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#una sola riga
catsloverword · 1 day
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Casa non è un luogo, molto spesso è una persona.
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nonsolohaiku · 22 days
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Portami nel tuo mondo perché tu, nel mio, ci sei già
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elorenz · 23 days
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Estratto narrativo. Cattive frequentazioni.
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"Certe volte una formica fa fatica a rimanere attaccata alla fila... si smarrisce e non trova più le altre operaie.." si vedeva che doveva concludere il discorso ma la bocca ruminava l'eccesso di saliva amara data dal sintetico. "Stai solo dicendo cazzate Giulio, sei strafatto di ketamina" sapeva ch'era inutile riportarlo alla ragione, Marco si stava rendendo conto dello spreco di tempo nello stare dietro certe persone che un tempo erano la sua compagnia. "Sai.. sono così microscopiche rispetto a tutto..." continuò senza prestare attenzione alle parole di Marco "e certe volte mi sento così, come una piccola formica che vaga sola nel mondo..." con la tessera sanitaria sminuzzava il restante della ketamina, la raccoglieva assieme in un mucchio e tornava a sminuzzare. "Penso che me ne andrò da qui" avvertí l'unico sano in mezzo ai tossici "non voglio avere più niente a che fare con voi" gli occhi si spostavano nell'ambiente circostante, una via isolata di periferia accanto al tabernacolo della Madonna. "Cosa??" esclamarono gli altri due come ripresi da un lungo sonno "dai fatti qualche riga pure tu!" Poco lontano, a qualche metro del tabernacolo sfrecciavano alcune macchine, tra queste una volante. La pattuglia notò la luce del telefono di Giulio che illuminava la ketamina, ormai in polvere, pronta ad essere sniffata. Giulio arrotolò la banconota, inclinó la testa sulla tessera e s'infilò la banconota nella narice destra pronto a sniffare a pieni polmoni. Nello stesso momento in cui apriva il respiro le sirene della volante cominciarono a spargere bagliori bluastri nel buio della periferia. Marco alzò lo sguardo ed un fascio di luce passò sullo sguardo afflitto della Madonna e la stessa sensazione percorse lo scheletro di Marco in un freddo brivido di consapevolezza.
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vintagebiker43 · 25 days
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“Sii sempre, in ogni circostanza e di fronte a tutti, un uomo libero e pur di esserlo sii pronto a pagare qualsiasi prezzo.”
Sandro Pertini
Frank Chamizo Marquez per arrivare a Paris 2024 avrà un'altra possibilità, un torneo in Turchia. Questa a Baku, in Azerbaijan, gliel'hanno fregata, grazie all'ennesima dimostrazione di come in certi sport, la meritocrazia sia una chimera, che se ne va via ogni volta che si gioca contro certe nazioni, certe federazioni, certi arbitri e via dicendo. Frank lo conosciamo tutti, è stato bronzo olimpico, due volte campione mondiale e 4 volte campione europeo, ha scalato tre categorie di peso, a Parigi potrebbe dire la sua per il massimo traguardo. Oggi era arrivato a destinazione. Invece no, dopo aver vinto per tutti e cinque i giudici, si è dovuto sorbire la recita dell'ennesimo tizio prezzolato, il Presidente di Tappeto, che ha ribaltato il verdetto e dato la vittoria all'avversario, il padrone di casa Turan Bayramov.
Finita qui? No. Perché Frank poi sgancia la bomba che arriva su la Repubblica: "Sapevo che dovevo dare il doppio, il triplo in Azerbaigian, perché lottavo a casa loro e avevano comprato tutto. Lo stesso arbitro è stato con gli azeri per tutto il torneo. Io ce l'ho fatta, ma poi è successo qualcosa che ricorda il pugilato di tanti anni fa. E allora sì, lo voglio dire, sono venuti da me offrendomi dei soldi, 300.000 dollari per perdere. Non voglio dire chi, ma è successo la mattina del peso" ha precisato Chamizo. "Li ho mandati affanculo perché non rappresento solo me stesso, ma anche l'Italia, la mia federazione, la Fijlkam Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali e l'Esercito. Non è facile rompere la mia integrità". Per chi ha buona memoria, la Iba International Boxing Association a suo tempo si beccò un ultimatum dal CIO: o si mettevano in riga e la piantavano con i verdetti che avevano reso le ultime 5 edizioni dei Giochi una parodia, o addio Olimpiadi.
"Sono ancora sconvolto. Triste, addolorato, pieno di vergogna per quello che è successo. I cinque giudici sul tappeto hanno preso la stessa decisione, riconoscendo che avevo messo a terra il ginocchio destro dell'avversario, quindi avevo vinto. Dopo un incontro in cui il mio avversario, che ho sempre battuto, per cinque minuti non ha fatto che scappare. Poi si sono inventati un challenge a tempo scaduto, che non si può fare. A questo punto il presidente di tappeto ha guardato le immagini di una sola telecamera della video review e ha stabilito che quella mossa non c'era, contraddicendo gli altri cinque giudici - ha sottolineato Chamizo - Sono così schifato che non mi sembra di parlare di sport. Se ho paura di pagare queste dichiarazioni all'ultimo torneo di qualificazione? Io vengo da Cuba, non ho paura di niente. Ora sono in un paese libero, posso dire quel che penso e quel che voglio. Non mi ferma nessuno".
Ecco io credo che non si parli di come in altri sport, non solo la lotta, ci sia qualcosa di simile da anni, anni, e nessuno fa e dice niente. Almeno fino ad oggi, fino a Frank Chamizo. Non è solo potere, soldi o altro, è anche la concezione dello sport di certi paesi che la vedono come prolungamento dell'orgoglio patrio, retaggio di certi trascorsi anche totalitaristi. E allora vale tutto, comprare arbitri, giudici, giurie, avversari. Non alcun dubbio che Frank abbia detto la verità e non ho alcun dubbio nel dire che sono molto orgoglioso di averlo a rappresentarmi e non da oggi. Questo di oggi è solo un altro tassello dentro un percorso di dignità e volontà che gli fa onore. Certo, qualcuno dovrebbe spiegarmi perché lo sport è davvero messo così male moralmente e nessuno fa nulla per metterci mano.
@ L'attimo vincente su Facebook
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giulia-tralerighe · 10 months
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Penso di essere arrivata ad un punto importante nella mia consapevolezza come persona. Per anni mi sono detta che se ci fosse stato un peccato capitale in grado di rappresentarmi, di sicuro sarebbe stata l’invidia. Mi ha consumata per tanto tempo e non mi fa onore, ma è questo quello che ho fatto: ho continuato a paragonare il mio percorso alle vite degli altri. Gli altri però non erano persone qualsiasi, sceglievo con cura il mio pubblico. Tutti coloro che erano entrati, non richiesti, avevano preso quanto potevano arraffando a piene mani e se n’erano andati appena mi ero permessa di dire “no”. Coloro che mi avevano ferita e poi lasciata senza guardarsi indietro. Continuavano ad ossessionarmi. Vedevo i nuovi rapporti che stringevano, le vittorie, i traguardi e poi mi osservavo allo specchio, sbagliata come uno scarabocchio. Potevo solo ripetermi che un giorno tutta quella bile nella pancia si sarebbe trasformata in senso di rivalsa. Come poteva- mi dicevo- essere così facile per gli altri? Tiravano una riga su quanto ero stata, il nostro legame e andavano avanti come se avessero sorpassato con la macchina la carcassa di un animale ai bordi della strada. Questo ero, la carcassa di un cuore sciocco che aveva creduto.
Perché questi pensieri? Ieri mentre ero in negozio ho visto uscire dal portone del Palazzo Comunale quello che è stato il mio primo fidanzatino ai tempi dell’asilo. Si è sposato con una ragazza del paese. Qualche anno fa si frequentava con una ragazza di Verona e non si sa perché, hanno voluto buttarmi nel loro rapporto venendomi a pescare da un ricordo del passato. “Sai, lei è stata il mio primo grande amore! Dovete diventare amiche”. Era uno dei miei momenti più fragili, con nonna sotto i ferri e il mio ex che dopo due anni di relazione a distanza aveva chiuso con me con una telefonata di appena due minuti. A pezzi, sola, avevo voglia di uscire, volevo essere una buona amica.
È stata una delle tante che ha preso, si è sfregata le mani sul mio cuore e se n’è andata quando la sua relazione è naufragata. In qualche modo dovevo essere lasciata indietro insieme a tutto il pacchetto.
Ieri ho visto lui che si sposava con un’altra e invece di provare invidia, rabbia magari, ho pensato a quanto sono fortunata ad avere incontrato il mio ragazzo. A come sarebbe stato bello anche lui vestito di verde, con gli occhi chiari emozionati.
C’ho pensato e con sollievo mi sono resa conto che forse, dopo una vita trascorsa a concentrarmi su quello che avevo perso o non avevo adesso ho imparato/sto imparando a dare importanza a cosa invece c’è ed è fondamentale.
Avrei voluto essere più brava, impararlo prima. Ma va bene così.
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io-e-la-mia-mente · 3 months
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Riuscire a leggere ciò che sentiamo e avere la delicatezza poi di viverle è quasi una situazione irreale .. Molte volte mi perdevo in quello che sentivo , tanto che le emozioni e i pensieri non riuscivo più a sentirli come meritavano , facevo fatica a riconoscerli come miei , diventavano quasi un contorno invece che esserne il centro , era come guardare un quadro , non completamente apprezzato per la mancanza di elementi a disposizione che ne avrebbero dato una chiave di lettura sicuramente più ampia e profonda .. Ho scelto di rallentare , tanto da farmi godere e vivere ciò che sento , sfogliando ogni pagina di cui sono fatta , leggendole lentamente , fino in fondo , senza saltare una sola riga o una parola , e quello che oggi sto riuscendo a leggere sono IO
schiava-di-ING
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anocturnalanimal · 6 months
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La tua adorazione aveva bisogno di un dio.
Se non c’era, ne trovava uno.
Comuni ragazzoni sportivi diventarono dèi –
divinizzati dalla tua infatuazione
che sembrava progettata fin dalla nascita per un dio.
Era un cerca-dio. Un trova-dio.
Papà ti aveva puntata su Dio
quando la sua morte fece scattare il grilletto.
In quel lampo
vedesti la tua vita. Il rimbalzo ti proiettò
lungo tutta la carriera di prima della classe
con la furia
di un proiettile ad alta velocità
che non può perdere una sola libbra-piede
di energia cinetica. Gli eletti
praticamente morivano all’impatto –
troppo mortali per incassare il colpo. Erano sostanza mentale,
provvisoria, speculativa, mera aura.
Eventi alla barriera del suono lungo la tua traiettoria.
Ma dentro il tuo Kleenex zuppo di singhiozzi
e i tuoi attacchi di panico il sabato sera,
sotto i capelli pettinati ora in questo ora in quel modo,
dietro quelli che sembravano rimbalzi
e la cascata di grida in diminuendo,
non deflettevi.
Eri argento massiccio rivestito d’oro
con la punta di nichel. Traiettoria perfetta
come attraverso l’etere. Persino la cicatrice della guancia,
dove sembrava che tu avessi sfregato sul cemento,
era la riga della canna
che ti manteneva dritta sull’obiettivo.
Finché il tuo vero bersaglio
non si nascose dietro di me. Il tuo Papà,
il dio con la pistola fumante. A lungo
vago come nebbia, non seppi nemmeno
di essere stato colpito,
né che mi avevi trapassato da parte a parte –
per seppellirti finalmente nel cuore del dio.
Al mio posto, il giusto medico-stregone
forse ti avrebbe afferrata al volo a mani nude,
ti avrebbe palleggiata, per raffreddarti,
senza dio, felice, pacificata.
Io riuscii solo ad afferrare
una ciocca di capelli, il tuo anello, l’orologio, la vestaglia.
Ted Hughes, Lo sparo - da Lettere di Compleanno
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yourtrashcollector · 1 year
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Prima del funerale ricevo diversi fiori e biglietti.
Uno di questi è di una giovane coppia di vicini di casa. Sono amici. Ogni tanto abbiamo cenato insieme. S. portava fuori il loro cane, ci giocava sul ballatoio.
Il biglietto è semplice, una sola riga, e non è rivolto a me, ma direttamente a S. Come probabilmente è giusto che sia. Come se io ne fossi solo il tramite. Dice: "Ci mancherai tantissimo".
Seguono tre firme: Lory, Mario e Camillo.
Camillo è il cane.
Non so bene perché, ma è il biglietto che mi commuove più di tutti
Matteo B. Bianchi, La vita di chi resta
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animepersissime · 1 year
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Spiazzata. Un po’ vuota. Non capisco. Dovrei essere arrabbiata, triste, delusa, in realtà mi sento indifferente. Non riesco a leggermi. E’ un’emozione nuova, non ho mai fatto i conti con queste cose. Le emozioni, è tutta una lotta con il cervello.
E’ veramente questo essere adulti? Voglio tornare ad essere piccola, ancora protetta dal mondo esterno. 
Ti amo perché sei la persona di cui mi fidavo. Ti detesto perché continuo ad amarti, nonostante faccia male da morire. Non voglio cancellare ciò che è stato, tu continui a farmi promesse, io continuo a crederci. Non so cosa pensare, in questo momento verità e bugia si sono fuse in un’unica miscela che fa a botte nei miei pensieri.
Non so che fare. Ho svuotato il mio cassetto delle lacrime, ieri sera sono scoppiata mentre ti stavo chiamando, perché i miei sentimenti sono così forti e impossibili da gestire che non riesco ad esprimerli. Pensa a te stessa. 
I giorni a Bergamo ti hanno fatto solo del bene, lontano da tutto e da tutti. Ciò che hai sempre voluto, alla fine stai bene da sola. Come ti senti da sola? Indipendente? Libera? Oppure sola e basta? 
Domani tornerai alla tua vita, alla tua quotidianità. Cerca di restare in piedi, non pensarci troppo, non entrare nello stato di inemotività, quello stato in cui una persona vedendoti ti domanda “che hai?” e l’unica cosa che vorresti fare sarebbe gridare o piangere; mentre tutto ciò che fai è rispondere con un semplice “niente” e finirla lì, dove non è neanche incominciata.
Bergamo ha una luce diversa quando sei triste. In un qualche modo diventa più bella, si notano tutti i suoi dettagli, non è monotona come pensavo. O forse le città sono più belle quando fuori splende il sole?
Il solito baretto, in città alta, è stato il mio posto in questi giorni. Sotto il sole, i raggi del sole che mi baciano la faccia, mentre bevo il mio solito caffè macchiato. I piccoli uccellini che ronzano intorno alle briciole sui piattini ormai vuoti, lasciati sui tavolini bianchi; io circondata da turisti, mezzi inglese e mezzi tedeschi, (forse anche un po’ ubriachi alle 10 di mattina) e dalle signore sulla ottantina, di un certo ceto, vestite anche in una certa maniera, con un cane legato al proprio braccio, che si riuniscono tutte le mattine al solito tavolino, a parlare delle loro vite e dei loro nipoti. 
“E’ andato in Francia per migliorare il francese e non è più ritornato.” “Ho il nipote che non parla, ha quasi due anni, ma niente, speriamo cresca in fretta.” “Su instagram, mi hanno seguito delle donne, sai, quei profili con le donne nude, io le ho bloccate subito.” 
Il loro accento mi entra dentro, non capisco se mi piaccia oppure no. Mi sembra di essere quella riga nera sulla pagina di un libro che devi rileggere tre o quattro volte perché non si capisce molto bene il significato delle parole. Vorrei sapermi leggere meglio.
Anche tua mamma al telefono ti ha sentita distante, svuotata. « Mamma non farmi piangere, sono in mezzo alla gente » con le lacrime ormai copiose sulle guance, come se in quel momento era più importante l’apparire bene.
In mezzo a queste persone felici e con in mano una tazza di caffè o una sigaretta, mi sento un pesce fuor d’acqua. Qui, seduta in un tavolino, al centro e accecato dal sole, io sono in cerca di qualcosa, forse di aiuto, da me stessa. Mi sento fuori dal mondo. Non ho voglia di restare lì, ma allo stesso tempo voglio, perché mi fa del bene. 
Vorrei solo sparire, non ho più certezze. L’unica cosa che faccio è sospirare, prendere i soldi per pagare il caffè e chiamare Alice, per sentirmi ascoltata e forse per sentirmi meglio. 
Ho bisogno che qualcuno si prenda cura di me, perché io non ho il coraggio di farlo.
Dove sei?
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abr · 2 years
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Speranza ha il Covid. Si, pallino! La notizia che brucia i problemi di questo sfigato di provincia è la positività di Fauci in person.
A significare che otto vaccinazioni, quaranta mascherine e fantastiliardi buttati nel cesso non preservano nessuno; di converso si conferma che si salveranno tutti (quelli che non avevan già un piede nella fossa per altri motivi, anche 'sti due) senza che fosse necessario spendere una sola lira una sola riga un solo minuto.
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nonsolohaiku · 15 days
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Sovente
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Lasciare o esser lasciati, il dolore è lo stesso...
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artide · 2 years
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Io sono denominato ormai: per un centimetro cadono i palazzi. In Tecnologia dopotutto è stata la frase di risposta a E. che tracciando linee molto storte ad una squadra sola, mi diceva che tanto non succedeva niente per un centimetro. Uno dei più studiosi della classe mi dice che le ore di tecnologia non servono a niente e quindi che il disegno andava bene così.
Colpo al cuore, cosa penserà allora della Musica o di Arte? Il dramma delle materie passatempo per lo studente delle medie. Questo formare menti ma non corpi servirà a qualcosa? Oggi mi è scappato a V. : mi auguro che quando fai pipi lo sai direzionare meglio di questa riga che è tutta storta! Risata generale. Ma in fondo è vero. Non c'è cura del corpo perché in fondo il corpo è ancora un tabù.
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Impantano.
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Io e te.
Un rifugio,una tagliata da cuocere,bottiglie di vino, tanta speranza e la gioia di essere insieme che colora la stanza.
Condividere questi momenti e questi luoghi spersi nel nulla penso che non abbia prezzo..la felicità è indescrivibile! Basta così poco per avere un sorriso che ti riga il viso, basta avere una persona giusta al proprio fianco, qualcosa da mangiare, un po' di vino da bere e un po' di fuoco che scalda gli animi!
Mi hanno sempre appassionato queste circostanze e pensare di poterle vivere con la persona con la quale non avrei mai pensato di viverle mi fa davvero venir voglia di ringraziare l'universo!
Due bicchieri,due sorrisi, due anime, due incasinate menti, due corpi, due bottiglie di vino e una sola voglia di vivere.
Abbiamo una storia strana e non nego il fatto che io e te ci siamo trovati forse nel momento giusto o forse il nostro momento non sarà mai ma non potevo sperare in cosa migliore.
Con te il tempo ha tutto un altro valore, so che me lo devo godere dal primo all'ultimo istante, so che con te il tempo non perdona,ne abbiamo così tanto poco che non possiamo permetterci di sprecarlo, in realtà quello che facciamo noi sarebbe quello che tutti dovrebbero fare;apprezzarlo!
Il problema è che il tempo non basta mai.
Non basta mai la tua mano sul mio viso, il tuo sorriso che armonizza tutta la stanza, la melodia della musica, non basta mai lo stato di benessere che provo quando sto con te,quando le tue mani toccano il mio sedere, quando le tue labbra scorrono nel mio collo, non basta mai questo tempo e come un battito di ciglia le ore passano,la tristezza cala e il cielo si fa più scuro, non c'è neanche la luna ad illuminare i miei occhi.
Sono qui, nel mio letto con il rumore della pioggia in sottofondo,le coperte stropicciate come la mia mente, il mio cuore caldo e pieno di gioia con un pizzico di invidia per non averti ancora qui, per non avere il tuo corpo accanto al mio e la tua testina coricarsi nel mio petto.
Cosa succederà?
#loscopriremosolovivendo#unasquadrafortissima
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ypsilonzeta1 · 2 years
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La gente pensa che scrivere sia mettersi davanti al mare, a un lago, a un fiume, a un campo fiorito, e aspettare l’ispirazione. Davvero lo pensa, a me lo dice di continuo.
Se tu dici, disperata: non mi funziona internet e devo finire il mio libro, la gente pensa che non ti serva internet, meglio così, se no ti distrai (io mi distraggo? Io?), perché tutto ciò che ti serve è l’ispirazione. Non pensa che puoi guardare 7 video in cui delle galline mangiano per scrivere una sola pagina de Le assaggiatrici in cui Rosa dà loro da mangiare e fa una serie di riflessioni che esulano dalle galline e riguardano gli esseri umani, le relazioni tra esseri umani. Quella pagina non puoi deciderla prima, la decidi MENTRE stai scrivendo, perché è una associazione che si produce lì per lì, e allora tu ti alzi, prendi Clarice Lispector, quel racconto su una gallina letto 20 anni fa, lo rileggi, poi apri internet, cerchi le galline, le osservi a lungo, senti parlare degli allevatori, prendi appunti su un quaderno, scopri persino che possono mangiare le loro stesse uova deposte, e questa notizia ti accende un’idea narrativa di qualche riga. Qualche riga.
Se tu dici faccio la parrucchiera e non c’è acqua in negozio, la gente comprende subito che sarà difficile fare una piega, un taglio, un colore, una acconciatura, una piastra, una permanente. Perché per la gente la parrucchiera è un lavoro, la scrittura, in fondo, no. La gente non immagina nemmeno quanto studio ci sia dietro un romanzo. Quanti testi di storia, filosofia, psicologia, psicanalisi, antropologia, politica, quanti articoli di giornale, quanti romanzi, quante poesie si leggano, con quanta gente si parli, per scrivere un romanzo.
Ieri ho cominciato a lavorare alle 5.45 e ho smesso alle 21. Ovviamente in mezzo ho fatto anche altre cose, tipo rispondere 5 volte alla mia commercialista, e alcune pause necessarie alla sopravvivenza biologica. Ho mal di schiena.
Ciao
Rosella Postorino
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vicky20021994 · 12 days
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Diosito, o lo que sea que riga este plano ,esto es una señal para que m ayudes con todo esto que estoy sientiendo
Acaso estoy exagerando?
Cada día me siento más sola, a pesar que ya encontré al amor de mi vida, o eso creo todos los dias y que Tengo amigos espapirofasticos. Ellos me hacen sentir feliz y que olvide los malos ratos, pero solo es eso, un momento.... Cómo si de drogas se tratase
Por favor, ayúdame a darme cuenta quien está en un error, yo por sentir toda esta soledad o tristeza
O mi mamá, al juzgar todo lo que hago o quiero hacer
Estos días han sido muy difíciles. Cada vez me cuesta más trabajo levantarme de la cama
Me siento tan vacía, como que una parte de mi se va cada vez que siento más alejada a mi mamá
Ya no me conoce, no sabe que me gusta, que hago cuando ella no ve, que es lo que me lastima.....
¿Que debería hacer?
Solo quiero sentirme libre, todos los días amanezco deseando que solo sea un sueño, pero la realidad es mucho más fuerte. Siento que cada vez pierdo más gente que quiero
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vashthewitch · 1 month
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ho scelto io di andarmene, di confinarmi in una casa che non è la mia e fare la vita dei cuscini, delle sedie e delle tende. non mi piace, non mi piace nemmeno l’essere prevedibilmente fermo, ma sono venuto qui lo stesso, perché il pensiero della mancanza, dopodomani, mi avrebbe ferito.
ieri ho recuperato qualche riga scritta da pia pera, che è stata una giornalista, una traduttrice finissima e non ultimo una splendida giardiniera. il suo ultimo libro, quello che ha scritto prima di trasformarsi lei in un tronco morto, si chiama al giardino ancora non l’ho detto. ciò che non ha detto è che sarebbe morta. sono pagine nere, non di disperazione, ma di disvelamento. perché viene fuori una vita che è tutta tranne che fluida, ma più squadrata e marziale come le ali degli scarafaggi. mi ha ricordato mia madre e la sua condanna che, prima o poi, dovrà scontare e io - e mia sorella e mio padre - con lei. incollo qui sotto un pezzo di questa roba che non è proprio letteratura, perché parla la lingua delle cose successe e non dell utopia, non della speranza.
°❀⋆.ೃ࿔*:・ frammenti sparsi °❀⋆.ೃ࿔*:・
Un giorno di giugno di qualche anno fa un uomo che diceva di amarmi osservò, con tono di rimprovero, che zoppicavo. Non me n’ero accorta. Era una zoppia quasi impercettibile, poco più di una disarmonia nel passo, un ritmo sbagliato. A lungo non se ne comprese il motivo. La sensazione era che mi si stesse seccando la gamba destra, come talvolta capita che su un albero secchi un ramo. Stavo io stessa appassendo. Morire non era più una speculazione intellettuale, stava realmente accadendo. Molto lentamente e prima del previsto. Lasciandomi forse il tempo di scrivere in presa diretta del giardiniere di fronte alla morte.
Cos’è cambiato nel mio rapporto col giardino?
È cresciuta l’empatia. La consapevolezza che, non diversamente da una pianta, io pure subisco i danni delle intemperie, posso seccare, appassire, perdere pezzi, e soprattutto: non muovermi come vorrei. Lungi dal vedermi come colei da cui dipende il benessere del giardino, mi so esposta alle contingenze, vulnerabile. Se il giardino era stato il luogo dove contemplare metamorfosi e impermanenza, adesso l’accelerazione della corrente mi costringe a rendermi conto di esservi io stessa immersa. Non sono più un osservatore esterno, qualcuno che dispone e amministra. Mi trovo io stessa in balia. Questo ispira un sentimento di fratellanza col giardino, acuisce la sensazione di farne parte. Altrettanto indifesa, altrettanto mortale. Meno sola, in un certo senso. Altrettanto sola?
Adesso che mi sento come uno di quegli scarti, provo una serenità diversa, una serenità per la prima volta vera e profonda. Sprigiona adesso che il corpo ha perso un poco del suo spessore.
La leggerezza interiore nasce forse dal sentirmi libera dalla zavorra terribile del futuro, indifferente al cruccio del passato. Immersa nell’attimo presente, come prima mai era accaduto, faccio finalmente parte del giardino, di quel mondo fluttuante di trasformazioni continue.
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