Tumgik
#Katia Colica
gradozero · 1 year
Text
PPP amore e lotta. Dico il vero”, il Primo Studio  teatrale prodotto da Globo Teatro Festival a cura di Matteo Tarasco. Dal testo di Katia Colica che ha realizzato un delicato innesto tra la sua drammaturgia originale e alcuni passi della poetica di Pasolini, in un palcoscenico privilegiato, quello di Parco Ecolandia (Sala Spinelli), si realizza una visione intima e familiare. Con Americo…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
lamilanomagazine · 1 year
Text
Messina, gli appuntamenti di dicembre di EPIC
Tumblr media
Messina, gli appuntamenti di dicembre di EPIC. Sta per volgere al termine EPIC (Esperienze Performative di Impegno Civile), il progetto di promozione del teatro nelle periferie realizzato a Messina da Mana Chuma Teatro in partenariato con Rete Latitudini e Teatro dei 3 Mestieri.   Il mese di dicembre sarà, infatti, l’ultimo nel quale si svolgerà questa ricca rassegna, che è stata inaugurata a settembre ed è sostenuta con il contributo del Comune di Messina e dai fondi FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo) del Ministero della Cultura.   Mercoledì 7 dicembre alle ore 21.00 il Teatro dei 3 Mestieri ospiterà PPP Amore e lotta (Produzione Officine Jonike Arti) con la regia di Matteo Tarasco, la drammaturgia di Katia Colica ed in scena gli attori Americo Melchionda, Maria Milasi e Andrea Puglisi.   PPP Amore e Lotta, nasce dalla simbiosi tra drammaturgia originale e alcuni stralci tratti dalle opere di Pasolini e ne confonde i tratti. Potrebbe essere appena stato ucciso Pier Paolo, all’ interno di quella confusione senza tempo che immaginiamo addosso ai defunti che non riescono a lasciare il corpo mortale per avviarsi verso il metafisico. L’ambizione è quella di stimolare, attraverso lo spettacolo, la conoscenza di una personalità scomoda e controcorrente, tra i maggiori intellettuali italiani del Novecento, poeta, scrittore, drammaturgo, regista, punto di riferimento e icona della libertà espressiva mondiale, in una visione innovativa e familiare, immaginandone emozioni e rapporti familiari. Sabato 10 dicembre alle ore 21.00 sul palco del Teatro dei 3 Mestieri, andrà in scena Parole mute 2.0 (Produzione La memoria del teatro) di e con Francesca Vitale e la regia di Manuel Renga.   Parole mute è una testimonianza sull’Alzheimer di Francesca Vitale, autrice e protagonista di questo testo, intimo e profondo, che nasce da una dolorosa esperienza personale: il padre dell’attrice è scomparso e i suoi ultimi anni di vita sono stati segnati da questa malattia. La costruzione dello spettacolo, un atto unico composto da 17 quadri scanditi da contributi musicali, è una suggestiva commistione fra testo, immagini, voci fuori campo e musica, che, in forma di dialogo con l’assente, ripercorrono le tappe di un rapporto mai chiuso. Manuel Renga ha curato la regia, ripresa della messa in scena originale di Lamberto Puggelli; le voci fuori campo sono di Paolo Bonacelli e Ottavia Piccolo, con la partecipazione di Tiziana Bergamaschi. Gli spettacoli di EPIC proseguiranno fino alla fine di dicembre 2022. Qui il calendario completo. EPIC Esperienze Performative di Impegno Civile progetto di Mana Chuma Teatro (Avviso pubblico per progetti di attività a carattere professionale nel campo dello spettacolo dal vivo nelle aree cittadine per aree cittadine periferiche – Comune di Messina / Ministero della Cultura). PROGRAMMA EPIC Acquista biglietti Info e prenotazioni: +39 346 123 1116 [email protected]  7 dicembre Ore 21.00 Teatro dei 3 Mestieri PPP Amore e lotta 10 dicembre Ore 21.00 Teatro dei 3 Mestieri. Parole mute 2.0 una testimonianza sull’Alzheimer... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
pinorotta · 6 years
Photo
Tumblr media
Nota dell’autore La decisione di pubblicare un libro deve necessariamente rispondere a un’esigenza, a una motivazione, ad almeno un motivo principale tra altri che possono spingere a prendere tale decisione. Questo saggio non fa eccezione. Prevalentemente caratterizzato da analisi sociopolitiche, è maturato all’interno del lavoro della redazione di scienze sociali di Helios Magazine, nel periodo che va dal 2001 ad oggi. Ed è la successione naturale alla pubblicazione di È un mondo complesso, analisi bioantropologica dell’Occidente (Città del Sole Edizioni, 2001). Di quest’ultimo ho sentito l’esigenza di verificarne anno dopo anno la validità del quadro culturale e sociopolitico che in esso avevo approfondito e, per certi versi, anticipato. Quel saggio era uscito pochi giorni dopo l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001 ma ovviamente era il frutto di un lungo lavoro durato circa due anni. Molte cose contenute in quel saggio si sono realizzate nella realtà sociale e politica dell’Occidente a cominciare dal clima di terrore, alla conseguente riduzione delle libertà personali, allo scontro tra civiltà, al dominio del mercato sull’individuo e sulle collettività e alla conseguente implosione dello stato di diritto che aveva caratterizzato l’Europa fino al 2000. Non solo queste cose erano già presenti nelle analisi del saggio del 2001 ma anche le azioni di denuncia, la divulgazione su stampa e televisione, l’impegno politico e sociale, che mi hanno visto coinvolto assieme a milioni di persone nel mondo. Azioni che non sono servite a impedire che una guerra inutile sconvolgesse prima 11 gli assetti politici degli Stati e poi le vite di ognuno di noi. E non sono servite a fermare il ritorno di una politica mediocre e corrotta, di cui l’Italia detiene il primato in Europa pur essendo in buona compagnia. Oggi viviamo in quelle condizioni di ricatto esistenziale e materiale che pure avevamo in tanti previsto e denunciato. C’è, quindi, una prima considerazione da fare nell’accingersi a pubblicare un libro: a che serve? Forse a mettere a fuoco con maggiore chiarezza le lacune dello studio passato; o anche per rivolgersi a chi aveva il compito di agire per il bene comune e non ha saputo o voluto farlo. Rivolgersi, quindi, alla politica e a un’opinione pubblica sempre più confusa e smarrita. In un primo momento mi sembrava opportuno rivolgermi a un pubblico che, per l’esperienza fatta nel campo degli studi sociologici e dell’impegno sociale, avesse condiviso una certa visione dei fatti politici e sociali con il background ideale e culturale in cui io stesso mi sono formato. Sono un uomo che ama definirsi “di sinistra” e in tale campo politico e sociale ho da sempre operato. Ma questo saggio con una tale impostazione, sarebbe stato solo un ulteriore contributo a un dibattito che da tempo sento non appartenermi più, ovvero di quale sia in Italia il ruolo della sinistra. Se non addirittura arrivare a porsi in forma assolutamente seria la domanda: esiste ancora la sinistra? Non era questa l’esigenza che sentivo e allora ho provato a continuare a fare quello che, più o meno bene, mi riesce di fare: studiare ed esporre fenomeni sociali, fare sociologia, in questo caso sociologia politica. E, facendo questa considerazione, mi sono accorto che un discorso del genere si ricollegava perfettamente alla questione della sinistra politica e sociale. Mi è venuto in mente l’atteggiamento che, fino agli anni ’80 del secolo scorso, la sinistra ha tenuto proprio nei confronti della 12 sociologia. Un atteggiamento perlomeno diffidente, essendo questa disciplina considerata dalla sinistra una scienza “borghese”. Questa etichetta è sempre stata stridente con la mia formazione culturale e lo è divenuta sempre di più mano a mano che avanzavo nei miei studi. Ho sempre considerato l’atteggiamento di gran parte della sinistra, nei confronti delle scienze sociali, non solo sbagliato ma addirittura miope e autolesionista. Uno dei motivi per cui oggi la sinistra si trova in una condizione di minoranza politica e sociale è senza dubbio il ritardo culturale che ha accumulato in questa branca di studi; che, tra l’altro, gli ha impedito di intercettare il punto di rottura tra il pensiero liberale e il pragmatismo liberista. Povera di strumenti di analisi adeguati ai mutamenti imposti dal liberismo, la sinistra si è limitata a denunciare ma non ha saputo affrontare e governare, nei tempi e nelle forme opportune, le trasformazioni che si vedeva scorrere davanti. Ai sociologi spetta il compito di studiare e di tentare di spiegare la realtà, ai filosofi di cercarle risposte esistenziali e alla politica di trovare strade per cambiarla. Ecco che, affrontando l’analisi degli avvenimenti politici e sociali verificatesi negli ultimi dieci anni e non solo in Italia, ho provato a darne una lettura in termini sociologici concentrandomi, soprattutto nella parte finale del testo, sulle dinamiche della comunicazione, strumento fondamentale non solo per capire la realtà ma anche per intervenire su di essa. Che il mio approccio metodologico si possa inquadrare in quel filone considerato un po’ eretico è un fatto, ma non dimentichiamo che siamo in Italia, paese di democrazia populista e confessionale (imposta dalla destra e ampiamente condivisa dalla sinistra!) che non ha mai conosciuto una vera epoca liberale e socialista. Il mio approccio eretico, perché laico e perché pone problemi inerenti al progressivo svuotamento del senso della democrazia, 13 credo di poterlo rivendicare, ma gli strumenti d’analisi adoperati sono quelli di una “scienza” che per me era e rimane semplicemente scienza sociale senza ulteriori aggettivi. In definitiva questo saggio si propone di offrire ancora strumenti di riflessione e di conoscenza, con l’auspicio che la risposta sia certamente critica e dialettica ma contestualizzata su analisi ragionate e non su semplici reazioni emotive agli eventi che subiamo spesso con un senso di impotenza. Riservo per ultimo il ringraziamento doveroso agli amici di Helios Magazine che, ormai dal 1996, condividono con me le loro esperienze e le loro qualità intellettuali e umane; tra essi un ringraziamento particolare a Katia Colica e Salvatore Romeo per il contributo fattivo e prezioso che hanno dato alla nascita di questo lavoro. 14 Prefazione Quali che siano le coordinate entro cui si svolge la parabola della nostra vita, il fattore psicologico più importante è costituito dalla possibilità di “sognare” opportunità future in grado di realizzare le più ambiziose aspettative personali e di migliorare la propria condizione. Il mondo fantasmatico costruito dal nostro inconscio è un serbatoio fondamentale dal quale attingiamo l’energia e l’immaginazione necessarie per costruire non solo la nostra personalità, ma anche il nostro domani. È in esso che si generano le speranze, le aspettative, le prospettive che orientano il nostro pensiero e il nostro agire. Oggi, però, sembra quasi che gli eventi che accadono intorno a noi siano indirizzati verso una direzione che frustra ogni possibilità di immaginare un futuro migliore e il declino degli ideali; il degrado ambientale, l’esaurimento delle risorse naturali, il fanatismo terroristico e lo svilimento del senso etico si affiancano alla precarietà occupazionale e all’incertezza economica per dipingere uno scenario dominato da tinte fosche e da sentimenti realisticamente pessimistici. Se a tutto questo aggiungiamo la percezione del vorticoso fluire del tempo e della mancanza di spazi ben definiti, riconosciuti e rassicuranti determinata dai moderni mezzi telematici, forse riusciremo a comprendere perché l’uomo moderno possa sentirsi, oggi più di ieri, smarrito e disorientato, prigioniero di un mondo instabile e indeterminato. 15 In questo contesto forse la sensazione più diffusa è quella dell’ineluttabilità, come se le cose che accadono non fossero esse stesse eventi determinati dalle nostre opere o dalle nostre omissioni, come se esse fossero delle conseguenze di scelte alle quali noi, piccoli elementi di un grande sistema, non possiamo nemmeno minimamente pensare di partecipare. Così tutto “accade”, tutto avviene sopra la nostra testa, tutto si svolge al di fuori delle nostre possibilità e a noi sembra di osservare una scena virtuale senza la consapevolezza di esserne al contempo non solo spettatori, ma soprattutto attori. Nessuno di noi può chiamarsi fuori dalla Storia che si sta scrivendo sotto i nostri occhi, nessuno può affermare di non partecipare agli eventi che stanno trasformando così convulsamente il mondo contemporaneo. Probabilmente in tutto questo possono giocare un ruolo importante dimensioni psicologiche legate ad archetipi profondi, che riattivano in noi angosce primordiali collegate alla paura dell’ignoto. Sia l’incertezza sul futuro, sia il presente vissuto sotto l’ombra della provvisorietà divengono rappresentazione dell’illusorietà e di quell’imprevedibilità che sfugge a ogni controllo razionale; e sappiamo bene che ognuno di noi ha bisogno, almeno, di illudersi di controllare l’ambiente in cui vive. Il sentimento di precarietà che scaturisce da queste considerazioni genera a sua volta confusione, contraddizioni e un diffuso pensiero di transitorietà alimentati, oltretutto, da un sistema di comunicazione strumentale e sottoposto alle esigenze del mercato e delle logiche dei poteri dominanti. La storicità, invece, rappresenta l’elemento comune di una Società, il filo temporale che ne collega l’esistenza, la materia che ne determina la continuità e l’identità, dimensione che in fondo le conferisce una forma ben definita, elevandola a creatrice di Civiltà. Ma l’epoca attuale sembra avere smarrito questo senso della memoria, distratta nel fare tesoro delle esperienze acquisite e 16 di un patrimonio che potrebbe essere un contenitore consolatore per il presente e una guida illuminata per il futuro. La Civiltà umana si protegge e si evolve in virtù della sua memoria storica, del suo ininterrotto progresso fatto sì di conquiste e di miglioramenti, ma disseminata anche di eventi negativi. Uno dei punti forti di questo saggio è certamente la volontà di focalizzare l’attenzione e quindi, di riconquistare la memoria storica, sugli eventi accaduti negli ultimi anni e sulle premesse che, se lette per tempo e tenute in considerazione, avrebbero potuto rappresentare probabilmente degli elementi da cui partire, se non altro, per limitare i danni. Molti capitoli analizzano le radici antropologiche di una crisi che è divenuta globale (oppure di una crisi globale che è implosa e ha generato tante altre crisi localizzate?), altri le ragioni politiche ed economiche, altri ancora quelle culturali e filosoficoreligiose, tenendo insieme avvenimenti in apparenza, e solo in apparenza, molto diversi tra loro. Siamo veramente sicuri che tutte queste prospettive non abbiano nulla in comune oppure, come ci ha insegnato l’esperienza della globalizzazione, dobbiamo pensare che non esistono più ambiti concepibili come concettualmente autonomi e indipendenti? Il saggio collega gli accadimenti, fornisce al lettore un prezioso grand’angolo col quale osservare un panorama ampio e gli offre elementi d’approfondimento essenziali per una comprensione critica di avvenimenti anche distanti nel tempo. L’ottica di osservazione non si esaurisce mai nella pura analisi o nella descrizione, come farebbe un mero sociologo, ma si sforza quasi sempre di individuare elementi critici, punti nodali e sostanziali dai quali ripartire per cercare di dare risposte e di incidere in modo fattivo sui “destini del mondo” come farebbe, invece, un sociologo-politico. 17 Il lavoro non è semplice, né facile, né, forse, concretamente palpabile, nel senso di offrire una percezione immediata dei risultati, ma sicuramente riesce a dare spunti di riflessione e a suggerire vie da percorrere. A cosa serve un saggio del genere, ci si potrebbe chiedere. Si potrebbe rispondere con le parole dell’Autore stesso: «anche per rivolgersi a chi aveva il compito di agire per il bene comune e non ha saputo o voluto farlo». Oppure ancora dicendo che è venuto il momento di “coagulare” le conoscenze, per usare un termine prezioso in alchimia. Così come sottilmente e continuamente la Cultura dominante, attraverso gli indirizzi forniti in maniera ora assordante ora silenziosi ma con altrettanta dirompente eco emotiva, è riuscita a condizionare la coscienza collettiva e a orientarla verso modelli di esistenza inadeguati, ove non aberranti (penso alle “guerre giuste”, per fare solo un esempio), il suggerimento che scaturisce dalle riflessioni che leggiamo in questo lavoro è quello di scuotere la coscienza degli “Intellettuali” verso una sempre maggiore e più viva presenza all’interno della Storia e della Società in cui vivono, poiché, come riporta l’Autore, si possa dire «Io forse ho perso, ma ho partecipato e non mi sono arreso». In un’epoca nella quale i più profondi valori cristiani che, credenti o non credenti accettiamo per la loro universalità, sembrano irrimediabilmente decaduti, allorché la violenza privata e collettiva sembra prendere il sopravvento sul bene della pace e della concordia, quando il più bieco individualismo sembra sopraffare i valori della solidarietà e l’interesse privato viene prima del bene pubblico, allorché l’egoismo soffoca l’altruismo, l’intolleranza uccide l’umiltà della condivisione e della comprensione, sono i concetti stessi di libertà, di giustizia sociale e di democrazia a venir meno. 18 Questo è un messaggio che deborda da ogni pagina, come da tutto il libro tracima con altrettanta forza l’esigenza di un “nuovo umanesimo” che rivaluti i beni della libertà e della giustizia e di cui gli Intellettuali dovrebbero farsi promotori visibili, probabilmente scendendo dalle loro torri d’avorio, uscendo dai loro santuari, schiarendosi la voce e sensibilizzando le menti, in modo che la coscienza divenga consapevolezza: solamente quando vi è consapevolezza si ha il coraggio di agire, la forza per tentare di modificare una situazione inaccettabile. Nella nostra epoca globale, senza spazi e senza tempi per riflettere, il compito dell’Intellettuale non è solo quello di valutare con saggezza i messaggi sociali, di contestualizzare gli eventi, di vagliare con spirito critico le conoscenze per renderle elaborabili dalla collettività, oppure quello di tramandare le esperienze acquisite ma dimenticate dal sistema. La sua funzione è anche quella di “urlare” contro le false suggestioni del profitto e della forza che ci vengono propinate dall’Establishment e di promuovere nuove e “vere” concezioni, assumendosi la responsabilità di riscrivere i princìpi del Terzo Millennio, alla luce di quella nuova umanità che ispira il loro autentico e segreto “sentire”. Salvatore Romeo, psicoterapeuta e saggista 19
0 notes
Photo
Tumblr media
Poecity, la scrittrice Katia Colica presidente della giuria Crotone. L'estate sta finendo e anche "Poecity ", il primo contest di poesia urbana on the beach, sul litorale crotonesetra qualche giorno, giungerà al…
0 notes