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#il guerriero di porcellana
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Mathias Malzieu, “Il guerriero di porcellana”.
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12esima: M. Malzieu, Il guerriero di porcellana, Feltrinelli
Da Marco Cortini riceviamo M. Malzieu, Il guerriero di porcellana. Dalla presentazione dell’editore: Giugno 1944. Francia occupata. Il piccolo Mainou ha perso da poco la mamma, e ora rischia di perdere anche il padre. L’uomo, infatti, è stato richiamato al fronte e decide di mandare il figlio nella fattoria della nonna materna, in Lorena. Mainou ha solo nove anni, supera clandestinamente la…
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Di sangue, lame e nuovi nomi
Il sangue venoso era più scuro di quello arterioso. Più calmo, anche, nel suo defluire; pareva scorrere come un fiume, laddove le arterie schizzavano sangue vivo come fontane. Sicilia aveva avuto ampia occasione di osservare dal vivo il sangue umano, e le occasioni erano solo aumentate da quando i cani Normanni avevano mosso guerra contro la sua terra, distrutto tutto quello che toccavano quasi fossero figli del Demonio. Il sangue Moro era più scuro di quello Normanno, rosso su nero e rosso su bianco. Palermo era ridotta a una carneficina. I corpi mori che non erano stati bruciati e dissacrati erano gettati lì dov'erano stati uccisi, con quella febbre di guerra e sangue che sembrava dominare quei pallidi barbari venuti da Nord. E proprio quel sangue circondava la ragazza, inginocchiata in mezzo ai cadaveri delle sue genti, ai corpi figli empi di strage, figli suoi luttuosi che le strappavano lacrime e singhiozzi amari dalla gola; sgorgava dalle ferite ancora aperte di qualche moribondo, gocciolava dai tagli e dagli squarci che la battaglia aveva aperto sulla sua pelle, riluceva sul filo della rossa spada di Normandia, che non contento di aver passato per il filo delle sue spade ogni singolo eretico della città si era trattenuto indietro, lasciando i suoi a razziare la città per spiare il pianto sacro di quella dama che aveva perso ogni sua ragione d'esistenza. S'avvicinò di soppiatto a lei, senza che lei si accorgesse della sua presenza; quasi arrivò a sfiorarla, quando lei si rese conto di essere in compagnia e si voltò, scaraventandolo a terra e puntandogli il pugnale alla gola in quello che parve essere un batter d'occhi. Sangue. Uscì del sangue dal sottile taglio inferto dalla pressione ancora leggera del pugnale sulla sua pelle delicata, ancora quella d'un giovinetto poco più che atto alle armi. Sangue scuro, venoso. Più chiaro del suo, nonostante ciò; il sangue Moro era più scuro di quello Normanno, dopotutto, e lei era a tutti gli effetti una saracena. Normandia trasecolò sotto di lei, senza osare muoversi se non per respirare piano. Zahira lo guardò negli occhi freddi come il ghiaccio, occhi che sperava le fiamme dell'Inferno avrebbero sciolto. "Dovrei ucciderti o lasciarti andare, con tutto quello che mi hai fatto?" Lui scosse la testa, e lei ammorbidì impercettibilmente la stretta per farlo parlare. "Una- una riconquista va sempre festeggiata, Madama," millantò quello, nella speranza di aver salva la testa, "lasciatemi andare, e vi guiderò verso la gloria, vi potrò portare in salvo da questi bruti invasori." Lei premette ancora più forte sul suo collo, facendolo rantolare terrorizzato. "Non ho mai avuto bisogno di essere portata in salvo, men che mai da un vile nordico che ha cara la gloria più della vita stessa." Chinò il volto scuro sul suo, e delle ciocche nere le ricaddero sul volto. Le lunghe trecce che portava in battaglia si erano sfatte, i nastri d'oro che le tenevano legate sciolti e caduti per terra, unico barlume di luce nel profondo rosso di quella tragedia. "Sei fortunato che io non intenda abbassarmi al tuo livello, infame, ucciderti sarebbe uno spreco di sangue, e la tua gente ne ha già versato fin troppo." "Non solo la mia," replicò senza fiato, la presa di lei sul pugnale leggermente allentata, "devo ricordarti io stesso i crimini dei tuoi tanto cari saraceni?" Lei sollevò il volto in un gesto di sfida, assottigliando lo sguardo. "Ogni popolo conquistatore necessariamente uccide i capi di chi li oppone, e loro si sono ampiamente redenti per i loro peccati di sangue. I tuoi possono dire di aver fatto lo stesso?" "Dammi la possibilità di redimermi, allora." "Tu sei Satana, la redenzione non ti appartiene." "Io sono il tuo salvatore, colui che ti libererà dalle fiamme dell'Inferno!" "Le uniche fiamme che vedo sono quelle dei roghi che tu hai acceso." "Li ho accesi per liberarti!" "E questa terra dei cadaveri osi chiamarla liberazione?" Quasi gridò, la voce rotta e le lacrime sul volto. Aveva lasciato involontariamente la presa su Normandia, che si rimise in piedi a fatica. Le porse una mano, come a volerla aiutare ad alzarsi. Lei lo scansò, guardandolo come fosse ardente di fiamme, e si alzò senza lasciarsi aiutare. Fece per allontanarsi, ma Normandia la fermò. "E dove credi di andare, Sicilia?" "Dritto all'inferno."
Sapeva che prima o poi i Normanni l'avrebbero assoggettata, che sarebbe dovuta andare con loro com'era andata con Teodoro e Khalifa, ma pregava in segreto che quel momento non fosse ora; le sue preghiere non erano state udite da alcun Dio, apparentemente, rifletté mentre Normandia le legava le braccia e la portava di fronte al suo re.
Il normanno ordinò ad alcune donne di palazzo che la lavassero e la vestissero alla foggia occidentale, raccomandando loro di prestare particolare attenzione alla sua chioma, affinché il re potesse ammirarla nel suo massimo splendore. Erano ragazze giovani, pallide di viso e di capelli come non se ne vedevano in giro in quelle terre; si chiese se avessero mai servito una saracena, prima di allora, e a giudicare dagli sguardi che le rivolgevano, la risposta era no. La spogliarono e la lavarono con un unguento profumato, raccogliendole i capelli in due trecce sulle spalle, simili alle loro acconciature. Le fecero indossare un abito rosso e un nastro delicato al capo, come una di quelle damine occitane dalla pelle di porcellana di cui le avevano raccontato tempo prima, e la lasciarono sola, per potersi specchiare e aggiustare come desiderasse. Non aveva mai indossato un abito di quella foggia attillata, nemmeno sotto Bisanzio, e la stoffa pesante di cui era fabbricato le faceva rimpiangere le sete delicate e le larghe casacche e pantaloni che aveva indossato fino ad allora. Si chiese se avesse potuto strapparlo, lacerare quella lana fino a ridurla a brandelli, come avrebbe immensamente gradito fare con Normandia in quel momento. Prese un respiro profondo per calmarsi, e solo in quel momento notò un bagliore riflesso nello specchio; sulla sedia dov'erano appoggiati i suoi vecchi abiti, seminascosto dalla pila di indumenti sporchi, c'era il suo pugnale, appena insanguinato, ma nonostante ciò perfettamente utilizzabile. Quell'idiota del normanno aveva scordato di disarmarla, realizzò con divertimento. Lo impugnò con la mano tremante, tornando allo specchio e considerando le sue opzioni. Le balenò davanti agli occhi la regina d'Egitto, la moglie di Antonio Cleopatra, che nella disfatta si era data la morte pur di non cadere nelle madi del nemico; lei, tuttavia, era immortale, a differenza della regina, e conficcarsi un pugnale nel petto o aprirsi le vene le avrebbe solo fatto un male dannato. Guardò i suoi capelli lunghi fino a oltre i fianchi, il suo più grande vanto. Ripensò alla voce suadente dell'uomo, che le raccomandava di prendersene cura, alla rabbia cieca che le dava il suo pensiero, e dopo aver sciolto il bel nastro che le decorava la fronte, tagliò di netto le lunghe trecce appena sotto la mandibola. Caddero a terra, ancora legate. Terminò di sciogliersi i capelli e le raccolse, quella chioma che aveva passato tanto tempo a crescere e di cui era andata tanto fiera. La distruggesse pure il biondo cavaliere, non l'avrebbe mai posseduta, se non nei suoi sogni. Trovò l'uomo e il suo guerriero in quella che era stata la sala del sultano, l'uno in piedi accanto al trono e l'altro sedutovi come un monarca assoluto. Vide il normanno guardarla inorridito, e ricambiò di cuore lo sguardo avvelenato, prima di guardare lo sconosciuto conquistatore. Sorrideva, per qualche ragione a lei ignota, seduto sul trono strappato al suo legittimo sovrano. Le faceva assoluto ribrezzo; aveva imparato col tempo, tuttavia, che era meglio mostrarsi più bendisposta possibile ai sovrani temporali. "Sicilia, venite avanti, prego, vi stavamo aspettando." "Lo immaginavo, vostra grazia." Tenne alto lo sguardo, sentendosi quasi nuda di fronte ai suoi occhi glaciali. "Siete in presenza del Conte di Calabria,  Ruggero d'Altavilla," intervenne Normandia, ma quello lo zittì con un gesto della mano, lo sguardo fisso su di lei. "Conte di Sicilia, se lo vorrete." Lei scosse la testa. "Non spetta a me decidere i miei conquistatori, vostra grazia; se così fosse, i vostri cadaveri starebbero facendo compagnia alla fata Morgana." Ruggero rise piano, voltandosi verso il biondo. "È salace la ragazza, me l'avevi descritta come una furia infernale," commentò, e quello sollevò le sopracciglia. Lei inclinò il capo da un lato, fingendo innocenza agli occhi del guerriero. "So esserlo, qualora venga provocata," aggiunse, un sorrisetto poco meno che angelico e poco più che falso sulle sue labbra. "Ho molteplici sfaccettature, scoprirete." "Che nome porta, allora, una creatura così unica?" Una martire, ecco come si sentiva: costretta a patire per qualcosa di più grande di lei. Pensò alle sue belle sante morte per Dio, la vergine a cui avevano strappato gli occhi per evitarle di vedere le sofferenze venture prima di ucciderla. Desiderò di poter essere lei, cieca e benedetta, mentre si consegnava definitivamente al normanno e al suo uomo, Ruggero, il Conte di Sicilia. "Potete chiamarmi Lucia."
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  La Bambola e il Giocattolo
in una delle più belle residenze medievali
del Lago Maggiore
  Il Museo della Bambola alla Rocca di Angera e lo sfondo del Lago Maggiore
      Presso la Rocca di Angera, nella parte meridionale del Lago Maggiore, l’esposizione di una delle collezioni più importanti d’Europa, in questo settore, vista la grande qualità, varietà e rarità della collezione, il Museo della Bambola e del Giocattolo.
Il museo si sviluppa attraverso dodici sale, tra l’ala Borromea e l’”oratorio”, a queste sono state affiancate sezioni monotematiche separate, di cui, una dedicata alle bambole e ai giocattoli provenienti da culture extraeuropee, ed è situata nelle “scuderie“, un’altra, nelle tre sale al primo piano, che ospita la collezione del Petit Musée du Costume di Tours, raccolta da Gisele Pesché, consistente in una straordinaria collezione di automi francesi e tedeschi, animati e prodotti durante il XIX secolo.
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Il Museo della Bambola e del Giocattolo
    Attraverso le dodici sale dedicate al Museo della Bambola, si possono ammirare oltre 1300 pezzi storici di bambole, realizzate a partire dal XVIII secolo a oggi.
I materiali sono quelli che si utilizzavano durante le epoche di fabbricazione, dal legno alla cartapesta, porcellana, cera, porcellana, biscuit, tessuto, tutte riccamente abbigliate e munite di corredi in miniatura.
Nelle esposizioni troviamo inoltre molti giocattoli di vario tipo, accessori domestici, rari modelli di mobili, case di bambola completamente arredate, negozi in miniatura, giochi di società e didattici, libri, riviste, fotografie, raccolte di ex-libris a soggetto infantile, figurine e tutto assolutamente attinente al mondo dei bambini.
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Museo della Bambola parte delle collezioni presenti
Ambientazioni al Museo della Bambola
Fondato nel 1988 dalla principessa Bona Borromeo Arese, il percorso storico e l’impianto didattico è ampiamente documentato e accompagna i visitatori attraverso un fantastico viaggio nel tempo alla riscoperta del gioco ma non sono solo oggetti ludici, si trovano, infatti molti collegamenti tra le bambole antiche e moderne, la società, intesa come l’insieme di individui uniti da diversi rapporti di varia natura e l’educazione, nonché i legami con moda, arte e costume dei tempi passati e di oggi.
Bambole, automi e giocattoli di vario tipo, con un’unica prerogativa, essere capolavori dell’ingegno e creatività di maestri scultori, artigiani e orologiai,che hanno creato automi dai movimenti ritmati e lenti, su motivi e liriche conosciute, si estendono lungo un percorso con meravigliosi effetti di luci e suoni.
Grazie ai coniugi Pesché e alla loro collezione, è stato recentemente possibile aprire presso l’Isola Madre “La Stanza del Collezionista”, una vera e propria ricostruzione del loro salotto francese, ricco di oggetti curiosi e rari, dipinti, sculture, tutti rappresentativi di un tempo passato.
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La Rocca di Angera
    Angera sul Lago Maggiore, chiamata anche la “città del castello” fu importante porto fluviale, che in epoca romana metteva in collegamento la Gallia Cisalpina, parte dell’Italia settentrionale, con la Rezia, nell’antichità comprendeva Svizzera, Baviera, Svevia, Austria, Trentino-Alto Adige, la provincia di Belluno ed alcune valli della Lombardia settentrionale, tra cui la Valtellina e in seguito, in epoca medievale, era a capo di una Pieve comprendente i paesi delle due sponde del lago, nel territorio si contavano 20 edifici religiosi, l’importanza strategica, soprattutto militare, sentì a partire dell’XI secolo, al posto dell’attuale Rocca di Angera, l’esigenza di edificare una struttura fortificata, che divenne proprietà degli arcivescovi di Milano.
La Rocca di Angera
Nel Duecento la struttura passò in mano alla famiglia Visconti, i quali la trasformò in una maestosa fortezza, in posizione dominante su tutto il paese, acquistata poi, dalla famiglia Borromeo.
Oggi la fortezza porta il nome di Rocca Borromea di Angera, dal cognome della famiglia che ancora oggi è proprietaria del palazzo.
La rocca è visitata da moltissimi turisti, non solo per la bellezza delle bambole e dei meccanismi giocattolo, conservati presso il Museo della Bambola e del Giocattolo ma anche per altri motivi, la sorprendente bellezza delle Sale Storiche, il percorso all’interno è abbellito da preziosi affreschi, antiche tele e decorazioni originarie tornate alla luce dopo le recenti opere di restauro e con l’aggiunta dell’allestimento, della Sala delle Maioliche, una straordinaria collezione composta da trecento pezzi rarissimi di manifattura olandese, francese, tedesca, italiana, spagnola, persiana e cinese..
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la sala della Giustizia con il ciclo di affreschi del Maestro di Angera
La Sala delle Cerimonie nella Rocca di Angera
La Rocca composta da cinque diversi corpi di fabbrica, costruiti in epoche diverse, tra il XI al XVII secolo, l’Ala Scaligera, l’Ala Viscontea, la Torre di Giovanni Visconti e l’Ala dei Borromeo.
Vi si trovano le sale del Buon Romano, della Mitologia, delle Cerimonie, di San Carlo, dei Fasti Borromeo, artisticamente molto interessante è la Sala di Giustizia, che ospita il ciclo di affreschi del secolo XIII, di un anonimo maestro, denominato “Maestro di Angera”.
Gli affreschi nella rappresentazione, narra vicende legate alla vita dell’arcivescovo Ottone Visconti, in particolare, la sua vittoria sui Torriani nella battaglia di Desio nel 1277.
Altro motivo di visita è dato dal mistero che avvolge il luogo, una caverna magica, che in passato si pensasse potesse collegare questo mondo, ad altri abitati da creature magiche.
Alla base della Rocca, una piccola insenatura nella roccia, di circa 5 metri di larghezza, soprannominata “la tana del lupo”dove sono stati ritrovati resti risalenti al II secolo d.C., qui in passato si celebravano i riti per il dio Mitra, importantissima divinità dell’induismo e della religione persiana ed anche un dio ellenistico e romano, guerriero buono e generoso da cui il nome “mitra” ovvero “amico”.
Molti credono che all’interno della grotta ci abitino delle fate e siano le custodi di una porta magica che ogni 100 anni si apre per poter condurre i “prescelti” dal dio, verso nuovi e misteriosi mondi.
Inoltre il 27 giugno di ogni anno, i seguaci dei misteri e occultismo ma anche solo i curiosi, fanno in modo di ritrovarsi lungo le sponde del Lago Maggiore, nei pressi di Angera, per vedere, secondo la leggenda, il lago in tempesta e i fatti strani e misteriosi che si verificano in quel giorno, in seguito alla vicenda della bellissima Olivia De’ Valvassori e l’atroce delitto che ne seguì.
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  Bambola e giocattolo al Museo nella Rocca di Angera La Bambola e il Giocattolo in una delle più belle residenze medievali del Lago Maggiore Presso la Rocca di Angera, nella parte meridionale del…
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