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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3241 25 APRILE, LA FESTA PIU' INSENSATA E RIDICOLA di Massimo Viglione È fin troppo facile far notare che il 25 aprile è la festa più insensata e ridicola che sia mai esistita nella storia, visto che di fatto si festeggia una sconfitta miliare di un popolo distrutto e caduto nella guerra civile e nell'odio ideologizzato. E che è ancora più insensata perché si continua a festeggiarla dopo settant'anni! Una tipica follia democratica. Naturalmente diciamo questo non certo per nostalgismo pro sconfitti, né perché riteniamo che qualora la guerra fosse stata vinta dal nazional-socialismo noi italiani ce la saremmo passata meglio. Forse nei primissimi anni della vittoria; ma, personalmente ritengo che, specie alla lunga – e questo al di là delle follie razziste dell'hitlerismo – sempre servi saremmo stati, e sempre del Paese che oggi domina l'Europa non con le armi e la Gestapo ma con la finanza e le banche. Occorre riflettere bene ormai, dopo settant'anni, sul perché di questa stupida festa nazionale. Se essa è stata inventata e continua ad essere imposta ogni anno, nonostante ormai da lungo tempo molti intellettuali – spesso ex-marxisti – stiano oggettivamente invitando all'eliminazione di questo solco di sangue che ancora bagna l'identità italiana – è perché essa è il marchio stesso della Repubblica Italiana. Ne è il sigillo nazionale. Un sigillo troppo pesante perché possa essere tolto e possa divenire pubblico ciò che nasconde. Per decenni si è taciuto sulle stragi comuniste dei titini in Istria e sulle stragi comuniste dei partigiani in Emilia Romagna e altrove. Per decenni il 25 aprile serviva a occultare nella festa "di tutti" (come Pertini, il presidente di tutti, ricordate?) il sangue innocente (donne, vecchi, seminaristi, sacerdoti, uomini che si erano arresi, ecc.) offerto in tributo all'altare del sol dell'avvenire che sembrava stesse per sorgere in quei tragici giorni. Soprattutto doveva però nascondere anche l'idea stessa che in Italia vi fosse stata una guerra civile. Tutti noi che siamo stati studenti nella Prima Repubblica, sappiamo bene che la guerra civile fra partigiani e fascisti non è mai esistita: è esistita invece la guerra di "liberazione" – termine che dimenticava, come se nulla fosse, il fatto che se dietro i fascisti vi era un invasore, dietro i partigiani ve ne erano due (o di più, forse). "Liberazione": ecco la parola magica inventata, mentre Mussolini pendeva a Piazzale Loreto e il sangue scorreva a litri nel triangolo rosso della morte e in Istria, per occultare sia la sconfitta militare che l'idea stessa di una guerra civile. Al punto tale che – e il cinema ha lavorato molto in tal senso – il "fascista" non era più neanche italiano, ma era il male in sé, inevitabilmente cattivo perché antitesi dell'inevitabilmente buono, ovvero dell'italiano partigiano. Ma perché occorreva – e occorre ancora dopo settant'anni – nascondere la sconfitta e la guerra civile? Su questo nodo focale ormai la letteratura è vasta (Galli della Loggia, Emilio Gentile, Paolo Mieli, Marcello Veneziani, solo per citare alcuni fra gli autori più noti): la ragione vera risiede nella storia precedente, vale a dire nel Risorgimento italiano. Il processo di unificazione nazionale è stato – al di là del mero risultato territoriale amministrativo – un assoluto fallimento. L'"italietta" nata dal blitz di Cavour e Garibaldi era più "espressione geografica" dell'Italia dei giorni di Metternich. Niente univa il siciliano e il piemontese, il salentino e il lombardo, il fiorentino e il calabrese. Economicamente era un disastro, più o meno come oggi. Moralmente screditati e corrotti. Militarmente ridicoli e incapaci (nemmeno gli africani ci rispettavano). Per non parlare della questione meridionale, della mafia, della corruzione, dell'emigrazione di milioni di uomini costretti a lasciare la loro Italia per non morire di fame. Essendo evidente a tutti il fallimento ideale, civile e culturale del Risorgimento, per forgiare gli italiani fu deciso prima di tentare la via coloniale e fu un disastro, come già accennato. Poi di entrare nella Prima Guerra Mondiale, pur sapendo perfettamente che se ne poteva stare tranquillamente fuori. Il prezzo è stato 600.000 morti e 1.500.000 mutilati e feriti, il tutto per la "vittoria mutilata" (anche la vittoria fu mutilata). Poi il biennio rosso – con il rischio bolscevico – e infine la dittatura fascista, che si assunse il compito di "fare gli italiani", ovvero di riuscire dove il risorgimento liberale aveva chiaramente fallito. Il fascismo divenne, come Mussolini stesso dichiarò più volte e Giovanni Gentile teorizzò filosoficamente – il compimento del Risorgimento. Il Secondo Risorgimento. Ma il fascismo – al di là di alcuni innegabili risultati positivi – ci ha condotto al secondo disastro mondiale e all'8 settembre, con la "morte della patria", lo Stato alla sfascio, una monarchia indecente che fugge, un esercito lasciato senza ordini e senza capi, all'invasione degli stranieri e alla guerra civile. Così, il mondo partigiano, almeno l'intelligenza di esso, comprese che occorreva risollevare ancora una volta, per la terza volta, dal baratro il mito fallimentare del Risorgimento. E lo fece facendo scomparire dall'idea italiana il fascismo, la sconfitta e la guerra civile, e presentando la nuova repubblica consociativa, liberal-democratica tendente a sinistra come il vero ultimo passaggio per la realizzazione del "nuovo italiano", quello appunto sognato dagli eroi risorgimentali. Nacque così il "terzo risorgimento", quello democristian-laico-comunista. Ecco la necessità di mantenere in vita la festa del 25 aprile. In fondo, abolirla, sarebbe come ammettere che pure il "terzo risorgimento" ha fallito nell'obbiettivo di fare gli italiani e di costruire un Italia unita e rispettabile nel consesso delle nazioni. Quanto l'Italia di oggi sia unita e rispettabile nel consesso delle nazioni è sotto gli occhi di tutti. È fallito il primo Risorgimento, quello condotto contro la Chiesa e l'identità cattolica italiana. È fallito il secondo Risorgimento, quello fascista. È fallito pure il terzo Risorgimento, quello del compromesso storico fra "cattolici" liberali, laici e comunisti, che ha prodotto l'obbrobrio in cui oggi viviamo. Oggi l'Italia neanche esiste più, essendo divenuta colonia sottomessa a un'entità astratta e al contempo famelica e contro-natura come la UE. Eppure noi continuiamo a festeggiare il 25 aprile. Come dire... sempre più stupidi, ogni anno che passa. Sempre meno italiani, ogni anno che passa. Perché il vero italiano era quello figlio di 26 secoli di storia. Quello che si trovò i piemontesi a casa. Quello era il vero italiano. E oggi, italiano vero, è colui che è in grado di capire e ha la forza di dirlo che questa Italia, questa Repubblica, non ha quasi nulla della vera Italia. E che finché non restaureremo la vera Italia, il nostro destino sarà quello di andare sempre più allo sfascio generale. Ma, per usare una loro espressione... "un'altra Italia è possibile". Non dimentichiamolo e lottiamo per questo.
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=49 E' MORTO CABIBBO, IL GRANDE FISICO ITALIANO A CUI E' STATO NEGATO IL PREMIO NOBEL PERCHE' CATTOLICO di Franco Gabici Nicola Cabibbo, scomparso a Roma lunedì sera all’età di 75 anni (era nato a Roma il 10 aprile 1935), apparteneva a quella generazione di fisici che ha dato contributi fondamentali alla fisica delle particelle elementari; un campo ostico che difficilmente si presta alla grande divulgazione, ma che gioca un ruolo importantissimo nella comprensione di molti fenomeni. Cabibbo, docente di fisica delle particelle elementari all’Università di Roma, era un nome molto noto ai fisici di tutto il mondo, che vedevano in lui un vero pioniere nel suo campo. Laureatosi in fisica a soli 23 anni con Bruno Touschek, il padre del primo acceleratore italiano di particelle costruito a Frascati, già nel 1961 pubblica un articolo sulla sezione d’urto, un lavoro fondamentale per chi studia i fenomeni di collisione delle particelle elementari, e due anni dopo firma sulla prestigiosa rivista Physical Review Letters l’articolo che lo avrebbe reso famoso in tutto il mondo dove introduceva una famosa costante, conosciuta oggi come «angolo di Cabibbo», per spiegare certe trasformazioni di particelle. Ma il nome del fisico italiano è finito anche nella cosiddetta «Matrice di CKM», dove Ckm è l’acronimo dei tre cognomi Cabibbo, Kobayashi e Maskawa. La «matrice di CKM» è un modello che ha consentito di prevedere l’esistenza di sei differenti tipi di quark, i mattoni ultimi della materia che combinandosi in diversi modi formano le particelle elementari (protoni, neutroni, elettroni...). Non a caso il nome di Cabibbo è il primo della «triade»; fu Cabibbo, infatti, coi suoi studi, ad aprire la strada a questo nuovo filone di studi volti alla comprensione dei meccanismi che spiegano l’intima struttura della materia. Ma grande fu la sorpresa dei fisici, soprattutto italiani, quando si apprese la notizia che la giuria di Stoccolma aveva conferito il Nobel per la fisica ai due ricercatori giapponesi che facevano parte della triade «Ckm», Makoto Kobayashi e Toshihide Maskawa, senza la minima menzione alle ricerche di Cabibbo. Qualcuno, probabilmente a ragione, avanzò l’ipotesi che l’esclusione di Cabibbo dal Nobel fosse stata causata dall’essere il fisico italiano il presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, della quale faceva parte fin dal 1993. Va anche ricordato che Cabibbo è considerato anche il padre dei super calcolatori Ape (Array Processor Experiment), macchine che attualmente sono in grado di effettuare un miliardo di miliardo di operazioni al secondo! Da uomo di fede Cabibbo considerò sempre con grande equilibrio il rapporto fra scienza e fede, convinto che tra scienza e fede dovesse esserci «rispetto reciproco». Riteneva, inoltre, che non dovessero essere imposti dei limiti alla ricerca scientifica, ma che occorresse «fare attenzione alle possibili applicazioni e alle implicazioni etiche». E su quest’ultimo punto Cabibbo affermava che, se da un lato le religioni potevano dare gli input sull’etica, dall’altro era importante che la comunità scientifica avesse un ruolo positivo nell’elaborazione della morale. Non nascondeva che certe questioni potevano generare qualche imbarazzo fra religione e ricerca ma, parafrasando una famosa frase che Galilei passò a Cristina di Lorena («L’intenzione dello Spirito Santo essere d’insegnarsi come si vadia al cielo, e non come vadia il cielo»), sosteneva che l’uomo deve aspettarsi dalla fede la salvezza e non la spiegazione del mondo. Del resto era anche convinto che la scienza non potesse mettere in difficoltà la fede, perché le scoperte scientifiche sono 'vere' e ciò non può essere in contrasto con la creazione. Secondo Cabibbo infine  la Chiesa, dopo aver rivolto le proprie attenzioni ai temi dell’evoluzionismo e della biologia, avrebbe dovuto presto confrontarsi anche con la fisica, soprattutto dopo i possibili sviluppi legati al funzionamento del più grande acceleratore di particelle del mondo, il Large Hadron Collider (Lhc) del Cern di Ginevra. E a questo proposito non condivideva la definizione di «particella di Dio» data al famoso «bosone di Higgs» al quale i fisici stanno dando da tempo la caccia. «Chiamare il bosone di Higgs la particella di Dio – commentò Cabibbo – è stata la trovata stravagante di un collega americano, ma con Dio non ha nulla a che fare». Cabibbo ha giocato un ruolo fondamentale anche nella politica della ricerca. Dal 1985 al 1993, infatti, è stato a capo dell’Istituto nazionale di Fisica nucleare (Infn) e sotto la sua presidenza sono stati inaugurati i Laboratori nazionali del Gran Sasso, mentre dal 1993 al 1998 è stato presidente dell’Enea, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. L’attuale presidente dell’Infn, Roberto Petronzio, che fu allievo di Cabibbo, così ha commentato la morte del grande fisico: «Scompare uno scienziato dotato di un pensiero profondo e un grande maestro. Cabibbo è stato fra i protagonisti assoluti della scuola romana di fisica». Per il fisico Giorgio Parisi, uno dei suoi allievi più influenti, «è stato senza dubbio il punto di riferimento di un’intera generazione di fisici. A livello umano era una persona contagiosa. Si vedeva chiaramente che si divertiva a fare la fisica, che per lui era come se fosse un gioco». Molto significativo anche il commento di Luciano Maiani, presidente del Cnr: «Lavorare con lui era sorprendente. Conosceva tutta la fisica e aveva dimensioni intellettuali pari a quelle di Enrico Fermi». Proprio alcuni giorni fa per i suoi studi sull’«interazione debole» era stata conferita a Cabibbo la Medaglia Dirac, che equivale a un Nobel per la fisica; quasi un risarcimento per quel Nobel mancato che fece gridare allo scandalo. Molti parlarono di «scippo». Ma Cabibbo non offrì nessun commento e anche per questo dimostrò ancora una volta tutta la sua grandezza.
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7775 PAPI E ANTIPAPI, SEDE VACANTE E PAPA LEGITTIMO (4° e ultima parte) di Luisella Scrosati Dedichiamo un'ultima riflessione alla questione relativa alla legittimità del papa riconosciuto universalmente e pacificamente dalla Chiesa come fatto dogmatico (per gli articoli precedenti, clicca qui), affrontando le due principali obiezioni che normalmente vengono sollevate. Prima di tutto ricordiamo che i fatti dogmatici - tra i quali rientra la legittimità del pontefice riconosciuto universalmente - fanno parte delle verità connesse alla Rivelazione (per necessità storica); il che, in concreto, significa che la loro negazione finirebbe per contraddire uno o più punti della medesima Rivelazione. I fatti dogmatici devono pertanto essere tenuti in modo definitivo, non ipotetico (potrebbe essere così) o condizionale (sarebbe così, ma solo a condizione che). Il papa, una volta che ha ricevuto l'accettazione della Chiesa universale, è papa, qualunque contestazione si possa avere a riguardo. 1) IL DISSENSO DI UN GRUPPO Una prima obiezione frequentemente sollevata contesta il senso dell’"accettazione universale", ritenendo che il dissenso di un gruppo, più o meno esteso, di fedeli e chierici, sia sufficiente per affermare la non universalità di tale accettazione. In sostanza, l'universalità dovrebbe essere intesa come una totalità matematica da parte dei battezzati. Occorre rilevare che, se così fosse, non si raggiungerebbe quasi mai la certezza della legittimità del papa, perché sarebbe sufficiente qualsiasi dissenso di un gruppo, dovuto a ragioni più o meno plausibili, per lasciare nell'incertezza la Chiesa universale. Questa incertezza si riverserebbe sugli atti del sommo pontefice, così che sarebbe sempre possibile rifiutare una definizione dogmatica o un insegnamento definitivo a motivo del fatto che la legittimità di tale papa era stata contestata da quel gruppo di fedeli e/o chierici. Ma c'è una ragione più profonda che fa comprendere che il dissenso di fedeli e chierici non sia sufficiente ad inficiare l'universalità richiesta: quando si parla di "Chiesa universale" si intende non la semplice comunità dei battezzati - concezione protestante dell'Ecclesia -, ma la comunità dei battezzati uniti ai loro legittimi pastori, i vescovi. Se dunque i vescovi, nella loro universalità, riconoscono Tizio come vero papa, i fedeli sono tenuti ad aderire a questo insegnamento. L'ipotesi che tutti i vescovi si ingannino sulla legittimità del pontefice comporterebbe infatti una defezione di tutta la Chiesa docente su un fatto dogmatico e sul riconoscimento di chi è il Capo visibile della Chiesa, il che sarebbe una contraddizione diretta dell'infallibilità della Chiesa. Ma anche della sua indefettibilità, perché la Chiesa non può rimanere senza Capo, se non per quel tempo di sede vacante necessario per eleggere un nuovo pontefice. Verrebbe altresì meno la nota dell'unità della Chiesa, che è una delle quattro note professate nel Credo, perché ci troveremmo nella situazione in cui la Chiesa, vescovi e fedeli loro sottomessi, sarebbe separata dal suo Capo. Va da sé che, quando parliamo dell'insieme dei vescovi, intendiamo quanti hanno ricevuto una giurisdizione dal sommo pontefice e sono dunque in comunione con la Chiesa: non è sufficiente infatti l'ordinazione episcopale per fare di un sacerdote un vescovo. 2) SOLO A CONDIZIONE CHE... La seconda obiezione riguarderebbe la condizionalità dell'accettazione pacifica universale, posizione che potremmo riassumere in questo modo: la dottrina sull'accettazione è valida, ma solo a condizione che...; oppure: è valida, ma non si applica a questo caso di pontefice universalmente accettato. Dunque vi sarebbero condizioni "aggiuntive" perché si possa ritenere questa dottrina nel caso concreto del papa Tizio. Per esempio, che siano state osservate tutte le norme dell'elezione del papa (dal 22 febbraio 1996 indicate nella Universi Dominici Gregis); o a condizione che il papa scelto dai cardinali non fosse eretico prima della sua elezione; o ancora, a condizione che il papa eletto non fosse iscritto alla Massoneria o ad altre associazioni proibite dalla Chiesa, per le quali si incorrerebbe nella scomunica; a condizione che la rinuncia di un eventuale papa dimissionario sia valida. Si potrebbero aggiungere ulteriori argomenti condizionali, ma non serve a molto, perché le pur diverse condizionalità hanno in comune questa logica: occorre verificare che certe condizioni si siano verificate per poter ritenere applicabile al presunto papa in questione la dottrina sull'accettazione pacifica universale. Detto in altro modo: l'insegnamento sulla legittimità del papa non si applicherebbe a questo singolo caso, perché, in questo caso, non si sono verificate certe condizioni. Ora, il punto è che l'unico caso in cui non si applica la dottrina sull'accettazione pacifica universale è che... non vi è stata un'accettazione pacifica universale! Ossia quando vi sono stati dei vescovi che hanno contestato quella specifica elezione, per delle precise ragioni legate alle condizioni previe del soggetto eletto o alle modalità dell'elezione: eresia, scisma, scomunica, incapacità mentale del candidato, simonia, brogli, costrizione nell'elezione, e così via. Quando invece i vescovi (secondo Giovanni di San Tommaso, basterebbero i cardinali elettori) hanno universalmente riconosciuto Tizio come papa, allora, in virtù del fatto dogmatico, si ha la certezza che Tizio sia papa, a prescindere dal fatto che possa rivelarsi un pessimo papa e, soprattutto, a prescindere che si siano risolti eventuali dubbi sulla sua persona, sull'elezione e quant'altro. Perché il punto chiave dell'accettazione pacifica universale è proprio questo: poiché è impossibile che la Chiesa erri nell'unirsi a un Capo fasullo (per le ragioni dette sopra), dunque il papa riconosciuto universalmente è il Capo della Chiesa. La maggioranza dei teologi che trattano della questione ritiene che questa accettazione sia la prova che tutte le condizioni di validità, su cui si potrebbero sollevare dubbi, si sono di fatto verificate; altri si spingono ad affermare una sorta di eventuale sanatio in radice di eventuali deficienze; ma a noi interessa che tutti concordino con il fatto che l'accettazione universale è la garanzia che Tizio è papa. Guardando nuovamente la questione da un altro punto di vista, possiamo dire che chi ritiene che, in questo caso specifico, il pontefice riconosciuto universalmente non è in realtà papa, per qualsivoglia ragione, non ha compreso il senso del fatto dogmatico. Sarebbe come colui che, di fronte ad un pronunciamento ex cathedra, mettesse in dubbio il dogma proclamato perché, a torto o a ragione, le argomentazioni addotte risulterebbero insufficienti o errate, oppure non limpido l'iter per giungere a tale pronunciamento. L'adesione di fede, in questo caso, viene data in ragione dell'infallibilità petrina, mentre, nel caso dell'accettazione universale, in ragione dell'infallibilità della Chiesa. Dunque aveva ragione Martino V: l'accettazione di questo concreto papa, riconosciuto universalmente dalla Chiesa, non è solo una questione disciplinare, ma di fede. La Chiesa universale non può errare nell'unirsi al suo Capo visibile (unità della Chiesa), né la Chiesa può rimanere priva di lui (indefettibilità), né la Chiesa gerarchica può errare nell'insegnare che Tizio sia papa (infallibilità): l'adesione universale dei vescovi è un segno infallibile della legittimità del sommo pontefice.
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7773 UNA STIGMATIZZATA FUORI DAL COMUNI di Rino Cammilleri Ho scrutato attentamente il video che il dottor Paolo Basso da Crema mi ha recapitato sulla beata Maria Domenica Lazzeri, detta la "Meneghina", nata nel 1815 e morta nel 1848. Diciamo subito, per chi non lo sapesse, che si tratta di una stigmatizzata. Stavo per scrivere "la solita stigmatizzata", perché essendomi occupato per trent'anni, ogni giorno, prima sul quotidiano Avvenire e poi Il Giornale, di santi e beati, di stigmatizzate ne ho viste tante. Quante siano potete agevolmente contarle, se avete pazienza, sul sito santiebeati.it. Da Caterina da Siena, a Teresa Neumann, eccetera. Mai, però, avevo considerato il fatto che queste mistiche sanguinanti fossero tutte donne. Sì, abbiamo il Poverello e Padre Pio. E basta, almeno che io ricordi. Tutte le altre sono donne, sempre donne. Queste strane privilegiate dal Cielo in genere non devono far altro che starsene in un letto a patire. Qualcuna ha visioni e detta libri, come Katharina Emmerick. Qualche altra manifesta i dolori della Passione in periodi ricorrenti e limitati, come Natuzza Evolo. Qualche altra ancora, come Elena Aiello, continua a occuparsi dei suoi orfanotrofi. Ma le più devono solo fare le "vittime". Perché donne? Forse perché sono più delicate e fragili? In effetti ciò si accorderebbe con il risultato modus operandi del Cielo: scegliete il personaggio più improbabile onde mostrare che quanto gli accade viene solo esclusivamente dall'Alto. La potenza di Dio si manifesta meglio nella debolezza, come dice Paolo. E più la creatura prescelta è inadeguata, più appare, a chi voglia vederla, l'opera di Dio. RIMANEVA MORTA Naturalmente noi crediamo che la ricompensa per tali "vittime" sarà straordinaria, altrimenti prendere una ragazza minuta e insignificante, confinarla in un letto di dolore senza mangiare, né bere, né dormire, ma solo e sempre sanguinare tra le sofferenze più atroci sarebbe puro sadismo. Ma noi sappiamo che il Creatore è Bontà e Amore, perciò non ci resta che aggrapparci alla Fede. E veniamo alla Nostra. Al solito, nasce in un posto sperduto e dimenticato, Capriana in Val di Fiemme, Trento. Figlia di un povero mugnaio fin da subito conosce la fatica e i geloni alle dita in un tempo e in un luogo in cui se vuoi scaldarti devi prima far legna e accendere il camino. Ultima di cinque figli, dopo qualche anno di scuola, va a servizio, anche perché il padre è nel frattempo morto. Nel 1833, mentre si prodiga per i malati d'influenza, rimane contagiata. A quel tempo o si guarisce o si muore di polmonite. Lei, invece, sviluppa un crescendo di sintomi mai visti prima che in breve la confinano a letto, impedita a mangiare, bere e dormire. Riesce solo a "inghiottire" l'ostia, di cui nell'800 bisogna essere "degni", perciò mensile. Chiamata in paese "meneghina" ("Domeneghina"), ha diciannove anni quando comincia: sudorazione di sangue come nel Getsemani, ferite sulla fronte come da coronazione di spine, stigmate alle mani, al torace e ai piedi. Le mani sono artigliate, come si suppone siano state quelle inchiodate di Cristo, i piedi sempre sovrapposti. Ogni venerdì, all'ora della morte di Cristo, anche lei rimane morta per diverso tempo. Sì, morta. Indi si rianima e si riparte con il calvario. IL SANGUE OLTRE LA GRAVITÀ Gli scienziati che scrutano il caso sono intrigati anche dal fatto che su di lei il sangue gocciola non seguendo la gravità, ma come se davvero fosse appesa verticale a una croce. E ciò accade tutti i venerdì, per quattordici anni (per chi ama le coincidenze sempre in questi casi c'è il bicchiere mezzo pieno: la mistica è in grado di seguire omelie pronunciate in altri luoghi e di riferire cose dette altrove, di comprendere lingue straniere e pure antiche, di bilocarsi). Naturalmente, il caso fa scalpore e in breve la sua casa è assediata da visitatori provenienti da ogni dove. Anche semplici curiosi, certo. Ma per fortuna il vescovo competente è il beato Giovanni Nepomuceno de Tschiderer, che prende a cuore la vicenda e provvede a disciplinare l'accesso. Il primario dell'ospedale di Trento, dopo accurato studio, stende una relazione che viene presentata in ben tre congressi scientifici nazionali. Vengono illustri personaggi da tutta Europa, viene il beato Antonio Rosmini, perfino l'Arcivescovo di Sidney. Scoppia il caso sulla stampa, fogli cattolici e fogli protestanti incrociano le lame. Diversi editori europei fiutano l'affare e sguinzagliano agenti alla ricerca di testimoni oculari per cavarne libri e opuscoli a sensazione, i pamphlets il più delle volte di scaso valore, ma che concorrono alla divulgazione della notizia. Malgrado l'interessata non abbia mai voluto fotografie. Che pensare di tutto questo? Perché Dio sceglie una "vittima" e la massacra (o permette che lo sia, ma è lo stesso) per tutta la vita? Certo la cosa è sempre su base volontaria e se qualche farabutto conclamato scansa la dannazione eterna proprio grazie a queste mistiche che accettano di farsi maciullare al loro posto dalla Bontà Divina? HA RAGIONE DIO Si, Uno potrebbe osservare che Cristo in croce ci rimane tre ore, mica 14 anni, cioè 728 venerdì. Ma, attenzione, la prescelta assenziente viene fornita di un dono speciale: l'amore per la croce. La meneghina, si scoprì, portava il cilicio. Come se non le bastassero le sofferenze inaudite che doveva sopportare. Nella letteratura mistica questo fenomeno è chiamato "follia della croce", che, seppure alla lontanissima, può essere paragonato a quel che prova un padre che si fa togliere un rene per salvare la vita al figlio. Forse l'esempio è inadeguato, ma non me ne vengono altri. E non me ne vengono perché io, come voi, aborro la sofferenza e faccio di tutto per evitarla. Siamo fatti per la gioia, non per il dolore (il che dimostra che il peccato originale è un fatto storico). È per questo, temo, che a molti la preghiera sembra una perdita di tempo: se fosse efficace, se venissimo sempre esauditi, saremmo tutti in ginocchio. Ma ogni nostra preghiera - ci si faccia caso - è una richiesta per toglierci una croce. O la croce. Forse è per questo che di solito non succede niente. Si, poi il devoto spiega che Dio ascolta, ma si riserva dell'esaudimento al tempo opportuno; oppure che stai chiedendo la cosa sbagliata, oppure che... La solita arrampicata sugli specchi perché Dio, per definizione, ha sempre ragione e tu torto. Come Giobbe, cui alla fine Dio rispose come il Marchese del Grillo. Insomma, boh. Proviamo a chiedere lumi alla Meneghina.
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VIDEO: La verità sull'islam in Europa ➜ https://www.youtube.com/watch?v=HVqRZTJfD5M&list=PLolpIV2TSebW0v_67SEYHJFlDZvH9rc9Z TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7777 GIORNALI E TELEVISIONI GIUSTIFICANO SEMPRE GLI ISLAMICI COME SQUILIBRATI MENTALI di Guillaume Gattermann In un articolo pubblicato su Valeurs Actuelles, Jean Messiha, noto esponente politico, ripercorre l'attacco alla Gare de Lyon (la più nota stazione ferroviaria di Parigi, ndr) del 3 febbraio. L'aggressore ha improvvisamente estratto un coltello e un martello e ha accoltellato un passante. Altre persone sono rimaste ferite in un secondo momento. "L'individuo è stato arrestato poco dopo", ha spiegato Messiha. "Abbiamo subito appreso che aveva 32 anni, che era originario del Mali e che aveva un permesso di soggiorno italiano. Entro un'ora dal suo arresto, ci è stato detto che era squilibrato e che soffriva di problemi psichiatrici. Insomma, un pazzo". Il verdetto è stato emesso! "Perché questa smania di ripulire il nome di un criminale che ha quasi stroncato delle vite innocenti senza motivo?". Come se non bastasse, "per quanto incredibile possa sembrare, la fonte dell'informazione sul presunto squilibrio dell'aggressore è... l'aggressore stesso! (...) Adesso i pazzi ammettono spontaneamente di essere pazzi? È una cosa nuova, appena uscita. Qualsiasi psichiatra vi dirà che esiste un principio immutabile in psichiatria: un pazzo non sa mai di esserlo. Infatti, una delle caratteristiche principali della follia è la sua incapacità di diagnosticarsi come tale", sottolinea giustamente. I NOSTRI NEMICI "Considerare i nostri nemici pazzi, squilibrati o affetti da disturbi psichiatrici è nel migliore dei casi un disprezzo pretenzioso e una cecità militante, e nel peggiore una manipolazione mediatica volta ad addormentare l'opinione pubblica affinché non si renda conto del pericolo che corre", denuncia Messiha. "I nostri nemici non sono squilibrati, ignoranti o pazzi, non lo sono in alcun modo, salvo rare eccezioni. Soprattutto quando dicono di essere loro stessi pazzi, in una forma poco velata di taqqiya [indica la possibilità di nascondere o addirittura rinnegare esteriormente la fede, di dissimulare l'adesione a un gruppo religioso, e di non praticare i riti obbligatori previsti dalla religione islamica per sfuggire a una persecuzione o a un pericolo grave e imminente contro sé stessi a causa della propria fede, N.d.R.]. Tale irresponsabilità viene dichiarata dopo una lunga valutazione da parte di diversi medici nel corso di diversi giorni o addirittura settimane. In altre parole, la pazzia non può essere decretata, tanto meno autodecretata. Deve essere riconosciuta da un gruppo di professionisti esperti". "Tuttavia, nulla di tutto ciò è stato fatto per l'aggressore maliano alla Gare de Lyon, il che non ha impedito che la teoria dello squilibrio psichiatrico si diffondesse a macchia d'olio fino a finire sulle prime pagine di tutti i giornali", si rammarica Jean Messiha. "Come è possibile, e chi può ingoiare un'informazione così rapida, perentoria, gratuita e definitiva da essere di per sé un'ammissione di menzogna?". UN IMMIGRATO ILLEGALE, UN MUSULMANO RADICALIZZATO, UN TERRORISTA ISLAMICO "La verità - e sarà molto difficile da ascoltare per il sistema progressista di sinistra - è che questo individuo è un immigrato illegale, un musulmano radicalizzato e, in fin dei conti, un terrorista islamico che ha cercato di uccidere in nome dell'Islam", ha affermato. "Potremmo moltiplicare gli esempi di tutti questi squilibrati che giornalisti di sinistra e politici progressisti, travestiti da psichiatri da fiera, ci hanno spontaneamente venduto come tali e che, con il progredire delle indagini, sono apparsi per quello che erano in realtà: musulmani radicalizzati e terroristi islamici". Jean Messiha deplora: "Ogni volta che viene commesso un attentato, la prima cosa che viene in mente è uno squilibrato: la tecnica è collaudata: giorno dopo giorno, una notizia si rincorre all'altra, e solo ciò che viene ribadito nelle ore successive agli attentati sarà ricordato dall'opinione pubblica. La verità, che arriverà giorni o addirittura settimane dopo, non interesserà più a molti. Dormite, dormite, brava gente". Nell'ultima parte del suo articolo, Messiha si chiede: "Perché mai, quando si parla di immigrati o di musulmani, il sistema mediatico-politico si trasforma in una vera e propria fabbrica di bugie, per di più su scala industriale, vista l'abbondanza di esempi?". "E perché la verità è così terrificante per l'ideologia progressista di sinistra?" "Perché è quello che rende possibile questi crimini e attacchi contro la Francia e il popolo francese, promuovendo fanaticamente la loro invasione e islamizzazione con ogni mezzo possibile", ha affermato con forza.
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7774 LA FAMIGLIA NON PUO' ESSERE MODIFICATA DALLE LEGGI di Gianfranco Amato La famiglia è una creazione dell'uomo o un elemento di natura? La risposta è semplice. La famiglia non è il frutto di un sistema socio-giuridico, di un determinato contesto storico-culturale, di una moda, di una concezione filosofica o politica, né tanto meno è il frutto di una dottrina religiosa. La famiglia è un elemento oggettivo di natura che precede cronologicamente e ontologicamente qualunque istituzione umana. Per questo essa è sottratta alla disponibilità dello Stato e non può essere modificata o manipolata attraverso la funzione legislativa. Per questo si dice che la famiglia è un elemento pre-giuridico e pre-politico. Fa parte della struttura naturale dell'essere umano. La prima immagine che abbiamo di famiglia - senza aggettivi di sorta come "naturale", "tradizionale", ecc. - risale al periodo preistorico, al Neolitico superiore in particolare. Nel 2005 in Germania, vicino alla città di Eulau, gli archeologi hanno rinvenuto alcune tombe che appartenevano a quell'epoca. In una di queste tombe hanno ritrovato i resti di quattro esseri umani: un uomo, una donna e due bambini. Furono seppelliti abbracciati tra di loro. Attraverso l'analisi del Dna gli scienziati hanno scoperto che si trattava di una famiglia: madre, padre e due figli. L'immagine che è stata ricostruita di questa famiglia, oltre ad essere particolarmente commovente, ci dice una cosa importante: in quell'epoca non esisteva nessuna legge, non esisteva nessun parlamento, non esisteva lo Stato e non esisteva nessuna Chiesa, ma esisteva la famiglia, elemento naturale che precede tutte queste istituzioni. L'UOMO LASCERÀ SUO PADRE E SUA MADRE La nostra civiltà occidentale affonda le sue radici, oltre che nella preistoria, anche nella cultura giudaica, che nel Bereshit (בראשית), il primo libro della Torah, definisce la famiglia in questi termini: «L'uomo lascerà suo padre e sua madre, si unirà alla moglie e i due formeranno una sola carne». La nostra civiltà si radica anche nella cultura classica greco-romana. Aristotele, che rappresenta la massima espressione del pensiero filosofico greco, ci ha lasciato una definizione interessante: «Polis sùnkeitai ex oikiòn», ossia «La società è costituita dall'insieme delle famiglie» (Politica, I, 1253b). Non sono i singoli individui ma le famiglie a costituire la società. E Aristotele aveva ben in mente quali fossero le funzioni e le caratteristiche della oikos, intesa come famiglia. Cinque, in particolare. La prima caratteristica era quella della despotèia, ovvero dell'autorità indiscussa: la famiglia è una comunità dove i genitori comandano e i figli obbediscono. La seconda caratteristica era quella di nascere dalla sùnzeuxis gunaikòs kai andròs γυναικός καί ἀνδρός, ovvero dall'unione di un uomo e di una donna. La terza caratteristica era legata a una funzione essenziale della famiglia, ovvero la teknopoìia, la procreazione. La quarta caratteristica era connessa alla oikonomìa, in quanto la famiglia è una comunità che si amministra e si gestisce in maniera razionale: il termine economia, peraltro, deriva proprio da «οἶκος», famiglia. La quinta caratteristica risiede in un'altra funzione fondamentale, ovvero quella della «παιδεία», l'educazione: la famiglia è la prima e più importante agenzia educativa della società. IL PENSIERO GIURIDICO DEI ROMANI Dopo il pensiero filosofico dei greci arriva il pensiero giuridico dei romani. Ulpiniano, uno dei più grandi giuristi dell'antica Roma, sosteneva che la famiglia si fonda sull'unico matrimonio, quello «justum», ovvero il matrimonio tra un «masculus pubes» e una «femina potens». Prima di lui il grande Cicerone aveva spiegato che la famiglia è la «prima societas», il nucleo, la cellula della società (De Officiis, I, 53-54). Essa costituisce, infatti, il fondamento della stessa società («principium urbis») e il suo vivaio («seminarium rei publicae»). Perché i romani sostenevano che la famiglia fosse un "vivaio"? Perché per essi la famiglia costituiva il primo luogo dove il cucciolo d'uomo impara a convivere con persone che non si è scelto; impara che esistono delle regole da rispettare; impara cosa significa condividere. Era una specie di filtro, di "stage" che il cucciolo d'uomo doveva affrontare prima di andare a vivere nella grande famiglia che è la società. I romani pensavano che se la natura non avesse donato questa possibilità di una sperimentazione quotidianamente della convivenza in famiglia, gli stessi uomini non avrebbero potuto vivere insieme nella società: sarebbero stati dei lupi solitari o si sarebbero scannati tra di loro. Ma poiché nella grande famiglia dove il cucciolo d'uomo andrà a vivere, cioè la società, ci sono uomini e donne, era importante per i romani che il bambino imparasse nella sua famiglia quali fossero le funzioni di questi due sessi. Ecco perché, per esempio, nonostante nell'antichità classica l'omosessualità fosse abbastanza tollerata e diffusa, nessuno si è mai sognato di parlare di matrimonio omosessuale o di famiglia tra persone dello stesso sesso. E perché non lo fecero malgrado allora ci fossero maggiori condizioni per farlo rispetto a oggi? Perché i romani avevano un senso chiaro e intelligente della laicità e sapevano distinguere tra l'aspetto privato - per cui uno a casa sua, sotto le lenzuola, può fare quello che più gli aggrada - e l'aspetto pubblico, ovvero ciò che può avere effetti negativi nella convivenza civile e nella società. Ora, se la famiglia, come abbiamo visto, è un elemento pre-giuridico e pre-politico, ossia non ha nulla a che vedere con il diritto, la legge, il parlamento, quando e perché i documenti giuridici in Europa si occupano di essa? Esiste una data e una ragione. Dopo la Seconda guerra mondiale, infatti, l'esperienza mostrò al mondo che l'unica cosa che seppe resistere e tenere insieme la società durante quello tsunami devastante fu proprio la famiglia. E il mondo comprese che, per ricostruire la stessa società dalle ceneri di quel devastante evento bellico, occorreva ripartire dalla famiglia. Per questo la Costituzione italiana del 1948, la Costituzione tedesca del 1948 e la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 riconobbero l'importanza della famiglia fino ad allora sottovalutata. LA FAMIGLIA È IL NUCLEO DELLA SOCIETÀ L'art. 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, infatti, stabilisce che «la famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto a essere protetta dalla società e dallo Stato». E la Costituzione italiana all'art. 29 usa un verbo interessante quando afferma che «la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio». "Riconosce" significa prendere atto di qualcosa che preesiste. L'articolo non afferma che la Repubblica istituisce la famiglia e ne disciplina le modalità di costituzione e di estinzione. Non è una creazione dello Stato. Per comprendere esattamente il significato attribuito dai costituenti all'espressione « società naturale», è sufficiente leggere il dibattito sul tema che emerge dai verbali dei lavori preparatori della stessa Costituzione. Si possono citare, ad esempio, tre significativi interventi: le dichiarazioni di voto degli onorevoli Moro, La Pira e Mortati. Il primo affermò quanto segue: «Dichiarando che la famiglia è una società naturale si intende stabilire che la famiglia ha una sua sfera di ordinamento autonomo nei confronti dello Stato, il quale, quando interviene, si trova di fronte a una realtà che non può menomare né mutare». Il secondo, La Pira, precisò che «con l'espressione società naturale si intende un ordinamento di diritto naturale che esige una costituzione e una finalità secondo il tipo della organizzazione familiare». Il terzo, Mortati, volle precisare il carattere normativo della definizione di famiglia come società naturale, dichiarando che «con essa si vuole, infatti, assegnare all'istituto familiare una sua autonomia originaria, destinata a circoscrivere i poteri del futuro legislatore in ordine alla sua regolamentazione». Poche furono le voci critiche rispetto a quella formula, e solo perché le attribuirono una portata meramente definitoria. L'on. Ruggiero, per esempio, rilevò che la Costituzione non doveva dare definizioni degli istituti, e che il progetto non ne dava alcuna, tranne che per la famiglia. Nel suo ragionamento fu interrotto dall'on. Moro, che lo fulminò con queste parole: «Non è una definizione, è una determinazione di limiti». Con quelle tre parole, espressione dell'indiscutibile intelligenza di un uomo come Aldo Moro, in maniera sintetica ed efficace fu riprodotto il pensiero della maggioranza dell'Assemblea, che volle infatti mantenere la formula «società naturale». DESTRUTTURARE LA FAMIGLIA Ora si pone il tema del perché si voglia far prevalere l'idea che la famiglia non rappresenti un elemento di natura, bensì una variabile socio-culturale soggetta al cambiamento anche attraverso la funzione legislativa. Io credo - e questa rappresenta una mia convinta opinione - che oggi questa tendenza a destrutturare la famiglia ubbidisca a una precisa logica di potere. Sembra di vivere la profezia distopica del grande scrittore inglese Aldous Huxley nella sua opera Il Nuovo Mondo, che identificava proprio nell'eliminazione della famiglia e nell'abolizione delle parole "padre" e "madre" uno dei passaggi fondamentali per il raggiungimento del dominio assoluto da parte di poteri oligarchici. Del resto, la famiglia rappresenta l'ultimo, picco
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7772 SEI MIRACOLI SORPRENDENTI DEL SANTO ROSARIO di Manuela Antonacci Nella lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, san Giovanni Paolo II ha espresso in modo eloquente il suo pensiero riguardo la bella e santa devozione del Rosario. «Il Rosario, pur distinguendosi per il suo carattere mariano, è una preghiera cristocentrica», aggiungendo anche che «attraverso il Rosario il credente ottiene grazie abbondanti, come se le ricevesse dalle mani stesse della Madre del Redentore». Ovviamente si tratta di Grazie che hanno come fine quello di avvicinarci a Dio: benedizioni personali che cambiano la nostra vita e quella degli altri. La straordinaria potenza del Rosario ha ottenuto anche molti grandi miracoli che hanno cambiato le sorti del mondo. Alcuni sono documentati. Christine Galeone, dal portale Beliefnet, presenta alcuni sei sorprendenti miracoli associati al Rosario. Il primo è quello che riguarda san Domenico e gli Albigesi. Siamo in Francia, tra il 1100 e il 1200, periodo in cui imperversava la setta eretica degli albigesi che convinsero molti cattolici a suicidarsi per poter essere liberati dai loro corpi, considerati fonte di male. Fu così che intorno al 1214, la Beata Vergine donò il rosario a San Domenico per sconfiggere quelle terribili menzogne. E così avvenne. San Domenico, inoltre, da quel momento, si prodigò nella diffusione della devozione mariana. Ne Il segreto del Rosario, san Luigi Maria Grignion de Montfort racconta proprio la devozione mariana di san Domenico: «Come ricompensa ricevette da lei [la Madonna N.d.R.] innumerevoli grazie. Esercitando il suo grande potere di Regina del Cielo, coronò le sue fatiche con molti miracoli e prodigi. Dio Onnipotente gli ha sempre concesso ciò che chiedeva tramite la Madonna. L'onore più grande di tutti è stato quello di averlo aiutato a schiacciare l'eresia albigese e di averlo reso il fondatore di un grande ordine religioso». IL MIRACOLO DEL SOLE A FATIMA Ma facciamo un salto in avanti nella storia e veniamo al miracolo del sole a Fatima, nel 1917, quando la Madonna apparve ai tre pastorelli: Giacinta, Francesco e Lucia, nella Cova da Iría, a Fátima. Nell'arco di alcuni mesi, tra il 13 maggio e il 13 ottobre del 1917, la Beata Vergine apparve ai bambini sei volte. Non solo chiese loro di pregare il Rosario ogni giorno per portare la pace nel mondo e porre fine alla Prima Guerra Mondiale, ma si presentò come "Nostra Signora del Rosario" tenendo tra le mani un Rosario radioso. Il 13 ottobre 1917, poi compì, poi, un grande miracolo, mantenendo la promessa che aveva fatto a Lucia, perché nessuno più dubitasse delle apparizioni: circa 70.000 persone osservarono il sole che girava in cielo, compiendo una specie di danza, andando poi quasi a lanciarsi tra la folla, asciugando loro tutto il fango e gli indumenti inzuppati di pioggia, prima di riprendere il suo volo. Alcune persone furono guarite dalle malattie, molti altri si convertirono. Il messaggio della Madonna di Fatima ha avuto un ruolo molto importante anche in un altro miracolo associato al Rosario, che si colloca agli inizi degli anni ‘60, in Brasile, quando il presidente Joao Goulart si preparava a diffondere il comunismo in tutto il paese. Sembrava un destino ormai inesorabile, proprio come era successo a Cuba. Tuttavia non tutti erano disposti ad arrendersi: il cardinale de Barros Camara invitò il popolo brasiliano a fare penitenza, secondo le indicazioni date dalla Madonna a Fatima, per poter scongiurare il pericolo ormai all'orizzonte. Fu così che il presidente del Brasile e convinto comunista Joao Goulart venne rovesciato dopo la cosiddetta "Marcia della famiglia con Dio verso la libertà", formata da più di 600.000 donne che leggevano libri di preghiere e sgranavano rosari mentre marciavano con striscioni anticomunisti. LA BOMBA ATOMICA Dal rovesciamento di un potenziale regime dittatoriale, alla salvezza di un re, anche questo ha ottenuto la preghiera del rosario. Parliamo di Alfonso, re di León e della Galizia che portava costantemente un grande rosario legato alla cintura per ispirare gli altri a pregarlo e onorare la Madonna, anche se non lo pregava lui stesso. Un giorno, dopo essersi ammalato così tanto che si pensava non sarebbe vissuto a lungo, ebbe una visione in cui veniva giudicato e stava per essere gettato all'inferno, quando la Madonna intercedette per lui. San Luigi Maria Grignion de Montfort descrisse ciò che accadde dopo. Ne Il segreto del Rosario scrive: «Lei chiese una scala e su una scala mise i suoi peccati, mentre sull'altra mise il rosario che lui aveva sempre usato, insieme a tutti i rosari che aveva detto. Si scoprì che i rosari superavano i suoi peccati». Così guardandolo con grande benevolenza, la Vergine gli disse che la sua vita era stata allungata di alcuni anni e preservata dall'inferno, per aver diffuso la devozione del rosario. Un'altra guarigione importante venne ottenuta, tramite la recita de rosario, dal sacerdote Patrick Peyton, a cui nel 1938 fu diagnosticata una tubercolosi avanzata, all'epoca incurabile Dopo che la sorella gli suggerì di pregare la Beata Vergine, si consacrò a Maria e cominciò a pregare devotamente il Rosario. Con stupore dei suoi medici, guarì completamente e miracolosamente, e promise alla Beata Vergine che avrebbe passato la vita a promuovere il Rosario. La scamparono bella, invece, durante la grande tragedia di Hiroshima, dei sacerdoti gesuiti che vivevano in una casa parrocchiale ad un miglio e mezzo dalla città dove venne sganciata la bomba atomica. Mentre la chiesa accanto alla canonica fu completamente distrutta e migliaia di persone morirono e altre migliaia soffrirono tremendamente per l'esposizione alle radiazioni, la casa dei gesuiti rimase in piedi e i religiosi devoti del rosario, non furono colpiti né dalla bomba e nemmeno dalle radiazioni Negli anni successivi all'esplosione furono visitati molte volte e vissero ancora per molti anni. E quando i religiosi sono stati intervistati, hanno ripetutamente spiegato il motivo per cui credevano di essere sopravvissuti: lo attribuivano al fatto di vivere fedelmente il messaggio di Fatima, dedicandosi alla recita quotidiana del santo rosario.
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VIDEO: Le parole della Boccia sull'aborto ➜ https://www.youtube.com/watch?v=oSHuvgYjE40&list=PLolpIV2TSebVzYmc5B11R08Qd2ib0ZEgL TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7776 CASO BOCCIA, DA DIRITTO L'ABORTO E' DIVENTATO UN DOVERE di Riccardo Cascioli Le polemiche più infuocate di questi giorni hanno il loro epicentro nella trasmissione serale di Rai 3 Che sarà, condotta da Serena Bortone. Ma mentre sul caso Antonio Scurati - lo scrittore a cui è stato bloccato il monologo sul 25 aprile - la conduttrice si ribella e rivendica il diritto di leggere in diretta il pensiero (se così si può definire) di Scurati, sul caso Incoronata Boccia ha fatto calare un imbarazzato silenzio. Cosa ha fatto Incoronata - detta Cora - Boccia, che tra l'altro è vice-direttrice del Tg1? Semplicemente nel corso di uno scambio tra diverse ospiti, ha detto che l'aborto è un delitto e non un diritto: «Lungi da me giudicare persone e storie - ha detto -, si giudica il principio: stiamo scambiando un delitto per un diritto». Apriti cielo, piovono critiche feroci da tutte le parti, giudizi di indegnità a ricoprire un incarico importante nella tv di Stato, dal Pd si arriva fino alla richiesta di dimissioni. Ovviamente sono gli stessi che con la stessa violenza denunciano la censura per il monologo di Scurati. Tutto ampiamente prevedibile, anche Cora Boccia lo aveva previsto, come ha detto in una successiva intervista in cui ha comunque confermato quello che ha detto in tv «parola per parola». Quindi un doppio applauso a Cora Boccia, che ha avuto il coraggio di affermare la verità e di non rimangiarsela dopo gli attacchi personali. E merito ulteriore perché sapeva già in partenza che non sarebbe stata difesa neanche dai politici di centro destra: «Anche la politica ha paura di dire che l'aborto è un omicidio», aveva infatti detto in tv. E così infatti è: ci si è fermati al massimo a difendere il diritto a esprimere le proprie opinioni, ma senza entrare nel merito, anzi preoccupandosi di dire che la Legge 194 non si tocca. Eppure ciò che ha detto la vice-direttrice del Tg1 è esattamente il punto vero della questione: l'aborto è un omicidio. È un dato evidente, una realtà che si impone se si guarda al fatto in sé: oggi, con la tecnologia e le conoscenze che abbiamo a disposizione, nessuno può dire seriamente che non si tratta di una vita, che è soltanto un grumo di sangue. LA FORZA E LA VIOLENZA DELL'IDEOLOGIA E allora come accade che sia un argomento tabù, che chi afferma questa evidenza è trattato come un marziano, ridicolizzato ed espulso dal consesso delle persone civili? È la forza e la violenza dell'ideologia, che occulta la realtà spostando l'attenzione altrove, in questo caso sulla donna: il dramma della donna, la libertà della donna, il diritto della donna. Già, cose in teoria anche legittime, ma non è la donna la principale protagonista della vicenda. È il bambino, cioè la vittima sacrificale. In tutti i discorsi sull'aborto e sulla 194 è il grande assente, si parla solo della donna. E della donna in astratto, si potrebbe dire; perché ad esempio non si parla mai delle donne che hanno avuto l'aborto e si portano dietro il dramma - questo sì - di aver fatto fuori il proprio figlio. Non si parla mai del grande peso che le donne si trascinano tutta la vita per aver rifiutato quel figlio. Ogni tanto qualche caso personale affiora, come recentemente è capitato con Simona Ventura, ma resta confinato a qualche programma di confessioni personali, ma nei grandi dibattiti non è mai un tema di discussione. E si capisce, l'ideologia non può ammettere sconfinamenti nella realtà. Ed è per questo che è violenta; è necessariamente violenta. Se chi comanda decide che il cielo è verde, per forza dovrà tagliare la testa a chiunque alza il capo: potrebbe esclamare innocentemente "ma io lo vedo azzurro!" e tutto il castello di menzogne crollare. È quello che accade anche con il gender o con i cambiamenti climatici: il Potere stabilisce una verità e tutti devono convincersi che sia così, anche se la realtà quotidiana dimostra esattamente il contrario. Così è per l'aborto. Per il Potere non c'è minaccia più grande che affermare con innocenza, osservando la realtà, che si tratta di un omicidio. Per questo reagisce con tanta violenza e impone la sua legge assoluta. L'ABORTO IN ITALIA È UN DIRITTO Fino a stravolgere il senso stesso delle leggi. È vero, l'aborto in Italia è un diritto, checché ne dicano tanti cattolici. Anche se nella Legge 194 non si afferma espressamente questo diritto, è chiaro che se lo Stato - attraverso l'azienda ospedaliera - ha il dovere, a certe condizioni, di garantire l'aborto a chi lo richiede, vuol dire che dall'altra parte c'è un diritto soggettivo. Ma oggi si sta andando oltre, dal diritto si sta passando al dovere: la donna in difficoltà "deve" scegliere l'aborto. Altrimenti non si spiega questa insurrezione contro l'emendamento che prevede l'ingresso di personale pro-life nei consultori, peraltro previsto dalla 194. Se fossero davvero per la scelta della donna, si dovrebbero rallegrare per il fatto che nel consultorio la donna avrebbe la possibilità di valutare tutte le opzioni. Che scelta è se c'è solo una opzione? Così non dovrebbero avere nulla da obiettare a che la donna possa ascoltare il battito del cuore del bambino che ha in grembo, per esprimere un vero consenso informato. Ma non è la libertà e il diritto quello che si vuole. L'aborto sta diventando un dovere: per le donne in difficoltà e per coloro che scoprono di avere un bambino con malformazioni. La semplice realtà è che la nostra società sta scivolando nel totalitarismo, e soltanto il rifiuto della menzogna può invertire la tendenza. L'aborto è un omicidio, la Legge 194 è quella che lo ha introdotto in Italia (purtroppo fin qui non c'è arrivata neanche la Boccia, vedi intervista al Giornale). Perciò chi continua a difendere la 194 - attivamente o non giudicandola per quello che è - vive nella menzogna.
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=705 E' MORTO IL SEGRETARIO DI PALMIRO TOGLIATTI di Massimo Caprara Esiste solo qualche parola, o forse nessuna, come la parola ideologia che abbia dominato, anzi oppresso, il nostro tempo: il secolo appena passato "delle idee assassine". Di esse non vi parlo come uno storico di professione, perché tale non sono. Vi parlo della concretezza, del mio vissuto, vi reco una testimonianza che alimenta e nutre una riflessione critica. Non è quindi la Storia, ma la mia storia: la storia di un ideale che degenera in ideologia, di come un ideale si trasforma, si corrompe, si separa dall'esperienza e diviene un sistema dogmatico, una corazza di false verità totalizzanti e assolute. IDEOLOGIA, NON SUCCEDE MAI NIENTE DI IMPREVISTO In questo senso, ideologia è contrario della realtà, contrario del Vero, suo pregiudizio, sua contrapposizione, suo non pensare. Nell'ideologia ogni passaggio è scontato. Essa è incurante dell'evidenza, è tempo senza tempo, incapacità di cercare il Vero, di riconoscerlo, di volerlo, di amarlo, ma capace solo di esecrarlo e negarlo. In uno dei maggiori suoi teorici, l'ideologia è «potere di una classe organizzata per opprimerne un'altra». Così Karl Marx nei Manoscritti economici - filosofici del 1844 e nell'Ideologia tedesca del 1846, descrive l'intrinseca violenza, prevedibile e prevista, che è la sostanza dell'ideologia. [...] Se parlo con durezza, con ostinazione e contrarietà, se parlo così di Ideologia non è certo per metafisica accademica. Parlo della mia vita. Ho vissuto per oltre 25 anni all'interno di una Ideologia, in una delle sue versioni più drammatiche, attivistiche, dottrinarie. Dal 1948 al 1968 ho fatto parte del Partito comunista italiano, del suo massimo pensatoio e dirigenza ossia della Nomenklatura comunista, nella sua confessione togliattiana. Sono stato membro del suo Comitato centrale, Sindaco di Portici, Deputato alla Camera per vent'anni. In quella ideologia ho militato con convinzione, allora con calore e ardore. Ho visto da vicino, ogni giorno, il volto e la maschera di una cultura e di una Ideologia autoritaria e costrittiva, che non può essere obliterata e che lascia un segno di memoria e di trauma. Ho vissuto il male dell'Ideologia sino in fondo. Ma proprio dal fondo dell'errore, ho ricevuto una spinta, un recupero, un desiderio del bene e della Verità, ho sentito, se così posso dire, il profumo della Bellezza. Di questo passato, io non mi assolvo. Ne vedo gli errori, le responsabilità personali e collettive, ne porto il peso materiale e morale. Non mi assolvo, ma neppure mi fustigo sterilmente. Di tutti i diritti di cui disponiamo, io non posso avere il diritto di tacere. Scrivo libri, ragiono, discuto, mi confronto per capire e giudicare, per suggerire i temi di un dialogo liberatorio, necessario e durevole. UN PASSATO FALLITO. E CHE MINACCIA IL PRESENTE Perché l'ideologia, in particolare e soprattutto quella comunista, è contraria alla Verità? Lo è per l'egualitarismo che contraddice e sopprime la libertà personale. Lo è per il totalitarismo che concentra in pochi il destino di molti. Ne vincola l'intera vita sociale, stermina il dissenso e lo reprime come inammissibile e imperdonabile. Lo è in quanto derivazione perversa e contraddittoria dal settecentesco Secolo dei Lumi. L'ideologia comunista comincia con il finto amore per l'Uomo, ma esso, nell'intelletto e nella pratica, finisce con l'orrore della vita. Io ho vissuto nel Partito impraticabili, estranianti ideali, io ho vissuto l'ideologia dell'avversione all'uomo. Mi sforzo di indurre gli altri a fare i conti con un passato che è praticamente fallito, ma non è morto. Mi batto perché esso non venga rimosso senza essere stato affrontato criticamente e senza una contestazione civile, ma implacabile. Parlo perché altri non cadano nell'errore mio e di una intera generazione. La mia rottura con l'Ideologia è stata difficile, forse lenta, sicuramente sofferta. Lottare contro l'ideologia è lottare contro la solitudine, la violenza, l'inganno. Significa prepararsi a cogliere il vero Ideale della Bellezza: la presenza irresistibile di Dio.
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bastabugie · 9 days
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3217 DIECI MOTIVI PER CUI AMO ESSERE UN MASCHIO di don Fabio Bartoli "Tu non mi capisci!" Di solito nelle liti di coppia questo è il rimprovero finale, quello che pone termine ad ogni discussione. Normalmente è la donna a dirlo all'uomo. Ed è giusto, perché l'uomo ha il compito istituzionale, assegnatogli dalla natura, di capirla. La donna accoglie senza capire, lei non ne ha bisogno, intuisce. L'uomo invece deve capire, perché deve servire. E per servire, diversamente che per accogliere, è necessario interpretare i gusti e i desideri dell'altro, prevenirli se possibile. Posso accoglierti in silenzio, ma non potrò mai servirti in silenzio. A volte parlerò con le mani anziché con la lingua, ma sempre dovrò "fare" qualcosa. Accogliere è un essere, servire è un fare, e non si può fare senza capire, pena fare male, servire male. Naturalmente il rimprovero è vero, molto spesso gli uomini non capiscono, nonostante si impegnino. Il mondo è così, siamo esseri imperfetti, fatevene una ragione. Non saremo mai all'altezza dei vostri bisogni e delle vostre aspettative, non sapremo mai servirvi così bene da soddisfare ogni vostro desiderio. Questo solo Dio può farlo. Però in realtà oggi voglio parlare di altro. Mi sarà lecito dire una volta, anche una volta sola e sia pure per celia, che anche le donne non capiscono gli uomini? E la cosa è assai più complicata dal fatto che invece spesso son convinte di capirli. Ci sono così le donne che hanno in testa l'idea che l'uomo sia un eterno bambino e lo trattano come si tratta un ragazzino (dimenticando che il modo migliore di indispettire un ragazzino è di trattarlo come tale, il bimbo vuole semmai essere trattato da adulto). Ci sono anche quelle che hanno in testa lo schema semplificato on-off, come se l'uomo si concentrasse tutto in un unico interruttore (sì, quello lì, quello del desiderio) e che una volta acceso il problema è risolto. Ci sono poi quelle che hanno paura degli uomini e che pensano che l'uomo sia sempre sotto sotto un bruto e quindi bisogna stare attenti a tenergli la briglia corta per impedirgli di scatenarsi perché sennò chissà che potrebbe fare... Credetemi, forse è vero che non siamo complicati come le donne, ma non siamo nemmeno così semplici. Non nego che ci siano i mammoni e i bruti o quelli che mettono tutta la loro maschilità nell'interruttore, ma la categoria maschile è per fortuna ben più variegata di così. Permettetemi dunque di offrirvi care amiche un brevissimo decalogo dei dieci motivi per cui amo essere maschio e mi piacerebbe che i lettori maschi del blog lo continuassero, perché non pretende affatto di essere un elenco esaustivo. Poiché credo moltissimo nella complementarietà, ça va sans dir che non c'è alcun intento di contrapposizione in questo catalogo, quindi nessuno si senta offeso vi prego, prendetelo come un contributo semiserio ad uso delle mie amiche per provare a vedere negli uomini anche qualcos'altro. AMO ESSERE MASCHIO PERCHÉ: 1) Perché amo finire un lavoro e dopo averlo finito fermarmi a guardarlo e compiacermi di ciò che ho fatto (Le donne che conosco di solito non sono capaci di finire il lavoro, prima di finirlo stanno già pensando a quello che faranno dopo. In questo Dio è decisamente maschio, perché il Sabato si ferma a guardare la Creazione). 2) Perché mi piace stare fermo come uno scoglio su cui si infrangono tutte le tempeste emotive (questa devo spiegarla?). 3) Perché mi piace osservare (I maschi osservano molto, una cosa alla volta, ma osservano). 4) Perché mi piace che i miei figli rischino l'osso del collo pur di affermare se stessi. Perché adoro condividere le loro vittorie (il fatto che io non abbia figli nella carne non cambia niente, ci sono molte forme di paternità). 5) Perché mi piace ridere forte e prendere le ondate di petto, in tutti i sensi (se vuoi conoscere una persona guarda come si comporta al mare). 6) Perché ho sempre desiderato essere un eroe (ci sono anche eroine naturalmente, ma l'eroismo femminile è molto diverso da quello maschile. Troppo lungo e serio da spiegarlo in questa sede però). 7) Perché amo troppo le parole per non sostenerle e rivestirle di gesti (il maschio, lo sanno tutti, realizza se stesso molto più nel fare che nel dire) 8) Perché mi piace fare il capro espiatorio (sì, non inorridite, mi piace pagare, faticare e soffrire al posto degli altri e ci sarà un motivo se non si è mai sentito parlare di una capra espiatoria). 9) Perché non mi fiderei di nessun altro per salvare il mondo (non è che le donne non salvino il mondo, è che i maschi non si fidano del fatto che lo facciano). 10) Perché come maschio troverò sempre qualcosa di bello e stupefacente in ogni donna che incontro e non entrerò mai in competizione con lei.
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VIDEO: Budda in fila indiana ➜ https://www.youtube.com/watch?v=f_wwWewF6Yw TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7761 LA REINCARNAZIONE E' INCOMPATIBILE CON IL CRISTIANESIMO (E CON LA RETTA RAGIONE) di Giacomo Samek Lodovici Uno dei pilastri del buddismo e dell'induismo è costituito dalla dottrina della reincarnazione o metempsicosi, una concezione antichissima (sostenuta anche da molti filosofi, per esempio da Platone), professata anche da diversi occidentali, persino cristiani o cattolici. In realtà, però, questa dottrina è incompatibile con quella cristiana, per vari motivi. Per il reincarnazionismo: 1) l'anima (da intendersi come io consapevole e volontario) preesiste al corpo e discende successivamente in un corpo; 2) il soggetto coincide con la sua sola anima ed il corpo è solo un contenitore dell'anima (dualismo antropologico; 3) alla morte del corpo l'anima sopravvive e si reincarna varie volte in altri corpi; 4) solo dopo alcune reincarnazioni l'anima riceve definitivamente un premio o una punizione per come si è comportata, si libera finalmente dell'ultimo corpo e non ne assume più nessuno. Per il cristianesimo: 1) l'anima non preesiste al corpo: nello stesso momento in cui avviene il concepimento di un nuovo corpo essa viene da Dio creata ed infusa in esso; 2) il soggetto è un'unione di anima e corpo; 3) alla morte del corpo l'anima sopravvive, ma non si reincarna in nessun corpo, bensì vive in uno stato di separazione dal corpo; solo alla fine del mondo l'anima si riunisce per sempre all'unico corpo (glorioso nel caso del beato) a cui era stata unita (resurrezione della carne; 4) alla morte del corpo l'anima riceve subito e definitivamente da Dio un premio (il Paradiso, preceduto o no dal Purgatorio) o una punizione (l'Inferno). ALCUNE CRITICHE ALLA REINCARNAZIONE Chiarite queste differenze, vediamo adesso alcune critiche filosofiche alla reincarnazione (altre si possono trovare nei testi citati in bibliografia). Nel reincarnazionismo il soggetto coincide con la sua sola anima ed il corpo è solo un contenitore dell'anima. Tuttavia, se rifletto su me stesso, percepisco che il mio corpo e la mia anima sono profondamente compenetrati, interagiscono intimamente, percepisco che io sono una sintesi di anima e corpo. Vediamolo. La mia anima agisce sul mio corpo, l'interiorità determina l'esteriorità. Ad esempio, pensiamo all'effetto placebo: se sono malato e un medico mi dà dell'acqua zuccherata, facendomi credere che mi sta somministrando una medicina, a volte io guarisco, o comunque miglioro, perché l'aspettativa e la fiducia di guarire, nutrite dalla mia anima, si riproducono sul mio corpo. Similmente, alcune malattie corporee sono una somatizzazione di fenomeni psichico-spirituali. Il dualista antropologico può ribattere che anche un contenitore viene modificato dalle condizioni del contenuto: per esempio una bottiglia di vetro viene scaldata/ raffreddata se l'acqua che contiene è calda/fredda. Sennonché, l'anima non solo agisce sul corpo, ma altresì traspare attraverso il corpo: se sono interiormente triste, allegro, ecc., l'espressione corporea del mio viso lo manifesta, a meno che io non dissimuli. Anzi, perfino quando cerchiamo di dissimulare le nostre emozioni, alcune microespressioni facciali (che pochi sanno notare) trapelano lo stesso (cfr. K. Oatley, Breve storia delle emozioni, il Mulino 2007, p. 176). Ancora, spesso, almeno ad una certa età, i lineamenti del viso e lo sguardo manifestano se una persona è particolarmente buona/ malvagia. Ora, è vero che anche un contenitore fa trasparire le condizioni del contenuto, per esempio una bottiglia di vetro fa trasparire le condizioni dell'acqua che essa contiene, ma può farlo solo se essa è trasparente, mentre il corpo non è trasparente, bensì opaco, è un po' come una bottiglia di vetro nero. Inoltre, il mio corpo agisce sulla mia anima: le sue condizioni si riverberano su di essa. Ad esempio, se il mio corpo è ferito o è accarezzato la mia anima ne risente. Più in generale, il corpo, che è sessuato, determina non solo l'aspetto fisico, ma anche la personalità, il carattere, l'emotività, il modo di reagire, il modo di ragionare, ecc., che negli uomini sono generalmente diversi da quelli delle donne. Il dualista antropologico anche qui può ribattere che anche le condizioni di un contenitore incidono sul contenuto: se una bottiglia di vetro riceve calore dall'esterno lo trasmette all'acqua che c'è dentro di essa e la scalda. Ma se una bottiglia viene rigata/accarezzata l'acqua non ne risente, mentre se il mio corpo viene rigato-ferito/accarezzato la mia anima ne risente. VARIANTI DEL REINCARNAZIONISMO In alcune varianti del reincarnazionismo anima e corpo sono come prigione (corpo) e prigioniero (anima). Ora, questa variante comporta di nuovo i problemi già segnalati, ed inoltre ne comporta un altro. Infatti, l'anima è capace, almeno in certi casi, di dirigere- governare il corpo: decido di alzare un braccio e lo alzo, decido di alzarmi e mi alzo, ecc. Ma, allora, come può il prigioniero dirigere e governare la prigione? Nel reincarnazionismo l'anima perde la conoscenza delle esistenze precedenti quando scende nel corpo; ma, poi, è proprio il corpo che, attraverso l'esperienza, le fa acquisire le nuove conoscenze. In tal modo, il corpo è ciò che fa perdere la conoscenza e ciò che la fa acquisire, il che è problematico quanto l'esistenza di una matita che lascia dei segni sulla carta e che inoltre li cancella (una matita non può cancellarli in quanto matita, bensì solo se ad essa è attaccata una gomma). In alcune versioni del reincarnazionismo l'anima umana si reincarna anche in corpi animali o vegetali o inorganici per espiare una colpa commessa nelle esistenze precedenti. Se scendendo in tali esseri non umani l'anima perde consapevolezza, insorge un nuovo problema. Infatti, l'espiazione richiede afflizione, ma non ci può essere afflizione se non c'è consapevolezza: io non espio alcunché se qualcuno mi commina una punizione che non mi accorgo affatto di scontare. Se invece scendendo nei corpi l'anima conserva la consapevolezza, il problema non c'è, ma se ne aggiunge un altro, perché è già problematico affermare che animali, vegetali e corpi inorganici hanno consapevolezza.
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bastabugie · 9 days
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7759 NON SI PUO' RIDURRE IL PAPA A UN RUOLO PURAMENTE ONORIFICO sdi Roberto de Mattei Di fronte allo sfacelo della situazione ecclesiastica contemporanea non manca nel mondo tradizionalista chi arriva a mettere in dubbio le stesse istituzioni della Chiesa, a cominciare dal Papato. C'è chi sostiene, ad esempio, la necessità di rafforzare il potere dei vescovi, spogliando il Papa delle prerogative che ne farebbero un autocrate; una tesi non molto lontana da quella progressista della Chiesa sinodale, che vorrebbe ridurre il ruolo del Pontefice a un primato puramente onorifico. Altri sostengono l'abolizione dello Stato della Città del Vaticano, altri ancora vorrebbero abolire ogni forma di potere giuridico ed economico del Papato, ricordando le parole del Vangelo "non prendete borsa, né bisaccia, né denaro, né sandali, né due tuniche" (Lc 10,4). Così, il mito della Chiesa "primitiva" opposta a quella "costantiniana", un tempo cavallo di battaglia di protestanti e modernisti, si fa strada oggi tra i cattolici fedeli alla Tradizione. La frattura con la Tradizione della Chiesa, all'origine del disastro attuale, risalirebbe non al Concilio Vaticano II, ma all'Imperatore Costantino. La confusione è grande e vorremo ricordare alcune verità tratte dal Magistero perenne della Chiesa. Dobbiamo conoscere e amare la Chiesa per come è stata voluta da Gesù Cristo e non per come noi vorremmo che fosse. La Chiesa fondata da Gesù Cristo è una realtà che nasce e vive nella storia ed è allo stesso tempo umana e divina: umana per le membra di cui si compone, soprannaturale e divina per la sua origine, per il suo fine, per i suoi mezzi. Come società umana, la Chiesa è un corpo visibile, composto da persone non necessariamente sante o in stato di grazia, ma unite dalla stessa fede sotto un medesimo governo. Questo governo, per volere del suo Fondatore è monarchico e gerarchico, ed è dotato di tutti i mezzi per esistere ed operare. Quali sono questi mezzi? Il primo è l'esistenza di leggi. La Chiesa è una società nel suo ambito perfetta, che non solo insegna, ma governa. Perciò ha anche il diritto di formulare delle leggi ed infliggere delle pene proporzionate alla gravità delle loro violazioni. UN'ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE E GERARCHICA Essendo la Chiesa governata da vescovi in unione con il Papa, è necessaria poi un'organizzazione territoriale. Per questo le sue diocesi sono configurate e distribuite secondo zone geografiche distinte. La Chiesa può anche disporre di beni temporali, tratti dai liberi contributi sia dei fedeli che dello Stato, e di chiunque sia convinto dell'importanza della sua missione e sia desideroso di favorirla. E' questa l'origine del patrimonio della Chiesa, riconosciuto dagli imperatori Costantino e Licinio, fin dal 313 dopo Cristo. Alla fine del V secolo, in un periodo in cui mancava un'amministrazione imperiale continuativa ed efficiente, il Papa san Gregorio Magno (590-604) volle assicurare una vigorosa amministrazione dei beni della Chiesa (patrimonium Petri), perché essa iniziava ad assumersi responsabilità pubbliche che esigevano ingenti mezzi materiali. Paolo Diacono, biografo di Gregorio, ci offre un resoconto dettagliato dei patrimoni di cui il Papa fu abile amministratore. I viaggi e il mantenimento dei missionari nei diversi paesi; le ambascerie presso l'imperatore e quelle dei legati straordinari, che dovevano spesso intraprendere lunghi viaggi per conto del Papa; le fondazioni o le visite dei monasteri; l'esercizio della giustizia sotto ogni forma; tutto questo comportava spese che venivano assunte dall'insieme dei beni della Chiesa denominato Patrimonio di San Pietro. Questo patrimonio non venne accumulato per esercitare un crescente potere politico, ma per garantire la piena libertà dell'azione evangelizzatrice della Chiesa e mantenere il Primato ecclesiastico di Roma in tutta la Cristianità. Ancora oggi l'autonomia spirituale del Papa esige la sua indipendenza personale e territoriale da ogni potere civile. Un tempo questa indipendenza era realizzata dallo Stato Pontificio, oggi dallo Stato della Città del Vaticano. Ma più in generale la missione della Chiesa esige una sua presenza, sostenuta economicamente, in tutti i campi: i suoi edifici sono costruiti da architetti e da maestranze in spazi pubblici: la sua liturgia è legata ad arredi, vesti, memorie storiche; la sua azione pastorale esige le condizioni create dalla tecnica e dal progresso. Oggi ad esempio rientrano in questa presenza pubblica anche le piattaforme web, usate da difensori e oppositori della Chiesa. Tutto questo presume il diritto di possedere della Chiesa. LA CHIESA È UNA SOCIETÀ DI UOMINI E NON DI ANGELI Nel discorso La vostra presenza del 4 aprile 1913 ai pellegrini della diocesi di Milano venuti a Roma per le feste del XVI centenario della Pace di Costantino, san Pio X diceva: "La Chiesa ha il diritto di possedere, perché è una società di uomini e non di angeli, ed ha bisogno dei beni materiali ad essa pervenuti dalla pietà dei fedeli, e ne conserva il legittimo possesso per l'adempimento dei suoi ministeri, per l'esercizio esteriore del culto, per la costruzione dei templi, per le opere di carità, che le sono affidate e per vivere e perpetuarsi fino alla consumazione dei secoli. E questi diritti sono così sacri che la Chiesa ha sentito sempre il dovere di sostenerli e difenderli, ben sapendo che, se cedesse per poco alle pretensioni dei suoi nemici, verrebbe meno al mandato ricevuto dal Cielo e cadrebbe nella apostasia. Perciò la storia ci segnala una serie di proteste e rivendicazioni fatte dalla Chiesa contro quanti volevano renderla schiava. La sua prima parola al Giudaismo, detta da Pietro e dagli altri Apostoli: Bisogna obbedire a Dio, piuttosto che agli uomini (Act. V, 29), questa sublime parola fu ripetuta sempre dai loro successori e si ripeterà fino alla fine del mondo, fosse pure per confermarla con un battesimo di sangue". Le pratiche del culto, l'organizzazione giuridica, la stessa propagazione della fede, predicata da uomini in carne ed ossa che vivono nel mondo, è soggetta a tutte le esigenze della condizione storica. Certamente questa dimensione visibile della Chiesa è quella umana, e quindi quella più soggetta a decadenza e corruzione. La soluzione però non sta in una Rivoluzione che sfiguri i connotati della Chiesa, ma in una sua riforma interna, che si richiami all'azione invisibile e misteriosa dello Spirito Santo, che sempre la assiste. La strada da seguire, in una parola, non è quella di Lutero o dei modernisti, ma quella dei grandi riformatori come san Pier Damiani, san Carlo Borromeo o lo stesso san Pio X. Bisogna affermarlo con fiducia nel futuro malgrado il disfacimento attuale. La Chiesa, a differenza delle società umane, non si avvia verso il declino, ma verso una pienezza di vita capace di durare in eterno. Essa è stata fondata da Gesù Cristo, Uomo-Dio, e la sua dimensione è l'eternità.
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bastabugie · 9 days
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7758 ''ATTRICE'' PORNOGRAFICA SI CONVERTE AL CATTOLICESIMO di Paola Belletti «Il perdono e la misericordia di Dio sono reali. Se qualcuno distrutto e peccatore come me può essere redento e convertito, non c'è dubbio che anche chiunque legga questo possa essere salvato dalla Sua divina misericordia». Sono alcune delle parole che Bree Solstad ha "fissato in alto" nel suo account X. Fissate a fondo nella sua anima, come racconta lei stessa, sono le parole di misericordia che ha non solo ricevuto, ma effettivamente incontrato vive nella Chiesa cattolica fino al punto da desiderare, chiedere e ottenere di essere accolta tra le sue braccia materne. Sì, si tratta di un'altra storia di conversione e come tale è miracolosa. Ogni conversione è una sorta di personale apocalisse che ci rivela a noi stessi, mostrandoci l'orrore del peccato e la vastità della nostra miseria insieme alla vittoria definitiva di Cristo sulla radice di ogni male. La storia di questa giovane donna ha però qualcosa che può colpire ancora di più per il fatto che lo stile di vita che ha deciso di abbandonare definitivamente è legato a doppio filo con la pornografia: attrice e produttrice di successo, poteva contare sulla ricchezza e gli agi che le garantiva il work sex. Spazzatura, alla fine. Di questo si è resa conto durante un viaggio in Italia. Dio abita volentieri in Italia, potremmo dirci con baldanzosa umiltà, echeggiando il titolo dell'ultimo libro di Antonio Socci. UN AMORE MAI SPERIMENTATO E così, conquistata da un amore che non aveva mai sperimentato prima e consolata finalmente dalla Presenza di qualcuno che poteva guardarla con benevolenza infinita nonostante tutto il suo male, ha chiesto di diventare cattolica: il Mercoledì della Ceneri si è confessata per la prima volta e durante la Settimana Santa ha ricevuto la sua prima comunione. Come riportano ACI Prensa e Infocatolica, la svolta è avvenuta lo scorso anno: «Nel 2023 ha viaggiato in Italia, e nelle chiese vedeva sempre il crocifisso. Ma a Sorrento cominciò a vedere l'immagine della Vergine ovunque: "Sentivo che Maria mi stava chiamando in un modo molto particolare. Ogni volta che entravo in una chiesa la cercavo, potevo davvero sentire la sua presenza. Volevo salutarla e chiederle aiuto per superare la tragedia che ho sofferto"». Si riferisce a un fatto doloroso, che non ha specificato, avvenuto durante il periodo universitario e che ha contribuito ad allontanarla ancora di più dalla fede in Dio e a indurla al vizio. La giovane infatti è stata battezzata da bambina nella chiesa luterana e fino a quel momento si era definita almeno nominalmente cristiana. Nei momenti salienti della conversione di Bree vediamo i tratti distintivi della vita del credente: il disgusto per il proprio peccato, il desiderio di abbandonare definitivamente il male e la presenza costante di Maria, come colei che ci porta concretamente Cristo. E' bello dunque notare che la giovane convertita ha voluto annunciare sui social la decisione di abbandonare la pornografia e ogni forma di peccato proprio il 1° gennaio, festa della Santa Madre di Dio. «In Assisi, "sono rimasta colpita da San Francesco ma Santa Chiara mi ha commosso fino alle lacrime. Mi sono inginocchiato davanti alla sua tomba e gli ho chiesto aiuto. L'ho sentita presente e ho sentito che mi stava dicendo che avrei preso tutto il mio dolore e la mia ansia per darli a Dio", ha raccontato ad ACI Prensa.» DIO TI AMA, AMA PROPRIO TE Che gioia accorgersi che c'è qualcuno di così grande e buono in grado di toglierci di dosso tutto quel peso; una volta fatta questa scoperta difficile restare a contendersi carrube con i maiali. Bree è cambiata e da quel momento non le è più stato possibile tornare a fare quel che faceva e le dava ricchezza e potere, ne era ormai profondamente disgustata: «mi sono resa conto che non volevo più quella vita. (...) Mi sono sentita sgradevole e colpevole per il lavoro che ho fatto per un decennio. Non potevo smettere di pensare a tutte le cose che avevo fatto e a tutte le vite che avevo influenzato negativamente con la pornografia (...).» A leggere le sue parole ci si sente un po' come il figlio maggiore che sbuffa e si lamenta col padre perché per il fratello che ha sperperato metà patrimonio in bevute e bordelli ammazza il vitello grasso, mentre a noi tocca sgobbare tutti i giorni nei campi senza nemmeno un capretto da grigliare per far festa con gli amici. Peccato che non ci rendiamo sempre conto di quanto sia esaltante e gratificante avere da fare per nostro Padre, essere in Sua compagnia, aiutarlo a diffondere il Suo regno: grazie allora a tutti i fratelli impazienti che se ne vanno, sperperano e ritornano e ci danno motivo non solo per fare festa ma anche per fare memoria. Bree racconta di come si è sentita parlando a lungo con un sacerdote che le diceva quello che ci sentiamo dire spesso anche noi nelle omelie, in confessionale, durante le catechesi: Dio ti ama, ama proprio te. Per lei quelle parole sono state come «una cascata di luce» e le hanno fatto desiderare di essere migliore, di essere felice e di mostrare a tutti cosa può fare l'amore di Dio. Come molte altre testimonianze ci ricordano, ciò che fa capitolare definitivamente chi si avvicina alla chiesa cattolica per la prima volta è l'Eucarestia: «Onestamente mi sono innamorata della Chiesa cattolica. C'è una tale ricchezza nella fede. La Santissima Trinità, il Padre, Gesù, lo Spirito Santo, Maria Madre di Dio, tutti i santi ispiratori, eroici e belli, i sacramenti, la storia, la tradizione, tutto! Ma ciò che mi ha toccato di più è l'Eucaristia (...) qualcosa di così sorprendente per me con Gesù fisicamente presente». Non stupisce allora che questa sorella convertita ricordi con tanta commozione i momenti di questo primo incontro: «Questi 5 secondi rimarranno per sempre impressi nel mio cuore, nella mia mente e nella mia anima. E' il momento più bello della mia vita. La mia vita è cambiata così tanto in meglio durante questi ultimi mesi, ma impallidisce in confronto a quanto questo momento in cui ho ricevuto la mia prima Eucaristia mi ha trasformato in modo.» permanente.
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bastabugie · 9 days
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7762 LA FRANCIA MANDA IN CARCERE CHI CRITICA I VACCINI A MRNA di Paolo Gulisano Un duro colpo alla liberà di pensiero e alla libertà di ricerca e verifica scientifica è arrivato dalla Francia neo-giacobina di Emmanuel Macron. Dalla terra di "libertè, egalitè e fraternitè" è arrivato un provvedimento che mette il bavaglio a chiunque critichi i vaccini a mRNA o le terapie geniche. Anzi, più che bavaglio arriva proprio il carcere oltre che sanzioni pecuniarie. Il Parlamento francese ha infatti approvato nei giorni scorsi un emendamento all'articolo 4 della legge sulla "Lotta alle derive settarie", che introduce una pena fino a tre anni di reclusione e un'ammenda fino a 45.000 euro per chiunque esprima delle critiche ad un determinato prodotto farmaceutico, ovvero i vaccini a mRNA. Si può dibattere su tutto, su chemioterapici vari, perfino su vaccini, ma l’mRNA propro no. È stato legalmente blindato, è protetto con una sorta di scudo penale che non consentirà a nessuno di metterne in discussione l’efficacia o la sicurezza, nemmeno davanti a dati o prove contrarie. È qualcosa che non si è mai visto nella storia della Medicina, ovvero la promulgazione di un dogma laico dell’infallibilità di un prodotto farmaceutico. Questo provvedimento legislativo è stato ironicamente definito "emendamento Pfizer" dal deputato Florian Philippot, leader del partito Les Patriots, e di fatto equipara la libera scelta di trattamento a una «deriva settaria» e criminalizza chiunque sconsigli trattamenti medici che siano «evidentemente idonei» sulla base delle attuali conoscenze mediche. In realtà viene sancita una sorta di «verità scientifica di Stato». La nostra civiltà che si è fondata sui principi di libertà, diritti umani (in primis l’intangibilità del corpo), e proprietà privata, viene rinnegata dai rappresentanti che il popolo sovrano aveva eletto, teoricamente proprio al fine di tutelare quei valori. LA SCUSA DI FERMARE LA DISINFORMAZIONE La giustificazione governativa è quella di fermare la disinformazione, ovvero una informazione diversa da quella ufficiale. È una indicazione precisa che viene dall’Organizzazione Mondiale della Salute, ed è uno dei punti fondamentali del Trattato Pandemico che dovrà a breve essere approvato. Quanto è stato deciso dal Parlamento francese, può costituire un significativo precedente. Il giro di vite penale che arriva dalla Francia è molto preoccupante. La difesa dell’intoccabilità della tecnologia mRNA, già canonizzata con i Premi Nobel, deve diventare sempre più intransigente. È punita con un anno di reclusione e un'ammenda di 15.000 euro anche il semplice invito «ad astenersi» dal seguire un trattamento medico terapeutico o profilattico, come ad esempio un vaccino, allorché tale abbandono o astensione venga presentato come benefico per la salute delle persone interessate quando invece, allo stato delle conoscenze mediche, ciò sia chiaramente suscettibile di comportare gravi conseguenze per la loro salute fisica o psicologica, tenuto conto della patologia di cui soffrono. È punibile con le stesse sanzioni la provocazione ad adottare pratiche presentate come aventi scopo terapeutico o profilattico nei confronti delle persone interessate allorché è evidente, allo stato delle conoscenze mediche, che tali pratiche espongono le stesse ad un rischio immediato di morte o di lesioni tali da comportare mutilazioni o invalidità permanente. L'INTOLLERANZA DEI TOLLERANTI Questo significa che anche terapie considerate alternative ai protocolli ufficiali non devono essere utilizzati e devono essere sanzionati chi li raccomanda. Insomma, la Francia non tollererà più comportamenti come quello del professor Raoult, primario infettivologo di Marsiglia, che fin dagli inizi del Covid curò con successo con Idrossiclorochina, Eparina, antinfiammatori. La politica decide cosa è lecito e cosa non lo è in ambito medico, la stretta sul pensiero critico sta diventando sempre più forte, e questo comportamento illiberale è motivato dall’avvicinarsi delle elezioni europee del prossimo giugno, La Francia sarà uno dei cinque Paesi dove Google lancerà una campagna «anti-disinformazione» in vista delle elezioni europee, quando i cittadini dell’UE eleggeranno un nuovo Parlamento europeo per approvare politiche e leggi, e molti temono che la diffusione della controinformazione online possa influenzare gli elettori. Jigsaw di Google pubblicherà annunci su TikTok e YouTube in Belgio, Francia, Germania, Polonia e infine anche in’Italia, utilizzando tecniche di prebunking per aiutare gli spettatori a identificare i «contenuti manipolativi» prima di incontrarli. Agli spettatori che guardano gli annunci su YouTube verrà chiesto di compilare un questionario su ciò che hanno appreso sulla disinformazione. Se questo significa «lotta alle derive settarie», la deriva opposta è quella verso un controllo dispotico della scienza, dell’informazione, del pensiero stesso.
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bastabugie · 9 days
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7757 EVITARE L'EUTANASIA PER GLI ANIMALI, MA NON PER LE PERSONE di Fabio Piemonte Ha 5 anni la cagnolina Mila e se ne sta tutto il giorno con il muso a terra, triste, in un canile di Los Angeles. Caduta in depressione era stata condannata all'eutanasia ma, grazie all'impegno e alla sensibilizzazione sui social della stessa volontaria del canile Lorrena, è stata sottratta a tale triste sorte. Lorenna infatti l'ha presa in affido temporaneo e portata a casa sua, le sta curando un'infezione all'orecchio con l'antibiotico e Mila ha presto ripreso a scodinzolare e correre felice. I video condivisi da Lorenna sui social hanno commosso tante persone e dai commenti si evince che diverse persone si sono rese disponibili per adottare Mila. Certamente se da un lato è bello vedere come una società civile si mobiliti per salvare un cane “depresso” dall'eutanasia; dall'altro è decisamente triste vedere come non ci si muova allo stesso modo quando si tratta di essere umani. E in effetti all'annuncio (che è in realtà un grido d'aiuto) della ventottenne olandese depressa Zoraya, alla quale dovrebbe esser concessa a breve (tra maggio e giugno) l'eutanasia dietro sua esplicita richiesta, non c'è stata alcuna levata di scudi da parte dell'opinione pubblica per difenderne la dignità e supportarla attraverso un'autentica compassione per aiutarla a superare questo difficile momento che sta attraversando. Insomma se da una parte si è opportunamente docili all'indignazione nei confronti degli animali quando vessano in condizioni degradanti, dall'altra non ci si sdegna parimenti né si combatte, come invece sarebbe doveroso, per difendere e promuovere la dignità dell'uomo, a maggior ragione quando viene a trovarsi in condizioni di particolare fragilità quali sono quelle di un figlio nel grembo materno, di un giovane depresso o di un anziano. È questo chiaramente un altro segno lampante del “mondo alla rovescia” nel quale stiamo vivendo. Nota di BastaBugie: Tommaso Scandroglio nell'articolo seguente dal titolo "In Olanda basta la tristezza per scegliere l'eutanasia" racconta perché a 28 anni Zoraya ha programmato di farla finita a maggio. Il motivo? Troppo depressa, anche per il suo psichiatra. Da ultima risorsa il suicidio diventa un'opzione normale, purché a norma di protocollo. Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 11 aprile 2024: Una scelta triste nata da una vita triste. L'olandese Zoraya ter Beek, 28 anni, ha deciso che morirà a maggio. Non ha un tumore allo stadio terminale, non soffre di patologie neurodegenerative come la Sla, ma è depressa, triste fino alla morte. Una depressione che va a braccetto con tratti di autismo e con un disturbo borderline di personalità. Innamorata del suo ragazzo, una bella casa, due gatti, ma niente di tutto questo le è bastato per riempire un vuoto che è talmente vuoto da non avere nome. Ne ha parlato con The Free Press. La goccia che ha fatto traboccare il vaso? Quando il suo psichiatra le disse: «non c'è più niente che possiamo fare per te. Non migliorerà mai». L'eutanasia della speranza clinica, del codice deontologico ed anche della ricerca scientifica che guarda al futuro. Una medicina arrendevole. Zoraya ha tatuato un albero della vita capovolto: «Sta perdendo le foglie, sta morendo - ha detto - Non vedo [la mia morte] come la partenza della mia anima, ma più come la liberazione di me stessa dalla vita». Il corpo come carcere dell'anima. Morirà a casa sua: «Nella maggior parte dei casi c'è prima una tazza di caffè a calmare i nervi e a creare un'atmosfera soft. Poi [la dottoressa] mi chiederà se sono pronta. Prenderò posto sul divano. Mi chiederà ancora una volta se sono sicura, avvierà la procedura e mi augurerà buon viaggio. O, nel mio caso, un bel pisolino». Notare la narrazione suadente per occultare la tragedia e la gravità della scelta: la dottoressa che come una mamma canta una ninna nanna per un sonno eterno dandole la medicina che spegnerà ogni suo dolore perché spegnerà la sua vita; l'ambientazione soft quasi che la ragazza fosse sdraiata sul divano per un massaggio; la casa come luogo degli affetti - morirà infatti con accanto il suo ragazzo e i gatti. Nulla fa pensare ad un omicidio. Ma in realtà è proprio un omicidio. La ragazza ha aggiunto: «Ho un po' paura di morire, perché è l'ultima incognita. Non sappiamo davvero cosa accadrà dopo, oppure non c'è niente? Questa è la parte che mi spaventa». Pensate, esistono psicologi cattolici che anche con i pazienti non credenti fortemente tentati dal suicidio, come ultima carta, si giocano la seguente: “E se la Chiesa avesse ragione sui suicidi quando dice che togliersi la vita può essere peccato mortale che porta all'inferno? In questo caso tu ti uccideresti per non soffrire più, ma potresti ottenere l'effetto opposto. Infatti potresti passere da un inferno ad uno ben peggiore e che non avrà mai fine”. Per qualcuno questo discorsetto si è rivelato un buon deterrente. Una volta morta, un Comitato di revisione valuterà che il decesso della ragazza sia avvenuto rispettando il protocollo in vigore nei Paesi Bassi. Le condizioni fondamentali per l'accesso all'eutanasia sono che la scelta di morire sia libera e che la sofferenza della persona sia insopportabile e senza prospettive di miglioramento. Sofferenze anche solo psicologiche, come nel caso di Zoraya. L'unico criterio morale rimasto nell'eutanasia è la burocrazia. L'omicidio legale di una persona depressa è l'esito di alcune premesse di carattere ideologico-culturale. La prima: l'idea che la qualità della vita prevalga sulla dignità della persona. Se la prima può peggiorare, la seconda conserva la sua preziosità sempre, al di là di patologie, infermità e sofferenze. La seconda premessa: l'idea che la libertà personale è il riferimento ultimo nelle scelte morali. Un'idea che in questo caso mostra tutta la sua vacuità: una persona depressa, con tratti autistici e con personalità borderline quanto è libera? Ha scelto Zoraya o la sua depressione? Sotto tortura del dolore e del male di vivere non si è liberi. Terza premessa: il piano inclinato. Theo Boer, professore di etica sanitaria presso l'Università teologica protestante di Groningen, ha fatto parte per un decennio di un comitato di revisione dell'eutanasia nei Paesi Bassi. «In quegli anni - ha dichiarato - ho visto la pratica olandese dell'eutanasia evolversi da morte come ultima risorsa a morte come opzione predefinita». Alla fine ha lasciato l'incarico. La morte cessa di essere un male da evitare, eccetto in casi eccezionali. L'eccezione, come si dice, diventa regola e così rimanere in vita o darsi la morte sono entrambe scelte buone. Preghiamo perché quell'albero capovolto tatuato sul braccio di Zoraya possa comunque, seppur all'ultimo momento, rifiorire.
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bastabugie · 9 days
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7760 DECRETO VALDITARA: LA CONTRO-PROPOSTA DELL'ESTATE PARENTALE di Stefano Fontana Il decreto con cui il ministro (della pubblica istruzione e del merito) Giuseppe Valditara ha finanziato l'apertura delle scuole di istruzione primaria e secondaria durante l'estate avrà senz'altro ottenuto molti apprezzamenti. Lo Stato che fa la mamma anche d'estate, dato che le mamme non cessano di lavorare l'8 giugno quando termina l'attività scolastica, piace senz'altro a molti. A me invece non piace e penso che le famiglie dovrebbero starne alla larga ed eventualmente pensare a soluzioni alternative. Le attività previste e finanziate dal decreto Valditara riguardano percorsi "di aggregazione e formazione". I destinatari e i contenuti potranno essere fissati anche in collaborazione con università, enti locali e organismi del terzo settore. Alla base del decreto c'è il "Programma nazionale scuola e competenze 2021-2027" che prevede il finanziamento di attività sportive, musicali e teatrali legate alla "sostenibilità". Altri fondi arriveranno dal PNRR per la formazione alle discipline STEM. La novità Valditara non è assoluta. I comuni già sono da anni su questa strada dell'utilizzo degli edifici delle scuole primarie per dei "grest" laici. Il fatto è che alunni e studenti a scuola ci stanno già troppo e non è buona cosa aumentare il tempo in cui le famiglie mettono i propri figli nelle mani dello Stato-Educatore. È naturale che non si tratterà solo di intrattenimento ludico, finalità estranea di per sé alla scuola, ma le attività saranno condite con finalità formative e educative che potrebbero essere anche discutibili. Dietro l'educazione all'integrazione può nascondersi di tutto. NESSUNA NEUTRALITÀ Sotto l'educazione alla sostenibilità pure. Dietro la formazione alle discipline STEM in pratica si nasconde l'avviamento alla digitalizzazione. Nessuna garanzia di neutralità educativa, dunque. L'eventuale collegamento con le università o gli enti locali, più che tranquillizzare, preoccupa, data la caratterizzazione ideologica di molti di questi enti, che comunque fanno sempre parte del sistema statale e articolano ma non diminuiscono la centralizzazione educativa. Nemmeno il riferimento all'eventuale collaborazione con gli enti del terzo settore può mettere l'anima in pace, perché il terzo settore in Italia ha scarsissima autonomia progettuale in quanto è anch'esso finanziato dallo Stato, direttamente o indirettamente, ed è campo di militanze ideologiche molto accentuate. Alle attività estive nelle scuole statali saranno certamente cooptati enti del terzo settore allineati a quelli che oggi si intendono essere i "valori civici" politicamente corretti. In ogni caso si tratta di un ulteriore declassamento della famiglia, naturalmente con la scusa di aiutare la famiglia. Lo Stato si prende i figli dalla culla all'università, emargina i genitori dal compito educativo e li relega nel mondo del lavoro e siccome nove mesi non bastano, ora si prende anche i tre mesi estivi. È doloroso constatare che questa cultura dell'educazione pubblica è presente in tutte le forze politiche ed è in grado di sopravvivere al susseguirsi delle maggioranze. UNA VIA D'USCITA Vista la cosa in questo modo, però, può manifestarsi anche una via d'uscita alternativa. Sarebbe cosa buona che alcune famiglie si organizzassero in proprio, fuori dallo Stato, per gestire in autonomia il periodo estivo in forma "parentale". Accertata una comune visione cristiana dell'educazione, le famiglie potrebbero programmare la giornata dei propri figli dopo la fine delle lezioni a scuola. A curarsi dei figli potrebbero essere di volta in volta diverse figure: una mamma che non lavora, figli maggiori che possono dedicare qualche ora togliendola allo studio universitario, qualche nonno ancora attivo e propositivo, amici che hanno del tempo libero insieme a delle competenze nel campo educativo. Una specie di "scuola parentale estiva", alla cui espressione però sarebbe meglio togliere la parola scuola, che qui adopero per far capire il concetto di fondo. Non si tratterebbe solo di sostituire un centro estivo parrocchiale o statale con un altro, sarebbe piuttosto un radicale cambiamento di prospettiva, espressivo della consapevolezza di rompere il circolo vizioso: io Stato ti distruggo la famiglia e poi intervengo con le mie strutture in suo aiuto, tu pensa a lavorare che ai tuoi figli ci penso io, anche d'estate. Questa proposta mi sembra interessante anche per un altro motivo. Organizzare una vera e propria scuola parentale è difficoltoso, ma organizzare una custodia educativa dei figli per i tre mesi estivi può essere un obiettivo fattibile. Certo non semplice, ma fattibile sì. Da questa esperienza può consolidarsi la convinzione di un "fai da te" educativo e sussidiario e, chissà!, qualche gruppetto di famiglie potrebbero poi essere incoraggiate a mettere in piedi anche una vera e propria scuola parentale. Intanto riappropriamoci dei figli durante l'estate, poi potremmo passare a riprenderceli anche negli altri nove mesi, non si sa mai.
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bastabugie · 15 days
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=817 MARTA SORDI, ADDIO ALLA GRANDE STORICA di Alfredo Valvo Marta Sordi lascia un vuoto incolmabile nel campo degli studi di storia antica, che ha dominato per decenni, e fra gli amici – allievi e colleghi – che l'hanno conosciuta e stimata. Nata a Livorno nel 1925 e laureatasi in Lettere all'Università degli studi di Milano con Alfredo Passerini, Marta Sordi intraprese subito dopo la laurea la sua attività di ricerca. Presso l'Istituto italiano per la Storia antica, a Roma, per un quinquennio fu allieva di Silvio Accame, maestro e amico. Dal 1962 all'Università di Messina Marta Sordi formò una prima Scuola, attiva ancor oggi. Alcuni anni più tardi, nel 1967, passò a Bologna, dove ha lasciato una traccia incancellabile, e infine approdò due anni dopo all'Università Cattolica di Milano, dove insegnò Storia greca e Storia romana fino alla fine della sua lunga carriera accademica, nel 2001. Il numero delle sue pubblicazioni è difficilmente calcolabile. Non vi è problema aperto nel campo degli studi di storia antica nel quale Marta Sordi non sia autorevolmente intervenuta lasciando comunque, sempre, un'impronta di originalità e fornendo risposte almeno degne di considerazione, il più delle volte risolutive. Dominava senza difficoltà tutta la storia antica – il mondo etrusco, greco e romano, il cristianesimo dei primi secoli – sostenuta da una intelligenza vivacissima, una memoria prodigiosa e una capacità di cogliere sempre il nocciolo delle questioni. Tra le sue opere si ricordano La Lega tessala fino ad Alessandro Magno (1958), I rapporti romano-ceriti e l'origine della civitas sine suffragio (1960), Il cristianesimo e Roma (1965), Roma e i Sanniti nel IV secolo a.C. (1969), Il mito troiano e l'eredità etrusca di Roma (1989), ; La 'dynasteia' in Occidente: studi su Dionigi I (1992), Prospettive di storia etrusca (1995), I cristiani e l'Impero romano (2004). Nel 2002 sono usciti due volumi che raccolgono i suoi scritti minori: Scritti di Storia greca e Scritti di Storia romana, ai quali sono da aggiungere Impero romano e cristianesimo. Scritti scelti (2006), e Sant'Ambrogio e la tradizione di Roma (Roma 2008). Ma molti altri sono i contributi pubblicati successivamente. Resta indicativa della sua originalità e della sua personalità una delle sue principali caratteristiche nell'affronto di ogni problema storico, che è stata anche una lezione per le generazioni di studenti che l'hanno avuta per maestra: l'interpretazione delle fonti, siano esse letterarie epigrafiche o di qualsiasi altra natura, non può essere condizionata da pregiudizi, di qualsiasi genere. La conoscenza vastissima, per non dire totale, dei documenti utili per la ricostruzione storica e una capacità di sintesi talvolta prossima alla divinazione, oltre naturalmente all'intelligenza storica, consentivano alla Sordi di dominare il campo del dibattito con assoluta libertà, cioè in piena indipendenza dalle tante opinioni, apparentemente consolidate, che costituiscono la communis opinio. (...) Curò e diresse la collana dei «Contributi dell'Istituto di storia antica», uscita con cadenza annuale dal 1972 in poi presso Vita e pensiero; negli ultimi dieci anni aveva coordinato con energia e rigore i convegni annuali della fondazione Canussio di Cividale del Friuli, della quale ha presieduto il comitato scientifico. Marta Sordi ricevette prestigiosi riconoscimenti della sua attività, tra i quali la Medaille de la Ville de Paris, nel 1997, la Medaglia d'oro per i Benemeriti della cultura, nel 1999, e la Rosa Camuna per la Regione Lombardia, nel 2002. L'entità e l'importanza dell'opera scientifica di Marta Sordi si commentano da sole. Chi ne ha condiviso un lungo tratto della vita ha ricevuto da lei una lezione di fermezza e di coraggio, di ideali e principi affermati e vissuti, dello studio e della ricerca intesi come servizio alla verità, di fedeltà e obbedienza alla Chiesa. Una conclusione è sempre troppo limitativa di una personalità grande. Tuttavia, nel presentare più di due anni or sono, all'Università Cattolica, Impero romano e cristianesimo. Scritti scelti, mi vennero in mente parole ricorrenti nel pensiero e negli scritti di Benedetto XVI che Marta Sordi gradì molto, anche se ne rimase stupita, e che qui ripeto come estremo omaggio, carico di affetto e di rimpianto: «La fede è chiamata a spingere la ragione ad avere il coraggio della verità». Credo che questa esortazione Marta Sordi l'abbia messa in pratica lungo tutta la sua vita di studiosa.
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