Elena Ivanovna Diakonova (1894-1982), moglie del poeta Paul Eluard, conosciuta nel 1929, fu la prima amante e poi moglie di Salvador Dalí 1904-1989, il pittore spagnolo degli "orologi molli"e delle "giraffe in fiamme".
L'incontro con la moglie di Eluard, Gala, sarà folgorante tanto che, nell'estate dello stesso anno la conduce nella sua terra natale per dichiararle il suo amore.
L’irruzione di Gala nella vita di Dalí segna profondamente l’opera e l’esistenza del grande artista spagnolo divenendo la sua modella e la sua musa ispiratrice, una musa ambigua, una figura assai discussa per la nefasta influenza esercitata sul giovane Dalí, oggetto di feroci critiche da parte degli amici di Lui.
Nelle opere di Dalí, essa si guadagnò una posizione centrale nel pantheon delle più grandi e paradossali passioni d'amore che il mondo abbia mai visto.
Salvador Dalí smise di dipingere nel 1982, subito dopo la morte della moglie, la russa Gala, musa e modella, e poi compagna della sua vita e delle sue alterne fortune, la cui scomparsa nel 1982, provocò il declino fisico e spirituale del pittore catalano.
Muore Gala, Dalí si trasferisce a Púbol, dove viene nominato marchese dal Re Juan Carlo I; dopo la scomparsa di Gala, le sue condizioni di salute si aggravano, d'ora in poi condurrà una vita di isolamento.
Una spiaggia senza sole
è come una chitarra senza corde
un libro senza parole
un sogno che non ricordiamo.
Eppure, in questo giorno atono
senza luce e voci
lungo il freddo bagnasciuga
qualcuno osserva le onde
raccoglie sassi colorati
segue le navi scivolare nel blu
ascolta ed il vento scuotere nervoso
ombrelloni chiusi, barche arenate.
Qualcuno insiste testardo
ad amare questo mare ora inutile
perché la ogni spiaggia
è come il bordo della vita
vive indifferente e instancabile
nutrendo vite ai margini
con una forza vitale indomabile
come la speranza degli uomini.
Per questo c’è sempre qualcuno
lungo il suo grigiore infinito,
forse i sognatori, o i coraggiosi
o forse i più incoscienti
ma sicuramente i più innamorati
sedotti da questa instancabile distesa
da questa liquida energia
immortale come la vita.
Qualcuno che sa attendere il sole
che aspetta che voci e colori
tornino sulla sabbia scolorita.
Qualche folle, instancabile amante
qualcuno presente per vocazione
a ribadire speranze e illusioni
malgrado le nubi basse
ed il vento gelido.
Qualcuno che crede nel domani
qualche invincibile profeta
fermo e risoluto nel suo amore.
Così bisogna credere nella vita
fedeli ai suoi domani,
drogati delle sue pure certezze
malgrado le bombe
malgrado le stragi
la fame ed il dolore
qualche poeta inutile
qualche cantante da strada
o un pittore cieco
deve confermare
che malgrado tutto
la felicità appartiene alla vita
che il dolore, come il grigiore
è un vestito provvisorio,
che la speranza ora assente
è come il mare indomabile
che la vita è inarrestabile
e che le sue onde infinite
vincono il nulla,
donano nuovi giorni
generano altra vita
malgrado tutto il dolore
malgrado tutte le guerre
ed i silenzi, le lacrime
che noi uomini ogni giorno
doniamo al nostro futuro.
A beach without sun is like a guitar without strings, a book without words, a dream we don't remember.
Yet, on this toneless day, without light and voices, along the cold shore, someone observes the waves, collects colored stones
he follows the ships sliding into the blue, he listens and the wind shake nervously, umbrellas closed, boats stranded.
Someone stubbornly insists on loving this now useless sea, because every beach is like the edge of life, living indifferent and tireless, nourishing lives on the margins, with an indomitable vital force
like the hope of men.
For this reason there is always someone, along its infinite greyness, perhaps the dreamers, or the brave or perhaps the most reckless, but certainly the most in love, seduced by this tireless expanse
from this liquid energy, immortal like life.
Someone who knows how to wait for the sun, who waits for voices and colors to adorn the faded sand.
Some crazy, tireless lover, someone present by vocation, to reiterate hopes and illusions, despite the low clouds and the freezing wind.
Someone who believes in tomorrow, some invincible prophet, firm and resolute in his love for him.
This is how we must believe in life, faithful to his tomorrows, addicted to his pure certainties. despite the bombs, despite the massacres, the hunger and the pain, some useless poet, some street singer, or a blind painter, must confirm that despite everything, happiness belongs to life, that pain, like greyness, is a dress temporary, that hope is now absent, is like the indomitable sea that life is unstoppable and that its infinite waves overcome nothingness,
they give new days, they generate new life despite all the pain, despite all the wars and silences, the tears, which we men give to our future every day.
L'altro giorno @hope-now-and-live aveva chiesto, in maniera ironica ma molto interessante, quante volte ci si è chiesti perchè Orfeo si gira a guardare se Euridice lo segua, nella sua catabasi (nel mondo greco, la discesa dell'anima nell'oltretomba), perdendo definitivamente la sua amata, ritenendolo per questo uno stolto. Il Mito è famosissimo, ed è uno dei più potenti racconti sulla proibizione simbolica.
Nel chiacchierare con lei, mi è venuto in mente che Robert Browning, poeta, scrittore e drammaturgo britannico dell'età vittoriana, si ispirò a questo quadro di Frederic Leighton, Orfeo e Euridice (1864)
dove è chiaro come sia Euridice che cerca "di farsi guardare" da Orfeo, che tiene disperatamente gli occhi chiusi, per scrivere questi versi:
Sì, dammi la bocca, gli occhi, la fronte,
e insieme mi prendano ancora – un solo sguardo
ora mi avvolgerà per sempre
per non uscire mai dalla sua luce,
anche se fuori è tenebra.
Tienimi sicura, avvinta
al tuo sguardo eterno. Le pene
d’un tempo, dimenticate, e il terrore
futuro, sfidato – non è mio
il passato né il futuro – guardami!
Robert Browning, Eurydice to Orpheus, da Dramatis Personæ , 1864
Per chi non lo ricorda, il Mito è diverso: Orfeo s’innamora, ricambiato, della ninfa Euridice, e la sposa. Come racconta Virgilio nelle Georgiche, di Euridice s’invaghisce anche il pastore Aristeo, che l’insegue per farla sua e, mentre scappa, Euridice è morsa fatalmente da un serpente. Nelle Metamorfosi Ovidio sceglie di eliminare dalla scena Aristeo: Euridice è spensierata, in compagnia di una schiera di ninfe, quando viene morsa al tallone dal rettile. Appena Orfeo apprende la notizia, piange la sposa e con coraggio decide di recarsi negli inferi per riaverla. Scende fino allo Stige, vince ogni ostacolo grazie alla lira e si presenta a Persefone e a Ade, i signori dell’oltretomba. Canta il suo amore per Euridice e chiede che gli venga data la possibilità di continuare a vivere con lei. Tale è la forza del suo amore e del suo canto che Persefone, Ade, il cane Cerbero e perfino le implacabili Furie si commuovono. Gli viene quindi accordato di portare con sé Euridice, ma a un patto: lui andrà avanti, lei lo seguirà, e Orfeo non potrà mai girarsi indietro, perché altrimenti Euridice tornerà per sempre tra le ombre dei defunti. Nella risalita, infatti, mentre i due amanti sono quasi arrivati alla luce, Orfeo non resiste alla tentazione e si volta per controllare che la sua amata sia veramente con lui. Nel tempo di un attimo Euridice scompare per sempre nell’abisso. Distrutto e impietrito, Orfeo non trova più pace e vaga per la terra, sublimando nel canto un passato che non può più tornare. Continua a emozionare, sì, ma rifiuta la vita e l’amore delle altre donne; per questo le Menadi – o Baccanti – si vendicano di lui, che pure era legato a Dioniso, e lo fanno a pezzi gettandone i resti nel fiume Ebro. Tutti lo piangono, uccelli, alberi, sassi, ma Orfeo potrà tornare a riabbracciare la sua Euridice.
Molti nel '900 riprenderanno il Mito, soprattutto dal punto di vista di Euridice. Il magnifico Orfeo, Euridice, Hermes di Rainer Maria Rilke, aggiunge la figura del dio dal piede alato che è messaggero delle anime (Psicopompo, uno dei suoi più famosi attributi), con Euridice che non riconosce più Orfeo:
E quando a un tratto il dio
la trattenne e con voce di dolore
pronunciò le parole: si è voltato –,
lei non comprese e disse piano: Chi?
Ma avanti, scuro sulla chiara porta,
stava qualcuno il cui viso non era
da distinguere. Immobile guardava
come sull’orma di un sentiero erboso
il dio delle ambasciate mestamente
si volgesse in silenzio per seguire
lei che tornava sulla stessa via,
turbato il passo dalle bende funebri,
malcerta, mite nella sua pazienza.
Giganti si sono cimentati con questa storia (tra gli altri, Campana, Pavese, Yourcenar, Magris, Calvino) ma cito Gesualdo Bufalino, che in un racconto beffardo, Il ritorno di Euridice (1986), fa dire alla Ninfa:
L’aria non li aveva ancora divisi che già la sua voce baldamente intonava “Che farò senza Euridice?”, e non sembrava che improvvisasse, ma che a lungo avesse studiato davanti a uno specchio quei vocalizzi e filature, tutto già bell’e pronto, da esibire al pubblico, ai battimani, ai riflettori della ribalta.
Si chiamava Kahlil Gibran ed è noto soprattutto per il suo libro "Il Profeta". Il libro, pubblicato nel 1923, venderà decine di milioni di copie, diventando il terzo poeta più venduto di tutti i tempi, dopo Shakespeare e Laozi.
Lo chiamavano "sporco" perché la sua pelle era scura, non intelligente perché parlava a malapena l'inglese. Quando arrivò in questo Paese, fu inserito in una classe speciale per immigrati. Ma alcuni dei suoi insegnanti videro qualcosa nel modo in cui si esprimeva, attraverso i suoi disegni, attraverso la sua visione del mondo. Presto avrebbe imparato la sua nuova lingua.
Sua madre aveva preso la difficile decisione di portare lui, le sue due sorelle minori e un fratellastro in America, alla ricerca di una vita migliore per la loro famiglia. Si stabilirono nel South End di Boston, all'epoca la seconda più grande comunità siro-libanese-americana. La famiglia avrebbe dovuto lottare e il ragazzo avrebbe perso una sorella e il fratellastro a causa della tubercolosi. Sua madre morirà di cancro.
Scriverà: "Dalla sofferenza sono emerse le anime più forti; i caratteri più massicci sono segnati da cicatrici".
Nacque in povertà il 6 gennaio 1883 nell'attuale Libano.
Credeva nell'amore, credeva nella pace e credeva nella comprensione.
Si chiamava Kahlil Gibran ed è noto soprattutto per il suo libro "Il Profeta". Il libro, pubblicato nel 1923, venderà decine di milioni di copie, diventando il terzo poeta più venduto di tutti i tempi, dopo Shakespeare e Laozi.
Pubblicato in 108 lingue in tutto il mondo, alcuni passi de "Il Profeta" vengono citati ai matrimoni, nei discorsi politici e ai funerali, ispirando personaggi influenti come John F. Kennedy, Indira Gandhi, Elvis Presley, John Lennon e David Bowie.
Era molto schietto e attaccava l'ipocrisia e la corruzione. I suoi libri sono stati bruciati a Beirut e in America ha ricevuto minacce di morte.
Gibran fu l'unico membro della sua famiglia a seguire un'istruzione scolastica. Alle sue sorelle non fu permesso di andare a scuola, principalmente a causa delle tradizioni mediorientali e delle difficoltà economiche. Gibran, tuttavia, fu ispirato dalla forza delle donne della sua famiglia, in particolare della madre. Dopo la morte di una sorella, della madre e del fratellastro, l'altra sorella, Mariana, avrebbe mantenuto Gibran e se stessa lavorando in una sartoria.
Di sua madre scriverà:
"La parola più bella sulle labbra dell'umanità è la parola 'Madre', e il richiamo più bello è quello di 'Mia madre'. È una parola piena di speranza e di amore, una parola dolce e gentile che viene dal profondo del cuore. La madre è tutto: è la nostra consolazione nel dolore, la nostra speranza nella miseria, la nostra forza nella debolezza. È la fonte dell'amore, della misericordia, della simpatia e del perdono".
In seguito Gibran avrebbe sostenuto la causa dell'emancipazione femminile e dell'istruzione.
Credeva che "Salvaguardare i diritti degli altri è il fine più nobile e bello di un essere umano".
In una poesia rivolta ai nuovi immigrati, scriveva: "Credo che possiate dire ai fondatori di questa grande nazione. Eccomi qui. Un giovane. Un giovane albero. Le cui radici sono state strappate dalle colline del Libano. Eppure sono profondamente radicato qui. E vorrei essere fecondo".
Scriverà in "Il Profeta":
"Lasciate che ci siano spazi nella vostra unione, e che i venti del cielo danzino tra di voi. Amatevi l'un l'altro, ma non create un legame d'amore: Sia piuttosto un mare in movimento tra le sponde delle vostre anime. Riempitevi a vicenda il calice, ma non bevete da un solo calice. Datevi l'un l'altro del vostro pane, ma non mangiate dalla stessa pagnotta. Cantate e danzate insieme e siate gioiosi, ma lasciate che ognuno di voi sia solo, come le corde di un liuto sono sole anche se fremono della stessa musica. Date i vostri cuori, ma non l'uno all'altro. Perché solo la mano della Vita può contenere i vostri cuori. E state insieme, ma non troppo vicini: Perché le colonne del tempio sono separate, e la quercia e il cipresso non crescono l'uno all'ombra dell'altro".
ETAT LIBRE D'ORANGE - SOUS LE PONT MIRABEAU - Eau de Parfum - Novità 2023 -
P+P what a terrific alchemy. Poems + Perfumes. Is there anything better than that to shake your S+S? Senses and Soul reply right away.
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Che stupefacente alchimia quando le fragranze scuotono la curiosità e sono ganci di riflessione su quanto si è appreso nella vita, soprattutto sui testi scolastici, sulle buone letture fatte nel tempo, su quanto certe esperienze si siano poi trasformate in una trama fitta di passione e condivisione.
Ritrovare Guillame Apollinaire in questa nuova fragranza di Etat Libre d'Orange - Sous le Pont Mirabeau - è stato come aprire un varco di luce nella memoria.
Apollinaire è uno dei grandi della poesia moderna, coniò il termine 'esprit nouveau' dando significato alle avanguardie artistiche francesi d'inizio 900.
La sua poesia multisensoriale vive nella sostanza del ricordo, affrancata dai confini del tempo, ne contrasta la forza dissipatrice per divenire incorruttibile.
Nei versi della sua celeberrima ‘Le Pont Mirabeau’, cui la fragranza si ispira, scorre la malinconia per un amore perduto, la nostalgia di un tempo che non conosce futuro e quella speranza violenta e timida che fu cara a Baudelaire.
E questa sensazione di fluire, del moto perpetuo e sincopato delle acque della Senna traspare da rigorosi accordi acquatici e minerali.
La sensazione in apertura è di freschezza acidula brumosa rubata alle luci dell'imbrunire, di sentori terrosi e metallici sostenuti dalla forza calma dei legni, sandalo e cedro.
Sono aromi sospesi e lenti, meditativi nel solenne evaporare dell'incenso, nel prolungato riverbero ozonato, rischiarati dagli accenti erbacei delle foglie di violetta, dalla poetica rima dell'ambra grigia.
E ancora, come a voler trattenere in circolo le sensazioni di attesa e speranza, riemergono i legni, più confortanti e magnetici nel loro levarsi dal fraseggio distensivo di vaniglia e muschi.
IL PONTE MIRABEAU
Sotto il ponte Mirabeau scorre la Senna
E i nostri amor
Che io me ne sovvenga
La gioia mai mancò dopo il dolor
Venga la notte rintocchi l’ora
I giorni se ne vanno io non ancora
Le mani nelle mani restando faccia a faccia
Lasciam che giù
Sotto l’arcata delle nostre braccia
D’eterni sguardi passi l’onda lassa
Venga la notte rintocchi l’ora
I giorni se ne vanno io non ancora
L’amore se ne va come va la corrente
L’amore va
Come la vita è lenta
E come la Speranza è violenta
Venga la notte rintocchi l’ora
I giorni se ne vanno io non ancora
Giornate e settimane il tempo corre
Né più il passato
Né più l’amore torna
Sotto il ponte Mirabeau la Senna scorre
Venga la notte rintocchi l’ora
I giorni se ne vanno io non ancora
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Il ponte Mirabeau deve parte della sua fama a questa celeberrima poesia di Apollinaire. Costruito nel biennio1895/97 ha una struttura a tre arcate in acciaio e collega la riva sinistra del 15°arrondissement alla destra del 16°. Quattro imponenti sculture in bronzo, poste alla base dei pilastri di sostegno, rappresentano l'abbondanza, la navigazione, il commercio e la città di Parigi. E' uno dei ponti più romantici della Ville Lumière, da sempre cantato e celebrato da artisti e letterati.
Elogio in fragranza al poeta Guillaume Apollinaire, che coniò il termine “esprit nouveau” per rappresentare l’avanguardia dei tempi moderni. Apollinaire aveva in se la genialità dell'innovatore, fu un visionario nell'approcciare le nuove correnti artistiche e il primo a riconoscere la valenza della pittura metafisica.
Il ponte Mirabeau è una delle sue poesie più belle, tratta dalla raccolta Alcools del 1913, in cui l'autore applica ai versi i principi della pittura cubista, le liriche non servono uno schema, non presentano un soggetto ricorrente ma, soprattutto, sono libere e non costrette in spazi limitati dalla punteggiatura.
Il ponte ha per Apollinaire una profonda valenza simbolica, è metafora del sentimento amoroso, luogo che induce a riflettere su sentimenti e tempo. Malinconia e visione onirica si fondono palesando il tratto distintivo dello stile del poeta, la sua poesia non è solo parola, è anche tattile, udibile, percepibile con i cinque sensi, qui sta la sua straordinarietà.
C'è il riferimento alla Senna, all’acqua che scorre veloce come il tempo, alle cose smarrite in esso, all'amore perduto per la pittrice Marie Laurencin, il ricordo e la nostalgia, la consapevolezza di ciò che non potrà tornare, l' abisso di solitudine e malinconia. Tutto passa, la giovinezza e la felicità spazzate via per sempre e la citazione alla 'speranza violenta' di Baudelaire è più che appropriata, poichè la tristezza ha per lui lo stesso significato, di violenza e timidezza congiunte.
E se il tema del tempo è cruciale in quest'opera, la protagonista assoluta è la poesia stessa. Tutto ciò che resiste all’azione distruttrice e implacabile del tempo è il dono di queste parole. Il dolore della separazione viene lenito dalla bellezza, dallo splendore del verbo poetico, che possiede la stessa funzione salvifica della memoria.
Sono trascorsi 46 anni dall’assassinio di Αλέξανδρος Παναγούλης.
Alekos ha rappresentato nella mia vita qualcosa di fondamentale, un esempio di straordinaria dignità.
Il suo ricordo di combattente della libertà è indelebile: le sue idee vivono. Non arrendersi mai. Non durante gli interrogatori, le torture, i processi farsa, la prigionia; ma neanche dopo, dinanzi all’indifferenza, ai compromessi, alla cattiva politica.
Mai un passo indietro.
Panagulis è stato assassinato la notte tra il 30 aprile e il primo maggio del 1976. Il governo ellenico dell'epoca alle dipendenze come l'attuale dello zio Sam, fece passare il delitto per un incidente.
Nel libro Intervista con la storia, Oriana Fallaci gli chiede: «“Alekos, cosa significa essere un uomo?”- E lui risponde: “Significa avere coraggio, avere dignità. Significa credere nell'umanità. Significa amare senza permettere a un amore di diventare un'ancora. Significa lottare. E vincere. Guarda, più o meno quel che dice Kipling in quella poesia intitolata Se”.».
Il 5 maggio del 1976 si celebrarono ad Atene i funerali di Alekos. E' stata la più grande manifestazione popolare greca.
Αλέκος è stato un rivoluzionario e poeta greco, considerato un eroe nazionale della Grecia moderna.
A causa del suo fallito attentato contro il dittatore Georgios Papadopoulos, sostenuto dalla Central Intelligence Agency e dal dipartimento di Stato USA, venne perseguitato, torturato e imprigionato a lungo, fino alla sua liberazione dopo una mobilitazione internazionale. È protagonista del libro Un uomo della Fallaci. Della giornalista e scrittrice fiorentina, comunque, non ho apprezzato la sue deriva finale contro l'Islam. In ogni caso, questo romanzo ispirato da una storia vera, è mirabile.
di Oriana Fallaci
… Alle due del pomeriggio erano cinquecentomila, alle tre un milione, alle quattro un milione e mezzo, alle cinque non si contavano più. Non venivano soltanto dalla città, da Atene. Venivano anche da lontano, dalle campagne dell’Attica e dell’Epiro, dalle isole dell’Egeo, dai villaggi del Peloponneso, della Macedonia, della Tessaglia: coi treni, coi battelli, con gli autobus, creature con due braccia e due gambe e un pensiero proprio prima che la piovra li inghiottisse, contadini e pescatori con l’abito della domenica, operai con la tuta, donne coi bambini, studenti. Il popolo insomma. Quel popolo che fino a ieri t’aveva scansato, lasciato solo come un cane scomodo, ignorandoti quando dicevi non lasciatevi intruppare dai dogmi, dalle uniformi, dalle dottrine, non lasciatevi turlupinare da chi vi comanda, da chi vi promette, da chi vi spaventa, da chi vuole sostituire un padrone con un nuovo padrone, non siate gregge perdio, non riparatevi sotto l’ombrello delle colpe altrui, lottate, ragionate col vostro cervello, ricordate che ciascuno è qualcuno, un individuo prezioso, responsabile, artefice di se stesso, difendetelo il vostro io, nocciolo di ogni libertà, la libertà è un dovere, prima che un diritto è un dovere. Ora ti ascoltavano che eri morto… andai alla ricerca della tua fiaba. La solita fiaba dell’eroe che si batte da solo, preso a calci, vilipeso, incompreso. La solita storia dell’uomo che rifiuta di piegarsi alle chiese, alle paure, alle mode, agli schemi ideologici, ai principi assoluti da qualsiasi parte essi vengano, di qualsiasi colore si vestano, e predica la libertà. La solita tragedia dell’individuo che non si adegua, che non si rassegna, che pensa con la propria testa, e per questo muore ucciso da tutti…
«Aveva la testa di Antinoo e occhi dalle scintille d'oro. Non somigliava assolutamente a nessuno al mondo. La sua voce mi è rimasta sempre nella memoria. Lo sapevo povero e non si capiva di che vivesse; come artista, nemmeno un'ombra di riconoscimento»
(Anna Achmatova)
“Sono io stesso lo strumento delle potenti forze che nascono e muoiono in me.”
Amedeo Modigliani
L’ultimo romantico”,
lo chiama Corrado Augias nel bel libro uscito nel ’98 (Mondadori).
“Perla e porco” lo chiamava l’inglese Beatrice Hastings, una delle sue amanti più appassionate durante il soggiorno
parigino.
”Mostro ubriaco” diceva di lui il poeta russo Nikolaj Gumilev.
Era irruente e timido, insicuro e bello, aggressivo, talvolta supponente (gli piaceva declamare Dante),
gelosissimo delle proprie opere al punto da coprire la tela con la mano, quando era all’accademia,
per non far vedere
quello che stava disegnando.
Spesso e volentieri era insopportabile.
Le donne lo amavano.
“Di sicuro vede le cose in modo diverso
da noi” diceva la poetessa Anna Achmatova.
Con i capelli ricci e neri, gli occhi grandi e scuri,
insofferente alle regole ma attento nel vestire (e anche pulitissimo: nei suoi
infiniti traslochi parigini si portava puntualmente dietro la vasca da bagno di zinco), Modigliani incarna ai nostri occhi quell’ideale di
personaggio solitario e frainteso, che nonostante tutto ci piace ancora far coincidere con l’idea di artista puro.
da "La vita di Amedeo Modigliani"di Roberta Chiti
"Noto anche con lo pseudonimo di Dedo, iniziò a dipingere nello studio del pittore livornese Guglielmo Micheli, dove ebbe modo di conoscere Giovanni Fattori e la pittura dei Macchiaioli.
Proseguì la sua formazione artistica a Firenze e a Venezia, ma è a Parigi, dove giunse nel 1906, che l'arte di Modigliani ebbe una svolta radicale avvicinandosi alle avanguardie pittoriche di Henri de Toulouse-Lautrec e Paul Cézanne.
Tra i pittori di Montmartre sviluppò uno stile assolutamente personale e unico. I suoi dipinti pur contemporanei al cubismo esularono dalle regole del movimento, mentre le sue sculture risentirono dell'influenza dell'arte africana e primitiva.
Nel 1917 si tenne la sua prima personale a Parigi, ma la polizia chiuse la mostra per lo scandalo suscitato dai suoi “nudi”.
L'apprezzamento critico per le opere di Modigliani, tuttavia, crebbe notevolmente così come la fama di artista maledetto. La salute cagionevole e gli eccessi di una vita sregolata tra alcol e droghe lo condussero ben presto ad una morte precoce a soli 35 anni.
Una passione che tesse le sue trame nella cornice di un’esorbitante disperazione e di un inestricabile attaccamento reciproco pervaso da una demoniaca inquietudine, quasi morbosità; una relazione incastonata nel labirinto della dedizione perpetua dell’uno nei confronti dell’altra, ma anche imprigionata nelle brame della solitudine; un amore “che condusse ad una morte” nel caso di Jeanne. Il 22 gennaio 1920, Amedeo Modigliani viene colto da un violento attacco di tubercolosi, la malattia che aveva seguito le sue orme per tutta la sua vita, e il 24 gennaio chiude gli occhi per sempre. Jeanne, incinta al nono mese della seconda figlia di Modì, il giorno seguente si butta dal quinto piano della casa dei suoi genitori."
La stanza è spazio entro il quale la mia vita è un confine, oltre il quale intravedo il buio da un punto statico del mio letto, come trovandomi sull'orlo di un precipizio, oltre il quale è solo mistero o certezza di fine, come trovandomi l'esiguo corpo al pari della foglia autunnale pronta a staccarsi dal ramo. Tutto sembra fermo di notte nel silenzio, quasi irreale, come un non sapere, un evitare il dolore, lasciando alla vita il giusto traghetto per la morte verso lo sconosciuto destino. Non è duro andarsene, visto l'inutilità della vita al cospetto del male imponente del vivere, a cui nolenti siamo trascinati in una autentica guerra psichica di sopravvivenza. Vivere per me è stato il bisogno di un'oasi, di un riparo, di un voler men soffrire tra gli strazi quotidiani dove la verità ci è tolta e quantomeno raccontata con abili bugie. Per me vivere ha una valenza introspettiva dove,attraverso la meditazione, evito gli spigoli del vivere e della mente. Non ho alcuna ricerca se non interiore . Non mi serve viaggiare per il mondo, conoscere, innamorarmi, quando alla fine è un cercare che non ha senso. Tutto si riconduce ad un dolore, ad un legame più forte che aumenta il dolore. Ogni felicità nasconde nel tempo il doppio dell'infelicità. Io sono colui che non sceglie, che non cade nel tranello dell'innamoramento involontario delle affinità. Vorrei incontrare colei che ho sempre amato tra tutti gli amori della mia vita e dissolvere assieme a lei quel legame che ho sempre sentito. Deve esserci un modo per liberarci da queste catene con cui nel vivere ci imprigionamo in dipendenze. Di molte me ne sono liberato e mi accorgo che le ultime sembrano troppo salde per venirne fuori. Odio ogni vincolo. Per questo anche amando follemente mi preoccupavo di lasciare porte aperte ai dubbi come se fossero uscite di sicurezza, maniglie anti panico. Dovremmo avere tutti almeno passaggi sotterranei per uscire da dove per istinto e desiserio involontariamente, in nome di un amore, ci vediamo coinvolti. Deve essere un fatto caratteriale. Io non voglio legami e non ne ho mai sentita l'importanza. Forse sono proprio i poeti ad abdicare la vita, quelli che la sentono più profondamente e ne acquisiscono consapevolezza. Non importa se non vengono compresi. Provo una gran simpatia verso tutti coloro che non hanno cercato fama di gran poeti, ma gli è bastato vivere con poesia. Provo un gran rispetto per chi la poesia l'ha resa semplice e non con parole complicate, con inutili estetismi in cui specchiarsi. Ed anche se chi mi conosce mi dice poeta, mi sento di più colui che saggio riflette la vita.
L’esistenza per voi è sentimento; che sia amore, paura, gioia, dolore o rabbia l’importante è, come scrisse #LuigiPirandello, che ci sia “tutto questo tumulto di vita che mi gonfia l’anima e il cuore”. Romantici, esegeti della lirica d’amore, cangianti come la Luna vostra Signora, piccoli quando fate i bimbi viziati e capricciosi, terribilmente grandi quando vi mettete in sintonia con l’anima del mondo, le emozioni vi sovrastano e le intuizioni vi guidano trasformando i vostri pensieri in romanzi avvincenti che catturano e affascinano i vostri interlocutori. Sensibili oltremisura, fuori misura, siete i custodi indefessi della vita che nasce, della storia in cui la stessa vita si manifesta; siete il Tempio del tempo che fu.Coriacei per necessaria difesa, a volte potete apparire duri, ma solo per tutelare il vostro intimo senso delle cose. Il vostro cervello come quello di #OrianaFallaci è nella pancia: perfino le vostre analisi più lucide e crude vibrano di suggestioni segrete che vi coinvolgono sempre in prima persona. Sentire viene prima di capire. Sentire le zone d’ombra, i silenzi, le sfumature dei colori, l’odore della pioggia. Sentire l’amore, il corpo, ma anche il dolore intenso di una delusione, di un abbandono, di un azzardo di felicità che dura un momento. Il poeta, diceva #FranzKafka, è sempre più piccolo e più debole della media degli uomini, ma proprio per questo sente più intensamente, con più forza degli altri, la pesantezza della sua presenza nel mondo. Poeti per nascita, per vocazione, per scelta, per destino, per mistica utopia, per incanto o sopravvivenza, poeti comunque, sempre, voi che sfuggite a tutte le definizioni dei grammatici, voi che avete un senso delle cose che straborda, inesorabile, dalla forma che lo vorrebbe contenere. Più facilmente incastrati nelle rime, nelle metafore, nelle allegorie, nel sentimento di quell’origine primordiale che sta prima di tutte le idee. Angosciati, problematizzati, talvolta alienati dalla realtà, ma calati in voi stessi, nell’introspezione di quell’universo interiore che vive di fine psicologia ed emozioni indicibili. Temete gli strappi, la lacerazione di quel velo di nebbia e zucchero che sembra ruotarvi sempre intorno, quasi fosse lì a proteggere i vostri segreti, il vostro animo tenace e immensamente delicato. Proteggere è una delle vostre parole chiave; che siate madri o figli, single o uomini d’affari, voi dovete proteggere gli altri dal mondo, e voi stessi dagli altri. Conoscete la forma dell’acqua, il suo fluire nel libero scorrere delle cose e la sua capacità di adattarsi al senso promiscuo della vita. Tutto sta nel capire che acqua siete voi, è qui che vi giocate il vostro destino. Siete come Santiago, il vecchio che lotta nel mare ruggente di #ErnestHemingway, o come #GiacomoLeopardi nel suo dolce naufragio all’infinito? In voi si riflette la storia millenaria del mondo, nei riverberi acuti della vostra sensibilità si intravvede il sentire più fragile e profondo che spacca, goccia dopo goccia, la logica dominante del più forte. Narratori di profonde inquietudini, vi aggrappate con forza alle sublimi note dell’esistenza alternando rabbia e tenerezza, convinti come #PabloNeruda che “Se niente ci salva dalla morte, che almeno l’amore ci salvi dalla vita”.
Anno 2022 si presume che il pregresso della vita, sia frenetico e inarrivabile. Qui dove un' influencer è colui che influenza la moda, il mercato, le opinioni altrui. Dove i rapporti "umani" sono stati scambiati con un like, con emoticon, e ci si parla attraverso uno schermo. Dove le "relazioni sociali" sono state sostituite da reel e da siti di incontri. Bello? No! Direi che tutto ciò è pietrificante. Ci siamo ritrovati a cercare la nostra identità in qualcosa che è falsificato, ci siamo ridotti a cercare "amore" attraverso uno schermo.
Mi ritrovo qui in un mondo che mi va stretto, agnelli messi al macello, ecco cosa siamo!
Dietro quei schermi chi c'è davvero? Per esperienze arrivate al mio orecchio, sento storie agghiaccianti, e mi chiedo l'umanità dove sia finita?
Senza le parole, senza la scrittura e senza i libri non ci sarebbe la storia, non potrebbe esserci alcuna nozione di umanità. Un gesto umano in mezzo a una smisurata disumanità. È qualcosa di estremamente raro, ormai.
Eppure le cose più belle partono dagli angoli, pensa al sorriso, agli arcobaleni, ai diversi. Brindo a loro, alla resistenza a chi ancora è se stesso nonostante tutto a chi crede ancora che un dialogo vada fatto difronte sincero diretto.
Brindo agli ultimi romantici, che si emozionano nel guardare la bellezza delle piccole gioie che il mondo ci regala
Brindo a me, che nonostante tutto sono qui, a influenzare e spero positivamente il vostro pensiero rendendolo felice
Classifica vincitori del Premio di Narrativa, Teatro e Poesia “Il buon riso fa buon sangue” 4^ Edizione
Sez A) Narrativa o Teatro a tema comico
1) “Quella rompipalle in carrozzina. Zibaldone di episodi tragicomici” romanzo edito di Elvira Trap (Genova – GE)
2) “Vacanze, che passione! e altri racconti” libro di racconti edito di Mario Trapletti (Roma – RM)
3) “Ti l’Ovvio (ovvie e meno ovvie considerazioni)” libro di racconti edito di Rossella Longo (Noicattaro – BA)
4) “Il Maracchioni vuole un testo” commedia brillante inedita di Maria Giulia Magrini (Roma – RM)
Menzione Speciale a:
“Una quarantena forzata” commedia brillante inedita di Marco Ciaramella (Pontedera – PI)
Sez B) Poesia a tema comico
1) “ ‘O munno a’ verità” poesia in dialetto napoletano con traduzione in italiano di Francesco Lastaria (Solofra – AV)
2) “Famo du’ conti...” poesia in romanesco con traduzione in italiano di Fabio Tinalli (Olevano Romano – RM)
3) “Il Signore dei fornelli” poesia di Francesco Petrucci (Verona – VR)
4) “Pinocchio” poesia di Gianluca Repossi (Milano – MI)
Menzione Speciale a:
“ Effetti dopo un bicchiere di vino” poesia di Maurizio Laugelli (Girifalco – CZ)
“Un vampiro dal...dentista!” poesia di Alessandro Porri (Roma – RM)
Diploma d’onore a:
“Il rap del mal di testa” poesia di Mario Trapletti (Roma – RM)
Sez C) Poesia a tema libero
1) “Scarpe rosse numero ventiquattro (memoria di un bambino morto a Buchenwald)” poesia di Stefano Baldinu (San Pietro in Casale – Bo)
2) “Solitudine ribelle” raccolta poetica inedita di Roberta Matassa (Bari – BA)
3) “ ‘E criature” poesia in dialetto napoletano con traduzione in italiano di Michele La Montagna (Acerra – NA)
4) “Fu l’incertezza” poesia di Daniele Ambrosini (Cecina – LI)
Premio per Alti Meriti Culturali a:
“Luna” poesia di Laura Marcucci (Roma – RM)
Menzione speciale a:
“Martina” poesia in dialetto calabrese con traduzione in italiano di Saverio Macrì (Bovalino – RC)
“Andromeda” poesia di Rosa Almanno (Orta di Atella – CE)
Premio assegnato per Merito dal Presidente di Giuria ad Autore Emergente a:
Barbara Wioletta Baka, poetessa, per la sua raccolta di liriche inedite in fase di lavorazione (Carapelle – FG).
Premi Speciali
1) Premio Assoluto alla Carriera al dott. Andrea Santaniello (Mercogliano – AV), autore delle poesie a tema libero “Amor di madre” e “Rosse d’amore”
2) Premio Speciale della Critica all’autore Angelo Dario Garziano (Mazzarino – CL) per il racconto a tema comico “Generale d’Armata Tarzan”
3) Premio Speciale per Alti Meriti Culturali Fuori Concorso a Carmelina Petullà (Lamezia Terme – CZ) per il suo eccellente operato culturale ed in particolare per la poesia “Il miracolo della Vita”
Sez D) Narrativa o Teatro a tema libero
1)“Soliloquio della mia morte” monologo inedito di Roberto Collari (Lanusei – NU)
2)“Diversamente uguali” testo teatrale inedito di Rodolfo Andrei (Roma – RM)
3) “Quinta elementare - Sezione B” racconto inedito di Maria Rosaria Esposito (Genova – GE)
4) “Mala Jin. Tulipani nel cemento” romanzo edito di Anna D’Auria (Gragnano – NA)
Diploma d’onore a:
“Nessun gineceo si addice a quelle quattro. Canto muliebre per quattro voci ed un poeta (La metà del mondo può salvare ancora l’altra?)” commedia brillante di Giuseppe Raineri (Bergamo - BG)
Classifica vincitori del Premio di Narrativa, Teatro e Poesia
“Il buon riso fa buon sangue” 4^ Edizione
Sez A) Narrativa o Teatro a tema comico
1) “Quella rompipalle in carrozzina. Zibaldone di episodi tragicomici” romanzo edito di Elvira Trap (Genova – GE)
2) “Vacanze, che passione! e altri racconti” libro di racconti edito di Mario Trapletti (Roma – RM)
3) “Ti l’Ovvio (ovvie e meno ovvie considerazioni)” libro di racconti edito di Rossella Longo (Noicattaro – BA)
4) “Il Maracchioni vuole un testo” commedia brillante inedita di Maria Giulia Magrini (Roma – RM)
Menzione Speciale a:
“Una quarantena forzata” commedia brillante inedita di Marco Ciaramella (Pontedera – PI)
Sez B) Poesia a tema comico
1) “ ‘O munno a’ verità” poesia in dialetto napoletano con traduzione in italiano di Francesco Lastaria (Solofra – AV)
2) “Famo du’ conti...” poesia in romanesco con traduzione in italiano di Fabio Tinalli (Olevano Romano – RM)
3) “Il Signore dei fornelli” poesia di Francesco Petrucci (Verona – VR)
4) “Pinocchio” poesia di Gianluca Repossi (Milano – MI)
Menzione Speciale a:
“ Effetti dopo un bicchiere di vino” poesia di Maurizio Laugelli (Girifalco – CZ)
“Un vampiro dal...dentista!” poesia di Alessandro Porri (Roma – RM)
Diploma d’onore a:
“Il rap del mal di testa” poesia di Mario Trapletti (Roma – RM)
Sez C) Poesia a tema libero
1) “Scarpe rosse numero ventiquattro (memoria di un bambino morto a Buchenwald)” poesia di Stefano Baldinu (San Pietro in Casale – Bo)
2) “Solitudine ribelle” raccolta poetica inedita di Roberta Matassa (Bari – BA)
3) “ ‘E criature” poesia in dialetto napoletano con traduzione in italiano di Michele La Montagna (Acerra – NA)
4) “Fu l’incertezza” poesia di Daniele Ambrosini (Cecina – LI)
Premio per Alti Meriti Culturali a:
“Luna” poesia di Laura Marcucci (Roma – RM)
Menzione speciale a:
“Martina” poesia in dialetto calabrese con traduzione in italiano di Saverio Macrì (Bovalino – RC)
“Andromeda” poesia di Rosa Almanno (Orta di Atella – CE)
Premio assegnato per Merito dal Presidente di Giuria ad Autore Emergente a:
Barbara Wioletta Baka, poetessa, per la sua raccolta di liriche inedite in fase di lavorazione (Carapelle – FG).
Premi Speciali
1) Premio Assoluto alla Carriera al dott. Andrea Santaniello (Mercogliano – AV), autore delle poesie a tema libero “Amor di madre” e “Rosse d’amore”
2) Premio Speciale della Critica all’autore Angelo Dario Garziano (Mazzarino – CL) per il racconto a tema comico “Generale d’Armata Tarzan”
3) Premio Speciale per Alti Meriti Culturali Fuori Concorso a Carmelina Petullà (Lamezia Terme – CZ) per il suo eccellente operato culturale ed in particolare per la poesia “Il miracolo della Vita”
Sez D) Narrativa o Teatro a tema libero
1)“Soliloquio della mia morte” monologo inedito di Roberto Collari (Lanusei – NU)
2)“Diversamente uguali” testo teatrale inedito di Rodolfo Andrei (Roma – RM)
3) “Quinta elementare - Sezione B” racconto inedito di Maria Rosaria Esposito (Genova – GE)
4) “Mala Jin. Tulipani nel cemento” romanzo edito di Anna D’Auria (Gragnano – NA)
Diploma d’onore a:
“Nessun gineceo si addice a quelle quattro. Canto muliebre per quattro voci ed un poeta (La metà del mondo può salvare ancora l’altra?)” commedia brillante di Giuseppe Raineri (Bergamo - BG)
“Chi creò Karamazov, Stavrogin dei Demoni, Svidrigailov di Delitto e castigo, questi fanatici della carne, questi ossessionati delle voluttà, questi maestri della lussuria, chi li creò conosceva personalmente le più basse forme della sensualità, perché per poter conferire a queste figure la loro cruda realtà è indispensabile uno spirituale amore della dissolutezza. La sua incomparabile sensibilità conosceva l’erotismo nel suo duplice senso, quello dell’ebbrezza carnale che cade nel fango e diventa lussuria, lo conosceva fin nelle sue più sottili discese spirituali, quando s’irrigidisce nella cattiveria e nel delitto; lo conosceva sotto tutti i suoi aspetti e tutte le maschere e con sguardo sorridente e sapiente ne spiava la follia; lo conosceva nelle sue più nobili forme quando l’amore diventa immateriale, quando diventa pietà, divina compassione, fratellanza e lacrima sgorgante. Tutte queste essenze misteriose erano in lui e non soltanto in fugaci tracce, come le ha ogni vero poeta, ma nei più puri, più forti estratti. Con un’eccitazione erotica e una vibrazione dei sensi che si sentono fremere descrive ogni dissolutezza, e molte cose le avrà anche realmente vissute e con gioia. Ma con ciò non voglio dire (chi non lo conosce potrebbe fraintendermi) che Dostoevskij sia stato un dissoluto, uno che abbia amato il piacere carnale, un libertino: era semplicemente avido di piacere come era avido del tormento, un servo dell’istinto, lo schiavo di una prepotente curiosità spirituale e carnale che lo spingeva verso il pericolo, verso i roveti spinosi nelle vie oblique. Il suo piacere non è godimento banale, ma è gioco e posta dell’intera forza vitale dei sensi, è il voler sentire sempre la misteriosa minaccia dell’epilessia, gravida di tempesta, è la concentrazione dei sentimenti in qualche attimo pieno di pericoloso pregustare, seguito poi dalla sordida caduta nel pentimento. È lo sfavillio del pericolo che ama nel piacere, il gioco dei nervi, la forza elementare dentro il proprio corpo. Con uno strano miscuglio di consapevolezza e di cupa vergogna cerca in ogni piacere l’opposto, l’ultimo fondo del pentimento, nell’obbrobrio l’innocenza, nel delitto il pericolo”.
Stefan Zweig su Dostoevskij
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La vita stessa di Zweig è un'avventura da raccontare.Pacifista convinto, Zweig sente l’orrore di quanto accade, ma anche la solitaria e scomoda posizione di chi è tacciato di essere un disfattista o addirittura un collaboratore del nemico, solo perché urla l’assurdità della guerra. Il 23 febbraio 1942, a Londra, Stefan Zweig muore suicida assieme alla sua seconda moglie.
"Astor Piazzolla, melodie e parole al Teatro del Cestello"
Donatella Alamprese, sabato 20 aprile 2024,
ha proposto al Teatro del Cestello di Firenze lo spettacolo "Tango, una Favola Porteña : Astor Piazzolla e i suoi Poeti".
Questa rappresentazione, descritta da Donatella come una meravigliosa avventura, offre uno sguardo su un lato meno conosciuto del musicista argentino.
Sul palco, una voce narrante si accompagna a chitarra, bandoneon, due ballerini, e naturalmente, la splendida voce di Donatella che interpreta i classici di Piazzolla.
Donatella Alamprese, con una formazione classica, è una cantante estremamente eclettica che ha trasformato il suo repertorio canoro in una preziosa rarità nel panorama musicale.
È altresì riconosciuta come la regina italiana del tango, per le sue performance particolarmente apprezzate e coinvolgenti.
Astor Piazzolla, su cui si incentra lo spettacolo, è stato un compositore e bandoneonista argentino, visto come uno dei principali innovatori del tango. Nato nel 1921, ha rivoluzionato il tango tradizionale con il suo nuovo stile, il "tango nuevo", che incorporava elementi del jazz e della musica classica.
Lo spettacolo mette in luce le importanti collaborazioni volute da Piazzolla con vari poeti per creare il "tango canzone", uno degli aspetti distintivi del suo percorso artistico.
Queste collaborazioni hanno fuso la lirica poetica con la musica, creando opere profonde e cariche di emozioni.
Tra le collaborazioni più note di Piazzolla vi è quella con il poeta Horacio Ferrer.
Insieme, hanno creato alcune delle opere più emblematiche, come "Balada para un loco" e "Chiquilín de Bachín", che uniscono ritmo e melodia intensa tipica del tango con testi poetici che narrano storie di vita, amore e nostalgia.
Un altro poeta crucial per la carriera di Piazzolla è stato Jorge Luis Borges, con cui ha collaborato nell'album "El tango".
Questo progetto ha esplorato vari aspetti della cultura e storia argentina attraverso il tango, arricchendo ulteriormente il genere con una profonda dimensione letteraria.
Con determinazione e innovazione, Piazzolla e i suoi poeti hanno elevato il tango da semplice forma di danza a un'espressione artistica complessa e rispettata, dimostrando il potenziale del tango di trasmettere intense emozioni attraverso sia la musica che le parole.
Una sala piena, quella del Teatro del Cestello, con spettatori attenti e affascinati, che hanno sottolineato con lunghi applausi la bravura degli interpreti.
Domenica 21 aprile 2024, la meravigliosa avventura avrà una replica alle 16.45.
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