Tumgik
#albero dipinto
mondi-immaginari · 2 years
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Dipinto di Jeremy Miranda
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afantini · 6 months
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Laude del Lingam
Laude del Lingam Olio su tela 50×70 cm. (2023) View this post on Instagram A post shared by ᗩᖴᗩᑎ ᗩᒪEᔕᔕᗩᑎᗪᖇO ᖴᗩᑎTIᑎI (@afanmultimedianic)
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francescosatanassi · 4 months
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L'ORSO CHE COMBATTEVA I NAZISTI
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A Forlì, lungo viale dell’Appennino, tra Ca’Ossi e San Martino in Strada, c’è ancora oggi un edificio noto come Villa Gesuita. Alla fine dell’800 il palazzo era stato acquistato dal tenore Angelo Masini, ai tempi già famoso e ricchissimo. Durante gli anni ’40, il custode della villa era Enea Barzanti che assieme alla moglie e alle figlie, Isotta e Ivana, vide diversi schieramenti occupare la villa: i tedeschi, i polacchi, i gurkha, di nuovo i polacchi e infine gli inglesi. Ivana, intervistata nel 2019, raccontò una cosa che molti hanno dimenticato: “Una mattina arrivarono i polacchi e montarono le tende nel cortile, con loro c’era un orso enorme che legarono a un albero con una catena.” Ma quell'orso non era un orso qualunque, il suo nome era Wojtek ed era a tutti gli effetti un soldato. Nel marzo del '43, mentre l’armata polacca si stava addestrando nel nord dell’Iraq per poi essere impiegata in Italia a fianco degli inglesi, due soldati incontrarono un ragazzo curdo che aveva con sé un cucciolo d’orso. Wojtek fu subito adottato dalla Compagnia diventando una specie di mascotte. I soldati gli insegnano la lotta e anche il saluto militare. Il giorno della partenza, però, ci si accorse che Wojtek non poteva salpare. Le regole di reclutamento britanniche erano chiare: soltanto i soldati potevano salire a bordo di una nave militare. Così, l’orso fu ufficialmente arruolato come soldato semplice e assegnato alla 22ª Compagnia Rifornimenti di Artiglieria. Alto ormai due metri e pesante 250 kg, Wojtek aiutò a trasportare le casse di munizioni durante diversi combattimenti, tra i quali la battaglia di Cassino, e per il suo coraggio fu promosso a caporale. Per celebrarlo, la 22° Compagnia adottò un distintivo che lo ritrae mentre trasporta un grosso proiettile. Lo stemma fu dipinto anche sui veicoli militari. Wojtek viveva con i suoi commilitoni, mangiava e dormiva con loro, masticava il tabacco e si dice amasse la birra. Assieme a lui, l’esercito polacco entrò a Predappio, a Forlì, a Brisighella e a Faenza. Dopo il conflitto, il 15 novembre 1947, il suo reparto fu smobilitato e Wojtek fu trasferito allo zoo di Edimburgo. Morì il 2 dicembre 1963, all’età di 21 anni.
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SENSI DELL'ARTE - di Gianpiero Menniti
L'ASSOLUTO IMPERFETTO
Rappresentazioni che annullino il realismo, René Magritte (1898 - 1967) ne ha realizzate moltissime, sempre suggestive, intriganti, incantevoli. Alcune in serie, tra gli anni '40 e '60 del secolo scorso, con un unico titolo: "La ricerca dell'assoluto". Esprimono, tutte, il piacere della pittura come mondo della creatività onirica, modelli di figurazione che attraversano l'asfittica tensione razionale condivisa per giungere in luoghi profondi, spazi di rielaborazioni simboliche soggettive. Li porta in luce: non più il sogno affidato alle parole di un racconto ma percepito nella sua essenza d'immagine. Si può narrare un dipinto come questo? No, si può ascoltarne, con lo sguardo, il silenzio, lacerante. Lasciando che diventi voce indecifrabile di pensiero. Di certo, rivela un concetto. In questo caso si tratta dell'inconsistenza di un capriccio umano: l'inutile ricerca di un assoluto destinata a infrangersi su formule provvisorie, su risposte che si aprono a nuove domande senza esito. Come accade al protagonista del romanzo dal titolo omonimo di Honoré de Balzac. La foglia è anche albero e viceversa. Il segreto nascosto nell'infinitamente piccolo è comparabile all'infinitamente grande. Lo raccoglie. Affascinante. Ma dopo? Dopo, si rimane senza parole. Il concetto diventa epifenomeno, elemento secondario. Ed ecco che l'arte presenta il suo volto nascosto: solamente immagine. Si tratta del suo limite. Ma non ha importanza. Quel limite è la soglia di un confine attraversabile accettando un semplice patto: affidarsi a quel che appare. E al suo suono muto. Null'altro. Come in un sogno. Nei mille sogni, di mille soglie, di mille tele.
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montag28 · 6 months
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Le vite che non ci sono più. Le cose che disegno e che poi non ci sono più. Ciò che è stato e che se ne va per sempre. Non c'è comparazione; è solo un vago parallelismo tra grandezze tremendamente diverse. Ho cancellato per errore la più bella mano che avessi mai dipinto in digitale, ma passerei il resto della mia esistenza a disegnare cose che poi spariscono dal foglio, improvvisamente e senza un motivo, se servisse a ridare vita ad uno solo di quei bambini che mi sono entrati nel sangue, attraversando il passaggio dei miei occhi. La mia frustrazione ha un prezzo altissimo e io lo spenderei tutto, fosse anche solo per curare e sanare per sempre la ferita psichica di un solo orfano che trema come un albero nella tempesta, soffocato da quella paura nera, violenta da sgretolare una montagna. Trema, si guarda attorno; e scopre gli adulti non hanno risposte; e scopre che gli adulti, a guardarli da vicino, hanno paura pure loro.
Il punto è: c'è un luogo dove ritroveremo le cose perdute e le persone scomparse? Ha un senso tutto questo non poter salvare niente e nessuno? È così difficile dormire, la notte. Domani voglio consumarmi i polpastrelli e non pensare a tutto questo, a tutto questo male.
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sofysta · 1 year
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«È una malattia. La gente ha smesso di pensare, di provare emozioni, di interessarsi alle cose».
La vera ricchezza oggi è saper guardare. Ieri mattina ero con un gruppo di escursionisti. A un tratto uno scoiattolo ci salta davanti. Zampetta sulla neve e poi si arrampica su un albero. «Guarda, uno scoiattolo», dice un ragazzo alla sua fidanzatina. «Fai il video, così lo carico su Instagram», gli risponde lei, senza neanche sollevare gli occhi dal suo telefonino.
Lo scoiattolo era proprio lì, davanti ai suoi occhi e le sarebbe bastato sollevare appena gli occhi dallo schermo del telefono per vederlo, ma niente! E c’è purtroppo tanta gente così: quando viaggiano, quando vanno al ristorante, perfino nei musei o davanti a un dipinto, non vivono il momento, non sanno guardare, l’unica cosa a cui pensano è realizzare uno scatto da condividere sui social.
Le persone camminano, mangiano, parlano con gli occhi incollati al telefonino, incuranti di ciò che sta loro intorno. «Sempre più persone, quando si trovano a fronteggiare momenti di solitudine, invece di raccogliere i pensieri, controllano se ci sono messaggi sul cellulare». Aveva ragione Bauman nel dire che l’introspezione sta scomparendo. Ma non sta scomparendo solo l’introspezione. Nessuno si emoziona, si stupisce, si meraviglia più di nulla. Ma vivere così significa essere come morti.
Spegnete i cellulari, uscite in strada e guardate per un istante, solo per un istante, il cielo che vi sta davanti. Che emozioni vi suscita? Guardate gli alberi, la luna, la stelle. Guardate in faccia le altre persone. Andate in un museo, dimenticatevi dei social, dei messaggini, dei mille impegni e pensieri che vi attraversano la mente e guardate i dipinti. Guardateli davvero. Io ho visto gente piangere davanti a un dipinto di Caravaggio o di Michelangelo. Benedico queste persone, perché ridere, piangere, emozionarsi, riuscire ancora in questi tempi moderni a provare stupore è la più grande ricchezza che si possa avere nella vita.
G.M
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susieporta · 5 months
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La vita ti spezzerà. Nessuno può proteggerti da questo, e nemmeno stare da solo, perché la solitudine ti spezzerà anche con il suo desiderio. Devi amare. Devi sentire. È il motivo per cui sei qui sulla Terra. Devi rischiare il tuo cuore. Sei qui per essere inghiottito. E quando succede che sei spezzato, o tradito, o lasciato, o ferito, o che la morte si avvicina troppo, lasciati sedere vicino a un albero di mele e ascolta le mele che cadono intorno a te in mucchi, sprecando la loro dolcezza. Ripeti a te stesso che ne hai assaggiati quanti potevi. ~Louise Erdrich
Libro: Il tamburo dipinto
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mucillo · 9 days
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Dipinto di ANNAMARIA MAREMMI
"Non amate mai una creatura selvatica, signor Bell," lo ammonì Holly. "È stato questo lo sbaglio di Doc. Si portava sempre a casa qualche bestiola selvatica. Un falco con un'ala spezzata. E una volta un gatto con una zampa rotta. Ma non si può dare il proprio cuore a una creatura selvatica; più le si vuole bene più forte diventa. Finché diventa abbastanza forte da scappare nei boschi. O da volare su un albero. Poi su un albero più alto. Poi in cielo. E sarà questa la vostra fine, signor Bell, se vi concederete il lusso di amare una creatura selvatica. Finirete per guardare il cielo.”
Truman Capote, ( Colazione da Tiffany)
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painting by Shoko Okumura 奥村祥子 (Artist based in Milan, Tokyo ミラノ,東京を拠点に主に日本画の素材で絵を描いています。) 
💋 Bella~*
Sussurra tra i rami del vecchio ciliegio leggera un'aria che i fiori sommuove; commuove il mio cuore la danza di petali e luce e di giovinezza rinnova la dolce memoria e di una danza che non danzo più
poesia : Alberto Pappalardo
and
"Questa primavera sta passando senza vedere nessuna fioritura di ciliegio. Il dipinto ho realizzato l'anno scorso, e' un albero secolare di ciliegio in Brianza. Ad ogni caso, spero tanto che la situazione migliora, e spero di poter andare e vedere l'albero l'anno prossimo..!
今年は一度も桜を見ること無く三月が過ぎて行きました。 封鎖から一月が経とうとしており、イタリアはようやくピークが見えてきたかなという所です。 昨年描いたブリアンツァ地方に自生する桜の古木、来年はまた見に行けるといいです。" ( Il testo viene dall'artista - Shoko Okumura 奥村祥子) 
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Albero di Iesse, cappella degli Illustrissimi, Duomo di Napoli, 1315 c., Napoli, Campania, Italy (foto di Maurizio Goretti)
Lello da Orvieto pittore italiano (Orvieto, ... – ...; fl. 1315-1340) è stato un pittore e mosaicista italiano, attivo tra Napoli e il Lazio nella prima metà del XIV secolo.
A Napoli, nel solco di uno schietto cavallinismo, secondo la maggior parte della critica, Lello eseguì il dipinto murale con l'Albero di Jesse nel duomo (cappella degli Illustrissimi, già di S. Paolo), commissionato dall'arcivescovo Umberto d'Ormont tra il 1314 (conclusione dei lavori di ampliamento della chiesa) e il 1320 (data di morte del prelato).
biografia:
-sua formazione, avvenuta senza dubbio nell'orbita cavalliniana.
-lo stile di Lello da Orvieto è caratterizzato da un colore compatto, mai squillante, che conferisce alle figure l'impressione di viva plasticità
-a Napoli, dove è attestato intorno all'inizio del quinto decennio nell'affresco dinastico in S. Chiara - in cui si palesa chiaramente l'influsso giottesco - raffigurante il Redentore in trono 
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Lello è menzionato nel mosaico della Cattedrale di Santa Maria Assunta a Napoli, raffigurante la Madonna in trono tra i santi Gennaro e Restituta datato 1322 (o 1313) e firmato Lellus de Urb(evetere).
Gli vengono attribuiti anche gli affreschi:
Albero di Iesse, nella cappella degli Illustrissimi nel Duomo di Napoli, 1315 c.
Redentore e santi, nella sala capitolare delle Clarisse nel complesso di Santa Chiara a Napoli, 1320-1340 c.
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Non si conoscono la data e il luogo di nascita di questo pittore e mosaicista, attivo tra Napoli e il Lazio nella prima metà del XIV secolo. La prova della sua esistenza e i suoi stessi dati anagrafici sono forniti solo dalla frammentaria sottoscrizione che corre lungo il margine inferiore del mosaico con S. Maria del Principioin trono tra i ss. Gennaro e Restituta in S. Restituta a Napoli, datato 1322, la cui decifrazione è stata ed è piuttosto controversa. All'ipotesi di Rolfs, che propendeva per un'improbabile origine veneta dell'artista, e alla ormai tradizionale interpretazione proposta da Bologna (1969, p. 129) il quale, leggendo "de Urbev" parte della firma, voleva Lello nativo di Orvieto, se ne affianca un'altra secondo la quale quello stesso brano potrebbe essere inteso più verosimilmente come "de Urbe", recuperando così l'origine romana di Lello., già avanzata da Morisani, e l'ambito della sua formazione, avvenuta senza dubbio nell'orbita cavalliniana. Intorno alla personalità dell'artista, ricostruita da Bologna (1969) e arricchita successivamente da altri contributi, è stato riunito, grazie ai soli confronti stilistici, un catalogo di opere, soggetto a continue variazioni attributive. Gli inizi della carriera artistica di Lello sono stati rintracciati ipoteticamente in un altarolo portatile del Museo Correr di Venezia (ibid.; critico, Boskovits, 1983) e proprio a Roma, ma ancora con dubbio, nella rovinata Dormitio Virginis di S. Saba; quest'opera mostra alcuni stilemi tipici dell'artista, ritrovabili in opere napoletane, nonostante il pessimo stato di conservazione suggerisca cautela nella valutazione (Romano, 1992, p. 113). Si è ipotizzato che Lello fosse nella città partenopea già dal 1314: ciò tuttavia sulla base dell'ipotesi di una sua origine orvietana e della generica documentazione attestante come Ramo di Paganello si procacciasse maestranze di mosaicisti a Orvieto per la corte angioina. A Napoli, nel solco di uno schietto cavallinismo, secondo la maggior parte della critica, Lello eseguì il dipinto murale con l'Albero di Jesse nel duomo (cappella degli Illustrissimi, già di S. Paolo), commissionato dall'arcivescovo Umberto d'Ormont tra il 1314 (conclusione dei lavori di ampliamento della chiesa) e il 1320 (data di morte del prelato). Nella Madonna già Centurione Scotto (oggi Bergamo, Galleria Lorenzelli), volta nella direzione di un recupero della cristianità dei primi tempi, si è individuata un'altra opera del pittore, identificata con la tavola della Vergine per l'altare della cappella di patronato dell'arcivescovo, in duomo (Leone de Castris, Arte di corte…, p. 267; Bologna, 1988). Diversi brani pittorici di S. Maria Donnaregina Vecchia (in controfacciata, lungo la navata, sull'arco absidale e nel coro), eseguiti entro il secondo decennio del XIV secolo, sono risultati accostabili ad alcune figure dell'Albero di Jesse: si è proposta così una strettissima somiglianza di mano, ma non l'identificazione con il "discusso" Lello (Paone); alla stessa maestranza, ove può riconoscersi perlomeno l'individualità di un maestro, sono stati attribuiti gli Apostoli seduti con lo strumento del martirio e il libro, dipinti nell'area superstite dell'antica basilica di S. Restituta (parete adiacente all'ingresso del battistero) e le miniature di alcuni manoscritti, quali quelli prodotti nello scriptorium dell'abbazia di Cava (Cava de' Tirreni, Biblioteca dell'abbazia, Mss., 25-26, del 1320 circa; Londra, British Museum, Add. Mss., 31032, collocabile tra il 1323 e il 1325: Paone). Nel catalogo dell'artista è stato inserito anche il Ritratto di Umberto d'Ormont (Napoli, arcivescovato), che portava la data 1320 (attribuito a Cavallini da Boskovits, 1983, p. 308, e da Tartuferi, pp. 44, 47). Un'autografia lelliana è stata inoltre ipotizzata nelle parti più antiche del mosaico del catino absidale di sinistra del duomo di Salerno, dove è rappresentata una Gloria di angeli (Leone de Castris, Arte di corte…, p. 270 n. 6).
Secondo la ricostruzione critica del corpus delle opere, con l'avanzare del terzo decennio Lello dovette lasciare Napoli per recarsi in terra pontificia. Nel 1324 si trovava ad Anagni, dove, nella cripta del duomo, eseguiva il murale con S. Pietro d'Anagni fra due sante e l'anno successivo la tavola della Madonna del presbitero Raynaldo, raffigurato ai piedi della Vergine con il Bambino (oggi nel Museo della cattedrale). L'attribuzione al Lello dei due dipinti anagnini, accolta dalla maggior parte degli studiosi (Bologna, 1969; Leone de Castris, Arte di corte…, p. 267; Musella Guida; Romano, 1989, p. 251; Id., 1992, pp. 114, 169 s.; Tomei, 1996, p. 27), è stata da altri negata a favore di un'autografia cavalliniana (Boskovits, 1979; Id., 1983, p. 311; Tartuferi). A Roma Lello potrebbe aver eseguito, a partire dal 1325, i mosaici della facciata di S. Paolo fuori le Mura (Gandolfo, p. 335; Romano, 1992, p. 114; ma si vedano le obiezioni avanzate da Tomei, 2000, p. 142), ora molto restaurati, ricollocati sul retro dell'arco di Galla Placidia e sull'arco absidale della basilica. Probabilmente in quel torno di anni Lello poté realizzare le Storie di s. Benedetto in S. Agnese fuori le Mura (staccate e conservate, ridotte in pannelli, presso la Pinacoteca Vaticana), con l'aiuto di qualche collaboratore (Romano, 1989, p. 251; Strinati, 2000, p. 159). La sua attività romana è ancora individuabile nelle piccole tavole di schietto gusto angioino con S. Ludovico di Tolosa e S. Antonio Abate in S. Francesco a Ripa, nella cella del santo. Lo stile di Lello, caratterizzato da un colore compatto, mai squillante, che conferisce alle figure l'impressione di viva plasticità, è stato rintracciato inoltre nel mal conservato brano pittorico rappresentante la Crocifissione nella chiesa di S. Biagio a Tivoli (distaccato dalle pareti durante i restauri del 1887 e oggi collocato nel retrocoro: Romano, 1989, p. 251; Id., 1992, pp. 174 s.). Sembra dunque che, a partire dal 1324 circa e per i successivi anni, Lello abbia lavorato in territorio laziale, per poi far ritorno a Napoli, dove è attestato intorno all'inizio del quinto decennio nell'affresco dinastico in S. Chiara - in cui si palesa chiaramente l'influsso giottesco - raffigurante il Redentore in trono affiancato da un lato dalla Vergine, ai cui piedi sono Roberto d'Angiò e il figlio Carlo duca di Calabria (Bologna, 1969), da s. Ludovico di Tolosa e da s. Chiara, e dall'altro da s. Giovanni Evangelista, ai cui piedi appaiono la regina Sancia e la principessa Giovanna, da s. Francesco e da s. Antonio. L'identificazione di Carlo duca di Calabria, morto nel 1328, è stata messa in discussione; e sembra più plausibile la proposta di riconoscere nel personaggio inginocchiato presso la Vergine Andrea d'Ungheria, sposo di Giovanna, la quale appare con la corona, che non compare sul capo del consorte, a ribadire la sua sovranità e a protezione dalle pretese del marito. Andrea e Giovanna si sposarono nel 1342, anno in cui potrebbe essere stato eseguito il dipinto (Abbate, p. 37). Non è noto quando Lello morì: il problematico catalogo delle sue opere, al momento basato - come si è detto - unicamente sui dati stilistici, non oltrepassa il quinto decennio del secolo.
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marioclubart · 20 days
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OPERA NUMERO 197 TITOLO: LA VITA IN CITTA' L'immagine raffigura una persona seduta su una sporgenza in un ambiente esterno. La persona è una donna e la scena include un dipinto, un albero e il cielo. Trasmette un senso di relax e connessione con la natura.
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SENSI DELL’ARTE - di Gianpiero Menniti 
L'ASSOLUTO IMPERFETTO
Rappresentazioni che annullino il realismo, René Magritte (1898 - 1967) ne ha realizzate moltissime, sempre suggestive, intriganti, incantevoli. Alcune in serie, tra gli anni '40 e '60 del secolo scorso, con un unico titolo: "La ricerca dell'assoluto". Esprimono, tutte, il piacere della pittura come mondo della creatività onirica, modelli di figurazione che attraversano l'asfittica tensione razionale condivisa per giungere in luoghi profondi, spazi di rielaborazioni simboliche soggettive. Li porta in luce: non più il sogno affidato alle parole di un racconto ma percepito nella sua essenza d'immagine. Si può narrare un dipinto come questo? No, si può ascoltarne, con lo sguardo, il silenzio, lacerante. Lasciando che diventi voce indecifrabile di pensiero. Di certo, rivela un concetto. In questo caso si tratta dell'inconsistenza di un capriccio umano: l'inutile ricerca di un assoluto destinata a infrangersi su formule provvisorie, su risposte che si aprono a nuove domande senza esito. Come accade al protagonista del romanzo dal titolo omonimo di Honoré de Balzac. La foglia è anche albero e viceversa. Il segreto nascosto nell'infinitamente piccolo è comparabile all'infinitamente grande. Lo raccoglie. Affascinante. Ma dopo? Dopo, si rimane senza parole. Il concetto diventa epifenomeno, elemento secondario. Ed ecco che l'arte presenta il suo volto nascosto: solamente immagine. Si tratta del suo limite. Ma non ha importanza. Quel limite è la soglia di un confine attraversabile accettando un semplice patto: affidarsi a quel che appare. E al suo suono muto. Null'altro. Come in un sogno. Nei mille sogni, di mille soglie, di mille tele.
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letteredalucca · 5 months
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Ostinata come un mulo
Tutti sanno che mi piace Santa Lucia, perché resta piantata lì, come un albero, indicando il cielo come suo giudice supremo e guardando in faccia i maschi del suo tempo, che la volevano o moglie o puttana. Uso sempre lo stesso dipinto, di Bernardo Lotto, Santa Lucia di fronte al giudice. Inconcepibile, una donna che si rifiuta di obbedire. Che si rifiuta di spostarsi. Che alza il dito e…
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bongianimuseum · 2 years
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Mostra Personale di Coco Gordon, “Arte, natura e sensibilità ecologica”
La presentazione di Sandro  Bongiani
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Coco Gordon, vedere oltre il visibile
La ricerca tra natura e sensibilità ecologica Presentazione di Sandro Bongiani
La mostra personale dal titolo Coco Gordon, “Arte, natura e sensibilità ecologica” a cura di Sandro Bongiani presenta una serie di opere inedite nate da ricerche iniziate a partire dal 1961 in poi e continuate nel corso di oltre un cinquantennio di attività fino a quelle recenti realizzate opportunamente col fine di creare un forte impatto sull'etica tra pensiero e comportamento e tra integrazione mente-corpo-spirito in cui la scrittura o il taglio, spesso, sono parte vitale e integrante dell’opera stessa.
Coco Gordon  /SuperSkyWoman di origini italiane, è tra le più significative artiste " intermediali" americane. Ha radici nel movimento "Fluxus". Al centro dei suoi molteplici lavori si colloca l'intenzione di creare consapevolezza nei confronti dei problemi ecologici e sociali del nostro mondo. Oltre alla ricerca della performance e dei Exploding Books, tagliati e aperti, in questi ultimi anni si è dedicata a lavorare con una certa assiduità anche in digitale producendo particolari opere visionarie. Al centro dei suoi molteplici lavori si colloca sempre l'intenzione di creare consapevolezza nei confronti dei problemi ecologici e sociali del nostro pianeta. Con la pratica della performance, e della ricerca onirica digitale l’artista dimostra la sua stretta vicinanza ai processi naturali e esprime il desiderio di creare un cambiamento radicale dal consumismo e dalla quotidiana economia di sfruttamento affinché il fare arte e la pratica nella natura siano due attività compatibili, che legate assieme, possano operare a modificare la consapevolezza collettiva e ritrovare un'esperienza primaria comune legata al nostro creato.
Il filo conduttore che lega le opere presenti in questa personale è appunto il tema della sfida ambientale, un’urgenza globale sotto il segno della sensibilità e della sostenibilità. Una ricerca, svolta per lungo tempo con opere, interventi ambientali e performances fino alle opere recenti dei paesaggi e delle visioni sdoppiate e ibride di esseri nati da insolite metamorfosi suggerite da una tensione visionaria che condiziona e trasforma di colpo il visibile in una essenza oscura.
Già da diverso tempo Coco Gordon ha indagato la natura, tra pittura e performances, come per esempio, con il dipinto “Cocktail Party” usato per mangiare a pranzo, table setting,del 1961, con la “Performance nel paesaggio” del 1978, e poi con “Air fire water” del 1984, “Pender Island finding food. Earth”, oppure, con “Seeking Water”, set-up sulle rocce a Pender Island, Canada del 1984. Con la performance “Finding Food” sulle rocce di Pender Island in Canada ha vissuto sull’isola per un intero mese su un albero senza mai lasciare il luogo, procurandosi ogni giorno il cibo nella foresta di “Miners Lettuce”. Quello della natura è un tema molto sentito da Coco Gordon come pure la rappresentazione dell’uomo in cui la realtà viene alterata dalla particolare elaborazione digitale per divenire presenza deformata  e misteriosa dell’uomo
Come per il paesaggio anche la rappresentazione dell’uomo, iniziata nel 1962 con l’opera “Bottom left Fisherman”, l’artista procede  verso la metamorfosi trasformando il visibile in un insolito apparire immaginario, facendo emergere  la parte nascosta della realtà in una sorta di rinascita dal buio della notte. Le sollecitazioni emergono per caso in un territorio oscuro tra il noto e l’ignoto in cui l’immagine della realtà perde la cognizione del dato reale per trasformarsi in esseri che possono condividere, anche per un solo attimo, la leggerezza dell’apparizione provvisoria.
L’artista americana ha  sempre indagato l’intreccio oscuro tra pensiero e memoria, tra visione e contraddizione dell’esistenza  in un concedere momentaneo dell’immagine per poi subito negarla e relegarla ai margini del visibile. Una precaria condizione in cui l’indagine si trasforma in sospensione e incertezza, in cui tutto può sempre accadere. Di certo,  è un continuo e insolito procedere a indagare  la parte nascosta del visibile in cui far affiorare relazioni e frammenti di senso  che possano definirsi “in forma” d’immagine.   Sandro Bongiani
    Coco Gordon / SuperSkyWoman / Breve biografia  
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Coco Gordon (Genova, 1938) vive e lavora a  Lyons, nel Colorado. Anche conosciuta come SuperSkyWoman è artista, poeta, performer, editrice. Dopo avere affiancato gli esponenti del gruppo Fluxus negli anni della sua maggiore attività, da tempo impegnata  a capo di un gruppo di aggregazione sulle tematiche del territorio, della natura, del biologico, dei sistemi di vita (Permacultura). Conta la pubblicazione di 46 libri tra cui Radical Food, Hip Hop Solarplexus, SuperSkyWoman, TIKYSK, e Life Systems, un montaggio di 41 artisti che lavorano per creare un pianeta sano. Coco Gordon dal 1982 è attiva e parte integrante del movimento Fluxus. L’artista, dedita soprattutto alla produzione di libri d’artista con opere esposte a Vienna da  Kunst Kanzlei e alla EMILY Harvey a NY e Venezia. È molto attiva ed ha partecipato a diverse Biennali Internazionali d’arte di Venezia.  In tanti anni di lavoro ha realizzato numerose performance, come per esempio, quella tenuta nel 1983 a Reggio Emilia  presso il ridotto del Teatro Municipale, l’installazione newyorkese con chitarra datata 1984. Nel giugno del 1984 Coco Gordon  partecipa all’evento Il fascino della carta organizzato da Pari & Dispari. Nel 1993 con altri artisti presenta  a Casa Malaparte a Capri  un’ installazione diurna a e una notturna chiamate LUN’AQUA. Nel 1999 è invitata a fare  una performance alla 48. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia. Nel 2003 Coco Gordon partecipa alla collettiva con 130 artisti, ideata da Pari&Dispari Un cuscino per sognare. Nel 2020 viene invitata a fare una performance dal titolo “EXPLODING RED PIANO KEYBOARD installazione in progress”  presso lo Spazio Visioni Altre a Venezia. Da alcuni anni  realizza libri tagliati. I Libri Tagliati/Condivisi, sono l’ultima produzione artistica di Coco Gordon. L’artista ritaglia, appunta, disegna, dando una nuova forma e una diversa interpretazione al libro. Nel 2020 un grande evento, viene presentato dalla Collezione Bongiani Art Museum presso lo Spazio Ophen Virtual Art Gallery di Salerno una retrospettiva esaustiva e completa con 72 opere, dal 1958 al 2020, che  definiscono l’intero percorso  artistico svolto da questa  originale e importante artista americana.  
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aldebaran66 · 2 years
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Un uomo camminava per una strada con il suo cane. Si godeva il paesaggio, quando ad un tratto si rese conto di essere morto.
Si ricordò di quando stava morendo e che il cane che gli camminava al fianco era morto da anni. Si chiese dove li portava quella strada.
Dopo un poco giunsero a un alto muro bianco che costeggiava la strada e che sembrava di marmo, in cima a una collina s'interrompeva in un alto arco che brillava alla luce del sole.
Quando vi fu davanti, vide che l'arco era chiuso da un cancello che sembrava di madreperla e che la strada che portava al cancello sembrava di oro puro. Con il cane s'incammino verso il cancello, dove a un lato c'era un uomo seduto a una scrivania. Arrivato davanti a lui, gli chiese: scusi, dove siamo?
Questo è il paradiso signore. rispose l'uomo.
Wow, e non si potrebbe avere un po' d'acqua?
Certo, signore, entri pure, dentro ho dell'acqua ghiacciata.
L'uomo fece un gesto e il cancello si aprì.
Non può entrare anche il mio amico? - disse il viaggiatore indicando il suo cane.
Mi spiace, signore, ma gli animali non li accettiamo.
L'uomo pensò un istante, poi fece dietro front e tornò in strada con il suo cane...
Dopo un'altra lunga camminata, giunse in cima a un'altra collina in una strada sporca che portava all'ingresso di una fattoria, con un cancello che sembrava non essere mai stato chiuso, non c'erano recinzioni di sorta.
Avvicinandosi all'ingresso, vide un uomo che leggeva un libro, seduto sotto un albero.
Mi scusi, chiese, non avrebbe un po' d'acqua?
Sì, certo. Laggiù c'è una pompa, entri pure.
E il mio amico qui? - disse lui, indicando il cane.
Vicino alla pompa dovrebbe esserci una ciotola.
Attraversarono l'ingresso, ed effettivamente poco più in là c'era un'antiquata pompa a mano, con a fianco una ciotola. Il viaggiatore riempì la ciotola e diede una lunga sorsata, poi la offrì al cane. Continuarono così finché non furono sazi, poi tornarono dall'uomo seduto all'albero.
Come si chiama questo posto? , chiese il viaggiatore.
Questo è il paradiso.
Beh, non è chiaro... laggiù in fondo alla strada uno mi ha detto che era quello il paradiso.
Ah, vuol dire quel posto con la strada d'oro e la cancellata di madreperla? No, quello è l'inferno.
E non vi secca che usino il vostro nome?
No, ci fa comodo che selezionino quelli che per convenienza abbandonano i loro migliori amici.
(dal web) (lidia)
(Dipinto di:Mick Cawston)
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angelicaaarabiti · 2 years
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Le cattive madri
Giovanni Segantini, 1894, olio su tela, 120×225 cm.
Österreichische Galerie Belvedere, Vienna.
“Le cattive madri” costituisce la seconda opera del cosiddetto ciclo del Nirvana, una serie di dipinti che Segantini realizzò ispirandosi ad un testo del Nirvana del librettista Luigi Illica. L’artista, infatti, trasfigura i celebri versi dell’autore e li riporta sulla tela, seguendo un procedimento tipicamente simbolista, che consiste nel partire dal concetto per poi giungere all’immagine. Ogni elemento del paesaggio è intriso di un forte simbolismo: gli alberi spogli e piegati e le folate di vento gelido che avvolgono l’intera valle sembrano, infatti, personificare gli strumenti di tortura adoperati per castigare le madri, i vuoti presenti sul dipinto sono bilanciati dalla potenza emotiva e visiva esercitata dalla madre impigliata all’albero ed, inoltre, la betulla intricata, avvicinabile per i tratti alla pittura giapponese, si trasforma da albero della vita ad albero della redenzione.
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