While in Modena...
Hello guys, and welcome back to my blog!
Today, I just want to tell you something about the city which is been hosting me for months right now: Modena.
The city is half an hour from Bologna, the “county town” of Emilia Romagna, and it has been a colony of the Roman Empire, almost around 200 b.C, at that time known as Mvtina.
The main street that crosses the city is Via Emilia (ex Via Aemilia), today main core of the city daily life and principal centre of shopping and free time.
The city is so small that even if you don’t own a car it is okay. You can always ride a bike and find your inner peace!
I love walking for the biggest square of the city: Piazza Roma, that takes its name from my wonderful city. Everytime I cross this square I feel electicity, it is so big and always shiny, by day and by night. It always leaves me speechless and breathless, it’s like a microcosm in the heart of the city. You can admire Palazzo Ducale, that hosts the Accademia Militare, standing out for the entire lenght of the square. That is why you can easily bump into a well-dressed cadet.
In the very heart of the city you can admire the Duomo, whose little tower, the Ghirlandina, is well visible from every corner of the city. So, if you get lost, follow the tower!
View of the Duomo from Piazza del Duomo
The Ghirlandina
View of the Ghirlandina from Via del Taglio, a parallel street of Via Emilia, always crowded of people and full of shops
Behind the Duomo, walking along Via Emilia, you can admire the statue of Alessandro Tassoni, the poet, in Piazza Torre.
And then keep on walking for Piazza Grande where you can meet artists painting and singing, giving tribute to the city.
A flower shop in Corso Canalchiaro
A mural in Piazza della Pomposa, the most popular square among youngs and students especially by night
Piazza XX Settembre, where you can access the most important (and sometimes expensive) market of the city: Mercato Albinelli
In Modena there are many green points as well, like Parco Enzo Ferrari, Parco Giardino Ducale Estense, Parco Sandro Pertini and Parco Novi Sad, that you can see in the picture below.
In the park you can see many steles, dated II-III century a.C., belonging to the Roman Empire
This is just a little description of what this city is and represents. There are many other places you can discover and admire!
See you next time, folks!
Xoxo
JeMMa.
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3 días en Granada (España)
Ciao ragazzi e bentornati nel mio blog!
Il mio ultimo viaggio ha avuto luogo nel sud della Spagna, in uno dei cuori di quella splendida terra che è l’Andalucía: Granada.
Sento ancora i canti gitani riecheggiare nella mia mente...
Il nome della città ha un legame imprescindibile con la pianta del melograno, nota anche come punica granatum, originaria, come si può evincere dal nome latino, della città di Cartagine (Punica), situata in Tunisia. Il simbolo della città è, infatti, proprio il frutto, che in spagnolo prende, così, il nome di granada.
La città è molto piccola e visitabile in pochi giorni; la posizione nell’entroterra la rende calda l’estate, con temperature che di giorno possono superare facilmente i 30° e che di sera possono scendere repentinamente di 13°-15° per via della vicinanza alla Sierra Nevada, il complesso montuoso che abbraccia la città a sud-est, impedendo al mare di addolcire il clima dopo il tramonto del sole.
DÍA #1
Il mio primo giorno inizia proprio nel pieno centro della città, in Calle Gran Vía Colón, che prende il nome dal noto navigatore conosciuto in Italia come Cristoforo Colombo (Cristóbal Colón, per gli spagnoli). Emozionata ed elettrizzata mi dirigo immediatamente verso la tanto attesa Catedral de Granada o Catedral de la Encarnación, così chiamata perché fu proprio durante el día de la Encarnación, il 25 Marzo, che iniziarono i suoi lavori.
Qui sotto, le foto della sua Capilla Mayor.
La Cattedrale fu costruita per volere della regina Isabella (Isabel la Católica) a partire dall’anno 1505 - anno in cui Granada era già tornata ad essere sotto il dominio degli spagnoli, che l’avevano riconquistata nel 1492 - e fu progettata dall’architetto Enrique Egas e, successivamente, da Diego Siloé. È proprio per questo motivo che si può notare come il complesso unisca con semplicità più stili, alternando il rinascimentale al gotico.
A fianco all’edificio, inoltre, è ubicata la Capilla Real (al cui interno, ahimé, non è possibile scattare foto), la quale ospita i resti dei Reyes Católicos: Isabel I de Castilla e Fernando II de Aragón. Quest’ultimo lasciò, infatti, scritto nel suo testamento:
Y, por ende, queremos que los huesos nuestros estén allí para siempre, donde también han de estar sepultados los de la dicha serenísima señora para que, juntamente, loen y bendigan su santo nombre.
Continuando nei pressi dell’edificio si accede anche al Palacio de la Madraza, la prima università della città, inaugurata nell’anno 1349 dall’allora re nazarí Yusuf I de Granada. L’antica università si sviluppa su due piani, al piano terra vi è collocata la sala di preghiera (oratorio musulmán);
sulle cui pareti è ben leggibile la dicitura: لا غالب إلا الله, ovvero: “Non v’è altro vincitore al di fuori di Allah” (vedi foto);
mentre al piano superiore, vi è il salón de Caballeros XXIV, la sala in cui avvenivano le riunioni dei regidores (chi era al governo) della città.
Uscendo dal complesso proseguo su Calle Gran Vía Colón sino a Plaza Isabel la Católica, in cui si erge la statua, realizzata nel 1892, che vede la regina nell’atto di autorizzare Cristoforo Colombo ad intraprendere il suo viaggio nelle Indie.
La via che incrocia la piazza si chiama Calle Reyes Católicos
e conduce direttamente all’edificio che durante il regno dei Nasridi venne utilizzato come locanda per commercianti: il Corral del Carbón. La struttura venne anche impiegata come magazzino e, solo in seguito, adibita a teatro; non a caso, nel periodo del Barocco, questa tipologia di palazzo - (inizialmente casa privata) sviluppata su due o tre livelli, costituiti da un patio centrale e da una serie di balconi - divenne scenario per numerose rappresentazioni private e non, che vedevano il pubblico occupare lo spazio centrale del patio e gli attori muoversi lungo i piani dei balconi e al pianterreno, in un palco posizionato dinanzi agli stessi spettatori.
Oggi l’edificio è sede della Delegazione Provinciale della Cultura Andalusa ed al centro del suo cortile interno vi è la fontana visibile nella foto qui sotto.
A questo punto, decido di tornare su Calle Reyes Católicos passando per la strada da cui provengo, Calle Puente del Carbón, ed attraverso la strada per proseguire, così, su Calle López Rubio, che mi si apre proprio davanti. La strada mi conduce all’Alcaicería, un piccolo barrio della città suddiviso in numerose stradine e pieno di negozi e bancarelle tipici.
Un tempo questo era il luogo dedicato alla fabbricazione e alla vendita di sete preziose tipiche orientali e di altre merci di valore; in arabo prendeva il cosiddetto nome di sūq e rappresentava uno dei poli più attivi della città.
Uscendo dalle stradine del mercato faccio capolino su Plaza de Bib-Rambla, al cui centro si staglia la fuente de los Gigantes con la statua di Neptuno che si erge sulla sua sommità (vedi foto);
la piazza, durante il regno musulmano, è sempre stata luogo di feste, corridas de toros e tornei. Oggi, invece, è una delle piazze più frequentate dai suoi cittadini e soprattutto dai turisti; vi ha sede, infatti, un noto café della città, famoso per i suoi deliziosi churros accompagnati da una tazza di cioccolata calda (vedi foto).
Una pausa era proprio quello che ci voleva...
Dalla piazza è visibile Calle Principe, che mi conduce nuovamente su Calle Reyes Católicos; mi faccio, così, largo tra la folla che riempie il corso e scorgo dall’altra parte della strada il municipio della città, il cosiddetto Ayuntamiento.
Sulla cima dell’edificio è possibile scorgere la statua di un cavaliere nudo e bendato sugli occhi che cavalca un cavallo al trotto. L’opera, dall’aspetto inusuale, è chiamata El instante preciso ed è stata realizzata dall’artista spagnolo Guillermo Pérez Villalta; secondo l’autore rappresenta la felicità, il momento perfetto e l’istante fugace di cui solo si ha coscienza quando, ormai, l’attimo è passato e la famosa benda ci cade dagli occhi.
Sotto la statua prende posto, inoltre, un orologio, sulla cui cornice vi è incisa la frase: “Feliz quien ve sus horas en dorado presente”.
Ritorno su Calle Reyes Católicos e proseguo in direzione di Plaza Nueva, la piazza in cui confluiscono le vie più importanti della città, quali, appunto, Calle Reyes Católicos, Calle Elvira (la strada de las teterías, ovvero le sale da tè arabe) e la nota e antica Carrera del Darro.
Da quest’ultima è possibile ammirare l’imponente figura dell’Alhambra ergersi tra le fronde del bosco, ed ascoltare il mormorio del fiume Darro che scorre lungo il margine.
Lungo la strada si giunge a El Bañuelo, gli antichi e storici bagni arabi che si dice risalgano all’XI secolo, nonostante la presenza di voci discordanti che affermino risalga ad un periodo ancora precedente.
Nella foto un angolo del particolare soffitto che abbraccia le stanze dell’hammam, il complesso termale suddiviso in tre sale (una fredda, una tiepida ed una calda) dedicate, appunto, alle tre fasi di purificazione.
Fanno parte di questa tipologia di edificio tipico arabo anche altri palazzi che si possono incontrare per la città come la Casa Horno de Oro (vedi foto)
e la Casa de Zafra (vedi foto) in Calle Zafra.
Ma facciamo un salto a ritroso e torniamo a Calle Elvira, una delle vie più frequentate dagli abitanti di Granada, che ho menzionato poc’anzi.
La strada possiede uno dei nomi femminili più comuni nella Spagna del sud, Elvira (nome con cui tra l’altro veniva inizialmente chiamata la città di Granada), ed è tipica per las teterías che si trovano lungo il cammino. È il momento perfetto per un buon té arabo con latte...
A servirmi è un giovane marocchino che mi invita a provare una cachimba (comunemente nota in italiano con il nome di “narghilè”), tipico apparato per il fumo, nato in Egitto, e caratterizzato da una vasta gamma di sapori e profumi che lo rendono un piacevole intervallo. Mi lascio tentare.
Proseguendo lungo la via in direzione nord giungo all’antica Puerta de Elvira, nota per essere stata il più importante accesso alla città durante la dominazione islamica. Oggi rimane solo una parte del muro che faceva da recinzione alla città/fortezza unitamente al suo arco che, appunto, fungeva da ingresso.
Guardo l’orologio, è quasi l’ora di tapear... il mio stomaco borbotta e i bar della città si riempiono di gente...
Il verbo tapear significa letteralmente “tomar tapas”, ovvero prendere le tapas, che altro non sono che degli “assaggi” di pietanze tipiche spagnole, che vengono consumati dagli spagnoli solitamente nell’ora del nostro aperitivo italiano, e che spesso finiscono per saziare ed arrivare a coprire anche il pasto della cena.
Tapear è quasi uno stile di vita. Si esce e si fanno piccole tappe per diversi bar e locali del posto, ci si ferma per un bicchiere di buon vino o di sangría e si accompagna il tutto con questi piccoli assaggi. Tapear diventa, così, un atto sociale che unisce le persone, le fa incontrare e scambiare idee e soprattutto tante risate.
In foto un buon bicchiere di sangría (vedi foto), tipica bevanda spagnola a base di vino, frutta (nel mio caso già aromatizzata dalla produzione) e spezie.
In foto qui sotto, un bicchiere di gazpacho andaluz, la tipica zuppa fredda estiva a base di verdure. (Per la ricetta clicca qui: https://justcallmejemma.tumblr.com/post/156170905783/gazpacho-andaluz)
La serata si prospetta piacevole e posso solo che lasciarmi guidare...
DÍA #2
C’è una targa in Plaza de las Pasiegas che recita:
Dale limosna, mujer,
que no hay en la vida nada
como la pena de ser
ciego en Granada.
Il messaggio è chiaro, Granada è una di quelle città che restano nel cuore e che è un peccato non aver visto almeno una volta nella vita.
Sono emozionata, la direzione della mattinata è l’immensa Alhambra (vedi foto), l’antica sede del califfato della dinastia nasride, che crollò nel fatidico anno 1492; anno in cui, oltre all’epico evento della cosiddetta “scoperta dell’America”, terminò anche la Reconquista con la presa di Granada (toma de Granada) - l’ultima città della Spagna ad essere riconquistata dagli spagnoli - ed in cui avvenne anche la cacciata degli ebrei dal paese: solo los conversos (i convertiti al Cristianesimo) poterono rimanere ed inserirsi nella comunità.
La Alhambra si estende poderosa sulla collina della Sabika; circondata da mura è una vera e propria città murata (medina), proclamata patrimonio dall’UNESCO nel 1934.
Al suo interno vi si trovano numerosi edifici, all’epoca dedicati a varie attività; ed il meraviglioso e rigoglioso giardino del Generalife, anche questo dichiarato patrimonio culturale dell’umanità dall’UNESCO.
Qui sotto, il pergolato de los Jardines de San Francisco:
e qualche scatto rubato ai numerosi gatti che popolano i suoi giardini:
Al suo interno la Alhambra, come menzionato sopra, è suddivisa in numerosi edifici. Vi è la Alcazaba, la parte più antica dell’intero complesso, all’epoca utilizzata come punto di vedetta per avvistare il nemico. Costruita da Mohammed I, è composta da tre torri principali: la Torre Quebrada, la Torre del Homenaje e la Torre de la Vela.
In foto, la Puerta de los Siete Suelos, la porta d’ingresso alla medina.
Vi sono poi los Palacios Nazaries, suddivisi in:
Palacio de Comares, al cui interno vi è il noto Patio de los Arrayanes (vedi foto)
e attraverso cui si accede dalla sala del Mexuar (vedi foto), la sala dedicata alle udienze ed agli incontri amministrativi;
Nella zona esterna, invece, nel cosiddetto giardino del Partal, vi è una piccola ed indipendente struttura dedicata alla preghiera: l’Oratorio.
Palacio de los Leones (vedi foto), che venne costruito per ordine di Yusuf I e che costituiva le stanze private della famiglia reale,
al cui interno vi si trova il Patio de los Leones (vedi foto), la cui pianta rettangolare è incorniciata da ben 124 colonne di marmo bianco di Almería.
Dal patio vi è l’accesso alla sala de los Mocárabes; a quella de los Reyes, a quella de las Dos Hermanas; Ajimeces; al Mirador de Darax (vedi foto);
a quella de los Abencerrajes (vedi foto)
e del Harén (vedi foto).
Uscendo dal complesso in pieno stile arabo, che racchiude i palazzi e le sale sopramenzionate, si giunge ad un edificio di stile rinascimentale, il cui anno di costruzione risale al 1526: il Palacio de Carlos V.
L’edificio, nel Rinascimento, divenne dimora di Carlos V, allora imperatore del Sacro Romano Impero, il quale decise che l’edifico avrebbe dovuto seguire lo stile architettonico romano, che prevedeva una pianta circolare inscritta in un quadrato. Visto da fuori, infatti, risulta un quadrato perfetto.
Si avvicina l’ora del almuerzo, dove andare a mangiare?
Uscendo dall’Alhambra, il percorso è in discesa.
Voglio dirigermi verso Plaza de la Pescadería, non troppo distante dalla Catedral. Ordino una paella ed un buon calice di Rioja, un vino tipico spagnolo.
¡Buen provecho!
Nel pomeriggio decido di salire ed addentrarmi nel quartiere dell’Albayzín, che si trova più in collina rispetto al resto della città, esattamente di fronte alla collina che ospita la meravigliosa Alhambra. È proprio quest’ultima, infatti, che voglio arrivare ad ammirare da uno dei più importanti belvedere della città: il famoso Mirador de San Nicolás.
Da qui si vede tutta la città estendersi ai piedi della collina della Sabika, e l’imponente Sierra Nevada alle sue spalle. Gitanos di strada si esibiscono in veri e propri spettacoli di flamenco in cui la chitarra e la voce diventano le uniche vere protagoniste.
Ritorno tra le vie del quartiere e decido di perdermi. Via la mappa. Non vi è cosa più bella dello scoprire la città lasciandosi guidare dall’istinto.
DÍA #3
L’ultimo giorno granadino decido di tornare alla Puerta de Elvira e di attraversare Plaza del Triunfo, al cui centro si staglia la statua del volto di Cristóbal Colón (vedi foto), sul cui capo si erge la bandiera spagnola.
Lungo la strada, chiamata Avenida de la Constitución, si ha il piacere di incontrare numerose statue dedicate alle più note personalità che hanno lasciato traccia nella storia della Spagna, come, per esempio, il noto poeta Federico García Lorca (vedi foto), che si incontra seduto su una panchina con in mano il libro di una delle sue opere più famose: El Romancero gitano. Quest’opera è composta di diciotto romances (un tipo di composizione poetica articolata in metri) dedicati ognuno a diversi temi tipici della cultura gitana, che sempre ha interessato il poeta lungo il corso di tutta la sua vita.
Uno dei romances, dal titolo San Miguel, è dedicato, infatti, proprio alla città:
San Miguel
A Diego Buigas de Dalmau
Se ven desde las barandas,
por el monte, monte, monte,
mulos y sombras de mulos
cargados de girasoles.
Sus ojos en las umbrías
se empañan de inmensa noche.
En los recodos del aire
cruje la aurora salobre.
Un cielo de mulos blancos
cierra sus ojos de azogue
dando a la quieta penumbra
un final de corazones.
Y el agua se pone fría
para que nadie la toque.
Agua loca y descubierta
por el monte, monte, monte.
San Miguel lleno de encajes
en la alcoba de su torre,
enseña sus bellos muslos
ceñidos por los faroles.
Arcángel domesticado
en el gesto de las doce,
finge una cólera dulce
de plumas y ruiseñores.
San Miguel canta en los vidrios;
efebo de tres mil noches,
fragante de agua colonia
y lejano de las flores.
El mar baila por la playa,
un poema de balcones.
Las villas de la luna
pierden juncos, ganan voces.
Vienen manolas comiendo
semillas de girasoles,
los culos grandes y ocultos
como planetas de cobre.
Vienen altos caballeros
y damas de triste porte,
morenas por la nostalgia
de un ayer de ruiseñores.
Y el obispo de Manila,
ciego de azafrán y pobre,
dice misa con dos filos
para mujeres y hombres
San Miguel se estaba quieto
en la alcoba de su torre,
con las enaguas cuajadas
de espejitos y entredoses.
San Miguel, rey de los globos
y de los números nones,
en el primor berberisco
de gritos y miradores.
Il poema racconta di una tale San Miguel, il patrono della città (festeggiato ogni 29 Settembre), la cui statua si erge in cima a Sacromonte, il quartiere più remoto della città per la sua posizione in cima alla collina. Lorca descrive l’aspetto effeminato della statua e racconta dei pellegrinaggi de los gitanos che spesso avvengono dal quartiere Albayzín (prossimo a Sacromonte) verso la statua del santo.
Sacromonte, infatti, resta tutt’oggi il quartiere gitano del flamenco.
Las cuevas (grotte), che all’epoca utilizzavano los gitanos come dimore, oggi sono una delle attrazioni maggiori della città. Al loro interno, infatti, si tengono numerosi spettacoli di flamenco e zambra (”festa”, in dialetto marocchino).
In foto, una delle cuevas più note del quartiere.
Il quartiere è molto tipico e folkloristico con le mura delle sue grotte fatte di calce. Quante leggende girano per le sue stradine...
Anche questo viaggio giunge al termine purtroppo.
Vi aspetto alla prossima avventura, cari lettori!
Hasta luego,
JeMMa.
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