Tumgik
#rastrellamento ebrei
fashionluxuryinfo · 8 months
Text
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
Ai Musei Capitolini la mostra “I sommersi. Roma, 16 ottobre 1943”
In occasione dell’80° anniversario del rastrellamento degli ebrei da Roma una mostra documentaria, dal forte impatto emotivo, ricostruisce le storie dei “sommersi” attraverso foto, documenti e oggetti di vita quotidiana.
In occasione delle commemorazioni dell’80°anniversario del rastrellamento del 16 ottobre 1943, quando a Roma oltre mille ebrei, tra uomini, donne, anziani e bambini, furono prelevati dalle loro case dai nazisti e deportati verso il campo di Auschwitz-Birkenau.
0 notes
sauolasa · 2 years
Text
Commemorazioni per il rastrellamento degli ebrei. Macron inaugura un nuovo memoriale
Secondo la comunità ebraica anche se molto è cambiato l’antisemitismo è ancora presente nella società francese
0 notes
lamilanomagazine · 1 month
Text
Verona, al Monumento Officine Manutenzione Locomotive la cerimonia per il 79° anniversario della Festa della Liberazione
Tumblr media
Verona, al Monumento Officine Manutenzione Locomotive la cerimonia per il 79° anniversario della Festa della Liberazione.  Nel 1943 i binari dei treni sono stati il teatro della più grande operazione di rastrellamento di esseri umani. Milioni di ebrei, così come tutti gli altri deportati, vennero trasportati nei campi di concentramento in condizioni disumane all'interno di carri merci, un viaggio estenuante fino a diciotto giorni senza acqua e cibo. Per la maggior parte purtroppo senza ritorno. Per questo motivo Verona ha ieri celebrato il 79° anniversario della Festa della Liberazione al Monumento Officine Manutenzione Locomotive alla stazione di Porta Vescovo. Una cerimonia promossa da Rappresentanza Sindacale Unitaria RSU e dalla Commissione Biblioteca dello Stabilimento Trenitalia di Verona che ha visto sfilare un corteo dalla portineria dell'Officina di Porta Vescovo fino al monumento dove si è celebrata la cerimonia con la presenza del Sindaco, dell'assessore alla memoria e il Presidente del Consiglio Comunale. "È un onore iniziare da questo luogo indossando il tricolore, in rappresentanza della mia città che è medaglia d'oro al valore militare. Da oggi diamo il via ai tanti eventi che ricordano un momento storico del nostro paese. Ricorderemo per sempre quanto è accaduto nelle Officine veronesi, ricorderemo quella resistenza messa in campo nella quotidianità e quel marcare la differenza ogni giorno, rischiando la vita per dei valori dei quali  beneficiamo. Oggi c'è ancora paura a chiamare l'antifascismo con il suo nome. Celebrare oggi la resistenza, e portare simboli come il tricolore, è una grande responsabilità collettiva. L'esempio di chi ha sacrificato la propria vita ci dà la forza di rappresentare valori che ricordiamo con fierezza. Essere figli della Resistenza, dell'antifascismo, di una Repubblica nata su valori forti e essere dalla parte giusta è un orgoglio che va ritrovato. È un impegno che dobbiamo prendere soprattutto nei confronti dei giovani, per il loro presente e futuro, affinché sappiano che questi sono i principi fondanti della nostra comunità". Alla cermonia erano inoltre presenti il capo impianto dell'Officina Manutenzione Ciclica OMC Verona Porta Vescovo Gaetano Compagnone, lo storico della Shoah e rappresentante dell' Istituto Veronese Resistenza ed Età Contemporanea Carlo Saletti, don Vincenzo Zambello, il presidente dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia di Verona Andrea Castagna, il Coro "Voci della Ferrata" con il maestro Raffaello Benedetti rappresentanti di Ivres Associazione veronese di documentazione, studio e ricerca, Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra Aned, Alpini, pensionati dell'Officina Grandi Riparazioni, ex combattenti, Protezione Civile, Dopolavoro ferroviario, Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti ANPPIA e i donatori sangue ferrovieri.  "L'impegno che noi associazioni manteniamo costante è quello della Memoria, accompagnata da una rigorosa ricerca storica di ciò che è successo nel nostro Paese – ha sottolineato il presidente provinciale Anpi Andrea Castagna -. Non è soltanto un aspetto rituale, ma il compito di mantenerlo nella vita democratica, perché è da episodi come quello che ricordiamo che è nata la libertà che conosciamo. Mantenere questo filo che unisce la Resistenza, la guerra di liberazione a quello che oggi abbiamo è un fattore importante, anche di fronte a quanto sta succedendo nel mondo, nelle guerre, nei conflitti, nelle forme in cui i popoli sono privi della loro libertà, un elemento fortemente collegato alla resitenza. I sedimenti del nostro Paese sono molto profondi, quindi il rischio del ritorno del fascismo non c'è. Piuttosto c'è il rischio di introdurre qualcos'altro modificando la storia, modificando alcune norme o la Costituzione. Tutti elementi che potrebbero rendere difficile l'applicazione della Costituzione stessa". Lo storico Carlo Saletti è intervenuto ricordando quelle che furono le "Ferrovie del terrore". "Per rimanere in tema di ferrovie è importante ragionare sugli ingranaggi che hanno reso possibile quello che chiamiamo sterminio degli ebrei d'Europa. Le cifre sono altissime, ma quello che c'è dietro è il grande dolore. Ottomila deportati per motivi razziali, venticinquemila per motivi politici, basti pensare agli scioperi del '44 e tutto quel tessuto di resistenza quotidiana che poteva essere nel sabotaggio sul lavoro, per quanto potrebbe riguardare la categoria dei ferrovieri, e circa seicentocinquantamila internati. Numeri vasti che sono possibili perché in Europa c'è una rete ferroviaria vasta ed imponente. Nel 1939 era di centomila chilometri, di cui quarantaduemila nel paese più evoluto, cioè la Germania. Si dovrebbe ragionare sul rapporto barbarie, cultura e tecnologia, perché la Germania è forse il paese con maggior tasso di cultura al mondo, che produce la barbarie con la quale, molto probabilmente, in determinate fasi storiche ha dei legami insidiosi. In Germania c'erano 12.500 grosse locomotive in grado di trasportare fino a cinquanta vagoni merci ognuna. I tedeschi avevano la tecnologia e la logistica per poter concepire la più grande operazione di rastrellamento di esseri umani in Europa. Tutto questo è reso possibile dalla modernizzazione. Il treno è il simbolo della modernizzazione, e non è un caso che uno dei cliché che passano a tutti i livelli riguardo alla deportazione è il vagone ferroviario, e non c'è memoriale nel mondo in cui non ce ne sia uno".... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
Text
Chiesa contro Hitler: 4000 ebrei salvati nei conventi romani
Il papa Pio XI aveva bollato la svastica come «nemica della Croce di Cristo»: il monito non fu dimenticato quando Roma venne occupata dai nazisti e gli israeliti in fuga dal rastrellamento trovarono rifugio in chiese e case religiose. Continue reading Chiesa contro Hitler: 4000 ebrei salvati nei conventi romani
Tumblr media
View On WordPress
1 note · View note
jacopocioni · 7 months
Text
Mario Fiorentini, un fiorentino nell’attentato di via Rasella a Roma
Tumblr media Tumblr media
Faceva parte della Resistenza romana, conosciuto tra i partigiani con il nome di battaglia di Giovanni. I suoi antenati erano ebrei fiorentini che secoli prima avevano lasciato la Toscana per arrivare a Roma ed in seguito avevano adottato la religione cattolica. Mario viveva in una casa in affitto al centro di Roma, in via Capo le Case 18, di fronte a via Due Macelli. Per chi non conoscesse bene Roma, parliamo di una zona compresa tra piazza di Spagna, Fontana di Trevi e via Veneto. La madre era di Cittaducale, quando si trasferì a Roma sposò un professore e ragioniere ebreo. Durante il rastrellamento degli ebrei di Roma, anche la casa dei Fiorentini seppur distante dal ghetto venne perquisita. Mario si salvò riuscendo a fuggire sui tetti, la madre riuscendo a corrompere una guardia. In seguito Mario fu arrestato dalla polizia fascista, ma fu subito liberato, evidentemente non c’erano i presupposti per trattenerlo. Mario stava poco in casa, lavorava in una tipografia dove il Partito d’Azione stampava i suoi volantini e il giornale clandestino “Italia Libera”. Successivamente al suo rilascio, per ben tre volte i tedeschi erano venuti a cercarlo a casa, ma lui era riuscito sempre ad evitarli. Dunque cercava di stare in casa il meno possibile. Insieme ad altri partigiani infatti aveva attaccato la caserma di viale Giulio Cesare, ma nella fuga con i suoi compagni gli era caduto il berretto e uno dei tedeschi lo aveva visto bene in faccia. Allora si nascondeva con quella che sarebbe divenuta sua moglie Lucia Ottobrini, in una cantina sul colle Oppio vicino al Colosseo. Ma le condizioni poco salubri di quell’ambiente, avevano fatto ammalare la donna che per qualche giorno aveva deciso di tornare a casa. Mario dal suo appartamento aveva una buona visuale della zona, poteva vedere quello che accadeva fino a Piazza di Spagna e tenere sotto controllo le vicinanze.
Tumblr media
A Roma vigeva il completo divieto di andare in bicicletta imposto dai tedeschi, questo perché i partigiani usavano questo mezzo per compiere velocemente i loro attentati e poter sparire poi velocemente tra i vicoli della città con una certa facilità. I romani allora erano costretti a prendere autobus e tram che più facilmente potevano essere fermati dai tedeschi per controllare o arrestare i passeggeri, spesso per trasferirli coattamente verso nord ed impegnarli nei lavori forzati.
Tumblr media
Mario aveva 25 anni ed era uno studente di matematica. Un giorno vide passare dalla sua finestra circa 150 uomini tedeschi in divisa ben armati che provenivano da Piazza del Popolo e, percorrendo via del Babuino erano arrivati a via Capo le Case, proprio sotto casa sua. Poi il gruppo svoltava e andava verso via Rasella, una via che diventerà famosa per il famoso attentato. Fu proprio Mario a proporre l’idea dell’attentato, a cui poi parteciperà. Mario nascosto con la moglie  vedeva passare ogni giorno questi militari, che poi si dirigevano a via Rasella. Erano gli uomini del Bozen, che si dirigevano verso Castro Pretorio, alla caserma Macao. Mario andò da Carlo Salinari detto Spartaco, il suo comandante, per proporre un’azione contro questi soldati, ma l’uomo pur ascoltandolo interessato non disse nulla. Parlò allora nel suo rifugio con i suoi compagni tra quali c’erano “Paolo ed Elena”, i nomi di battaglia di Rosario e Carla anche loro convolati a nozze. Carla Capponi aveva già fatto esplodere un' autocisterna tedesca con 10.000 litri di carburante in via Claudia. Ancora oggi sul luogo sono presenti i segni dell’ esplosione. Rosario Bentivegna invece, era quello che avrebbe acceso la miccia posta nel carretto della spazzatura in via Rasella. Decisero di appostarsi per seguire i movimenti delle 156 reclute dell' 11° compagnia del 3° battaglione SS Bozen, formato nel '43 con reclute del Sud Tirolo Alepenvorland, poste sotto il comando dell’Obergruppenführer Karl Wolff. Il loro compito era quello di polizia e di repressione partigiana.
Tumblr media
Per l’occasione si formarono quattro squadre, perché di solito i partigiani si muovevano soli o in gruppi di due o tre al massimo. Via Rasella era perfetta per un attentato: stretta e lunga avrebbe costretto la colonna a marciare in ranghi serrati più facilmente colpibili. Avevano calcolato che ci sarebbero voluti 140 secondi per percorrerla tutta, perché la ripida salita avrebbe rallentato gli uomini in marcia. Si scelse di posizionare un carretto della nettezza urbana rubato da un deposito municipale da Roul Falcioni, dentro sarebbe stato nascosto un ordigno composto da 18 kg di esplosivo (12kg di tritolo, mescolato a 6kg di tritolo sciolto e pezzi di tubo riempiti di altro esplosivo), posizionati al civico 156 della via, davanti a Palazzo Tittoni, questo perché il caseggiato era semi abbandonato e ci sarebbe stato meno pericolo per i civili. L’edificio sorgeva ad un terzo della strada, poco prima dell’incrocio con via Quattro fontane.
Tumblr media
Quando la colonna sarebbe stata all’altezza  di via Boccaccio, la miccia della durata di 50 secondi sarebbe stata accesa. Dopo l’esplosione da questa stessa via sarebbero giunti altri partigiani per lanciare quattro bombe da mortaio da 45 mm, per poi fuggire verso via del Giardino. Altri partigiani provenienti da via del Traforo, avrebbero impedito un eventuale fuga con l’uso di armi. Salinari aveva escluso il nostro fiorentino dall’azione. Fiorentini aveva infatti in via Boccaccio uno zio e dunque rischiava di essere riconosciuto dalle persone del luogo. Fu però proprio lui e la compagna Carla a suggerire che Bentivegna si travestisse da netturbino e che celasse l’ordigno nel carretto della spazzatura. Rosario aveva maturato un certa esperienza in altri attentati, era infatti reduce da altre trenta incursioni tutte riuscite. Altri partigiani del GAP sarebbero stati coinvolti nell’attentato.
Tumblr media
Il 23 marzo del 1944 alle 15.50 l’ordigno esplodeva lasciando 35 morti e 64 feriti sulla strada… Ventiquattrore dopo, 335 persone prelevate da vari luoghi di detenzione romani venivano fucilate per ritorsione alle Fosse Ardeatine… Mario Fiorentini è stato un partigiano, agente segreto, matematico italiano e professore di geometria all’Università di Ferrara. Partecipò a numerose azioni fra le quali l’assalto all’ingresso del carcere di Regina Coeli e all’organizzazione dell’attentato di via Rasella.
Tumblr media
Riccardo Massaro Read the full article
0 notes
Text
Al ghetto di Roma la marcia della memoria per gli 80 anni dal rastrellamento
Il 16 ottobre 1943, 1253 ebrei vennero deportati nei campi di sterminio. Solamente in 16 sopravvissero.source
View On WordPress
0 notes
brunobrad · 8 months
Text
Vittime e carnefici
Cade oggi – in giorni che da 75 anni  seguitano a scorrere tragici e densi d’incognite e che alcuni decenni fa ci illudevamo di poter relegare nei cassetti della “memoria” e del “mai più” – l’anniversario dell’orrifico rastrellamento nazi-fascista al ghetto di Roma, da cui quasi nessuno (solo 16 degli oltre mille ebrei deportati) fece ritorno.Accostare in qualsiasi forma – come stanno facendo…
View On WordPress
0 notes
agrpress-blog · 8 months
Text
In una giornata assurdamente segnata da eventi bellici, il rinomato giornalista, fotoreporter e inviato Maurizio Piccirilli ha presentato la nuova edizione ampliata del suo libro "Carabinieri Kaputt!" a Spazio5, accompagnato nel racconto da Francesca Ripanti. L'opera di Piccirilli, inizialmente pubblicata nel 2019, getta luce su un episodio poco noto ma di estrema rilevanza storica: la deportazione in massa dei carabinieri di stanza a Roma dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943. Il libro di Piccirilli, noto per la sua dedizione al giornalismo investigativo, rivela questa storia straordinaria grazie alle testimonianze di sopravvissuti ancora viventi, offrendo al mondo una cronaca avvincente e toccante di un capitolo oscuro della storia italiana. In "Carabinieri Kaputt!", Piccirilli svela come una settimana prima del tragico rastrellamento degli ebrei di Roma, il generale Rodolfo Graziani, ministro della Guerra della Repubblica Sociale Italiana, abbia dato l'ordine ai carabinieri di rimanere confinati nelle caserme e di consegnare le armi. Il 7 ottobre 1943, duemila di questi coraggiosi uomini sarebbero stati fatti prigionieri dalle SS tedesche e deportati nei campi di concentramento in Germania, Austria, Polonia e Cecoslovacchia. Un telegramma della Gestapo, indirizzato al colonnello Herbert Kappler, capo delle SS a Roma, rivela che i carabinieri sarebbero stati considerati un ostacolo al rastrellamento degli ebrei. Una parte significativa del libro è dedicata alle mogli dei carabinieri, donne coraggiose che, nonostante il pericolo, hanno svolto un ruolo fondamentale nella Resistenza a Roma. La storia di queste donne, a lungo dimenticata, viene riportata alla luce dall'autore, che racconta le loro vite, i loro sacrifici e il loro eroismo. Nonostante gli arresti, le vessazioni e le torture subite dai nazisti, queste donne non hanno mai perso la loro determinazione. "Carabinieri Kaputt!" è un'opera curata anche dal punto di vista documentale. Piccirilli ha incluso documenti ufficiali, fotografie storiche e telegrammi che testimoniano la veridicità degli eventi narrati. Questi elementi forniscono ai lettori una connessione tangibile con la storia, rendendo questo testo non solo un resoconto storico, ma anche una testimonianza viscerale degli orrori della guerra e della forza dell'umanità. In appendice, il libro contiene l'elenco dei novanta carabinieri detenuti nel campo di concentramento di Rosenheim, un tributo commovente alla memoria di quegli uomini coraggiosi che hanno sacrificato tutto per il loro paese. In un momento in cui la storia e la memoria sono più importanti che mai, "Carabinieri Kaputt!" di Maurizio Piccirilli è un'opera imprescindibile. Questo libro, pubblicato dalle edizioni All Around, fa luce su una pagina oscura della storia italiana e celebra il coraggio e la resilienza di coloro che hanno lottato per la libertà in tempi difficili. È un tributo doveroso a quegli uomini e donne che non hanno mai smesso di credere nei valori dell'umanità, anche nelle circostanze più avverse.
0 notes
gaiaitaliacom · 8 months
Text
Roma per la Memoria: torna il viaggio delle scuole della Capitale ad Auschwitz-Birkenau
Nell’80esimo anniversario del rastrellamento degli ebrei da Roma del 16 ottobre 1943, il Campidoglio insieme alla Città Metropolitana di Roma Capitale e in collaborazione con la Fondazione Museo della Shoah e la Comunità Ebraica di Roma, organizza il Viaggio della Memoria nei campi di concentramento e sterminio di Auschwitz-Birkenau, con più di 200 ragazzi e ragazze delle classi quarta e quinta…
View On WordPress
0 notes
telodogratis · 2 years
Text
Shoah: Francia ricorda 80/o anniversario rastrellamento ebrei
Shoah: Francia ricorda 80/o anniversario rastrellamento ebrei
Read MoreMacron commemora Vel d’Hiv. ‘Antisemitismo ancora presente’Macron commemora Vel d’Hiv. ‘Antisemitismo ancora presente’RSS di – ANSA.it
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
corallorosso · 3 years
Photo
Tumblr media
L’ECCIDIO DI BASSANO DEL GRAPPA ll 26 settembre 1944 a Bassano del Grappa 31 giovani partigiani bassanesi, catturati in seguito ad un rastrellamento sul Grappa e sugli altri monti vicini, furono impiccati lungo un viale della cittadina veneta. Questa azione da parte dei militari nazi-fascisti causò la morte di oltre 400 antifascisti e la deportazione di altri 500. Per ogni albero vi era un impiccato: ognuno di essi aveva le mani legate dietro la schiena e portava una targa sul petto, che recitava “briganti”. Nel pomeriggio di quel lontano settembre fu Andorfer a dare l’ordine di uccidere i 31 giovani. Questi, in precedenza, avevano subito delle iniezioni al fine di svigorire le loro capacità reattive. Furono poi caricati su di un camion sotto il controllo di due soldati tedeschi. I cappi con cui vennero impiccati erano fatti con pezzi di cavi telefonici e alla sommità era collegata una fune attaccata all’autocarro. Dei volontari ex appartenenti delle “Fiamme Bianche”, tutti giovani neppure diciottenni (un testimone parlò addirittura di un ragazzino di 12 anni che faceva parte del plotone di esecuzione), annodavano i cappi intorno al collo delle vittime. Su ordine di Tausch, il camion accelerava stringendo il nodo attorno alla gola delle vittime e lasciandole penzoloni. Se il partigiano non moriva subito, veniva preso per le gambe e tirato verso il basso da quei ragazzini. Dopo l’esecuzione, gli assassini e i fascisti di Bassano profanarono i corpi degli impiccati con insulti, sputi e incastrando sigarette nelle bocche dei morti, per poi andare a festeggiare in alcuni locali del posto. I corpi rimasero in mostra per quasi un giorno intero, circa venti ore, per spaventare gli abitanti e dissuaderli dalla volontà di partecipare alle attività di ribellione contro il regime. Oggi, il viale alberato è stato chiamato Viale dei Martiri in ricordo di quei 31 partigiani morti per la libertà dell’Italia. I nazisti ritenuti responsabili della carneficina non sono mai stati processati dallo Stato Italiano per questo loro crimine. I loro nomi sono Herbert Andorfer, tenente delle SS, processato in Germania per l’uccisione di circa 5000 ebrei nel campo di sterminio del quale era il direttore, e Karl Franz Tausch, conosciuto dalla popolazione locale con la triste fama di “boia tedesco”, che il giorno della strage non aveva nemmeno 22 anni d’età. (La classe operaia va in paradiso)
30 notes · View notes
sauolasa · 2 years
Text
80 anni fa il rastrellamento degli ebrei di Parigi, una mostra lo ricorda
Esposti al museo della Shoah i disegni di Cabu che sul 'Nouveau Candide' denunciò il collaborazionismo della polizia francese
0 notes
soldan56 · 2 years
Link
Avrebbe dovuto essere Napoli la prima tra le città  per il rastrellamento ebraico e non lo è stata.Abbiamo un milione di difetti,ma nn abbiamo mai mancato un appuntamento con la Storia:quando tentarono di rastrellare gli Ebrei a Napoli,la lacrimosa  la cantarono i Tedeschi.
5 notes · View notes
lamilanomagazine · 1 month
Text
Roma capitale commemora l'80° anniversario del rastrellamento del Quadraro
Tumblr media
Roma capitale commemora l'80° anniversario del rastrellamento del Quadraro Roma Capitale ricorda l'80° anniversario del rastrellamento del Quadraro e lo fa, in aggiunta alle consuete cerimonie commemorative, con l'intitolazione di una strada ai Deportati del Quadraro e con un momento solenne di ricordo e raccoglimento in Aula Giulio Cesare, durante il quale è stato lanciato un appello per la condivisione e la ricostruzione della memoria di quello che è stato uno dei momenti più cupi della storia di Roma durante l'occupazione nazista. Era il 17 aprile del 1944 quando, con l'operazione dal nome in codice "Balena", il Quadraro fu circondato dalle truppe tedesche e sistematicamente rastrellato con l'intento di spezzare la resistenza di un quartiere che i nazisti avevano soprannominato "Nido di vespe" e che era considerato un covo di oppositori politici, partigiani, militari renitenti e sabotatori. Furono diverse centinaia le persone, tutti uomini, deportate in Germania a seguito del rastrellamento; molte di loro non fecero più ritorno. Per ricordare quei fatti e per onorare la memoria di coloro che furono vittime di quell'evento, oggi il Sindaco di Roma Capitale, Roberto Gualtieri, e l'Assessore capitolino alla Cultura, Miguel Gotor, dopo aver deposto due corone d'alloro alla targa commemorativa del rastrellamento del Quadraro al largo dei Quintili e successivamente al monumento in memoria dei Deportati del Quadraro nel vicino Parco 17 aprile 1944, si sono recati nel quartiere Don Bosco per l'inaugurazione della targa toponomastica di "via Deportati del Quadraro – rastrellati dai nazifascisti il 17 aprile 1944". Si tratta di un cambiamento di nome in quanto la strada, compresa tra via Giuseppe Salvioli e piazza dei Decemviri, era finora intitolata ad Arrigo Solmi, giurista, ministro di Grazia e Giustizia dal 1935 al 1939 e in quanto tale firmatario delle Leggi Razziali del 1938. "L'ottantesimo anniversario del Rastrellamento del Quadraro è l'occasione ideale per correggere una 'stortura toponomastica' arrivata incredibilmente fino ai giorni nostri, quella di avere una via della nostra città intitolata ad Arrigo Solmi, firmatario delle Leggi Razziali del 1938 che dettero il via alla persecuzione degli ebrei anche in Italia." Così l'Assessore alla Cultura di Roma Capitale, Miguel Gotor. "L'intitolazione oggi di quella via ai Deportati del Quadraro vuole essere un segno dell'impegno di questa amministrazione per una memoria fondata su un giudizio storico limpido e senza ambiguità circa gli avvenimenti di quegli anni lontani: un'intitolazione che sia degna di Roma, città antifascista medaglia d'oro al valor militare per la Resistenza". A seguire, il Rastrellamento del Quadraro è stato ricordato con una cerimonia che si è svolta in Campidoglio, nell'Aula Giulio Cesare, alla presenza del sindaco, Roberto Gualtieri, della presidente dell'Assemblea Capitolina, Svetlana Celli, dell'assessore alla Cultura, Miguel Gotor, dei presidenti dei Municipi V, Mauro Caliste, e VII, Francesco Laddaga, e della viceambasciatrice tedesca, Maria Adebhar. Nel corso della cerimonia sono state consegnate le medaglie del Natale di Roma ai parenti di 18 rastrellati, in rappresentanza delle circa 100 famiglie rintracciate e contattate grazie al lavoro di documentazione e ricerca portato avanti dal prof. Pierluigi Amen per l'ANRP (Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia, dall'Internamento, dalla Guerra di Liberazione e loro familiari), con la collaborazione degli uffici dell'anagrafe capitolina. Una ricerca minuziosa, che prosegue, con il duplice obiettivo di riuscire a dare un nome e un volto a tutti i circa 750 rastrellati del Quadraro e di entrare in contatto con i familiari di tutti loro. A tale scopo, nel corso della cerimonia il sindaco Gualtieri ha annunciato la creazione, da parte di Roma Capitale, di un apposito indirizzo di posta elettronica al quale, a partire da oggi, potranno scrivere i parenti delle persone rastrellate non ancora rintracciate, così come chiunque altro possa aiutare a riannodare i fili delle storie di chi 80 anni fa è rimasto coinvolto nella feroce azione nazista. Questo l'indirizzo mail: [email protected] "Il rastrellamento del Quadraro è uno degli episodi più cupi della Roma occupata dai nazifascisti. Un crimine compiuto con cinica determinazione e ferocia per dimostrare di poter entrare anche lì, in quel quartiere dove vivevano i combattenti più coraggiosi". Così il Sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. "Un tassello della battaglia tra la tirannia e la libertà che ha attraversato la città in quegli anni e che ha avuto altri momenti tragici, tra cui il rastrellamento del Ghetto e l'eccidio delle Fosse Ardeatine. Una tragedia che ha svuotato un intero quartiere, la cui dimensione è tutt'oggi oggetto di ricerca, verso cui c'è stata fin qui una insufficiente attenzione da parte della memoria pubblica; per questo sentiamo di aver compiuto oggi un atto di giustizia, con l'intitolazione di una strada ai 'Deportati del Quadraro' e con la collaborazione che come Roma Capitale vogliamo offrire alla ricerca e alla ricostruzione delle storie di tutte le persone deportate, per restituire loro finalmente dignità e gratitudine e per continuare senza sosta a coltivare la memoria".... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
susieporta · 3 years
Text
Tumblr media
Ế l'ottobre del 1943. Roma. I tedeschi iniziano unprimo rastrellamento nel ghetto. Si portano via 1.024 ebrei, di cui 200 bambini. Destinazione Auschwitz. Alcuni però riescono a fuggire. E si rifugiano nel vicino Ospedale Fatebenefratelli. Un rifugio temporaneo e non sicuro, visto che a breve i tedeschi arriveranno pure li dentro, a controllare uno per uno i pazienti ricoverati.
Che fare? Il primario dell'ospedale, dottor Giovanni Borromeo, ha un'idea. Assieme a dei giovani studenti e a dei combattenti antifascisti, il gruppo si inventa una malattia. Di più, una malattia contagiosissima, che faccia spaventare i soldati tedeschi delle Ss e li faccia desistere dall'entrare nell'ala dell'ospedale dove si trovano gli ebrei.
E cosi, creano il «Morbo K>, una malattia inesistente, chiamata cosi per le iniziali di Kesserling, il generale nazista che comandava I'occupazione tedesca in Italia, e di Kappler, capo della Gestapo di Roma. Doppio sberleffo. Ma per i tedeschi, era la malattia di Koch, ovvero quella turbercolosi che tanto terrorizzava i soldati delle SS.
E cosi, il giorno in cui nell'ospedale arrivarono i tedeschi, i medici avevano già preparato tutte le false cartelle cliniche, con falsi nomi, cognomi e malattie. Avevano «chiuso» gli ebrei in un padiglione, «il padiglione del Morbo di K». E gli avevano detto di «tossire continuamente» per spaventarli.
«l nazisti pensarono che fosse tubercolosi, e scapparono come conigli», ha raccontato uno dei testimoni. Ancora ad oggi non si sa quanti furono gli ebrei salvati, secondo alcune testimonianze 45. Di sicuro, la voce si sparse e l'ospedale continuò a fare da rifugio per carabinieri disertori, ebrei e partigiani. Nel 2004, il primario Giovanni Borromeo venne riconosciuto come «Giusto tra le nazioni» dall'Ente nazionale per la Memoria della Shoah di lsraele.
13 notes · View notes
yehudageramirp · 3 years
Text
Gli uomini nella foto sotto sono stati fotografati #OnThisDay 20 agosto 1941 mentre sedevano per le strade di Parigi dopo essere stati arrestati, prima della loro deportazione forzata al campo di transito e internamento di Drancy.
Gli ebrei in Francia furono deportati in Oriente al culmine di un processo durato due anni di persecuzione e legislazione aggressiva. Nell'inverno 1940-41 iniziò l'incarcerazione e la deportazione degli ebrei francesi nei campi di concentramento.
Questi arresti ricorrenti afflissero gli ebrei di Francia per diversi anni, spesso condotti in modo esplicitamente crudele e violento, separando di proposito le coppie l'una dall'altra e i genitori dai loro figli. In molti casi, i bambini sono stati deportati nei campi di sterminio da soli senza i loro genitori, tra estranei.
In totale, circa 76.000 ebrei francesi, tra cui circa 11.000 bambini, furono deportati nei campi di sterminio dell'Est. La maggior parte dei deportati fu assassinata ad Auschwitz e la maggior parte lasciò la Francia via Drancy. Le deportazioni continuarono anche quando gli Alleati avevano cominciato a liberare la Francia, con l'ultimo trasporto in partenza nell'agosto 1944, mentre si combatteva la battaglia per Parigi.
Di tutti gli ebrei deportati dalla Francia nei campi di sterminio dell'Est, sopravvissero in totale circa 2.500.
Scopri di più sull'Olocausto in Francia qui.
Questa sezione del nostro sito Web include informazioni dettagliate sull'immigrazione ebraica dall'Europa orientale alla Francia, l'occupazione tedesca della Francia, gli arresti e i campi di concentramento, il rastrellamento del Vel' d'Hiv e altro ancora.
Tumblr media
3 notes · View notes