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#Generale Dalla Chiesa
emily84 · 2 years
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Italy commemorates the 40th anniversary of the death of anti-mafia Prefect Dalla Chiesa, assassinated by the Sicilian mafia
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2022 marks the 40th anniversary of the assassination of anti-mafia Prefect General Carlo Alberto Dalla Chiesa, brutally killed alongside his wife and an agent of his security detail on September 3rd, 1982.
General Dalla Chiesa had been made Prefect of Palermo, Sicily, tasked with combating the violence of the Second Mafia War. 100 days from his appointment, he had not yet received any of the promised resources or powers he had requested in order to operate effectively.
Around 9pm, he was traveling by car with his wife and an escort agent when another car and men on motorcycles suddenly swerved by them, forcing them off the road and against a tree, then fired several rounds of Kalashnikov, killing them instantly. It became known as the Via Carina Massacre, and Mafia boss Salvatore Riina is widely recognized as the instigator.
The bodies were left on the side of the road for hours before news reached the authorities. In the span of those hours, the safe in the Prefect's office was raided and several highly sensitive classified documents were stolen, a huge setback to Italy's anti-mafia efforts for years to come.
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fabriziosbardella · 2 years
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Alla Statale di Milano è stata sottoscritta nei giorni scorsi la convenzione tra Ateneo e Arma nell’ambito del Dottorato sulla Criminalità #unuversitastatale #armadeicarabinieri #cross #generaleteoluzzi #nandodallachiesa #rettoreeliofranzini
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abr · 4 months
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Ho conservato la fede. Dopo la messa di Natale, la peggiore messa di Natale della mia vita: bonghi africani, chitarre americane, predica pronunciata in mezzo ai banchi, alleluia con battiti di mani e rotear di braccia. L’oscena coreografia è stata il momento più turpe (io sbigottito, impalato) di una messa cattoprotestante stile Anni Settanta, assordata da “sottoprodotti sotto-Sanremo” come li chiamava Arbasino. Con un tocco contemporaneo, genderista, rappresentato dalla chierichetta dai lunghi capelli. Più volte ho pensato di uscire ma rischiavo di non trovare altre messe e recare un ulteriore dispiacere a Gesù, già tanto offeso da tanta dissacrazione. Allora ho pregato affinché a bonghista e chitarrista si paralizzassero le mani, ai coristi le corde vocali, alla chierichetta venisse un attacco di diarrea, al celebrante di afonia... Non metterò più piede in quella chiesa (non la nomino perché lo sfacelo della liturgia è generale e perché i parroci sono spesso trascinati dai parrocchiani: la Chiesa puzza sia dalla testa, Papa Francesco, sia dalla coda, i coristi cattochitarristi). Ma ho conservato la fede. Ho troppo bisogno di quel Bambino in cattive mani.
https://www.ilfoglio.it/preghiera/2023/12/27/news/la-peggiore-messa-di-natale-della-mia-vita-6046943/
Grande aristo-sodale tra tanta plebaglia, Camillo Langone.
E' da 'na vita che si assiste a questo degrado, a questo sciogliersi nel finto sociale soviet perdendo ogni caratterizzazione e ogni senso, sempre peggio, purtroppo non limitatamente ai "sottoprodotti sotto-Sanremo". L'unica cosa non ipocrita è che Dio non lo nominano manco più, in quei consessi là dentro. Giustamente si vergognano.
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diceriadelluntore · 1 year
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Morti Famosi
Uno dei ricordi più nitidi che ho della mia infanzia è che mio nonno, il giorno del Venerdi Santo, non apparecchiava la tavola, come in Chiesa si tiene l’altare senza tovaglia, senza croce, senza candelieri. Non si suonano le campane né si accendono le candele. Eppure non era uomo di Chiesa, sebbene devoto a suo modo.
Su ciò che accade dalla Coenia Domini (la cosiddetta Ultima Cena, di Gesù con gli Apostoli prima della cattura e dell’arresto), passando per la Passione e la Morte, alla Celebrazione della Resurrezione di Pasqua, lo lascio da parte, con il rispetto che io metto sempre in queste questioni, in pieno spirito laico. 
Esistono tanti esempi di, secondo gli antichi, “morte apparente”, che per tutta una serie di autori si doveva alle pratiche magiche che si insegnavano in Egitto: per la cronaca, uno dei primi autori critici sul Cristianesimo, Celso, nel suo Discorso di Verità (Alethès lógos, di cui tra l’altro non ci è rimasto nulla e in parte ricostruito solo da una confutazione successiva proposta da un altro filosofo, Origene) sosteneva proprio che Gesù, figlio di una donna adultera, fosse andato in Egitto a imparare le arti magiche che poi sarebbero passate per miracoli.
Quelle però che mi piacciono di più sono legate ad un famoso medico, Asclepiade di Bitinia: vissuto intorno al I secolo a.C., famosissimo, era contrario all’idea ippocratica degli squilibri umorali, e si rifaceva all’atomismo di Democrito. Tra i suoi rimedi per le malattie, l’uso modico del vino. Si narra che camminando per tornare alla sua città, si imbatté in un funerale. Curioso per la folla, si avvicinò per capire chi fosse il morto. Asclepiade lo guarda, gli sembra di notare in lui certi segni di vita latente, lo palpa e esclama: Quest’uomo è vivo! Tra lo stupore generale e la rabbia di chi lo prese per pazzo, il medico riuscì a portare il corpo a casa, dove con i suoi metodi riuscì, come dichiarò,“a riaccendere in lui lo spirito vitale e a richiamare l’anima, che si nascondeva in qualche recesso del corpo” (D. Baldi, Morti Favolose Degli Antichi, Quodlibet).
Divenne ricchissimo, famoso (tra i suoi assistiti Cicerone, Crasso e Marco Antonio), fece carriera politica e fondò la scuola medica detta “metodica”, che si prefiggeva di enfatizzare il trattamento delle malattie piuttosto che la storia del singolo paziente. Secondo la tradizione, fu il primo che divise le malattie tra acute e croniche, e secondo uno degli allievi più famosi della scuola medica metodica, Celio Aureliano (vissuto però molto più tardi, nel V secolo d.C.) fu il primo a utilizzare una tracheotomia.
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deathshallbenomore · 2 years
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hey sono in viaggio a torino a mi domandavo se hai dei posti belli da vedere da consigliare in centro (oltre alle principali attrazioni)?
cerea! fortunellə in giro per torino mentre io purtroppo ne sono lontana! anche se onestamente. buona fortuna, tra caldo e sovraffollamento di turisti <333
ALLORA la cosa bella di torino è che tantissime cose si possono raggiungere tranquillamente a piedi: il centro super centro non è troppo grande, e il centro in senso lato è comunque a portata di passeggiata
al di là di tutto ciò che puoi trovare googolando ‘torino cosa vedere’ (musei ecc) i miei suggerimenti sono (un po’ random)
1. monte dei cappuccini (che sicuramente trovi anche cercando ‘torino cosa vedere’, ma faccio uno strappo alla regola perché è uno dei miei posti preferiti). secondo me il posto più bello per vedere tutta torino dall’alto: se poi è una bella giornata, si vedono bene anche le montagne; meglio ancora se il sole sta calando. a volte i frati della chiesa dei cappuccini tengono aperto il chiostro e la terrazza che si affaccia sull’altro lato della collina: lo fanno veramente a sentimento, ma se trovi aperto approfittane perché è davvero un punto insolito rispetto al normale panorama dal piazzale
1.2 per arrivare e venire via, consiglio passeggiata tra le vie lì in collina, perché ci sono dei palazzi veramente belli e c’è una pace rara, per essere a due passi dal centro
2. parco del valentino, ma non solo il castello, il borgo medievale e la panchina degli innamorati che ok. a me piace tantissimo anche il giardino roccioso, consigliato se passi da quelle parti
2.2 e, nel caso, consiglio sia il lato del parco dall’altra parte del fiume, sia, in alternativa, passeggiata per san salvario (ad esempio se stai risalendo verso il centro): se non ti avvicini troppo alla parte che costeggia la stazione (che ha un po’ il mood stazione, come in tutte le città del resto), ci sono degli angolini molto carini e pacifici. bonus: a sansa c’è anche la sinagoga: non è visitabile (se non in occasioni particolari, probabilmente) ma è molto molto bella da fuori
3. spostiamoci in un’altra zona della città, in centro e molto bella: quadrilatero romano. certo, alcune vie sono iper ultra turistiche, ma io adoro passeggiare a caso tra i vicoletti più piccoli, uscendo dalla zona mega centrale, e sbucare a caso in zone tipo piazza della consolata (bello il santuario, ci sta fare due passi all’interno) e piazza emanuele filiberto. zona che mi piace molto: sembra parigi ma è meglio perché siamo a torino <3
3.2 se passi per quadrilatero, butta l’occhio a porta palatina mi racc!
4. altro posto del cuore, i giardini reali, soprattutto per gli scorci sulla mole (sia dai giardini superiori: si entra passando per palazzo reale; sia dagli inferiori), soprattutto quando c’è poca gente: pace amore e armonia su questo pianeta [se vuoi una live slug reaction, ai giardini superiori ci sono delle sculture di lumache fluo fuchsia]
5. punto unico per consigliare passeggiata per tutte le vie “principali” del centro, ma ça va sans dire: se vai alla mole passi per via po e probabilmente vedrai piazza vittorio e piazza castello etc etc, non mi dilungo
6. ricordati di passare per la galleria subalpina (e conseguentemente piazza carignano e/o piazza carlo alberto e per la galleria san federico (che dà poi su via roma e piazza san carlo): sono stra famose ma magari unə non si ricorda di passarci e si perde degli angolini che sono dei bijou
7. in generale, torino è una città bellissima: io consiglio sempre di camminare a caso perché 1) tanto è pressoché impossibile perdersi, 2) oltre ai musei, ci sono veramente tanti tanti TANTI palazzi/angoli/scorci davvero belli. è una città che ti riempie gli occhi e le sinapsi di bellezza, 3) tante cose sono inaspettate! io alle volte mi trovo in angoli mai visti prima e rimango first reaction shock. c’è una chiesa aperta? vai a vederla, magari è bellissima! un vicolo che pare carino? vacci, tanto poi finisci su una parallela della strada che stavi facendo prima! secondo me è il modo migliore per visitare la città, oltre alle cose da vedere “obbligatoriamente”
non c’è necessariamente coerenza tra un punto e l’altro, quindi magari non riuscirai (o non avrai voglia) di vedere tutto tutto, ma sono i consigli che mi sento di dare un po’ su due piedi. spero di esserti stata utile! :)
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filorunsultra · 11 months
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Cammino San Vili FKT
Inizio ad avere un po’ di FKT alle spalle, e sto cercando di esplorarne le possibilità, ogni volta facendo le cose in modo leggermente diverso: non so ancora quale sia il modo settato, definitivo per farlo, e in generale, sebbene abbia un’idea piuttosto precisa di cosa sia o non sia un FKT, tutti quelli che ho fatto avevano delle varianti sostanziali l’uno dall’altro. Ad ogni modo, questa volta l’idea è nata quasi per caso, principalmente per l’intuizione di Roby. Ho notato che i ragazzi ci tenevano, così per la prima volta sono andato fino in fondo: ho caricato la traccia sul sito fastestknowntime.com, e dopo l’approvazione ho caricato il nostro risultato. Abbiamo anche seguito le normali norme di percorrenza del Cammino San Vili: con timbri, “Testimonium” finale e tutto il resto.
L’FKT non era stato programmato: il Passatore che tutti e tre stavamo preparando era appena stato annullato, così abbiamo deciso di ripigare su questa cosa, che in effetti sia io che Roby avevamo in testa da tempo. Io e Roby questo mese avevamo già corso Trento-Bolzano su asfalto, la prima cosa lunga insieme, e devo dire che ci siamo trovati molto bene come coppia.
Comunque, tornando al San Vili, è andata più o meno così: saliamo in macchina da Trento sul presto, per arrivare a Madonna di Campiglio verso le 08:45. Siamo io, Roby e Micky, come corridori, il Dani Albertini e Martino Salvaro come crew. Dopo una veloce colazione al bar andiamo all’ufficio turistico per il primo timbro del cammino, e poi alla chiesa di San Vigilio, partenza della traversata. I primi 30 chilometri sono molto veloci: tutti in discesa, tanto asfalto e ciclabile. A Pinzolo ci siamo fermati per fare il timbro all’ufficio turistico, e abbiamo sbagliato allungando di un paio di chilometri di ciclabile. Abbiamo rigorosamente fatto il giro di tutte le chiese di Pinzolo, come vuole il percorso del cammino. Da qui ancora discesa fino a Ches: per lavori forestali il sentiero che porta a Passo Daone era chiuso, e siamo dovuti tornare indietro fino a Ches per salire dalla strada asfaltata (il tutto ci è costato altri 7km rispetto alla traccia .gpx originale). Salita al passo molto lunga, primo ristoro, e poi discesa. Da qui in poi il cammino cambia, ci sono strappi molto duri e noi abbiamo usato molto i bastoncini. A Stenico abbiamo avuto un secondo ristoro (dopo una breve sosta da gentili ciclisti parcheggiati bordo strada). L’ufficio turistico era già chiuso, quindi niente timbro qui. Il tratto che da Stenico porta a Ranzo è tutto in mezza costa, passa per dei paesini, strade bianche e tratti asfaltati, prima di una bellissima ultima salita con vista sulla Gola di Limarò. Da Ranzo a Ciago inizia un tratto piuttosto noioso, con una discesa abbastanza nervosa e con erba alta (è una zeccara). Il cielo si stava annuvolando e il morale è leggermente calato. A Ciago abbiamo avuto l’ultimo ristoro: ci siamo controllati le zecche, ci siamo rifocillati e siamo partiti per l’ultimo pezzo, che è forse uno dei più belli: da qui ai laghi di Lamar si percorre una strada bianca in mezzo a una prateria dominata dalla Paganella soprastante a sinistra, e il Lagorai davanti, dietro alle cime di Trento che spuntano dal Sorasass. Dai laghi di Lamar al Sorasass inizia l’ultima salita (anzi le ultime due): ancora zecche, ma molto bello; si vedono le luci della Val d’Adige all’imbrunire, infine una vista su Trento. Discesa dal Sorasass corribile all’inizio, impennata invece nell’ultimo tratto, fino a sbucare a metà strada tra la falesia della Vela e il centro del quartiere, che porta fino a Piedicastello, e poi a Trento. Abbiamo fermato l’orologio sul portone del Duomo, in via Verdi. Esperienza bellissima, siamo stati bene tra di noi, ci siamo goduti il viaggio: in gara magari saremmo andati di più? Forse, ma non ci siamo risparmiati e siamo contenti del nostro tempo, comunque molto migliorabile.
Totale: 101k con 3600+ in 13h34’ :) Contenti. Ah, è la prima volta che corro 100k tondi, sono contento. Come foto ce ne sono di molto belle, ma metto questa perché siamo tutti e sei: crew, corridori, e San Francesco, che non c’entra niente ma pensavamo che fosse El Vili (che come dice Roby: noi nen su alti, e lù l’è nà zo bàs!). Bello, sono contento. Grazie a tutti.
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aki1975 · 9 months
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Benevento - Arco di Traiano - 114
Nerva non seppe ingraziarsi le truppe e fu costretto a scegliere come successore Traiano, il generale più popolare, che nel 98 divenne imperatore e nel 106 sconfisse i Daci di Decebalo raggiungendo la massima espansione dell’Impero.
Dopo di lui la storia dell’Impero proseguì come segue:
- 117 Adriano imperatore. Fra le altre opere, fa costruire il Vallo: è il segno di un cambiamento, dall’astensione dei confini alla difesa dell’Impero;
- 138 Antonino Pio imperatore
- 161 Marco Aurelio imperatore. Morì, come il fratello Lucio Vero, di peste antonina, il vaiolo, che viaggiò nell’Impero con le legioni che dalla Siria furono richiamate nel Nord e responsabile dello spopolamento di zone dell’Impero che venivano ripopolate attraverso l’insediamento di coloni barbari;
- 180 Commodo imperatore
- 193 Fine della dinastia antonina. Prima Elvio Pertinace, poi Didio Giuliano ed infine Settimio Severo imperatore. Da principato, l’Impero diventato dominato: il potere non si basa più sul Senato, ma sull’esercito;
- 211 Caracalla, facendo assassinare il fratello Geta, è imperatore. L’anno successivo concederà la cittadinanza romana a tutta la popolazione dell’Impero. Diversamente dall’identità di sangue che ha sempre limitato l’espansione greca, Roma si è rivelata in grado di fare leva sull’apporto delle popolazioni sottomesse grazie alla cooptazione delle élite e alla romanizzazione (lingua, diritto, infrastrutture, cultura, …), ma questo processo, a partire dal III sec. coinvolge con sempre minore efficacia le masse;
- Caracalla è assassinato nel 217, gli succedono Macrino (217), Eliogabalo condannato alla damnatio memoriae (218), Alessandro Severo (222) e Massimino il Trace che riprese le attività militari volte a difendere i confini (235);
- Aureliano, salito al trono nel 270 dopo un lungo periodo di instabilità ai confini nonostante la riorganizzazione della difesa da parte di Valeriano (253 - 260) e Gallieno (260 - 268), sconfigge nel 272 Zenobia che era insorta e aveva creato il Regno di Palmira. Inoltre introdusse, come tentativo di collante culturale il culto del Sol Invictus, e creò le mura a Roma;
- Diocleziano, imperatore dal 284, ristabilì l’ordine e introdusse la Tetrarchia;
- Costantino sconfigge prima a Torino e poi sul Ponte Milvio Massenzio e scioglie la guardia dei pretoriani (312);
- Con l’Editto di Milano (313) si instaura la libertà di culto: le disuguaglianze sociali che l’Impero non riuscì a ridurre, l’organizzazione della Chiesa e la mancanza di spiritualità della fede tradizionale costituirono i principali fattori di diffusione della nuova religione;
- Costantino presiede il Concilio di Nicea;
- Costantinopoli nel 330 diventa la capitale dell’Impero;
- con la sconfitta di Valente ad Adrianopoli nel 378 iniziano le invasioni barbariche;
- Graziano, con l’Editto di Tessalonica del 380, decreta il Cristianesimo religione di Stato. Ambrogio lo difende dall’Arianesimo;
- Teodosio nel 395 divide in due l’impero. Suo successore come imperatore d’Occidente fu il figlio, Onorio, ma soprattutto il comandante Stilicone che sconfisse a Verona il re dei Goti Alarico (403);
- nel 402 Onorio aveva trasferito la capitale da Roma a Ravenna;
- nel 408 Onorio fece uccidere Stilicone e questo aprì la strada al sacco di Roma da parte di Teodorico (410);
- Papa Leone I ferma Attila nel 452;
- Odoacre depone Romolo Augustolo nel 476;
- Teodorico, sconfiggendo Odoacre, diventa re d’Italia;
- nel 532 Giustiniano seda la rivolta di Nika a Costantinopoli: la “colonna piangente” a Santa Sofia continua a ricordarla;
- Nel 553 Giustiniano, con i generali Belisario e Narsete, riconquista l’Italia.
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vintagebiker43 · 10 months
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Secondo me Enrico Berlinguer e il generale Dalla Chiesa si abbracciano spesso, là dove sono, pensando a come si sono ridotte le loro figlie
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arcobalengo · 1 year
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La democrazia. Parola meravigliosa. Un concetto che si basa su alcuni pilastri, senza i quali (o anche senza uno solo di essi) non esisterebbe. Come un tavolino. Se manca anche una sola gamba, quel che c’è sopra crolla. E i pilastri sono quelli definiti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani. Dopo l’11 settembre non è più stato così. La Casa Bianca (allora era Presidente George Bush) decise che da quel momento in poi il governo degli Stati Uniti d’America aveva diritto di rapire, torturare, financo uccidere qualsiasi cittadino di qualsiasi nazione del pianeta, senza dover rendere conto a nessuno, senza dover subire nessuna implicazione penale per i crimini commessi, senza dover sottostare ad alcuna implicazione morale. La guerra senza fine al terrorismo era stata lanciata. La Bosnia aveva fatto il suo dovere. L’Italia aveva fatto il suo dovere. La mafia aveva fatto il suo dovere. La destra eversiva aveva fatto il suo dovere. Washington raccoglieva i frutti del successo del suo piano pensato oltre due decenni addietro. Giuliano Tavaroli era un ex brigadiere in servizio presso la sezione Anticrimine dei Carabinieri di Milano, poi passato alla sicurezza di Pirelli e, successivamente, del Gruppo Telecom Italia. Tavaroli (il cui nome di battaglia era “Tavola”) era un mago delle intercettazioni. Negli anni Ottanta aveva lavorato per il reparto antiterrorismo del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, ricevendo un gran numero di encomi. Passato al settore privato, aveva mantenuto rapporti con agenti dell’Intelligence, come il numero due del Sismi Marco Mancini, l’ex 007 del Sisde Marco Bernardini e perfino con un agente di collegamento della Cia. Tavaroli si appoggiava anche a un investigatore privato (Emanuele Cipriani), i cui uffici erano in un appartamento della nuora del gran maestro della P2 Licio Gelli. Questi aveva costruito un proprio archivio («l’archivio Z»). Un sistema di archiviazione elettronico che si basava su tre hard disk esterni, che per precauzione venivano custoditi nella sala consolare della Guinea e richiusi in cassaforte ogni fine settimana. Eh sì, perché Cipriani era anche console onorario della Guinea. Soprattutto, il “Tavola” aveva creato il “Tiger Team”, il gruppo di hacker che aveva il compito di spiare. Chi? Cittadini incensurati, associazioni private, aziende e, se la Cia lo chiedeva, anche presunti terroristi. O quanto meno persone definite «terroriste » dalla Central Intelligence Agency. Un gruppo totalmente illegale, che agiva in maniera illegale grazie alla copertura dei servizi italiani e di quelli statunitensi. Tavaroli e Mancini si erano conosciuti nella sezione speciale anticrimine fondata dal generale dalla Chiesa. Da allora erano sempre rimasti in contatto. Fu per questo che, quando il capo del controspionaggio del Sismi (Mancini) ebbe bisogno di favorire una delicatissima operazione richiesta dal capo stazione della Cia a Milano Robert Seldon Lady e dal responsabile dell’Agenzia in Italia Jeff Castelli, pensò subito al “Tavola”. «C’era un problema. L’imam di viale Jenner era sul punto di cedere e di raccontare tutto ai magistrati milanesi. L’intera operazione progettata per oltre due decenni e attuata sul campo da undici anni stava per saltare. Inoltre, cosa ben più grave, Abu Omar avrebbe rivelato al mondo il coinvolgimento degli Stati Uniti nel terrorismo internazionale, il coinvolgimento dell’Italia nel terrorismo internazionale, l’importanza della Bosnia per il terrorismo internazionale, la natura stessa del terrorismo internazionale. Abu Omar doveva sparire e andava fatto ragionare», ha spiegato l’ex funzionario della Nsa, Wayne Madsen.
Franco Fracassi - The Italy Project
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chez-mimich · 11 months
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MARCO BELLOCCHIO: “RAPITO”
A leggere le recensioni di "Rapito" il bel film di Marco Bellocchio, sembrerebbe trattarsi di un film eminentemente storico ed effettivamente di questo si tratta. L'episodio raccontato risale al 1858 e a quei tempi Bologna era ancora sotto il dominio del Papa-Re, Pio IX, quando il piccolo Edgardo Mortara, di famiglia ebraica, viene segretamente battezzato dalla donna di servizio che, fraintendendo e pensandolo in fin di vita, decide di sottrarlo al limbo, a cui erano destinate le anime non battezzate ( e tali erano anche considerati gli ebrei). Venuto misteriosamente a conoscenza del fatto, il Papa decide di far prelevare il piccolo e, grazie all’intervento del braccio armato della Chiesa, la Santa Inquisizione, viene strappato alla famiglia d’origine per imporgli una vita di fede cristiana. La vicenda, realmente accaduta, è certamente significativa dell'esercizio del potere da parte della Chiesa in quegli anni, ma come avvisa lo stesso Bellocchio, "È un film, non è né un libro di storia o di filosofia, né una tesi ideologica" ed è quindi evidente che si tratti del racconto di una vicenda e non certo di una lezione sulla Storia della Chiesa (e del suo potere temporale). Ma c'è di più (o, almeno c'è dell'altro). "Rapito" è un grande film di "segni". Si tratta forse di un aspetto secondario dell'opera, ma visto che giornali e riviste specializzati, puntano tutto sul racconto storico e sui giudizi che si possono dare su una simile assurda vicenda, vale la pena considerare anche questo aspetto, niente affatto trascurabile. Già dal principio a dare fuoco alle polveri è un segno: la fantesca vede i genitori del piccolo Edgardo recitare una preghiera davanti alla culla del bambino e da quel "segno" deriva una convinzione, cioè che il bambino sia malato. Non per tirarla troppo per le lunghe, ma come affermato da teorie semiotiche, é il caso di ricordare che un "segno" per funzionare ha bisogno di un "emettitore" e poi di un "ricettore" che, tramite un "messaggio", riceve una informazione. Tutto questo però non può avvenire senza un "contesto". E nel nostro caso il punto è proprio questo contesto, formato da un substrato di pregiudizi millenari contro gli ebrei e, in generale, contro le culture, le fedi, le idee non omologate. In fondo le fedi sono fatte anche di segni esteriori forti. Edgardo già adulto, nel corso della sua durissima "rieducazione", per punizione verrà obbligato dal Papa a tracciare con la lingua tre croci per terra, in una scena tra le più drammatiche del film. Gli ebrei si differenziano alla vista, proprio grazie ai segni: la piccola Mezuzah data dalla madre al piccolo Edgardo, lo "Shema Israel", così come la Kippah che ricopre il capo degli ebrei. Tutto questo nel film è ben evidenziato poiché, poi in fin dei conti le due grandi religioni, quella cristiana e quella ebraica hanno più punti di unione che punti di divisione, a cominciare dal fatto, e non è cosa da poco, che pregano lo stesso Dio. Il fim di Bellocchio è ben ambientato, prima in una lugubre Bologna e poi in una altrettanto inquietante Roma che ben rispecchiano la realtà di quei tempi difficili (ammesso che ne esistano di facili). Alla cacciata di Pio IX, a seguito della breccia di Porta Pia nel 1870 Edgardo Mortara, ormai sacerdote, inveirà contro il fratello, (arruolato nelle truppe sabaude e appena entrate in Roma) che cerca di convincerlo a tornare a casa. Una storia difficile da raccontare che non ha scoraggiato il coraggioso Marco Bellocchio che ne ha fatto un film non manicheo, molto originale e di grande bellezza.
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gregor-samsung · 2 years
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“ La Comune dovette, prima di tutto, pensare a difendersi. E fino ai suoi ultimi giorni, che vanno dal 21 al 28 maggio, essa non ebbe il tempo di pensare seriamente ad altro. Del resto, nonostante le condizioni cosi sfavorevoli, nonostante la brevità della sua esistenza, la Comune riuscì a adottare qualche misura che caratterizza sufficientemente il suo vero significato e i suoi scopi. Essa sostituì l'esercito permanente, strumento cieco delle classi dominanti, con l'armamento generale del popolo, proclamò la separazione della Chiesa dallo Stato, soppresse il bilancio dei culti (cioè lo stipendio statale ai preti), diede all'istruzione pubblica un carattere puramente laico, arrecando un grave colpo ai gendarmi in sottana nera. Nel campo puramente sociale, essa poté far poco; ma questo poco dimostra con sufficiente chiarezza il suo carattere di governo del popolo, di governo degli operai. Il lavoro notturno nelle panetterie fu proibito; il sistema delle multe, questo furto legalizzato a danno degli operai, fu abolito; infine, la Comune promulgò il famoso decreto in virtù del quale tutte le officine, fabbriche e opifici abbandonati o lasciati inattivi dai loro proprietari venivano rimessi a cooperative operaie per la ripresa della produzione. Per accentuare il suo carattere realmente democratico e proletario, la Comune decretò che lo stipendio di tutti i suoi funzionari e dei membri del governo non potesse sorpassare il salario normale degli operai e in nessun caso superare i 6.000 franchi all'anno (meno di 200 rubli al mese). Tutte queste misure dimostrano abbastanza chiaramente che la Comune costituiva un pericolo mortale per il vecchio mondo fondato sull'asservimento e sullo sfruttamento. Perciò, finché la bandiera rossa del proletariato sventolava sul Palazzo comunale di Parigi, la borghesia non poteva dormire sonni tranquilli. E quando, infine, le forze governative organizzate riuscirono ad avere il sopravvento sulle forze male organizzate della rivoluzione, i generali bonapartisti, sconfitti dai tedeschi, ma valorosi contro i compatrioti vinti, questi Rennenkampf e Moller-Zakomelski [generali zaristi; NdC] francesi compirono una carneficina quale Parigi non aveva mai visto. Circa 30.000 parigini furono massacrati dalla soldataglia scatenata, circa 45.000 furono arrestati; di questi ultimi molti furono uccisi in seguito; a migliaia furono gettati in carcere e deportati. In complesso, Parigi perdette circa 100.000 dei suoi figli, e fra essi i migliori operai di tutti i mestieri. La borghesia era soddisfatta. « Ora il socialismo è finito per molto tempo », diceva il suo capo, il mostriciattolo sanguinario Thiers, dopo il bagno di sangue che egli e i suoi generali avevano fatto subire al proletariato parigino. Ma i corvi borghesi gracchiavano a torto. Sei anni circa dopo lo schiacciamento della Comune, quando molti dei suoi combattenti gemevano ancora nella galera e nell'esilio, il movimento operaio rinasceva in Francia. La nuova generazione socialista, arricchita dall'esperienza dei suoi predecessori, e per nulla scoraggiata per la loro sconfitta, impugnava la bandiera caduta dalle mani dei combattenti della Comune e la portava avanti con mano ferma e coraggiosa al grido di « Evviva la rivoluzione sociale! Evviva la Comune! ». Due-quattro anni più tardi ii nuovo partito operaio e l'agitazione che esso scatenava nel paese obbligavano le classi dominanti a restituire la libertà ai comunardi rimasti nelle mani del governo. Il ricordo dei combattenti della Comune è venerato non solo dagli operai francesi, ma dal proletariato di tutti i paesi. Perché la Comune non combatté per una causa puramente locale o strettamente nazionale, ma per l'emancipazione di tutta l'umanità lavoratrice, di tutti i diseredati e di tutti gli offesi. Combattente avanzata della rivoluzione sociale, la Comune si è guadagnata le simpatie dovunque il proletariato soffre e combatte. Il quadro della sua vita e della sua morte, la visione del governo operaio che prese e conservò per oltre due mesi la capitale del mondo, lo spettacolo della lotta eroica del proletariato e delle sue sofferenze dopo la sconfitta, tutto questo ha rinvigorito il morale di milioni di operai, ha risvegliato le loro speranze, ha conquistato le loro simpatie al socialismo. Il rombo dei cannoni di Parigi ha svegliato dal sonno profondo gli strati sociali più arretrati del proletariato e ha dato ovunque nuovo impulso allo sviluppo della propaganda rivoluzionaria socialista. Ecco perché l'opera della Comune non è morta; essa rivive in ciascuno di noi. La causa della Comune è la causa della rivoluzione socialista, la causa dell'integrale emancipazione politica ed economica dei lavoratori, è la causa del proletariato mondiale. In questo senso essa è immortale.  “
V. I. Lenin, La Comune di Parigi, a cura di Enzo Santarelli, Editori Riuniti (collana Le idee n° 59), 1971¹; pp. 60-62.
NOTA: Il brano è tratto dal discorso tenuto da Lenin per commemorare il quarantennale della Comune di Parigi; il testo di tale orazione fu prontamente pubblicato in Rabočaja gazeta [«Gazzetta dell’operaio»] (1911, n. 4-5) e comparve in Italia in Opere complete (1954-70) di V. I. Lenin, vol. 17, pp. 123-127.
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“Quando c'è un delitto di mafia, la prima corona che arriva è quella del mandante".
Il 3 settembre 1982 viene ucciso a Palermo, a 62 anni, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa
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abr · 28 days
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(L)’industria politico-culturale e la finanza ormai globale hanno probabilmente contribuito in modo decisivo a far introiettare progressivamente ai popoli “l’idea che sia perfettamente logico e naturale perdere se stessi”, per acquisire progressivamente “la consistenza che può derivare dalla fruizione di pacchetti di comfort e divertissement”.
In questa corsa generale a perdere se stessi, ciascuno sembra trovare “il proprio tornaconto nell’abominio del proprio annullamento: non devono più esservi popoli distinti, né differenziate individualità. L’equivalenza deve riguardare anche il più intimo di ciascun popolo e di ciascun individuo.
L’equivalenza deve riguardare anche la sessualità. Anzi, soprattutto questa, poiché, come la Chiesa da secoli insegna, è proprio su questa che si deve intervenire se il progetto di colonizzare la vita vuol risultare efficace. Sferrato l’attacco alla identità sessuale, anche ogni altra identità, come in un effetto domino, verrà meno”.
Una volta abolita tale identità, l’uomo medio diverrà perfettamente fluido, compiutamente ricettivo di modelli e stili di vita eterodiretti, e “si identificherà finalmente con la propria medietà e la propria fluidità evitando come una fastidiosa pietra d’inciampo quel che resta della sua esperienza più propriamente individuale”.
quote from La quotidiana mancanza di F.Bazzani,
via https://opinione.it/cultura/2024/04/02/gustavo-micheletti-la-quotidiana-mancanza-un-libro-malinconico-e-obliquo-fabio-bazzani-editrice-clinamen/
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likarotarublogger · 1 year
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Ventotene fashion week by E&R quinta edizione, dal 18 al 20 Agosto 2023.
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Nello splendore e nel fascino dell'isola pontina, dal 18 al 20 agosto 2023, si aprirà il sipario sulla quinta edizione del grande evento "Ventotene Fashion Week" ideato e organizzato dalla stilista internazionale Elena Rodica Rotaru.
Gli organizzatori della manifestazione sono l'associazione Lika Eventi, il Comune di Ventotene e Pandatariafilm film.
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Tre giorni che presenteranno il fascino della moda, del design, della bellezza e dei colori artistici dell'isola.
Ventotene Fashion Week è un evento legato alla moda e ispirato alle caratteristiche identitarie dell'isola di Ventotene, ma è anche un concorso per stilisti emergenti, sarti, negozi di abbigliamento e coinvolge anche l'arte e la gastronomia italiana.
Diventa sempre più importante caratterizzare gli eventi coinvolgendo le persone che abitano i territori e che, quindi, ne fanno una manifestazione di partecipazione che viaggia insieme alla proposta di abbigliamento e di immagine.
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Ventotene, vento dell’anima, tzunami del cuore.
Ti lascio e ti ritrovo sempre con l’ansia di un amante.
Vulcano emerso, “cono di bottiglia”, approdo sicuro per cuori ed ali affaticate.
Saperti ferma con ogni mare, rifugio tranquillo del mio spirito, evochi e semplifichi le mie fughe.
Scoglio del cuore, vento dell’anima… mano tesa sostieni piccoli grandi uomini, uccelli coraggiosi e stanchi.
Terra di confine, orizzonte finito… semplice e dolce accogli imperatori, puttane, poeti e patrioti, dissidenti e gente controvento…
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LOCATION:
Piazza Chiesa di Ventotene, alcuni locali privati dell’isola e Piazza Castello di Ventotene sono disponibile per questi eventi culturali attraverso alla moda, l’arte e bellezza.
Il 20 Agosto 2023 alle ore 21,00 -01.00 sarà la Gran Gala serata dedicata ai stilisti che participa al concorso per il premio
“Vento Fashion” quinta edizione 2023.
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VISIBILITA’
L’evento oltre il contest metterà in condizione gli stilisti di poter proporre le loro collezioni moda alla presenza di giornalisti, fashion blogger , fotografi specializzati attori e cantanti, oltre ad essere visto da un folto pubblico in tv e su vari social.
L’evento sarà messo in risalto da vari giornali e riviste di moda italiana e internazionale. Ogni stilista potrà esibire 10-15 capi scelti della propria collezione ed evidenziare il proprio talento non solo davanti alle telecamere, agli ospiti e fotoreporter ma anche davanti una giuria,la quale assegnerà il premio ”
VENTO FASHION ‘’
La giuria sarà composta da giornalisti del settore ,fashion blogger e vip tv. All’evento saranno presenti operatori dell’informazione, televisivi e fotografi.
Informazione generale e per gli stilisti che participa alla gara di moda :
WastApp : 00393276303494 - Elena
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https://www.fashionluxury.info/it/eventi/2022/07/07/ventotene-fashion-week-by-er-30-giugno-03-lugio-2022-la-pace-e-un-sogno/
Articolo di @likarotarublogger @elenarodicarotaru-blog
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diceriadelluntore · 1 year
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Medioevo?
Il giorno dopo l’insediamento del nuovo governo, uno dei meme più gettonati richiamava un ritorno a pratiche medioevali, sospettando l’avanzata o il ritorno di istanze che definire a volte conservatrici è un eufemismo. Se da una parte le prime avvisaglie, soprattutto sui diritti civili, sembrano dar ragione a chi lo temeva, c’è una precisazione che voglio fare, uno spezzare la lancia sul termine di paragone per definire queste svolte retrograde: il Medioevo.
Una premessa fondamentale: per ogni periodo storico è facile cadere nel tranello di immaginare il passato “con gli occhi del presente”. Voglio dire che un abitante di, per dire, Tallin del 1027 d.C. (o come va di moda adesso, e.v., che sta per era volgare), non sapeva certo di essere nel Medioevo: viveva essenzialmente il suo tempo, la sua cultura, le sue abitudini, e in base alla sua brillantezza intellettuale, ne seguiva i cambiamenti. Se può sembrare un’ovvietà, basta aprire libri di storia famosi per scoprire che è invece il metodo di critica a ogni periodo storico passato.
Orbene, il Medioevo è un periodo storico lunghissimo, per convenzione si fa coincidere, per noi europei, dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476, anno in cui Odoacre, generale probabilmente di origini unne, depose il piccolo imperatore Romolo Augusto fino ad avvenimenti del 1400: per alcune correnti storiografiche, con il viaggio di Colombo nelle Indie, che sappiamo benissimo fossero altro, nel 1492, oppure con la presa di Costantinopoli degli Ottomani, nel 1453, oppure la fine della Guerra dei Cento Anni, che finì nello stesso anno, e che era durata più del suo nome, 116 anni dal 1337 quasi ininterrottamente.
Qualsiasi sia l’episodio prescelto, sin dal periodo successivo, che ricordo sancisce per convenzione la fine della Storia Antica e l’inizio della Storia Moderna, ci fu un immotivato perseguimento di questi secoli: periodi bui, fatti di superstizioni, potere oppressivo della chiesa, caduta di valori umani, regresso tecnologico, politico e morale. Il culmine si ebbe nell’Illuminismo, soprattutto con la Scuola Scozzese, che prefigurando la Storia Umana come un continuo progresso, non poteva che vedere con disgusto quei secoli fatti di arretratezza. Tant’è vero che ancora oggi “medioevale” vale all'antica, (scherz.) antidiluviano, antiquato, arretrato, da medioevo, retrivo, retrogrado, sorpassato, superato (voce “medioevale”, Vocabolario dei Sinonimi e Contrari Treccani).
Tolti gli specchi deformanti, definizione questa di un grande storico europeo, Joseph Fontana, si scoprono che girano infinite balle su questo periodo, che come molte balle sono dure a morire. Dal Terrore dell’anno Mille, inesistente poichè la datazione dei coevi non veniva “codificata” come avviene oggi, e seguiva per dire gli anni di Regno del Monarca, oppure sul mitico ius prime noctis, definizione che non esiste in nessun documento dell’epoca, tranne, parola del mitico professor Barbero, in un documento della diocesi di Amies, dove veniva definita così la gabella che una giovane coppia dava al vescovo, in segno di benedizione, quando andava ad abitare una nuova casa; oppure la tortura come pratica “condivisa” per estorcere confessioni, pratica tra l’altro regolamentata nel 1215 da una bolla papale di Innocenzo III, che ne aboliva la benedizione. Si continuò a seguire il diritto romano e le prime decisive concessioni in senso “democratico” avvennero in questi periodi, si pensi alla Magna Charta libertatum, del 1215, documento che doveva garantire la tutela dei diritti della chiesa, la protezione dei civili dalla detenzione ingiustificata, offrire una rapida giustizia e limitare i diritti di tassazione feudali del Re d’Inghilterra, che pochi ricordano però fu disattesa da tutte le parti in causa (Corona, Nobiltà e clero) tanto che lo stesso Innocenzo III di cui sopra la abolì, facendo precipitare il paese nella prima guerra dei baroni. Non si era più sporchi che nei secoli successivi, nemmeno più stupidi e creduloni, e il ruolo degli intellettuali era libero, perfino in senso contemporaneo, al netto delle conoscenze e dei valori etici del periodo. Secondo Fontana, e questa cosa è stupefacente, si uccisero più donne di stregoneria nel 1700 che nel 1200, e l’ultima donna arsa viva al rogo ebbe supplizio in Svezia nel 1786, tre anni prima della Rivoluzione Francese. E persino la diceria che fossero terrapiattisti è del tutto fuorviante, dato che uno dei libri più letti, studiati e copiati di tutto il periodo fu il Tractatus de sphaera opera fondamentale di Giovanni Sacrobosco (che in realtà era inglese, John Of Holywood) che riprendendo i trattati tolemaici illustrava la sfericità della Terra. E basta pensare a Dante, alla nascita delle Università (Bologna, la Scuola Medica Salernitana simbolo anche di tolleranza religiosa, Parigi, Padova, Napoli e tante altre in tutta Europa), all’arte gotica, ad una cattedrale di quel periodo per comprenderne la grandissima tecnica e abilità di calcolo, di ingegneria e di architettura. Oppure una copia di un manoscritto o una miniatura di abbazia. 
Chiudo con una provocazione: uno dei simboli del periodo era la gogna, strumento punitivo, di contenzione, di controllo, di tortura. Propriamente era un collare di ferro, fissato a una colonna per mezzo di una catena, che esponeva i condannati alla berlina: la berlina era una tavola, o lo stesso palo dove veniva legata la gogna, dove era mostrato al pubblico chi aveva commesso il reato. Va detto che come mezzo di punizione, ha avuto vita ben più lunga di qualsiasi pratica medioevale: quasi del tutto scomparsa solo nel XIX secolo, in alcuni paesi ancora oggi è utilizzata. Se non fisicamente, vale la sua variante contemporanea attraverso non la colonna o la catena, ma l’esposizione mediatica. Esempio lampante è il caso sollevato dalla trasmissione televisiva Le Iene, riguardo una relazione virtuale sentimentale tra un 24enne di Forlì e una certa Irene, in realtà un uomo di 64 anni di Forlimpopoli che per oltre un anno ha condiviso messaggi con lui, con il doppio suicidio del 24enne, una volta scoperto l’inganno, e del 64enne, dopo che la trasmissione lo aveva rintracciato e filmato in un servizio del programma. Nelle gogne medioevali, i condannati venivano messi al pubblico ludibrio solo a condanna avvenuta, e duravano poche ore: oltre a lanciargli cose, tra cui i liquami dei pozzi neri (da cui nascono tutte le locuzioni sul tema), pratica comune era fargli il solletico (a Canelli in provincia di Asti, durante la rievocazione storica dell’Assedio alla città del 1613, c’è la riproposizione in chiave umoristica e folkloristica della gogna del solletico).
 Siamo forse meglio di loro a questo punto?
Nel nostro immaginario è troppo forte il piacere di credere che in passato c’è stata un’epoca tenebrosa, ma che noi ne siamo usciti, e siamo migliori di quelli che vivevano allora. Alessandro Barbero
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thesimplewolfman · 1 year
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Le Bolle Papali
il perché siamo schiavi
Prendendo conoscenza del background storico, politico ed economico dietro questa operazione legale epocale, vi potrete rendere conto da soli delle enormi implicazioni giuridiche e sociali derivanti dal pignoramento delle corporations mondiali e le implicazioni che nel lungo periodo, confluiscono in un nuovo paradigma della condizione umana.
I^ Bolla Papale
UNAM SANCTAM ECCLESIAM (1302 D.C.)
Papa Bonifacio VIII
• La terra è mia
• La proprietà non esiste
• Gli uomini sono tutti morti in mare
Le figure del Trust
• Garante: Dio
• Disponente: I Gesuiti, istituiti dai Veneziani, tramite l'Ordine dei Frati Francescani Minori, Ordine dei Gesuiti
• Amministratore: Bonifacio VIII
• Beneficiari: Cristiani
Tutto del Vaticano
"Dio" ha affidato tutti i titoli e le proprietà della Terra al Vaticano.
Curiosità
Bonifacio VIII è l'unico personaggio vivo che Dante Alighieri colloca all'Inferno nel girone dei Simoniaci della Divina Commedia, a causa della sua malvagità. Questo gli costò l'esilio a vita dalla sua bella Firenze. La famosa Bolla Papale di Bonifacio VIII costituisce forse l'ultimo episodio del conflitto plurisecolare tra potere spirituale e potere temporale. Possiamo far risalire tale conflitto alla fine del V sec., alla dottrina delle "Due Spade", quella Spirituale e quella Temporale che appartengono rispettivamente al Vaticano ed al Re ma il secondo la potrà usare solo ed esclusivamente in favore della Chiesa. Segue poi il Lascito di Costantino, altro inganno legato ad un documento falsificato di pugno da Papa Silvestro che, seppure scoperto nel 1440, non è mai stato annullato. Con esso L'imperatore avrebbe attribuito a Papa Silvestro ed alla Chiesa, più in generale, immensi lasciti e potere temporale su tutto l'Impero fino a Costantinopoli.
L'affermazione del Papa sull'Imperatore si conclude con le bolle papali. Usate negli anni in modo unilaterale per definire su misura i confini del recinto schiavista verso i popoli. Infatti, per il gioco delle Bolle Papali, assistiamo alla spartizione di Anime, Terre ed Uomini, fra Papa e Re.
Papa Bonifacio VIII si auto-dichiara abusivamente unico e legittimo erede di Noè e quindi di DIO, l'Arca di Noè viene equiparata alla Chiesa (osservate la dicitura ''navata centrale'' delle chiese…).
Il Diluvio Universale viene utilizzato per creare un parallelo con il Diritto Marittimo che regola il traffico delle merci e, poiché noi siamo considerati sia merci che dispersi in mare dopo il diluvio e quindi dopo la nascita, voilà il gioco è iniziato!
II^ Bolla Papale
ROMANUS PONTIFEX (1454 D.C.)
Papa Niccolò V
• Pieni poteri agli infanti del Portogallo
(invadere, ricercare, soggiogare, qualsiasi pagano diffondendo la fede)
Le figure del Trust
• Garante: Pontefice
• Disponente: La Curia Romana
• Amministratore: Collegio dei Cardinali
• Beneficiari: Gli infanti del Portogallo (tutti i Principi sulla terra dei Papa)
Tutti dichiarati Dispersi in Mare
Certificato dalla Bibbia come Codice di Diritto Nautico, siamo tutti dispersi in mare. Pieni poteri agli Infanti del Portogallo (invadere, ricercare, soggiogare, qualsiasi pagano imponendo la fede cattolica).
Le terre vengono cedute a Re e nobili e la proprietà del singolo non esiste.
III^ Bolla Papale
AETERNIS REGIS CLEMENTIAS (1481 D.C.)
Papa Sisto IV
• Concede il bene degli esseri umani che abitano sulla terra, considerandoli incompetenti, incapaci e soggetti ad amministrazione coatta
Le figure del Trust
• Garante: Pontefice
• Disponente: La Curia Romana
• Amministratore: Collegio dei Cardinali
• Beneficiari: Il Principe che regna sugli «infanti» uomini e donne assoggettati ad amministrazione coatta
Tutti dichiarati Morti, anche spiritualmente
Il Papa dunque reclama tutta l'autorità, tutta la proprietà, sia spirituale che temporale, fino a quando i "dispersi" torneranno a reclamare i loro diritti. Il Papa concede ai Re il bene degli «esseri umani» che abitano sulla terra, considerandoli incompetenti, incapaci e soggetti ad amministrazione coatta, e riducendoli in schiavitù.
Dal 1537 sono state emanate altre bolle, a partire da papa Paolo III e la sua "LICET AB INITIO", il cui contenuto sembra farsi "misterioso"...
Ne consegue l'origine del TRUST con l'applicazione del Diritto Marittimo dell'Ammiragliato
Governi = Corporation
I governi sono (erano) corporations. Il fenomeno dei Governi Aziendali è dimostrato non solo dal modo in cui i governi si comportano relativamente al Trust governativo (rivestendo cioè il ruolo di Beneficiario e non quello di Fiduciario), ma risulta anche dalla documentazione ufficiale: Gli Stati Uniti, il Canada, l'Australia, il Regno Unito, la Francia, l'Italia, il Brasile, il Giappone, il Sud Africa (e l'elenco potrebbe continuare...) sono tutte società private che gravitano alle dipendenze degli Stati Uniti, registrate come tali presso la SEC - Security & Exchanges Commission americana e operanti, in quanto tali, a nostre spese. "Il sistema" è di natura oligarchica, essendo orientato al solo profitto di "pochi" e sostenuto dal lavoro del resto della popolazione.
Persone = Corporation
Le persone sono (erano) corporations. Al momento della registrazione all'anagrafe, il certificato di nascita firmato dai vostri genitori viene utilizzato dal Governo Aziendale per avviare un trust a vostro nome. Questo trust è utilizzato come collaterale per un conto di garanzia che viene creato e finanziato a vostro nome. Siete voi i beneficiari di questo trust, ma nessuno vi dice che esiste. Se non sottoscrivete un testamento entro il compimento del 7° anno di età, il Governo Corporativo vi dichiara defunti e in base al Diritto Marittimo siete ufficialmente considerati dal sistema come "dispersi in mare". Il Governo Aziendale assume quindi il controllo finanziario della vostra eredità patrimoniale e, consapevole del fatto che la maggior parte di voi vive oltre i 7 anni, continua a trattarvi come schiavi. I fondi generati dalla monetizzazione della vostra vita – usando voi stessi a garanzia – vi vengono prestati quando domandate finanziamenti bancari, mutui, ecc. Siete poi costretti a lavorare per ripagare al sistema i fondi più gli interessi. Legalmente, non avete alcun diritto perché siete considerati "deceduti" dall'età di 7 anni. Avete perso. Cliccate qui per info sul vostro rapporto con il trust governativo.
Informazioni distorte e occultate
I mass media sono lo strumento utilizzato dai Governi Aziendali per fare propaganda direttamente a casa vostra. I media sono usati per manipolare la percezione pubblica delle azioni e delle omissioni dei governi, per rafforzare norme sociali, limiti e comportamenti, e per vendervi ogni sorta di robaccia mediante la creazione di un bisogno e la fornitura di un prodotto che lo soddisfi. La cosa non è limitata soltanto ai media: la psicologia del vecchio paradigma è rafforzata anche dalle istituzioni educative e religiose. Società, governi e media dicono tutti le stesse bugie. Fanno tutti parte della stessa bestia.
Schiavizzazione di massa
Di conseguenza, la struttura economica mondiale è (era) un meccanismo per la schiavizzazione di massa. La schiavitù è un sistema in cui le persone sono trattate come proprietà e costrette a lavorare. Dal momento della loro cattura, acquisto o nascita, gli schiavi sono trattenuti contro la loro volontà e privati del diritto di andarsene o rifiutarsi di lavorare.
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