Tumgik
#byroniano
readplayerone99 · 26 days
Text
Cime tempestose
Tumblr media
🅰🅻🅻🅴🆁🆃🅰 🆂🅿🅾🅸🅻🅴🆁 SIETE STATI AVVISATI
Inauguriamo questa prima stagione di recensioni con un grande classico della letteratura inglese: Wuthering Hights, in italiano Cime Tempestose. 
La storia racconta di questo gentiluomo, il signor Lockwood, che decide di affittare una casa di campagna, dal misterioso e rude Mr. Heathcliff. Grazie al racconto della signora Dean, la governante che ha lavorato a lungo per la famiglia di Heathcliff, Lockwood scoprirà quale triste e tragica storia si cela dietro la casa in Wuthering Height.
Inizio col dire che sono una Austiniana convinta, quindi per me leggere questo romanzo è stata un' esperienza non molto diversa da quella provata dal civile Lockwood, una volta giunto nella inospitale brughiera. Penso fosse proprio questo l'effetto che Mrs. Bronte volesse suscitare nello spettatore e direi che ci è riuscita benissimo.
Siamo molto lontani dalle ridenti colline dell' Hampshire, brulicante di personaggi gentili e cortesi (talvolta anche un po’ sciocchi, ma tutto sommato simpatici), e dimenticatevi anche le storie d'amore, dolci, ma mai stucchevoli, della nostra amatissima zia Jane. 
Entrando in questo romanzo, siamo accolti dalla natura più selvaggia, dove solo la fioca luce del camino e le sagge parole di Mrs. Dean (a mio avviso, unico personaggio positivo della storia) riescono a darci un po' di conforto dal magone provato ora da uno, ora da un altro personaggio. 
Perché sì, nonostante vogliano far spacciare Cime Tempestose come una storia d'amore tra due persone, essa lo è solo in parte. Questo romanzo è in realtà la storia di due famiglie, unite e divise da un unico uomo, Mr. Heathcliff, molto simile, nella sua ossessione per la bella Catherine, ad un eroe Byroniano, ma che poi lo vediamo trasformarsi, torto dopo torto, in un villain da romanzo gotico, che sotto quello sguardo rude nasconde una mente  fredda e calcolatrice, che usa le persone care al suo nemico come pedine di una scacchiera. Ma, non abbiatecela troppo con lui, perché, come purtroppo accade molto spesso, è il mondo ad averlo reso così. E poi c'è la sua bella, Catherine Earnshaw, che non ha nulla a che spartire con una Elizabeth Bennet o con una Elinor Dashwood. Se quest'ultime benchè avessero un qualche difetto, come l'orgoglio o l'eccessiva razionalità, Catherine ha difetti e basta; non è, insomma, la classica eroina che farebbe di tutto per avere il suo uomo, anzi si può dire che è lei stessa una delle implicite cause scatenanti della vendetta di  Heathcliff e della futura infelicità dell' altra famiglia protagonista, i Linton. 
Ma a voler essere sinceri, tutti i personaggi in questa storia, chi più chi meno, hanno dei difetti e dei torti che hanno subito o che commettono l’uno verso l’altro: un po' come nella vita reale, nessuno è esente da colpe.  Anzi, l'antagonista è molto scaltro nel saper sfruttare queste colpe, spesso dettate dalla vanità, vanità di cui lui stesso è stato vittima.
Un punto che mi sento di dare a favore di questo romanzo è quel breve accenno di paranormale. Non aspettatevi fantasmi rancorosi alla Takashi Shimizu: qui la morte non segna la fine, ma il ritrovamento di una pace perduta, di un ritrovarsi in un altrove, dove l' al di qua, con le sue ipocrisie, tende a dividere ed a estraniare il diverso.
Il mio voto: 7\10
Consigliato: Si
1 note · View note
elarchivodeariel · 11 days
Text
Tumblr media
HIJO DE CAÍN
George Gordon, más conocido como Lord Byron, es reconocido en el mundo de la #Literatura y en la sociedad en general como uno de los más notorios precursores del #Arquetipo del #Poeta Maldito.
Nacido en 1788, en #Londres, #ReinoUnido, Gordon es un emergente propio de su época. Miembro de la #NoblezaBritánica, el revolucionario #Byron asumió su puesto en la Cámara de los Lores solo para ir y decir que el carácter hereditario del cargo le parecía vergonzoso. Dicho esto,  inmediatamente renunció.
Escritor con profundo sentido crítico desde su temprana juventud, Byron se distingue dentro del #RomanticismoBritánico por su capacidad para decir con ironía conceptos polémicos que, tanto en su tiempo como hoy todavía, a la gente le duele leer o escuchar.
En su CAÍN, poema emblemático del pensamiento byroniano, el autor se detiene a cuestionar el concepto y la esencia del #Mal, mientras se dedica a identificar a qué cosas la sociedad de su época consideraba demoníacas.
La lectura de CAÍN, de Lord Byron, es una experiencia no apta para mentes que le temen a la pregunta y estigmatizan la duda metódica. CAÍN es #Poesía, y también #Filosofía. Con cada página de CAÍN, Byron nos adentra en un estado de profunda reflexión, provocando inquietud mientras leemos sus letras llenas de #Belleza.
Byron, ese noble rebelde, revolucionario y enamorado de la #Libertad, nos invita a cuestionar siempre, y a comprender como él, lo que no podemos negar. En tanto miembros de la #Humanidad, todos, nos guste o no, somos hijos de Caín.
¿Qué vamos a hacer al respecto?
Flavia Vecellio Reane.
Abril 19, 2024. A 200 años de la muerte de #GeorgeGordon #LordByron.
@FlaVecellio
0 notes
polifema32 · 1 year
Photo
Tumblr media
El influjo de Bécquer en toda la poesía posterior escrita en castellano es importante, esbozando estéticas como el simbolismo y el modernismo en muchos aspectos. Frente al Romanticismo altisonante y byroniano de un José de Espronceda, Bécquer representa el tono íntimo, al oído, de la lírica profunda. Su «Himno gigante y extraño» rompe con la tradición de la poesía cívica y heroica de Manuel José Quintana y los colores vistosos y la historia nacional de Ángel de Saavedra, duque de Rivas, o José Zorrilla, para meditar profundamente sobre la creación poética, el amor y la muerte, los tres temas centrales de las Rimas. Manuel Altolaguirre afirmó que la poesía de Bécquer es la más humana del Romanticismo españo #gustavoadolfobecquer #poesía #literaturaespañola 🍃🍃🪴🪴🪴🐈🐈🐈🐈🪴🪴🪴🪴🐈‍⬛🐈‍⬛🐈‍⬛🐈‍⬛🍃🍃🍃🍃 ENVÍOS Y FORMA DE ENTREGA 📦🚇🐈🪴 Te invitamos a visitar nuestra tienda en línea https://linktr.ee/Loslibrosdepolifema Entregas personales todos los martes, miércoles y sábados en estación revolución línea 2 del STCM #escritores #lecturas #megustaleer #escritor #bookstagram #libreria #instalibros  #librosymaslibros #poema #librosjuveniles #instabooks #lecturasrecomendadas #librosenventa (en Mexico City, Mexico) https://www.instagram.com/p/CpdjzSnPQym/?igshid=NGJjMDIxMWI=
0 notes
apeop · 4 years
Text
O derradeiro amor de Byron
O derradeiro amor de Byron
Tumblr media
(more…)
View On WordPress
0 notes
beevean · 3 years
Note
Ogni tanto ripenso al fandom italiano di Sonic dei primi anni 2000 e a come volesse a tutti i costi che Sonic fosse questo antieroe byroniano e solitario a cui non importa nulla degli amici e lollo tantissimo
Sono stracontenta che non ho idea di che cosa tu stia parlando, ma l'idea del fandom di Sonic che voleva che Sonic diventasse più serio e maturo e edgy, negli anni 2000, mi fa volare altissimo ✈️
10 notes · View notes
papesatan · 6 years
Text
Ahimè devo dare ragione a @coloratiriflessi. Questo ottavo capitolo della saga delle guerre stellari non mi ha fatto poi così tanto schifo come desideravo – se non all’inizio. Apprezzo la mano sorniona con cui conduce i fan su binari ben conosciuti, per poi divertirsi a sviarne il passo (tranne in un caso) mollandoli fra vicoli ciechi e “Pensavo che…”, tramite cui si sgancia e riaggancia in continuazione alle opprimenti (adorate *_*) pastoie della Trilogia. E dio solo sa quanto ami prendere strade che non portano mai a niente.
8 notes · View notes
vangguk21 · 3 years
Photo
Tumblr media Tumblr media
☆★ ’ Spleen Byroniano 
› Leia aqui. ’ ⋆
78 notes · View notes
lipid · 3 years
Note
go suck on a lemon
Lelouch Lamperouge es el protagonista principal y Héroe byroniano de las series Code Geass y Code Geass R2. Es el hijo "dado por muerto" de la familia imperial de Britannia. Apodado Lulu (ルル Ruru?) por sus amigos, es un muchacho de 17 años. Su verdadero nombre es Lelouch Vi Britannia (ルルーシュ・ヴィ・ブリタニア Rurūshu Vi Buritania?), quien busca a los asesinos de su madre, así como el responsable de que su hermana Nunally esté discapacitada. Comanda un grupo de resistencia llamado la Orden de los Caballeros Negros (黒の騎士団 Kuro no Kishidan?) cuyo objetivo es la liberación del Área 11 — Japón después de la conquista — del control del imperio del cual proviene.
Lelouch Lamperouge
Lelouch Lamperouge (ルルーシュ・ランペルージ Rurūshu Ranperūji?)
Sexo
Masculino
Fecha de nacimiento
5 de diciembre de 1999 a.t.b
Edad
17 (al inicio de la serie)
18 (en la segunda temporada)
Primera aparición
Episodio 1
Code Geass
Otros nombres
Lelouch Vi Britannia
Zero
Lulu
Julius Kingsley
Relevancia
Personaje Principal
Altura
1,78 m (5 ′ 9 ″)
Ocupación
Estudiante de la academia Ashford
Líder de la Orden de los Caballeros Negros
Príncipe del Sacro Imperio de Britannia
Piloto del Gawain
Procedencia
Sacro Imperio de Britannia
Familia
Marianne Vi Brittania (madre)
Charles Zi Britannia (padre)
Nunally Lamperouge (hermana)
Euphemia Li Britannia (hermanastra)
Cornellia Li Brittania (hermanastra)
Schneizel El Brittania (hermanastro)
Clovis Li Brittania (hermanastro)
Seiyū
Bandera de Japón Jun Fukuyama (adolescente)
Bandera de Japón Sayaka Ohara (niño)
Code Geass: Akito the Exiled
Nombre real
Julius Kingsley
Relevancia
Personaje Secundario
Altura
1,80 m (5 ′ 11 ″)
Ocupación
Consejero Militar
Estratega militar del Sacro Imperio de Britannia
Procedencia
Sacro Imperio de Britannia
Seiyū
Bandera de Japón Jun Fukuyama
Code Geass R2
Relevancia
Personaje Principal
Ocupación
Estudiante de la academia Ashford
Líder de la Orden de los Caballeros Negros
Emperador del Sacro Imperio de Britannia
Piloto del Shinkirō
Familia
Rolo Lamperouge (hermano falso)
Seiyū
Bandera de Japón Jun Fukuyama (adolescente)
Bandera de Japón Sayaka Ohara (niño)
Habilidades especiales
Geass
Poder de la obediencia absoluta
Lelouch Vi Britannia
99º Emperador del Sagrado Imperio de Britannia
2018 a.t.b-2018 a.t.b
Predecesor
Charles Zi Britannia
Sucesor
Nunnally Vi Britannia
Información personal
Nombre en japonés
ルルーシュ・ランペルージ Ver y modificar los datos en Wikidata
Nacimiento
América del Norte Ver y modificar los datos en Wikidata
Características físicas
Altura
1,8 m Ver y modificar los datos en Wikidata
Información profesional
Ocupación
Terrorista, mech pilot y fictional politician Ver y modificar los datos en Wikidata
5 notes · View notes
eliophilia · 7 years
Photo
Tumblr media
L’uomo della vita.
17 notes · View notes
ourslittlefairytale · 3 years
Text
Nosso corpo foi progamado para funções que vão do básico, vital, ao complexo, hiper específico. Uma delas, pra mim, faz com que o ser humano retire-se de sua postura habitual e passe a se comportar como arte. É a imaginação. Não vou dar lugar aos termos anatômicos, fisiológicos e bioquímicos por trás desse mecanismo. Não vou, pois é pouco pro que quero te dizer. Quero te dizer não termos técnicos, já os têm de sobra, vou além: quero te dizer o passional, o devaneio, o sensível... é através dela que vejo o quanto significa pra mim, pois em meio a tanto caos mundano me pego imaginando o refúgio que seria estar ao seu lado, e como me conforta! Imagino olhar nos seus olhos, sem pressa de viver, do amanhã...o agora bastaria, se pudesse enxergar teus olhos diante do meu. De cor tão bonita, tão suave, com uma paz que você, e só você, me traz. Se só seus olhos já me trazem sossego, junto com o restante, então, é tudo que preciso. Imagino também o teu sorriso perto da minha boca... pertinho. E em mim se espalharia felicidade. Imagino, então, o quanto quero isso: nossas bocas próximas o quanto puder. Imagino, também, o inevitável: te beijar. E como não querer, com um sereno olhar desviado só para mim e com um sorriso tão gostoso frente aos meus olhos? Te beijar seria inevitáve amor e, claro, difícil de parar. Imagino teus pés carinhando os meus, num ato pequeno, silencioso e único de afeto. Imagino nossas mãos entrelaçadas, inseparáveis. Imagino sua voz no meu ouvido, me contando nossas verdades, nossos afetos. Imagino, também, dizendo no teu, baixinho, beirando ao sussurro, num momento só nosso, de pura transparência: "te amo demais, amor, te quero demais, meu bem". Imagino também teus braços em volta de mim, fazendo de nós um lugar seguro, um lugar de amor, de escapismo (que nem os românticos byronianos falavam). Imagino todas essas coisas ao mesmo tempo: uma troca de olhares demorada, um beijo e palavras sinceras, um abraço aconchegante. Existe sorte maior? Claro que iríamos além disso, pois ainda assim não teríamos tido o suficiente um do outro. Iriamos desejar mais. E mais, e mais. Tu sabe onde chegaríamos. E teríamos em nossas mãos o que era desejo, desejo sem hesitação, sem dúvidas, sem impedimentos. E assim abriríamos espaço para uma intimidade inigualável tomar conta. Uma intimidade calma e ao mesmo tempo incontrolável, capaz de fazer nos desligarmos de tudo que é externo. E aí seria o momento em que o mundo, lá fora, não existiria, seríamos alheios a ele. Só haverá a gente prestando atenção nas vontades um do outro e, claro, fazendo todas, todas elas se realizarem. E tudo terminaria onde começou: com um olhar demorado, um beijo que diz muito, palavras que são insuficientes para dizer tudo e um abraço de paz... e seria mais fácil viver, haveria mais beleza em tudo que existe. Não ter isso muito me dói indiscutivelmente, mas me faz lembrar: ser cativada tem preço. E pagamos o nosso todos os dias. E imaginar torna um pouco, um pouquinho menos doloroso. Por isso, meu bem, que te convido aos meus devaneios e espero que com cada palavra dita, mesmo que sejam poucas, tenha ficado claro, explícito: você é minha maior vontade, minha espera mais urgente e meu amor genuinamente verdadeiro.
@ourslittlecastle
2 notes · View notes
pangeanews · 4 years
Text
“Non hai idea della mia totale infelicità dal giorno in cui mi sono separato da te”. Byron a Venezia: le avventure del poeta seduttore tra Marianna (“un’antilope”), Margherita “la tigre” e la contessa Teresa, sedicenne
Poeta di Childe Harold e dei celebri “racconti turchi” che diffondono per l’Europa la ‘moda’ dell’eroe byroniano in una quasi contaminazione estetica, Byron è anche straordinario personaggio, tra i primi a capire meccanismi e risvolti del fenomeno mediatico (per dirla in termini contemporanei). Provocatore e in lotta con l’establishment di cui pure fa parte – “I was born for opposition” dichiara in Don Juan –, crea la propria leggenda di uomo-dio, dalla vita pericolosa e affascinante.
Innamorato dell’Italia e di Venezia in particolare, in Italia Byron vive un periodo straordinario: con Childe Harold passa dalla stanza spenseriana all’ottava rima, legge Tasso, Boiardo e Pulci, oltre naturalmente al “gran padre Dante”, e fa propria l’ottava al punto da trasformarla, tout court, nella ‘stanza byroniana’. A Venezia conosce poi il suo ultimo amore.
Ci arriva il 10 novembre 1816, provenendo da Milano e prima dalla Svizzera, dove ha conosciuto ed è stato a lungo con gli Shelley sul lago di Ginevra. Dall’Inghilterra si è voluto allontanare in “esilio volontario” – lo dirà nelle lettere agli amici e all’editore – per la serie di scandali addensatisi con clangore di tempesta sul suo matrimonio con la rigida e devota Isabella Millbank, “la principessa dei parallelogrammi”, matrimonio finito dopo solo un anno e la nascita della piccola Ada, nonché altre ‘complicazioni’ private, la breve relazione catastrofica con la chiassosa Caroline Lamb e il legame felice ma impossibile con la sorellastra Augusta.
Il suo proposito è restare in Italia l’inverno e la primavera del 1816, quindi rientrare nell’isola. Echi della madrepatria lo raggiungeranno con le visite degli amici – Shelley, John Cam Hobhouse e altri –, ma non rivedrà più l’Inghilterra, né la figlia. Con lui resterà fino alla fine solo il fidato factotum John Fletcher.
*
A Venezia intreccia velocemente amicizie e relazioni amorose. La città gli si confà: Byron l’ama ancora prima di trovarvi asilo grazie alle letture, esperienze letterarie e libri di viaggio molto richiesti dai cosiddetti armchair travellers, i “viaggiatori in poltrona”. Venezia per lui è ancora Serenissima: l’atmosfera di libertà totale cittadina favorisce tutte le sue fantasie, dalle donne al Carnevale, dalle gite in barca alle feste e i teatri, alle bizzarrie estreme delle sfide a nuoto nel Canal Grande.
Ma a Venezia il mitico Lord anche scrive, e moltissimo: Manfred, il “poema metafisico” come lo chiama, The Lament of Tasso, il Canto IV di Childe Harold dedicato all’Italia, Beppo, A Venetian Story e l’Ode to Venice, The Prophecy of Dante, Mazzeppa e il caustico Don Juan.
È tra l’altro un puntuale, copioso, divertente autore di lettere: racconta la sua vita veneziana agli amici rimasti in Inghilterra in un furor scribendi sorprendente per il numero di epistole giornaliere (i 17 volumi dell’edizione Murray diventano 12 nell’edizione Marchand, che firma anche l’eccellente biografia in tre volumi). Una prosa torrentizia e non sorvegliata, avvincente, piena di spontaneità e senso dell’umorismo – talvolta più appunti che vere e proprie lettere – riferisce il tourbillon di amanti, feste e incontri, il ritorno a casa in piena notte con una fiaccola retta in bocca per non farsi travolgere dalle gondole, la vita grandiosa nei palazzi.
*
Alcune contengono struggenti descrizioni di Venezia, come in questa velata dallo schermo shakesperiano: “Venezia è sempre stata (accanto all’Oriente) l’isola più verde della mia immaginazione. Non mi ha deluso, malgrado la sua evidente decadenza. Ma io sono troppo abituato alle rovine per non amare la desolazione. Inoltre mi sono innamorato, il che, dopo il cadere in un canale, è la cosa migliore o forse peggiore che potessi fare. Ho trovato appartamenti molto belli nella casa di un ‘Mercante di Venezia,’ assai occupato dai suoi affari, e con una moglie di 22 anni. Marianna (così si chiama) somiglia a un’antilope. Ha occhi grandi, neri, orientali (…) pelle chiara (…) capelli ricci castano lucido…” (Byron’s Letters and Journals, BLJ 5, a Thomas Moore, 17 novembre 1816).
Marianna Segati è la prima delle sue frequentazioni femminili veneziane. All’amico Moore scrive di lei e altre amanti, del palco che ha preso alla Fenice, del Carnevale, le feste e le dame conosciute, non ultima la Contessa Albrizzi, nella cui casa ammira l’Elena di Canova. E intanto, “ogni mattina vado con la mia gondola a parlottare armeno con i frati del convento di S. Lazzaro” (24 dicembre 1816), perché vuol imparare l’armeno ma anche il veneziano, attratto dalla musicalità delle sue sonorità aperte comuni alla nostra lingua, che parla piuttosto bene:
Amo la lingua, quel dolce Latino bastardo, Che si fonde come baci sulla bocca di una donna, E risuona come fosse scritto sul raso, Con sillabe che respirano del dolce sud (Don Juan xviv)
*
Al suo editore, John Murray, Byron mostra invece una Venezia spazio letterario, prisma della sua fantasia di lettore: “è un luogo poetico; e classico, per noi, da Shakespeare ad Otway” (5 dicembre 1816). La sua visione della città è nell’ossimoro “cupa allegria” e silenzio di canali, calli e campielli: “Venezia mi piace quanto mi aspettavo, e mi aspettavo molto. È uno dei luoghi che conosco ancora prima di averli visti, e che mi ha sempre affascinato (…). Amo la cupa allegria delle sue gondole, e il silenzio dei suoi canali. Né disdegno l’evidente declino della città, rimpiango la particolarità dei loro costumi passati, sebbene molti sopravvivano”. Ma poi, comunque, “Carnevale sta per iniziare” (25 novembre 1816) e lui uscirà ogni sera, “in my cloak & Gondola, in tabarrato e gondola” (ad Augusta, 19 dicembre 1816).
Questa corrispondenza spesso si declina in vorticose girandole di arguzie: “e poi c’è piazza San Marco – e le conversazioni – e varie buffonerie…” (ad Augusta, 19 dicembre 1816); “ieri sera ero in casa del conte governatore che, naturalmente, comprende la migliore società, molto simile a raduni simili in ogni paese – e nel nostro – tranne che, invece del Vescovo di Winchester, trovi il Patriarca Venezia…”; dopo la pièce sul sacrificio di Isacco “han chiamato fuori l’autore – secondo il costume continentale – e lui si è presentato, un nobile veneziano, Mali – o Malapiero, di nome. Mala era il nome, e pessima [in italiano] la rappresentazione” (a Moore, 24 dicembre 1816). Questo al teatro Benedetto, ma “il teatro La Fenice (è) il più bello ch’io abbia mai visto …” (a Murray, 27 dicembre 1816
Solo con Augusta il canovaccio del perfetto e cinico viveur, amante imperterrito dalla sfrenata vita veneziana, si strappa a volte in sincerità: “Sciocchina mia cara – (…) non hai idea della mia totale infelicità dal giorno in cui mi sono separato da te…” (18 dicembre 1816).
*
Nel Canto IV di Childe Harold inserisce il suo inno appassionato a Venezia. L’annuncia all’editore Murray da Mira, nella campagna dell’entroterra veneziano dove trascorre il periodo più caldo dell’estate. Là, con la compagnia di amici “siamo esattamente una commedia di Goldoni” (14 luglio 1817). Al buonumore si avvicenda la serietà – “Considero Childe Harold la mia opera migliore” (15 settembre 1817) –, e la minuziosità delle note che accompagnano il Canto testimonia la sua passione per storia, costumi e carattere dei veneziani.
In versi molto noti racconta una Venezia incantata, nata dall’acqua per virtù d’incantesimo:
I stood in Venice, on the Bridge of Sighs… Stavo a Venezia, sul Ponte dei Sospiri, Da un lato un palazzo, dall’altro una prigione: Vedevo sorgere dalle onde i suoi edifici, Come al colpo d’una bacchetta magica. Mille anni mi stendono intorno le ali di nebbia … (IV 1)
E qui Byron fissa d’ora in poi l’“atteggiamento letterario” del viaggiatore contemporaneo verso Venezia: chiunque intraprenda il Gran Tour e abbia letto questo Canto arriva a Venezia con una copia del Childe Harold sotto il braccio – scriverà Ruskin – indicando anche nel Ponte dei sospiri il centro ideale della Venezia byroniana.
E tuttavia non parla della Venezia che vede tutti i giorni, ma una città già consegnata al passato, diventata già leggenda:
A Venezia ora non sono più gli echi di Tasso; E silenzioso il gondoliere voga senza più cantare, I suoi palazzi si dissolvono in mare E la musica non accarezza l’orecchio; Quei giorni sono passati per sempre, ma la Bellezza rimane. (IV 3)
*
È la stessa operazione di Beppo, A Venetian Story: mentre ricrea una Venezia priva di abitanti vivi e reali – “Per noi lei conserverà il suo incanto più a lungo / Del suo nome nella storia…” – la popola di “ombre possenti”, i dogi del passato splendido e le figure letterarie associate a Venezia, Shakespeare e Otway, “Shylock, Otello, il Moro” (iv 4):
Gli esseri creati dalla mente non sono di polvere: Nella loro essenza immortali, (…) muovono l’esistenza che più amiamo (IV 5)
Sono “rifugio”, “sentimento” e“terra d’incanti”, alla pari solo con le costellazioni dell’“universo impetuoso” della Musa (iv 6). Immagini che commuovono e legano: “Le ho viste o sognate”: “arrivate come vere – sono scomparse come sogni” (iv 7).
Chiudendo sulla nota della nostalgia il Canto si ripiega in sé, come tornasse al punto di partenza:
Ho sempre amato Venezia, fin da fanciullo: mi Sembrava una città incantata del cuore, Fatta di mura e colonne d’acqua che salgono dal mare, (…) dei momenti più felici Che tramano il tessuto della mia esistenza, Alcuni sono tinti dei tuoi colori, o Venezia! (IV 18)
*
Da sempre amante del mare, a Venezia Byron ‘scopre’ il Lido. Ne è tra i primi, entusiasti estimatori e tra le molte mode da lui “lanciate” c’è anche questa del Lido, “in tutta la gloria di un azzurro cielo italiano” (a Murray, 14 aprile 1817).
Vicino all’antico fortino di S. Nicolò tiene alcuni purosangue arabi: quasi ogni giorno e da solo, va a galoppare in riva al mare fino a Malamocco. La spiaggia è – anche oggi – oro, erbe lunghe che crescono spontanee sulle dune, ardere di tramonti viola in mare aperto.
Nel 1818 �� suo ospite Shelley, che ricorderà le passeggiate a cavallo e la loro amicizia nel poemetto Julian e Maddalo. Julian è Shelley, Maddalo è Byron, e così doveva essere il Lido, agli inizi dell’800:
Cavalcavo una sera con il Conte Maddalo Sulla striscia di terra che rompe il flutto Dell’Adriatico verso Venezia. È una brulla spiaggia Di dune, modellate dalla sabbia sempre in movimento, Cosparsa di cardi ed erbe acquatiche, Che la melma salata fa nascere dall’abbraccio con la terra; Un luogo di mare disabitato, Che persino il pescatore solitario, asciugate le reti, Abbandona…
Il Lido è all’epoca una distesa brada, spezzata solo da rari arbusti, qualche legno sbiancato dal mare. Accanto, la marea crea lingue di terra piatta, “Dove ci piaceva cavalcare al crepuscolo”:
Nell’aria assolata le folate di vento Alzavano la viva spuma marina Fino al viso; vuoto era il cielo azzurro, Striato in lontananza dal nord che saliva …
I cavalli con le zampe immerse nell’acqua, spruzzi tra gli zoccoli, gocce sollevate nel sole: “Quel giro a cavallo era la mia gioia”. I due vanno vicini e parlano, “e veloce il pensiero, / Intrecciato alle risate (…) volava da una mente all’altra”, come l’amore per ogni luogo “spaziato e solitario”, dove il cuore prova
La gioia di credere che quel che vediamo È sconfinato, come vorremmo le nostre anime …
*
Nella primavera dello stesso 1818 Byron si è nel frattempo trasferito a Palazzo Mocenigo: ha bisogno di più spazio per il suo complicato e fantasioso ménage che include adesso il gondoliere Tita (Giovanni Battista Falcieri), un omone vigoroso affiancato al prezioso Fletcher, dei domestici e di lì a poco anche Allegra, la bambina nata dalla relazione-lampo con Claire Clairmont, sorellastra di Mary Shelley. Fanno inoltre parte della ‘famiglia’ molti cani, svariati uccelli, due “affascinanti scimmie”, una volpe, un lupo e “la tigre”.
Con il trasferimento a Palazzo Mocenigo termina la relazione con Marianna e inizia per lui una vita agitata in cui frequenta ancora molte donne, la più importanti delle quali è Margherita Cogni, detta “la Fornarina” o, appunto, “la tigre”.
Margherita, che frequenta il palazzo nel ruolo di “donna di governo”, è una seducente virago di 22 anni, “molto scura di carnagione – alta – viso veneziano – occhi neri molto belli – e certe altre qualità che non serve menzionare. – (…) una vera veneziana nel suo dialetto – la sua mentalità – il contegno – in ogni cosa – con tutta la loro ingenuità e l’umorismo buffonesco – e inoltre non sa né leggere né scrivere – e non può affliggermi di lettere”.
Alla giovane non mancano certo spirito o dialettica: “Quando l’ho conosciuta avevo una “relazione” [in italiano] con la Signora Segati – che una sera a Dolo è stata così sciocca (…) da minacciarla – perché i pettegoli della Villeggiatura [in italiano] – avevano già scoperto (…) che “cavalcavo spesso a notte fonda” per incontrare la Fornarina. – Margherita (…) le ha risposto in veneziano molto esplicito – “Tu non sei sua moglie; io non sono sua moglie – tu sei la sua donna – e anch’io sono la sua donna – tuo marito è un cornuto – e il mio fa il paio; – perciò che diritto hai di rimproverarmi?”.
*
Purtroppo però è anche “selvaggia”, spia le sue lettere in un crescendo di possessività, cerca più volte di stabilirsi a palazzo Mocenigo: Byron si sforza di far ragionare “la dolce tigre”, il marito viene a cercarla, la polizia interviene e lei deve “tornare da quel “becco Ettico” [in italiano], ossia il “povero uomo malato di tisi”. A lei si devono alcuni episodi formidabili, come il racconto del violento temporale che sorprende Milord in barca, verso il Lido:
“Un giorno d’autunno stavo andando al Lido con i miei gondolieri – ci sorprese una burrasca che mise in pericolo la Gondola – via volarono i cappelli – l’imbarcazione piena d’acqua – perduti i remi – mare in tumulto – pioggia a torrenti – notte imminente – & vento che cresceva ogni minuto. – Al ritorno – dopo una fiera lotta, la trovai sui gradini di Palazzo Mocenigo prospicienti il Canal Grande – i grandi occhi neri fiammeggiavano tra le lacrime e i lunghi capelli scuri le ruscellavano gonfi d’acqua sul viso & sul petto; – era completamente esposta alla tempesta – il vento che gonfiava i capelli e il vestito avvolto all’alta figura – e i lampi che le sfolgoravano vicino e le onde che le rullavano ai piedi la facevano somigliare a Medea o alla Sibilla della tempesta che le ruggiva attorno – il solo essere vivente nel canale, a parte noi. – Vedendomi salvo non aspettò di salutarmi come credevo, ma mi gridò contro: “Ah! Can della Madonna xe esto il tempo per andar al Lido? [in italiano]”, si precipitò in casa e prese a divertirsi rimproverando i barcaioli perché non avevano presagito il “temporale”. – I domestici mi hanno detto di essere riusciti a impedirle di venire a cercarmi in barca – grazie al rifiuto di tutti i gondolieri del Canal Grande di uscire in un tempo simile e allora si è seduta sui gradini nella furia della tempesta– e nessuno è riuscito a smuoverla o calmarla. – La sua gioia nel rivedermi – così mista a ferocia – m’ha dato l’idea di una tigre che stesse riacquistando i suoi cuccioli”.
L’attaccamento veemente non basta ad ogni modo a tenerla a palazzo: Margherita “è diventata ingovernabile”, constata Byron. L’ennesima lite, in cui lei impugna un coltello, porta la storia all’epilogo – con una coda inaspettata: “Se intendesse usarlo contro di me o contro di sé non so – probabilmente contro nessuno dei due – ma Fletcher l’ha afferrata per le braccia – e disarmata. – Poi ho chiamato i miei barcaioli – perché approntassero la barca per ricondurla a casa sua – assicurandosi che non combinasse altri guai nel frattempo. – Sembrava molto tranquilla e scese le scale. – io ripresi la mia cena. – abbiamo sentito un gran rumore – (…) si era gettata nel Canal Grande…”. (BLJ 6, a Murray, 1agosto 1819)
*
Agli inizi di aprile 1819, nel salotto di Isabella Teotochi Albrizzi il poeta conosce Teresa Gamba, solo sedicenne, il giorno del suo matrimonio con il Conte Guiccioli: “Mi sono innamorato di una contessa Romagnuola [in italiano] di Ravenna (…) – e ho speranze Signore – speranze – ma lei vuole che vada a Ravenna – & poi a Bologna – ora questo andrebbe benissimo se avessi certezze – ma per semplici speranze – se mi dovesse piantare – e io dovessi far “fiasco” [in italiano] – non potrei mai più mostrar la faccia in Piazza” (Byron qui scrive “if She should plant me and I should make a “fiasco”, traduzione letterale, sebbene scorretta del gergale “piantare”, “mollare”). La lettera prosegue: “il Conte è tremendamente ricco – (…) – ma ha cinquant’anni ed è bizzarro – ha due altre mogli e figli prima di questa terza – una bella ragazza bionda uscita l’anno scorso dal convento – che sta facendo il suo secondo giro di Conversazioni [in italiano] a Venezia – (…) È bella – ma non ha tatto – risponde a voce alta – quando dovrebbe sussurrare (…) – e proprio questa sera ha fatto inorridire una composta compagnia in casa della Benzoni chiamandomi con un urlo “Mio Byron”, ben udibile in una pausa di assoluto silenzio (…) – Tra i suoi presupposti è che non dovrò mai lasciare l’Italia; – non desidero lasciarla – ma non vorrei nemmeno esser spiattellato in comune Cicisbeo. – cosa farò! Sono innamorato – e stanco del concubinaggio promiscuo…” (a John Hobhouse, 6 aprile 1819).
Così lo descrive invece lei, Teresa, nelle sue Memorie, scritte in francese molti anni dopo: “Il suo contegno nobile e squisitamente attraente, il tono della sua voce, le sue maniere (…) lo rendevano così diverso e superiore a chiunque altro avessi incontrato prima, che era impossibile non lasciasse in me una profondissima impressione. Da quella sera, durante il mio intero soggiorno a Venezia, c’incontrammo ogni giorno”.
*
In effetti la contessa “chiara come l’alba – e calda come mezzogiorno” (a Douglas Kinnaird, 24 aprile 1819) non lo “pianterà”: già il 22 aprile Byron le scriverà – in italiano – chiamandola “Carissimo il mio Bene”, che il 25 diventa “Amor Mio”, e “Anima Mia” il 3 maggio.
In giugno va a trovarla a Ravenna, a settembre lei viene a Venezia e insieme trascorreranno molto tempo nella villa di Mira, nella campagna veneziana.
In novembre Byron fa l’ultima cavalcata al Lido. Pensa di tornare in Inghilterra, poi cambia idea per un malore della piccola Allegra, che ha sistemato nel collegio di Bagnacavallo. A dicembre parte per Ravenna: vuol seguire Teresa. Fino alla partenza per la Grecia, sarà per lei “quel che qui chiamano in modi diversi – talvolta un “Amoroso” [in italiano] (…) tal altra un Cavalier servente [in italiano]” (ad Augusta, 19 dicembre 1816).
A Venezia farà sporadici ritorni, ma la sua esperienza veneziana è finita.
Paola Tonussi
*In copertina: Lord Byron nel ritratto di Richard Westall
L'articolo “Non hai idea della mia totale infelicità dal giorno in cui mi sono separato da te”. Byron a Venezia: le avventure del poeta seduttore tra Marianna (“un’antilope”), Margherita “la tigre” e la contessa Teresa, sedicenne proviene da Pangea.
from pangea.news https://ift.tt/2UzJBWq
2 notes · View notes
aleixoma-blog · 5 years
Text
As Cronicas de um mundo Caduco -  Capítulo 1
Ô frívolo leitor, por que me lês? De malgrado, é-me curioso saber o porquê de alguém correr os olhos sobre mim e, sobretudo, o porquê desse alguém ficar estático e corado quando os olhos que me leem são lidos por meus negros olhos. Cuidado, pobre leitor! O livro que está em tuas mãos poderá ser aquele que irá deflora-lo[1]. Não o contrário... “Sim: canis canem edit[2]. Hum! ”.
        Oh! É-me divertido o teu jeito tolo de comportar diante de minhas palavras. “Diante dos meus desejos”. Sim, tua cara de assustado ou, talvez, de imaturo. Mas não tenhas medo nem te envergonhes. Enquanto estiveres comigo, qualquer diferença ou distância: deleta-as, esquece-as. E, se já te sentires à vontade, ofereço-te pão e vinho. “Ah! O sangue e o corpo”. Senta-te e cearemos...
        Contudo, se ainda não sentires confortável, podemos nos conhecer um pouco mais. “Ha! Pobre leitor ingênuo[3]”. Quanto ao teu nome ou a tua história, não te preocupes. Não me interessam. Já as minhas, por vaidade quero conta-las: HAHA[4]!
        Meu verdadeiro nome é Azallus. Sou um espírito da linhagem dos segundos homens[5], exilado das terras longínquas por carregar em meu peito a empáfia pelos prazeres do corpo. “Ad impossibilia nemo tenetur [6]”. Ou pior, por concentrar todas minhas energias em estratégias pouco bondosas para sustentar o meu brio. Por hora, não vem ao caso o detalhes de meu exílio... “A verdade é que meu comportamento nunca fora moralmente adequado para a sociedade de hipócritas em que vivia”. No entanto, saiba: ostentei, de fato, joias que todos os seres-humanos são moldados a exaltar: poder, riqueza, beleza e juventude... e as ostentei sem nunca abandonar os meus valores religiosos e morais[7], que garantem o meu superior estado de consciência. “HAHAHA! ” Sim! E com júbilo fiz tudo aquilo que tens vontade de fazer, parvo leitor, mas ainda és fraco demais para tal[8]. Wow! HAHAHA! “Mísero! Há medo vaporizando pelos poros de sua pele...”. Bem, leitor imaturo, ainda completo minha apresentação com uma última ressalva: ao olhar para minhas memórias, asseguro-te serem tão fascinantes que as repetiria até o ocaso de nossa existência. Não tenhas, portanto, medo! O prazer é sobejamente delirante e prestigioso. Entrega-te a ele. “Entrega-te a mim”.... Esqueça, pois, as farsas que os homens ditos de bem lhe ensinaram. Até porque, eles também são atores desse disparate... encenando um teatro tão esdruxulo e frívolo, que confesso até ser jocoso e pilhérico... “Jocoso, sobretudo quando os atores voltam para casa e se deitam comigo para descansar a própria alma...”
           “Pobre leitor imaturo, consigo ler através de seus olhos o sentimento de horror que já criaste sobre mim... e curiosamente, um sentimento de fascínio também. Não quero simplesmente te conquistar por meio do meu ego inflado. Dar-te-ei, pois, a opção de continuar ou não junto a mim”.
        Néscio leitor, se não gostaste de meu ego, fecha teus olhos e não mais me leias. Se preferires também, pula para os capítulos seguintes ou procura outrem! Para malgrado, se quiseres ficar, mostrar-te-ei o esclarecimento de o que realmente sou: um herói[9]. Sim! Elejo-me superior aos reles mortais, porque, diferentemente deles, não sou hipócrita em esconder peccata mea[10]. “Pelo menos não do meu próprio ego”.
        Ainda desejas continuar? “Tão tolinho, mal sabe quem sou e pretende me seguir por minha história. HAHAHA! A sorte está lançada, feito moeda de ouro jogada a uma fonte em troca de um desejo: desejo byroniano! Posso ver através desses olhos... tê-los-á, estulto leitor”.
        Bem, parvo companheiro, alea iacta est[11]... Aprovo tua tolice em continuar, porém preciso que cumpra alguns preceitos. Estes nada mais são que pré-requisitos para todo sujeito que deseja caminhar ao meu lado. É-me de sumária importância que tu te vistas igual a mim, com um manto e um capuz, destarte não serão vistos os teus traços; como nem os meus. Faço isso por prudência, posto que alguns poucos vaidosos desejam meu ocaso. “Enquanto outros me desejam no ocaso dessa farsa[12] ”. Ah! Também não te esqueças de levar contigo pelo menos um punhal e algumas moedas de ouro, talvez paremos para uma cerveja ou um cálice de vinho. “Referi-me principalmente ao punhal, HAHAHA! As moedas serão apenas parte do nosso espetáculo circense”.
           Se lhe falta algum dos itens propostos, adentra aquela porta. Ela te levará a um quarto com uma cama de palha e um baú. Neste, encontrarás o que precisas. Hm! Antes que me esqueça, não te incomodes com a moça dormindo na cama. Ela não precisará de nada mais. “Além de um coração que bata, é claro, HAHAHA! E talvez um corpo melhor para a próxima encarnação. Ou talvez não... para aquele seu marido, qualquer boceta serve... ele era um sujeito tão feio que fiz bem em dá-lo de alimento aos porcos, HAHAHA! ”.
        Avante! Vamos embora desse casebre, percorrendo a noite sem destino. “Coitado[13], deixo-o pensar que não temos destino...”. Qualquer instrução necessária, que brotar em minha cabeça, notificarei. Fecha a porta quando passar. Não se preocupe em trancá-la, seus donos não precisarão mais dela, HAHAHA!
        Seguiremos por aquela estrada logo a frente. Ela nos levará a uma antiga vila chamada Verona. Já te adianto que a viagem durará cerca de sete noites. Durante o clarão do sol, repousaremos numa das várias choupanas de camponeses que se criam pelo caminho. De forma alguma os moradores ficarão incomodados em receber visitas. Ah! Digo-te mais, pobre leitor, alguns até ficarão lisonjeados. Sim! Ah.... Já que estamos falando de agrados, lembrei-me de ti notificar algo: por ainda ser um aprendiz, prefiro que apenas contemples as travessuras, sem delas participares. Voyeurismo! Sim! Voyeurismo, senhor leitor, HAHAHA! Definiste bem as travessuras... e espero de todo meu âmago que goste das parábolas de semeadura[14] que traçaremos pela frente...
        “ Leitor, virginal, talvez nunca percorreste com seus dedos a anatomia da noite. Ser-me-á grã honra vê-lo desvirginar! Mordicar a maçã enquanto lambisco tua boca... ”
        HAHAHA[15]! Perdoa-me, leitor, sou-me suficiente para dar algumas gargalhadas de vez em quando. São tantas histórias por quais já vivi. Às vezes, eu as relembro e logo me encontro rindo dessa forma, alto….
        Leitor, antes que me esqueça, devo-te lembrar que é de suma importância que você também verbalize os seus pensamentos. Claro, que eu até posso lê-los na hora que bem entender[16], contudo preciso também confessar que me é cansativo adentrar a sua consciência. Sim, sua cabeça está tumefata de lixo. Para mais, o entulho que tu trazes é daqueles mais medíocres, que todos os homens ordinários carregam. Não quero te ofender, nem te humilhar. Sei que és uma vítima da sociedade de primatas em que vives[17]!. HAHAHA! Não te pasmes! Quero apenas o teu melhor: que não sejas mais um homem trivial. “Se bem que, sua cara de pão será de muita serventia para nossos disfarces. Quem desconfiará de essa sua cara de tolo? Oh! HAHAHA!! ”.
           Querido infante, se tens sede paremos para saciá-la. Ouço um barulho quedo de água. Há um córrego ao lado. Devem haver árvores frutíferas também. Podemos fartar a nossa fome nesse seio tão acolhedor da Natureza. Tenha apenas a fineza de não se sujar. Fico incomodado com as pessoas que não tem jeito para comer. Oh!
           Satisfeito? Também estou.... Avante, a alvorada não tarda brota e desejo refúgio quando ela surgir. Não será difícil, eu adianto. Como observaste por todo percurso, há casas de campinos regularmente dispostas ao longo da estrada. Qualquer uma dela ser-nos-á de bom grado.
           “Acredito que aquela próxima seja a escolha perfeita. Os primeiros raios de sol já correm através dos céus, anunciando a alvorada. Possivelmente os agrícolas já saíram para seu ofício, deixando apenas as pobres donzelas em casa. Hum! A fumaça cinzenta confirma meu diagnóstico: o leite já fora fervido! Os trabalhadores já tomaram seu desjejum e se retiraram. ”
        Moço leitor, vês aquela próxima casa? Pois bem, ela será o nosso albergue para o sono. Não te preocupes: não usaremos nem teu punhal nem tuas moedas. Eu já tenho um plano. Para isso, apenas quero que continues sendo quem és: um leitor tolinho cuja melhor resposta sempre será o silêncio. HAHAHA!
        “A casa é bem simples: por fora parece ser composta por apenas uma sala com um fogão a lenha e mais um quarto. Se tiverem filhos, certamente estarão dormindo na sala. No entanto, não farei mal em acordá-los ”.
           TON! TON! TON!
           - Há alguém em casa?
        Ron![18]
“ Uma mulher, como previ”.
        - Bom dia, minha senhora, receio muito em incomodá-la, mas...
        - Bom dia, não incomoda. Já me levantei para ferver leite para meu homem...
        - Ah! Sim! Pois bem, nós somos sacerdotes em viagem para o Santuário de Da-Li. Estamos viajando a pé, desde Dente da Serpente, onde desembarcamos...
        - Humm...
        - E como podes ver em nossos olhos, estamos muito cansados e com bastante fome. Decidimos viajar pela noite para evitar o sol quente, que certamente nos deixaria ainda mais cansados.
        - Entendo, mas não vos é perigoso?
        - Moça sábia, dou-te razão, entretanto a fé que carregamos é-nos um escudo forte o bastante para os terrores noturnos.
        - Já ouvi muitas estórias sobre fé, reverendo. Compreendo bem quão poderosa ela é.
        - Então, precisas ouvir as que trago comigo. Até porque, são a única recompensa que posso lhe oferecer em troca de uma cama para descanso e um pouco de leite quente.
        - Oh! Sim! Entre, tenham a bondade...
“ Possivelmente ela não deve ter filhos, não há mais ninguém em casa além da jovem amásia”.
        - Os céus ouviram nossas orações. O teu bom nome será inserido em nossas rezas noturnas. Os deuses lhe pagarão pela sua bondade. Eles são mui justos e sempre pegam a mais pela caridade...
        - Noviços, não reparei em nosso lar. Ele é mui simples, mas confortável. Há leite aqui no caneco e água no pote de barro. Usem estas canecas de barro e sirvam do pão e das frutas que temos.
        - Que fineza, minha amada! Ficaremos à vontade. Quanto a ti, se tiveres algo a fazer, faça-o, não se preocupe conosco.
        - Oh, reverendo. Nada tenho o que fazer por hora. Na verdade, digo-te que desejo até conversar...
“ A mulher é carente. Quem não seria ficando a manhã toda sozinha, enquanto os campinos trabalham? ”.
        - Bem, senhora... sobre o que se trata? Não te acanhes na nossa presença. É grande sapiência trazermos à luz as escuridões que nos assombram. Os deuses festejam com as confissões. Elas mostram que a verdade que há dentro do teu interior, a sua consciência, brilhou com intensidade suficiente para discerniste o bem e o mal[19].
- Snif[20]! Snif! Reverendo, tens razão... há trevas e angústia em meu íntimo. Creio que fora uma praga de quando me casei. Fora tudo arranjado e na época não quis... Snif! Meu pai obrigou-me a casar. Ele desejava um neto varão... Snif! Disse a mim mesma que não queria, que nunca quis ser mãe; mas nunca disse a ele...Snif! Desde então, nunca consegui me engravidar.
“ Mais uma clássica estória de camponês. Será que digo que o pai dela queria, na verdade, era ter uma boca a menos para sustentar? HAHAHA!”.
- Não chores, puella. Acalma-te!
- Meu senhor, pelos deuses, sou culpada! Snif! Snif! Snif!
- Acalma-te... não és culpada... ninguém pode ser culpado por sua própria ignorância, do mesmo modo que também não podemos nos limitar a ela. O perdão precisa sempre ser maior... vou te buscar água, aquieta-te...
        Leitor, pega um copo de água para a donzela e permaneça firme, com boas intenções para com ela. Precisamos de um ambiente energético e espiritual para que um milagre ocorra.
        - Beba... sentes melhor?
        - Oh! Meu senhor, se sinto! Há já alívio em meio peito. O fardo que carreguei não mais me pesa tanto. Mas ainda estou fraca e trêmula por o ter carregado...
        - O que tu precisas, por hora, é de descanso... O primeiro passo fora dado: quebraste as amarras que a prendia em sua consciência. A partir de hoje, nunca mais pensarás nisso. Prometa-me?
        - Oh! Sim! Prometo...
        - Os céus se alegram! Mas o milagre ainda não fora feito. Ainda não estás grávida. Há de dar um varão a teu pai e a teu homem. Levar-te-ei a teu quarto e lá proferirei um rito sacramental[21].
Querido leitor, farta-te e depois dorme naquele tapete próximo ao fogão a lenha, enquanto oro pelo bem de nossa tão quista senhora. Tenho fé que ela se engravidará hoje! “Mas não de seu marido. HAHAHAHA! “.
[1]Advertência inicial ao leitor.
[2] Cães comem cães. Ditado latino que se refere à maldade humana, enfatizando que ninguém está seguro. Azallus o emprega com ironia em seu pensamento, sendo até um planejamento maléfico de persuadir o leitor para um ato sexual.
[3] Pensamento extremamente característico de Azallus, o que confirma sua atitude maníaca de superioridade e arrogância diante do leitor.
[4] O personagem é extremamente caracterizado por uma risada maligna que ecoa insanamente, mas logo cessa. Muitas vezes, Azallus ri de seus próprios pensamentos, haja vista que são exacerbados de ironia.
[5] Os mitos dizem que os primeiros homens são aqueles que a Natureza fez de bom grado; já os segundos são alguns poucos espíritos que dizem descender dos próprios deuses de Sômnia. Muito pouco ainda se sabe sobre eles. Mas, certamente a inteligência que carregam está mui longe do horizonte humano.
[6] Ditado latino que se traduz: ninguém é obrigado a fazer o impossível. Para Azallus, comportar-se de forma ideal perante à ética, negando os pecados carnais, é impossível para os homens.  
[7] Ironia! Os valores morais e religiosos do herói são o mais puro hedonismo!
[8] Como será esclarecido ao longo da leitura, o personagem é extremamente crítico aos mecanismos de controle social.
[9] Azallus utiliza de uma ironia machadiana ao se dizer um herói.
[10] Traduz-se em: meus pecados.
[11] Traduz-se em: a sorte está lançada, o que alude ao seu pensamento no parágrafo anterior.
[12] Pensamento que já dá uma pincelada sobre os planos malignos do herói. As roupas serão um útil disfarce para as futuras farsas que o herói e o leitor encenarão.
[13] Azallus refere-se ao leitor em pensamento.
[14] Ação de jogar sementes à terra, durante a auto manipulação sexual. O termo parábolas de semeadura é entendível como crônicas eróticas.
[15] Risada histérica de seu pensamento anterior.
[16] Azallus é um espírito da linhagem dos segundos homens, por isso ele diz possuir algumas habilidades mágicas como ler pensamentos e persuadir pessoas.
[17] Crítica severa à sociedade em que o leitor vive.
[18] A porta abre-se.
[19] Referência à teoria racionalista de Platão.
[20] Um leve choro brilha na respiração da donzela.
[21] Mentira fajuta!
2 notes · View notes
cometelafresa · 6 years
Text
Byroniana
Me respondieron de la Byron Society. De hecho, me respondieron casi de inmediato. No puedo creer que hayan pasado más de dos años y no me haya dignado a consignarlo por escrito hasta hoy.
Podría copiar y pegar el mensaje de la persona que me informó, pero solo el misterio nos hace vivir y se dice el pecado pero no el pecador.
El amable susodicho me contestó a una consulta que remití a la Byron Society para esclarecer una duda sobre el vello de los amantes de Byron. ¿Es cierto que Byron guardaba una colección de sobres con muestras de vello púbico de sus amantes o solo tenía el que le envió Carol Lamb, su «salvaje antílope»? 
Me dijo que sin duda Byron conservaba vastas colecciones de pelo de diversa índole, pero que carecían de pruebas de que compilara vello púbico —afición que, según mi informador, parecía más propia de Carol Lamb— y —siempre en opinión de mi interlocutor— tampoco había pruebas de que Byron estuviera interesado en esa clase de trofeos, por mucho que se jactara de sus proezas sexuales.
Sí había oído —y yo leído— que sus pulmones yacían sepultados bajo su estatua en Missolonghi, y que él mismo —mi confidente— había contemplado aquel lugar con el debido respeto, aunque por otro lado había leído que tampoco aquello podía asegurarse sin atisbo de duda —y no me refiero aquí al debido respeto que le profesó mi informante, sino a que los pulmones estuvieran efectivamente enterrados allí—.
Luego prosiguió diciendo que sí es verdad que parte de sus entrañas se trasladaron por separado a Inglaterra y se expusieron también por separado en su cortejo fúnebre.
Siguió contándome que Diego Saglia desveló que Teresa guardaba toda clase de recuerdos de Byron, entre ellos varias castañas que el poeta recogió en un paseo que dieron juntos y —algo más raruno para el gusto moderno:— cierta cantidad de piel —de Byron— que se le había pelado quemada por el sol. Y que esos pedazos de piel están sin lugar a dudas en el Palazzo Guiccioli de Rávena. A continuación —y esto fue lo más delicioso—, añadió: «Pero no quieren exhibirlos (yo y muchos otros tratamos de convencerlos para que lo hicieran), al parecer porque, pese a su reputación, los italianos son unos remilgados con esas cosas».
Y «eso es probablemente todo cuanto sé sobre los macabros hechos de su señoría (salvo por el célebre tamaño de sus genitales, basado en la exhumación de su tumba en la década de 1930)».
Se disculpó por no poder ser más preciso y me dijo que Peter Cochran era una Fuente inagotable de saber sobre el asunto pero que, por desgracia, ya no se hallaba entre nosotros.
Le agradecí su inestimable mensaje con el debido respeto, pero ignoro por qué no inquirí, esta vez, sobre el supuesto tamaño de los genitales byronianos. Quizá lo haga un día de estos.
6 notes · View notes
PARA OUVIR...FRÉDÉRIC CHOPIN - SCHERZO Nº. 2 IN B FLAT MINOR, OP. 31
PARA OUVIR…FRÉDÉRIC CHOPIN – SCHERZO Nº. 2 IN B FLAT MINOR, OP. 31
O Scherzo No. 2 em Si menor, op. 31 é um scherzo de Frédéric Chopin. A obra foi composta e publicada em 1837 e foi dedicada à condessa Adèle Fürstenstein. Robert Schumann comparou este scherzo a um poema byroniano, “tão cheio de ternura, ousadia, amor e desprezo” Boa música! Até mais! Tête-à-Tête
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
apeop · 5 years
Text
É a hora em que d’entre as ramagens
É a hora em que d’entre as ramagens
Tumblr media
(more…)
View On WordPress
0 notes
bookolica · 4 years
Photo
Tumblr media
Drácula, una biografía
A finales del siglo XIX apareció en Reino Unido una novela que estaba llamada a acabar convirtiéndose en un best-seller. Era Drácula, de Bram Stoker, una de esas obras que en general asumimos que fue un one hit wonder, aunque en realidad Stoker llevaba décadas queriendo consolidarse como escritor y escribió (y publicó) más cosas que esta novela. En Drácula, Stoker no creó de cero el personaje del vampiro ni tampoco su entrada en la literatura. Sin embargo, lo que sí consiguió fue dotarlo de la popularidad que tiene hoy en día y convertirlo en una especie de hito, de algo que todo el mundo reconoce aunque no haya leído el libro (como ocurre también con Frankestein).
¿Cómo creó Stoker a Drácula y de qué fuentes bebe la historia? Estas son las preguntas que se hace Historia de Drácula, de Clive Leatherdale, un ensayo-biografía sobre el personaje literario que es un clásico de los libros sobre libros y que ahora acaba de publicar Arpa en castellano. Leatherdale había sido uno de esos lectores juveniles de la historia, que lo había atrapado profundamente. Ya en la edad adulta quiso saber más sobre la historia y sobre su autor, encontrándose con que Stoker era uno de esos escritores sin biografía y con que poco había para responder a sus preguntas. El ensayista se lanzó él entonces a la investigación. El libro apareció por primera vez en los 80 y desde entonces se ha reditado varias veces en inglés.
Gracias al experto podemos acceder a unas breves pinceladas sobre la biografía de Stoker (aunque el libro no es exactamente una biografía sobre ese autor) pero, sobre todo, a las fuentes de las que bebe la historia de Drácula, los orígenes populares de los vampiros y todos los temas que subyacen en el por qué Stoker escogió semejante historia. Drácula es un malo que convierte el “mal en algo elegante”, lo que explica, nos deja claro Leatherdale, por qué se ha acabado convirtiendo en un personaje de ficción tan icónico.
A la fiesta literaria del vampirismo, eso sí, llegó tarde, tanto que se podría decir que fue el último de los vampiros de una moda literaria que había arrancado en la literatura inglesa con las novelas góticas y con las novelas baratas populares que ya habían explotado esas ideas. Stoker estuvo trabajando durante años, a pesar de ello, en la historia, que no es una revisión literaria de Vlad el Empalador, deja claro Leatherdale, ya que “posiblemente Stoker apenas había oído hablar de él”. Muchas son las lecturas que se han hecho de la historia. Que es una novela en clave sobre las tensiones sociales de la Belle Époque, que es una historia sobre frustración sexual, que es una alegoría cristiana… Es difícil determinar cuál es la cierta (aunque Stoker era un señor victoriano y no muy moderno) aunque quizás lo más interesante es cómo esta historia se integra en la genealogía de la literatura popular o no vampírica.
Los vampiros existieron durante décadas y siglos y eran parte del folklore de las partes católicas y ortodoxas de Europa, especialmente de las del centro-este del continente. No lo era de la anglicana Inglaterra, apunta Leatherdale, a donde llegaría con las novelas góticas románticas y con la poesía vía la literatura alemana y donde se acabó asentando como artefacto literario.
En los países en los que el vampiro había formado parte del folklore local había sido algo que durante siglos había causado pavor. El vampiro era una herramienta para crear miedo e histeria, que las iglesias ortodoxa y católica explotaban para controlar a sus fieles. Como explica Leatherdale, cualquier desviación de la norma acababa en lo que podía ser un vampiro, que era además una figura aterradora condenada a una vida eterna de pecado.
A veces, el vampiro estaba estrechamente vinculado con la realidad. Por ejemplo, en un momento en el que la gente se enterraba demasiado deprisa, “con una prisa indecorosa” el riesgo de ser enterrado vivo era muy elevado. Quien se despertaba en una tumba excavaría desesperado para salir (las tumbas no eran muy profundas) y volver al seno de su familia. Saldría como un ser pálido, con la ropa desaliñada y en estado de shock. Esa era, en muchas culturas, la descripción de un vampiro (el vampiro elegante y bien vestido es algo que nos ha dado la literatura y el cine).
Todo ese temor al vampiro no es además tan lejano. La epidemia de histeria al vampiro fue, en la Europa continental, a principios del siglo XVIII.
Stoker bebió de todo este legado, de una manera directa o indirecta, y sumó a todo ello a la femme fatale y al héroe byroniano. Frente a lo que era habitual en las novelas de vampiros, en su historia el drama ocurre en un escenario que el lector conoce y en un momento que vive. Está escribiendo sobre Londres a finales del siglo XIX y su protagonista es un abogado que entra en la órbita de Drácula cuando tiene que arreglar los papeles de una herencia.
Pero ¿quién era exactamente el escritor? “Stoker es un personaje tan difuso a la historia como lo es el propio conde Drácula para los Cárpatos de ficción”, escribe Leatherdale. La vida de Stoker estuvo marcada por la enfermedad. Su infancia se la pasó postrado en una cama, sin que hoy en día los expertos, nos explica Leatherdale, tengan muy claro qué le ocurría y por qué. Murió a principios del siglo XX, posiblemente de sífilis (aunque tampoco es que nadie pueda poner la mano en el fuego por ello, deja claro el ensayista), tras haber llevado una vida común y cuando no estaba pasando por su mejor momento económico, a pesar de que su novela más popular (sí, Drácula) iba ya por la novena edición.
No fue exactamente una vida burguesa (Stoker dejó la seguridad de ser funcionario de la corona para convertirse en empresario de teatro) pero tampoco una de esas vidas emocionantes llenas de detalles. Fue una vida “común”. Stoker creció en Dublín y empezó su vida profesional allí, se hizo empresario, se casó y tuvo un hijo. Mientras iba escribiendo sus historias en su tiempo libre, aunque lo cierto es que –aunque escribía desde muy pronto– en la treintena era todavía un escritor sin publicar y que no lograba conectar con ningún editor.
Foto | Bela Lugosi como Drácula, vía Wikipedia
The post Drácula, una biografía appeared first on Librópatas.
https://ift.tt/2OG9U9v
0 notes