Tumgik
artemideofficial · 3 months
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My Heart
A desolate valley, this is a heart devoid of positive emotions.
A country under attack by bombardments of negative and conflicting emotions.
“Will surrender come?”
This is what I wonder...
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artemideofficial · 3 months
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The Life
What price does this life have?
A twisting labyrinth, a starry sky, achieved goals conflicting with failed goals.
What's the price?
How many moments, seconds, moments of happiness... How many minutes, hours of sadness and without a destination..
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artemideofficial · 5 months
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Elisa Claps
Elisa Claps, ultimogenita di tre figli nati da un commerciante e un’impiegata, era una studentessa al terzo anno del liceo classico di Potenza.
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La mattina di domenica 12 settembre 1993 Elisa uscì di casa per recarsi a una funzione religiosa nella vicina chiesa insieme ad un’amica, dicendo al fratello Gildo che sarebbe rientrata entro le ore 13 per raggiungere la famiglia nella casa di campagna dei Claps, a Tito, e pranzare tutti insieme. Secondo le testimonianze, la giovane aveva in realtà concordato con l’amica in questione di recarsi presso la chiesa della Santissima Trinità, sita nel centro di Potenza, per incontrare un amico che doveva consegnarle un regalo per festeggiare la promozione agli esami di riparazione. Da quel momento di lei si persero le tracce.
L’inchiesta venne inizialmente assegnata alla Procura della Repubblica di Potenza e il caso affidato alla PM Felicia Genovese. Si scoprì che la persona incontrata da Elisa era Danilo Restivo, ventunenne originario di Erice, Sicilia, trasferitosi da ragazzino a Potenza con la famiglia, dove il padre Maurizio aveva assunto l’incarico di direttore della Biblioteca nazionale potentina.
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Restivo risultò essere stata l’ultima persona ad aver visto la ragazza; la ricostruzione che il giovane diede dei propri spostamenti dopo l’incontro fece sorgere alcuni sospetti nei suoi confronti da parte degli inquirenti.
Alcune ore dopo la sparizione di Elisa infatti Restivo si presentò con gli abiti insanguinati al Pronto Soccorso dell’ospedale cittadino per farsi medicare un taglio alla mano, raccontando ai medici d’essersi ferito in seguito ad una caduta accidentale avvenuta nel cantiere vicino alla chiesa della Santissima Trinità, dove si stavano costruendo delle scale mobili. La ferita, tuttavia, sembrò essere stata provocata da una lama. I vestiti che il giovane indossava quella domenica apparvero vistosamente insanguinati, ma non vennero sequestrati immediatamente; Restivo si rese irreperibile per i due giorni successivi giustificandosi con la necessità di aver dovuto sostenere un esame universitario a Napoli. Una volta rintracciato dagli inquirenti Restivo affermò di aver parlato con Elisa per qualche minuto, chiedendole consiglio su come comportarsi con una comune amica della quale s’era innamorato e che, inoltre, Elisa gli avrebbe confidato che fosse spaventata a causa di un individuo che l’aveva importunata mentre stava entrando in chiesa; dopodiché, secondo il racconto di Restivo, la ragazza si sarebbe allontanata mentre lui s’era trattenuto a pregare.
Gli inquirenti scoprirono che Restivo aveva l’abitudine di importunare le ragazze delle quali si invaghiva, effettuando spesso telefonate mute nelle quali si sentiva la colonna sonora del film Profondo rosso o il brano Per Elisa di Beethoven. Un’altra abitudine di Restivo era quella di tagliare di nascosto ciocche di capelli a giovani donne con un paio di forbici, che portava sempre con sé. Alcune amiche di Elisa dichiararono che Restivo aveva tentato di corteggiarle senza successo e che era abitudine del giovane cercare di ottenere appuntamenti dalle ragazze da cui era attratto con la scusa di offrire piccoli doni, diventando poi aggressivo e violento nel momento in cui queste rifiutavano i suoi approcci.
Quando apprese che la giovane aveva avuto un appuntamento con Restivo, la madre di Elisa focalizzò la sua attenzione verso il ragazzo, dichiarando che, con ogni probabilità, Danilo aveva ucciso Elisa e ne aveva occultato il corpo. La donna perciò chiese ripetutamente agli inquirenti d’indagare a fondo su Restivo, ma senza esito.
Il 17 marzo 2010, diciassette anni dopo la sparizione, i resti di Elisa Claps vennero ritrovati occultati in fondo al sottotetto della chiesa potentina della Santissima Trinità. Il cadavere venne scoperto per caso da alcuni operai durante lavori di ristrutturazione per infiltrazioni d’acqua; oltre ai resti umani, vennero trovati anche un orologio, gli occhiali, gli orecchini, i sandali e quel che restava dei vestiti della giovane. Il reggiseno appariva tagliato ed i jeans aperti, suggerendo che la ragazza avesse subito un’aggressione a sfondo sessuale prima di essere uccisa.
Il ritrovamento venne giudicato dai familiari della vittima una messa in scena, ritenendo che fosse avvenuto in precedenza e che fosse stato tenuto nascosto dal parroco della chiesa, don Domenico “Mimì” Sabia; la madre di Elisa dichiarò di sospettare del religioso, poi deceduto nel 2008, perché non le avrebbe mai permesso di ispezionare i locali della chiesa, mentre il fratello di Elisa chiese all’arcivescovo di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo di “dire finalmente la verità su quanto accaduto”.
Il 19 maggio 2010 Danilo Restivo, nel frattempo trasferitosi in Inghilterra a Bournemouth, nel Dorset, venne fermato dalla polizia con l’accusa di omicidio volontario con riferimento al brutale assassinio del 2002 ai danni dell’allora sua vicina di casa, la sarta Heather Barnett. Da tempo era tenuto sotto controllo e pedinato dalla polizia locale, che lo aveva anche ripreso mentre in una zona boschiva – armato di uno stiletto – pedinava con atteggiamento sospetto donne inglesi.
Il 30 giugno 2011 Danilo Restivo venne condannato all’ergastolo dalla Crown Court (tribunale) di Winchester per l’assassinio di Heather Barnett, uccisa il 12 novembre 2002 a Charminster, un villaggio del Dorset nei pressi di Bournemouth. L’8 novembre 2011, presso il Tribunale di Salerno, ha inizio il processo di primo grado a Danilo Restivo, con rito abbreviato. Nel corso della prima udienza i PM, facendo notare che i reati concorrenti più gravi a carico di Restivo, che avrebbero potuto far scattare l’ergastolo, sono tutti prescritti, avanzano la richiesta di trent’anni di reclusione, ossia il massimo possibile, unitamente all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e tre anni di libertà vigilata al termine dell’espiazione della pena.
L’11 novembre 2011 Restivo viene condannato a trent’anni di carcere, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e la libertà vigilata per tre anni a fine pena, oltre al versamento di 700000 € alla famiglia Claps a titolo di risarcimento. Il processo di appello, iniziato a Salerno il 20 marzo 2013 e celebrato in presenza di Restivo, si conclude il 24 aprile 2013 con la conferma della condanna a trent’anni per Restivo, il quale sconterà la pena dell’ergastolo in Inghilterra. Il 23 ottobre 2014 la Corte di Cassazione conferma in via definitiva la condanna a trent’anni inflitta nei confronti di Restivo nei precedenti gradi di giudizio.
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artemideofficial · 5 months
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Il massacro del Circeo
Quando si parla del massacro del Circeo ci si riferisce ai fatti avvenuti tra il 29 e il 30 settembre del 1975. Quando due giovani ragazze, Rosaria Lopez e Donatella Colasanti, furono rapite, stuprate e torturate fino alla morte della Lopez. Colasanti, invece, riuscì a salvarsi fingendosi morta.
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I tre responsabili del crimine provenivano da famiglie della borghesia romana. Andrea Ghira, 22 anni, era figlio di un imprenditore edile. Angelo Izzo, 20 anni, studiava medicina. Mentre Gianni Guido, 19 anni, studiava architettura. Tutti e tre erano vicini agli ambienti neofascisti e missini.
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Ghira e Izzo avevano anche precedenti penali: nel 1973 avevano compiuto insieme una rapina a mano armata per la quale avevano scontato venti mesi nel carcere di Rebibbia. Izzo, un anno prima del Circeo, aveva violentato due ragazzine insieme a due amici ed era stato condannato a due anni e mezzo di reclusione, mai scontati.
Rosaria Lopez e Donatella Colasanti avevano rispettivamente 19 e 17 anni all'epoca dei fatti. Provenivano da famiglie residenti nel quartiere popolare della Montagnola. Le due conobbero i loro aguzzini qualche giorno prima del massacro, al bar della torre Fungo dell'Eur. In occasione di questo appuntamento, Izzo e Guido proposero alle ragazze di incontrarsi di lì a qualche giorno per una festa.
Nel tardo pomeriggio del 29 settembre i quattro arrivarono a Villa Moresca, di proprietà della famiglia di Ghira, che sorgeva sul promontorio del Circeo, in zona Punta Rossa. Dopo qualche ora passata a chiacchierare e ad ascoltare musica, Izzo e Guido cominciarono a fare esplicite avance sessuali alle ragazze, le quali rifiutarono provocando la reazione furiosa dei giovani.
Ghira tirò fuori una pistola e, minacciandole, disse che apparteneva al Clan dei marsigliesi, un'organizzazione criminale di stampo mafioso dedita a rapimenti e traffico di stupefacenti negli anni ’70. Secondo Ghira, il capo Jacques Berenguer aveva ordinato di rapire due ragazze.
Le due ragazze furono violentate, seviziate, massacrate e insultate dai tre. Furono legate e chiuse in uno dei bagni della villetta dove ruppero un lavandino nel tentativo di liberarsi. Quando i tre scoprirono il tentativo di fuga, decisero di ucciderle.
I tre le drogarono cercando di addormentarle, ma, come raccontò Colasanti nella sua deposizione: “Io e Rosaria eravamo più sveglie di prima e allora passarono ad altri sistemi”. Nel mezzo delle torture, Guido si assentò per cenare a Roma con i suoi familiari, poi in serata fece ritorno al Circeo e si riunì ai suoi amici aguzzini.
Lopez venne trascinata al piano di sopra. Dalla testimonianza di Colasanti: “La sentivo piangere e urlare, poi silenzio all'improvviso. Devono averla uccisa in quel momento”. Si scoprì che la 19enne venne annegata nella vasca da bagno.
Poi si scagliarono contro la 17enne. Le legarono una cintura al collo e la trascinarono sul pavimento nel tentativo di strangolarla. Sentì uno dei tre lamentarsi: "Questa non vuole morire". Fu allora che capì che per salvarsi doveva fingersi morta. Fu colpita con una spranga alla testa e non reagì.
La rinchiusero insieme al cadavere della ragazza nel bagagliaio di una Fiat 127 bianca.
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I tre poi partirono verso Roma, intenzionati a disfarsi dei cadaveri. Arrivati in viale Pola, nel quartiere Trieste, i tre decisero di andare a cena. Colasanti iniziò a gridare e a battere colpi alle pareti del bagagliaio.
I rumori attirarono un metronotte che diede l'allarme ai carabinieri.
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La ragazza fu portata in ospedale dove fu ricoverata, con prognosi di oltre trenta giorni. Izzo e Guido furono arrestati entro poche ore, mentre Ghira, messo in allarme da una soffiata, riuscì a fuggire.
Il processo iniziò nell’estate del 1976. La famiglia Lopez rinunciò a costituirsi parte civile dopo aver accettato un risarcimento di cento milioni di lire dalla famiglia Guido. Donatella Colasanti scelse di andare a processo sostenuta da centinaia di attiviste femministe, rappresentata dall'avvocata Tina Lagostena Bassi.
Izzo e Guido furono condannati all’ergastolo in primo grado. Dopo un tentativo di evasione nel 1977, in appello nel 1980 la condanna di Guido venne ridotta a 30 anni. Riuscì comunque a evadere nel 1981 e a fuggire in Sud America. Fu rintracciato nel 1994 a Panama ed estradato in Italia. Ha concluso la sua detenzione nel 2009 godendo di uno sconto di pena grazie all'indulto.
Nel novembre del 2004 Izzo conquistò la semilibertà. Il 28 aprile 2005, rapì e uccise Maria Carmela Linciano (49 anni) e Valentina Maiorano (14 anni), moglie e figlia di Giovanni Maiorano, un pentito della Sacra Corona Unita che Izzo conobbe in carcere a Campobasso. Nel 2007 Izzo fu nuovamente condannato all’ergastolo per il duplice omicidio premeditato.
Ghira riuscì a fuggire in Spagna e adottò il falso nome di Massimo Testa de Andres. Nel 2005 un cadavere sepolto a Melilla nel 1994 venne identificato come quello di Ghira, ma le famiglie delle vittime non credettero a questa ricostruzione. Nel corso degli anni, presunti suoi avvistamenti sono stati segnalati in Brasile, Kenya, Sudafrica e nel quartiere romano di Tor Pignattara.
Donatella Colasanti è morta il 30 dicembre 2005, all'età di 47 anni, a Roma a causa di un tumore al seno, ancora duramente sconvolta per la violenza subita trenta anni prima. Avrebbe voluto assistere al nuovo processo contro Izzo. Non smise mai di chiedere giustizia. Le sue ultime parole furono: "Battiamoci per la verità".
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artemideofficial · 5 months
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Una marea di stelle is coming..
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artemideofficial · 10 months
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ITA🇮🇹 Sono molto legata al mare,tutti i singoli granelli di sabbia sono i ricordi che ho lì.Fin da piccola trascorrevo le estati,ero praticamente inseparabile con l'acqua.Ricordo quando i piatti squisiti che preparavano mia mamma e mia nonna,le persone che chiacchieravano,i bambini che correva felici tutti sporchi di sabbia,la stanchezza post mare e tanti altri ricordi che per scriverli ci metterei anni.Sono tornata dopo anni alla mia amata spiaggia di Sulani, quanto mi è mancata e ho deciso di trasferirmi per un po' qui.Sarà dura con la scuola ma sono felicissima di questa scelta.
ING🇬🇧 I am very attached to the sea, all the individual grains of sand are the memories I have there. Since I was a child, I spent the summers, I was practically inseparable from the water. I remember when the exquisite dishes my mother and grandmother prepared, the people who they chatted, the children running happily all dirty with sand, the tiredness after the sea and so many other memories that it would take me years to write them. I returned after years to my beloved Sulani beach, how much I missed it and I decided to move for a while ' here. It will be hard with school but I'm very happy with this choice.
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