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#Lucio Caracciolo
gregor-samsung · 7 months
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" I neocons si formano nella “Nuova Gerusalemme” della diaspora ebraica a New York City, la Lower East Side di Manhattan. Dallo shtetl alla Jewtown, dallo yiddish all’inglese, in un contesto bianco-anglosassone-protestante (Wasp) carico di veleni antisemiti, il passo è lungo. Fra i giovani figli o nipoti di immigrati si forma una esigua quanto ipercombattiva élite intellettuale marxista e filobolscevica che si batte per affermare il socialismo in America e nel mondo. Di quella New York si diceva fosse la città più interessante dell’Unione Sovietica*. Nel City College della metropoli gli squattrinati giovani destinati a formare la spina dorsale del neoconservatorismo a venire frequentano l’odorosa caffetteria studentesca occupandone l’Alcove 1, fortilizio dell’avanguardia trozkista in dissidio con la maggioranza stalinista, che governa l’Alcove 2. Durante la Guerra fredda, le origini ebraiche e comuniste di molti neocons li renderanno sospetti agli occhi di paleoconservatori e repubblicani mainstream anche dopo che il presunto tradimento sovietico dei loro ideali li avrà spinti verso un bellicoso anticomunismo associato al sostegno di principio per Israele, per niente scontato nell’America degli anni cinquanta. Dall’antistalinismo all’avversione totale per il comunismo, dalla contestazione all’adesione al sistema, contro le derive moderate e compromissorie di liberals e appeasers disposti al dialogo con i tiranni rossi, i neoconservatori già trozkisti faranno sentire la loro voce nel dibattito pubblico del dopoguerra. Nell’accademia come nei media alternativi e nelle anticamere del potere, eminenti neocons quali Leo Strauss e Irving Kristol, Max Schachtman e Irving Howe, Richard Perle e Kenneth Adelman, fino a Douglas Feith e a Paul Wolfowitz, influente vicesegretario alla Difesa sotto George W. Bush, avranno modo di promuovere il globalismo democratico. Fine della storia. Mai come strutturata corrente politica o intellettuale, sempre al loro combattivo, lacerante modo. Il moto perpetuo della rivoluzione come fine in sé – comunista o anticomunista – impedisce di superare lo stadio delle connessione informali, esposte a litigi pubblici e odi privati, conversioni e apostasie. Fino al disastro iracheno, che nel primo decennio del secolo marca il tramonto del neoconservatorismo di governo. Non del movimento. In attesa della prossima alba. Perché in America profeti e crociati non muoiono mai. "
* Cfr. J. Heilbrunn, They Knew They Were Right: The Rise of the Neocons, New York-Toronto 2009, Anchor Books, p. 27.
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Lucio Caracciolo, La pace è finita. Così ricomincia la storia in Europa, Feltrinelli (collana Varia), novembre 2022. [Libro elettronico]
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Recensione: Limes 2/2023 "La Polonia imperiale"
Buongiorno a tutti, buona Domenica delle Palme, sono Elena e grazie di essere su Life Is Like A Wave Who Rises and Falls! Oggi vi parlo della mia lettura: Limes 2/2023 La Polonia imperiale Gruppo Editoriale Gedi, 2023 ISBN: 978-8883718601, 304 pp. Il secondo numero di Limes del 2023 è dedicato alla Polonia, paese che sta svolgendo un ruolo chiave nella guerra scatenata dalla Russia e che da…
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Citazione su Limes 6/2021
Citazione su Limes 6/2021
Buongiorno a tutti, sono Elena e vi ringrazio di essere su Alessandro III di Macedonia: blog su Alessandro Magno e Ellenismo. Vi segnalo che in un numero arretrato di Limes, il 6/2021 Se crolla la Russia c’è un piccolo riferimento ad Alessandro Magno! Limes 6/2021 Se crolla la Russia Editoriale: C’era una volta il fronte occidentale di Lucio Caracciolo da pagina 7 a 36. Siamo nel maggio 1953.…
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abr · 11 days
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Alla domanda retorica della Gruber: “Siamo davanti alla tanto annunciata escalation di Israele contro l’Iran?”, che presuppone risposta terronizzante per casalingue e medioman, stile uhh è sempre tuttacolpa dei guerrafondai ebbrei che ci voglian rovinare la altrimenti pacifica convivenza, Lucio Caracciolo direttore di Limes risponde da esperto e signore, sprezzante e chiarificatrice: “Si è chiusa la fase cominciata a Damasco il 1 aprile con l’attacco israeliano al consolato iraniano dove sono stati uccisi un generale e altri ufficiali. Consolato si fa per dire, perché non credo fossero lì per il rinnovo del passaporto. Poi c’è stata la replica iraniana obbligata, talmente obbligata che si sono tutti messi d’accordo perché non succedesse nulla di sabato notte. Questa notte c’è stata una risposta di cui sappiamo molto poco ma di cui vediamo le conseguenze, cioè più o meno pari a quello che avevano fatto gli iraniani con qualche tecnologia in più, per dire che questo round è chiuso”.
Oibò, come la Russia che non attacca sul serio: niente Terza Guerra Mondiale per adesso, niente riconferma di Biden come fosse Roosevelt, toccherà farle davvero 'ste elezioni americane.
elab di quotes via https://www.iltempo.it/personaggi/2024/04/19/news/otto-e-mezzo-lucio-caracciolo-israele-iran-duello-fasullo-attacco-rafah-massacro-39096571/
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colonna-durruti · 5 months
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Alessandro Gilioli
"A perdere è sicuramente Zelensky. L'Ucraina non recupererà i territori ed è uno Stato fallito: ha perso un terzo degli abitanti, molti dei quali non torneranno. La ricostruzione avrà dei costi economici stimati dalla Banca mondiale in 500 miliardi di dollari che ricadranno in buona parte sell'Europa. (...)
Questa guerra era evitabile dagli Usa, che a partire dagli anni 2000 hanno finanziato forze antirusse in Ucraina. Gli americani hanno scommesso sull'Ucraina nella Nato e sulla caduta di Putin. Hanno usato gli ucraini per dissanguare i russi.
Gli ucraini hanno sbagliato a rinunciare alla mediazione turca su pressione degli angloamericani".
L'analisi è di Lucio Caracciolo, questa mattina intervistato su La Stampa.
Sul fallimento dell'Ucraina e sul costo politico ed economico che avrà per la disgraziata Ue, si è già detto molto.
Sottolineo in questa analisi, piuttosto, l'ultima frase che ho riportato: quella sulle trattative di Istanbul, a fine marzo del 2022, che oggi si sono dimenticati tutti.
L'invasione russa era iniziata da poco più di un mese, le delegazioni ad altissimo livello russa e ucraina si incontravano nella città turca. Il 30 marzo (basta riprendere le agenzie) sembrava di essere a un passo dall'accordo: Ucraina nella Ue ma non nella Nato, riconoscimento da parte di Kiev che la Crimea e una parte da definire del Donbass passavano definitivamente ai russi.
Quale parte del Donbass? Sicuramente una più piccola di quella attualmente occupata da Mosca: in quei giorni i russi non avevano ancora occupato diverse città come Sievierdonetsk, Lysychansk, Bakhmut; perfino Mariupol stava ancora resistendo.
Tutto cambiò il giorno dopo, quando le forze ucraine entrarono a Bucha, città a nordest di Kiev, e trovarono i segni di una mattanza di civili operata dai russi nei giorni dell'occupazione
Il giorno dopo ancora ci fu il primo attacco ucraino nel territorio russo, a Belgorod.
Da allora, non ci fu più nessuna trattativa (se non per il grano e per lo scambio di prigionieri).
Nell'ottobre del 2022, Zelensky ha firmato una legge che impedisce qualsiasi negoziato.
Caracciolo fa capire, nemmeno velatamente, che il massacro di Bucha non fu l'unica causa che a fine marzo del 2022 bloccò la trattativa: che ci furono pressioni in questo senso da parte dell'Occidente, in particolare Usa e Uk.
Se l'ipotesi di Caracciolo è fondata, quelle pressioni per interrompere il negoziato sono costate agli ucraini centinaia di migliaia di vite umane e diverse città poi finite in mano all'invasore.
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La consapevolezza di chi sei è la premessa per poter accogliere gli altri...
Lucio Caracciolo
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ikasdu64 · 2 years
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La tragedia di Gorbačëv (Gorbaciov) - L'approfondimento di Lucio Caracciolo
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bicheco · 2 years
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"Non siamo nati per fare la guerra" - Lucio Caracciolo.
"Ma per fare l'amore" - bicheco
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agrpress-blog · 3 months
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Il convegno "Gli anni di Gorbačëv, dinamiche e protagonisti", programmato per il 5 e 6 febbraio 2024 presso la Fondazione Marco Besso di Roma, si propone di esaminare l'epoca di Michail Gorbačëv, figura di rilievo scomparsa nel 2022, e le dinamiche che hanno segnato un periodo cruciale nella storia europea e mondiale, spesso trascurato in Italia. Il convegno rappresenta un atto dovuto per comprendere l'impatto dell'esperimento gorbacioviano, chiedendosi se l'esito avrebbe potuto essere diverso. Esperti e studiosi approfondiranno gli avvenimenti di oltre 30 anni fa, offrendo una prospettiva aggiornata grazie alle loro significative ricerche storiche. Il programma prevede una panoramica storiografica a cura di Andrea Graziosi e Silvio Pons, coordinati da Lucio Caracciolo, seguita dall'analisi degli anni 1985-1991, focalizzandosi sulle vicende interne alle istituzioni sovietiche e all'ideologia del regime, con una particolare attenzione alla Perestroika e alla Glasnost'. Temi specifici saranno approfonditi nel secondo panel, esaminando la disgregazione centrifuga dell'Unione Sovietica e i casi di Kazakistan e Ucraina. La terza sezione affronterà altri regimi comunisti come Ungheria, Germania orientale e Romania, esplorando le diverse evoluzioni in quegli anni cruciali. L'evento, organizzato dalla Fondazione Marco Besso e dall'Associazione italiana studi dell’Europa centrale e orientale, con il contributo di diverse istituzioni accademiche, presenta un programma dettagliato che copre diverse prospettive e approfondimenti. I partecipanti esploreranno anche la percezione della Perestroika da parte dei media italiani e la posizione del Partito comunista cinese su Michail Gorbačëv. Alcune foto del viaggio a Roma di Michail Gorbačëv realizzate da Maurizio Riccardi nel 1990 sono visibili sul sito Archivioriccardi.it cliccando qui.
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gregor-samsung · 1 year
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“ Gli Stati Uniti d’America hanno combattuto oltre un centinaio di conflitti in due secoli e mezzo. Fra guerre mondiali e spedizioni di taglia minima, la neonazione inventata dai ribelli antibritannici ha imbracciato le armi più di ogni altra al mondo. Guerre quasi tutte vittoriose nel primo secolo e mezzo, tutte perse o non vinte dopo il 1945. L’ultima e più lunga (2001-2021) è (stata?) quella contro il terrorismo. Modello di uso a-strategico della forza in quanto sfida a un nemico indefinito e cangiante. Conflitto potenzialmente infinito, certamente invincibile. Infatti straperso con il suggello della tragica fuga dall’Afghanistan, il 15 agosto 2021, che si scoprirà prologo del 24 febbraio 2022. La Pax americana è chimera. Logica imperiale impone di distinguere fra conflitti inevitabili e inutili. I primi, strategici e di imponenti dimensioni, aprono e chiudono fasi della potenza, fissano il rango della nazione fra le altre, segnano la storia universale. Decidono. I secondi accelerano l’entropia del sistema. Derive tattiche antimperiali, che accumulandosi possono indurre negativi effetti strategici. Gli americani hanno ingaggiato e vinto cinque conflitti strategici: il primo, istitutivo dello Stato, è Guerra di indipendenza (1776-1783); il secondo, fondativo della nazione, cosiddetta Guerra di secessione (1861-1865); il terzo, contro la Spagna (1898), termina con il controllo di Cuba e l’acquisizione della prima e ultima colonia, le Filippine, di cui la repubblica non sa che fare; il quarto, Prima guerra mondiale (1917-1918), combattuto nel continente di origine, getta le basi dell’impero; il quinto, Seconda guerra mondiale (1941-1945), lo sigilla. E stabilisce la diffusa presenza militare nel mondo. Eccesso di responsabilità da cui scaturisce il rischio di logorarsi in conflitti insieme antimperiali e antinazionali, perché minano la credibilità americana nel mondo e la disponibilità della nazione a sostenerla. Rischio brillantemente gestito grazie all’antemurale sovietico, ma ormai fuori controllo. Le Forze armate americane riunite formano una massa di oltre due milioni e duecentomila soldati. Considerandone le ramificazioni, fra cui diciassette milioni di veterani più rispettive famiglie, un americano su tre ha o ha avuto a che fare con la guerra. In termini relativi, nessun’altra potenza esibisce un rapporto simile fra comunità militare e popolazione totale. Coltello a doppio taglio. Formidabile deterrente contro ogni rivale. Ma anche tentazione permanente a risolvere le controversie internazionali armi in pugno, sottoponendo il paese a stress continui, difficilmente giustificabili. Non era questa la postura auspicata dai fondatori. La disposizione alla violenza degli americani, testimoniata dalla diffusione delle armi e delle milizie armate, non è frutto dell’organizzazione dello Stato ma del temperamento bellicoso della nazione. “
Lucio Caracciolo, La pace è finita. Così ricomincia la storia in Europa, Feltrinelli (collana Varia), novembre 2022. [Libro elettronico]
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giancarlonicoli · 5 months
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15 dic 2023 11:11
“L’UCRAINA NELL’UE? CREEREMO UN BUCO NERO DI DIMENSIONI EPOCALI. LA RICOSTRUZIONE È STIMATA DALLA BANCA MONDIALE 500 MILIARDI DI DOLLARI” - LUCIO CARACCIOLO: “IN UCRAINA VINCE PUTIN? DI SICURO PERDE ZELENSKY E PIÙ DI LUI L'UCRAINA, CHE NON RECUPERERÀ I TERRITORI E SARÀ UNO STATO FALLITO - GLI UCRAINI SONO STATI USATI DAGLI AMERICANI PER DISSANGUARE I RUSSI E HANNO SBAGLIATO A RINUNCIARE ALLA MEDIAZIONE TURCA - MA ALL'ORIGINE DI TUTTO C'È LA CRISI AMERICANA - IL QATAR? È UN'AGENZIA DI SERVIZI. UNA VOLTA SI CHIAMAVA COSTA DEI PIRATI - L'UE E NATO HANNO PERSO SENSO. L'EUROPEISMO? UN'ILLUSIONE CHE HA ESASPERATO I NAZIONALISMI. PATTO DI STABILITÀ? UN LIMITE PER L'ITALIA"
Estratto dell’articolo di Francesco Rigatelli per "la Stampa"
«Il via libera del Consiglio europeo ai negoziati per l'ingresso dell'Ucraina nell'Ue aiuta a guardare oltre, ma da qui a immaginare un vero ruolo dell'Europa ce ne corre. Certo se questo non ci sarà creeremo un buco nero di dimensioni epocali». Lucio Caracciolo, 70 anni a febbraio, 30 anni della rivista di geopolitica Limes da lui fondata, in tutto questo tempo ha capito «che tra la realtà e il modo in cui la percepiamo c'è un abisso che cerchiamo faticosamente di colmare».
In Ucraina vince Putin, come insinua l'Economist?
«Di sicuro perde Zelensky e più di lui l'Ucraina, che non recupererà i territori e sarà uno stato fallito. Ha perso un terzo degli abitanti, molti dei quali rifugiati che non torneranno.
È dipendente da Usa e Ue, e questo avrà dei costi politici ed economici soprattutto per l'Europa visto il disimpegno americano. La ricostruzione è stimata dalla Banca mondiale 500 miliardi di dollari».
A livello globale come cambiano gli equilibri?
«La situazione volge a favore della Cina, perché la Russia recupera territori tra cui la Crimea, ma il Paese del Dragone diventa più influente sull'ex impero sovietico. Questa guerra era evitabile dagli Usa, che a partire dai primi anni 2000 hanno finanziato forze antirusse in Ucraina. I neocon, ben rappresentati al Dipartimento di stato da Blinken, hanno scommesso sull'Ucraina nella Nato e sulla caduta di Putin».
Hanno fallito tutti?
«Gli ucraini sono stati usati dagli americani per dissanguare i russi e hanno sbagliato a rinunciare alla mediazione turca su pressione degli angloamericani. […] All'origine di tutto c'è la crisi americana, che ha portato a una sconfitta strategica provando sulla pelle degli ucraini l'inconsistenza della propria capacità di deterrenza. Putin ha attaccato un protettorato Usa e ora tutti nel mondo sanno di poter fare altrettanto».
Passando al teatro israeliano, la soluzione due popoli-due stati è un'utopia?
«Una specie di Palestina informale è stata Gaza, ma Israele l'ha evacuata pensando di impiantarvi l'Autorità palestinese mentre Hamas si è opposta. Non dimentichiamo l'ambiguità israeliana per cui Hamas è stata foraggiata indirettamente per usarla contro l'Autorità palestinese.
L'atto inaudito di terrorismo di massa del 7 ottobre ha inferto a Israele una ferita incancellabile. Netanyahu ora vuole fare tabula rasa a Gaza, allagare i tunnel e gestire la Striscia al posto di Hamas, così come intende avanzare in Cisgiordania. Una reazione eccessiva? Israele poi si sentirà più sicuro e che conseguenze questo porterà sulla diaspora? Domande da porsi, anche se Israele è uno stato, mentre i palestinesi non sono nemmeno una nazione bensì una questione umanitaria».
In questi teatri di guerra ci sono interessi secondari, per esempio la vendita di armi?
«Gli accordi di Abramo hanno una componente militare importante. Quando i sauditi hanno compreso che gli Stati Uniti li proteggevano di meno dall'Iran hanno ordinato i sistemi di difesa israeliani. Far discendere tutto dalle armi però sarebbe troppo, anche perché queste guerre hanno mostrato una crisi incredibile dell'industria americana. Il primo motivo dell'intervento Usa in Ucraina è semplicemente strategico, cioè colpire la Russia, renderla una potenza secondaria e staccarla dalla Cina. Un obiettivo fallito».
Che ruolo ha il Qatar nello scacchiere globale?
«È un'agenzia di servizi. Una volta si chiamava Costa dei pirati. Si tratta di un piccolo Paese ricco di gas, di cui impiega i proventi per proteggersi e influenzare diversi teatri. Negli anni è diventato un luogo di incontro tra americani, europei, israeliani, iraniani e sauditi. C'è una grande base americana e i turchi forniscono la guardia pretoriana al palazzo dell'emiro Al-Thani. Certamente la crisi israeliana non era nelle intenzioni del Qatar, che ha pagato una tangente mensile ad Hamas per sostenerla e dimostrare agli israeliani la propria affidabilità».
In tutto questo l'Italia ha riacquisito centralità dopo la caduta del muro di Berlino?
«Oggettivamente sì. Si trova in una zona calda tra Balcani, Medioriente e Nordafrica, ha il secondo schieramento militare americano in Europa, non a caso dopo la Germania, ed è considerata una portaerei sul Mediterraneo».
In Italia si avverte più propaganda americana o russa?
«Più che propaganda abbiamo un maggiore vincolo culturale e strategico con l'America e questo si sente. La propaganda russa qui non ha grande effetto ed è più spesso rivolta al proprio interno. La spedizione sui vaccini fu però curiosa e l'idea che un Paese Nato come l'Italia abbia permesso a militari russi di scorrazzare liberamente meriterebbe un'indagine adeguata».
Trump vincerà le elezioni Usa dell'anno prossimo?
«Contro Biden sì, ma tutti gli scenari sono aperti».
Sarebbe un disastro?
«Sarebbe la conferma della crisi americana. Trump con modi eccessivi ha solo ripetuto quello che si sapeva già dalla fine della guerra in Iraq ovvero che c'è una tendenza al disimpegno. Questo ha attivato alcune medie potenze come Turchia, Polonia, India e Giappone».
La Cina supererà gli Stati Uniti?
«Dipende dai parametri. Come Pil sì, come guida del mondo libero meno. La Cina ha sempre vissuto nell'idea di essere il mondo più che di conquistarlo».
Esiste ancora una superiorità morale americana?
«Sì, anche se sempre di meno, ma la Cina non ambisce e comunque non ha le qualità per sostituire la leadership americana».
[…] Per l'Ue ha ragione Macron ha puntare su Draghi?
«Draghi o no il problema è la sostanza dell'Ue, che non evolve verso una qualche forma di statualità e soggettività geopolitica, ma ognuno gioca per sé e scarica i problemi sugli altri. Ue e Nato sono strutture burocratizzate difficili da cambiare, hanno perso senso e sono più sterili.
All'atto pratico alcuni Paesi europei si metteranno d'accordo rispetto ad altri: Italia, Francia, Spagna e Germania hanno interessi comuni, mentre altri dell'Est o del Nord meno. L'europeismo è stato un'illusione che ha esasperato i nazionalismi più che mettere assieme gli europei».
Ha ragione Mario Monti ad elogiare la politica estera del governo Meloni e a suggerire il veto sul Patto di stabilità?
«È simile a quella dei governi precedenti, molto tattica più che strategica e non pienamente consapevole dell'evoluzione di cui abbiamo parlato.
La stagione dei vincoli esterni è finita e questo significa assumersi maggiori responsabilità nell'alleanza atlantica. Il rapporto con l'America non può essere solo passivo, ma deve essere anche attivo. Il Patto di stabilità è un limite per l'Italia e questo sistema, di cui siamo parte e non spettatori, non è nel nostro interesse».
La premier Meloni sosterrà la nuova Commissione Ue?
«Penso vorrà far parte della maggioranza, che temo però non cambierà i destini né dell'Ue né del mondo».
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noisynutcrusade · 5 months
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Lucio Caracciolo: “But Kiev is now a failed state, the Europeans will pay the bill”
«The European Council's green light for the negotiations for Ukraine's entry into the EU helps us to look further, but it takes us a long time to imagine a real role for Europe from here. Of course, if this doesn't happen, we will create a black hole of epochal dimensions.” Lucio Caracciolo70 years in February, 30 years of the geopolitical magazine Limes founded by him, in all this time he…
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"Una guerra imprevedibile, il pericolo è che si allarghi"
“Una guerra imprevedibile, il pericolo è che si allarghi” L’analisi “Sarà difficile eliminare totalmente Hamas, che ha una base forte e radicata”, dice Lucio Caracciolo a Rainews24: “Nessuno può prevedere l’esito della guerra, che può estendersi a Cisgiordania, Libano e perfino all’Iran” source
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madragoras · 8 months
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infosannio · 9 months
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La fobia dello straniero nell’Italia che muore
Il governo parla di incubo invasione ma la nostra malattia è lo spopolamento. Basta finanziare i regimi arabi per chiudere i confini: è l’unica cura possibile (LUCIO CARACCIOLO – lastampa.it) – Alla grande conferenza di Roma su sviluppo e migrazioni i governanti europei, a cominciare dai nostri, non parlano che di fermare i migranti irregolari. Comprensibile e persino commendevole, magari…
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