Tumgik
#è lui che li fa palesemente
omarfor-orchestra · 1 year
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Quei due si metteranno insieme irl segnatevi le mie parole
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fioredialabastro · 6 months
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Una rabbia costruttiva
La vicenda di Giulia mi ha sconvolto più delle altre. Penso a quando mi sono laureata alla triennale quattro anni fa e il mio ragazzo di allora, malato di depressione, arrabbiato col mondo e per nulla intenzionato a farsi aiutare nonostante gli sforzi, era palesemente invidioso, al punto da sussurrarmi all'orecchio, un minuto prima di essere chiamata sul palco e proclamata dottoressa: "Certo che qua i 110 e lode li regalano, alla mia facoltà te li sogni". Quella frase, ovviamente, fondava le radici su parole e gesti ben più gravi, come quando prendevo bei voti agli esami e mi diceva che ero stata solo fortunata a ricevere le domande giuste, o quando mi costringeva a studiare con lui e mi lasciava rinchiusa nella stanza, impedendomi di tornare a casa o di andarsene dalla mia finché non aveva finito ciò che doveva. Allora penso all'invidia di Filippo per i successi professionali di Giulia, a come la sua rabbia si sia trasformata in un agghiacciante omicidio premeditato e realizzo quanto io sia stata fortunata del fatto che le violenze del mio ex si fossero fermate a qualche passo dall'inevitabile, anche dopo averlo lasciato.
È una sensazione terribile, perché solo adesso, a distanza di tutti questi anni, mi rendo conto profondamente della gravità della situazione che stavo vivendo. Tante volte, di fronte all'ennesima sopraffazione da parte sua, ho pensato: "Stiamo insieme da quattro anni, mi ama ma non riesce a dimostrarlo e poi non sono mai tornata a casa con un occhio nero, non può essere paragonabile a quelle storie che sento al telegiornale". Invece sì, lo è. Probabilmente, se non lo avessi lasciato facendogli credere che la scelta fosse sua, se mio papà non fosse intervenuto in maniera diplomatica dopo la rottura, a lungo andare avrei fatto la stessa fine di Giulia e di tutte le altre vittime. Perché quando vivi una relazione tossica, non sei consapevole di dove può arrivare la persona che dice di amarti e che credi di amare, anche se conosci bene i suoi problemi e ciò che un rapporto sano richiede. Si minimizza, si giustifica, si muore, lentamente.
Così, quando credo di aver superato il passato perché mi sento in pace per essere riuscita a perdonarlo e a non augurargli il peggio, ecco l'ennesima donna che muore per mano maschile, ricordandomi che il perdono ha senso solo se non si dimentica il male ricevuto. Perciò sì, sono stata fortunata, ma non per questo vado a ringraziare il mio ex per non avermi ammazzato. Piuttosto, voglio che questa rabbia rimanga, per continuare a lottare per una società più giusta, per non sentirmi più una sopravvissuta ogni volta che si parla di femminicidio.
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blackrosesnymph · 5 months
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Vi racconto una cosa su cui sono sensibile, se mi scriverete insulti non li leggerò.
Sono uscita anni fa con un amico di amici di vecchia data e fin da subito ha iniziato a farmi pressione pagandomi un sacco di pranzi, io ero in un periodo di grande fragilità (e si vedeva palesemente), già era capitato che uscendo con lui, lui avesse insistito per toccarmi le parti intime (perché tanto agli altri con cui mi sentivo le facevo vedere) e una volta era riuscito anche a toccarmi dopo un mio NO ripetuto tre volte (eravamo in un posto isolato e io avevo paura), io continuavo a uscirci perché da un lato era un amico di vecchia data e pensavo di essermi come dire sbagliata io sul suo conto dato il mio periodo fragile, dall'altro lato continuava a ripetermi che lui era un uomo corretto, in cerca solo di una vera compagna. A Natale mi dice di avermi fatto un regalo e che siccome era un vestito andava provato, io che volevo rifiutare il regalo per non sentirmi ulteriormente plagiata dalla sua trappola "mi devi qualcosa in cambio" ho ben pensato di salire nel suo appartamento per provare il vestito e magari inventarmi che la taglia non andava bene, lui non mi dice dov'è il bagno per cambiarmi e mi dice di spogliarmi davanti a lui, appena mi sono messa il pigiama (ovvero il regalo), lui seduto sul letto mi ha presa per le gambe e trascinata verso di lui, io sono andata in freeze mode (di nuovo isolata e impaurita), abbiamo fatto sesso con io che interiormente mi dicevo "tra poco sarà tutto finito, tieni duro", sono arrivata a casa e mi sono subito lavata, ancora ricordo quella doccia, il modo diverso in cui mi sentivo sporca.
Gli amici comuni hanno avuto la grazia di andare in giro a dire "ma sì, si sa, la conosco da una vita, lei è così, è un'indecisa"
Io ancora mi sento sporca ogni volta che ci ripenso.
P.S.: ho scopato con altri uomini e mi sono pentita, vi giuro che non basta "pentirsi di una scopata" per sentirsi molestate...
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unafarfallablu · 8 months
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Soffermiamoci un attimo a parlare di questa mia amica che (per comodità chiameremo X)
E di questo suo ragazzo che sempre (per comodità chiameremo Y)
X È fidanzata con Y da circa due anni,
X è sempre stata una ragazza che amava cucinare e (fortunatamente) anche mangiare, solare, bella, spigliata, libera (punto cardine di questo discorso)
Y è un ragazzo amante di se stesso, ego smisurato, e prima di lui solo ed esclusivamente la palestra e il fitness, per il resto, è lui la persona più importante.
Sta di fatto, che l’altro ieri mi interrogavo, mentre li guardavo fare aperitivo (per modo di dire) l’una affianco all’altra, di come X sia da due anni a questa parte (tó che coincidenza) dimagrita, con gli occhi un po’ spenti e il bisogno quasi doverso di controllare l’andamento della sua vita, i suoi capelli sempre in ordine, il vestito che deve mettersi a posto ogni 2x10, il rossetto (che non ha mai indossato prima di Y) e i grammi di pasta e il fatto che se ha fatto aperitivo alle cinque, allora deve assolutamente non mangiare più niente fino a domani, per lei che una volta si finiva una teglia di parmigiana. (o quasi)
Ad un certo punto della giornata di ieri, Y ha fatto raccomandazione a X di non bere la coca cola, e di “prediligere l’acqua naturale che è più sana.” Davanti a tutti tra l’altro, come se non bastasse, qualche secondo dopo avergli “consigliato” di non bere bevande zuccherate, gli ha tolto il bicchiere della coca avvicinandogli una bottiglietta d’acqua.
Aspetto il momento giusto per parlare con X, per provare quantomeno a fargli accendere un minuscolo campanello d’allarme sul quel poveraccio d’animo tutto muscoli che da due ha palesemente spento la sua luce.
Nel frattempo però, io mi sono ricordata di A…
Il mio A, che mio non è mai stato poi, e di tutte le volte in cui mi sono lamentata con lui per il mio corpo, per le gambe troppo grosse, le braccia enormi e la pancia non perfettamente piatta come le altre ragazze. E mi sono ricordata di tutte le cose sbagliate di A, dei suoi difetti, che sono tanti e forse più grandi di me.
Il mio A è fissato con la palestra, si sveglia tutti i giorni alle nove per allenarsi almeno un paio d’ore, mangia sano, ha un fisico prettamente asciutto, le spalle grandi e i muscoli belli in vista e non si ricorda neanche l’ultima volta che ha mangiato una crêpes.
A sa che amo mangiare, che a volte non sto attenta per niente, che mangio troppe caramelle e almeno cinque biscotti inzuppati nel latte. Lui mi prende in giro, mi dice che faccio come i bimbi, la merenda alle quattro del pomeriggio.
Eppure in tutti questi anni, non mi ha mai, neanche per una volta detto che forse è meglio non bere coca cola e/o mangiare meno biscotti nel latte. Ad A non piace più mangiare a notte fonda, è un vizio che si è tolto da molto, eppure quando parliamo dei giri in macchina che dobbiamo fare, poi lui conclude sempre con “andiamo a mangiare qualcosa.”
Silenziosamente allora io, ripensando ad A e a tutte le volte che mi sprona a mangiare di più se a pranzo ho mangiato solo del riso, a quella volta in piena estate in cui mi ha detto “mangia e bevi acqua che fa caldo.” E a quelle volte che mi ricorda che a lui il mio corpo piace anche se mangio caramelle, io alla fine mi sono sentita estremamente fortunata.
Io e A non abbiamo una bella storia, direi piuttosto una grande storia, fatta di una strada piena di fossi, e dio solo sa come facciamo entrambi a camminarci sopra come se fosse asfalto liscio.
Eppure, se in giro c’è questo tipo di amore, quanto sono fortunata io a raccontare che A sparisce nel nulla ed è un assoluto coglione, ma è capace di prendersi cura della mia luce in un modo tutto suo.
Grazie A, sei la cosa più incasinata che ho avuto dalla vita, ma se non ci fossi stato tu avrei mangiato meno caramelle.
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mchiti · 7 days
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il tuo discorso può essere condivisibile se fosse così per tutti. Invece gli stranieri in italia (siano essi marocchini, albanesi, tunisini, rumeni o di altri paesi africani e via dicendo) sono fieri delle loro origini (e se io ti dicessi che non sei marocchina come la prenderesti? o se lo dicessi a un filippino o a un cinese) ma ricciardo non può essere considerato italiano. C'è palesemente un guasto ideologico qui.
ciao e scusa il ritardo nella mia risposta. Io non trovo ci sia alcun guasto ideologico. Premesso che 1) io la cittadinanza marocchina ce l'ho per lo stesso motivo per cui ricciardo ha quella italiana, perché anche in marocco funziona lo ius sanguinis. E non sono neanche contraria perché il mio problema non è che ricciardo o chi per lui abbiano il passaporto italiano, il mio problema è ovviamente la terribile disparità con chi nasce qui e deve buttare sangue per avere un diritto che dovrebbe spettare più a me più che a uno che non sa nulla dell'italia e biascica tre parole di italiano.
Lo ius sanguinis mi tedia quando diventa un perno culturale. C'è una differenza importante tra il valorizzare parte della propria identità culturale, amarla e considerarsi al pari di chi invece nasce e vive nel paese di origine della tua famiglia. Io sono italiana figlia di marocchini e mi definisco italo-marocchina. Vivo in una vera e propria sub-comunità, che è quella della diaspora marocchina europea: i marocchini italiani, spagnoli, francesi, olandesi e in minor numero tedeschi compongono questa grande comunità che ha ognuno connotati propri ma una continuità culturale (perché ascoltiamo le stesse canzoni, parliamo delle stesse cose e c'è una vicinanza geografica) e che dialoga con il paese di origine delle proprie famiglie. Allo stesso modo in cui è una sub-comunità quella italo-americana e quella italo-australiana. Ma non posso pensarmi in egual modo a chi vive in marocco, così come ricciardo non è italiano. Il problema nasce dalla spocchia degli americani o degli australiani di pensare che l'europa in qualche modo li riguardi, una spocchia che mi infastidisce perché è 1) first world problem 2) fa passare una pericolosa narrazione su cosa significa essere europei o italiani nello specifico. Nessuno rinnega l'identità culturale di ricciardo, che per ovvie ragioni è anche italiana, ma non è italiano come io non mi posso considerare marocchina in quel senso.
Detto questo anche una precisazione ovvia, e poi chiudo e scusa la lunghezza: un conto è se lui è figlio di una madre che è praticamente nata in australia da genitori italiani e da un padre che è cresciuto lì fin da piccolo, un altro conto posso essere io che ho genitori immigrati da adulti. Le diaspore che tu hai menzionato in Italia e in europa sono molto recenti in paragone a quella italiana che va avanti dall'ottocento, ed è inevitabile che ci siano differenze. Quando e se avrà figli, come ho già detto, so che saranno già molto diversi da me. Tra tre o quattro generazioni di marocco rimarrà poco e niente: è triste ma è la vita, e sarebbe ridicolo che un branco di italiani tra 60 anni vadano in marocco con la spocchia di sentirsi parte locale di un territorio che non conoscono minimamente.
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silviascorcella · 6 months
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Loredana Roccasalva: gli abiti sono occasioni sartoriali d’incontro
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“Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso: ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto”: il grande poeta inglese John Donne perdonerà l’azzardo del prestito di queste sue parole che scrisse una buona manciata di secoli fa, ma mai affermazione fu più adeguata per accompagnarci a conoscere il pregio generoso dell’intenzione che s’intreccia alla materia eccellente della nuova collezione di Loredana Roccasalva per la prossima stagione Autunno-Inverno 2019-20!
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Affinità elettive non solo poetiche, ma innanzitutto biografiche: per Loredana Roccasalva, fondatrice e cuore stilistico del brand con cui condivide il nome di battesimo, l’isola in questione non è solo un’immagine metaforica, ma è anche quella che accoglie le radici della sua identità, di donna e di stilista, ovvero la terra siciliana, modicana per l’esattezza.
Ma anche se le radici sono infilate letteralmente sull’isola, le fronde della creatività di Loredana crescono, si espandono determinate e curiose a osservare cosa accade oltre l’orizzonte conosciuto della tradizione locale: l’arte stilosa che nutre l’anima talentuosa e le mani sagge di Loredana Roccasalva, infatti, da sempre posa il suo sguardo sul continente vasto della società, delle persone variegate che la abitano, dei loro guardaroba che necessitano meno vestiti standardizzati e più abiti allacciati all’animo oltre che al corpo che li indossa.
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E la collezione Autunno-Inverno 2018-19 è una celebrazione rinnovata a questa dedizione sociale attraverso l’arte sartoriale! Le creazioni della collezione sono infatti una declinazione felicemente personale dell’arte relazionale: come fossero degli itinerari sensoriali, i capi sono pensati per vestire, certo, ma anche per essere un invito a superare l’isolamento e a riscoprire la meraviglia spontanea dell’incontro. Come? 
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Osservateli bene: gustate pure la piacevolezza ricca della manifattura eccellente, che della sartorialità artigianale di Loredana Roccasalva è la cifra distintiva. Ed ora lasciate che alla contemplazione dell’esattezza si aggiunga il gusto curioso della scoperta imprevista dell’imperfezione: li vedete quei fili che sembrano lasciati lì per distrazione sugli orli delle gonne e sui perimetri degli abiti? Non sono errori, bensì sono le strade sulle quali incamminarsi per andare alla scoperta dell’altro, pretesti sartoriali per innescare il dialogo, geografie sul tessuto che tracciano la via dell’incontro.
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Gli abiti della collezione Autunno-Inverno 2019-20 di Loredana Roccasalva, infatti, chiedono di essere avvicinati: invitano con garbo e familiarità ad essere esplorati su quegli orli vivi e vitali, a soffermarsi per far giocare i fili tra le dita che pendono dalle lane lavorate a telaio, per coccolare tra le mani le protuberanze soffici del macro-cardigan, a tirar fuori la gentilezza sorridente e attenta anziché la sveltezza superficiale della fretta, per chiedere a voce curiosa come mai sono stati lasciati liberi di fluttuare nell’aria sul confine di un abito di qualità palesemente sartoriale.
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O come ci sono finiti tutti quei pannelli di tessuti diversi a formare un cappotto che sia lui che lei può indossare? Il regalo che quest’invito a varcare il confine dell’isolamento frettoloso riserva a chi lo, accoglie indossando gli abiti o incontrandoli, è di certo assai sorprendente: la rivelazione dell’incontro spontaneo.  L’incrocio possibile di storie di vita: è la scoperta che la bellezza si accoccola nell’imperfezione, smussa gli spigoli respingenti dell’esattezza eccessiva e apre lo spazio per la conoscenza reciproca.
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Per concludere, potremmo chiedere un ulteriore prestito poetico e allacciare letteralmente il filo con un’artista che ha abitato l’ispirazione di Loredana Roccasalva per questa collezione, ovvero Maria Lai. In occasione del suo intervento ambientale “Legarsi alla montagna” (Ulassai, 1981), sovvenendo alla richiesta di un monumento da parte del sindaco, l’artista parte da una leggenda locale e unisce, insieme ai suoi concittadini, una con l’altra tutte le case, e allaccia le case alla montagna franosa che incombe, con 26 chilometri di nastro azzurro: «Lasciai a ciascuno la scelta di come legarsi al proprio vicino.
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E così dove non c’era amicizia il nastro passava teso e dritto, dove l’amicizia c’era invece si faceva un nodo simbolico. Dove c’era l’amore veniva fatto un fiocco.» Complimenti dunque a Loredana Roccasalva, e al suo invito sartoriale ad allacciare fiocchi spontanei laddove il perimetro dell’isolamento sarebbe attraversato da un filo dritto e solitario.
Silvia Scorcella
{ pubblicato su Webelieveinstyle }
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23 dicembre 2022
Sto ancora a pensare al litigio di due giorni fa. Pensare che fino al giorno prima con Rambo avevo una relazione da fratello-maggiore-e-sorella-minore-pestifera e ora invece appena lascio vagare la mia mente penso al ‘con me hai chiuso’. Io non capisco come faccia a vedere le situazioni e le persone come bianco o nero, nessuna tonalità intermedia. O sei con lui o sei fuori. Le persone sono più complesse di così. Non riesco a vederla come lui e allora mi dice che ‘non è così che funziona’. Non avevo mai litigato con un amico così, o avuto questo tipo di conversazione per messaggi. Stamattina ho pianto di nuovo. Daniele ieri mi ha chiesto di nuovo come stessi perché palesemente non mi ha creduto quando ho attribuito il mio umore ad un accenno di febbre. Ile pure sta incazzata con me, ma la cosa peggiore è che percepisco un po’ di rassegnazione e questo mi fa star peggio. Pensare che si sia creata questa versione di me in testa che non corrisponde alla realtà e adesso invece che rendersi conto di quello che è, la vedo che perde fiducia nei miei confronti.
Come siamo passati dal ripetere le info per l’esame di urbanistica a tutti contro me io non lo so. Cioè lo so, ero lì quando è successo, ma ancora non mi capacito. A parte che io non sono nessun giudice imparziale, se vedete che non vi rispondo è perché non state litigando su qualcosa su cui si può discutere. State solo puntando il dito contro l’altro e volete solo l’occasione per dire ‘vedi, siamo 3 contro 1 quindi il problema sei tu’. Questo tipo di situazione è idiota. Non porta a niente. Non si sanno neanche sfogare. Ma la colpa la ho io perché non prendo le parti ne di uno ne dell’altro. Ile dice che dato che siamo in un gruppo devo (devo) dare la mia opinione. Lei tanto il suo l’ha fatto, ha detto a Daniele non capisce niente, Daniele ha detto a Rambo che non ha lavorato e Rambo ha detto che lui ha lavorato e che se è così veloce se li finisse lui di unire i primi piani. Anzi no questo lo ha detto a me. Perché se non ho concordato con lui allora vuol dire che ho dato ragione a Daniele e che ora ‘dato che l’amore mio pensa sia facile ve la vedere voi due’. Ignorando il piccolo dettaglio che se tecnicamente non ho concordato neanche con Daniele, secondo questo punto di vista ho dato ragione automaticamente a Rambo, come si fa a ragionare così? Non puoi. Nulla di quello che posso dire porterà ad un risultato (non dico neanche tregua).
Sono stata tutto quel giorno (dopo l’esame ovviamente) a non far altro che agitarmi, saltare il pranzo, avevo la fila chiusa e sono andata a chiudermi in bagno almeno 3 volte per non piangere davanti a loro (non ci sono riuscita neanche in bagno). E Rambo che nel frattempo, mi mandava messaggi del genere mentre era ancora seduto vicino a me. Mai stata così uno straccio come quel giorno. Al ritorno in stazione Daniele non ha fatto altro che parlare e cercare di farmi reagire a cosa diceva, lo percepivo che lo stavo facendo preoccupare.
Io sto ancora qui a pensarci. Vorrei smetterla di riuscire ad addormentarmi solo se finisco di piangere o di svegliarmi piangendo. Perché non possono accettare il fatto che io sia così? Ile lo sa come sono cambiata da quando ci siamo conosciute. Non sono per niente la stessa persona, caratterialmente parlando, ma non riesce ad accettare il fatto che anche ho dei difetti pure io, perché pensa che non ne abbia? Ci sto lavorando su me stessa, ti puoi accorgere di come sono migliorata negli anni, eppure mi rende ancora colpevole. Non è qualcosa che posso gestire e controllare in un mese, se mi mettete alle strette così io non vi parlo. 5 anni fa me ne sarei scappata dall’aula, oggi sono rimasta e sto comunque cercando di farvi capire come sono, perché reagisco così. Se fosse così semplice cambiare personalità non ci sarebbero problemi. (Ma poi perché devo cambiare io? Perché è tutto così complicato?) Non sono proprio in grado di dare una risposta secca quando sono messa nell’angolo, perché tutto è complicato, devi contare tanti fattori, non è tutto o bianco o nero, dannazione.
I genitori con mia sorella sono andati in giro a fare acquisti (si allora di pranzo, perché tra fisioterapista e il relatore di tesi di mia sorella che fa le call lunghissime, questo è il momento in cui sono tutti liberi). Io sto qui in veranda a cercare di leggere per poter riuscire a non pensare a questo casino in cui mi trovo e a non farmi divorare dai sensi di colpa per il fatto che non sto toccando il pc per lavorare. Se smetto di avere la mente occupata inizio a pensare e non ne esco più. E tutto ciò mi rend è più stanca di quello che sono.
Vado ad uscire dal frigo gli ingredienti per fare un tofu scramble e lo cucino. Magari mi calmo. Ho pure il ciclo. Come ho fatto a finire in questa situazione? Ile posta storie di finti oroscopi con frasi ambigue e io le percepisco come frecciatine verso di me. Non mi sento in grado nemmeno di postare foto su Instagram, a tanto è arrivato il mio disagio. Ancora per caso le vedono e si fanno altre opinioni sbagliate di me. Pensano sia menefreghista, oppure non lo so untrustworthy. Una persona orrenda. Vorrei parlarne con qualcuno ma i miei unici amici al momento sono: cate (starà col zito e con amici suoi, se voleva vedersi mi scriveva, ma non ha più manco raccontato cosa è successo con quello penso sia davvero il zito nuovo), bobba (l’ho vista solo due volte quest’anno è sempre con altra gente intorno e non abbiamo parlato personalmente solo noi due, poi lei a differenza di me ha una comitiva con cui passa le feste quindi mica posso chiederle di vedersi), mia sorella (le ho raccontato la situazione, ultimamente mi sto confidando di più con lei, ma so già come la pensa a riguardo), Daniele (new entry dato che penso abbia sottolineato il fatto che siamo amici come una cosa fissa e non disponibile a cambiamenti ma allo stesso tempo continua ad avere comportamenti ambigui verso di me) (a lui non posso dirlo perché è diretto interessato). Fine. Claudia non si è più fatta sentire, mi disse che si ci saremmo sentite e tutto quanto quando scendeva per Natale. Ho ancora momenti in cui mi manca Izio. I really need to find more friends, ma qua è impossibile. Tutte le persone della mia età le conosco e non ci voglio avere a che fare. È la seconda volta che incontro compagno-di-classe-del-liceo che mi guarda (riconoscendomi) ma non mi saluta. Vorrei davvero sparire e riapparire da un’altra parte del mondo, dove nessuno mi conosce e poter ricominciare da zero. O semplicemente per avere opportunità diverse. Sono una campionessa nel perdere amici. O nel non saper rimanere connessi con questi. Io volevo solo una vita semplice. Non cerco la felicità. Mi basta essere tranquilla. Vabbè okay, ora sto delirando, vado a prepararmi il pranzo così mangio e mi passa.
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omarfor-orchestra · 2 years
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Massigallo è esattamente come vincenzomalinconico ha palesemente qualche figliə o nipote che gli fa gli edit e lui li mette sulla pagina ig senza nessuna caption io lo amo
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pomposita6292 · 4 years
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Stefano Sorci gestisce un pub in provincia di Latina, prendetevi cinque minuti e leggete questo suo bel post, divenuto giustamente virale, ne vale davvero la pena.
I ragazzi alla ribalta delle cronache sono stati anche da me, era una sera d’inizio estate.
È stata una mezz’ora, sul tardi, e non è successo nulla di particolare.
Eppure, tutti i presenti, quella mezz’ora se la ricordano bene. Anzi, ne ricordano bene i primi dieci minuti, quelli sufficienti a fargli passare la voglia di restare.
Eravamo seduti tutti fuori, e ci siamo girati improvvisamente a guardare il Suv che sbucava dall’arco a tutta velocità per poi inchiodare a due metri dai tavolini.
Sono scesi in 5 col classico atteggiamento spavaldo di chi a 25 anni gira col Suv, in gruppo, coi capelli tinti, le catene al collo, i vestiti firmati, i bicipiti tirati a lucido e le sopracciglia appena disegnate.
Quando fai il mio lavoro da anni, ti accorgi che su quella storia dell’abito e del monaco qualcuno ci ha ricamato sopra allegramente.
È calato subito il silenzio, sono stato costretto ad alzarmi quando ho sentito un poco promettente “chi è che comanda qua dentro?”, detto dal primo che si era affacciato sulla porta.
Sono andato verso il bancone senza neanche rispondere, mentre loro mi seguivano dicendo “ah, ecco, comanda lui, è questo qua”.
Poi è iniziato il giro di strette di mano, di quelli “ci tengo a dirti chi sono e devo capire chi sei tu”.
Hanno iniziato a fare mille domande, prima sugli orari di apertura di tutti i locali del paese, poi sulle birre, sul modo in cui si lavano i bicchieri, sulla quantità della schiuma.. c’era un’atmosfera pesantissima, era una conversazione di quelle finte che girano intorno a qualcosa, sembrava un film di Tarantino ed io mi sentivo come Brett che spiega a Samuel L. Jackson la provenienza del suo hamburger, prima di sentirsi recitare Ezechiele a memoria.
Ho visto con la coda dell’occhio tutti i tavoli fuori svuotarsi, le persone buttare un occhio dentro e andar via, e, mentre cercavo di rispondere alle domande, loro hanno iniziato a fare una gara di rutti sopra la mia voce a cui non ho reagito in nessun modo. Non contenti del mio restare impassibile, hanno proseguito la provocazione iniziando a rimproverarsi a vicenda, “non si fa così, non ci facciamo riconoscere, se ruttiamo poi sembra che manchiamo di rispetto a lui che comanda! Dobbiamo chiedere scusa!”
Ho servito le birre come nulla fosse, e ricordo bene l’espressione di quello che ha messo mano al portafogli e mi ha chiesto “quant’è”, senza il punto di domanda e senza guardarmi. La stessa espressione che rivedo in ogni post di questi giorni.
Hanno bevuto, hanno fatto casino, hanno brindato, hanno ruttato, e sono ripartiti sgommando col Suv, come cani che hanno appena pisciato su un territorio nuovo e se ne vanno soddisfatti.
Ho chiuso a chiave e mi sono diretto a casa, ho iniziato a tranquillizzarmi soltanto lì.
Ho pensato con rabbia alla mia vigliaccheria, al mio non aver proferito parola, al mio averli serviti con educazione mentre mi mancavano palesemente di rispetto in casa mia, e anche al fatto che avevano la metà dei miei anni.
Ho pensato che avevo soltanto chinato il capo davanti alla prepotenza.
Poi ho sperato di non vederli più, perché se fossero tornati non avrei sicuramente reagito neanche la seconda volta, e ho pensato che avevo avuto paura. Semplicemente. Tristemente.
Oggi, ripensandoci alla luce dei fatti recenti, forse non me ne vergogno più, provo solo una stima enorme per Willy e per la sua sterminata mole di coraggio racchiusa in uno scricciolo d’uomo.
E so che non c’entrano Gomorra, Tarantino, Romanzo Criminale, non c’entrano internet, la Trap o le arti marziali, così come ai tempi miei non c’entravano Dylan Dog, il Rap, le sale giochi.
C’entrano le istituzioni, c’entrano i genitori, c’entra la scuola, la storia è sempre la stessa, ma non la studiamo mai.
Il resto sono stronzate, e cercare dei colpevoli ci alleggerisce sempre.
Io me la ricordo quella mattina in terza elementare, quando non ho saputo elencare a memoria le province del Piemonte, me li ricordo quei pomeriggi in lacrime a scrivere quaderni di verbi e coniugazioni, me le ricordo le parole di mia madre quando ho preso quel 3 al compito di Latino, e ricordo pure la sua espressione quando a 16 anni mi ha beccato un giornaletto pornografico sotto al letto, ricordo le raccomandazioni di mio fratello più grande quando mi diceva che alla scuola pubblica sarebbe stato tutto diverso, e ricordo quando i miei gli trovarono un pacchetto di cartine nelle tasche dei jeans, ricordo mio padre di notte sul divano, nero di rabbia, che fumava e non mi salutava quando a 20 anni tornavo a casa in ritardo su un coprifuoco che trovavo assurdo.
Ricordo i loro occhi dopo aver discusso la mia tesi di laurea, e poi la loro faccia quando ho stappato una bottiglia di Prosecco per festeggiare, sapendo che sarei tornato a casa tardi e in macchina.
Ricordo i loro sacrifici per comprarmela, quella macchina usata che conservo ancora oggi e che in un bilancio familiare di 4 persone e uno stipendio da infermiere proprio non poteva starci.
Credo di aver preso un solo schiaffo da loro, in tutta la mia vita, ma non me ne sono mai serviti altri.
Mi è servito il loro esempio, ho avuto bisogno dei loro insegnamenti, delle loro rinunce per permettermi di studiare.
Siamo tutti figli di una società, ma soprattutto siamo tutti figli, e la società la facciamo noi. Chiudiamo la bocca e apriamo le orecchie, magari troveremo anche il tempo di leggere un buon libro, potremmo continuare ad aver paura ma essere comunque dei piccoli eroi.
Roma 12.9.2020
Ottimo, Stefano, trenta e lode.
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« tu mi hai ignorato »
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E quindi entra quasi di corsa nel luogo speciale e subito fa scattare la testa verso il solito posto in cui lui si siede. « Sei qui » e le esce come un sospiro di sollievo. e si azzarda pure a fare un piccolo sorriso, nella speranza che venga ricambiato.
"Sei qui" e lui va a fare spallucce ed arricciare le labbra, alzando nel mentre la testolina un poco. Sono movimenti lenti i suoi, compreso quell`accennare con il mento al posto lì vicino a lui, in un invito silenzioso ad avvicinarsi.
Non rompe quel pesante silenzio. O almeno, non subito. Fa scorrere ancora un po’ di secondi, che però a lei sembrano minuti interi. « … non ho capito » cosa non lo specifica, perché probabilmente se glielo chiederà nemmeno saprà dare una risposta sensata.
 « nemmeno io » schietto e freddo, lo sguardo che rimane puntato davanti a sé. Va a far scivolare le braccia attorno alle sue gambe in un semi-abbraccio, lasciando così l`incrocio e girando la testolina verso Meg, con il labbro che continua ad essere morso; stringe le labbra e « io non ci ho capito un ca**o » puntandole gli occhi addosso, con quel tono freddo e con una piccola nota di tristezza, come le stesse richiedendo qualche sorta di spiegazione.
Deglutisce lievemente e poi fa intercorrere altri secondi di silenzio, perché non sa cosa dire. Lo guarda e basta in quel tempo, cercando di fargli capire che lei non è a suo agio a parlare così e di queste cose « non ho capito cosa è successo sta mattina… » e non solo quello « cioè poi dopo mi hai ignorata tutto il tempo pure a pranzo » perché no, niente sguardi complici come sempre. « … ho sbagliato qualcosa? » e si mordicchia un po’ il labbro inferiore, perché tutte queste parole sono una fatica pronunciarle.
« tu mi hai ignorato » un tono che non lascia trapelare chissà cosa se non una freddezza che con tutta probabilità è pure volontaria; e si mordicchia il labbro ancora, il capo rivolto in avanti e lo sguardo perso davanti a sé. 
« ma noi ci ignoriamo sempre quando siamo con altri » e questo lo dice con la stessa freddezza di lui nella voce. Lo sguardo sul Secondino si posa per un attimo, con quasi un’aria accusatoria, ma dura poco, visto che poi torna a guardare il muro.
« non è vero » la smentisce subito, schietto e impassibile « noi non ci ignoriamo. I biglietti? Gli sguardi? » eh, quelli non significano nulla, Meg? Perché per lui significano ed è chiaro, il tono ancora più duro e che si è alzato un poco, come la stesse effettivamente accusando in quel cercare di incrociare lo sguardo altrui - rimanendo freddo, con la mascella stretta « io quelli che ignoro non li guardo, non gli scrivo » e non gli sorride, coff. Va a serrare le labbra dopo averle sputato quelle parole con una nota evidente di rabbia, deglutendo prima di concludere che « faccio come hai fatto tu questa mattina » il tono stanco e la testolina che va ad appoggiarsi al muro dietro di sé, lo sguardo puntato davanti a sé, il capo sollevato.
« Ce li scambiamo di nascosto. » e ora anche lei fa emergere quella rabbia che è dalla mattina che sta cercando di contenere, senza nemmeno sapere il perché sia in quello stato « nessuno lo sa » e assottiglia anche un po’ gli occhi, perché non sarà lei a interrompere quel contatto visivo. 
« nessuno lo sa » le fa eco « però.. » però? Ma nulla, non sa bene cosa dire e boccheggia un paio di volte, evidentemente in difficoltà, finendo solo per serrare le labbra e mordere l`interno di queste. [...] In fin dei conti però è quella domanda ad importargli veramente, la stessa dove da` per scontato più del dovuto a quanto pare, e con una pazienza che nemmeno gli appartiene « perché mi hai ignorato? » sincerissimo e forse con un po` di insicurezza che palesa andando ad abbassare le palpebre e fare un respiro un po` più profondo, come se dovesse mantenere la calma. Iridi di nuovo su di lei « se non vuoi parlarmi quando ci sono gli altri è okay » va a staccare le mani dalle gambe per infilarle nelle tasche, andando a stringersi nelle spalle « ma tu non mi guardavi proprio, Meg » 
Alla confusione aggiungiamo quella rabbia latente che cova da ore e il risultato non è dei migliori. Perché se lei lo guarda impassibile, lei non riesce a non trasmettere tutto quello che sente attraverso gli occhietti azzurri che ormai sono fissi su quelli di Seb. « però » e lo ripete quasi con uno sbuffo ironico. C’è sempre un però no? e quello del Grifondoro è la sua fidanzatina Serpeverde, o almeno nella testolina di Meg è così. L’occhiata confusa la coglie e ci rimane così male che sposta lo sguardo altrove. Perché a lei sembrava di essere stata chiara fino a quel momento, e aver dimostrato quello che sente per l’altro. attraverso ogni sguardo e ogni “bigliettino stupido”. Però poi è lei quella confusa a quel “perché mi hai ignorato”, una confusione che si tramuta in vero e proprio disagio quando le fa notare che nemmeno lo guardava. E figurarsi se lo guarda. Lei deglutisce un paio di volte e poi apre pure la boccuccia, ma non esce niente. Non subito almeno. Respira un pochino più profondamente, come se si stesse preparando ad andare in apnea. 
« io voglio parlarti sempre » 
anche quando ci sono gli altri, e così facendo svia la domanda scomoda sì, perché è chiaro che non ha intenzione di dover ammettere ad alta voce cose che non ammette nemmeno a se stessa.
Va ad incupirsi a quello sbuffo ironico, scambiando un`altra occhiata interrogativa forse con un po` di imbarazzo, ancora. No, lui non sta capendo proprio nulla, e non capisce quello sbuffo ironico che fa vacillare tutta quella sicurezza che ha sempre ostentato con la Corvonero. E pur di schiarirsi le idee va a mettere da parte orgoglio, rabbia, quell`essersela presa e tutto il resto, a favore del mostrarsi insicuro, sì, e ben lontano dall`essere menefreghista come, infondo, vorrebbe. Lo sguardo vaga su di lei senza però mostrarsi troppo insistente, osservandone le reazioni ma cercando di passare inosservato - ci prova, diciamo. Ed in tutta quella confusione forse, ad un certo punto, capisce che qualcosa che non va c`è. Nemmeno il tempo di pensare all`esplicitare qualcosa di sensato, però, che gli arriva dritto al cuore quell`ammissione dell`altra e lui come reazione va a distendere le labbra in un mezzo sorriso quanto più dolce ci sia, una sorta di tranquillità che mantiene però quella nota di tristezza a stonare leggermente. Va a girarsi un pochino, dandole ora il busto ma rimanendo con le manine nelle tasche 
« Meg » è così che cercherebbe di richiamare il suo sguardo, l`espressione addolcita « che succede? » 
« Niente » non succede niente, e se il tono è per un attimo secco e deciso, qualche secondo dopo sputa fuori quello che ha veramente da dire « Sei fidanzato » ... « cioè – non ci sarebbe niente di male » mettiamo le mani avanti che qua l’orgoglio lo richiede « però perché non mi hai detto che stavi con quella? » quella vipera velenosa sì. « siamo… amici, no? » ecco diciamola così « perchè non mi hai detto niente? » e lo guarda per un attimo con la coda dell’occhio. A te la parola MacNamara.
Va ad aggrottare le sopracciglia a quel "niente" seriamente confuso, andando poi a sollevare le sopracciglia « cos » fidanzato? Che ci mette pure un paio di attimi in più a far girare le rotelline, ed ecco che va a rilassarsi evidentemente, le sopracciglia che si sollevano quasi fosse stupido mentre il suo sorriso va ad allargarsi sornione, tentando di trattenere una risata con chiari difficoltà - il tutto ben visibile all`altra. Così come quel tirare fuori le mani dalle tasce e lasciare che le gambe si incrocino davanti a lui, andando a picchiettarle la spalla con il ditino « Meg » attirando la sua attenzione « guarda che Heaven è solo mia amica. » alzando pure le sopracciglia [...] « non pensavo... » sorriso furbo, piegando il capino in quel « che credessi alle ca**ate che dicono alla Radio » prendendola palesemente in giro.
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corneliaharris · 3 years
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« Se mi fai cadere » e si interrompe rimanendo qualche secondo a pensare «Poi ti tocca una penitenza » ecco ha deciso e forse il sorrisetto che gli si stampa in viso non promette troppo bene. 
Poi pare ricordarsi di qualcosa detto in precedenza a cui non aveva prestato la giusta attenzione « Ma quindi dicevi… » forse dieci minuti fa ma dettagli « …una penitenza? Che penitenza? » curiosa « Devo sapere cosa rischio » anche se ormai sono alti in cielo e non può più tirarsi indietro.
Ah pensavo volessi ignorarla » ridacchia arricciando il naso. Ma non può di certo ignorarla, quindi è un bene che l`altra l`abbia ritirata fuori. « Ma non te lo dico » ecco qua fine. « Vedi di non farmi cadere se non vuoi pagare » la avverte ma non si tratta mica di soldi. 
« Ma no » non la voleva ignorare « Ero presa da tutto il resto » tipo coordinarsi. « Ma come non me lo dici?!? » sconvolta nel chiedere conferma « Non è giusto » e l’altro non la può vedere ma dal tono che usa può essere certo che ha messo su un mezzo broncetto indignato « Sono ancora più curiosaaaa se dici così » a quel suo “dover pagare” « E comunque dovrei farti pagare io » cos? « Ti sto facendo fare un bellissimo giro » e il fatto che l’ha proposto lei pare averlo scordato.
Poi lei ritira fuori la penitenza e lui è più che contento di tenerla sulle spine. « Sì che è giusto » e se questa è la reazione di lei, tutto è ancora più divertente. Infatti ridacchia prima di alzare un sopracciglio per le parole che seguono. « E come dovrei pagare, mh? » chiede a sua volta spostando l`attenzione. Tanto comunque la penitenza non gliela dice. (…) Non fa in tempo a finire la frase che Cornelia parte in quello scatto che a lui fa sgranare gli occhi. E con un riflesso istintivo si stringe ancora di più al manico, come se fosse possibile poi, trattenendo il fiato. « Te sei matta » sbuffa quando tornano a volare ad una velocità normale. « Mi sono andati pure i tuoi capelli in bocca » si lamenta arricciando il naso. « Ti sei guadagnata una penitenza » ha cambiato le regole, ciao.
«  No che non lo è » ribatte perché lei vuole saperla la penitenza e non demorde così facilmente « E visto che non vuoi dirmelo, ti lascerò qui » ma qui dove? (..) « E non lo so » come dovrebbe ripagarla « Ci penso e te lo dico quando scendiamo » e il suo cervellino è già in moto. (…) Ma ben presto dichiara finito il tempo del giretto panoramico da pensionati e accelera, appiattendosi sulla scopa. Dura tutto relativamente poco ma abbastanza per far lamentare Wesley e ridacchiare lei « Daaai, non ho fatto niente » mettendo su pure un’espressione angelica, che l’altro al massimo potrà intravedere «Scusaaa, li avevo legati per questo» per non infastidirlo, intende. « No. Così non vale » l’ha già detto per caso? « Tu cambi le regole e io non so ancora quale sarà la penitenza » ecco, torniamo a quello. (…) E se riuscisse a frenare la scopa fino a fermarla, volterebbe la testa indietro per osservare Wesley « Allora? » ed è ovvio cosa voglia sapere.
« Niente? » continua a lamentarsi ironico arricciando il naso. Qualche capello gli sarà anche andato in faccia ma lui sta solo borbottando perché gli piace lamentarsi. « Sì che vale » ribatte subito già di nuovo col sorrisetto in viso. Il suo broncio dura veramente poco. « Io posso » cambiare le regole ovvio. Ha già un sopracciglio alzato in un`espressione confusa mentre la vede girare il viso per osservalo. A quella domanda alza gli occhi al cielo sbuffando una risata. « Te lo dico giù » anche lui rimanda tutto a quando saranno di nuovo con i piedi per terra.
« No che non vale » piccata mentre una smorfietta le compare sul volto. « Fai tutto da solo » riferito al suo cambiare le regole ma è ovvio che si riferisca anche alla famosa penitenza ancora segreta. Però poi lui rimanda tutto a quando scenderanno dimenticandosi che è lei ad avere in mano quel potere e infatti un ghignetto le compare sul viso « Allora scendiamo » hanno volato abbastanza per oggi. (…) Una volta con i piedi per terra uno sguardo viene lanciato verso l’altro ma, per ora, non chiede niente.
Cambiare le carte in tavolo gli piace soprattutto perché lei mette il broncio e lui se la può ridere. Non le svela ancora nulla della penitenza ma solleva le sopracciglia quando lei fa quell`ultima affermazione. « Scendiamo » (…) Lei lo guarda e non parla ma lui è veloce a cogliere l`occasione. « Allora come ti devo ripagare? » e no, ancora non le parla della penitenza.
Lei non parla e lui non si lascia sfuggire l’occasione ed è il primo a chiedere qualcosa. Ci riflette su un attimo «Ti ricordi quel posto che mi dicevi?» aspettando un cenno di conferma « Mi dici che posto è? » Ora è il suo turno di chiedere cose e non se lo fa ripetere due volte « Allora? Questa penitenza? » e ora Wes non ha più scuse per non parlare e lei lo guarda, palesemente in attesa e con un sorrisetto stampato sulle labbra.
Alla fine comunque è un`espressione divertita quella che gli spunta in viso. « Te lo ricordi? » che lui l`ha accennata a casissimo. « Comunque è una grinzaficata assurda » non fa insomma il misterioso « E` una quinta sala comune » rivela sollevando le sopracciglia per enfatizzare ancora di più quanto sia grinzafica la cosa. « Magari ti ci porto » alza le spalle osservando una sua eventuale reazione. Comunque alla fine non può più scampare dalla questione penitenza, anche perché Cornelia torna giustamente alla carica con quella domanda. Lui resta in silenzio per qualche secondo solo ad osservarla per poi mordicchiarsi leggermente il labbro inferiore. « Dammi un bacio » così, dritto e conciso.
  « Una quinta sala comune? » chiede a mo’ di conferma ma è alla possibilità di essere portata lì che si entusiasma ancora di più e gli occhi le brillano appena. « Davvero? » e non riesce a nascondere l’entusiasmo « Mi piacerebbe » nel caso non fosse chiaro e vabbè, neanche a dirlo, sfodera un sorrisone dei suoi. Alla fine, però, Wesley è costretto a capitolare ma un attimo dopo quelle tre parole così schiette è lei che si sente messa con le spalle al muro, palesemente in difficoltà. Le iridi chiare che risalgono la figura del Tassorosso alla ricerca dei suoi occhi mentre un’espressione un po’ confusa le si è formata sul viso. Non dice niente, esita un po’ dopo quella frase come se dovesse riordinare le idee prima di fare qualsiasi cosa e poi, alla fine, decide. Tra lei e Wes non dovrebbe esserci un’eccessiva distanza anzi ma lei è intenzionata a colmarla completamente, provando a finire davvero vicina all’altro, pur non toccandolo ancora. Gli occhi che cercano quelli del ragazzo e il viso che viene alzato appena perché tra i due non è lei quella più alta. Ed è ormai davvero vicina alle labbra altrui ma esita ancora un attimo. « Questa è la mia penitenza o un premio per te? » glielo sussurra sulle labbra ma non gli concede la possibilità di replicare – o almeno prova a non farglielo fare - perché un attimo dopo le sue labbra finiscono per appoggiarsi su quelle altrui. Labbra morbide che si piegano sulle sue in un bacio a stampo che le fa chiudere le palpebre, in uno sfarfallio di ciglia. Molto meno leggero e fugace del precedente bacetto ma comunque superficiale, nonostante lei non sembri aver intenzione di porre fine al contatto.
(…) Poi è il suo turno di reclamare la penitenza, non senza incertezze, ma alla fine riesce a mettere da parte un velo d`imbarazzo per pronunciare quelle tre semplici parole con l`espressione abbastanza seria. Ma un pizzico di divertimento c`è sempre. Solo che la osserva andare un po` in confusione dopo quella richiesta e quasi è lì lì per rimangiarsi tutto, però poi la vede avvicinarsi e allora resta zitto. Si fa anche più serio, abbandonando l`ultima nota di sfrontatezza nell`espressione per lasciar spazio ad una certa ansia d`attesa. E mentre lei alza un po` il viso per colmare quei centimetri di differenza d`altezza, lui fa esattamente il contrario andando a piegare un po` il mento in giù solo per poterla osservare negli occhi. Le parole di lei gli fanno spuntare automaticamente un sorrisetto ed è anche pronto a rispondere se non fosse che le sue parole vengono zittite proprio dalle labbra della ragazza. Chiude gli occhi anche lui mentre la mano destra risale a posarli dietro la nuca altrui. E no, neanche lui ha troppa intenzione di replicare quel brevissimo bacetto che si sono scambiati sul treno. Infatti, più che allontanarsi da lei, cerca anche di approfondire un po` quel contatto muovendo le labbra sulle sue. Poi, però, forse anche un po` controvoglia si allontana, ma solo per sussurrarle « Tutte e due» riferito alla domanda di prima per poi tornare a posare le labbra sulle sue a concedersi ancora qualche secondo di quel bacio.
Pare ovvio che nessuno dei due voglia replicare il bacetto del treno e istintivamente la testa si inclina leggermente di lato. Lascia che l’altro le poggi la mano dietro la nuca e prendendo esempio da quel gesto, andrebbe ad infilare la sua mano sinistra tra i ricci scuri dell’altro, accarezzandoli piano e quasi distrattamente mentre quel bacio viene portato avanti. Segue il volere e il movimento delle labbra del ragazzo, plasmando le sue su quelle altrui in una specie di danza tutta loro. Ed è quando il contatto viene interrotto per un istante che le palpebre tornano a sollevarsi e gli occhi cercano quelli di Wes mentre un sorriso spontaneo le nasce sul viso « Potevi scegliere anche peggio » replica ma è solo un istante perché poi tornano esattamente dov’erano rimasti, a quel bacio.
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acciowesleyino · 3 years
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meglio così
« Ti ho fatto una cosa » e nel mentre si ferma per frugare nelle tasche alla ricerca di qualcosa. [...] « Tieni » è decisamente più imbarazzato adesso mentre glielo porge, per poi rimettersi le mani nelle tasche con le spalle che si piegano un po` in avanti. Nell`aprirlo Cornelia troverà un paio di orecchini raffiguranti niente popo di meno che... due pezzi della scacchiera: un re nero e una regina bianca. « Mi sembravano adatti » per uscire un po` dal disagio la butta sul ridere. « Questi sono per la principessa dentona in realtà, però diciamo che puoi metterli anche tu » e chiaramente la sta un po` prendendo in giro, anche se poi lo sguardo si fa tutto concentrato a guardarla un po` in ansia per vedere se le piacciono.
Lo guarda frugare con aria a metà tra il confuso e il curioso e quando l’altro le porge il sacchettino, lei sbatacchia appena le palpebre. «Per me?!» palesemente sorpresa mentre alza gli occhi sul coetaneo. E dopo aver scorto il regalo, la prima cosa che fa è sorridere, forse anche lei un po’ imbarazzata da quel gesto inaspettato. «MA Weeeesley!» e sembra rimbeccarlo per aver scelto proprio due pezzi della scacchiera ma subito dopo, a quella precisazione del Tassorosso, la pianta di fare la sostenuta e ammette «Beh, erano effettivamente adatti» alla principessa dentona, intende «Ma se non ti dispiace li metterò io» tutta allegra nel dirlo, sfoderando un sorrisone. Gli occhi che si alzano dagli orecchini al ragazzo «Grazie davvero» sincera nel dirlo «Ma non dovevi…» e ora è lei quella imbarazzata anche se cerca di dissimulare.
« Sono perfetti dai » e non perché si vuole fare i complimenti da solo, ma perché l`idea di regalargli proprio degli orecchini con i pezzi della scacchiera gli è sembrata abbastanza divertente. Per sdrammatizzare. « Mhh sisi puoi metterli » finge pure di fare un po` il sostenuto solo per continuare un po` la presa in giro, però deve mordersi il labbro inferiore per trattenere un sorriso esagerato nel vedere che le sono piaciuti.
Prende, quindi, a frugare nella sua borsa, sicuramente adducata visto che quello che tira fuori è una scatola di medio-grande dimensioni di un bel giallo accesso con una coccarda nera sopra e un bigliettino annesso, che recita “Buon Natale al miglior cavaliere e ad Artie, la star di Hogwarts – Coco”. Ed infine, glielo porge «Ecco» mentre lo sguardo si abbassa perché nonostante sia curiosa della reazione è anche imbarazzata visto che non aveva previsto di assistere alla scena ma niente è andato secondo i piani, quindi. Una volta aperta la scatola, Wesley troverà un maglione di lana, di un bel rosso acceso, dallo stile palesemente natalizio con tanto di neve animata che scende verso il basso e al centro c’è una grande “W” bianca. Oltre a questo primo maglione ce n’è uno identico per colore e decorazioni ma decisamente più piccolo e con un “A” al centro. Palese che sia la versione per il fidato amico del Tassorosso. Conclude il regalo un sacchettino di velluto rosso pieno zeppo di caramelle e dolci di Mielandia. Attaccato a questo un ennesimo biglietto con su scritto “Non finirli tutti” e pure una faccina animata che fa l’occhiolino.
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« Comunque ti devo dire tipo una cosa » sarà l`entusiasmo o sarà il Natale imminente ma lui c`ha qualcosa da dire. Ma non lo dice mica subito seh. Si stringe la scatola sul fianco accantonando pure per un attimo i dolcetti.
Quell’annuncio su una cosa da dire la sorprende, alza lo sguardo sull’altro «Eh» sembra il suo permesso a parlare ma poi aggiunge anche «Cosa? Dimmi tutto» interessata, curiosa ma senza mettergli fretta. Per ora.
« C`hai presente che ti ho detto che non volevo baciare nessuna al gioco della bottiglia? » inizia così, sul vago mentre il piede inizia a battere un po` per terra in un gesto un po` nervoso. « Beh in realtà una c`era » continua questo suo racconto girando ancora un po` intorno alle parole che vuole dirle. Però quelle parole ancora non gli escono e nel frattempo la guarda sollevando le sopracciglia, quasi a volerle far capire qualcosa. Infondo Cornelia è una Corvonero, potrebbe arrivarci sicuramente. « Vabbe vaffangramo lo faccio adesso » con le parole non gli riesce quindi si fa prendere da un impeto più coraggioso, sicuramente a Grifondoro sarebbero fieri di lui. E quindi, con ancora le guanciotte un po` rosse e i regali in mano, sposta il sacchetto sopra la scatola contenente i maglioni che tiene con la mano sinistra per lasciare la destra libera. Fa giusto un passettino in avanti alzando il braccio libero per far fermare la mano sulla guancia di lei e poi le si avvicina col viso quel tanto che basta per riuscire a stamparle un bacio sulle labbra. Non le dà neanche modo di capire cosa sta facendo forse, ma l`altra avrà comunque il tempo di scansarsi in caso. Il bacio che le dà comunque non ha nulla di complicato, è già tanto che sia riuscito a provare a stamparle quel bacetto casto sulle labbra senza morire di imbarazzo.
Non dice nulla nemmeno quando lui s’interrompe e sembra girare intorno a quello che vuole realmente dire. E probabilmente ha già capito ma non fa niente per togliere l’altro dalla situazione difficile ma increspa le labbra in un mezzo sorriso ma non fa niente, rimane in attesa. Finché non arriva quel bacetto leggero, veloce che lei accetta senza nemmeno pensare di tirarsi indietro. Gli occhi che sfarfallando appena e quando quel piccolo contatto d’interrompe mormora solo «Meglio così che per il gioco della bottiglia» lo afferma ma c’è anche una vena interrogativa nella voce.
La frase di lei lo lascia in silenzio per qualche secondo, mentre distoglie momentaneamente lo sguardo perché mantenere tutto quel contatto visivo è un po` too much per lui. « Mhh si decisamente meglio » alla fine ribatte e lui non c`ha nessuna vena interrogativa nella voce. « Un sacco meglio » anzi continua a ribadire mentre fatica a trattenere quel sorrisetto che vuole spuntargli sulle labbra. [...] Il sorrisetto di sicuro non gli si leva dalla faccia per un bel po`.
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crazy-so-na-sega · 3 years
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“Chiunque uccida un uomo sarà come se avesse ucciso l’umanità intera”, quinta Sura del Corano, versetto 32.
Appena qualche minuto dopo la strage di Parigi, molti musulmani e politicamente corretti hanno cominciato a citare quel verso coranico, approfittando dell’ignoranza del popolo occidentale in materia di religione. Persino il presidente americano Obama, nel suo discorso all’Università del Cairo, ha citato quel versetto, cercando di dimostrare che l’Islam è una religione di pace. Come lui, tutti i leader musulmani invitati nei vari talk show televisivi italiani, in cui si presenta una realtà autentica come una banconota da 4 Euro.
In merito al versetto 32 della quinta Sura del Corano, la sua citazione è fuorviante. Corano 5:32 e seguenti dicono in realtà, integralmente: “Per questo abbiamo prescritto ai Figli di Israele che chiunque uccida un uomo, che non abbia ucciso a sua volta o che non abbia sparso la corruzione sulla terra, sarà come se avesse ucciso l’umanità intera. E chi ne abbia salvato uno, sarà come se avesse salvato tutta l’umanità. I Nostri messaggeri sono venuti a loro con le prove! Eppure molti di loro commisero eccessi sulla terra. La ricompensa di coloro che fanno la guerra ad Allah e al Suo Messaggero e che seminano la corruzione sulla terra è che siano uccisi o crocifissi, che siano loro tagliate la mano e la gamba da lati opposti o che siano esiliati sulla terra: ecco l’ignominia che li toccherà in questa vita; nell’altra vita avranno castigo immenso.”
 La traduzione, ci teniamo a sottolinearlo, è a cura di Hamza Piccardo, presidente dell’UCOII, quindi sicuramente fedele alle parole scritte nel Corano in lingua araba.
Nel versetto 33, ossia quello successivo, si legge: “La ricompensa di coloro che fanno la guerra ad Allah e al Suo Messaggero e che seminano la corruzione sulla terra è che siano uccisi o crocifissi, che siano loro tagliate la mano e la gamba da lati opposti o che siano esiliati sulla terra: ecco l’ignominia che li toccherà in questa vita; nell’altra vita avranno castigo immenso.”
Robert Spencer, americano, studioso delle religioni e dell’Islam in particolare, spiega: “Quello che non viene mai menzionato da tutti quelli che citano questo versetto come se condannasse la violenza della jihad Islamica, sono molti fatti rilevanti: è inserito in un contesto di ammonimenti per gli Ebrei e non è presentato come un principio universale; contiene questa importante eccezione “a meno che non sia un assassino o un malfattore”, ed è seguito dal versetto 33, che specifica la pena per i malfattori: “Il castigo per chi muove guerra ad Allah e al suo Messaggero”, e lotta con forza e sparge misfatti e corruzione sulla terra è: esecuzione o crocifissione o amputazione di mani e piedi di lati opposti o l’esilio dal paese: questa è la loro ignominia in questo mondo e subiranno una terribile punizione nell’altro”.
Pertanto potremmo definire questo famoso versetto un vero e proprio monito nei confronti degli ebrei, un modo “religioso” per dire “O ti comporti come dico io oppure saranno “affari” tuoi“.
Ben lontani dal condannare la violenza, questi versetti evidenziano aggressivamente che chiunque si opporrà al Profeta sarà ucciso, crocifisso, mutilato o esiliato. In altre parole, mentre distruggere una vita può essere equivalente a uccidere tutta l’umanità, se si sta spargendo “la corruzione sulla terra”, allora si dovrebbe veramente essere “uccisi o crocifissi, che siano loro tagliate la mano e la gamba da lati opposti o che siano esiliati sulla terra”.
Ed è con queste scuse che gli jihadisti spesso giustificano le loro azioni: ogni loro vittima ha “ucciso a sua volta” o “sparso la corruzione sulla terra”, che ovviamente è un concetto abbastanza elastico da poter significare qualsiasi cosa. Ma ciò che è più interessante e che tutti dovrebbero sapere è che il detto del Corano 5:32 trova origine nel Talmud, che è il testo classico dell’Ebraismo, che ha una storia molto più antica dell’Islam. Il Talmud è secondo solo alla Torah (la Bibbia) e come disse Norman Solomon, Rabbino nonché filosofo e docente britannico, accademico e professore di studi ebraici ed ebraismo, attivo inoltre nei rapporti tra Ebraismo e Cristianesimo: “Se la Torah è il Sole il Talmud è la sua Luna che ne riflette la luce”.
Il Talmud cita testualmente: “Quindi, un uomo soltanto è stato creato all’inizio del mondo, per insegnare che se qualcuno fa sì che una sola anima perisce, le Scritture lo ritengono colpevole come se avesse fatto perire un mondo intero; e se qualcuno salva una sola anima, le Scritture gli riconosceranno il merito di aver salvato un mondo intero” (Mishnah, Sanhedrin 4:5).
Si tratta di un commento rabbinico sulla storia di Caino e Abele e il testo non contiene alcuna giustificazione al recar danno al prossimo.
Il trentaduesimo versetto della quinta Sura del Corano deriva quindi dal Talmud e addirittura il Corano riconosce che il provvedimento fu prima dato agli ebrei (i figli di Israele). Ma il Corano aggiunge una clausola, e la segue con un verso, che cambia radicalmente il significato talmudico. Tutto questo è palesemente ignorato da coloro che citano quel versetto coranico per dimostrare che l’Islam è una religione di pace, quando piuttosto indica il contrario.
Sappiamo perfettamente che qualcuno potrebbe sollevare l’obiezione su quanto sia “una questione di interpretazione”. Invece in questo caso non ci può essere nessuna interpretazione poiché, come ogni scuola coranica insegna, il Corano non è interpretabile, il Corano è, oggi, come nel 630 D.C. statico, non interpretabile, poiché è stato scritto dall’Arcangelo Gabriele e dettato da Allah, quindi non c’è interpretazione, non c’è errore. Quello che è scritto è.
 Gian Giacomo William Faillace ________________________________________________
al massimo si può ignorare ma  chi estrapola  ad minchiam è un coglione. 
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merrowloghain · 3 years
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09.01.77 Sala Comune Grifondoro - Hogwarts
Piega le gambe al petto, accompagnato come di consueto da un sonoro schiocco delle articolazioni, volgendo anche lui un momento lo sguardo al camino, proprio come l’anno prima, e alle braci morenti del focolare. Morenti come la sua sicurezza che per un attimo viene meno, in particolare dopo aver ascoltato la domanda postagli da Merrow. Che succede? «Mhm… Oggi ho parlato con Emile, un mio amico tra i Tassofessi» però lui è bravo. «E ha detto una cosa.» E si blocca. Porta le braccia sulle ginocchia, adagiandole così sulle gambe per usarle da appoggio per il volto, che finalmente si volge verso di lei premendo la sua guancia sugli avambracci. Gli occhi verdi non si fanno di certo problemi ad incontrare e soffermarsi, ad impigliarsi in quelli dell’altra. «Hai mai trovato qualcosa, o qualcuno che…» sta evidentemente cercando le parole giuste, visto che “arefacio perenne” non è proprio il modo migliore per farle capire che vuole. «…che ti fa stare bene? Serena?»
Gli occhi dal taglio affusolato s`assottigliano appena mentre lo guarda, forse presa vagamente contropiede, o magari semplicemente prende quel tempo per decidere bene cosa rispondergli. Ed è un «Si» sicuro ma morbido, che esce dalla bocca carnosa di lei, rotolando fuori in quella che è una confessione monosillabica, più interessata a capire dove stia cercando d`andare a parare. Però qualcosa s`illumina nel suo sguardo, rendendola per un attimo un poco più inquietante e rapace «Vuoi dirmi che ti piace questo Emile?» piatta, dura, asciutta. Non giudica, ma si è appena chiusa a riccio, in una difensiva sottile, ma non per questo impossibile da comprendere. (...)  Rimane in silenzio, lo scruta in un vago assottigliarsi d`occhi che presagiscono un non voler replicare, nonostante noti la mancanza d`una domanda riguardo l`identità dell`eventuale persona, scegliendo alla fine d`esprimersi in un cupo «Sapevo che non era la stessa cosa.» per lui. Per lui non era la stessa cosa. Non lo è mai stato, e ciò l`ha dilaniata per anni, e solo da poco può dire d`essere in grado di smettere di sanguinare anche solo all`idea che lui non la voglia. Lui. Che non nomina e non svela (...)
«No» pronunciato con decisione e maturità. Non gli piace. Non come pensava. Anche se quello sguardo affilato non da segno di voler sparire. (...)  «Non è lui che mi fa sentire… sereno.» Gli occhi si volgono di nuovo alla ricerca di quelli di Merrow. (...) La testa per un istante viene rivoltata indietro, nemmeno volesse posarla anche lui sul divano retrostante, per poi invece cambiare direzione e, piegandola un tantino avanti, andare a incastrare gli occhi sui palmi delle mani. Le dita chiuse in un semi pugno. Con l’aria esausta e frustrata di chi vuole dire una cosa ma proprio non ci riesce. (...)  Si alza da quella posizione terribilmente esausta, per provare a volgere ancora gli occhi su di lei. «Sei tu.»
«Tu?» Serve chiarezza.
Vorrebbe essesre più veloce di così, più veloce della sua frustrazione o dei pensieri che corrono veloci in uno schianto annunciato, anche se non si capisce da parte di chi. E invece è lenta, terribilmente: nel realizzare, in parte, nel capire che sta parlando di lei, attribuendole un`importanza impossibile da non comprendere. Si mette in ginocchio, cerca di raggiungerlo oltre la sorpresa d`entrambi, con una dolcezza dedicata nei gesti solo a lui, con quel sorriso piccolo ma luminoso, finchè non può stringerlo contro il petto. E già la posa dovrebbe far capire qualcosa, perchè è palese che il modo in cui lo cerca fisicamente, sembra metterla in una posizione protettiva nei confronti di Dominic, come se qualcosa forse fosse sulle sue tracce, e lei volesse soltanto nasconderlo al mondo. Come l`ultimo lumicino in un mondo buio pesto. Le mani scorrerebbero dalle spalle, alla nuca, ai ricci neri, in un insinuare di dita tra la chioma che la vedrebbero poi culminare la posa con la guancia destra poggiata sul capo altrui, in un cingerlo contro il seno, per nulla malizioso, ma forse un po` troppo ingenuo. E poi quella domanda, a cui lei davvero regala un silenzio pieno di cose che non esprime. Perchè è intenta ad inseguire un coniglio bianco che corre sul filo di pensieri veloci e dissonanti. Eppure lui è lì, e se c`è un`isola di pace, un`oasi di ristoro, nell`ultimo periodo è proprio in quel letto al secondo anno del dormitorio maschile, tra le lenzuola dove si trova un ragazzino col pigiama grigio tristissimo, con i capelli che profumano di pino la sera, e che la mattina sa di pepe nero e cannella per quanto la stringe quando sono assieme. Lo stupore d`essere interpellata però, che le si chieda se lei provi qualcosa di simile, le spezza un poco il tono sicuro con cui gli mormora vicina all`orecchio sinistro «Anche tu mi fai sentire tranquilla» perchè è di questo che si parlava, no? «Serena.» come dici tu, Nico. Guancia che scivola un secondo contro guancia, in uno stringerlo un poco più sentito. L`importanza d`un momento così.
Lei è lenta nel capire che si tratta di lei quanto lui lo è nel realizzare che no, non lo sta ignorando. Non è pietà quella che si va a descrivere nel suo sorriso, e non è un rifiuto esplicito e certo di quelli a cui è abituato, di quelli che si aspettava. Eppure la sorpresa è tanta anche in quel suo farsi stringere al suo petto, sui seni di lei privo ancora di qualsiasi tipo di malizia. Solo una vicinanza fisica, con un che di assurdamente poetico, in quella sensazione delle sua mani su di lui, tra i suoi capelli, e nel suono del suo cuore che rimbomba nelle sue orecchie attraverso gli strati di vestiti. O forse è il suo stesso cuore che sente… nemmeno saprebbe discernerli ormai, tanto li ha sentiti battere insieme. Durante le notti che sono il momento migliore della giornata, solo perché può stringersi a lei e aggrapparsi come fosse la sua ancora. Che con la sua sola presenza riesce a calmarlo, il più delle volte, e addirittura a farlo sentire voluto. Come in quel momento. In cui vorrebbe solo affogare nel suo profumo, assorbirlo e impregnarsi così tanto da non desiderare di avere più un’identità sua. Ma forse sta correndo troppo… Eppure poco gli importa. Visto che nel sentire, finalmente, le sue parole, il suo “ricambiarlo” e anche quel tocco di guance… non può non voltarsi, dopo qualche secondo di condivisione di quel momento, per tentare di piantargli un bacio sulla gota. Prima di dirle «Ho anche una cosa…» per lei. «…in realtà…» Ma con voce decisamente incerta. Timorosa. (...)  E andando ad allungare la mano sinistra verso la tasca del pantalone, infilandola tra le pieghe della stoffa, e tirandone fuori… un anello. Palesemente ottenuto con la trasfigurazione. Non lo guarda nemmeno troppo – lo ha fatto lui, quindi lo conosce – ma glielo porge, libero, sul palmo della mano aperta. 
Un anellino dall’aspetto metallico – decisamente non pensato per l’anulare della ragazza – con sfumature e lampi verdi in superficie. Il lavoro semplice, poco elaborato di un ragazzino alle prime armi. E attende che lei decida se accettare o meno quel pegno, che nonostante l’inesistente malizia è pregno di... possessività.
Ed è con occhi curiosi che segue i suoi movimenti verso la tasca del pantalone, per poi guardargli il palmo e notare... un anello. Qualcuno che non è Rebecca, le ha appena regalato un anello. Verde, trasfigurato, di metallo e fatto con la sua magia, cosa che le fa avvampare il viso e schiudere le labbra, in un balbettio senza corpo, prima che sia la sinistra ad allungarsi per prendero e guardarlo da ogni angolatura. Deglutisce a vuoto, ed è con una serie di gesti emozionati che andrebbe ad infilarsi al medio della destra la fascetta metallica, alzando solo infine, lo sguardo a lui. Non riesce a dire nulla, con quel bolo di sentimenti puri ad affannarsi e bloccare le sue corde vocali. Ecco perchè i palmi corrono al volto di Dominic, in un avvicinarsi che potrebbe sembrare pericoloso, se non fosse che le labbra mirano il suo naso, per regalargli un paio di bacini piccoli, sulla curva e sulla punta, prima di rimanere qualche istante fronte contro fronte, chiudendo gli occhi in un respirare leggero e spezzato. Istanti lunghi, o forse brevi, non lo saprebbe definire, prima di prendergli le mani, rialzarsi in uno schiocco di ginocchia, invitandolo a seguirla. Fammi tornare in quell`oasi. Nascondimi sotto le lenzuola, scaldami e fammi dimenticare i mostri sotto il letto, che con te, per una notte appena, smettono di fare paura.
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gloriabourne · 3 years
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Non hai capito il nocciolo della questione. Certo che può allearsi, ma quello di fedez è lo stesso comportamento dei cosiddetti White Saviours, che con la scusa di appoggiare il movimento Black Lives Matter finiscono per scavalcare le stesse persone nere e a far sì che siano i bianchi, ancora una volta, sempre un passo avanti a loro, a far parlare di sé. 'Alleato' vuol dire un passo indietro, o al massimo, 'accanto' alle persone direttamente coinvolte. Non vuol dire diventare idolo delle folle.
Ovvio che abbia il diritto di dire quello che vuole, nei giusti contesti, ma dall'esprimere le sue - giustissime - opinioni, a diventare improvvisamente martire e paladino di una causa che non lo tocca neanche direttamente, non è rispettoso nei confronti di chi queste battaglie le porta avanti da anni, e che ha subito davvero censura, e ha rischiato, e ha sofferto. Lui non è nessuna di queste cose. E non mi sento affatto rappresentata da lui, io come tantissimi altri, capisci che voglio dire?
Maturazione, dici? Tutte frasi fatte, le sue, dette palesemente per convenienza, o per moda. Sai chi sono le persone veramente coraggiose? Quelle che oggi come in tempi non sospetti prima di potersi baciare o stringere la mano con il proprio partner dello stesso sesso devono guardarsi intorno dieci volte, perché corrono il rischio reale di essere aggrediti. Non uno che si sente un illuminato per il semplice fatto d'aver ribadito delle assolute ovvietà (tipo far giocare un bimbo con una bambola).
E che concezione hai tu dei leoni da tastiera? Credevo che fossero quelli che insultassero chiunque a vanvera indistintamente, non chi osa sbattere in faccia l'altro lato dei fatti, che la massa non riesce a distinguere perché ha i prosciutti sugli occhi. Risultato? ecco, proprio quello a cui ambiva fedez: lui al centro dell'attenzione, martire poverello, e io - persona gay, invisibile - liquidata così e definita una semplice leone da tastiera. Bravissimi tutti, complimenti!
Quando dici 'volete rompere i coglioni e basta', sappi che stai offendendo i tuoi compagni della community LGBT, di cui tu stessa hai ammesso di far parte. Sarà che sei una newcomer ma, boh, dalle mie parti le persone LGBT si sostengono a vicenda, non vengono definiti rompicoglioni, sai? Cosa credi, che io sia veramente l'unica scema a vedere il marcio nel caso Fedez, o forse che c'è un motivo più che valido se siamo in tantissimi (e per fortuna direi)? 😂
Ma poi vorrei capire: la mia faccia non la vedrai mica mai, quindi se negli ask che ti arrivano c'è scritto che il mittente è Anonimo anziché pincopallino93, ti cambia veramente qualcosa? O ne fai una mezza scusa per rendere meno valide le mie ragioni? Il tuo blog è impostato per ricevere domande in anonimo, quindi perché non dovrei usufruirne? Ti sto parlando sì animatamente, ma pur sempre civilmente, a differenza dei leoni da tastiera senza cervello a cui ti riferisci.
Concludo ponendomi una legittima domanda che rivolgo anche a te se vorrai darci la tua opinione: quindi la morale della favola è che, siccome io sono e sarò per sempre povera e invisibile, in futuro dovrò persino ringraziare Fedez per essersi esposto per far approvare il DDL Zan? ... Oddio che cieca sono stata, ma grazie fedez, paladino della giustizia sociale, che hai dato voce a me a cui non verrà mai dato diritto di parlare perché non sono una influencer. Ti sono debitore a vita 😂😂😂
----------------------------------------------------------Hai scritto un sacco di cose quindi andrò per punti per evitare di dimenticare qualcosa.
1) Nessuno dice che bisogna fare diventare Fedez l'idolo delle folle. Idolatrare una persona è sbagliato in qualsiasi caso, per quanto mi riguarda. Ma questo non è un problema di Fedez, è un problema di chi lo pone su un piedistallo. A me non risulta di averlo farlo.
Ho semplicemente detto di essere d'accordo con lui e di aver apprezzato molto il suo intervento, cosa di cui secondo me l'Italia aveva bisogno perché lui, in quanto influencer, ha sicuramente più probabilità di farsi ascoltare. Questo non significa farlo diventare un idolo, ma anche se fosse sicuramente il problema non sarebbe di Fedez ma di chi lo idolatra, quindi esattamente perché te la prendi con lui quando invece dovresti prendertela con chi lo tratta come un dio sceso in terra?
Poi che non ti senti rappresentata da lui va benissimo, ma da qua a dire che non ha il diritto di dire certe cose (perché questo hai detto negli ask precedenti) c'è un po' di differenza.
2) Maturazione, sì. Non si tratta di frasi fatte. Poi se tu vuoi credere che siano cose dette per moda, problemi tuoi. Capisci che però c'è un problema di fondo nel tuo modo di ragionare?
Se tu pensi che Fedez - in questo caso - abbia detto determinate cose per moda e non perché le pensa davvero stai in un certo senso sminuendo dei diritti che in teoria per te dovrebbero essere importanti, se addirittura arrivi a pensare che la gente ne parli per moda e non perché ci crede sul serio.
E, tra le altre cose, perché mi fai la morale sull'essere coraggiosi? Non ho mai detto che Fedez è stato coraggioso a fare quell'intervento. Ho semplicemente detto che lui, a differenza di una persona comune, poteva permettersi di farlo perché prima di tutto sarebbe stato ascoltato molto di più e soprattutto perché se qualcuno lo trascina in tribunale può permettersi di pagare le spese legali. Non ho mai parlato di coraggio, ho parlato semplicemente del potersi permettere di fare un discorso del genere in diretta nazionale.
3) La mia concezione dei leoni da tastiera è più o meno quella che hai detto tu: persone che, attraverso uno schermo, insultano gli altri sentendosi grandi e potenti solo perché hanno uno schermo che li protegge. E tu esattamente cosa hai fatto prima? Hai definito Fedez rivoltante, Chiara Ferragni un'ochetta (se non erro)... Questo non è insultare? Senza motivo poi, perché bastava dire che non ti era piaciuto il suo intervento e spiegare perché senza cadere nella banalità di insultare le persone solo perché non ti piacciono.
E non giocarti la carta del vittimismo con la frase: "lui al centro dell'attenzione e io liquidata e definita leone da tastiera", perché obiettivamente è la verità. Ovvio che lui sta al centro dell'attenzione, stiamo parlando di un influencer! E tu non è che sei invisibile perché sei gay, ma lo sei perché sei una persona comune! E sì, ti ho definita leone da tastiera perché è ciò che penso delle persone che insultano senza motivo gli altri.
Anche perché hai ammesso che il problema non era tanto il discorso di Fedez quanto il fatto che fosse stato idolatrato dalla massa... E hai ragione su questo, ma allora prenditela con la massa!
4) Non ti azzardare a dire che non posso dire alla gente di non rompere i coglioni perché devo sostenere la comunità. Io le persone della comunità LGBT+ le sostengo, lo facevo anche prima di rendermi conto di farne parte, ma sostenere non significa lasciar passare tutto.
Se un determinato atteggiamento mi rompe le palle e mi fa perdere le staffe, a me non frega nulla che si tratti di una persona gay, bi, pan, etero, o qualsiasi altro orientamento, non frega nulla che faccia parte della comunità o meno. Sostenere le persone della comunità non vuole giustificare ogni cosa perché si tratta comunque di esseri umani e come tali sbagliano e come tali possono dire e fare cose con cui non mi trovo d'accordo, come quelle dette da te. E se non sono d'accordo lo dico, anche con modi bruschi perché è il mio carattere. Non è che solo perché siamo parte della stessa comunità allora devo stare zitta e farmi andare bene tutto perché devo sostenerti.
E il fatto che io sia una newcomer non cambia le cose. Però grazie per aver rimarcato il fatto che io in questa situazione ci sia dentro da meno tempo di te, da sola non ci sarei mai arrivata!
5) Premetto che il mio blog non è impostato per ricevere domande in anonimo. È impostato per ricevere domande, punto. Purtroppo se tolgo l'opzione impedisco l'arrivo di qualsiasi domanda, non solo le anonime.
Detto ciò, non sono le domande in anonimo in sé a turbarmi. Sono le domande in anonimo fatte in un certo modo. E ti spiego subito il perché.
Se una persona mi parla scattando come un cane a cui hanno pestato la coda, io scatto a mia volta. Sono fatta così, non dico di essere fatta bene, ma è il mio carattere. Il punto è che io, rispondendo con il mio nickname (e non solo, perché chi mi segue qui tende a seguirmi anche su altri social in cui ci metto la faccia quindi tutti sanno chi sono) mi espongo, mentre l'altra persona - in questo caso tu - resta nascosta dietro l'anonimo, che funge da scudo.
In pratica in una discussione, tu ne esci pulita perché ti sei nascosta dietro l'anonimo, mentre io sono quella brutta e cattiva che risponde male. Non che mi freghi qualcosa del passare per brutta e cattiva, ma non vedo perché sta figura me la devo fare solo io quando siamo in due.
6) Non ho mai detto che dovremo ringraziare Fedez nel caso in cui il ddl Zan venga approvato. Ho semplicemente detto che Fedez si esposto in merito a questa questione e che, per quel che ne so, è stato l'unico personaggio famoso a esporsi così tanto. O meglio, in tanti a modo loro si sono esposti, ma lui lo ha fatto più di altri per quello che ho potuto vedere.
Questo non significa doverlo ringraziare, significa semplicemente riconoscere che ha portato sotto i riflettori una questione che altrimenti forse in pochi conoscerebbero.
Molti ddl o proposte di legge arrivano agli occhi delle persone comuni tramite i social o tramite "propaganda" da parte di influencer o personaggi famosi. Può essere vista come una cosa giusta o sbagliata, non mi interessa e non sono qua per parlare di questo, ma è quello che succede. Ed è un dato di fatto che molte persone si siano informate sul ddl Zan perché Fedez ne ha parlato. E qua si torna al punto di partenza: Fedez ha una voce più "grossa" di quella che posso avere io o di quella che puoi avere tu, per il semplice fatto che è un personaggio pubblico seguito da tantissime persone.
Quindi nessuno dice che in futuro bisognerà ringraziarlo, ma riconosciamo che almeno in parte è stato lui a portare l'attenzione - soprattutto delle persone che non sono toccate direttamente dal ddl Zan - su questo argomento.
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dominicdarragh · 3 years
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“Mi sei mancato”
17.12.76 Cucine
D: «Io. Sto qui a Natale» come il ragazzino già sa. «E ho pensato di darti Il tuo regalo di Natale. Però dobbiamo andare da una parte…» Sempre che lui voglia insomma. (…) Welcome to cucine, Emile. «Beh. Buon Natale!» Sfotte pure. E solo allora si volterebbe verso Emile per osservarne la reazione.
E: «Ma...» ma niente. Nico spalanca la porta. E lui si ritrova in un posto magico. Che fa quasi ridere. Si perde, completamente. «...» e adocchia Nico velocemente, sempre con quello sguardo così sorpreso, e esterrefatto, che pare essere diventato senza parole. E poi proverebbe a muoversi a passo spedito verso Nico, perché se concesso tenterebbe di lanciargli direttamente le braccia al collo e stringerlo in un abbraccio forte forte. Gli piace? Chissà. Però quello che dice «Mi sei mancato un sacco.» è il suo modo di dire grazie.
D: «Sono elfi domestici!» Cominciamo bene. «E lavorano qui. Preparano da mangiare e se hai fame ti basta chiedere e ti danno qualcos-» E poi viene letteralmente ASSALITO da Emile, che gli si butta fra le braccia! WTF!? Lo coglie alla sprovvista, quindi un passo indietro, con tanto di mano che va alla bacchetta, è d’obbligo. Ci metterebbe qualche millesimo di secondo in più per ricambiarlo, andando a cingergli il corpicino con le braccia, un po’ rigido… troppo rigido. «Anche tu» risponde morbidamente, perché è vero. «Ci porti un tea per favore? E… anche un paio di muffin se li avete.» Sempre gentile, più gentile con quelle creature che con metà degli studenti nel castello.
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E: «E`... bellissimo. Davvero.» e poi, stringendosi appena nelle spalle, finisce inevitabilmente per cercare lo sguardo altrui per un istante. E soffiare un «Grazie, Nico.» che in qualche modo pare uscire un attimo più docile di tutto il resto. «E` un posto bellissimo. E sono contento che tu -- che mi ci abbia portato.» ecco. Ma probabilmente in realtà è solo contento di stare un pochino con Nico, a dirla tutta, da come il tono pare intimidirsi per giusto un istante.
D: «Comunque mi ci ha portato Maegan, quindi ringrazia pure lei quando la vedi. Ti ci voleva portare… ma si è fatta da parte.» Diamo a Cesare quel che è di Cesare. «Senti… Puoi… non farlo così? Intendo l’abbraccio.» Chiaro e diretto stavolta, lo sguardo glaciale che non viene puntato verso il Tasso. «Non così… di botto.» Senza senso. Perché dopo tutto quello che è successo… non si fida più come prima. Sempre per gli stessi motivi forse (?)
E: Sente di Maegan che si è fatta da parte, e c`è un sorrisetto un poco piu` docile per la specifica «E` stata davvero carina.» non che lo dica come se fosse una sorpresa. Per lui Maegan è praticamente sempre un angioletto. E allora la reazione istintiva del suo corpo è quella di fargli arrivare addosso un`ondata di calore che cattura le guance abbastanza prepotentemente. Arrossisce. «Oh.» eh. «Okay.» di getto, anche se è evidente che praticamente i neuroni gli siano morti. E come ogni volta che un neurone muore: lui straparla. «Cioè. Hai assolutamente ragione. Avrei dovuto - chiedere. Se andava bene. E non darlo per scontato. Solo perché ti ho abbracciato una volta non vuol dire -- non di botto. Non lo faccio. Chiedo.» e si ferma alla fine, abbassando un poco lo sguardo. Perché l`imbarazzo è palesemente tanto, e probabilmente non pensava di poter essere ripreso su una cosa simile «Non lo faccio piu`. Non - così.» dice, piu` calmo.
D: Il sorrisetto docile lo vede però. E la fronte si corruga. Così come sente quel complimento. E la fronte si affossa proprio. «…» Oggi non si capiscono proprio. «Quindi. Meg…» quindi te piace Meg. «Ottimo. Buono a sapersi.» E qualcosa nel suo cuoricino di undicenne confuso sembra incrinarsi, e qualcosa dietro agli occhi chiari si offusca. E allora… tutto quel macello… è successo per nulla? E nemmeno ce l’ha con Meg. Non ce l’ha con nessuno. Ma solo con sé stesso. Perché è abituato a pensare che, in fondo, la colpa sia sempre sua. E ricevere quella risposta. E gli occhi si levano di nuovo, pieni zeppi di sensi di colpa che sprizzano ovunque. «No... cioè sì… Non-non è quello» ma che sta succedendooo? Le iridi volano da una parte all’altra della cucina senza meta, senza ristoro, alla ricerca di qualcosa che possa donargli l’illuminazione di cui ha bisogno. Non voleva farlo sentire in colpa. E poi perché dovrebbe? Gli piace Meg. O comunque non si è preoccupato per lui. «Non è colpa-non-io» Si è rotto Dominic. Il volto è arrossato per l’affanno di non.capire.proprio.che.succede. Gli occhi cercano quelli di Emile rammaricati. E poi. D’un tratto. Il primino si alzerebbe dalla sua seduta. E lasciandosi dietro un tea semifinito, un muffin mangiucchiato e un primino probabilmente più confuso di lui… scappa.
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