazione con i popup pubblicitari che vedete negli altri siti. Voi aiutate noi, noi aiutiamo voi.
PRO  Dimensioni compatte in relazione allo schermo  Ottima costruzione, molto curata per materiali e finiture  Processori validi in tutte le configurazioni  Dischi SSD PCIe molto veloci  Ampia flessibilità di connessione grazie alle quattro Thunderbolt 3  Trackpad Force Touch  Nuova tastiera precisa e veloce  La Touch Bar ci dà una bella sensazione di un futuro presente  Il Touch ID è comodissimo  Lo schermo è semplicemente ottimo sotto ogni aspetto  Il comparto audio è molto buono
CONTRO Prezzi troppo elevati e poca possibilità di configurazione  Per ora si dovrà convivere con gli adattatori e non sarà sempre economico  Il Trackpad non è ancora funzionalmente perfetto come quello del 13" e si rischia più facilmente di toccarlo involontariamente  Si sente molto l’assenza di un feedback fisico sulla Touch Bar
DA CONSIDERARE Le GPU AMD consumano poco e sono ben ottimizzate per macOS, ma troppo inferiori rispetto le NVIDIA  La batteria con uso medio non raggiunge le 5h  Questa volta hanno deciso di saldare anche l’SSD…  Le porte T3+USB-C non sono ancora veramente standard e i cavi lo sono ancora meno: c’è da fare attenzione  La tastiera risulta un po’ troppo rumorosa in aree silenziose  Anche la configurazione più potente non regge in scioltezza i programmi della Creative Cloud (ma usate quelli nativi per macOS e non avrete problemi)
Articoli correlati:
Da oggi 1Password supporta il sensore Touch ID e la Touch Bar dei nuovi MacBook Pro La riuscita dei prodotti Apple negli ultimi anni non è...
Recensione: MacBook Pro 13" 2016 senza Touch Bar Con questa recensione, molto più che con altre, ho avuto...
Pre-Recensione MacBook Pro 13" 2016 senza Touch Bar Ma cosa dovrebbe significare "pre-recensione"? Onestamente non ne ho idea,...
from Recensione: MacBook Pro 15" (2016) con Touch Bar, al di là della Touch Bar
0 notes