Tumgik
#e mi chiede spesso di leggere il mio diario
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I have this friend who seems to disapprove of everything I do and when we argue I offten don't know who's being irrational and it drives me crazy. And I hate how all of this worsens my anxiety because multiple times a day I'll think things like "I can't tell him this, he'll get upset'' or ''I'll just say no to this other friend/plans because I don't have the energy to fight" and I live with this constant weight on my stomach because I worry he'll be upset and I realise that feeling like this it's soooo wrong but I don't know what to do. And honestly he gets so mean when he's angry and I feel like shit because I let him trat me like shit and I always forgive him, even if he doesn't regret what he said because he thinks he's in the right. He swings between being really nice and super supportive (when I do things he approves of) or being super mean and cold and I hate it I hate it so much. But then he'll be nice and I remember all the good times and I just forgive and forget everything
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libero-de-mente · 3 years
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DIARIO DI UNA VACCINAZIONE
29.05.2021
Il giorno è arrivato, il momento è arrivato. Oggi mi vaccino contro il virus malvagio.
Arrivo al centro vaccinazioni allestito per l’occasione in un polo fieristico. Non c’è coda all’ingresso e percorro velocemente il percorso creato con le transenne per entrare, sono in anticipo di venti minuti sui dieci minuti richiesti come anticipo per la somministrazione del vaccino. Io ritardatario cronico mi stupisco di questo, va beh aspetterò.
All’ingresso un addetto mi chiede cortesemente di prendere una mascherina da un contenitore che mi porge, quella che indosso a quanto pare non serve a nulla. - Prenda una di queste per favore. - La mia non va bene? - Si sente figo con quella mascherina? - I-io, no, non credo. - Così nera intensa, che raccoglie la barba e le sta aderente sul naso seguendo il suo volto. - Beh si in effetti è comoda. - Si sente figo? - No, le dico di no. - Bene allora non avrà problemi a prendere una mascherina chirurgica. Prendo e indosso in un angolino, quasi a vergognarmi, la mascherina chirurgica.
ORE 17:40 Entro nell’edificio, mi accoglie un altro addetto che mi punta un specie di macchina fotografica mista a un binocolo con parti assemblate di teodolite. Come quelli usati dai geometri per i rilievi topografici.- Nelle foto non esco bene. - Come scusi? - Dico che nelle foto non esco mai bene, se vuole entro e mi riprende mentre non guardo… con espressione naturale. Se mi metto in posa esco male. - Guardi che le devo solo controllare la temperatura. - Ah. Mi scusi.
ORE 17:41 Secondo passaggio, un’addetta mi preleva il numerino per l’attesa:- Lei è il numero 230. - Quando l’estrazione? - L’estrazione? Guardi vada a sinistra c’è una sala d’attesa grande e aspetti che la chiam – la frase viene interrotta da una voce all’altoparlante “Numero 230, cabina 17!” – l’hanno chiamata ora! - Ho vinto qualcosa? - Ma… vada, vada che tocca a lei.
ORE 17:43 Arrivo alla cabina 17, mi accoglie un medico.
- Lei è Libero De Mente? - Si, ecco il documento e la prenotazione. - Bene. - Però manco l’attesa, eh? - Cioè? - L’attesa dico, stare in sala a friggere un po’. Leggere i commenti dei complottisti novax per sentirmi in affanno. Cioè così diretto appena entrato. - Perché tutto questo, mi scusi? - Ma scusi, l’attesa della vaccinazione non è essa la vaccinazione? Mi guarda fisso il dottore – Lei è sicuro di stare bene? - Sissì. Che vaccino posso scegliere. - Nein nein! Qui faccino zegliere noi, kaiaro? - Ja! - Però lei mi è simpatico, guardi abbiamo una vasta scelta di vaccini – e comincia a illustrarmeli cortesemente – Abbiamo l’AstraSeneca a base di cultura, istruisce il vaccino e gli chiede gentilmente d'istruirsi e non fare il barbaro. Consigliato da Alberto Angela.Poi abbiamo il Pfeiffer, le verrà inoculato direttamente da Michelle Pfeiffer. Se sarà fortunato le apparirà anche l’attore Al Vaccino che le reciterà il monologo tratto da “Ogni maledetta domenica”. Figata.Come terza scelta le offriamo “Classica”, il vaccino somministrato con in sottofondo l’Aria sulla quarta corda di Bach” e la presenza di Piero Angela che racconta di come si stiano estinguendo gli uomini che “sanno quello che vogliono”.Ultimo vaccino, ma non meno importante, Gionson & Gioansen. Lascia la pelle liscia e lubrificata. Oliosa e profumata, ottimo per combattimenti da wrestler o per coppie nei Motel. Lussurioso.Cosa fa il prossimo giovedì sera - Guardo Ulisse con Alberto Angela. - Bene, esca da qui e segua il corridoio e vada nel settore di somministrazione di AstraSeneca.
ORE 17:53 Seguo il corridoio con le indicazioni, arrivo nel settore AstraSeneca, mi viene indicato di mettermi in fila a un’altra cabina, la numero 17 (ancora!)
ORE 17:57 Il mio turno è arrivato, un medico mi si avvicina e dandomi del voi mi chiede: - Voi mi potete dare i documenti? - Noi glieli diamo, eccoli. - Voi chi? - Noi, le ci ha dato del voi. - Lei sente delle vocine? - Si, spesso. - Ok, allora tutto a posto.
ORE 17:55 Si avvicina l’infermiere con la siringa.- Quale braccio preferisce? - Oh guardi per me è lo stesso. - Lei ha una proficua attività sessuale? - Io? Cos’è il sesso? - Lei è mancino? - No. - Ok, allora braccio sinistro.
ORE 17:58 L’ago entra, il liquido entra in me. Ora il bastardo che ha ucciso decine e decine di persone che conoscevo è dentro di me. Anche se istruito e non più barbaro. Mi si avvicina i dottore – Voi, cioè lei e le sue vocine, quando arrivate a casa prendetevi una Taichipirinha 1000 con lime o dell’Oki con ghiaccio, agitato e non mescolato. Attenda quindici minuti nella prossima sala prima di andare a casa.
ORE 18:00 Raggiungo la sala di attesa post vaccino.Tutto bene, credo che le sensazioni che sento dentro di me siano più dovuti alla mente e a tutto quello che ho letto, che altro. Dopo cinque minuti una mano si posa sulla mia spalla.- Tutto bene? - Tutto bene graz… ooh, ma lei è Alberto Angela! - Si sono io – sento in sottofondo la musica di Heart of Courage dei Two Steps From Hell – ora sei divulgato mio caro. - Mi sento un po’ strano Alberto. - Sono le legioni degli anticorpi che stanno marciando in te. - Davvero? - Si delimiteranno i confini dell’impero appena sotto la tua pelle. - Ma tu non porti la mascherina. - Io alito cultura, che annienta ogni virus. Compreso quello del “ho sentito dire”. Passo i restanti minuti ascoltando Alberto che mi spiega come sebbene indossi spesso un completo blu con la camicia nera, risulti comunque un euro manzo di eleganza. Di come studi scientifici dimostrano che, tra i vaccinati, si sia abbassata la percentuale di quelli che usavano dire “se avrei”; che una delle prossime puntate di Ulisse sarà dedicata alla ricerca, si alla ricerca di tutte quelle persone che hanno seguito le mie indicazioni stradali, si proprio le mie, io che mi perdo anche con il navigatore inserito.
ORE 18:15 Alberto Angela si congeda – Ora è tempo che io vada – allargando le braccia e cominciando a levitare si dissolve in una nuvola di fumo, con i titoli di coda.
ORE 18:17 Esco dal centro di vaccinazione. Lei è li che mi aspetta, Scarlett Johansson intendo, mi aspetta a bordo di una Bugatti Veyron. Insieme rientriamo nella dimora che ci ha donato Tony Stark.
ORE 18:45 Il Wi-Fi a casa mia non ha mai funzionato così da dio. Sono arrivato a otto tacche e vedo DAZN, senza aver sottoscritto l’abbonamento. Per telefonare mi basta allungare pollice e mignolo di una mano e portare la mano all’orecchio, come se fosse una cornetta del telefono. Mi siedo sul divano e chiamo il centro vaccinale:- Pronto? - Pronto buonasera, sono appena stato da voi a fare il vaccino. - Mi dica tutto bene? - Guardi mea culpa, mi sono dimenticato di chiedere una cosa importante! - Mi dica – la centralinista è allarmata. - Posso mangiare la pizza questa sera? - Tu-tu-tu-tu-tu Chi tace acconsente, giusto? Che pizza sia.
Scrivo queste righe il giorno dopo, in pieno stato da farneticazione. Credo che mi sdraierò per un po’. La botta è arrivata, le legioni stanno avanzando dentro di me.
Vi ho sempre amato “sapevatelo”, non a tutti, ma qualcuno si. Dai. Pensate positivo, magari siete tra quelli.Magari no. Volete saperlo?
Sono un uomo a dieta e ho fatto il vaccino, mi sento come una donna in pre ciclo… no niente, non ho niente. Arrivateci da soli.
Quando passerà tutto tornerò alla mia grama vita. Sicuro.
Per ora godiamocela, mi chiama Scarlett, devo andare. Ciao.
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weirdesplinder · 3 years
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I Bridgerton
Questa settimana su Netflix uscirà la serie televisiva I Bridgerton (la prima stagione). Perciò ho pensato fosse il caso di parlarne, visto che è tratta da una delle mie serie di libri historical romance preferite e di cui vi ho parlato tante e tante volte, la serie Bridgerton dell’autrice Julia Quinn.
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Una serie di otto libri dedicata ad una grande e simpatica famiglia formata da una madre e da quattro figli maschi e quattro figlie femmine, tutti da maritare.La serie è ambientata a Londra, a partire dall'anno 1813 e  ogni libro vede come protagonista uno dei figli che trova l’amore. Meglio leggerli in ordine cronologico, poichè tra un matrimonio e l’altro passano anche anni.
I libri sono per fortuna disponibili in Italiano, poiche sono stati tutti pubblicati dai Romanzi Mondadori.e per me è stata una ventata d'aria fresca in un genere che spesso si ripete, come i romanzi rosa storici., poichè è una serie moderna, romantica, ironica, divertente…. Per tutte queste ragioni amo molto questi libri e li consiglio a tutti.
Ho paura di come questi romanzi saranno trasposti per il piccolo schermo, sinceramente, perchè la loro sottile ironia e freschezza potrebbe andare purtroppo del tutto persa, perciò io vi consiglio di leggere i libri, piuttosto che di vedere la serie.
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Ecco l’elenco completo dei romanzi che la compogono:
1. Il duca ed io Titolo originale: The Duke and I
Trama: Implacabilmente perseguitato dalle madri della buona società indaffarate a combinare matrimoni per la loro prole, Simon Bassett, il bel duca di Hastings, è stanco di essere cacciato. E altrettanto stanca è anche Daphne Bridgerton, la cui madre è assolutamente decisa a trovare alla figlia il marito perfetto.Né Simon né Daphne sono felici di questa sgradevole situazione, ed entrambi darebbero qualunque cosa per un po’ di pace e di tranquillità.Il loro desiderio di prendersi una tregua dal mercato matrimoniale del ton li porta a fingere di fidanzarsi - ma il loro piano è minacciato dal sospettoso fratello maggiore di Daphne, che guarda caso sa molto bene quanto Simon ci sappia fare con le donne.I due non hanno però previsto che l’attrazione reciproca li porterà proprio a quello che avevano deciso di evitare - e cioè al matrimonio. Ma Simon teme che il suo doloroso passato possa impedirgli di riuscire ad amare davvero. E Daphne, benché lo ami profondamente, è decisa a non accettare niente di meno del suo cuore… Il mio voto: 8
2. Il visconte che mi amava Titolo originale: The viscount who loved me
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Trama: Kate Sheffield, ormai ventenne, è decisa a trovare un buon marito almeno per sua sorella minore Edwina.A farsi avanti è il visconte Anthony Bridgerton, ma Kate si oppone: non è il tipo di uomo che stava cercando. Stranamente ansioso di assicurare un erede al proprio titolo, Anthony sembra nascondere più di un segreto.Ma il destino, maestro di giochi, farà incontrare le anime di Kate e Anthony in modo del tutto inaspettato.
Il mio voto: 9, alcune scene, specie quelle che riguardano il gioco con le mazze sono spassose, altre bollenti, veramente un gran bel libro 3. La proposta di un gentiluomo Titolo originale: An offer from a gentleman
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Trama: Sophie Beckett non avrebbe mai immaginato che dopo la morte del padre la sua vita sarebbe cambiata così tanto.Lei, figlia di un conte, costretta a far da cameriera alla matrigna e alle due sorellastre. Ma una sera, durante un ballo, conosce l’ammirato e ricco Benedict Bridgerton, ed è amore a prima vista. Ma come Cenerentola, di cui condivide lo sciagurato destino, allo scoccare della mezzanotte Sophie deve lasciare la festa, abbandonando il suo corteggiatore e… un guanto, l’unico indizio che Benedict ha per ritrovare la sua misteriosa dama. Il mio voto: 6 (troppo come Cenerentola)
4. Un uomo da conquistare Titolo originale: Romancing Mr. Bridgerton
Trama: Penelope Featherington è segretemente innamorata di Colin Bridgerton, il fratello della sua migliore amica. Da anni lo osserva da lontano ma all’improvviso si rende conto di non conoscerlo affatto. Lo stesso Colin, rientrando da un viaggio all’estero, scopre che molte cose sono cambiate. Soprattutto Penelope: ora non riesce a smettere di pensare a lei. È davvero la donna che potrà renderlo felice?
Incipit: “Il 6 aprile 1812, precisamente due giorni prima del suo sedicesimo compleanno, Penelope si innamorò.Fu, in una parola, eccitante. Il mondo tremò. Il suo cuore sobbalzò. Restò senza fiato. Fu inoltre in grado di stabilire, con una certa soddisfazione, che l’uomo in questione aveva provato esattamente le stesse emozioni. Oh, non per quanto riguarda l’innamorarsi. Di certo non si innamorò di lei nel 1812 (e nemmeno nel 1813, 1814, 1815, maledizione, neppure dal 1816 al 1822, o nel 1823 quando restò addirittura fuori dal paese). Tuttavia per lui la terra tremò, gli sobbalzò il cuore, e Penelope fu certa che restò anche senza fiato. Per una decina di minuti buona. Una caduta da cavallo faceva solitamente quell’effetto a chi ne era vittima.”
Il mio voto: 10, il mio preferito di tutta la serie e quello che svela il mistero di chi sia in realtà a Lady Whistledown,
5. A Sir Philip con amore Titolo originale: To Sir Philip with love Trama: Eloise Bridgerton ha ormai ventotto anni compiuti ed è ancora senza marito. A spezzare il grigiore delle sue giornate arrivano le lettere di sir Phillip Crane, un botanico rimasto vedovo con due gemelli da crescere.
Dopo un anno di corrispondenza lui le chiede di sposarlo, ma quando finalmente si incontrano, Eloise scopre che Phillip, più che una compagna, cerca una madre per i suoi figli. Riuscirà il suo amore a fare breccia nel cuore apparentemente insensibile di Phillip?
Il mio voto: 9, molto divertente
6. Amare un libertino Titolo originale: When he was wicked
Trama: Quando Michael Stirling, il più audace libertino di Londra, incontra Francesca Bridgerton è amore a prima vista. Un amore non ricambiato: Francesca sta per sposare suo cugino John.E anche se un evento improvviso libera Francesca da qualunque vincolo, Michael non osa confessarle il proprio amore e per dimenticarla parte per l’India. Ma al suo rientro, inaspettatamente, Francesca gli chiede consiglio per trovare un buon marito: potrà Michael sopportare di gettarla tra le braccia di un altro?
Il mio voto: 8 commovente e hot al tempo stesso
7. Tutto in un bacio Titolo originale: It’s in his kiss Trama: Gareth St. Clair scopre che il suo passato, e forse anche il suo futuro, è nascosto negli eleganti caratteri di un antico diario, scritto però in una lingua che lui non comprende: l’italiano. Per Hyacinth Bridgerton, esperta traduttrice, è una sfida davvero intrigante.Ma quando insieme a Gareth si immerge in quelle pagine scopre che le risposte che entrambi cercano non sono lì. E che niente è più semplice, o complicato, di un bacio…
Il mio voto: 8 Carino e intrigante, adoro i tesori nascosti.
8. Il vero amore esiste Titolo originale: On the way to the wedding Trama: Gregory Bridgerton crede nel vero amore. Ma quando incontra Hermione Watson, la donna dei suoi sogni, scopre che lei ama un altro. Comunque deciso a conquistarla, Greg ha un asso nella manica: lady Lucinda Abernathy, più cara amica della fanciulla, si offre di aiutarlo. Quello che Lucy, fidanzata dall’età di dieci anni con il futuro conte di Davenport, non ha previsto è di innamorarsi perdutamente proprio del pretendente dell’amica…
Il mio voto: 5/6
La serie si conclude con un'antologia di racconti Intitolata I Bridgertons: happily ever after, cioè I Bridgerton: per sempre felici e contenti, e contiene i secondi finali degli otto romanzi, più un racconto inedito.(inedito in italiano per ora)
Quante volte vi è capitato di finire di leggere un romanzo e di desiderare di avere ancora qualche pagina in più da leggere, in modo da sapere cosa è accaduto dopo il finale?
Ebbene, Julia Quinn ci regala piccole scenette familiari delle otto copie che ci permettono di vedere cosa è successo loro anni dopo il finale del loro romanzo.
Simon avrà letto le lettere di suo padre?
Anthony riuscirà a battere la moglie Kate a Pall mall?
Francesca avrà avuto dei figli?
Che fine hanno fatto le sorellastre di Sophie?
Eloise come avrà preso la scoperta che la sua migliore amica non le ha mai rivelato la sua attività di scrittrice?
Come ha reagito Philipp quando sua figlia Amanda si è innamorata?
Che nomi avrà dato Gregory ai suoi nove figli?
E soprattutto, alla fine, la povera Hyacynth ha trovato i diamanti?
In questa antologia avrete risposta a tutti questi quesiti ed in più un racconto inedito che vede come protagonista finalmente la patriarca della famiglia, la madre  che ha cresciuto questi magnifici otto figli: Violet
Che dire? Quando ho iniziato a leggere il racconto intitolato Violet in bloom (Viola in fiore) ero curiosa di sapere se Violet aveva trovato un nuovo amore dopo la morte del marito e dopo aver sistemato i suoi figli…perciò ero impreparata per ciò che invece a deciso di raccontare Julia Quinn, e cioè il primo incontro tra lei e il suo futuro marito Edmund, ancora ragazzi, poi il loro innamoramento, la felicità totale dei due giovani appena sposati e….. l'improvvisa morte di lui. Quando ho letto come fu Eloise ad assistere alla morte di Edmund e come Violet incinta e pronta al parto deve affrontare quel dolore totale…..sono iniziate le lacrime e non sono più finite finchè ho continuato a leggere.
Sono i suoi figli che le hanno dato la forza di andare avanti, e qualche uomo si è anche mostrato interessato a lei, ma Violet non ha mai sentito il bisogno o il desiderio di risposarsi, lei aveva già conosciuto la felicità perfetta e non voleva accontentarsi di nulla di meno e semplicemente non ha trovato un altro uomo che potesse renderla altrettanto felice. E non ne aveva bisogno in fondo poichè aveva già i suoi figli che la rendevano felice. E’ questo ciò che lei stessa dice a Daphne e il racconto si conclude con una sua frase molto toccante:
“Andare a avanti senza tuo padre non è stato sempre facile, ma ne è valsa la pena.“
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diariomisto · 5 years
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Nel camerino di una scrittrice
Com'è nata la tua passione per la scrittura?
Ne ho già parlato nel mio Dizionario dei (dis)gusti.
Immagino che alle elementari tu fossi un asso in italiano?
Nì, perché, mentre nei temi mi sentivo effettivamente a mio agio, avversavo con tutta me stessa i 'pensierini', che mi uscivano dalla penna poveri, banali e scontati. Credo dipendesse dal fatto li trovavo limitati e limitanti rispetto alla mia voglia di esprimere ciò che avevo dentro. Penso che anche per questo motivo, quando le maestre ci invitavano a fare dei disegni liberi, io mi sentivo altrettanto libera di staccare un foglio da uno dei miei quaderni a righe, e scrivere dei lunghi racconti che, spesso, avevano per protagonisti gli animali perché, in quel periodo amavo attribuire loro azioni e pensieri umani.
Al di là dei temi in classe, quando ti è venuta l'idea di far conoscere ciò che scrivevi?
Per questo devo ringraziare la mia amica d'infanzia che, alle medie, mi propose di pubblicare una mia poesia, nel giornalino redatto dalla sua classe, durante le ore pomeridiane, dedicata alle attività integrative. La poesia s'intitolava Concerto di primavera. A quella prima ne sono seguite molte altre che, in genere, scrivevo la sera prima di andare a letto, accompagnata da un buon libro. Accompagnavo la scrittura alla musica leggera italiana trasmessa dalla radio che, ancora oggi, tengo nella mia stanza al posto di un muto televisore. Oggi, mi piace pensare che, anche per aver scritto a ritmo di musica, quella mia prima poesia abbia quel titolo. La mia passione di carta e penna è durata per tutto il liceo, poi però...
Cos'è accaduto?
Poi però, durante gli anni degli studi universitari in Filosofia, la mia capacità di scrivere fluentemente mi ha abbandonata. Forse a causa del fatto che, tutti gli esami erano orali. Comunque sia, quando si è trattato di scrivere la Tesi (specie quella Magistrale), mi sono scontrata con la quasi totale incapacità di esprimere in modo efficace tutte le idee che mi affollavano la mente, Insomma la scrittura, da profonda passione, si trasformò in vero incubo, altrettanto profondo, devo dire...Tanto che, ad un certo punto, ho persino sperimentato di lasciare tutto, ad un passo dalla laurea...Solo la vicinanza delle persone che mi vogliono un mondo di bene, mi hanno permesso di completare il mio percorso.
Poi però l'antica passione è riaffiorata più forte di prima. Quando e, soprattutto come l'hai capito?
Potrà sembrare strano, ma l'ho capito quando, finita l'università e sfumata la possibilità di frequentare il Dottorato, ho vissuto un altro periodo di profonda crisi interiore. Senza più un obiettivo tutto mio per cui lottare, mi sentivo in balìa delle Onde della Vita. Una sera però ho riaperto il mio quaderno di getto, ho scritto un breve testo sulle emozioni vissute durante la giornata. Quello fu l'inizio di un nuovo diario che, ancora oggi, cerco di tenere aggiornato il più possibile. Ma fu anche e soprattutto il ritrovamento della bussola che, da quel momento in poi, mi ha consentito di sentirmi molto più sicura, durante la Navigazione.
Quindi, se ho capito bene, prediligi i testi brevi...
Nella scrittura, sì. Quando leggo, invece, mi piace cimentarmi anche con romanzi molto lunghi, anche con le saghe famigliari.
Perché proprio questo genere letterario?
Perché credo che, seguendo le vicende di un nucleo famigliare, dalla sua costituzione, spesso al suo dissolvimento, non siano soggette a quella che definisco la 'dittatura dei sequel', ovvero quel fenomeno per cui, se qualcuno ti chiede di scrivere un testo che piace particolarmente, poi vorrebbe che scrivessi qualcos'altro di molto simile, anche se, a quel punto, non lo senti più tuo perché, nel frattempo, senti l'esigenza di esplorare altri temi o, persino altri generi letterari. Questo è il criterio che mi guida nei miei percorsi di lettura e scrittura. Anche perché, specie in questa fase della vita, leggere e scrivere sono quasi un tutt'uno.
Ma andiamo con ordine. Come dev'essere il romanzo che in te lascia un segno?
Deve mettere in scena dei personaggi psicologicamente complessi che agiscano sullo sfondo di eventi reali o, quantomeno, verosimili. Invece, do decisamente meno importanza agli ambienti fisici dei romanzi; forse perché, anche nella vita reale, essi sono spesso un ostacolo ad un'esistenza pienamente serena. Difficoltà queste a cui faccio fronte perdendomi tra le pagine di un romanzo, appunto.
Quando scrivi, segui le stesse regole in fatto di luoghi?
Non sempre. Infatti c'è un luogo molto caro al mio cuore, dove ambiento le parti più emotive dei miei racconti. Si tratta del mare. Sai, con il suo movimento canoro è l'unico che sa seguire i moti dell'animo umano.
Mentre scrivi, ti capita mai d'immaginare il tuo potenziale pubblico?
Avviene sempre. Se si scrive, prima o poi, è naturale sentire il desiderio di far leggere a qualcuno i propri testi.
A leggere, sono più spesso gli amici o anche persone estranee?
Sono importanti entrambi i lettori: gli amici mi conoscono a fondo e quindi possono intuire anche ciò che c'è dietro ad ogni parola; per contro, lo sguardo dei lettori a me sconosciuti, è importante perché è sempre stimolante e positivo scoprire che quello che scrivi può piacere anche a chi non sa assolutamente nulla di te. Il tutto, ovviamente, rispettando al massimo la libertà degli altri che devono sentirsi liberi di leggerti o anche no, se non ne hanno voglia. Per questo motivo, sono sempre un po' combattuta tra il desiderio di avere un pubblico e la consapevolezza che la stessa libertà che provo io nello scrivere, dev'essere avvertita anche da ogni mio potenziale lettore.
Cosa ti auguri per il tuo futuro?
Per il mio futuro mi auguro di poter continuare a scrivere, ovviamente. Desidererei molto poter trovare più di una collaborazione, per potermi misurare con stili di scrittura diversi. In fondo, in questi tempi di crisi, il lavoro può essere anche inventato...E allora io vorrei inventare nuovi Mondi d'Inchiostro!
@diariomisto
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pangeanews · 5 years
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“Devi lottare contro raccomandati, leccaculo, arrampicatori sociali… ma il poeta è fuori controllo”: esperienza di lavoro in cooperativa
Essere qualcuno, è un discorso da mondo del lavoro. Essere nessuno, è stigma, macchia da letteratura. Cosa voglio dire? Essere introdotto in cooperativa, lavorando, facendo tutto un percorso di crescita, passo dopo passo, mese dopo mese, anno dopo anno, ha permesso di far rinascere la mia personalità. Il mio io e la mia stima ne hanno tratto profondo beneficio, e ne sono grato. Nonostante nuove o vecchie inimicizie, rancori e quant’altro, io mi realizzo. Invece: scrivere per il mondo intero ‒ ci hai mai pensato? ‒ necessita di umile stima, per se stessi e verso gli altri. Marchiati da epifanie, graffi, visioni, crudeltà, amplessi, non si dovrebbe desiderare altro che l’opera nasca sorgiva e cresca imperterrita, silenziosamente.
E se poi accadesse il contrario? Accade già. Continuamente, accade. C’è chi lavora per gli altri, senza lagne né vanti; c’è chi compare sempre, comunque e ovunque nello scenario letterario italiano. Fenomeni da baraccone. Fondere i linguaggi per un unico scopo, sembra roba da caritativa. Ma anche lì, viaggiano interessi nascosti. Caravanserragli di invidia e giochi di potere, si intrecciano a finto buonismo e perbenismo dell’ultim’ora, se non dell’ultimo secondo: maschere.
*
Tutti, in cooperativa, abbiamo un peso specifico. Almeno, quelli assunti con regolare contratto. S’intende. C’era bisogno che lo scrivessi? E io finalmente sono riuscito a raggiungere questo obiettivo. Purtroppo, il miraggio di sentirsi almeno un po’ più sicuri nel mondo delle cooperative sociali, permane ancora per molti. Avere un peso specifico equivale a dire che, chi ci supporta a livello educativo nel lavoro quotidiano, ne dovrebbe avere altrettanto in termini di competenza e professionalità. Cosa, quest’ultima, che in alcuni casi non accade, anzi vacilla in maniera scandalosa, provocando solo danni ai malcapitati tirocinanti… essere raccomandato spesso non coincide con l’essere presente agli altri, soprattutto in questo mestiere. Lo ribadisco, si fanno solo danni: si crea rabbia, malcontento, soprattutto sfiducia. E, pianti. Sto parlando di situazioni che sono sotto gli occhi di tutti, ma se non hai potere di decisione, nulla potrà mai cambiare.
*
M, come è arrivato da noi se ne è pure andato, tempo fa. M, da quel che mi racconta, poteva avere un futuro brillante; avrebbe potuto persino bagnarmi il naso nel mondo della letteratura. Se… appunto, se… la sua vita non avesse preso pieghe distorte. Ma chi lo sa come va il mondo, eh?! Nessuno lo sa veramente. M ha problemi con la valvola mitralica, e un passato da alcolista anonimo. Da quel che mi dice, prima, faceva lavori di sedici ore al giorno, e li svolgeva alla grande. ‒ G, mi chiede M.
Dimmi.
‒ Ho saputo che sei poeta e scrittore. Mi interesserebbe un giorno leggere qualche tuo libro. Io, invece, scrivo tutti i giorni da diversi anni; tengo un diario personale dove racconto a fiume tutto quello che mi succede. E mi aiuta, scrivere, sai?
Fai solo bene. Gli rispondo.
‒ Forse un giorno mi darai una mano a sistemare i miei appunti, G?
Perché no, gli faccio. E sarebbe stata una bella sfida per me, anzi, per entrambi. Ma la legge della selezione, passa anche dalle nostre parti, e M, che non possiede purtroppo quella lucidità indispensabile per lavori di concentrazione come quelli che facciamo noi, viene tagliato fuori dai giochi.
‒ Ecco, lo sapevo G, mi hanno detto che mi aiuteranno a cercare un altro lavoro, ma qui il mio tirocinio finisce. Ora subentreranno mesi difficili, e l’autostima andrà sotto zero. ‒, mi confida sconsolato M, durante la pausa caffè. Stanchezza e distrazione, insieme a qualche assenza di troppo, fanno perdere punti e fiducia verso i nuovi arrivati. Allora devi farti forza, almeno tu. Devi dotarti di corazza, per evitare di legarti troppo a quelle persone che come te credevano in un sogno, poi andato in frantumi. Devi far finta di niente, dimenticarli alla svelta, prima che i loro ricordi si impossessino di te, senza lasciarti in pace. Sono uguali a me, santo Iddio! Più sfortunati di me, perché non ce l’hanno fatta. Tutto però deve continuare… Chissà, se i miei responsabili soffrono un pochino anche loro, per dover lasciare a piedi questi uomini e donne, non consoni ai ritmi della cooperativa? Qualcuno di loro, lo rivedo per le strade della mia città. Come quel ragazzo giovanissimo, inesperto con la vita, che il sabato sera brinda insieme a un amico, seduto su una panchina, in mano una bottiglia di birra. Sembra voglia godersela tutta, è soddisfatto, ha gli occhi raggianti e un sorriso beffardo di chi ha sete di rivincita verso il mondo. Brandisce lentamente quella bottiglia, quasi fosse uno scettro. E io, rivedendolo, spiandolo di nascosto, obliquamente tifo per lui. Perché so che per fortuna non esiste solo la nostra cooperativa, ma molte altre realtà sociali, magari più affini al suo limite e destino. Ogni sconfitta fortifica, e potrebbe portare a qualcosa di migliore. Ogni sconfitta, brucia, svergina per sempre il potente motore, il cuore fragile dell’uomo.
*
Essere abbandonati, è un discorso da mondo del lavoro. Essere qualcuno, è ferocia, burla da letteratura. Cosa voglio dire? Mai come oggi, se non rendi di più di quello che già puoi dare, spesso sei fuori. Devi contare solo su te stesso. Devi lottare contro raccomandati, leccaculo e arrampicatori sociali, che faranno di tutto per primeggiare e tagliarti le gambe. Lo stesso, ahimè, accade nel mondo letterario. In realtà: accade ovunque. Quasi, ovunque. In tanti, troppi, vogliono avere il controllo su chi ne sa meno o più di loro. Vogliono avere tanto, e il prima possibile. Si creano fazioni, ci si imbosca in ambienti in apparenza estranei, per avere i propri uomini pronti a reagire, in situazioni di disavanzo. Giochi di potere, che tristezza, il mondo è questo. Se non ti va bene, è così lo stesso. Ciò nonostante, il poeta ‒ che si ripeta ‒ è fuori controllo… preferisco rimanere solo come un cane, piuttosto che sopportare la maschera di finte amicizie; e voglio avere idee mie personali, anziché ripetere a pappagallo quelle degli altri.
*
Fortunatamente, però, viene sempre qualcuno a disinnescare la mia boriosa solitudine (che aspettate! venite a stanarmi…). Arriva, proprio quando meno me lo aspetto, un nuovo amico, questa volta a trarmi fuori dall’ultima grande depressione nella quale ero caduto. A dire il vero, l’avevo cercato io, parecchio tempo prima, Antonio Zanoletti. Attore e regista, nome importante del teatro italiano, mi chiede all’improvviso se voglio scrivere per la sua compagnia teatrale (la Compagnia dell’Eremo, che poi è quello di Santa Caterina) un testo tratto da una sua idea. La cosa, oltre a farmi onore, mi aiutò davvero, e molto, ad allontanare definitivamente quella sporca compagna che è la depressione. Infida e impostora, tanto da abbracciarti nel silenzio della notte inesplorata, per violentarti il più possibile, ficcandoti in gola la sua lunga lingua sottile. Finalmente potevo scrivere un testo per il grande teatro. Antonio mi prestò dei libri, grazie ai quali potei documentarmi e mettermi al lavoro. Ma, oltre ai se, la vita riserva a volte dei ma. L’amico che mi aveva in qualche modo guarito, fu colpito lui stesso da un problema di salute, poi fortunatamente risolto. Tanto che tutt’ora, quel testo che avevo abbozzato timidamente, giace sonnecchiante in un cassetto (non mi ricordo nemmeno quale). E forse un giorno, forse no, vedrà la luce nei teatri italiani…
Giorgio Anelli
*In copertina: Mickey Rourke in una immagine da “Angel Heart”, film di Alan Parker del 1987
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bellavitravels-blog · 6 years
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Diario di Viaggio
27 Febbraio 2018 Cara Caty, ormai é un pò che non ci vediamo e che non ci sediamo a parlare. Così ho deciso di scriverti facendolo alla vecchia maniera, cercando di trasmetterti quello che ho provato, visto, vissuto e assaggiato in questi ultimi tre anni. Proverò a portarti con me, descrivendoti in più tappe il viaggio e quello che vivo. Provando a farti sentire meno la lontananza e ad accorciare la distanza.
Questa volta risponderò diversamente se mi chiederai: "Come va? Tutto ok?“, ti racconterò qualcosa di diverso. Ma per farlo al meglio, prima di continuare a leggere, ti consiglio di mettere su la canzone https://youtu.be/hWAMRH8ZE3Y, perché tutti i momenti belli e brutti che ho vissuto sono accompagnati da canzoni e questa é la colonna sonora di questo viaggio. Ti scrivo perché ti penso, cosi come penso spesso a tutte le persone che amo e con le quali vorrei condividere i più bei momenti che vivo, e ho deciso di farlo in questo modo, un pò a modo tuo, perché mi hai ispirato tutto questo e sarà il modo per arrivare anche ad altri che voglio bene.
—– Siamo arrivati a Puerto Princesa da un'ora, subito fuori dall'aeroporto ci guardiamo intorno nel tentativo di orientarci e di capire dove prendere l'autobus. Stavamo giusto chiedendo al primo passante, quando abbiamo visto un numero indefinito di tricycle venirci incontro. Quasi tutti giovani ragazzi, poco più che maggiorenni, alla guida di questi caratteristici mezzi. Tutti cercano di attirare la nostra attenzione con il sorriso, ma quello degli occhi. Quello che emana una viva luce dagli occhi e li fa brillare. É come se fosse il sorriso di un amico che non vedi da tanto tempo o che ho ritrovato nei tuoi occhi tante volte tornando a casa da un viaggio.
Sai che intendo! Quello di chi ti accoglie con l'animo di farti sentire il benvenuto, di farti sentire la gentilezza del posto dove vive, di farti sentire a casa. Uno dei sorridenti autisti di tricycle ci consiglia uno dei tanti minibus che vanno a El Nido e ci spiega che il viaggio è di circa 6 ore. Qualche minuto di attesa, attendendo qualche altro passeggero e si parte. Nel minibus ci sono solo 7 persone un pò da tutto il mondo. 6pm - il minibus parte e comincia il viaggio per queste strade affollatissime nei centri abitati e desolate in periferia. Le case sono quasi tutte dal tetto e dalle pareti di lamiera. Molte di queste sono anche piccoli negozietti che vendono un pò di tutto. L'autista fa la prima fermata ad un piccolo girarrosto che sembra essere messo assieme con pezzi di ferro riciclati. Poi la porta laterale si apre e una giovane ragazza di circa 25 anni comincia a parlare in inglese. Spiegare la durata del viaggio e cosa l'organizzazione prevede. Non fa in tempo a cominciare che si sente la voce di un bambino piagnucolare "Mummy Mummy!”. Alto più o meno 50cm, di circa due anni, chiede qualcosa alla mamma con le lacrime agli occhi. La mamma molto educatamente ha chiesto scusa, ha interrotto il suo breve discorso e ha spiegato al bambino che stava lavorando, che avrebbe dovuto aspettare e lui senza smettere di piagnucolare é ritornato in casa. Finita la spiegazione della giovane mamma, ci siamo rimessi in moto. Intanto cominciava a fare buio e tutti i passeggeri un pò stanchi si sono addormentati.
Lei é qui, al mio fianco, dorme con la testa appoggiata alla mia spalla e l'autobus va spedito seguendo la strada verso il EL NIDO. É solo l'inizio di un nuovo viaggio e di una nuova avventura.
Come ogni volta dormo 4 ore a notte, la curiosità e la voglia di scoprire posti nuovi non mi fa sentire la stanchezza.
Siamo arrivati in albergo poco dopo mezza notte.  Un bacio fortissimo che copra la distanza e un abbraccio. Clemente in collaborazione con #BellavìTravels
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viaggiatricepigra · 7 years
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Blogtour: Curadh - Estratto
      Benvenuti a questo Blogtour dedicato al secondo capitolo della "Trilogia Dell'Apocalisse".
In questa tappa vi farò leggere un Estratto in anteprima, ma prima di tutto un passo indietro e vediamo questo nuovo libro... 
Titolo: Curadh Autrice: Federica Caglioni Saga: La Trilogia dell’Apocalisse (Volume 2)... Editore: Amazon Self Publishing Genere: Contemporary Fantasy, Young Adult Pagine: 473 Pubblicazione: 9 Marzo 2017 Formato: Ebook ~ Cartaceo Prezzo: 2,99€ (gratis con Kindle Unlimited) ~ per il cartaceo da aggiornare appena sarà disponibile (Cliccando sulla Cover si va su Amazon)
Trama: Sono passati tre anni da quando la vita di Kelia è cambiata. Scoprire di essere una Nephilim e di dover prendere parte all’Apocalisse, la Guerra tra Arcangeli e Angeli Ribelli, ha completamente rivoluzionato la sua esistenza. Adesso è cresciuta e ad aiutarla a trovare un senso alla sua nuova vita ci sono sempre Alex, la G.H.S. e Edward, suo padre, che prima di morire le ha lasciato una strada da seguire per poter sfuggire al controllo di Raphael. Ma ripercorrere i suoi stessi passi non sarà altrettanto semplice per lei perché nuovi e vecchi nemici si faranno avanti in vista dell’Apocalisse e la ostacoleranno nella sua ricerca. Riuscirà Kelia a superare tutte le difficoltà oppure sarà costretta ad arrendersi? E fin dove sarà disposta a spingersi per ottenere ciò che cerca? Il conto alla rovescia verso l’Apocalisse è iniziato. Contatti • Facebook: http://ift.tt/2mWGzw7 • Twitter: https://twitter.com/OnRainyDaysBlog • Instagram: http://ift.tt/2mWIHDQ • Blog: http://ift.tt/28UXWqR ...e una sbirciatina al precedente volume: Alethè Trasferirsi in un’altra città non è semplice ma Kelia deve farlo se vuole sapere qualcosa sui genitori che non ha mai conosciuto. Sa che, qualunque cosa scoprirà su di loro, la sua vita non sarà più la stessa. Ciò a cui non è preparata è l’imprevedibile piega che prende la sua vita. Sono coincidenze o forse c’è qualcosa dietro ai misteriosi oggetti che compaiono dal nulla e agli strani sogni che minacciano di accadere davvero? Kelia si trova davanti a una scelta difficile: credersi pazza oppure fidarsi di Alex, uno sconosciuto che dice di sapere la verità. Quando scopre che anche la sua famiglia è coinvolta, non può fare altro che accettare una realtà ben più complessa e pericolosa di quanto si sarebbe mai aspettata. Sarà costretta a scegliere da che parte stare, ma ogni decisione ha un prezzo e quello che lei dovrà pagare sarà ben più alto di quanto avesse mai immaginato. http://ift.tt/2mWFep8 http://ift.tt/2m13MZY Ma eccoci alla tappa di oggi, ovvero un Estratto del Libro: Mentre l’acqua si scalda, preparo il servizio buono. Sto per posare lo zucchero sul vassoio quando Thomas entra e mi informa che la partita è finita. «Greg non ha resistito molto» «No, ma è stato Alfred a cadere per primo» si appoggia allo spigolo del tavolo, le gambe incrociate come gli ho visto fare molte volte durante le sue lezioni. Scuoto la testa incredula. «Povero nonno. Deve essere il Natale peggiore della sua vita» «Di là hanno detto la stessa cosa…» si prende una pausa per togliersi gli occhiali e abbandonarli sul tavolo. «Come va a Harvard?» chiede alla fine, osservandomi attentamente. Prima di rispondere raccolgo i pensieri e li organizzo. Sapevo già prima di partire che avrebbe voluto parlarmi e a seconda di come risponderò, la conversazione può prendere pieghe diverse. Se lo conosco la metà di quanto lui conosce me – e Thomas mi conosce piuttosto bene –, so che ad interessargli è il lato personale. Vuole sapere come vanno le cose per me a Harvard, non gli interessa la situazione generale. È esattamente ciò che voglio evitare di raccontargli. «Il campus e l’università sono abbastanza tranquilli. La situazione è gestibile, anche se ci sono sempre più avvistamenti di angeli» «Il rettore ha preso provvedimenti?» «Per il momento no. Ce ne stiamo occupando noi» non avendo più nulla da preparare sono costretta a fermarmi e a guardarlo. L’intenzione che gli leggo negli occhi non mi fa ben sperare. Dovrò comunque raccontargli ciò che vuole sapere. «Stiamo anche sgomberando alcune sedi dei guardiani» «Ho saputo. Tra l’aiuto che ci dai e gli studi di medicina, ti fanno lavorare parecchio, eh?» sorride ma non c’è traccia di allegria nella sua espressione. «Prima… Sono stata sospesa dopo l’ultima missione» È snervante essere una dei vice-responsabili del centro medico della G.H.S. e non poterci mettere piede. Ho scelto di studiare ad Harvard perché li avrei potuto sfruttare la mia preparazione fin da subito, ma non ha senso se mi obbligano a restare a casa. La conversazione si interrompe quando Rose entra in cucina per prendere il tè. Scherzando un po’ sulla sfortuna di mio nonno faccio per seguirla, ma Thomas non ha ancora finito. «Sono preoccupato» mi blocca a metà strada tra lui e l’arco. «Gli ultimi rapporti del tuo supervisore erano…» «Pieni di lamentele» lo anticipo, tornando indietro controvoglia. «Da cosa dipende?» si gratta il lobo destro con il pollice e l’indice dell’altra mano. So riconoscere fin troppo bene i tic che sfodera quando qualcosa lo preoccupa. Non mi rende felice sapere che questa volta sono io la fonte delle sue ansie. «Abbiamo avuto delle divergenze» mi osservo le mani. Non so se sto facendo la cosa giusta. «E poi perché spesso non ho energia sufficiente nemmeno per avviare le comunicazioni con la squadra» «Quando è iniziato?» «Circa un mese e mezzo fa. All’inizio spariva solo per alcuni minuti, poi è peggiorato» «Scommetto che fai ancora fatica a dormire» Glielo confermo con un cenno della testa. È da prima dell’estate che soffro di insonnia per colpa di una visione e l’ultima volta che ne abbiamo parlato non siamo riusciti a trovare una soluzione. «Credo sia la visione a privarti dell’Energia. O quella o Alex» «Perché Alex?» sento una nota d’irritazione nella voce. Il mio ex professore impiega alcuni attimi per rispondermi. Si passa anche una mano sulle palpebre prima di rimettere gli occhiali e guardarmi. «Vorrei che la smettessi di pensare che le persone siano cieche o stupide. Non so se lo fai per proteggerlo o perché davvero non te ne accorgi, ma quello che state facendo è pericoloso. Non mi riferisco ai libri di tuo padre, ma al tuo condividere l’anima con uno spirito» Ora che siamo alla fine, spero abbiate seguito le tappe precedenti e che non mancherete a quelle successive. Se non lo avete ancora fatto: male!
5 Marzo Trama Leggendo Romance 6 Marzo Copertina LeggimiScrivimi 7 Marzo Booktrailer  Racconti Dal Passato 8 Marzo Estratto Viaggiatrice Pigra 9 Marzo Intervista Le Recensioni Della Libraia 10 Marzo Premiazione Diario Di Un Sogno Correte a recuperare, infatti c'è una copia cartacea del romanzo in regalo! Ma mi raccomando, dovete commentare ogni tappa e cercare di essere originali ;) Avete tempo fino alle 10 del 10 Marzo!
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pangeanews · 5 years
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“Solo in questo libro troverete la terribilità del sacro. Devo essere proprio cattivo”: insieme a Elio Paoloni verso Santiago, tra apparizioni, rivelazioni e bestemmie. Contro gli scrittori “untori della disperazione”
Il primo è un dettaglio repentino, che potete gettare alle ortiche. Dio si fa stanare in cammino. Chiede a tutti – da Abramo a Mosè, da Noè a Gesù – di muoversi per andargli incontro – che poi è un celestiale paradosso: perché Egli è ovunque e in nessundove. Fosse anche uscire dalla città e avviarsi al fiato del deserto: Dio non vuole liturgia statica ma polpacci che si corrodono, gambe fiacche, d’altronde a che serve la stazione eretta? – d’altronde, gli ebrei pregano con tutto il corpo, sono fermi ma in moto perenne. Il secondo è che il libro di Elio Paoloni, “una delle penne migliori sulla piazza” (l’autodefinizione è supportata dalla rassegna stampa relativa ai suoi libri, cito tra gli altri: Sostanze e Piramidi), s’intitola Abbronzati a sinistra (Melville, 2019), racconta il pellegrinaggio verso Santiago compiuto dall’autore, ma dichiara in copertina di essere un “Romanzo” e non un reportage. Romanzo perché Dio è il più imponderabile e fantomatico e fantastico degli eroi ‘da romanzo’ della letteratura occidentale, come ghigna Harold Bloom? Probabilmente, perché il pellegrino è consustanziale allo scrittore, ma altro da lui, e perché il libro, piuttosto, non è uno sciatto reportage, uno sciupato libro ‘di viaggio’, un estatico manuale per umettare vagabondaggi mistici. Ha la statura narrativa di un romanzo, fin dall’incipit, che flirta con l’apofatico paradosso (“Tonda, sonora, sillabata: è con una sacrosanta bestemmia che comincia il santo viaggio”), gli sketch dialogici, le osservazioni ciniche o spensierate (“Se a Dio forse non credo ancora, al Diavolo sicuramente sì: mi è sempre difficile rintracciare gli indizi della imperscrutabile Provvidenza mentre trovo facilissimo intravedere la malignità, la crudeltà, l’irrisione, propri dell’operato diabolico. Non che sia impossibile supporre, a volte, l’intervento divino – o angelico – ma l’interpretazione di certi segni non riesce mai a superare il vaglio del dubbio”) di cui è costellato il libro, compresa l’apparizione di Lui, intorno a pagina 90 (“È in questa postura svagata, sarcastica, che Gesù mi fulmina. Si china verso di me dall’alto del suo asinello e fissa i suoi occhi nei miei. Dal nulla il suo sguardo, intenso, diretto, mi investe come un treno”). Elio Paoloni, voglio dire, mi pare come quei personaggi che baluginano dai romanzi russi di un secolo e mezzo fa: mezzi atei e mezzi azzannati da Cristo, sempre a penzolare tra l’abisso della fede e quello del nulla, che raspano con occhi come chiodi fino all’ultimo verbo insensato. In più, però, ha una ironia caustica e colta, alla Buster Keaton. Il viaggia a Santiago è come quello della mano che s’infittisce nell’amazzonico costato di Gesù, mi dico, immutabilmente idiota, William Blake di periferia, da due lire. (d.b.)
Parti verso Santiago bestemmiando. Chiudi con una imprecazione. In effetti, anche Ungaretti, scrivendo La pietà, adora Dio bestemmiandolo. Hai trovato la fede cammin facendo? Che senso ha andare a Santiago da senzadio? Per trovarlo, per sfida, per gioco?
La bestemmia è forse il più fervido legame con la divinità: menzionare Dio o un Santo significa riconoscerne l’esistenza e il potere. Si è mai sentito qualcuno bestemmiare il Nulla o il Caso? Infatti le più bersagliate sono le figure prossime, Patroni e Protettori. Rischiando la blasfemia potremmo dire che ogni imprecazione è una rude preghiera, una maschia, orgogliosa protesta. Una richiesta di attenzione, come quando i bambini ignorati mandano in frantumi un oggetto. Se ho trovato la fede cammin facendo? Vogliamo impedire al gentile lettore di scoprirlo man mano? Il libro racconta di un’epifania. E del successivo dibattito interiore sull’attendibilità della faccenda. Ma una cosa è certa: mai ho avvertito così intensamente, in così rapida successione, il senso degli accadimenti. E di sicuro, dopo il Camino, attribuisco più facilmente un senso a ogni vicissitudine. E trovare Senso non è lo stesso che trovare Dio? Una caratteristica del Camino, infatti, per la varietà di situazioni incontrate, è quella di consentire a chiunque di vedere Segni. Se uno li cerca li trova. Se no, ti trovano loro. Si è predisposti all’interpretazione, ecco tutto. La potenza del Camino è racchiusa in questo brano: “Perché qui, sia ben chiaro, non impari niente di nuovo; tutto è già noto, cerebralmente: sono idee che accarezzi di tanto in tanto quando ti ritrovi a filosofeggiare, precetti che abbandoni appena rientrato nella diabolica routine. Il Camino però è una vita condensata, un Bignami d’acciaio: ti ripropone in breve tutte le lezioni già impartite dalle quali non hai tratto beneficio. Te le imprime così velocemente, te le impartisce così fisiologicamente che proprio non puoi fare a meno di ‘capire’. Non col cervello ma con ogni fibra muscolare, con ogni organo. Col midollo. È una marchiatura: i sellos (timbri che vengono apposti sulla Credenziale, sorta di tessera di viaggio per ottenere la Compostela, attestato ufficiale del compimento del pellegrinaggio) sono sul corpo, non solo sulla Credenziale”. Molti vanno a Santiago da senzadio (è forse la condizione più comune). Lo fanno per trovarlo? A volte sì. Ma non si può escludere che vi sia una componente di sfida: acchiappami, se ne sei capace, portami a Te.
Le fotografie a corredo dell’articolo sono di Elio Paoloni
Di libri sul cammino di Santiago, tecnici, letterari, metaletterari, ce ne sono una barca: perché dovrei leggere il tuo?
Quelli tecnici, le guide, sono una categoria a parte, possono essere letti parallelamente a quelli letterari, anche se, col senno di poi, li butterei tutti a mare. Sul Camino non si perde neanche un bambino e prevedere ogni tappa, ogni ostello, ogni cena, è fuori dallo spirito del cammino, te lo dice uno che ci è cascato. Ci si dovrebbe fermare quando non ce la si fa più, o quando un albergue ci sembra accogliente. Delle asperità di O Cebreiro o dei rituali alla Croce di ferro ti renderanno edotto gli altri pellegrini, ammesso sia necessario. Evitare l’avventura è quanto di più sciocco si possa fare. Del resto l’imprevisto è sempre in agguato. Per fortuna. A un certo punto del cammino ho una resipiscenza: “I pellegrini bramavano le piaghe. Erano proprio le piaghe che li univano al Cristo… E cosa ho fatto io per settimane? Sono andato alla ricerca di tutto ciò che ne impedisce la formazione. Sterilizzando l’epidermide ho sterilizzato questo cammino, ho annullato la sua validità catartica. Sono i meschini claudicanti di cui disprezzo l’incompetenza tecnica che dovrebbero compiangermi”. Su un portale, Eroski Consumer, c’è una grande sezione dedicata al Camino che è il perfetto equivalente di Trip Advisor: recensioni sugli albergue, sugli hospitaleros, sui locali che dispensano il menu del pellegrino. Ma non mi sento di criticare, ho imparato che disprezzare l’approccio degli altri pellegrini è quanto di più contrario allo spirito del Camino (e del cristianesimo). E quando ti rendi conto dello stato di salute o dell’anzianità di alcuni pellegrini non puoi che vergognarti di tutto il tuo fondamentalismo filologico.
In quanto alla miriade di diari di viaggio, sì, sono tutti simili, spesso stucchevolmente devoti. Quelli dei nipotini di Coelho poi, sono ancor più melensi. Non mette conto di parlare di quelli fieramente atei, vedi il viaggio-dibattito di Odifreddi con – o contro – Valzania. Il mio libro è unico, sempre sul crinale tra fede e scetticismo; il narratore è dibattuto, inquieto, e riallaccia ogni tappa esotica ad altri santuari, quelli della sua terra. Nel diario si addensano ironia, autoironia e anche pesante sarcasmo. Il mio sguardo è diverso da ogni altro e la mia scrittura è spiazzante. Un critico scrisse che io “tendo agguati”. In effetti usavo pescare in apnea, “all’agguato”. Un altro ha scritto che “prendo il lettore per il bavero”. Devo essere proprio cattivo. Se si vuol leggere un libro sul Camino che non tranquillizza, quindi, occorre leggere il mio. Solo in questo libro troverete la terribilità del sacro. Non è un caso se Gesù chiamava Boanerghes Giacomo e il fratello. Figli del tuono. Il Sacro può essere tremendo, non è conciliante come sembrano suggerire i comuni resoconti di viaggio. Della Cattedrale dico che è “stratificata, proliferante, macchinosa, è un presidio in perenne allarme. Questa basilica è un monito. Non ha nulla del santuario accogliente, ecumenico, facile al perdono. È dura quanto e più del cammino. È un monolite extraterrestre, è Hanging Rock”. Questo libro è perfetto per chi il viaggio lo ha già fatto, forse senza comprenderlo fino in fondo, per chi vuole farlo e cerca una spinta – o una guida, una guida vera, non una mappa – per chi non lo farà mai ma ama la letteratura di viaggio – o semplicemente la buona letteratura – e per ogni individuo che si interroga sulla Fede. Sì, questo libro è un po’ una summa delle inquietudini di tutti noi, viaggio o non viaggio. Ed è stato scritto da una delle penne migliori sulla piazza. Non scandalizzatevi, sto solo mettendo in pratica le esortazioni di Leopardi: “rara quella persona lodata generalmente, le cui lodi non sieno cominciate dalla sua propria bocca … Chi vuole innalzarsi, quantunque per virtù vera, dia bando alla modestia”. Spacconate a parte, il mio essere cattolico ‘a giornate’ (quelle poche in cui riesco a recitare il Credo con convinzione) mi consente, credo, di affrontare temi forti in maniera originale, non ortodossa, problematica, di produrre scritti fecondi ma anche divertenti.
A un certo punto scrivi: “Quello che crediamo di pensare è solo ciò che la nostra mente ha captato, ciò con cui si è sintonizzata. Misteriosi i modi, i tempi, il senso di tutto questo”. È questo quello che hai scoperto camminando? Cosa hai scoperto?
Non sono certo il solo a ritenere che siamo attraversati. Carmelo Bene, mio gigantesco conterraneo, diceva “io non parlo, sono parlato”. Tanti comprendono che la nostra mente è solo un sintonizzatore e mi successe di raccogliere in un articolo le citazioni di diversi grandi insospettabili che attestavano di aver “subito” passivamente, del tutto inconsapevolmente, l’ispirazione, anzi la “dettatura”. Quella sciocca idea romantica si rivelava più importante della tanto decantata traspirazione. Il punto è: da cosa siamo attraversati? Dall’inconscio collettivo, rispondono i più. Da forze angeliche e demoniache, dico io. Di sicuro dalle demoniache, aggiungo, perché, come ho argomentato approfonditamente, a Dio forse non credo ma al Diavolo sicuramente sì. E come sempre in questi campi, tutto è estremamente misterioso. Non c’è bisogno di camminare per capirlo, ma, come ho detto, sul Camino molte cose diventano più nitide, tutto viene a fuoco. Parafrasando Foer, ogni cosa è illuminata. Non perché il Mistero venga svelato, ma perché si presta più facilmente alla contemplazione. Cosa ho scoperto, dici? Pare che mi sia scontrato con Gesù. O forse no. Lo scoprirete solo leggendo.
Perché ti sei messo in cammino? Si cammina per superarsi, per estinguersi, per guardarsi intorno, perché? Uno scrittore, forse, è sempre in cammino, traccia vie sulla neve vergine, come diceva Salamov. Ma forse, è un romanticismo d’accatto, questo. 
Le motivazioni, come si comprende all’inizio del testo, sono chiaramente confuse; non ce ne è mai una sola. Spesso ne dichiariamo – ce ne dichiariamo – una a caso ma di sicuro c’è dell’altro sottotraccia. Abbiamo tutti questa strana forma di pudore, l’unica rimasta a quanto pare, che ci impedisce di confessare anche a noi stessi di cosa andiamo realmente in cerca. E di Gesù, come scrisse Messori, non si parla tra persone educate. Le motivazioni, in realtà, divengono chiare solo alla fine del Camino. O qualche tempo dopo: “il Camino non dà risposte, ti aiuta a formulare la domanda. Quasi certamente, nel campo delle stelle, ti saranno chiariti i tuoi moventi. Almeno quelli”. In ogni caso, il cammino, quello fisico, non quello metaforico di Salamov, è la mia condizione naturale. Come ho scritto: “In rete, nei libri, a colloquio, tutti dicono di ‘aver trovato una nuova dimensione’. Io no. Rientro semplicemente nella mia. Non ne ho mai avuto altre vere. Per me vivere la giornata spostandomi nella natura, che sia camminare, pedalare o pinneggiare, è sempre stata la vita. L’unica vera vita. Tutto il resto è parentesi, tortura subita tra ribellioni soffocate, velenose”.
Ma il pellegrinaggio è un’altra cosa. “Il pellegrino girovaga, per così dire, – scriveva in un omelia l’allora Cardinale Ratzinger – nella geografia della storia di Dio. È in cammino alla volta di un luogo che gli è stato segnalato, non verso una località che cerca da sé. Prestando attenzione ai segnali che la Chiesa – per la potenza della sua fede – ha predisposto, i pellegrini hanno la possibilità di godere ancor meglio di ciò che il turismo cerca… ma anche coloro che lo degradano a mero exploit atletico o a una vaga spiritualità New Age, percepiscono implicitamente lo spirito profondo del Camino, ‘almeno come nostalgia’”. In effetti, io mi sono fatto questa convinzione: quali che siano le motivazioni di coloro che fanno il cammino, dalla generica devozione ai voti veri e propri, dai viaggi in suffragio – o perlomeno in memoria – di un congiunto alla spiritualità new age, dall’atletismo al turismo alternativo (come nel caso della ricca annoiata che tra il viaggio a Dubai e un soggiorno sul lago di Como intendeva intercalare il brivido di una vacanza da poveri) e anche quando le motivazioni sono addirittura assenti (c’è chi si aggrega così, per fare compagnia a qualcuno), ebbene, tutti, in qualche modo, finiscono per risentire della effettiva spiritualità di questo tragitto; tutti, mi piace pensare, vengono toccati dall’Apostolo.
Giudizio sugli artisti (ti leggo): “Sempre sull’orlo dell’esaurimento nervoso. Rissosi, assassini, debosciati, precocemente persi, i familiari marchiati a fuoco. Non ci sono solo i maudit, certo, esistono pure i longevi maestri. Ma a quanto hanno rinunciato? Quanto hanno dovuto soffrire perché la loro sensibilità si affinasse? Gelo, questa è la parola che Eduardo ripeteva in una delle ultime interviste, sconsolato, disperato, ma con forza, scandendo nitidamente le due sillabe”. La pensi così? Dimmi cosa pensi dei letterati odierni, della letteratura di oggi. 
È pieno zeppo di scrittori brillanti, forse non ce ne sono mai stati in tale quantità. Mi pare però che non abbiano proprio nulla da dire. E che non abbiano una personalità propria. Uno scrittore dovrebbe essere innanzitutto un carattere. Vedo – e invidio, un po’ – scrittori che ‘scelgono’ i soggetti. Si guardano intorno e ‘decidono’ di affrontare un tema, così, perché ne sono venuti a conoscenza e li solletica Io scrivo di ciò che mi occupa fortemente. Non posso farne a meno. E non posso scrivere d’altro. Da parecchi anni inoltre concordo con l’affermazione di Antonio Franchini ne Il signore delle lacrime: un libro che non ha dentro nessun sentimento religioso non vale niente. Trovo fortemente limitati gli scrittori che ostentano distacco non solo dalla religione ma anche dalla morale ‘borghese’: dalle tradizioni, dalla bellezza, dal bene. I condannati al noirismo in senso lato, come dicevo anche in una vecchia intervista. Neri i libri, neri loro, neri i lettori. Libri che ignorano programmaticamente bellezza, grazia, bontà. Che dopo averci scaraventato all’inferno, non ci portano mai a riveder le stelle. Non si tratta solo di un genere commerciale più o meno vendibile. Certi autori sono gli untori della disperazione, a volte nascosta sotto affreschi di liberissimo erotismo, di scherzosa indifferenza, di accigliato impegno.
  L'articolo “Solo in questo libro troverete la terribilità del sacro. Devo essere proprio cattivo”: insieme a Elio Paoloni verso Santiago, tra apparizioni, rivelazioni e bestemmie. Contro gli scrittori “untori della disperazione” proviene da Pangea.
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