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Laura Boella, Le imperdonabili. Milena Jesenskà, Etty Hillesum, Marina Cvetaeva, Ingeborg Bachmann, Cristina Campo, «Gli imperdonabili» 1, Mimesis Edizioni, Milano-Udine, 2013
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Troppe cose hanno accolto le tue palpebre, l'attenzione t'ha consumato le ciglia. Troppe vie t'hanno ripetuta, stretta, inseguita.
La città da secoli ti divora, ma per te travede, sogno e sfacelo di luci piogge, lacrime senili sulla ragazza che passa febbrile, indomabile, oltre il tempo, oltre un angolo.
...gli spettri che non si sanno e tu sai, radicati con te nel glutine blu dell'asfalto e credono al tuo fiore che avvampa, bianco - poiché tutti viviamo di stelle spente.
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Amore, oggi il tuo nome
al mio labbro è sfuggito
come al piede l’ultimo gradino
ora è sparsa l’acqua della vita
e tutta la lunga scala
è da ricominciare.
T’ho barattato, amore, con parole.
Buio miele che odori
dentro diafani vasi
sotto mille e seicento anni di lava
ti riconoscerò dall’immortale
silenzio.
.🦋.
🔸Cristina Campo
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Devota come un ramo
curvato da molte nevi
allegra come falò
per colline d'oblio,
su acutissime lamine
in bianca maglia di ortiche,
ti insegnerò, mia anima,
questo passo d'addio…
Cristina Campo, da Passo d’addio, All’Insegna del Pesce d’Oro, 1956
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Amore, oggi il tuo nome
al mio labbro è sfuggito
come al piede l'ultimo gradino…
Ora è sparsa l'acqua della vita
e tutta la lunga scala
è da ricominciare.
T'ho barattato, amore, con parole.
ti riconoscerò dall'immortale
silenzio.
Moriremo lontani. Sarà molto
se poserò la guancia nel tuo palmo
a Capodanno; se nel mio la traccia
contemplerai di un’altra migrazione.
Dell’anima ben poco
sappiamo. Berrà forse dai bacini
delle concave notti senza passi,
poserà sotto aeree piantagioni
germinate di sassi…
O signore e fratello! ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni:
“Nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta”.
Ora che capovolta è la clessidra,
che l’avvenire, questo caldo sole,
già mi sorge alle spalle, con gli uccelli
ritornerò senza dolore
a Bellosguardo: là posai la gola
su verdi ghigliottine di cancelli
e di un eterno rosa
vibravano le mani, denudate di fiori.
Oscillante tra il fuoco degli uliveti,
brillava Ottobre antico, nuovo amore.
Muta, affilavo il cuore
al taglio di impensabili aquiloni
(già prossimi, già nostri, già lontani):
aeree bare, tumuli nevosi
del mio domani giovane, del sole.
È rimasta laggiù, calda, la vita,
l’aria colore dei miei occhi, il tempo
che bruciavano in fondo ad ogni vento
mani vive, cercandomi…
Rimasta è la carezza che non trovo
più se non tra due sonni, l’infinita
mia sapienza in frantumi. E tu parola
che tramutavi il sangue in lacrime.
Nemmeno porto un viso
con me, già trapassato in altro viso
come spera nel vino e consumato
negli accesi silenzi…
Torno sola…
tra due sonni laggiù, vedo l’ulivo
roseo sugli orci colmi d’acqua e luna
del lungo inverno. Torno a te che geli
nella mia lieve tunica di fuoco.
Ahi che la Tigre,
la Tigre Assenza,
o amati,
ha tutto divorato
di questo volto rivolto
a voi! La bocca sola
pura
prega ancora
voi: di pregare ancora
perché la Tigre,
la Tigre Assenza,
o amati,
non divori la bocca
e la preghiera…
— Cristina Campo, da La tigre assenza
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Io mi annoio, capisce? ....
16 aprile 1956
Cristina Campo, Lettere a Mita.
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“Non mi sono mai posta il problema perché si vive? Per me un miracolo… Avere visto una lucertola che prendeva la buccia di una pera, stando sopra il mio piede, e la portava alla femmina, come un dono, mentre il sole tramontava. Ecco, che bello essere creati… o che cosa spaventosa in altri momenti. La domanda urgentissima, piuttosto, è: perché sei qui e cosa devi fare? A quella domanda quasi sempre rispondo “per scrivere”, con enorme presunzione. Testimoniare la bellezza, ecco, mi sembra una risposta.”
Cristina Campo (1977)
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Cristina Campo, Oltre il tempo, oltre un angolo, ultimo verso (da "La tigre assenza")
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Vivere, certo, mio caro amico. Non c’è nulla di più – nulla di meno – da fare. Quanto ad esser felici, questo è il terribilmente difficile, estenuante. Come portare in bilico sulla testa una preziosa pagoda, tutta di vetro soffiato, adorna di campanelli e di fragili fiamme accese; e continuare a compiere ora per ora i mille oscuri e pesanti movimenti della giornata senza che un lumicino si spenga, che un campanello dia una nota turbata.
- Cristina Campo
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Si ripiegano i bianchi abiti estivi
e tu discendi sulla meridiana,
dolce Ottobre, e sui nidi.
Trema l’ultimo canto nelle altane
dove sole era l’ombra ed ombra il sole,
tra gli affanni sopiti.
E mentre indugia tiepida la rosa
l’amara bacca già stilla il sapore
dei sorridenti addii.
Cristina Campo
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"Lasci al tempo la memoria, questo suo unico possesso; e non tolga al passato la veste bianca, se pure l'oggi le sembri nudo e scheletrico. Non conosciamo le alchimie dei giorni - né come incontreremo in futuro ciò che abbiamo abbandonato alle spalle."
- Lettere a Mita, Cristina Campo
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Se qualche volta scrivo è perché certe cose non vogliono separarsi da me come io non voglio separarmi da loro. Nell'atto di scriverle esse penetrano in me per sempre attraverso la penna e la mano come per osmosi. Nella gioia, noi ci muoviamo in un elemento che è del tutto fuori del tempo e del reale, con presenza perfettamente reale. Incandescenti, attraversiamo i muri.
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Due mondi – e io vengo dall’altro.
Dietro e dentro
le strade inzuppate
dietro e dentro
nebbia e lacerazione
oltre caos e ragione
porte minuscole e dure tende di cuoio,
mondo celato al mondo, compenetrato nel mondo,
inenarrabilmente ignoto al mondo,
dal soffio divino
un attimo suscitato,
dal soffio divino
subito cancellato…
Io non prego mai per i morti, io prego i morti. L'infinita sapienza e clemenza dei loro volti – come si può pensare che abbiano ancora bisogno di noi? – Ad ogni amico che se ne va io racconto di un amico che resta; a quella infinita cortesia senza rughe ricordo un volto di quaggiù, torturato, oscillante.
Cristina Campo, da Diario bizantino e Lettere 1955-1976
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La pura poesia è geroglifica: decifrabile solo in chiave di destino.
Cristina Campo, Fiaba e Mistero
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"Tutta la mia forza è la mia solitudine, il mio andarmene sola per questi luoghi: la libertà come un coltello tra i denti."
(Cristina Campo, Caro Bul. Lettere a Leone Traverso)
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