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#ingegni
beyondthespheres · 1 year
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The Children of the Black Sun, but literally. 
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silviadeangelis · 7 months
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ISPIRAZIONE
Fuggente presidio di parole su ciocche rinverdite da scorie sfiancate. Nasce una genesi trasfusa di parole alitante sull’orma d’un alito cosmico. Scampanii d’assorta emotività crescono in verticale plagiando il senso del reale relegato in un anfratto senza luce. Frammenti d’ortiche lasciano decadere le spine nella nascita di sbocci dal cromatismo ricercato sul fianco rimodellato a ingegni di…
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orotrasparente · 4 months
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io comunque sono dell’idea che se anche qualche volta una soluzione può sembrare l’unico modo in realtà c’è sempre la possibilità di inventare un’alternativa, quell’unico modo è davvero unico finché non ti ingegni a trovare qualcos’altro
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t-annhauser · 7 months
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Cimabue
L'ha detto il Vasari, che oltre a pittore fu anche uomo rinascimentale dai molti ingegni e primo storico della pittura "moderna" con Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori, che tutto inizia con Cimabue, maestro di Giotto. Siamo nella seconda metà del ducento quando a Firenze tale Cenni di Pepo, questo il suo vero nome, inizia a innovare l'arte bizantina cercando di sfuggirne l'usuale fissità.
In particolare sui crocifissi, dicono, Cimabue diede saggio del suo nuovo stile: inarcò ancora di più la curva del corpo, definì meglio i muscoli attraverso un uso più sapiente della sfumatura, iniziò a far risaltare ancor di più i tratti drammatici del volto. Ecco un raffronto fra lo stile di Giunta Pisano (a sinistra) e quello di Cimabue (a destra).
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Lentamente la pittura si stava spostando verso un maggiore realismo della figura contro il simbolismo dell'arte bizantina classica, un realismo di cui fu riconosciuto come primo maestro Giotto (e Cimabue come suo precursore).
[nota: che la pittura andasse verso un maggiore realismo non significava che fosse conseguentemente migliore di quella precedente, come se il valore di un pittore si misurasse dall'abilità di copiare meglio la realtà. Si tratta semplicemente di un concetto nuovo che si svilupperà via via fino ai giorni nostri, almeno fino alla nuova rivoluzione dell'arte astratta]
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sibilla27vane · 1 year
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Cartesio. Descartes, Discorso sul metodo.
Sono stato nutrito fin dall'infanzia di studi letterari, e poiché mi si faceva credere che per mezzo di essi si potesse acquistare una conoscenza chiara e salda di tutto ciò che è utile alla vita, ero oltremodo desideroso di apprendere. Ma appena compiuto l'intero corso di studi al termine del quale si suole essere accolti nel rango dei dotti, cambiai del tutto opinione. Perché mi ritrovai impacciato da tanti dubbi ed errori che mi sembrava di non aver ricavato altro profitto, cercando di istruirmi, se non di avere scoperto sempre di più la mia ignoranza. Eppure stavo in una delle più celebri scuole d'Europa, dove pensavo dovessero trovarsi dei dotti, se mai ce n'erano in qualche parte della terra. Lì avevo imparato tutto quello che imparavano gli altri; e in più, non contento delle scienze che ci insegnavano, avevo scorso tutti i libri di quelle ritenute più curiose e più rare, che mi erano capitate tra le mani. Oltre a ciò, sapevo dei giudizi che gli altri davano di me; e constatavo di non essere considerato in nulla inferiore ai miei compagni, benché ve ne fossero alcuni già destinati ad occupare il posto dei nostri maestri. Infine, il nostro secolo mi sembrava fiorente e fertile di buoni ingegni quanto ogni altro secolo precedente. Tutto questo mi induceva a prendermi la libertà di giudicare da me tutti gli altri, e di pensare che non ci fosse al mondo scienza, quale all'inizio me l'avevano fatta sperare.
R. Descartes, Discorso sul metodo
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valentina-lauricella · 2 months
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Che cosa è la mia vita senza amore?
[…] Ecco l'incauto volgo accusa amore Che non è reo, ma 'l fato Ed i codardi ingegni, onde t'avvenne Svegliar la dolce fiamma in basso core. Voi testimoni invoco, Spirti gentili: in voi, dite, per fiato Avverso è spento il foco? Dite, di voi pur uno È che non desse a le ferite il petto Per lo suo caro amor? Tu 'l vedi o solo Raggio del viver mio diserto e bruno, Tu 'l vedi, amor, che s'io Prendo mai cor, s'a non volgare affetto La mente innalzo, è tuo valor non mio. Che se da me ti storni, E se l'aura tua pura avvivatrice Cade o santa beltà, perchè non rompo Questi pallidi giorni. Perchè di propria man questo infelice Carco non pongo in terra? E in tanto mar di colpe e di sciaure Qual altr'aita estimo Avere a l'empia guerra, Se non la vostra infino al sommo passo? Altri amor biasmi, io no che se nel primo Fiorir del tempo giovanil, non sono Appien di viver lasso M'avveggio ben che di suo nume è dono.
(Da Nello strazio di una giovane fatta trucidare col suo portato dal corruttore per mano ed arte di un chirurgo)
(Dagli appunti preparatori) Ora il volgo accusa amore. No lo giuro, è colpa di anime scelerate, che non hanno ombra di sensibilità. Dunque finisce l'amore col diletto? No. Non è colpa di amore. Voi chiamo in testimonio… Amore, la più cara cosa del mondo, per lui morremmo, per le nostre amate, non che trucidarle per noi. E che cosa è la mia vita senza amore? Se tu non mi consoli, amore, del tuo riso, come posso io sopportar la vita, tanta malvagità, noia, ec. e se mi lasci, se tu mi sei tolto, perchè non ispengo io queste membra, perchè non le do alla morte?
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maddavvero · 1 year
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Real Fabbrica d’armi Torre Annunziata
 Nel 1758 Carlo III di Borbone decretò l’istituzione della Fabbrica d’Armi a Torre Annunziata nei pressi della Real Polveriera e divenne la più importante fabbrica per la fornitura militare di armi bianche e da fuoco di tutto il Regno delle Due Sicilie.
L’attività della fabbrica iniziò nel 1761 e di lì a breve venne fondata a Torre anche la Fonderia o Ferriera ubicata nei pressi de castello dei d’Alagno poco distante dal mare. Dalla Real Fabbrica d’Armi di Torre dipendevano gli stabilimenti di Lancusi dove si fabbricavano lame per sciabole e baionette. Gli altri opifici militari come quelli della Mongiana in Calabria, di Poggioreale e la Real Montatura di Napoli erano tutti uniti da una collaborazione produttiva gestita principalmente dalla struttura di Torre. Della qualità produttiva locale fu testimoniata dalla stampa e dai documenti dell’epoca, che annotano sistematicamente modifiche apportate ad alcune armi di origine francesi e belga conferendo ad esse uno stile “napoletano” le cui soluzioni tecniche furono molto apprezzate in tutta Europa.
La testimonianza storica di questa attività è tuttavia oggi attualmente custodita nella Sala d’Armi sita nell’antico edificio della Real Fabbrica d’Armi . Sono circa 70 le armi da fuoco lunghe conservate tra cui pregiati fucili Vetterli, Martin Rumeno, Doersh-Bauwgatten e Mauser 71, oltre a pistole, sciabole, daghe, baionette e pannelli d’indiscusso valore didattico raffiguranti i diversi stadi di lavorazione delle armi e relativi strumenti di lavoro e attrezzi di verifica-funzionalità. La Real Fabbrica d’Armi di Torre Annunziata, che in seguito assunse il nome di “Spolettificio” subì negli anni successivi, varie trasformazioni produttive. Dal 1947 a pochi anni fa si producevano a Torre Annunziata, oltre alle spolette ed artifizi vari, bombe a mano tipo SRCM mod.35 .
Un progressivo ed inarrestabile smantellamento operativo e cognitivo oggi ha ridimensionato e azzerato del tutto l’utilizzo di tale struttura, relegandola ad una semplice officina di recupero e riparazione di mezzi di trasporto militare. Degli “ingegni” tecnologici che ne erano pieni i vetusti locali, manco più l’ombra, il tutto è stato rimosso. Sono rimasti solo i locali dell’antica struttura architettonica, che sperando in una sana politica di recupero, vengano utilizzati, almeno intelligentemente, in Museo permanente degli Ori di Oplonti. Nel pieno dell’emergenza covid, i locali dello stabile furono utilizzati per la produzione delle mascherine.
Da oggi inizia un altro capitolo per la storia di questo importante polo napoletano che persegue l’obiettivo di realizzare un innovativo sistema storico-archeologico-ambientale nel centro storico di Torre Annunziata. L’accordo siglato, infatti, prevede di annettere al Sito archeologico di Oplonti alcune porzioni dello Spolettificio non più utili alle attività amministrative del Ministero della Difesa. Negli edifici dello Stabilimento prenderanno vita nuovi spazi: alcuni destinati ai servizi culturali, una scuola di restauro, ampi depositi per i rinvenimenti archeologici, sale espositive e nuove aree per le attività ricettive e di promozione locale.
Per migliorare la viabilità cittadina, inoltre, saranno incentivati gli interventi di mobilità sostenibile. Nello specifico sarà realizzato un nuovo collegamento pedonale fra il Rione Provolera ed il Rione Murattiano attraverso il sottopasso che taglia longitudinalmente lo stabilimento militare, agevolando il percorso che porta i cittadini verso i diversi edifici scolastici collocati sul territorio.
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moonyvali · 2 years
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EMERGENZA IDRICA O EMERGENZA DEMOCRATICA?
Ve lo riferisco con riluttanza, sgomento. Non avrei neanche voglia di scriverlo, questo post. Ma devo farlo.
Questa mattina mi sono attaccato al telefono per avere delucidazioni sull'ordinanza che vieta, tra l'altro, di innaffiare orti e giardini a Firenze fino al 30 settembre (vedi mio post di ieri "Declinazioni provinciali...").
L'impiegato della Direzione Ambiente che mi ha risposto mi ha detto che non sapeva niente e mi ha dato il diretto di un dirigente. Quello, appena ha capito che volevo parlare dell'ordinanza 157, mi ha stoppato e mi ha dato il numero della persona che ha scritto il documento (non farò il nome, perché lo scopo di questo posto non è fare gogne mediatiche: giornalisti eventualmente interessati ad approfondire, contattatemi in privato).
L'ho chiamata, mi ha risposto, abbiamo avuto una lunga e cordiale conversazione. Io non ho fatto polemiche: non volevo affermare le mie ragioni, volevo capire le sue, e per questo volevo che si sentisse a suo agio, che si sentisse compresa.
Le ho chiesto prima di tutto se l'ordinanza avesse delle omissioni, dei sottintesi, delle deroghe non espresse. Risposta: quello che c'è scritto è.
Le ho chiesto se quindi avrei dovuto lasciare seccare le mie piante di pomodori. Risposta: sì, a meno di ingegnarsi (attingere acqua a una fonte, ricavarla da un pozzo...).
Le ho chiesto del prato. Risposta: anche quello, da far seccare.
Le ho chiesto se, oltre ai pomodori e al prato, dovrei lasciar morire anche gli alberi e le piante che si trovano nel mio giardino. Risposta: eh, bisogna ingegnarsi.
Le ho chiesto se il Comune di Firenze è cosciente che questa ordinanza condanna alla distruzione migliaia e migliaia di piante e alberi nel territorio comunale; le ho chiesto a che genere di idea "green" corrisponda questa strategia. Risposta: sì, certo, ne siamo coscienti, ma qualcosa bisogna sacrificare. È meglio sacrificare i suoi pomodori che un'attività produttiva, no?
Le ho chiesto se dunque la mia famiglia deve davvero rinunciare alle quattro piante di pomodori che soddisfano interamente il nostro fabbisogno fino a ottobre. Risposta: Sì, è meglio che lei perda i suoi pomodori, tanto può comprarli al supermercato, piuttosto che togliere l'acqua a un autolavaggio, che poi entra in ballo un discorso di occupazione, di sindacati...
Le ho chiesto se il territorio di Firenze sta vivendo davvero una crisi idrica così drammatica da preferire la distruzione del verde, degli alberti, delle piante. Risposta: In realtà no, l'invaso di Bilancino è ancora pieno per l'80% [più o meno come l'anno scorso, e l'anno prima, e l'anno prima ancora in questo periodo – nota mia]; ma ci sono state pressioni: l'autorità idrica ha mandato la richiesta di fare ordinanze contro lo spreco dell'acqua il 3 giugno; molti sindaci le hanno fatte subito; noi siamo gli ultimi, abbiamo rimandato, ma alle riunioni era tutto un dire "perché noi l'abbiamo fatta e Firenze non fa l'ordinanza?", alla fine abbiamo dovuto farla anche noi.
Le ho chiesto se la distruzione del verde riguarderà anche i produttori. Risposta: no, le attività produttive non possono essere toccate, neanche l'autolavaggio, per l'appunto. L'ordinanza riguarda solo le utenze domestiche.
Le ho chiesto del verde pubblico. Risposta: eh, anche noi abbiamo dovuto decidere. Ci siamo messi intorno a un tavolo e abbiamo fatto una lista: questo prato lo salviamo, quest'altro lo lasciamo seccare. Pensando anche agli investimenti fatti: se un prato era stato piantato qualche mese prima non si poteva far seccare. Facciamo tanti investimenti per il verde...
Le ho chiesto se aveva presente la differenza tra far seccare un prato o un'aiuola, che poi ripianti i semi e dopo tre settimane sono uguali, e far morire un albero vecchio di dieci, venti, trent'anni, con tutte le sue relazioni complesse con l'ecosistema. Risposta: Eh, bisogna che uno si ingegni.
Le ho chiesto se queste decisioni non siano in contraddizione con la norma che impedisce di abbattere un albero che si trovi nel proprio giardino senza un apposito permesso e senza che sia prevista la sua sostituzione. Risposta elusiva.
Le ho chiesto se per caso l'ordinanza sia stata fatta con la convinzione che tanto verrà ignorata da moltissime persone e non farà grossi danni. Risposta: Le norme vanno rispettate; ma poi basta vedere quanti cartelli di divieto di sosta ci sono, e quante macchine parcheggiate...
Le ho chiesto come potrei ignorare questa norma se avessi un vicino litigioso e incattivito nei miei confronti, che non vede l'ora di avere un pretesto per mettermi nei guai e che chiamerebbe immediatamente la municipale vedendomi con la sistola in mano. Risposta: be', sì, del resto le norme sono fatte per essere rispettate, non per essere eluse.
Ho chiesto se quindi il Comune sia cosciente del fatto che con questa ordinanza – salvo ribellione in massa – trasformerà la città di Firenze in un deserto nel giro di tre mesi, con relativo aumento della temperatura, distruzione dell'ecosistema, della catena alimentare, della biodiversità. Risposta: Sì, ma anche se in questo momento noi non siamo in emergenza, qualcosa bisogna pur fare.
La conversazione è stata davvero pacata e piacevole. Nessuna provocazione, polemica o protesta da parte mia. Non volevo prendermela con la dottoressa XY: volevo capire. Volevo ascoltare la voce dell'ultimo anello della catena che rappresenta la follia al potere. E in questo sono stato accontentato: era una persona normale.
Normali e perbene sono le persone che negli ultimi due anni e mezzo hanno varato, votato, apprezzato, rispettato - senza mai osare fare un rilievo critico –i i provvedimenti che stanno alla base di questa deriva irrazionale, dispotica, punitiva e totalitaria, ormai talmente diffusa nella mentalità comune da essere diventata invisibile, completamente disciolta, e quindi inarginabile e incommentabile. Infatti sono andato in internet e non ho trovato un solo articolo o commento critico su questa norma (che si ritrova quasi identica in molti Comuni dal Nord al Sud della Penisola). Neanche uno. Davvero non avevate capito che i "noi consentiamo / noi non consentiamo" avrebbero portato dritto a questo? Adesso è dura tornare indietro. E non so neanche quanti vorrebbero farlo.
Io penso agli orti che in questo momento si stanno seccando. Agli animali, che, di conseguenza, stanno morendo. Penso agli alberi decennali che stanno morendo. Penso all'invaso di Bilancino che oggi contiene 60 milioni di metri cubi d'acqua, pronti per essere utilizzati. Penso a quanta acqua serve per produrre un chilo di carne o un hamburger. A quanta viene divorata dal digitale (guardare un film in streaming costa 400 litri d'acqua, ci diceva nel 2016 l'Imperial College - io ne uso 40 al giorno per irrigare i miei 30 metri di orto-giardino). Penso alle mie piante, che danno da mangiare a me e ai miei figli, che in questo momento "dovrebbero" stare morendo.
Penso che adesso è abbastanza fresco per uscire e dare una bella annaffiata.
Anche le tartarughe ne saranno contente, e anche il discreto popolo degli insetti. L'alveare, incastonato nel buco tra le pietre del muro davanti alla casa, brulica di api. E pensare che stiamo solo a un chilometro da Porta Romana.
E mi chiedo infine: c'è un avvocato, un giurista, un magistrato, disposto a dire che, semplicemente, questa follia non si può fare, perché una follia del genere - a livello giuridico e politico - ha la stessa legittimità, giustificazione e plausibilità di altre follie ancora più criminali?
Carlo Cuppini
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giovaneanziano · 2 years
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Che poi raga la base di D&D: Vecna é il re degli uomini divenuto Lich. Il Lich é un potente mago che con diversi ingegni che non sto qui a narrarvi diventa non morto, immortale e con tutti i suoi poteri. Esso é immortale grazie a un filatterio (horcrux vi dice niente?) che vi contiene l'anima e la protegge dal mondo esterno. Se il Lich muore, il suo filatterio può ricrearlo, viceversa NO.
QUINDI
O si trova il filatterio e Stranger Things diventa Harry Potter in the multiverse of '80s
O come tutti i giocatori di D&D sanno, castare "scaccia non morti" o "comiato" e si rispedisce il non morto al suo piano d'esistenza
Grazie arrivederci se vi serve un Master scrivete in DM
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lamilanomagazine · 7 months
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Torna "Sotto Traccia": l'inaugurazione della mostra "laboratorio Toccafondo" sabato 7 ottobre
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Torna "Sotto Traccia": l'inaugurazione della mostra "laboratorio Toccafondo" sabato 7 ottobre. Pesaro, torna Sotto Traccia, il festival culturale dei multiformi ingegni, dal 7 al 29 ottobre, nell’ex lanificio Carotti, sito di archeologia industriale di Fermignano, con la cura di Megawatt e della Fondazione ex lanificio Carotti, sotto la direzione artistica di Silvano Bacciardi. «Felici di riaccogliere una rassegna molto rappresentativa del fermento creativo di Fermignano – ha detto Daniele Vimini, vicesindaco assessore alla Bellezza di Pesaro -; tra i primi Comuni con cui abbiamo iniziato a dialogare per la costruzione del percorso della Capitale italiana della cultura. È un territorio che sta diventando riferimento importante per docenti, studenti e artisti e punto di partenza per collaborazioni culturali, creative e produttive. Fermignano, e l’ex lanificio Carotti, saranno centrali nel programma e nel racconto di Pesaro 2024, di cui Sotto Traccia è un’anteprima di valore». Un appuntamento, come conferma Monica Scaramucci, assessora Eventi e Pari opportunità di Fermignano, «Che testimonia l’impegno e la fiducia nella grande avventura che sarà Pesaro 2024 per l’intera provincia e che siamo pronti a vivere anche grazie alle competenze, alla passione e al grande impegno di Silvano Bacciardi, direttore artistico dell’ex lanificio Carotti e a Giovanni Pagliardini, che ha restituito un luogo identitario alla sua comunità. Il loro lavoro è una spinta enorme per continuare a fare cultura, formazione, sperimentazione e ricerca artistica a Fermignano, che è pronta e curiosa di accogliere l’opera e la visione di Toccafondo». Saranno infatti le opere di Gianluigi Toccafondo, pittore, illustratore e cineasta, il perno attorno a cui ruoterà la seconda edizione di Sotto Traccia, quasi «un’anteprima del progetto elaborato per Pesaro 2024 – ha spiegato Silvano Bacciardi, direttore artistico ex Lanificio Carotti – di cui curiamo una delle linee progettuali che renderemo fruibili a fine aprile prossimo con appuntamenti ravvicinati che proseguiranno poi per tutto l’anno». Bacciardi ha sottolineato la centralità della mostra di Toccafondo per Sotto Traccia, «un’esposizione che si delineerà nei 4 weekend della rassegna, ciascuno dedicato a un’iniziativa diversa ma tutti coerenti con le linee guida del progetto legate alla realtà fisica di questo luogo che nasce dall’acqua e che dall’acqua si dipana». E che si collega «agli altri temi cardine dell’ex lanificio Carotti - ha sottolineato Giovanni Pagliardini, responsabile della struttura - il lavoro, la rappresentazione di un territorio che ci appartiene, l’energia. L’ex lanificio Carotti sta prendendo sempre più la sua collocazione come contenitore vivo di eventi culturali; è un percorso irreversibile che ci sta stimolando per fare sempre più, sempre meglio, come testimoniato dal programma di Sotto Traccia 2023 e dalla presenza di Gianluigi Toccafondo». Pittore, illustratore e cineasta nato a San Marino nel 1965, Gianluigi Toccafondo, è un artista legato a questo territorio. «Poco tempo fa ho visto le foto scattate da Giovanni – ha detto - e, per la prima volta, l’interno dell’ex lanificio Carotti. Ho potuto conoscere così la fantastica ristrutturazione eseguita da Pagliardini, con i muri di questa struttura che continuano a trasudare lavoro. Mi sono detto che qui non poteva esserci una mostra “normale”, per cui ho deciso di proiettare immagini, partendo dal flusso, dall’acqua, e di allestire gli spazi con assi e tavole, come fossero provvisori». Sotto Traccia è la rassegna di eventi culturali compositi - audiovisivi, artistici, tecnologici e anche legati alla cultura materiale - realizzati in un contenitore già fulcro della manifattura della provincia restituito grazie all’iniziativa dell'imprenditore Giovanni Pagliardini alla fruizione della comunità come spazio ancora legato intimamente al territorio e al suo paesaggio, a partire dall’acqua del Metauro che alimentava le turbine del lanificio, prima cartiera e, per una stagione, mulino. Pane, carta, tessuti: all’elenco delle produzioni preziose che questo luogo ha offerto, si aggiunge, per due settimane, la cultura con cui si mangia, si beve, si ricorda e si innova. Ed è quello che faranno le iniziative di Sotto Traccia che hanno il loro fulcro nel “laboratorio Toccafondo”. La mostra, sarà inaugurata sabato 7 ottobre, alle ore 17, e accoglierà le opere di Gianluigi Toccafondo, pittore, illustratore e cineasta. Si compone di disegni, storyboard, modellini e proiezioni delle animazioni per cinema, televisione, editoria, teatro dal 1989 al 2023 con una anteprima delle scene in fase di lavorazione del progetto di animazione “il canto delle Sirene”. La mostra è curata da Silvano Bacciardi, è sostenuta e voluta dalla Fondazione ex lanificio Carotti, ed è patrocinata dal Comune di Fermignano. Nei week end successivi di Sotto Traccia previsti altri eventi legati alla contemporaneità e al legame con il territorio: sabato 14 ottobre nella sala grande dell’ex lanificio si terrà un incontro-dibattito sul tema dell’intelligenza artificiale e del suo rapporto con l’arte condotto da Rossano Baronciani e Davide Riboli rispettivamente docenti dell’accademia di belle arti di Venezia e Sassari, pesaresi prestati all’acqua della città galleggiante per antonomasia e a quella dell’Isola di Sardegna. Acqua, vino e pesce, già simboli evangelici e cristologici saranno al centro di una liturgia laica messa in scena dall’attore e illustratore urbinate Giorgio Donini con la complicità di Silvia Veroli, giornalista che gli fa da paroliera. Il racconto dell’acqua dei fiumi si insinuerà sabato 28 ottobre tra la degustazione pomeridiana di Bianchello del Metauro (DOC) a cura dei Vignaioli d’Autore e la cena ammannita dallo chef Danilo Mariotti del ristorante “Ponente” di Urbino che reinterpreterà una antica ricetta fermignanese della carpa in porchetta. E poiché tutto scorre, l’elemento acqua è dominante anche nella sezione arti visive di Sotto Traccia, con la mostra, che verrà inaugurata sabato 21 ottobre, curata dalla storica dell’arte Bonita Cleri e dedicata agli acquerelli di paese di Tancredi Liverani: cartoline dal passato, il 1852, che raccontano come era Fermignano e come era l’ex lanificio Carotti. E per farsi un’idea ancora più precisa, ogni domenica di ottobre alle ore 16 sarà possibile previa prenotazione partecipare alla visita guidata della centrale idroelettrica della struttura aperta dalle 10 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 19.00 a ingresso libero.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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inviaggiocondante · 10 months
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Purgatorio XXV
Purgatorio XXV.
Canto che lascia senza parole.
Qui vibra l'animo di uno dei massimi ingegni dell'umanità, che parla in versi commossi di uno dei più grandi, profondi, misteriosi ... problemi dell'uomo: la sua origine.
Peccato che la Chiesa Cattolica non parli più in questo modo. Non gli interessa purtroppo.
Qui si parla di Dio che ' si volge lieto' sopra la creatura umana di materia formata... e le infonde un'anima divina. Anima che assume in sé tutta la virtù naturale che vi trova... e quindi l'anima vegetativa e sensitiva... e poi il corporeo, il sensibile...
Alla morte l'anima lascia la terra e si porta dietro tutte le facoltà naturali che aveva assunto.. TUTTO l'uomo segue la sua anima immortale.. e il corpo? Risorgerà un giorno e lo raggiungerà nell'eternità (quest'eco è arrivato ad oggi e ancora se ne parla.. per ora).
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L'intelletto, l'anima razionale - non è semplicemente la SOMMA delle facoltà, delle funzioni, della materia... di cui è fatto un corpo. C'è un 'di più'.
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Già Ireneo, Tertulliano, Clemente Alessandrino, Agostino... avevano pensato in qualche modo al 'corpo sottile', etereo... Tutto perso.
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E di quel filosofo 'più savio di te'... vale a dire Averroè (da cui Dante, comunque, con grande rispetto.. prende le distanze)... chi oggi studia il suo pensiero come lettera viva invece di abbandonarlo a due paginette di un fetido manualetto di storia della filosofia destinato ai licei?
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Immenso Dante... lascio la parola a Lugaresi:
"Dio (lo motor primo) che 'si volge lieto /sovra tant'arte di natura', cioè su quel piccolo capolavoro di carne e di sangue che si forma nel ventre di una donna, e vi alita uno 'spirito nuovo', cioè un'anima nuova di zecca, fatta a mano, unica e irripetibile; altro che il ready-made di un'anima uguale per tutti, come un mobile Ikea: sostanza spirituale divina sì, ma da condividere come fosse la parte comune di un condominio. NO, per ognuno dei miliardi di esseri umani che sono venuti al mondo, e anche per gli altri miliardi che non ci sono venuti perché è stato loro impedito, Dio in persona ogni volta si è chinato, come fosse la prima e unica volta... "
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zicky483 · 2 years
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24.10.2022
Finalmente un cappuccino doppio dopo aver passato 2 ore da Apple a perdere la vista sul computer.. che ingegni del diavolo! Alla faccia loro e di chi li ha costruiti..😆🖕🏻
🍂🍁☕️
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spazioliberoblog · 2 years
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AD ANTONIO
di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦ Generazione fertile quella di chi ha appreso l’arte sul campo. Si nasce con la passione dell’inselvatichito, dello spazio aperto, dell’intrigo della boscaglia ma poi ecco che ti ingegni a scovare le antiche reliquie di civiltà celate tra le rocce ed il fogliame. I Monti tolfetani sono stati sono stati la culla per tanti animi appassionati  dell’antica impronta umana.…
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Orazio intellettuale nel principato augusteo
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Orazio intellettuale nel principato augusteo
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  “Mi trovavo a passare per la via Sacra”. E’ il famoso inizio di un’altrettanto famosa satira (la IX del I libro), nota come satira del seccatore. In sintesi, mentre se ne va per fatti suoi, tutto perduto nelle sue divagazioni della mente, gli si avvicina uno, a lui noto solo di nome. E questi, per farla breve, lo sollecita ad introdurlo nella cerchia di Mecenate. “Io e te faremo squadra, e gli altri li metteremo tutti quanti all’angolo.
“Ma lì, in quella casa, ci si muove in modo del tutto diverso da quello che pensi: chi ha valore, se lo vede riconosciuto in base ai meriti. Non ci sono trame, né congiure, né lotte per il potere. Se vali, sei apprezzato. Est locus unicuique suus: a ciascuno il posto che merita. Punto e basta.”. nel frontespizio dell’organo vaticano L’osservatore romano, sotto la testata c’è scritto “Unicuique suum”, “A ciascuno il suo.”, una promessa di obiettività, ben servita di solito. Ed è anche il titolo di un bel romanzo di Sciascia, da cui è stato tratto l’omonimo film, con Gian Maria Volonté, Irene Papas, Gabriele Ferzetti e tanti altri bravi attori. Un film veramente film, e non una pellicola modulata sui ritmi ed i gusti della TV.
Insomma i frequentatori della casa di Mecenate sono legati tra loro da vincoli di solidarietà e stima reciproca, non c’è proprio spazio per guerre di posizione e di ambizione. Sono veramente amici tra loro e con Mecenate. Una cosa ben diversa da Amici di Maria (De Filippi)!
Ma chi era Mecenate? Di stirpe etrusca, di famiglia di altissima nobiltà tra la sua gente (nella prima ode del primo dei tre e poi quattro libri delle odi, quindi in posizione di rilievo nell’opera di Orazio, la prima parola – ed anche questa è una scelta di rispetto – è ‘Maecenas, atavis edite regibus’, o Mecenate, discendente di antichissimi re) era il consigliere numero uno di Ottaviano/Augusto per gli affari interni, in primis la propaganda: per questo aveva legato a sé con vincoli di amicizia e stima i migliori ingegni letterari del tempo: Orazio, Virgilio, Livio, Vario, Tucca eccetera. Le loro opere, frutto del loro libero modo di pensare, erano perfettamente in linea con l’ideologia del principato augusteo. Ricordo che ‘ideologia’ è vocabolo che indica un ‘modo di leggere il mondo, la vita, la società’. Quando leggo o sento parlare di ‘morte delle ideologie’ nei nostri anni critici, mi viene da sorridere, e capisco che spesso è una volgare azione di propaganda, tesa a spiazzare gli uomini, ad isolarli e renderli disponibili ad accettare nuove proposte, che, vagliate con la Storia, sono quanto di più retrogrado si possa concepire ed accettare.
Mecenate dunque era di origine nobile ed etrusca, e tra i suoi sarebbe stato un lucumone, un re. L’Etruria però come entità politica non esisteva più, e gli etruschi si erano del tutto omologati e mescolati ai romani, al punto di aver perduto la loro cultura nazionale. E Mecenate apparteneva alla seconda classe di cittadini a Roma, quella dei Cavalieri, gli equites. Dal punto di vista economico gli equites erano mercanti, latifondisti, banchieri (=usurai) ed esattori delle imposte nelle terre delle province romane (sono i pubblicani di evangelica memoria). A loro competevano anche i tribunali nei processi contro i governatori delle province, una volta usciti di carica. Il compito era stato affidato a loro dal tribuno della plebe Caio Gracco. Precedentemente questi tribunali erano stati affidati ai patrizi. Di solito i governatori delle province erano anch’essi di estrazione patrizia, per cui i processi finivano tutti con l’assoluzione del denunciato. Caio Gracco, per garantirsi il favore dei provinciali e degli equites, aveva cambiato la composizione dei tribunali. Ma aveva sbagliato i calcoli, come spesso succede, quando non si resta con i piedi per terra: gli equites, come ho detto, erano gli esattori delle imposte nelle province. Se dalla provincia X, ad esempio, Roma si aspettava 100, il cavaliere che si aggiudicava l’appalto versava a Roma i 100 previsti, e Roma stava a posto. Poi, però, l’esattore si rifaceva con gli interessi ai danni dei provinciali, ricavando con il taglieggiamento almeno 200. Ed i pubblicani sono narrati dal Vangelo come esseri spregevoli. Come dargli torto? I governatori, di estrazione patrizia, non osavano moderare le prepotenze degli equites, sapendo che a termine del mandato sarebbero finiti davanti ad un tribunale composto da equites. Quindi Gracco sbagliò completamente il calcolo, e si ritrovò contro gli equites (ostili alla plebe, di cui Gracco era tribuno), i patrizi ed i provinciali. Quando gli misero contro pure la plebe, fu ucciso.
Ma Mecenate era ricco di suo, e poi stava gomito a gomito con Augusto, imperatore e ricchissimo (si è calcolato che nelle zone della transumanza tra Abruzzo Molise e Puglia possedesse la bellezza di un milione di pecore, ricchezza straordinaria in una economia non industriale). Quindi si dedicò al ruolo di consigliere numero uno del principe, protagonista e propagandista dell’ideologia augustea. Ma qual era questa ideologia? Iniziamo a leggere dalle realizzazioni, per risalire ai piani.
Nel 31 a.C. , grazie all’abilità del generale Agrippa, divenuto poi suo genero, ed artefice del Pantheon a Roma, Ottaviano aveva sconfitto la coalizione Antonio-Cleopatra, restando l’unico protagonista di Roma. Nell’epodo IX (gli epodi sono la prima opera poetica di Orazio) il poeta è tutto trepidante per le sorti di Ottaviano: la battaglia è imminente, o forse è appena avvenuta, e non è chiara la portata o addirittura l’esito. Orazio ha addirittura la nausea per la preoccupazione: una eventuale vittoria di Antonio avrebbe conseguenze pesantissime sul destino di Roma: l’ex luogotenente di Cesare si è sottomesso ad una ‘femmina’ (Cleopatra), come dice con disprezzo, ed ha sottoposto il glorioso soldato romano al potere di ‘rugosi eunuchi (spadones)’. Non solo: al sole tocca vedere nel campo dei rudi soldati romani l’oscenità delle zanzariere!!! Insomma Orazio esemplifica qui una delle accuse propagandistiche di Ottaviano contro Antonio: il progetto di trasformare in senso orientale il costume romano. E di trasferire ad Alessandria la capitale del mondo, declassando Roma.
L’anno dopo Orazio scrive la famosa ode sulla morte di Cleopatra (Nunc est bibendum, ora ci si deve ubriacare). Ma la nemica di Roma è tratteggiata in atteggiamenti fieri e virili. E si capisce! Il nemico vinto DOVEVA essere grande, per un cavalleresco omaggio del vincitore, ma soprattutto perché da questo viene la valutazione dell’importanza della vittoria e della grandezza del vincitore: mandare KO un bambino di sei anni non è proprio la stessa cosa che mandarci Tyson! Aveva avuto l’ambizione di distruggere Roma, ma la cavalleria gallica e l’intero occidente, che aveva giurato con l’Italia nelle mani di Ottaviano, l’avevano riportata a più adeguati pensieri. Però aveva saputo scrutare con sguardo sereno la reggia rasa al suolo, e senza paura aveva maneggiato i serpenti (forse dei cobra) , con cui si era suicidata, per sottrarsi al destino di essere esibita a Roma trainata dal carro del vincitore. Gigantesca Cleopatra, ma ancor di più il suo vincitore.
Ottaviano, divenuto ormai Augusto (=l’accresciuto) nel 27 a.C. si è dato ad un’opera di restaurazione dei valori romani, con particolare attenzione ai decaduti costumi. Fece una serie di leggi, contro l’adulterio, contro la facilità nei divorzi, a favore della natalità (ius trium liberorum, il diritto dei tre figli), contro il celibato, contro la facilità dei testamenti a vantaggio di estranei alla stirpe romana. Ma il costume regolato per legge è una pia illusione: dovette mandare in esilio perfino sua figlia Giulia, scandalosa e scostumata, ed il poeta erotico Ovidio.
Alla nobiltà patrizia restituì le antiche cariche (cursus honorum), illusoria soluzione, visto il primato a vita dell’imperatore; ai plebei diede tanta retorica (ho ereditato una città di legno, e l’ho ricostruita in marmo). Chi veramente ebbe vantaggio fu la classe degli equites, dei mercanti: mise pace nel Mediterraneo e nelle terre che vi si affacciano, garantendo un sterminato territorio per i traffici ed i mercati. In oriente si diffuse l’immagine ermetica (da Hermes, dio dei mercati dei viaggi e dei traffici) di Augusto. Ma Hermes era anche il messaggero, la parola degli dèi, e la cultura cristiana non mancò di farlo diventare ‘la parola di Dio’ incarnata : Et verbum caro factum est (la parola divenne persona).
Nella satira 6 del primo libro Orazio fa un elogio amoroso di suo padre: se, o Mecenate, ti vado bene, il merito è suo. Mi portava sempre con sé, e ragionava con me. Mi indicava le vicende di questo o quel vicino, esortandomi a riflettere sui comportamenti. Le cose vanno così e così! Vuoi sapere come faccio a dirlo? Me lo insegna la cultura millenaria del contadino. E’ così, ed io non so dirti perché. Te lo spiegheranno da grande i professori. Non volle mandare il figlio alla scuoletta di paese a Venosa, ma ebbe l’ambizione e l’amore di mandarlo a Roma. A Roma!, capite? E dal magro campicello ricavava tanto da garantirmi abbigliamento adeguato e servitori tanti, che, chi mi vedeva passare con il loro codazzo, si domandava di quale riccone fossi figlio. Il padre contadino e povero ambisce a dare il figlio un destino diverso. E lo manda a studiare, e non a fare comparsate in TV! E la cultura affranca Orazio dal destino di contadino, quale era il padre. Una lezione di pedagogia e di ruolo genitoriale, sulla quale meditare anche oggi, ed a pienissimo titolo.
Ma torniamo ai due topi. Quello di città è la personificazione dell’edonismo estenuato, sfarzoso, certo, ma carico di pericoli ed esigente grandi fatiche, che nella sostanza frustrano le mire edonistiche. Il topo di campagna interpreta bene la filosofia cinica (= che si ispira ai cani, che mangiano ciò che trovano, dormono dove capita, e non si fanno troppi problemi). E’ la filosofia del “Me magno pane e cipolla, ma vivo tranquillo. E’ già tanto se la porta di casa ce l’ho, ma senza la serratura. Tanto, che mi possono rubare? Non possiedo nulla e vivo senza pensieri.”.
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Per nessuna pretesa intellettuale, ma unicamente per bisogni affettivi, sto leggendo il Saggio psico-antropologico su Giacomo Leopardi e la sua famiglia, edito nel 1894; non vi è rigo che non mi riempia di allegria ed eccitazione.
Sia i Leopardi che gli Antici, di cui è documentata la genealogia a partire all'incirca dall'anno 1000, annoverano, fra i loro componenti, individui decisamente fuori dagli schemi e, molti, schiettamente fuori di senno. Infatti, in questo Saggio, sono lumeggiate vite di persone eccentriche, con la precisazione di particolari talmente impensabili, drammatici o esilaranti, che si potrebbe sospettare siano frutto d'invenzione. Invece no, tutto risponde al vero, è testimoniato: Leopardi ebbe tra i suoi avi un gran numero di "pazzi". Di loro mi colpiscono soprattutto i mistici: autofustigatori, visionari, tormentati da scrupoli; ma insieme a loro vi è una vasta schiera di uomini e donne, felici o malinconici, in cui la gamma della devianza psichica ha espresso vivacemente la sua varietà, accompagnandosi a vari gradi di potenza o debolezza intellettiva; prevalendo, comunque, la prima.
Sebbene la follia di solito desti un'impressione di pena e miseria, in quanto non voluto e inconsapevole carattere evidenziante degli individui rispetto alla massa, che li giudica, dopo questa lettura mi resta l'impressione di una sfilata, tutto sommato grandiosa, di ingegni che hanno ripiegato sulla follia per tollerare l'assillante problema del senso della vita che, proprio a causa della loro peculiare natura costitutiva, li pungeva con particolare e straordinaria acutezza.
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themiss85 · 4 years
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La Vale non voleva che pubblicassi questa foto, ma é troppo bella! Per cui mi sono ingegnata... @vale.heike #chefaticalavitadabionda #ingegni #sottoilcielodiunestateitaliana https://www.instagram.com/p/CCihkTMBWDLQZtYuIFMZFg30rMBkC2QOEHBhAQ0/?igshid=1ubg13hi3p37o
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