Tumgik
#sto post non finiva mai
Note
Ciao, so di star raccontando questa cosa a caso ad una persona che non conosco e non so neanche che risposta cerco, ma non ho altre persone con cui parlarne e non vivo in modo sereno. Ho avuto una relazione di un anno che è finita poco più di un anno fa, il motivo per cui è finita è che non potevamo stare insieme perché dalla mia parte era una relazione nascosta, non potevo avere l’appoggio di nessuno, sarebbe andata avanti così, non potevo raccontarlo a nessuno perché non l’avrebbero mai accettato e mi sarei anche messa nei casini. Ti spiego meglio: eravamo due ragazze innamorate, io non credo di essere attratta dalle ragazze, dopo che è finita con lei non riesco più a provare interesse in un’altra ragazza, ma solo sui maschi. Il punto è che non riesco a dimenticare lei… dopo che è finita non è stato un periodo sereno per entrambe, due giorni dopo che mi ha lasciata me ne sono andata via, ho cambiato città e la mia vita ora è molto diversa. Noi continuavamo a sentirci a giorni perché sentivamo di avere bisogno l’una dell’altra, anche solo a sapere come stavamo ma puntualmente si finiva a litigare di brutto e penso capitasse perché non riuscivamo a trovare il modo per stare insieme e scaricavamo la colpa ognuna all’altra. Lei comunque non poteva raggiungermi per diversi motivi. Abbiamo smesso di sentirci definitivamente solo tre mesi fa, un giorno ci siamo viste, dopodiché ci siamo sentite per tre giorni ma sapevamo che i problemi non sarebbero cambiati e in più io dovevo ripartire per tornare dove adesso vivo. Io comunque ho cercato di andare avanti, mi sono messa in gioco con altre persone ma con scarsi risultati, metto sempre a confronto le nuove conoscenze con lei, queste conoscenze finiscono e puntualmente ritorno a lei. Non c’è giorno che io non la pensi, sto sempre a cercare sui social qualcosa che mi porti a lei, anche se ormai non trovo più nulla, sono tre mesi che non so più nulla di lei. Io non capisco perché me la sto vivendo così questa situazione, ho accettato il fatto che è finita, ho messo in conto il fatto che dobbiamo stare lontane per il bene di entrambe, non dico che ci sto ancora malissimo, il fatto di essere lontana anche di città dai lei penso mi abbia aiutata molto, ma perché io non sono serena? Perché sto sempre lì a pensare a come sia andata? Ho continuamente il pensiero che magari ci sia un’altra persona a renderla felice, ho paura un giorno di scoprire che si sia fidanzata nonostante sono la prima ad aver provato a cercare la felicità in qualcun altro e ormai so che lei non sarà più la mia persona
voglio risponderti bene e come si deve, perché capisco fino in fondo ciò che provi. Perciò ora mi ci metto e rispondo tramite un post, va bene? Tieni d’occhio il blog
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HCS-La Squadra's Dictionary, where are they from?
Melone
Tuscany, (???)
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Nobody on his team knows which city he really comes from. To be precise, nobody on his team knows his full backstory.
One thing is for sure, though: Melone was born and raised in Tuscany.
Why are his teammate so sure about him being Tuscan?
Easy. When Melone speaks, everyone can hear the infamous "Gorgia Toscana" ( Tuscan throat).
The "Gorgia Toscana" is a phonetic phenomenon governed by a complex of allophonic  rules characteristic of the Tuscan dialects.
The gorgia affects the voiceless stops /k/ /t/ and /p/, which are pronounced as fricative consonants in post-vocalic position (when not blocked by the competing phenomenon of syntactic gemination): /k/ → [h] ; /t/ → [θ] ; /p/ → [ɸ]
E.g "Coca cola" → "koʊkə ˈkoʊlə" becomes " hoʊkə ˈhoʊlə".
Melone speaks using different kinds of Tuscan dialects.
Sometimes people think He's Fiorentino (Florence) by the way he flirts with girls. However, the lavender man also uses the 'boia deh, bimbi' when he feels in a 'ganzo' (cool) mood, which is part of Livorno's dialect.
Most of the time, he speaks like someone from Siena. That's why his friends tease him by saying he's from 'Poggistronzi' instead of 'Poggibonsi'.
Ghiaccio directly calls him 'Pisano di merda.', which is the worst thing you can say to someone from Tuscany (who wasn't born in Pisa of course).
According to Illuso's latest gossip, Melone was born in Pisa and does everything he can to hide it. Illuso heard him saying the expressions "ninì" and "nina" a thousand times, which are commonly used in Pisa.
Is he a communist or just Tuscan?
Melone occasionally salutes his teammates by raising his fist while saying "'hompagni" (comrades). He's 100% goliardic when he does that.
Melone puts some blasphemies here and there when he speaks, but they are NOTHING compared to Ghiaccio's.
Favorite expressions (dialect):
"Hai fatto di morto bene" (You did good!)
"Maremma Diahola/Buhaiola/Maiala" (Goddamit!)
"Gliè Ganzo!" (Cool!/That thing is cool)
"Boia deh" (filler word used in Livorno)
"Ir tegame de tu ma' " (motherfucker)
"Oi bimbi" (hey guys)
"OH BISCHERO!" (You dumbass!)
"Un poi dahe de grullo a me!" (You can't fool me)
"S'addì d'andà..." (we should go...)
"T'ha detto stecco te! un la fo' la fihura der becco." (easy for you to say, I'm not going to do that.)
"Voi fahe i'cche vi pare" (You do you.)
Melone looking in the mirror after a mission just to notice his clothes are ruined:
"Io un ci vengo conciaho 'osi!! 'Ome le troho le mamme a Babyface se sembro usciho da un filme di Dario Argento!!!"
( I am NOT going out looking like this!!! How am I supposed to pick up MILFS looking like I came from Dario Argento's latest movie?!)
Melone when his laptop freezes:
"Sto trohiaio s'è inceppato n'artra vorta..."
(My 'shitface''s froze again...)
Ghiaccio
Veneto, (Vicenza)
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Ghiaccio was born in Vicenza, but his mother is from Verona.
Illuso teases Ghiaccio by saying that he is that kid from Vicenza who participated in the 1994 edition of "Lo Zecchino d'Oro", an annual international children's song competition. To watch the meme, click here → Vicenza
Illuso:" Ziofà Ghiaccio, cosa c'è di bello a Vicenza già?"
(Hey Ghiaccio, What's something good you have in Vicenza?)
Ghiaccio: "CHIEDIMELO UN'ALTRA VOLTA DIOPORCO, FIOL DE UNA TROIA. ABBI LA SPACCIATAGGINE DI CHIEDERMELO N'ARTRA VOLTA, MALEDETTO IL DOPPIO DIO. VAI IN FIGA DE TO MARE."
(I DARE YOU TO ASK ME ABOUT THAT SHIT ONE MORE TIME, ONE MORE TIME, YOU SON OF A BITCH. GET FUCKED, YOU STUPID CUNT.)
Ghiaccio spent his teenage years in Padua where he studied at 'Camerini Rossi' high school.
In Padua he learned to appreciate alcohol.
Ghiaccio is an Aperol Spritz and Campari Spritz enjoyer. He also drinks Cynar.
Le 'bestemmie'. (Blasphemies) are part of Ghiaccio's cultural and linguistic heritage. In Veneto, Blasphemies are not seen as curses, but rather as "filler words".
He's a Germano Mosconi fan.
Italian blasphemies are usually referring to catholic biblical figures, e.g. God, Virgin Mary, Jesus etc…
Veneto, together with Friuli and Tuscany, is one of the regions where the percentage of blasphemies is really high.
Ghiaccio can get really creative with blasphemies.
Melone says that Ghiaccio doesn't swear. He's just engaging in reasoned conversations with the Almighty.
Favorite expressions (dialect)
"Dai,Tosi." (C'mon guys.)
"Tasi.Dioporco." (Shut the fuck up.)
"Copate." (Die.)
"Te fàsso vedar che ora che se." (You're going down, fucker.)
"Va’ in móna." (Go fuck yourself.)
"Vara sto móna se gli ha da inferocirme, diocàn." (This fucker is getting on my nerves.)
"Chi se ne ciava." (Who cares.)
"Ma ti se sbregà?" (Are you dumb?)
"Magnasborae." (Jizz eater.)
"MA CHE OOOOOO..." (WHAT THE HELL!??)
"...A LE TOCA BERE COME UNA GORNA, DIOCÀN." (WE GOTTA DRINK LIKE IT'S THE END OF THE WORLD.)
Ghiaccio leaving a voicemail to Melone when he's late:
"...te lo dico con calma Melone: Dio Böia BASTA CIAMARME, MALEDETTO IL DOPPIO DIO! Dio Böia, adexo son qua, dioporco, che quanto te vè te facio gli oci neri-MA CHE OOOOOO! è un quarto d’ora che ti sto aspettando-ti ho detto:vieni alle sei, diocane ignorante deficente…"
(...I'm saying this in the calmest way possible: Why THE FUCK DID YOU CALL ME? YOU STUPID CUNT! Now I'm stuck here-the moment I catch you up I'll beat the shit out of you, Melone!! WHAT THE HELL?!? I've been waiting for 15 fucking minutes-I've told you: Come at six, you stupid cockteaser, motherfucker...)
Formaggio
Lazio, (Rome)
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Formaggio was born in the Centocelle district.
Knows how to properly cook 'Carbonara' and 'Spaghetti cacio e pepe'
Romanesco D.O.C
Says "AÒ" to start EVERY sentence.
Definitely NOT from Roma-Nord.
When He was a teen, Formaggio used to hang out in the Parioli district, only to bang a couple of young chicks from rich families.
Definitely NOT a Pariolino. (a native or inhabitant of Parioli · (informal) a person with a bourgeois standard of living and right-of-centre politics.)
Favourite expressions (dialect)
"Daje!" (Let's do this!/let's go)
"'Ndo cojo cojo." (I don't really know what I'm doing but I'm doing it.)
"Stacce." (It's the way it is. Whether you like it or not)
"Che tajo!" (So cool!)
"M'arimbarza." (I don't care.)
"ME STO A TAJÀ!" (I'm dying of laughter!)
"Stai a sgravà." (You got it all wrong.)
"Me stai a cojonà?" (Who are you trying to fool?)
"Accanna. Accanna i gheims." ( Whatever you're doing. Stop it.)
"È na crema" (that's top notch)
"FIODENA" ( Linguistic contraction for "fio de 'na mignotta", son of a bitch.)
"Lo sto a fà" ( literally means: 'I'm going to do that' but it's used to express the opposite: 'Don't kid yourself, I'm not going to do that.)
"L'ho già fatto." (Now I'm DEFINITELY not going to do that)
"Sta pischella m'assangua." (I really like this girl.)
"Te dò una pizza che t'arestano pe' vagabondaggio!" (I'm gonna slap you out of this world.)
"Sei proprio da 'a Lazio." (This is the worst thing a Romano could say to anybody.)
"Mecojoni." (Damn)
"LI MORTACCI TUA" (Go fuck yourself)
"MANNAGGIA AR CORE DE CRISTO!" (Blasphemy)
Formaggio praising Illuso's cunningness
"Sei tarmente fijo de 'na mignotta che li papponi te stanno a cercà pe' offritte 'n lavoro."
(You son of bitch, you did it again.)
Formaggio driving with Ghiaccio
"AO', ma che è bisestile 'sto semaforo?"
(This red light is lasting more than 'Beautiful People')
Ghiaccio:"tasi diocancaro."
(Shut the fuck up.)
Formaggio criticizing Melone's babyface
"Sta maghina è pormonitica. Che c'hai preso un virus pe vedè tutto quer porno?"
(This thing is so slow. Are you sure you didn't catch a virus watching all that porn?)
Melone:"Boia deh, un se po' lavorà 'hosì."
(For god's sake, I can't work like this.)
Bonus: Monetary Units in Romanesco
'NA PIOTTA /PAIOT: monetary unit corresponding to 100 lire or 100.000 lire.
UN MILLANTE/UN SACCO: monetary unit corresponding to 1.000 lire.
'NO SCUDO: monetary unit corresponding to 5,000 lire.
'NA FELLA: monetary unit corresponding to 100.000 lire.
'N BOCCOLONE/'N TESTONE/'NA BRANDA/'NA FRONDA: monetary unit corresponding to 1.000.000 lire.
Illuso
Piedmont, (Turin)
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He was born in Turin, but also worked as a model in Milan during his teenage years.
Illuso loves Milan but is always second to Turin.
Adds "già" at the end of every question.
"Roma provincia, Torino capitale" (Rome is a province, Turin the capital.) says EVERY Torinese ever. This sentence is written on many walls in Turin.
Anything under the 'Po' river' is 'Africa'.
Constantly harasses his teammates from the South by saying " Sotto al Po', tutti terroni".
Would never directly call Risotto 'terrone' (and neither would Ghiaccio) cause it may sound pretty offensive.
Illuso drinks the 'tamango' a cocktail with rumored hallucinogenic abilities that everyone loves.
Always argues with Ghiaccio that "Le Panche" Cocktail bar is better than any "Bacaro Tour".
Almost died when a GTT bus caught fire. This happens at the rate of one every 6 months.
Illuso is fond of 'Cri Cri' , hazelnut chocolate candies covered in sugar granules.
He heard that they are going to held '2006 Winter Olympics' in Turin and he's totally bragging it with Formaggio.
"Roma? Dove stava Roma già? È forse una provincia?" (Rome? I don't know her. Is it some kind of province?)
Favourite expressions (dialect)
"Non mi oso/non si osa." (I would never.)
"Com'è?" (how are you?)
"Ziofà." (filler word.)
"Boja faùss." (this clever imprecation historically substitutes a terrible blasphemy)
"Vate caté na mola!" (Go fuck yourself!)
"Fatti furbo." ( Get a grip/ stop talking nonsense.)
"Boh." ( I don't know.)
"Neh." ( True dat.)
"E bon." (That's it.)
"Piciu!" (dumbfuck!)
"Pirla!" (Milanese version of 'piciu')
"Preso bene/male." (I'm having/NOT having fun)
"Facciamo che..." (Let's...)
"Mica hai voglia di..." (Would you mind...)
"Oh basta là." (Quit it!)
"Cerea." (Goodbye)
Risotto
Sicily, (Messina)
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Risotto was born in Messina.
He speaks almost exclusively messinese (dialect of Messina). He began to speak proper Italian only when he became the leader of his team and could only be understood by one member, Prosciutto.
Messina has an historical rivalry with Palermo.
Some typical features of the Sicilian dialect are also present in the dialect of Messina, together with some dialectal peculiarities shared with the dialect of Reggio Calabria:
A unique feature of the Messina dialect is that the 'i' in unstressed syllabes that are not positioned at the beginning of a word is pronounced /ɨ/:
e.g.
Missina /mɨˈsːina/ "Messina" > missinisi /mɨsːɨˈnisɨ/ "Messinese" (and not /misːiˈnisi/)
Favourite expressions (dialect)
"Ma fai u seriu, vaia, babbu." (Are you serious? Stop talking nonsense, you dumbface.)
"A ietta sangu." (lit. Bleed to death)
"Non ti scantari." (Don't be afraid)
"Babbiddiu." (Dummy.)
"Baciannicchiu." (Stupid.)
"Ma pensu..." (I think so...)
"A cauci’nto culu!!" (Quickly!!)
"Non ni inchiri i pila." (Stop bothering me.)
"A viri sta manu? a vo virri cu zum?" (You see this hand?Wanna get a closer look?)
"Vidi mi ti fazzu fari Messina-Palemmu vulannu." (I'll slap you so hard that I'll make you fly from Messina to Palermo).
"Ti ni ghiavu una chi pi ghiavartini n'autra ta ciccari cu la scientifica." (I'll give you a slap, so hard that to give you another I have to look out for you with forensics.)
"Si non ti stai fermo, ti fazzu tornare cu casciabancu." (Quit it or I'll make you sleep in a casket.)
"Vogghiu i provi, cca' i vogghiu." (I want proofs. And I want them here and now.)
"Voi vidiri comu vegnu docu e ti pigghiu a tumpulati?" (Want to see me come there so I can start beating you?)
"A mia mi pari na pigghiata pu u culu." (This is fucking fraud.)
"Ti manciu l’anma." (You're dead meat.)
"MANNAIA LA CULONNA" (this clever imprecation substitutes a terrible blasphemy)
Risotto explaining that the target is in a very far away location
Formaggio: Aò, 'ndo stà er cojonazzo?"
(Where's our next target?)
"Casa di ddiu"
(Miles from anywhere.)
Formaggio:"Mecojoni."
(Of course.)
Risotto teaching Pesci how to park
"Quannu senti a’ bbotta, rruasti."
(When you hear the car bumping, it means you're arrived at your destination)
Risotto reproaching one of his team members
"Ma cettu chi tu matri era mbriaca quannu ti fici."
(Your mother was definitely dead drunk when she conceived you.)
Risotto tired of hearing about Formaggio's latest affair
"Ma l'hai u pottu d'ammi pi sparari sti minchiati?"
(Do you have a gun license just to shoot the shit?)
Risotto when there's too many people in the room:
"Semu chiù sai di cani i Brasi"
(There's too many dogs in here.)
Prosciutto
Sicily, (Palermo)
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Born in Palermo from a family associated with Cosa Nostra.
Illuso defines him as a "terrone ripulito" because even if he does not often speak in palermitano, he has a really thick accent.
Risotto once said to him: "Non sirvi chi parri tischi-toschi, si sente di dove si.). With the expression "Tischi toschi" (which literally means:'like the Tuscans') he straight up told him that it's useless for him to hide his accent and to pretend he comes from the north.
Prosciutto always tries to speak proper italian, but when he gets angry, he resorts to palermitano.
Palermo and Messina hate each other, but Prosciutto has nothing but respect for Risotto.
Since palermitano is another diatopic variety of the Sicilian dialect, it has a lot of things in common with the messinese.
A lot of expressions are actually shared by both dialects. So it's not rare to hear Prosciutto and Risotto saying the same things with some little phonologic differences.
Favourite expressions (dialect)
“Amunì” (Let's go!)
"Si na camurrìa" (you're a nuisance)
"Ma va scassacci ‘a minchia." (Stop bothering me.)
"Si nuddu ammiscatu cu nente." (You're worthless.)
"Si na negghia." (You're a good for nothing.)
"Muoviti ddruocu" (Don't move.)
"Cca sugnu." (I am here, I take life the way it is.)
"Suca" (lit. suck it.)
"Bedda Maaaaatri!" (Imprecation.)
"Va ecca u vilianu" (Die.)
"I buscaisti mai a st'ura." (Have you ever been beaten at this time of the day?)
"Ti pigghiu pi capiddi e ti fazzu fari Palermo-Catania tipo Via Bandiera" (I grab you by the hair and then I'll drag you from Palermo to Catania like Via Bandiera)
"Ti dugnu na boffa ca ppi daritinni n'autra t'avi a veniri a circari a scientifica" (I'll give you a slap, so hard that to give you another, I have to look out for you with forensics.)
"Si cosa 'i manciariti cca e ghiriti a cacare a Morreale" (You suck).
"Tu scuiddasti quannu l'acqua ri puzzu ti paria champagne?" (You're too fussy/picky).
Prosciutto and Risotto in a normal corversation:
"Chi ci riri a minchia?"
(Why the fuck you laughing?)
"Picchi a minchia riri?"
(At least I can fuck.)
Pesci
Campania, (Eboli)
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Pesci grew up with his nonni in Eboli, but after their death he spent all his adolescence in Naples.
He loved his nonna more than anything else.
"Ua" to express every kind of emotion.
He wasn't exactly the smartest kid at school, but he always had a good nature.
Pesci has some problems speaking correct Italian.
His Italian teacher used to slap his fingers with a rule when he got a conjugation wrong.
A Zizzona enjoyer. (it's a kind of mozzarella)
He would drink coffee at anytime of the day. Risotto and Prosciutto do this too.
In Naples, he moved into the Le vele di Scampia neighborhood.
Le vele di Scampia was known to be one of the most dangerous blocks in Naples because of the Camorra.
Pesci started smoking since he moved to Scampia.
"Carlo Levi ha scritto 'Cristo s'è fermato ad Eboli' perché non ha mai visto Scampia" (Carlo Levi wrote 'Christ Stopped at Eboli' because he never saw Scampia)
Napoletano and Salernitano (and its variation: Ebolitano) are probably the richest dialects in expressions.
Pesci making an overnight snack at 3 a.m.
"STO FACENN NU MARONN E CACIO E MACCARUN E NESSUN HA DA SCASSA' U CAZZ."
(I'M MAKING FUCKING MAC AND CHEESE AND NOBODY CAN STOP ME.)
Pesci after seeing Ghiaccio slipping on his own ice:
"Agg pariat a vita mij, sto murenn!"
(I've never had so much fun in my life! Now I can rest in peace...)
Pesci whispering to himself after being unfairly reproached by Prosciutto
"...par o cazz"
(You dumbass...)
Pesci when Melone hasn't pronounced a "C" because of his thick accent, and nobody has understood a single word.
"tien a guerr n' cap...fa pac co'c'rviell"
(Make peace with your brain because you're so confused that you can't understand your own words.)
Pesci when someone underestimate him
"O scè ij teng e spall o cupert, e capit a chi apparteng?"
(Don't you know who I belong to?)
Pesci when asks for something to Risotto or Prosciutto
"mai pu cumann."
(Please, don't feel obliged to.)
Favorite expressions (dialect)
"Uè, fratm!" (Yo Bro!)
"Agg capit..." (Got it...)
"Jamm bell!" (Let's go!)
"Uanm" (I don't know. No seriously, I literally have no idea about what's going on)
"Aumm Aumm" (To do something in a sneaky way)
"Facimm a croc" (Like it or not, we gotta deal with it)
"Ma over faj?" (Are you serious?)
"Ch cazz t uadd?" (What you looking at?)
"Si na lota" (You're dumb.)
" Vuò fa question?" (You wanna fight?)
"M staj abbuffann la uallera" (You're boring me)
"Sto prorij na chiavc" (I feel sick/I'm in pain)
"Foss a maronn." (I hope so.)
"Accusì nun va'..." (That's no good...)
"Uagliò!" (Dude!)
"Agg semb trmmat e fridd, maij e paur." (Ironical: "I'm shaking with fear, I'm so scared!")
"A 'bbona 'e Dio." (Whatever happens...)
"Teng o' cor' ind o zuccr." (I think I'm in love.)
"Assa fa a maronn." (Finally...)
"...lo dici a 'soreta!" (Typical comeback that can be translated as: your sister!)
"Stamm nguiat." (We're screwed.)
"Chella granda zompapereta e mammeta." (Your mom's a big bitch.)
"M' agg scassat u cazz." (I'm fucking done.)
"SFACCIM!" (Typical imprecation)
"Accideti!" (Die.)
"Vafammocc a mammeta." (Son of a bitch!)
"Chittammuort." (Go fuck yourself)
"Omm e merd." (Piece of shit.)
"Cap ‘e cazz." (Shithead.)
"MARO'." (Damn!)
"Chiav’t a lengua ‘ncul, Strunz"(Shut up, fucker.)
"Va' a fa na casc e bucchin." (Go deepthroat everyone in your town.)
"Mamm ro carmmn" (typical imprecation)
"LEVT A NANZ!!" (Get out of my way!)
"MANNAGGIA U L'ENT CRIST!" (This clever imprecation substitutes a terrible blasphemy.
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palmiz · 2 years
Text
15 febbraio 2021 , Italia.
"Questo è il messaggio che il 15 febbraio invierò a tutti i miei contatti.
Da dicembre per lo Stato non ho il diritto di salire su un treno, su un pullman, su un aereo, non ho il diritto di entrare in un bar, di andare al ristorante, di dormire in un albergo, di entrare in una piscina o in un museo. Dal 1 febbraio non ho il diritto di entrare nei negozi, in banca, alle poste. Da oggi, 15 febbraio, non avrò più il diritto di lavorare e guadagnarmi da vivere. Mi è rimasto il diritto di entrare nei negozi alimentari e quello, nel caso non avessi qualche risparmio da parte, di morire di fame. Mi è rimasto anche il dovere di pagare le tasse. Divieto in più divieto in meno, in questa situazione si trova oggi qualche milione di persone in Italia, molte delle quali impediti di lavorare.
E’ una tua scelta, magari penserai, basta vaccinarsi e tutto finisce.
E’ vero. Proprio come era una scelta dei professori degli anni ‘30 la loro espulsione dalle Università, bastava prendere la tessera fascista e tutto finiva. Ed era una scelta dei cristiani la loro persecuzione, bastava sacrificare all’Imperatore e tutto finiva. Che dire poi di chi sceglieva di farsi torturare dall'Inquisizione, bastava abiurare e il dolore finiva. E oggi non è forse una scelta quella della donna di subire violenza sessuale? Basta concedersi all’aggressore è la violenza sparisce. Strani tempi questi, in cui se qualcuno minaccia di farti saltare la vetrina se non gli dai 100 euro lo chiami mafioso ma ti sembra normale che lo Stato privi dello stipendio chi non fa del suo corpo quello che è stato deciso dall’alto per lui.
Forse l’istinto ti fa dire che sono cose diverse. Lo sono, con elementi in comune: violenza e discriminazione per ragioni politiche. Se pensi che in questo caso ci siano invece delle ragioni mediche, mi spiace, non sei informato. Non ce ne sono mai state, era noto alla comunità scientifica ben prima che queste misure venissero inserite, ma ora tutti, persino i virologi di corte, lo ammettono candidamente in TV, questa settimana Crisanti e Bassetti.
Allora anche l’obbligo delle cinture di sicurezza è una discriminazione, ti sento ribattere. Davvero? Ti sembra la stessa cosa indossare delle cinture per qualche minuto o qualche ora e accettare un trattamento sanitario sul tuo corpo che ha esiti permanenti, esiti che le case produttrici dichiarano di non conoscere? E soprattutto: ti sembra che la pena prevista per non indossare le cinture sia paragonabile a quella che subisce chi non accetta di subire questo trattamento?
Ti chiederai perché sto scrivendo a te questo messaggio. Lo sto inviando a tutti miei contatti, senza escludere nessuno. So che raggiungerà tanti nella mia stessa condizione, che magari lo adatteranno e lo inoltreranno a loro volta. Raggiungerà altri che a questo ricatto hanno dovuto loro malgrado sottostare e altri che condividono ciò che scrivo e che pur non essendo nella mia situazione si stanno adoperando per fare cessare questo abominio. Ma il messaggio raggiungerà anche persone che lo accoglieranno con fastidio, alcune con molto fastidio. E’ a loro che soprattutto mi rivolgo.
Vedi, questa infamia finirà e i responsabili pagheranno per le loro colpe, come è sempre avvenuto nella storia quando lo Stato si fa tiranno. Ma nella storia è anche sempre avvenuto che la gente comune fuori dai palazzi se la sia poi cavata con queste frasi: non me ne ero accorto, avevo sottovalutato, non ero informato bene, non lo sapevo.
Ecco. Ora lo sai".
Italia, 15 febbraio 2022
Alessandro Bagnato
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fromthefishbowl · 3 years
Note
Ciao, mi puoi riassumere cos'è successo nel fandom di tog? L'ho visto due giorni fa per la prima volta, l'ho amato, entro sul tag di tumblr per vedere se c'è un fandom e ci sono post su post di lamentele e indiretti e accuse? Scusa e grazie mille
Madonnina santissima, ma certo! Però, guarda... preparati perché è una roba lunga, l'odissea della cazzata. Ho aggiunto il taglio perché altrimenti veniva fuori una lista della spesa che non finiva più.
Quindi è andata così:
Il film esce a luglio e ci sono due blogger che iniziano già a lamentarsi del fatto che la gente è razzista, il film è razzista, le fanfiction sono razziste, l'arte è razzista. Queste due persone sono Lazaefair e Len - lgbtmazight -, che iniziano a scrivere post su post su come scrivere/disegnare Joe e a puntare le dita contro la gente che, secondo loro, è razzista;
Len dice di essere marocchina e quindi si impone come figura cardine del fandom: tutti devono passare da lei, tutti devono rispettare lei, tutti devono ascoltare quello che dice e guai a non rispettarla perché lei è marocchina e musulmana ed è cresciuta povera circondata da gente come Marwan/Joe;
In poco tempo attorno a loro due si forma un gruppetto di ammiratori, per lo più americani e nord europei. Gli italiani vengono considerati praticamente feccia e razzisti per principio, al punto che 'sta gente si lamentò più volte del fatto che gli scrittori non rappresentassero Nicky come razzista - che???? Boh???? - e che questo volesse dire che rifiutavano di riconoscere la storia delle Campagne di Italia - che... boh, di nuovo. La figura di riferimento per come scrivere Nicky diventa Polarcell, che è finlandese;
Praticamente il succo del discorso diventa: se scrivi Joe come attivo, allora sei razzista. Joe non può prendere l'iniziativa, deve essere sempre passivo, non può essere violento, arrabbiarsi, essere geloso, negativo, non essere al centro dell'attenzione. Perché? Perché altrimenti l'autore lo sta scrivendo come uno stereotipo razzista! Nicky attivo, stupido, ignorante, sporco, arrabbiato, aggressivo, invece va bene perché ricalca le dinamiche del colonialismo. Quando uno degli headcanon più popolari del fandom era che Nicky fosse autistico, 'ste menti fecero un casino della Madonna dicendo che non era giusto e che Joe dovesse essere quello autistico dei due;
Il server top!Joe viene fondato come rifugio per proteggere tutti gli scrittori e artisti che venivano costantemente accusati e presi di mira da questo gruppetto. Lo scopo del server non è di dire che non c'è razzismo nel fandom, ma di lasciare un po' di spazio alle persone a cui piace la dinamica Joe attivo/Nicky passivo. Ovviamente, il gruppetto detesta l'idea e inizia ad accusare i mod del server di essere bianchi razzisti, come osano, chiunque entra nel server è razzista, eccetera eccetera. La fondatrice del server si trova costretta a dire che lei non è bianca e che è musulmana per fare sì che la piantino di darle addosso;
A un certo punto entrano nel fandom due blogger nord africani, che scrivono post informativi riguardo il posto, la cultura, le tradizioni, offrono traduzioni, e tutte queste cose qui. Entrambi vengono ricoperti di odio e gente che dubita della loro identità, fino a che entrambi non decidono che non ne vale la pena e abbandonano il fandom. L'unica persona la cui validità non viene mai messa in discussione, è Len;
In un server chiamato All&More, Lazaefair si mette a litigare con una ragazza ebrea riguardo alle scoperte scientifiche fatte durante la Shoah, e se ne esce con una roba tipo "Eh, ma viviamo nella terza dimensione e quindi possiamo anche ignorare come queste scoperte sono state fatte";
Qualche giorno dopo, sempre Lazaefair posta una lista di fanfiction con Joe attivo, mettendo tutti i link e praticamente presentandola come un invito per i suoi follower di andare a lasciare commenti negativi sotto suddette storie. Quando sia a lei che ai suoi seguaci viene chiesto che cosa avessero di razzista quelle storie e se fosse possibile citare pezzi di 'sto benedetto razzismo, i seguaci non sanno cosa rispondere e Lazaefair stessa ammette di non averle lette. Il server di All & More, dove Lazaefair era una delle regine, perde utenti e, ad oggi, è apparentemente sempre vuoto;
Io scrivo un post sul perché non è una buona idea scrivere Nicky come mafioso, Len e i suoi follower iniziano a prendersela con me. Con l'opzione anon, Len passa due settimane a mandarmi minacce e insulti che, guarda un po', terminano nel momento esatto in cui la blocco. Al tempo avevo dato un'occhiata al suo blog, e la puzza di cazzara era arrivata praticamente subito, però boh, decido di ignorarla che è meglio;
Passano i mesi, il server top!Joe organizza un evento chiamato "Top Joe Pornathon 2021", e non è particolarmente differente dagli eventi che si organizzavano ai tempi su LiveJournal o in altri fandom: ci sono dei prompt e la gente è invitata a scrivere/disegnare quello che voleva purché seguisse questi prompt. Se si riempie un prompt per categoria e si scrivono/disegnano più di tot parole/disegni, allora si riceve un premio alla fine. Ovviamente, il gruppetto non è contento perché l'evento organizzato da loro il mese prima non aveva fatto tanto successo;
Il giorno dell'inizio dell'evento, all'improvviso tutti i membri di 'sto gruppetto si mettono a parlare di razzismo, di quanto sia razzista l'evento, di quanto siamo kattivih per voler partecipare, e tutte 'ste cose qui. Lazaefair se ne esce con una seconda lista: c'è un modo, su Ao3, per poter bloccare gli utenti che non vuoi vedere, e lei crea una lista di X persone che hanno annunciato che parteciperanno all'evento - inclusa moi -, ma invece che scrivere i nomi utenti, usa i numeri ID dei nostri profili, che non danno alcuna indicazione su chi siamo e non c'è proprio modo di scoprirlo tramite la ricerca, e invita i suoi follower a "bloccare 'sta gente maligna senza fare domande";
Lo scazzo a 'sto punto è tanto, ma davvero, davvero tanto;
Len, nel frattempo, scrive post in cui dice che la gente ha diritto a difendersi da noi kattivih razzysty e posta screenshot di vari post Tumblr della gente finita sulla lista, con il loro nome utente ben in vista, per invitare i suoi follower a dare loro fastidio;
Dato che a 'sto punto mi ha ampiamente rotto i coglioni, inizio a bisticciarci e a citare direttamente la roba che lei stessa ha scritto riguardo alla rappresentazione di Joe. Quando non riesce più a rispondermi perché pure lei sa che sta dicendo cazzate, scrive 'sto post lunghissimo su come lei sia una povera vittimah;
Decidiamo comunque di goderci il nostro evento, perché chiaro che questi non stanno bene col cervello e devono loggare fuori da Tumblr di tanto in tanto;
E poi, tipo due settimane fa, viene postato 'sto post lunghissimo su Len con un sacco di screenshot e prove del fatto che lei ha mentito su tutto: non è marocchina, non è povera, non è musulmana, non parla arabo manco per sbaglio. Praticamente la voce cardine del fandom, quella che andava in giro insultando tutti quelli che non prendevano la sua parola come oro colato e che chiamava gli italiani colonizzatori razzisti, è una "mocciosa" francese e cristiana di quasi trent'anni cresciuta col culo nel burro, un sacco di soldi, bianca come la morte, con un quarto di sangue marocchino, e che non ha mai vissuto in Marocco;
Delirio, caos assoluto;
Un sacco di gente si fa avanti e dice che pure loro sono stati torturati da Len, uno dei blogger nord africani torna per dire che non ha dubbi che Len e i suoi follower fossero le persone che l'hanno tormentata per mesi e che sicuramente Len l'ha fatto perché intimorita dal fatto che ci fosse gente davvero nord africana che avrebbe potuto notare che stava scrivendo minchiate;
I suoi seguaci all'improvviso smettono di postare. Non si scusano, non dicono niente, ma in un server segreto creato per "rendere il fandom un posto migliore" minacciano gli utenti di non diffondere il post. Un utente si rompe i coglioni e abbandona il server, scrivendo un lungo post riguardo a quello che stava accadendo lì dentro;
I seguaci di Len sprofondano ancora di più nel silenzio. Alcuni usano account secondari per andare a insultare la gente, altri stanno zitti, altri ancora fingono che tutta 'sta cosa sia stata causata dal razzismo imbizzarrito che c'è nel fandom. Nessuno si è scusato, nessuno ha detto che loro una persona antisemita non la supportano. Praticamente si sono condannati da soli pure lì;
Insomma... la frittata è stata fatta: la persona che hanno usato per mesi per bullizzare e infastidire gli altri si è rivelata essere una falzah e adesso sono nella merda perché hanno mandato minacce di morte alla gente pensando di essere nel giusto perché avevano la sua autorizzazione.
Ah, e a un certo punto ha apparentemente finto di essere cinese per fare la stessa roba in un altro fandom? Roba che, davvero, io boh. Devi stare male per fare cose così.
Comunque... il fandom c'è, scrittori e artisti sono sopravvissuti, gente nord africana c'è ma devi guardare bene, di italiani attivi ci siamo io, @/zambomarti, e @/giotanner - e probabilmente gente che non ricordo perché ho una memoria della minchia o che gironzola ancora per il fandom ma non è più tanto attiva a causa di tutte ‘ste menate.
Ti consiglio di bloccare tag come “tog discourse”, “the old guard discourse”, e cose simili se non vuoi vedere quella roba, e onestamente non ti biasimerei se lo facessi.
Ma comunque... c’è da divertirsi. Cioè, lo so che tutto quello che ho scritto qui sopra sembra una tragedia greca e onestamente pure disgustosa, ma ti assicuro che, a parte svariati momenti di dramma - e minacce di morte che, davvero... dio santissimo - io l’ho vissuto e lo sto vivendo benissimo. Era da anni che non scrivevo così tanto ed ero così contenta di essermi fatta un gruppo di fandom friends.
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mooonlightdevil · 4 years
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𝟷𝟶/𝟷𝟶/𝟸𝟶
sai, ti ricordi il gioco dei puzzle ?
quello che mi hai fatto scoprire tu
durante la quarantena ?
proprio quello.
sai io ci gioco ancora
quasi tutti i giorni
non so perché ma mi rilassa farli,
tutti da 400 pezzi
tutti colorati
tutti così allegri,
però è così.
li faccio durante lezione, quando ho del tempo libero
perfino mentre guardo le serie tv
assurdo.
di solito i giochi per l’ipad dopo un tot mi stancano
inizio a trovarli noiosi,
non so invece perché con quello non succeda,
non ne sono mai stufa.
mi ricordo ancora quella sera, prima di cena
in cui mi sono decisa a scaricarlo
dopo che tu avevi passato gli ultimi giorni a giocarci.
tu eri sdraiato sul mio letto e mi avevo fatta sedere tra le tue gambe
avevamo iniziato entrambi il puzzle dell’astronauta (che ora non mi risulta più così difficile) e facevamo a gara a chi lo finiva prima (modestamente avevo vinto)
con te che dicevi che ero facilitata perché lo schermo dell’ipad era più grande.
non so se tu ci giochi ancora
non credo
magari l’hai anche disinstallato.
in ogni caso io lo sento ancora come una cosa solo nostra (una delle tante).
anche perché non conosco nessun’altro che ci giochi.
oggi sono andata a fare la visita importante che ho citato nel precedente post,
quella per i continui mal di pancia,
non ti dirò che visita era e non ti dirò l’esito,
ti dico solo che per motivi di salute devo iniziare a prendere la pillola, proprio quella che mia mamma avrebbe iniziato a farmi prendere se avessimo superato i sei mesi.
ovviamente i motivi stavolta sono solo di salute e non sto qui a spiegarteli (nulla di grave), però questo fatto mi ha comunque ricordato te.
ps: posto ora perché ieri sera mi sono addormentata davanti a tvd e stamattina ero in palestra.
pps: si, nel precedente post si vedeva l’anello
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kaihime85 · 5 years
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Horizon Zero Dawn
Dopo aver completato il gioco due volte, dlc compreso, trovando tutti i files sparsi nel mondo, ma aiutandomi con una mappa trovata online per focalizzarmi su zone specifiche e non girando a casaccio per secoli, forse dovrei mollare e proseguire con un'altro titolo. Ma sono in pausa da due giorni... con l'indecisione di tentare la modalità ultra difficile per sbloccare pitture facciali e nuovi effetti focus... o mandarli a quel paese e evitare di impazzire con codesta modalità. Io detesto le cose eccessivamente complicate. Non mi piace giocare sotto stress, come scrissi in occasione di Shadow of the Tomb Raider, che infatti abbandonai in modalità difficile. Aloy è un bel personaggio, e forse per questo non sono ancora pronta a dirle "arrivederci"; ha 18 o 19 anni, ed è molto più tosta di Lara Croft. Quella giovane ovviamente... Lara-reboot non mi ha lasciato niente come personaggio, la Lara classica ha lasciato invece il segno già nel 1998 e persiste. Ma sto divagando. In realtà avrei voluto già scrivere nel nuovo blog, ma non è pronto. Sarà su blogger, e spero di mettermi sotto con l'allestimento da settembre, ma inutile faccio progetti. Intanto anche se è possibile caricare i post di questo blog, che ho scaricato in XML, la procedura è lunghissima, infinita... avevo lasciato il PC acceso un giorno, ma non finiva mai, e capisco sono tanti post, ma non è normale ci metta più di venti ore. Quindi lascerò questo aperto e collegato al nuovo. Anche se difficilmente io rileggo, o qualcuno si interesserebbe a vecchi post di scleri. Bene... non mi resta che capire cosa farò con Horizon Zero Dawn. Per fortuna che in ogni caso in modalità ultra difficile non dovrei affrontare le nuove macchine del dlc... sono veramente terribili anche in modalità normale. Soprattutto mastini e rogartigli...
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ildiariodieva · 5 years
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A(n)sia
Io credo che chiunque, almeno una dozzina di volte nella vita, si sia trovato a fare i conti con il mostro che tutti chiamano ansia.
Questo perché, sempre io, faccio parte di quelli che spesso l’hanno incontrato, il mostro, e ancor più spesso non l’hanno riconosciuto, l’hanno scambiato per qualcun altro.
Avevo forse 13, o 14 anni, non ricordo bene, so solo che facevo ancora le scuole medie, e fu lì che lo conobbi.
Non è che ci fu molto tempo per le presentazioni, semplicemente mi colse all’improvviso, come un treno in mezzo al petto, mi spezzò il fiato, e poi si mise a sedere accanto a me.
La sua mano sulla mia spalla, come per dirmi che non mi avrebbe lasciata sola, mai.
Ero piccola in quei giorni, niente di più che un’adolescente spaventa, e pensai che era normale, che non c’era niente di male, niente di cui uno si dovesse preoccupare.
Così continuai con la mia vita, accanto a quella che poi sarebbe diventata la mia più grande amica, ma io ancora mica lo sapevo.
Ansia.
Gli anni passavano ed io crescevo, ero un pochino diversa dagli altri, di questo me ne accorgevo, però non me ne curavo più di tanto.
Probabilmente il problema stava solo nella mia malinconia, che non era mica l’effetto di niente, anzi per me è sempre stata la causa di tutto.
O sicuramente di tutti i mali, i miei.
Quindi se mi mancava il respiro così a lungo da non riuscire a digerire un boccone, se mi trovavo spesso a piangere sulla stessa canzone, se non riuscivo a muovere un passo, e restavo bloccata nelle mie paure, non c’era niente che non andava, faceva tutto parte della mia natura.
Ero solo una di quelle tristi dal giorno in cui è nata, e come giustificazione questa mi è sempre bastata.
Anche perchè mi avevano insegnato che non si può restare a lungo angosciati, sta male nei confronti della società.
Bisogna mettersi dritti sulle gambe, che quelli ammaccati non piacciono nessuno, e vengono scartati.
Poi però arrivai ai 17 di anni, e quelli me li ricordo bene, perchè fu lì che mi spezzai.
Per la prima volta mi fermai a guardare indietro tutto quello che negli anni avevo faticosamente trascinato, come fosse un bagaglio necessario, non qualcosa da lasciar andare.
E fu lì che la riconobbi: in tutti quegli anni c’era sempre stata lei, l’ansia.
In ogni decisione presa, ma ancor di più in quelle su cui mi ero bloccata, quando per ore la testa andava e costruiva scenari di guerra dove gli spari sembravano così reali che arrivavo perfino a toccarmi cicatrici di ferite immaginarie.
Rimanevo incastrata nel mio inferno personale per quelle che a me sembravano interminabili ore, finché non arrivava una mano amica a tirarmi fuori da tutta quella melma, a dirmi di tornare sulla terra ferma.
Così capii che l’unico modo che avevo per sfuggire dalla mia prigione di sbarre fatte non di ferro, ma in paranoia, era quello di chiedere aiuto agli altri.
Fu lì che iniziai a parlarne, e sempre lì che iniziai a vergognarmene.
Perchè “sei abbastanza carina, piuttosto intelligente, cioè alla fine non ti manca quasi niente”, e con che diritto quindi io andavo da loro a parlare dell’ansia, che giustificazione avevo?
Nessuna.
Così iniziai a sentirmi in colpa.
Guardavo gli altri annegare nei loro problemi sempre più grossi dei miei, e correvo a tendergli la mano per cercare di far restare i corpi a galla.
Perchè io non avevo niente per cui affogare, non avevo motivo di lasciarmi andare.
Però poi la tempesta finiva, ed io invece mi sentivo sempre sballottata come fossimo ancora in alto mare.
Così la testa salpava: e se un’onda alta un metro mi dovesse colpire?
Se improvvisamente non sapessi più nuotare?
Metti che cado e le mie gambe smettono di funzionare, oppure batto i piedi ma non sono così veloce per potermi salvare.
E se poi gli altri cadono con me?
O metti che invece si salvano tutti e si dimenticano di venirmi a cercare?
Sicuramente sto per annegare, me lo sento, è così.
Passa un’ora, ne passano due, e sono ancora qui.
Forse non succede niente, forse era tutto solo nella mia mente.
Così piano piano riprendo il controllo, i pensieri tornano lucidi e smettono di esplodermi come mine antiuomo nella testa.
Ed è nel preciso istante in cui tiro il primo, pulito respiro che mi do della cretina.
Perchè io non avevo nessun motivo per affogare, nessun diritto di poterlo fare, non ci dovevo neanche pensare.
È così che ho smesso di chiedere aiuto agli altri, di chiamarli quando le sabbie mobili iniziavano a tirarmi giù.
Perchè arrivavano, e le sabbie mobili non c’erano, loro non le vedevano, non le potevano vedere.
Ero io la morsa di me stessa, e come lo spieghi a qualcuno che è da te che ti deve liberare?
Come può qualcuno venirti a cercare fra le mura del castello in aria che hai tirato su, mattone dopo mattone, paura dopo paura, nel giro di un solo pensiero?
Non può.
Ed io non ho nessun diritto di chiedergli di venirmi a salvare, perchè se la guerra è solo mia devo imparare da sola a farmela scivolare di dosso, che sui muri esterni della mia casa splende il sole.
Ho continuato a raccoglierli in alto mare, perchè non so come, ma so che di ansia si muore, ed ogni tanto mi sono trovata in un faro buio e stretto che sembrava volermi far soffocare, ma poi mi sono calmata e sono tornata a navigare.
Pensavo che in un mondo dove gli altri provavano così tanto dolore il mio stare male fosse solo uno stupido e infantile modo di sentirmi un pochino speciale.
Qualcosa di cui dovermi vergognare, un bisogno egoista: mi agitavo per cose che nemmeno esistevano, perchè probabilmente non avevo niente di meglio di cui potermi preoccupare.
Per questo motivo mi sono costruita una trincea, scavandomi la fossa con le mani, e mi ci sono barricata dietro.
Da lì potevo sentire in lontananza le raffiche di proiettili arrivare: erano sempre più rumorosi, e sempre più prepotenti, ma fortunatamente mai letali.
L’unica cosa da fare era stare ferme, rannicchiate, con la testa fra le mani ad aspettare che tutto quello schifo passasse.
In silenzio.
Senza disturbare.
Implodendo.
Senza sporcare.
Però poi un giorno sono stata colpita, una coltellata ha squarciato il velo mentre io iniziavo a sanguinare, ed è lì che ho capito che anche quello che non esiste può arrivare a fare male se in quel momento per te è qualcosa di reale.
Così ho imparato a prestarmi attenzione, a scavare dentro me per estirpare la radice del mio male.
Alla fine, l’ho trovata, ma era più radicata di quanto immaginassi - tanto da essere ancora lì.
Basta un pensiero, una sola parola, una situazione che non so controllare, e la mia testa parte, la paura mi paralizza.
Un puntino diventa una macchia, la macchia potrebbe anche allargarsi, magari è una macchia d’inchiostro, e se si spande su tutto il foglio?
Ma se invece fosse nera perchè è petrolio ed arrivasse al mare?
Sicuramente è tossica, potremmo anche morire.
Ecco il flusso che ci sta dietro.
E la cosa brutta è che può essere applicato a tutto, ad ogni puntino che compone la lunga riga della mia vita, ad ogni cosa.
Perchè è vero: io non ho problemi, o almeno, non grandi e importanti problemi.
Ma ne ho uno piuttosto fastidioso.
Adesso sono sicura si chiami ansia.
È così che ho scoperto che ognuno ha diritto alla sua guerra personale, che si può essere soldati anche se agli occhi degli altri si è seduti in territorio di pace; ma qui non è sempre tutto nero, qui il sole scalda le guance e abbronza le cicatrici.
È pieno di cose belle se conosci i posti giusti in cui andarle a cercare.
Fra tutte queste, la prima è stata senza dubbio sapermi accettare, mentre la seconda avere la fortuna di trovare qualcuno che sapesse dove guardare.
Qualcuno che in silenzio mi sorvegliasse dall’orlo dei pozzi in cui ogni tanto cado, che in punta di piedi facesse luce aprendo le finestre del mio castello insano.
Non avevo bisogno che capisse, e molto spesso succedeva appunto questo, che stesse lì a guardarmi incredulo inciampare sul niente, e cadere a pezzi.
Però avevo bisogno di qualcuno che restasse, qualcuno che vedesse quello che nemmeno io potevo spiegare, che mi facesse sentire il mare calmo quando la mia barca cominciava sussultare.
“Si capisce dal tono della voce”, per me è stata la più bella dichiarazione d’amore.
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sciatu · 6 years
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LA STORIA DEL CAPITANO
Degli amici Olandesi mi avevano chiesto se gli trovavo una casa per le vacanze da affittare vicino Taormina. Non essendoci agenzie immobiliari nel paesino sul mare dove passavamo le ferie, su consiglio della Moglie, chiesi al signor Nino, il nostro vicino d’ombrellone a chi potevo rivolgermi. Con mia grande sorpresa lui mi rispose che il più grande agente immobiliare locale era il Capitano, l’uomo che leggeva sotto l’ombrellone (vedi Post precedenti).”Da quando è andato in pensione per il suo problema al cuore – mi spiego -  ha investito la sua buon uscita in case e appartamenti, ed è sempre riuscito a tenerli occupati, così che ora tutti qui al paese gli affidano o le stanze o le case per occuparle d’estate”. Andai quindi dal Capitano e dopo i soliti convenevoli, seduto sulla sabbia accanto al suo ombrellone, gli spiegai il mio problema. Lui ascoltò con la faccia un po’ scocciata per aver interrotto la sua lettura e ostentava mentre parlavo il libro che leggeva “Il Maestro e Margherita” di Bugalkov, tenendo bene in evidenza con un dito tra le pagine, il punto del racconto a cui era arrivato. Mi rispose velocemente che avrebbe cercato e mi avrebbe fatto sapere riaprendo il libro per considerare finita la discussione. Capii subito che la cosa non gli interessava e che fra qualche giorno mi avrebbe detto che non c’era nulla da fare. Come sempre succede in Sicilia dovevo coinvolgerlo sul piano personale se no non avrebbe preso a cuore la cosa, e l’unico piano su cui potevo coinvolgerlo era la lettura che stava facendo. “Ma le piace veramente?” gli chiesi indicando il libro. “No. – mi rispose con una certa esitazione – non lo capisco molto, non so dove l’autore vuole arrivare, più di una volta u stava pi ittari a mari…”. “La capisco, vede l’autore non poteva parlare direttamente, per questo spesso quello che vuole dire lo deve nascondere….” “Lei lo ha letto…?.- e quando glielo confermai con la testa continuò  – ma allura, mi spiegassi stu Woland cu minchia è…” Incominciammo a parlare e gli spiegai da dove il libro nasceva e le storie che conteneva” Da li, passammo ad altri libri con il Capitano che iniziava chiedendo “ma pi caso lei ha letto … e diceva un titolo e appena rispondevo affermativamente lui incominciava a chiedere perché quel personaggio, perché quella storia e finiva sempre che cercavo di spiegargli il perché quel determinato libro era importante. Ad un certo punto arrivò il signor Nino che avvicinandosi ci chiese “Vi vedo parlare fittu fittu: o parlate di calcio, o di donne o di schiticchi (mangiate)….” “Parliamo di libri – rispose il Capitano – cose che tu neanche sai cosa sono: finalmente ho capito quello che ho letto……” Capii che i miei amici Olandesi avrebbero avuto la casa che cercavano.  
Così ogni mattina, appena scendevo in spiaggia, passavo mezzora od un’ora a parlare con il Capitano sul libro del momento, o su un probabile libro che avrebbe voluto leggere. Un giorno scendendo a mare non vidi il Capitano al suo solito posto sotto l’ombrellone che leggeva. Lo stesso capitò per il resto della settimana. Quando chiesi al signor Nino lui rispose che doveva avere qualche problema perché lo vedeva venire presto ed andarsene presto o camminare il pomeriggio lungo la spiaggia senza dare retta a nessuno. Qualche tempo dopo, andando al piccolo stabilimento balneare vicino al posto dove mettevamo il nostro ombrellone, lo vidi seduto in un angolo all’ombra, con il solito libro ma questa volta chiuso e posto davanti a lui quasi non gli appartenesse. Lo salutai da lontano perché non volevo disturbarlo ma lui mi fece segno di avvicinarmi. Mi sedetti salutandolo e gli chiesi come andava. Lui non rispose ma principiò tutto un discorso il cui inizio mi lasciò la sensazione che volesse dirmi qualcosa senza però dire troppo. “Vede, ultimamente sono stato preso da alcuni fatti che mi sono capitati…. però lei è uno che ha letto…. che conosce…. soprattutto l’animo umano, ….per cui ecco volevo chiederle, se ha cinque minuti, un consiglio, ….su un argomento delicato….” si fermò un secondo come a cercare le idee ed il coraggio di dirle. Vidi che osservava il libro ed il volto si illuminò di un sorriso. “Sto scrivendo un libro….- esclamò guardandomi felice dell’idea che gli era venuta -  lei ne ha letti tanti, e sicuramente potrà darmi un opinione, un idea, perché sono arrivato ad un punto morto.” Ora era contento, sembrava che l’esordio lo stava soddisfacendo. “Ecco è un libro che parla di una persona di una certa età, quale potrebbe essere la mia, e che un giorno riceve il messaggio da una sua vecchia conoscente di cui tanti anni fa era forse innamorato…” “Mi scusi, ai fini del racconto, della storia, come fa a ricevere questo messaggio” “Ecco lui ha un sito su cui mette….delle case in affitto, facciamo per dire , non ho ancora deciso, ma potrebbe essere cosi: lui ha un sito dove mette le case in affitto e su cui la sua email appare come nome e cognome così che questa persona, questa sua conoscente, mentre cercava di capire il prezzo di una casa che vuole vendere, vedendo il suo nome si ricorda di lui! Gli invia così un messaggio chiedendo se fosse lui quel ragazzo che anni prima….. e così via” “Quindi è lei che fa la prima mossa” “Si, si! è proprio lei!” “Mi scusi, solo ai fini della storia, da quanto non si incontravano?” “Da più di trenta anni! ognuno dei due ha avuto la sua vita, la sua famiglia che poi per un motivo o per un altro sono finite; a lui è morta la moglie, lei si è separata e ora sono liberi” Si fermò un secondo “Lei adesso si chiederà perché lei l’ha contattato” “Sempre ai fini della storia – gli confermai – penso sia un punto importante del libro” “Si è vero – disse il Capitano a se stesso – è un punto importante!” si fermò a pensare.
 “Vede, anni prima, lui era andato a Taormina con la sua fidanzata, era un periodo in cui c’erano delle incomprensioni e volevano risolverle, discutendole da soli. In pizzeria però i problemi rimangono e ad un certo punto, lei si alza e se ne va. Lui resta al tavolo serio e corrucciato. A questo punto la cameriera viene e gli offre un limoncello “Ti vedo troppo triste, prendi questo, così ti tiri su!” “c’è poco da tirare su…” “Perché qual è il problema? tanto se vi volete bene lei tornerà…” “Non è il volersi bene il problema! Il problema è che voi donne siete completamente irrazionali” le dice, “ le donne non si capiscono, si accettano per quelle che sono – risponde la cameriera – per quello che hanno dentro  e per quello che danno.” “ma devono seguire una logica in quello che fanno” lei alza le spalle “ lo vedi che ragioni come il mio fidanzato: da uomo!!  se tu l’ami sai che tutto quello che ti da le nasce dentro; è un mare con mille correnti, è inutile che cerchi di domare la corrente volendo trovare la formula che te la spieghi. Tu non hai le sue paure, i suoi desideri i suoi sogni e finché non li accetti, non li comprendi e se non comprendi quello che lei ha dentro, da dove nasce il suo modo di essere e di fare, non riuscirai mai a comunicare con lei: starete dentro il vostro castello ognuno a sparare sull’altro pensando di avere sempre ragione….” I due incominciano a parlare perché ormai la pizzeria sta chiudendo e continuano fuori con lui che cerca la quadratura del cerchio e lei che gli spiega che non si può fare la radice quadrata di un silenzio. Vanno avanti per un bel po’ poi si salutano certi di non incontrarsi più. Qualche giorno dopo però si rivedono di nuovo sul viale a Taormina. Lei sta aspettando di iniziare a lavorare, lui deve andare all’ospedale a portare qualcosa a un suo parente. Rincominciano da dove si erano lasciati perché nel frattempo lui ha pensato alle cose che lei ha detto e vuole controbattere, vuole dire ancora la sua. Insomma per qualche giorno si continuano ad incontrare, ma solo per parlare, lei non è una bellezza appariscente, è una ragazza normale, semplice, carina, allegra e ironica, il suo argomento preferito è la cerimonia del suo matrimonio programmato per il Luglio successivo. Quando ne parla le brillano gli occhi e lui diventa presto invidioso del suo fidanzato. Con lei si sente sereno e in fondo le piace; anche se ha più di venticinque anni, ha quella sensualità involontaria, innocente e bruciante che hanno le ragazze giovanissime e che lui, tra un discorso e l’altro, incominciava a notare.
“Ma lui la desidera? se lui la desidera allora la loro amicizia non è più amicizia!” “Ecco questo è il punto. I primi tempi lui stava bene con lei, era contento che lei fosse lì ad ascoltarlo. Poi ecco si, gli nasce un certo desiderio, sa quel desiderio che è quasi una curiosità? ‘Chissà come bacia…’, ‘Chissà come è fatta qua e là’… queste cose che ad ogni maschio vengono in mente….” “Certo, ma poi si baciano…?” Il Capitano si agitò sulla sedia come se questo punto fosse diventato il più importante della storia. “Ecco arriviamo al punto; ad un certo punto lui la desidera, la vuole insomma e decide che quella sera l’avrebbe aspettata a fine turno e glielo avrebbe detto e forse l’avrebbe anche baciata…invece….” “invece” lo sollecito nell’istante di esitazione che lo aveva fermato “Lui arriva di fronte al ristorante ed aspetta fuori sulla piazza in un angolo lontano, per non farsi vedere. Quando lei sta per uscire, e lui le sta per andarle incontro per salutarla, qualcuno che l’aspetta appena fuori la porta esce dal buio e l’abbraccia, la bacia e lui capisce che quello è il suo fidanzato. Allora si ferma, resta dove è, e non si muove. “Lei si sta per sposare e io vado li a rompere i cosiddetti! non è giusto” pensa e li vede allontanarsi. Vede, lui, il protagonista,  non cercava un’avventura. La crisi con la sua ragazza gli aveva fatto capire che forse lei non era la donna perfetta che cercava e lo stare bene con la cameriera gli era sembrata una opportunità, ma non aveva pensato al prezzo di questa alternativa, a lei che era prossima a sposarsi, a legarsi per sempre con il suo ragazzo di cui non si era mai lamentata. Lui, il mio personaggio, non è uno che va dietro alle femmine, vuole qualcosa di stabile, ed anche lei gli parlava del suo matrimonio aspettandolo e desiderandolo, pensandolo una nuova vita. Questo frena il personaggio, pensa che da parte di lei non ci sia nessun interesse e tutto quello che stava facendo era un suo colpo di testa, dettato solo da un momento di incomprensione con la sua fidanzata. Io non ho mai creduto ai colpi di fulmine e neanche il mio personaggio ci crede. Per questo, l’unica cosa giusta che pensa di dover fare è andarsene. 
Dopo quel giorno lui non torna più a Taormina, riprende a parlare con la fidanzata e mette da parte quella storia” “ la mette da parte veramente?” “Si, anche se, di tanto in tanto qualche ricordo gli torna, qualche domanda tipo “Cosa sarebbe successo se….”, “come sarebbe la mia vita se….” ma questo solo quando quello che desidererebbe avere non coincide con quello che ha e allora gli sembra quasi di voler scappare nei ricordi, nelle vite alternative che avrebbe voluto o potuto avere”. “E lei..?” “Ecco, questo è un altro punto importante: quando finalmente si incontrano di nuovo, lei ripete le stesse cose! Anche lei ad un certo punto quel parlare così, semplicemente, ma intensamente e profondamente l’aveva colpita. Le era piaciuto, era qualcosa che con il fidanzato non faceva. Per questo anche lei in molti momenti della sua vita si è chiesta: e se mi fossi messa con lui e avessi sposato lui? E lei ci ha pensato di più di lui perché è stata più sfortunata: ha avuto un aborto, il marito l’ha tradita e lei ha divorziato, ha avuto un tumore che per alcuni anni l’ha tenuta tra la vita e la morte, per questo lei quando ha visto il suo nome l’ha cercato, perché alla fine vuole cambiare la sua vita e lui, che è uno dei ricordi più belli che ha, le appare come un possibile nuovo punto di inizio. Un tornare indietro in un momento felice con qualcuno che la capiva e le era vicino!” “Lui allora, dico il personaggio, deve decidere cosa fare! mi sembra una bella trama alla fine”, “No ecco – fece il Capitano sorridendo -  io o meglio il destino vorrebbe un po’ complicarla questa trama perché lei lo informa che ha venduto tutto quello che aveva e che vorrebbe trasferirsi in Portogallo, in un posto che costa poco e che è soprattutto lontano da tutti e da tutto il suo passato” “E lui….?” “Lui…… non lo so, non ho ancora deciso…… cosa far fare a lui. Da una parte è qualcosa che lo attira, ricominciare con qualcuno, malgrado l’età, tornare ad essere attivo, a riprendere una storia che era iniziata bene e che si era dovuta interrompere forse per inutili convenzioni, per la particolarità della situazione. Insomma, lei lo sa come è a mare, a volte si procede a zig zag spinti ora dal vento ora dalle correnti, non si riesce a fare il cammino che si vorrebbe, tutto dritto e lineare. Invece ora si potrebbe continuare dritti, insieme, senza dover dar retta a questo o a quel motivo ed essere forzati a muoversi da questa o a quella situazione. Ma il salto, è troppo alto e non so come fare …. come fare…..a far finire il libro……” fece il Capitano disorientato, poi mi guardo “ lei come lo farebbe finire….” 
“ Beh è una bella trama – esordii prendendo tempo per pensare – se scritto nel modo giusto potrebbe essere qualcosa di molto bello. C’è tutto: l’amore di due persone, il destino, la decisione finale. Manca forse un antagonista, ma potrebbe essere il destino, o un antagonista interiore come il non voler credere in quanto si prova, nel non seguire il proprio istinto, il non voler dare importanza ad un sentimento che potrebbe nascere. Però vede, bisogna rispettare i personaggi, voglio dire, non bisogna mai inventare una trama in cui si forzano le personalità dei personaggi per come sono stati creati. Lei, la ragazza, la capisco, l’ha creata in modo perfetto: è una donna che vuole rincominciare per dimenticare le offese che la vita le ha dato. Ma lui, ecco lui non l’ho focalizzato bene. Dare retta alla richiesta di lei vorrebbe dire due cose: o che lui è insoddisfatto della sua situazione del momento e che quindi la segue per gli stessi motivi che lei dice di avere: ricostruire una vita altrove, più che per interesse verso di lei o perché è un sentimento che lo spinge a seguirla…oppure” qui mi fermai a valutare bene quanto stavo per dire “…oppure?” sollecitò il Capitano “oppure lui alla fine sa già che potrebbe amarla e che dovrebbe seguirla, ma come fa a saperlo con certezza, ora che per lui l’amore non è più un illusione ma un ricordo, inoltre non la conosce e bisognerebbe prima frequentarsi  prima di decidere. E’ questo quello che lo disorienta, che frena la sua decisione: vuole certezze a cui lei non pensa. Vede, lui fa lo stesso errore di quando la sua fidanzata l’ha lasciato in pizzeria: da uomo vuole una certezza razionale, un motivo, un piano sul lungo termine. Lei non ha bisogno di tutto questo. Sa che se lui la seguirà sarà solo perché l’avrà accettata per come è e così facendo avrà già incominciato ad amarla. A lei basta questo. Si, poi c’è anche il fattore età: lui anziano, potrebbe mai fare questo colpo di testa tipico di un ragazzo, di una persona giovane che ha abbastanza forza da tornare indietro nel caso la sua decisione si rivelasse sbagliata? ma questo ha anche un altro aspetto perché vede è vecchio chi rimpiange qualcosa che non può avere più e mai chi lotta per raggiungere quanto desidera: per questo gli innamorati non invecchiano mai” Lui mi guardava in silenzio, quasi pesando ogni mia parola “E’ questo che deve chiarire nel romanzo: lui cosa vuole? la ama ancora tanto da lasciare da parte la ricerca delle certezze ed accettarla semplicemente? saprebbe ancora amare? o meglio, saprebbe ancora credere nell’amore? L’amore non giustifica tutto, ma è la corrente che allontana ognuno di noi dagli scogli del nulla, siamo noi che dobbiamo decidere se credere in lui e lasciarci trasportare o remare per tutta la vita controcorrente restando, alla fine, sempre dove siamo” e lo guardai negli occhi, in attesa di una risposta. Quella definitiva. 
L’altoparlante del locale cantava Senza Fine, mentre dalla spiaggia arrivavano smorzate le voci e le urla dei bambini che si tuffavano a mare, a cui rispondeva il rumore incessante delle macchine che passavano a velocità sul lungomare che costeggiava la spiaggia. Il mondo continuava la sua corsa incurante del Capitano e del suo libro in cui si specchiava la sua vita.
“Si – disse improvvisamente il Capitano -  credo di si!, saprebbe ancora credere nell’amore! non all’amore dei ragazzi che non conoscono il mondo e vedono l’amore come una fiaba, non a quello del giovane che si pensa il padrone del mondo e per cui l’amore è solo una medaglia da mostrare, ma, come ha detto lei, crede nell’amore di chi conosce e ha capito, che non c’è altro che vale quanto avere qualcuno con cui puoi vivere sereno e che ti accetta per quello che sei. Ora ho capito: lui la seguirà perché ha la consapevolezza che si, ha vissuto, ma mai abbastanza, che ha sbagliato, ma mai abbastanza, che ha avuto, ma mai abbastanza, che ha dato, ma mai abbastanza e che ora si potrebbe mettere tutto a posto, far tornare la bilancia all’equilibrio. Ha la consapevolezza di poter vivere di nuovo, di non essere arenato su una spiaggia, ma ancora in mare a decidere la propria sorte e a seguire il proprio cuore come fa chi non conosce o non crede agli inganni del mondo. Si, penso che lui la seguirà: è una mania dei vecchi, voler mettere tutto a posto prima dell’ultimo giorno. Per questo lei l’ha chiamato, per questo lui andrà, e se poi non sarà come pensano, non avranno rimpianti, non avranno lasciato niente indietro da rimpiangere, non è questo in fondo quello che tutto vorremmo avere alla fine della nostra vita: non avere nulla da rimpiangere? non aver lasciato dei vuoti nella propria vita che non si è saputo o voluto riempire” mi guardò, sereno, felice. Aveva deciso il finale del suo libro. “Sarà un bel romanzo” gli dissi sorridendo. “Il più grande della mia vita!” mi rispose sorridendo.
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The rhythm of my footsteps crossing flatlands to your door have been silenced forevermore. And the distance is quite simply much to far for me to row. It seems farther than ever before. Brooklyn, prime ore del 1993: c'era una volta, una sedicenne di nome Claire Hampton che decise di perdere la verginità a Capodanno col primo venuto e che riuscì peraltro nel suo nobile intento. Se ne tornò a casa, il giorno dopo, molto felice e molto incinta. In realtà ci vuole qualche giorno a concepire, ma il senso è quello. Non essendo particolarmente arguta decise di tenersi la pagnotta, che nove mesi dopo prese il nome di Ariane Rachael Hampton. Almeno non l'ha chiamata Jessica Alyssa, considerando i terribili trend degli anni 90 in fatto di nomi. Adesso, i piani di una qualsiasi persona assennata non includerebbero il lasciare la scuola e farsi cacciare a pedate da casa, ma la fantastica Claire ci è riuscita! Non è meraviglioso? Comunque, per una volta a svolgere un ruolo centrale in questa storia non sarà un'adolescente poco responsabile che si ritrova a diventare genitore senza nemmeno capire come. Quindi, parliamo di Ariane! Ariane è tanto bellina e ha la sfortuna d'avere una madre terribile, per cui più o meno chiunque non ce la fa a rifiutarsi di tenersela per la mattina, per il pomeriggio o per la sera a seconda degli improrogabili impegni della snaturata genitrice. Va bene, essere una madre single che fa i doppi turni come cameriera non è facile, però intrattenere relazioni di un certo tipo con i clienti e uscire con le amichette il venerdì sera sì. Insomma, purtroppo o per fortuna, fino ai sei anni Ariane non ha avuto granchè a che fare con sua madre e magari si sarà beccata come vicina di casa una vecchina simpatica che le raccontava le storie e le faceva i biscotti. Ad un certo punto, però, ha iniziato a trovarsi tizi sconosciuti che si insediavano in casa Hampton per un lasso di tempo che poteva variare tra i tre e sei mesi, visto che Claire s'era messa in testa un po' in ritardo di trovarle un papà. Come se l'esempio della mamma non fosse già abbastanza pessimo, inseriamo in questo bel quadretto tutti i disagiati del circondario, dal momento che dall'alto del suo non essere - di nuovo - particolarmente arguta, Claire rimorchiava i suoi fidanzati direttamente dal cassone dell'indifferenziata. Si può dire che non abbia mai davvero raggiunto quel punto in cui ha capito che le persone sono inaffidabili e che le relazioni alla fine finiscono solo per deludere: ci è direttamente cresciuta dentro senza aver avuto mai davvero la possibilità di vedere un'alternativa. Ha imparato a riconoscere i segni di ogni nuova infatuazione di sua madre, a sperare comunque insieme a lei ogni volta che si illudeva di aver finalmente trovato l'amore della sua vita e a rimanerci male per lei ogni volta che finiva sempre allo stesso modo. In tutto ciò, di positivo c'è che l'esempio di Claire l'ha sempre spinta a non voler finire come lei. Per cui invece di impegnarsi in cazzatine come fare amicizia, è diventata la secchioncina saccente di turno con il naso sempre ficcato in un libro e la testa tra le nuvole. La fregatura è che, a furia di star dietro a drammoni romantici per tutta la vita, una certa repressissima voglia di vivere il grande amore è venuto anche a lei. Il grande amore è arrivato nel lontano 2009. Aveva sedici anni - oh no, cattivo presagio - e la vita sociale di un paguro. Per intenderci, raccontava a Claire di uscire con due presunte amiche di cui in casa non si è mai vista l'ombra e con cui non ha mai nemmeno parlato al cellulare, ma ancora una volta l'arguzia della donna ha stupito tutti: non solo non ha mai sospettato nulla, ma era pure contenta di potersi portare a casa liberamente il cicciombrocchio del momento. Non che si sia mai fatta problemi a riguardo, ma vabbè. Il cicciombrocchio del 2009 era un mezzo tedesco con la doppia famiglia, quindi andiamo sempre di bene in meglio. Comunque, tornando al grande amore, Ariane si dimostra già più assennata della madre: il tizio in questione è bello, è ricco, non è uno stronzo di prima categoria e si chiama Logan. Uno di quei treni che passano una volta sola nella vita. Peccato che lei sia così presa dal non voler diventare come sua madre e da strane ossessioni derivanti dalla totale mancanza di fiducia nel mondo, da distruggere questa bella storiella in partenza. E' tutto un seguitare di pianti, crisi isteriche, vattene, no torna da me, ti amo, ti odio, strane storie sul filo rosso del destino - che deve essere un destino infamissimo. Tanto per peggiorare le cose, Claire fa l'ennesima mossa poco intelligente e si fa mettere un'altra pagnottina in forno dal mezzotedesco con la doppia famiglia. Un geniaccio talmente diabolico che per guadagnarsi altri nove mesi di saliscendi l'ha convinta a tenersi il pagnottino number two e ad aspettare di partorire per diventare ufficialmente una famiglia. Claire era al settimo cielo, convintissima di aver finalmente coronato il suo sogno. Ariane tanto contenta non era e gliel'ha pure fatto capire, sperando di salvare il salvabile, ma che ne parliamo a fare. E quando mr mezzotedesco si è tirato fuori dal quadretto, Claire si è ritrovata una bella depressione post-partum e Ariane un fratellino di cui farsi carico perchè quando mai sua madre ha fatto la madre. Inutile dirvi che quando si diploma - siamo arrivati al 2012, eh - la fantastica storia d'amore non è ancora sbocciata, perchè da brava drama queen è ancora piena di adorabili paturnie. Probabilmente l'avrà almeno baciato 'sto ragazzo? Boh, forse. Altrimenti lo farà un po' più tardi, tanto quando superi i sei mesi rimani una disagiata in ogni caso. Almeno ha vinto una borsa di studio per andarsene all'università. Invece di lanciarsi e vivere la vita da collegiale che tutti sognano, rimane comunque a casa con mammina perchè vuoi che quella cresca un figlio da sola a 35 anni? Sia mai! Nel frattempo ha iniziato a lavoricchiare part-time in una libreria, si è tinta i capelli per la prima volta e le è capitato pure di diventare amiciccia di una certa Eleonor che pare sua madre - bionda, madre single, relazioni instabili, non vi ricorda proprio nessuno? - che poi finirà pure a farsi l'amore della sua vita più in fretta di quanto non abbia fatto lei. Quindi ormai ha una vita semi-indipendente, ha un'amica che non sia immaginaria e sta utilizzando la sua secchionaggine per fare qualcosa di buono della propria vita e non solo per nascondersi dai drammi. Improvements everywhere, se non fosse che invece di darsi finalmente una mossa e smettere di avere paura delle relazioni sentimentali, ha finito per lasciare Logan per paura di essere lasciata. Senza sapere che magari pure 'sto poro Logan aveva i problemi suoi. Dopodichè, in sequenza sicuramente non esatta: ha quasi lasciato l'università, ha fatto amicizia con Van - un'altra bionda quasi madre single, con il senno di poi sembra proprio un tentativo inconscio di superare i conflitti con la figura materna - è andata a vivere con Eleonor, si è messa addirittura a fare la cameriera, si è tinta di nuovo i capelli dando via ad uno strano periodo goth emo in cui aveva un pessimo rapporto con sè stessa, ha fatto baldoria con le sue amichette senza mai smettere di struggersi scrivendo nel suo diarietto segreto, si è tinta per l'ennesima volta e stavolta di rosa e ovviamente non ha mai dimenticato Logan. Per quanto riguarda gli ultimi anni finiti nell'oblio, nel 2017 è diventata con orgoglio la prima laureata della famiglia Hampton. Ha smesso di tingersi i capelli ogni tre per due, è tornata a lavorare in libreria - stavolta a tempo pieno - finchè l'anno scorso non è finalmente riuscita a farsi assumere da una delle millemila biblioteche di NY come archivista. E alla fine ha ripreso il filo della noiosa vita da secchioncella ficcata tra i libri. Ci ha messo più di sei mesi a capire che il receptionist le chiedeva di uscire ogni giorno e solo perchè alla fine tale Derek gliel'ha messa davanti papale papale. E allora decidiamo che siamo ormai abbastanza adulte e vaccinate per finire fregate, tristi e sole come Claire Hampton? No. Ha ripetuto di nuovo la stessa trafila, con meno pathos perchè non ha più sedici anni e perchè alla fin fine 'sto Derek non la faceva palpitare mica poi così tanto. Vi lascio immaginare il disagio nell'aria tutti i giorni al lavoro dopo che si sono lasciati. Stavolta invece di colorarsi i capelli in preda alla disperazione, ha investito i quattro spicci che si è guadagnata nel corso degli ultimi tre anni per aprire una libreria indipendente che ha chiamato Books are Magic e per cui finirà di pagare il mutuo tra cinquant'anni se le va bene.
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len-scrive · 6 years
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Pugili vs Pirati
Sono una curiosa creatura che almeno quattro volte all’anno (ma è una stima per difetto) passa attraverso periodi da cui è certa di non uscire viva.
Non importa che capiti ogni anno, di solito al cambio di stagione (ma anche a caso, senza criterio), in quei momenti io ho la certezza assoluta che sia giunta la mia ora.
Che poi di volta in volta le modalità della dipartita si fanno più assurde tanto che mi capita di fermarmi nel bel mezzo di una stanza, in preda ad una delle mie crisi, e urlare al soffitto: davvero? Davvero me ne devo andare in questo modo idiota? E dai! Non si può trovare di meglio, qualcosa di più figo, tipo un asteroide che mi casca in testa?
No, perché mi vergognerei moltissimo a morire in modo stupido, poi chissà cosa scriverebbero sulla mia lapide.
Di fatto ogni anno comunque mi rassegno all’inevitabile e la cosa divertente è che non mi chiudo in casa ad attendere in un angolo, no. In realtà io faccio tutto ciò che devo fare come fosse una sfida.
Tipo: vediamo se oggi mentre vado in ufficio stramazzo in mezzo alla strada?
E vado incontro alla sorte con una baldanza incredibile. Come se una maga mi avesse predetto che l’aereo su cui viaggerò si schianterà ed io cominciassi da quel momento in poi a prendere tutti gli aerei possibili giusto per vedere se succederà sul serio.
E anche perché, voglio dire, se è destino che differenza fa?
In questi momenti di consapevolezza guarderei pure la videocassetta di The Ring, tanto…
È un po’ il mio modo di dimostrare coraggio, di fare la figa.
Sto male? Bene, chi se ne frega, vediamo fin dove, vediamo che succede.
Non solo.
Quando devo uscire di casa, siccome sto andando al patibolo, mi vesto pure bene e mi tiro a lucido per il principio tramandatoci dalle nostre mamme e nonne:
Vestiti bene e lavati. Che se una macchina ti tira sotto e finisci in ospedale che figura ci facciamo se arrivi tutta sporca?
Principio di difficile attuazione quando si era piccoli e si finiva in ospedale sempre durante le sessioni di gioco. Arrivavi al pronto soccorso che puzzavi come… Beh, come un bambino sudato (non trovo similitudine più appropriata) e avevano pure schifo a toccarti.
Comunque.
Mi trucco pure, che è praticamente da giorno di Natale per me. E solo se sto andando a portare un regalo a qualcuno.
Quando ho questi periodi mi figuro di cadere stecchita nel bel mezzo di una via e, siccome sono cinica, che tutti si avvicinino solo per rubarmi cellulare e soldi, mica per aiutare.
Se prendessi l’abitudine di scattarmi selfie prima di uscire potrei anche inaugurare un angolo della moda qui sopra.
Diverse collezioni tipo:
Autunno-Inverno credevo fosse la fine invece no.
Primavera-Estate sono sopravvissuta anche stavolta e chi l’avrebbe mai detto.
Cose così.
Tra l’altro stavolta sono anche più preoccupata del solito perché non ho nemmeno storie in corso.
Quando ho qualche storia che sto postando mi dico: non potrei mai andarmene così, con La Casa Accanto a metà… Impossibile.
  Ok, tutto ciò per sdrammatizzare qualcosa che penso ci veda protagonisti tutti, chi più chi meno.
Periodi bui in cui si striscia invece di camminare.
Ognuno ha i suoi metodi per superarli e, visto che si parlava di liste di TO DO nello scorso post, qui vi ho raccontato come supero i miei, senza fare liste e senza dirvi che il metodo funziona di sicuro.
A dire il vero a me capita solo di svegliarmi un giorno, guardarmi indietro, e scoprire che il periodo è passato. Non è che abbia sistemi per farlo magicamente sparire, il bastardo, mi limito ad alzargli il dito medio e far suonare il gong per iniziare l’incontro sul ring.
Certe volte ne esco piuttosto malconcia, ma ne esco.
Forse alla fine voglio solo dire questo: passa.
Sembra incredibile e impossibile quando comincia, ma poi passa. Un po’ ve lo posso promettere, concedetemelo. Sono anni che sono un’autorità in materia.
Se state combattendo contro uno di questi stronzi di periodi vi auguro solo di metterlo KO in fretta e quando l’avrete fatto vantatevi pure e sputategli, perché ve lo meritate.
Personalmente mi sento come Westley quando sale sulla nave del pirata Roberts e si sente dire ogni giorno: Buona notte, Westley, dormi bene, magari domattina ti ucciderò.
E poi non l’ha mai ucciso e lui ha finito per recitare in Ella Enchanted…
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musicosolitario · 4 years
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Pezzi di diario
22 luglio 2020 Ore 00:37
Piove. Un suono di delicato di pioggia, molto rilassante.
Ho tanti pensieri che mi passano per la testa. Le ultime giornate che ho trascorso sono state emotivamente pesanti. Le lacrime sono all’ordine del giorno. Ringrazio Anna per avermi fatto scoprire questo tipo di esternazione della mia sensibilità che prima di lei mi ero dimenticato. Ero praticamente freddo e mi contenevo al massimo nei momenti di debolezza. Mi sento molto più aperto alla sensibilità ora.
Lei mi manca, anche se potrà sembrare prematuro dirlo adesso. Con la sua assenza sto scoprendo che tutte le persone che ho intorno si preoccupano di me senza andare troppo a fondo in quello che sono io. Si fermano solamente a ciò che io dico loro, senza scavare a fondo dietro al significato di quello che esprimo. Anna è l’unica che dietro a delle cose non dette riesce a scorgere davvero quello che provo e come sto. Questo è uno dei tanti motivi che mi ha fatto innamorare di lei.
Oggi l’ho sentita cantare “Secret Love Song”, ha una voce stupenda. Devo dire che ogni volta che l’ascolto mi innamoro di nuovo. Questo però non posso farglielo sapere. Non posso farle sapere il mio apprezzamento nei suoi confronti e nei confronti della sua voce stupenda. Deve rimanere tra me e me date le circostanze. Ci terrei tantissimo a farle sapere che deve assolutamente andare in quella scuola di canto e continuare ad affinare le sue doti, non sarebbe tempo sprecato per lei, assolutamente. Voglio con tutto il mio cuore che lei coltivi questa sua grande passione. Sono fiero di lei.
In questi giorni piango per lei. Piango ascoltando il terzo Liebestraum di Liszt e rileggendo le parole che mi ha dedicato sul libro che mi ha prestato. Non ho ancora molto coraggio di mettere in riproduzione le mie playlist create pensando a lei. Non ho nemmeno il coraggio di ascoltare la sua. Mi pare già un ottimo risultato che io riesca ad ascoltare i Notturni di Chopin.
La amo profondamente. Ogni volta che finiva il Liebestraum di Liszt le dicevo “ti amo” senza che lei lo sapesse. Mi sto chiedendo in continuazione che cosa stia facendo di preciso lei. Mi sto chiedendo come stia davvero. Mi sto chiedendo in quali momenti della giornata sia più sollevata e in quali abbia bisogno di me senza potermelo far sapere. Vorrei davvero esserci per il suo dolore, come vorrei che lei ci fosse per il mio. Questo non mi pare possibile al momento. Per rispetto nei suoi confronti scelgo di resistere fino a quando il dolore non sarà terribilmente difficile da sopportare, o fino a quando non cederà lei al dolore. Onestamente non mi pare molto sensato non sentirci per mesi. Io sono davvero interessato a come stia lei. Sono davvero interessato a sentirla. Vorrei davvero poter comunicare con lei in qualche modo.
Lei mi aveva detto di fidarmi, che sarebbe andata tutto bene e che si sarebbe risolto tutto. Invece siamo qui. Ormai non importa, le cose sono andate in questo modo. Io voglio comunque continuare a fidarmi di lei. Voglio comunque affidare tutto quanto alla nostra promessa. La amo profondamente. La voglio tenere, la voglio sposare, la voglio nella mia vita, voglio che sia lei la mia famiglia felice.
Ore 01:03 Ho riletto il suo primo post di quest’anno su Tumblr. Aveva scritto che l’aveva trovato e che sperava di riuscire a tenerlo. Se vuole ancora tenerlo credo che farà di tutto pur di farlo. Pur di tenerlo nella sua vita.
Mi sto sentendo un po’ più spento e vuoto senza di lei. Le giornate riprenderanno ad essere meno colorate come lo erano state fino a quel fatidico 25 febbraio. Riprenderò a sentirmi normalmente come lo era stato senza di lei. La ringrazio davvero di avermi fatto provare un po’ di vera felicità, come io ho fatto con lei. Per questo non volevo ritornare a quelle giornate monotone e monocrome che avevo prima di conoscerla.
Ci ritroveremo e la sposerò. L’ho visto, come ho visto si sarebbe innamorata di me.
Non ho mai amato nessuno così tanto. Non importa di come ci siamo conosciuti. Non importano i kilometri che ci separano. Non importa nulla se non di come mi ha fatto stare e di quello che proviamo l’uno per l’altra. È una di quelle persone che va tenute per tutta la vita. Io ci credo nel nostro fil rouge. Non può essere stato tutto un enorme caso, è destino che le nostre vite restino profondamente intrecciate per sempre. Le avevo detto che volevo lasciarle un segno e così è stato. Le lascerò il segno più indelebile e profondo di tutta la sua vita. Lei è mia e lo sarà per tutta la vita. Sarà la mia compagna di vita in tutto, nella gioia e nei dolori. Darà alla luce i nostri due fantastici bambini. Quei bambini per cui ancora ora lei sorride alla sola idea di poterli avere con me un giorno.
Leggere le sue parole su quel libro mi rincuora profondamente. Terrò fede alla mia promessa, assolutamente. Anche lei lo farà e avremo la nostra vita felice insieme. Le lascerò quel segno di cui le parlavo.
Ore 01:46 Urlo per questo dolore straziante. Un urlo interno a me stesso, il più forte e rumoroso che ci sia. Avrei solo bisogno di una persona che mi capisca veramente in questo momento, che mi desse la forza. In questi giorni non c’è nessuno, tranne che me stesso. Sono in balia di me stesso e l’unico che possa capirmi e darmi la forza, Anna a parte, è me stesso. So di poter ottenere qualsiasi cosa io desideri grazie alla mia forza. In questo momento avrei solo bisogno di una bella sveglia. Avrei bisogno di una bella dose di forza. Nessuno me la può dare all’infuori di Anna. Sto vedendo che le altre persone non possono, non riescono, non ci sono per capire. Sono rimasto da solo con me stesso. Ho persone da sentire ma nessuno può capire davvero o vuole darmi la forza. Nessuno ha l’interesse spassionato di darmi la forza. Nessuno vuole darmela. Rimango solo io con me stesso, nonostante io urli disperatamente non mi sente nessuno. L’unico che può fare qualcosa sono io. Il problema è che sono rimasto improvvisamente solo a fare i conti con me stesso. Non so come fare i conti. Sto iniziando a capire che l’unica persona che può darmi la forza in questo sono io. Anna non c’è e quindi rimango solo più io dato che gli altri non possono o non vogliono. Mi sento terribilmente solo.
Tutte le altre ragazze che ho avuto nella mia vita non sono minimamente paragonabili ad Anna. Per questo che è stata l’unica ragazza che sentivo si sarebbe innamorata davvero di me. Sentivo davvero che le avrei lasciato un segno. Sento ancora tutte queste cose. E sento davvero che la sposerò, è l’unica a cui l’ho detto. È l’unica con cui l’ho sentito davvero, non so il perché. So che ormai passerò tutto il resto della mia vita con lei. L’ho sentito davvero e non l’avevo mai sentito prima d’ora con nessun’altra.
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oggi è sabato
ho dovuto cambiare musica perchè i new order non mi stavano facendo sentire abbastanza malinconica per fare questa cosa. 
Dal momento che la mia intenzione è quella di scrivere senza avere destinatario o comunque spero che nessuno legga mai ‘sta merda’,i miei post saranno totalmente sconclusionati,una miscellanea di mie considerazioni su quello che mi affolla il cervello momentaneamente che non riesce a essere scacciato con altri ‘’metodi’’...non sto qua ad elencarli. Comunque piu’ o meno sarebbe questa la mia motivazione,provo con questo,magari è la volta buona che riesco.
dicevo oggi è sabato;che giorno di merda il sabato,
vabbe ma comunque mi sono appena accorta che oggi in realtà è venerdì, ma va bene lo stesso. Un anno fa o forse due,non so precisamente,comunque è successo qualcosa che non so neanche definire,perchè non so se chiamarlo fenomeno se chiamarla abitudine di massa,giuro non lo so,ma è successo che il venerdì è diventato un giorno piu’ proficuo rispetto al sabato,in fatto di uscite e divertimenti. Il motivo? Totalmente a me sconosciuto. Ma forse lo è per tutti.
Comunque si,per questo motivo attualmente ignoto,il venerdì sembrava essere diventato il giorno propizio,per cosa non si è ancora capito. Ma fermiamo qui le considerazioni sui giorni,perchè mi sto annoiando pure io.
La verità è che sto pensando a cosa facevo un anno fa,il venerdì sera. 
La verità è che anche io come tanti altri coglioni,inconsciamente pensavo che il venerdì fosse il miglior giorno per uscire. Un anno fa frequentavo ancora il quinto anno,forse per questo,magari finiva la settimana scolastica e non vedevo l’ora di uscire. Non me lo so spiegare,perchè non me lo ricordo. So solo che per me adesso il venerdì è un giorno come tutti gli altri,e so per certo che non ci sarà niente di nuovo o speciale,solo perchè è venerdì.
Mi sorprende il capovolgimento totale dei miei punti di vista,quasi mi spaventa.
Ma ne parlerò in un altro post,magari per farvi il resoconto di stasera,la bellissima serata che mi aspetta.
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cesarecarta · 7 years
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Irrealtà virtuale
Irrealtà virtuale
 Un ‘bip, subito dopo un leggero rumore di ventola, nel silenzio, un respiro costante, regolare, Daniela aveva appena acceso il suo computer portatile, lo schermo, lentamente, s’illumina e, sempre lentamente, appare il logo, colorato, la finestra si completa con i campi d’inserimento, rumore veloce di tasti, Login e Password sono brevi e il tasto invio le apre un mondo che ben conosce, un’altra volta, un altro giorno, poche icone nel suo desktop, tra quelle classiche anche quelle dei social, porta il cursore subito su un’icona in basso a destra, la più vicina, un sospiro, Daniela si gira verso la porta dello studio, aperta, sente in lontananza la televisione accesa, il suo fidanzato è immerso in un film, click.
Il respiro aumenta d’intensità la piccola finestra della chat si apre in basso insieme alla pagina, il suo viso, nessun messaggio, un’occhiata rapida agli ultimi post della gente, ad alcuni eventi, mentre considera quel tempo perso, delusa, riduce ad icona e si spinge indietro con la schiena sulla poltrona, vedendosi riflessa nello schermo del computer, si trovava molto carina, un bel viso che, solo in quel momento, e in pochi altri, non era dolce, capelli mossi, sulle spalle, e un corpo desideroso di attenzioni.
Si considerava una donna grande, ma i suoi anni erano dentro la sua esperienza, senza tempo, senza età, si sentiva da un po’ di tempo una donna completa, in ognuno, pensava, manca sempre qualcosa per essere tutto, e lei in quel periodo era tutto, era riuscita a raggiungere livelli di grazia impensabili, grazie a lui, ma lui, adesso, non c’era. Mannaggia. Non avevano un appuntamento fisso, non serviva, la sua disponibilità dipendeva dal tempo che riusciva a trovare, aveva sempre evitato di usare lo smartphone per rispetto nei confronti del fidanzato, ma il computer era un ottimo mezzo, e si poteva usare anche a lavoro.
Daniela lavora in una piccola fabbrica di infissi, i soliti soci amici che spesso bisticciano, il suo lavoro di smistamento pratiche, acquisizione di preventivi e tanto altro, non le rendeva merito. Spesso pensava che degli occhiali le avrebbero regalato l’icona classica della segretaria, e quando lo pensava mimava la camminata e sculettava per l’ufficio, non vista, era troppo timida per apparire, era troppo fragile in quel contesto, era troppo fragile.
Riaprì la chat, controllò l’ultimo messaggio, lo aveva scritto lui, ‘esco amore’, lo rilesse, sorridendo, e subito fece una smorfia, pensando, ‘ma dove sei’, allora fece scorrere i vecchi messaggi, sorrise leggendo la conversazione della mattina, un delirio di cuoricini e dei racconti buffi della giornata che lui aveva trascorso a lavoro, i suoi colleghi, il suo capo, erano tutti personaggi reali per lei, lui riusciva a descriverli così bene che sembrava li conoscesse da sempre, e anche lui, era così vero, dietro quello schermo, era pazzesco quello che le era successo, che le stava succedendo, sorrise, ma subito spense il computer, e andò sul divano, nella penombra riuscì a nascondere il suo viso triste al fidanzato, provò a guardare il film con lui, ma poi cambiò idea, lo accarezzò, lo convinse silenziosamente a spegnere e ad andare a letto, e fece l’amore con entrambi, lei venne subito, immaginando altre mani e altri sguardi, altra bocca, altro corpo, poi fece venire lui, e il fidanzato, chiudendo gli occhi e immaginando la sua felicità di quell’orgasmo, si addormentò subito, il fidanzato, nel letto, innamorato, la strinse a se. Se solo lui fosse stato al computer, pensò addormentandosi.
La mattina si alzò leggermente agitata, ma sicuramente avrebbe chiarito, lui le mancava da impazzire, doveva leggerlo, ascoltarlo, e la sera prima non era riuscita, magari lui non ha potuto, eppure lui usa lo smathphone, il nervosismo aumenta, si prepara velocemente, esce. Fa freddo, anche dentro, accende la macchina e parte. Durante il percorso, come spesso fa, immagina di vederlo, eccolo, è lui, vestito di blu, poi lui diventa un altro con il cappello, poi quello in divisa, ma oggi non la diverte, realizza che in realtà ieri lei non gli ha nemmeno lasciato un messaggio, e se ne pente, e nemmeno lui, magari ha pensato che io fossi con il fidanzato impossibilitata ad accendere il PC, si, sicuramente è così, anche se lui quando deve salutare, scrivere, lo fa senza problemi, stava per arrivare a lavoro, avrebbe avuto le sue risposte.
Pochi scalini, l’ufficio già aperto, accende la ciabatta e subito l’interruttore del Computer, bip, bip, intanto lascia la borsetta sulla scrivania, la sposterà poi, si siede, saluta un paio di persone che, come ogni giorno, sgabuzzando dalla porta del suo ufficio le sorridono e la salutano, saluta uno dei due principali che non le risponde, rapidamente login e password, poi il desktop del computer, identico a quello di casa, con qualche icona di programma di lavoro in più, click, il loro ultimo social, quello dove si può scrivere senza apparire presenti, il loro ultimo mondo, la loro nuova alcova, il loro tappeto volante. Nulla, nessun segnale, sempre l’ultimo ‘esco amore’, allora punta il cursore nel campo di digitazione e scrive ‘ciao amore, ma dove sei, mi manchi’ e riduce a icona la finestra, quando lui risponderà il Computer la avviserà discretamente. Delusa va al distributore di bevande per il suo caffè, conversa con un operaio senza e tornando nel suo ufficio non sa nemmeno di cosa hanno parlato, sta incominciando a innervosirsi, preoccuparsi, stare male. Ripercorre mentalmente i loro ultimi due, tre giorni, cercando qualcosa di anomalo, ma nulla, il loro ultimo brutto screzio era già stato dimenticato, e risaliva a mesi addietro, allora pensò alla fortuna che aveva, erano già alcuni anni che si amavano, che facevano l’amore, che lei riempiva la sua vita con la sua presenza, sospirò, si gettò sul lavoro, ma con la mente a lui.
Un brutto pensiero, dopo qualche ora, le venne alla mente, che davvero lei avesse sbagliato a non incontrarlo, poi, sicura di se, lo scacciò via, la sua relazione, era il completamento della sua vita, di quella con il fidanzato, e non avrebbe avuto senso metterla a rischio, ridusse quel pensiero ad un quesito minore, davvero non mandargli la sua foto continuava a non essere una buona idea? L’ultima volta che lui ha chiesto, disperato, di vederla almeno in foto, lei si chiuse nel suo solito no, che questo lo abbia logorato, lo abbia allontanato magari inconsciamente, no, non era possibile, il loro amore era così totale, impensabile una cosa simile, ma dove era adesso, riaprì la finestra della chat come se stesse sollevando il tappo della sua gabbia come se avesse la certezza di vederlo. Nulla. Proseguì la mattinata nervosa, adesso era preoccupata, la pausa pranzo non la aiutò, non toccò cibo, era costretta ad aspettare, non era mai successo, era completamente a disagio. Il pomeriggio passò nervosamente, un altro messaggio lasciato in quella chat, ‘mi sto preoccupando amore, ma che succede?’ poi lei andò via dal lavoro, sempre più preoccupata, amareggiata, sofferente.
La sera, a casa, cucinò per distrarsi, al computer c’era il fidanzato che finiva alcuni lavori, non poteva sapere se lui avesse scritto, non avere nemmeno scambiato il numero di telefono si rivelò un altro imperdonabile errore, pensò, ma poi si tranquillizzò, se lui fosse una persona cattiva, se lui fosse un cercatore seriale di donne in rete, se lui fosse… poi si strinse le mani sulla faccia, e pianse in silenzio, le mancava così tanto, da impazzire, aveva necessità delle sue parole, di sentirlo, di fare l’amore con lui, singhiozzando girò il sugo, tappò la pentola della carne, e iniziò ad apparecchiare, volando per un attimo con la fantasia, immaginando di apparecchiare per lui, sperando che la cena fosse di suo gradimento, e certa che la giusta dose di vino li avrebbe spinti a fare l’amore come mai lo avevano fatto, stappo una bottiglia di rosso. Si raggelò, come era possibile provare tante sensazioni, la sua risposta era: l’amore. Solo l’amore poteva tanto, e, si, lei era innamorata alla follia. Per un attimo, il tempo di finire di apparecchiare, considerò che forse lui non era così innamorato come  le diceva, non si spiegava in altro modo quel maledetto silenzio, quasi un giorno ormai. Sentiva i polmoni scaldarsi, aveva un magone così grande che non sarebbe certo riuscito a nasconderlo al fidanzato, lo chiamò per la cena. A fine pasto lui sparecchiò, poi la abbracciò e le chiese che avesse, lei rispose, dolce ma fredda, che era solo molto stanca. Il divano non la aiutò, la televisione nemmeno, e avvicinarsi al computer e costatare che lui non aveva ancora risposto la mandò in una nuova dimensione, mai raggiunta, mai nemmeno immaginata, stava male per un amore che aveva deciso di portare avanti, e che, maledizione, era riuscita a devastarne l’anima, la mente, il corpo, cosa stava succedendo, perché lui non c’era più, e dove era. Andò a letto e per quasi tutta la notte cercò spiegazioni, ma si rese solo conto che lei era stata nei suoi confronti così ermetica che se per caso lui avesse trovata un’altra più interessante, forse, sarebbe scappata con quella. No. Non era possibile, lui la riempiva di fotografie, era fidanzato ma non innamorato della fidanzata, aveva due figlie dal primo matrimonio, cavolo, che fosse in qualche modo incastrato da qualche vicenda legata alle figlie, e in quel momento le vide, e nel buio di quella stanza, con il suo fidanzato ancora alla televisione, illuminò la stanza di quel ricordo, una delle prime foto che lui le mandò, le sue figlie, che belle. Poi si rigirò, e piangendo lo chiamò in silenzio, disperata, dove sei, dove sei amore, sto male, aiutami, mi sembra di impazzire.
L’indomani arrivò al computer, a lavoro, in condizioni pessime, velocemente aprì la chat, niente, ancora niente, che lui la avesse presa in giro per tutti questi anni, ma che senso avrebbe avuto, e si complimentò per aver mantenuto il suo anonimato, per poi rendersi conto che proprio lui una volta le disse che non avrebbe mai voluto il suo indirizzo, un suo recapito, e che lei aveva un nome, un cognome, un Nick, mentre lui aveva solo un nome, per giunta falso, e che anche se fosse stato vero lui non avrebbe mai potuto rintracciarla, si complimentò amaramente, maledicendo se stessa, poi si rasserenò, aveva il suo fidanzato, era lui più importante di tutto, forse non si sarebbe mai sposata, ma lui la amava, la amava così tanto, si alzò, andò a prendere un caffè, nervosa, pensando che lei amava lui. Da impazzire, da morire.
Sedendosi al computer aprì il browser, digitò il suo nome e il suo cognome nel campo di ricerca, per primi alcuni profili facebook, due, nulla, poi a seguire il suo nome sulle pagine bianche e ancora no, non era lui, il terzo risultato era quello delle immagini, lo aprì velocemente, che fosse li, vide più volte lo stesso ragazzino, altre persone che non erano lui, non erano le foto che lei aveva di lui, non era lui, no, ma continuò a scorrere la pagina, alcune immagini di pubblicità, altre cose inutili, passò alla seconda pagina ma senza nessun riscontro, lui, che era ovunque sui social, non esisteva su google, rabbrividì, rendendosi conto che in quel momento si stavano aprendo mille possibilità, mille risposte ad una sola domanda, lui, chi era? Chiuse istintivamente la pagina di ricerca del browser, come se potesse in quel modo difendersi da tutte quelle facce che nonostante avessero il suo nome e cognome, non erano lui, ma forse anche per difendersi da lui. La giornata, lunghissima, sembrò non passare mai, a metà mattina andò in bagno, e chiudendo la porta le vennero in mente tutte le volte che lei, e lui, avevano fatto l’amore la dentro, lui aveva il potere di possederla, farla sentire donna, farle raggiungere estasi così forti da farle tremare anima e corpo, si sedette e pianse, pianse con il cuore, pianse quasi singhiozzando ad alta voce, dove era, perché non c’era, sarebbe riapparso, si, doveva riapparire, anche lui era innamorato, anche lui. Si fermò finché qualcuno non cercò di entrare nel bagno, era abbastanza serena in viso quando uscì, nessuno le chiese nulla, il ritmo di lavoro era frenetico per tutti, solo lei era sulla scrivania, nella sua staticità, dietro quel computer, difesa da mille accorgimenti informatici che capiva con difficoltà, difesa da tutti con il coltello del non rivelarsi mai, non apparire, ma con il terrore che qualcuno bravo in informatica avrebbe potuto, forse, violare qualunque sua intimità. Si tranquillizzò solamente all’idea di non aver mai ne accettato fotografie spinte, lui qualche volta, soprattutto quando facevano l’amore, aveva provato a chiederle se poteva inviargliele, né tantomeno di averne mandate lei a lui, né dal computer del lavoro, né da quello di casa, e respirò un po’ più serena quando riconsiderò l’anonimato dei suoi account, con solo dei Nick, senza mai far apparire nome e cognome, anche la sua mail era tanto anonima quanto accattivante, ma non rendeva assolutamente nulla della sua identità. Anche in ufficio non appariva nulla, il suo lavoro non prevedeva firme, al telefono era solamente Daniela, senza età, senza espressione, solo una voce molto professionale, no, non era mai apparsa nemmeno nei software di lavoro.  Tornò alla sua scrivania, aprì la finestra della chat e scrisse: ‘non mi piace questo scherzo, sono terribilmente preoccupata, e mi manchi da morire, ti prego, dammi un segno’. A fine giornata spense il computer, si sentiva sola, si sentiva vuota, lui le riempiva ogni istante, e gli istanti ora si stavano dissolvendo nella paura.
Rientrata a casa si preparò con calma, un’uscita con le amiche, non aveva voglia di andare in piscina, stava anzi, pensando di iscriversi in un maneggio, ma non erano certo quelli i giorni in cui avrebbe fatto scelte simili, non vide nemmeno il fidanzato, uscì prima, e si trovò con le amiche per un aperitivo, una delle sue amiche, e lei lo sapeva bene, riusciva a vedere le cose, sapeva già prima, aveva una dote, e cercava continuamente di non averla, sperava di non usarla, che fosse sempre una coincidenza tutto, ma non fu così, quando la vide le chiese immediatamente che cosa fosse successo, perché avesse quella faccia e chi la stava preoccupando, l’altra amica viste le incalzanti domande la abbracciò come per difenderla, Daniela iniziò a piangere, ma non riuscì a raccontare nulla, l’amica non chiese più, passarono una serata diversa dal solito, anomala e silente, lei si rese conto di quanto fosse stravolta da quella situazione, e quanto avrebbe voluto risolverla definitivamente, a quel punto, anche troncando del tutto ogni contatto, poi rabbrividì, lui lo stava già facendo. Tornò tardi a casa, i consigli delle due amiche erano semplici, anche senza approfondire erano molto scontati, considerare tutto, nei minimi dettagli, e valutare le possibilità che ogni singola considerazione avrebbe offerto, così si ripromise di fare. Rientrando accese il computer quasi maniacalmente, nulla, nessun messaggio, credendo di reggere ancora s’infilò nel letto, senza piangere, il fidanzato la sentì sotto le lenzuola e la abbracciò, era caldo, lei si attaccò a lui, di spalle, e così, piano piano, lui la prese, lui venne dopo un po’ di tempo, lei no, nessuna domanda, nessuna risposta, si addormentarono. L’indomani non avrebbero lavorato, era già in programma vedere una casa al mare, come ogni anno la avrebbero affittata per le vacanze, una decina di giorni lontani dal caos cittadino, le sue ferie, tanto temute, ma forse questa estate sarebbero state diverse, lei e il fidanzato partirono a mezza mattina, lui guidava tranquillo, lei era immersa nelle sue estati con lui, estati in cui lei e lui dovevano limitare assolutamente le loro comunicazioni, in vacanza lei non portava mai il computer, e il fidanzato lo stesso, quindi diventava triste e in realtà sperava sempre di trovare il modo di comunicare, lui, paziente, la aspettava, era sempre rassicurante, fiducioso, innamorato, una volta quasi si fece scoprire, una delle due amiche era passata a trovarla e aveva con se un tablet, lei quasi istintivamente lo contattò, pochissimi minuti, minuti che la ripagavano dell’attesa, il fidanzato senza nessuna malizia in un attimo in cui lei era assorbita da mille pensieri, incantata dalle sue parole, le prese dalle mani il tablet, lei urlò, e senza nessuna scusa plausibile mentì, strappando di mano le prove del suo delirio dalle mani del fidanzato, chiudendo velocemente chat e finestre compromettenti, e porgendolo al fidanzato, ‘ho finito’ gli disse, un lungo imbarazzo per tutti, lei si ripropose di non commettere più errori simili, l’amica sdrammatizzò, erano già passati tre anni da allora, avevano dimenticato l’episodio, ma forse come non lo aveva dimenticato lei, non lo aveva fatto nemmeno il fidanzato. Arrivarono nel solito complesso residenziale, un paradiso immerso nel verde con pochissime casette a schiera, una breve contrattazione con il padrone di casa, non era cambiato nulla, stesse condizioni, stesso periodo, si strinsero la mano, era tutto come l’anno passato, a parte che probabilmente lui non ci sarebbe stato, nel viaggio di ritorno immaginò la sua vita senza lui, e considerò che prima di conoscerlo era comunque viva, poi si rassegnò, si, era viva, ma non come lo era da quando lo ha conosciuto.
Quel sabato passò così velocemente che si ritrovò alla domenica mattina, sveglia prima del fidanzato accese il computer, solite veloci operazioni, e nulla. Analizzò allora le varie possibilità, seguendo il consiglio delle amiche.
La più probabile era che lui si fosse completamente disinteressato a lei, quel rapporto a distanza e il sesso virtuale forse lo avevano stancato, ed il migliore metodo per interrompere quella relazione  probabilmente era quello di sparire così, ma allora quel messaggio, il suo ultimo, lasciava solamente spazio per il suo ritorno, oppure lei pensò che così scrivendo gli avrebbe regalato una calma relativa, senza appunto preoccuparla, quindi considerò la sua esistenza intera reale, vera, e il loro incontro su internet casuale, quindi la sua famiglia e i suoi racconti, comprese le sue foto, rimanevano assolutamente suoi, palpabili come palpabile era lui quando facevano l’amore, ripercorse le volte in cui a lei piacque di più in assoluto, e si fece venire dei brividi, ma senza andare oltre, lei non riusciva a venire da sola senza lui, e questo diventò una conseguenza del suo amore, loro due mentalmente erano una sola cosa, riuscivano a capirsi in un istante, da quello che scrivevano, dalle sole pause, da quello che non scrivevano, erano così uno dentro l’altra che sembravano essere sempre stati insieme, una sola cosa. Quindi quella possibilità vanificava anni di un rapporto così intenso, o forse lo amplificava, lei ricordò una cosa che lui le ripeteva spesso, una volta gli aveva detto che quando si fosse trasferita per convivere col fidanzato, la loro relazione sarebbe finita, lei negò più volte ma senza troppa convinzione, accettando poi la sua dichiarazione, quindi c’era anche la possibilità che lui la abbia lasciata libera nella sua relazione reale, come diceva spesso, perché facesse dei figli, e si restituisse una vita normalmente reale. Poi, terrorizzata, si rese conto di non aver preso in considerazione la possibilità che quel suo amore potesse crescere, aumentare a dismisura, e che lei non riuscisse davvero a fare a meno di lui. Riassunse mentalmente quella possibilità, negandola però a se stessa, con la convinzione che quel suo ultimo, ‘esco amore’ fosse reale in una realtà reale e non virtuale, si, lei e lui si erano sempre toccati, l’anima, la mente, il cuore, e lei non aveva bisogno della sua fisicità, non era necessaria. Poi si gettò sul divano, e disse a se stessa che forse era lui che ne aveva bisogno, chiedendola lecitamente, come lui stesso dichiarava, ma poi finiva sempre con la solita frase, ‘ti rispetto più di quanto ti amo’, e lei considerava una forma assoluta di amore già soltanto questa dichiarazione. Quanto avrebbe voluto vederlo, guardarlo, abbracciarlo, e soprattutto quanto avrebbe voluto che lui vedesse lei, finalmente, per regalarle quelle sensazioni uniche che mancavano, ma da quasi subito evitò, sapendo irreversibile quell’incontro, scappando, fuggendo, correndo più veloce del dolore e del destino. Ma ora che aveva chiuso il destino fuori, il dolore era dentro lei, chiuso a doppia mandata, ‘maledizione’, urlò su quel divano, ‘maledizione’. E poi in silenzio si fece guardare da una televisione che non trasmetteva nulla di quello che lei avrebbe voluto.
Poi vagliò un’altra possibilità, che lui fosse una persona grande e matura era evidente, non poteva essere un ragazzino, ma magari era uno sfigato, uno storpio, uno senza una vita sociale, anche se era uno maledettamente bravo con le parole, e con il computer, o magari era una lei, ma se era un a lei, conosceva perfettamente il mondo femminile, e decisamente bene quello maschile, qualche volta le venne in mente che lui potesse essere il suo fidanzato, in realtà il fidanzato aveva sempre lo smartphone in mano, ma non avendo mai avuto nessun social, immaginava usasse frequentemente whatzapp, e glielo confermava, per lavoro, con la sua famiglia, tra i loro amici, quindi lei regolarmente escludeva quella possibilità, loro erano fidanzati da tanto e solo da poco avevano scelto di convivere, no, lui e il suo fidanzato erano due persone differenti. Era una lei? Per un attimo immaginò l’incontro, lei e lei, immaginò che lei si presentasse educatamente e si scusasse per non avere avuto il coraggio di dirle che era una lei, attratta fortemente, e si lasciò andare solo un istante alla possibilità che amare una lei, anche se considerandolo da sempre un lui, sarebbe anche potuto essere normale, visto poi che lei/lui erano così maledettamente da amare. S’immaginò allora con lei, quella domenica sul divano, e chiudendo gli occhi la baciò, come mille volte aveva fatto con lui, le aveva, gli aveva rivelato di non riuscire a raggiungere l’orgasmo con la penetrazione solo pochi mesi prima, e da quel periodo le cose tra loro erano migliorate notevolmente, dopo la loro ultima crisi, avevano infatti iniziato a eliminare sott’intesi e imbarazzanti verità, lasciandosi attraversare completamente uno dall’altra. E in quel momento era una lei che le stava baciando il viso, le labbra, gli occhi e le passava le dita tra i capelli, si eccitò a tal punto che, certa di non essere scoperta, raggiunse in pochi minuti un orgasmo così potente da farla quasi urlare, e soffocando l’urlo si vide da fuori, con la sua amante, con la sua amata, completamente coinvolta, questa volta il sapore delle sue dita sapevano di donna, non più di uomo. Chiuse gli occhi, non pianse, ma considerò comunque che il sui amore per lui, o per lei, fosse così assoluto che le facesse perdere completamente la testa, il controllo, aveva dato la sua anima in quell’amore, stava patendo le pene dell’inferno, mancava così tanto, le sue parole, le sue delicatezze e le sue crude verità, i suoi silenzi interrotti solamente dalle sue più dolci attenzioni, valutò tutta la mattina la possibilità di scappare da quel suo mondo relativo, per incontrare l’unica ragione violenta della sua esistenza, lui, il suo amore, o lei, sempre il suo amore, unico ed eterno, e sorrise da sola quando ripensò alle sue parole, un amore così eterno, che durerà per le prossime mille vite. Quando lui diceva così lei rispondeva che le sarebbe bastato essere amata da lui anche solo in questa vita, entrambi si giuravano continuamente amore eterno. La giornata passò velocemente, doveva arrivare a lavoro lunedì senza patire troppo, magari lui le aveva già risposto, ma non poteva rischiare di accendere il computer. La notte lui cercò un approccio, voleva fare l’amore, lei, per la prima volta, si negò, lui le chiese come mai questo malumore da qualche giorno, lei lo baciò, dicendogli che se non se ne fosse accorto, sarebbe stato gravissimo per lei, era uno dei motivi principali che la portava a continuare a stare con lui, poi gli disse di non preoccuparsi, che sarebbe passato presto, si addormentarono, lui non la abbracciò come quando facevano l’amore, anzi, si girò dall’altra parte, lei pianse un po’ anche per il fidanzato, si sentì dannata, maledetta per non aver la serenità, eppure fino a pochi giorni prima si sentiva così amata, completa. Non dormì.
Lunedì accese il computer a lavoro immediatamente, solite operazioni automatiche e nulla, solo la sua ultima frase indirizzata a lui, allora, disperata, scrisse il suo numero di telefono nel campo di scrittura della chat e inviò, senza pensarci, poi ancora più rapidamente aprì il campo delle immagini e ne cercò una che le piacesse, e la inviò, poi scrisse ‘amore sto impazzendo e sono preoccupata, chiamami’. Chiuse la chat, la finestra e aprì il programma di lavoro, tremava, come una foglia, aveva fatto forse un errore gravissimo, aveva lasciato il telefono, il suo unico numero, quello storico, e soprattutto gli aveva mandato una fotografia, o forse aveva fatto benissimo, forse sarebbe apparso finalmente, e comunque non aveva più altre alternativa, stava troppo male per continuare in quel delirio e nell’incognita che lui non tornasse più, doveva osare, e aveva deciso, avrebbe lasciato il fidanzato, si, era così sicura che lo avrebbe fatto, se solo lui fosse tornato, e anche se non fosse tornato. Nella sua coerente follia di quell’amore aveva deciso, nel momento stesso che inviava il numero e la foto, di lasciare il fidanzato, non meritava tanta pena e lei, non ne era innamorata, e lei non faceva l’amore con il fidanzato, ma con lui si, assolutamente e solamente con lui. Iniziò a tremare, riaprì la chat, sapendo che non c’erano spunti di lettura e quindi non avrebbe saputo mai se lui controllava regolarmente la chat, la richiuse, lavorò per un paio di ore prendendo alcuni caffè, nervosamente. La chiamò il fidanzato, lei rispose e scoppiò a piangere, le disse che non sarebbe tornata a casa stasera, che non se la sentiva più di andare avanti in quella relazione, di perdonarla, e sempre in lacrime chiese scusa altre volte e chiuse la telefonata. Era sola. Sola ma risoluta, non voleva che amare lui, non poteva ancora prendere in giro il fidanzato, non doveva, ma adesso era sola, e finalmente libera di amare. Il suono del messaggio di whatzapp, non personalizzato, la fece scattare verso il telefono, ‘ciao amore’ lesse, iniziò a tremare, era lui, lei scrisse tremando; ‘mi hai fatto morire di paura, paura di perderti, hai un sacco di cose da spiegarmi sai’ quasi sdrammatizzando e cercando di rimanere tranquilla, calma. Vide nella chat dello smarthphone che lui stava scrivendo, e aspettò, di colpo apparse la scritta ‘Passo a prenderti stasera quando esci dall’ufficio, se mi vorrai dire dove Daniela’, lei rispose dopo avergli scritto il suo indirizzo; ‘Certo amore, ora sono solo tua, più tua di sempre, ho appena chiuso con il mio fidanzato.’
‘Lo so’
Rispose lui, e lei, leggendo terrorizzata quelle due parole, si rese conto di aver sbagliato tutto, maledetta irrealtà virtuale.
 Cesare
3 - 17 Gennaio 2017 
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