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#ballo del sarto
romadjpianobar · 1 year
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Musica Matrimonio da favola L'arte di intrattenere con le giuste atmosfere i  momenti di incontro e relax dei vostri ospiti e del divertimento nel ballo tutta la notte, è una questione di dettagli che vive nell'esperienza e di attimi. Non si raggiunge con una playlist uguale per tutte le occasioni. E' un lavoro artistico che necessita della giusta sensibilità e  cultura musicale per rendere la vostra festa di matrimonio un evento che resterà nella memoria collettiva di tutti i presenti. Anche il crescendo della serata, l'arte di far urlare e cantare i ritornelli delle canzoni al cambio di mixaggio, è una caratteristica legata all'esperienza. Potrete indicarmi i vostri gusti musicali ed io su queste ed altre caratteristiche creerò come un sarto, la vostra serata. Indicatemi la vostra data, la location, il numero approssimativo di ospiti, sarò felice di aiutarvi ad organizzare un fantastico wedding party. La vostra serata. [email protected] +393283334184 https://romadjpianobar.com https://weddingdj.it The art of entertaining with the right atmosphere the moments of meeting and relaxation of your guests and the fun in the dance all night, is a matter of details that lives in the experience and moments. You do not reach it with an equal playlist for all occasions. It’s an artistic work that needs the right sensitivity and musical culture to make your wedding party an event that will be remembered in the collective memory of everyone present. The growing  of the evening, the art of making the chorus of the songs scream and sing at the change of mixing, is also a characteristic linked to the experience. You can tell me your musical tastes and I will create your evening as a tailor. Tell me your date, location, approximate number of guests, I will be happy to help you organize a fantastic wedding party. This is your night. #weddingdj #weddingdjitaly #bestweddingdj #weddingdjtuscany #wedding #weddingitaly #weddingvideo #weddingmusic #djforwedding #djservice #weddingdjrome #musicwedding #saxdj #weddingmusic #musicwedding #weddingitaly #weddingrome #weddinginitaly #weddingumbria #weddingsorrento #weddingnaples #WeddingDjGianpieroFatica #DjGianpieroFatica #djmobile #djservice #weddingaperitiv #70s #80s #80smusic #disco #funky #classicrock #ballades #irish #latinmusic #housemusic #edm #edmmusic #edmmix #feste40anni #feste50anni #feste60anni #festeprivate #festeprivateroma #privateparty #weddingceremony #weddingceremonymusic #djmatrimonio #djpermatrimonio #musicamatrimonio #djbodas #casamento #oldschool #Weddingdj #weddingdjrome #weddingdjitaly #weddingitalystyle #Weddingceremony #weddingreception #weddingparty #weddingitaly #weddingmusic #musicwedding #weddingdjs #weddingdjservice #weddinginrome #weddinginsorrento #weddingintuscany #djservice #Djmobile #70s #80s #90s #80smusic #disco #housemusic #latinmusic #jazzmusic #jazzdance #Djsax #djoldschool #djmobile #dj #djservice #djsong #djselection #djweddingstyle #djwedding #weddingdjflorence #romadjpianobar #djset #djoldschool #radiocontactitaly #funkydiscoradio #funkyhouse #funkyhousemusic #djentertainment #djvocalist #djpianobar #djanimatrice #djanimazione #bestweddingmusic #tuscanywedding #weddingintuscany #djs #weddinginflorence #luxurywedding #destinationwedding #gettingmarried #tuscanstyle #realwedding #tuscany #marriedintuscany #marriedinitaly #marriedinrome #sax #wedding #matrimonio #saxmatrimonio #weddingsax #luxuryevent #luxury #privateparty #saxo #sassofonista #saxophonist #livesax #vinyl #djviral #djanni70 #djanni80 #djanni90 #musicaanni70 #musicaanni80 #musicaanni90 #anni70 #anni80 #anni90
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giuseppecocco · 3 years
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Viaggio in Calabria: Terenzio il Sarto
Viaggio in Calabria: Terenzio il Sarto
Capitolo 4 – Terenzio il Sarto Terenzio è un sarto di Catanzaro che divenne mitico per essersi sbarazzato della moglie in una rocambolesca notte passata col diavolo. Ma andando per ordine, anche se il capitolo è intitolato al sarto, riporta altri aneddoti interessanti. Innanzitutto, il racconto, quasi un reportage, sulla vera conquista della Rocca di Scilla da parte dei Francesi, avvenuta 150…
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kon-igi · 5 years
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LONG WAY HOME - Capitolo Tre - Coraggio… fatti appendere!
Capitolo Uno - Il cavaliere Impallidito Capitolo Due -  Per un pugno di mosche
E così siamo arrivati alla fine di questa storia.
Con la bocca piena di sangue, una corda di canapa sporca che mi sta lacerando il collo e la luce che sfuma sopra i miei cristalli di parole strozzate.
Ma naturalmente non sono poi così troppo ansioso di descrivervi lo schiocco dell’osso del mio collo o, peggio, di una corda troppo corta che mi lascia soffocare e a pisciarmi nei pantaloni, perciò credo vi meritiate una spiegazione più dettagliata di questa sul perché io stia per tirare le cuoia. E pure male.
Basta tornare indietro di poche ore e…
Un peso sul ventre e i fianchi stretti in una morsa profonda. Buio. Sbatto gli occhi ma non c’è alcuna differenza. Buio, ancora. Mi rendo conto che sto trattenendo il respiro e allora lo esalo lentamente, quasi col timore che l’oscurità non voglia rendermelo.
E poi il peso su di me si muove e sento un altro respiro vicino alla mia faccia, capelli lunghi che mi scendono sulle spalle e mi solleticano la fronte, a fare in modo che due aliti diventino un anelito, protetti come da un giano bifronte che osserva se stesso.
Guarda – dice una voce che conosco così bene da sentirmi l’anima sanguinare e poi non è più buio perché fuori dai suoi capelli che mi proteggono il viso c’è una luce fioca… ma io non voglio vedere, desidero che rimanga ferma, che appoggi ancora la punta del suo naso al mio.
Guarda – ripete, se mai possibile ancora più dolcemente. Io stacco lo sguardo da quegli occhi, gli unici che mi abbiano mai salvato e nel buio vedo una porta che si apre su un bosco pieno di neve appena caduta, rischiarato da luce lunare, e oltre essa un uomo in compagnia di un lupo nero che mi osserva, in attesa del permesso per entrare.
NOI SIAMO KA-TET. NOI SIAMO UNO (DA/PER/IN) MOLTI.
Le parole sono nella mia testa e per quanto io le abbia comprese, pur sussurrate in una lingua arcaica e irripetibile, l’uomo non ha mai aperto bocca. Mi indica la stella appuntata sul petto, mi accorgo che non è una stella, ma sembra una spilla a forma di farfall…
Guardami – e il peso sul ventre si alleggerisce, i capelli smettono di proteggermi il volto e la donna da cui devo tornare mi lascia ancora.
No, NO! Ti prego! – mi sento il petto venir strappato via – Sto tornando! STO TORNANDO!
Giuda ballerino, che sceneggiata! – mi urla nell’orecchio una voce gracchiante che mi fa pulsare la testa come un Taiko in un Atsuta Matsuri di tedeschi ubriachi.
Apro brevemente prima un occhio, poi l’altro e li richiudo subito, sperando che il gatto che mi ha cagato in bocca smetta di usare il mio cervello come un tiragraffi. Sono sdraiato su un letto non troppo comodo ma l’ultima delle mie intenzioni è alzarmi o lamentarmi.
– Se stai fermo, Giuda Ballerino, finisco di prenderti le misure e poi ti lascio in pace! –
A giudicare dal bozzo che sento pesare in mezzo alla fronte, qualche monaco tibetano c’è andato giù pesante nel cercare di aprirmi il Terzo Occhio e quindi, tenendo serrati il primo e il secondo, cerco di fare conversazione col mio nuovo e colorito amico sarto.
Lo sapevi che l’esclamazione ‘Giuda Ballerino’ – gli faccio – si riferisce a quel fenomeno neurologico che accade alle persone impiccate a cui la frattura da strappamento di atlante ed epistrofeo causa una lesione del midollo spinale del tratto cervicale con conseguente spasmo tetanico intermittente dei quattro arti, simile a un ballo frenetico?
Aaarrr!!! – rumore di catarro rimestato dal fondo di due bronchi marci e poi – Eeeerrr… mmm… sì, lo so bene anche se mica uso quei paroloni grossi per dirlo.
Ah – mi stupisco – e come fa un sarto a sapere queste cose?
– Eerrr… perché… mmm… sono mica un sarto.
Apro gli occhi di scatto, preso da quel dubbio che il bozzo in mezzo alla fronte aveva tardato a far saltare fuori. Davanti a me c’è la brutta copia di Abraham Lincoln in versione fumeria d’oppio incendiata che mi guarda dal suo completo nero con tanto di cilindro e garofano finto penzolante dal bavero della giacca.
– Piacere, mmm… Simon Catskill. Proprietario dell’unica agenzia di pompe funebri di Old Knee-wounded One-eyed Back-crooked Under-whizzer Goldseeker’s Dusty Damned French Gulch e per cercare di rendere un servizio a basso costo per la comunità, pure l’unico boia. Errr… posso finire di misurare il girovita che forse ho una bara di pino poco usata a un ottimo prezzo?
Mi guardo cautamente intorno. Mozzicone di candela su uno sgabello, pitale arrugginito, branda durissima e sbarre alle finestre.
Ok… ero in un mare di merda fino al collo e i motoscafi attorno stavano facendo le onde.
Il tempo passa lentamente e non riesco a fare distinzione tra i cachinni delle campane che mi rimbombano in testa e i rintocchi di quella in bronzo della patetica chiesetta in legno poco lontana, chissà come scampata alle razzie dei Confederati mentre cercavano metallo per i loro cannoni.
Le mosche ronzano nel pitale mezzo pieno di succo di reni per poi cercare di posarsi sugli angoli della mia bocca piagata e arida. Se non si decidono a darmi l’ultimo pasto del condannato, a quel ramo sventolerò come una banderuola, altro che spezzare il collo.
Quando un rumore metallico mi dice che qualcuno sta provando ad aprire la poco oliata serratura della cella – strano, credevo che avrebbero gettato via le chiavi a furor di popolo – mi metto dolorosamente a sedere sul bordo della branda in legno e osservo il mio nuovo visitatore, scortato dalla vice-sceriffa che mi punta addosso il tremante Winchester.
Buonsgiorno, monsieur pistolero – mi saluta quest’omino paffuto e azzimato, come mille ne avrò già visti occhieggiarmi dal fondo di una latrina – mi fa piascere informarla che notre sieriffa Madame Bechdelia si sta riprendendo dal colpo vigliaccamente inferrto ma non potrà presensiare al suo proscesso. Bien! Madame Alison? Metta i sceppi a questo pistolero fuorilegge e lo conduca davanti alla giuria di suoi pari. A proposito… io sono Monsieur Beauchamp e je suis il sindaco di questa…
Fumante montagna di merda sparata dal culo di una vacca diarroica – lo interrompo, prima che inizi tessere le lodi di questo ulcerato sfintere d’amerdica. E già che il linciaggio m’ha disinibito la corteccia frontale, volevo dirle che mi sto trattenendo dal varare mezzo chilo di dirigibile marrone senza elica e timone, cosicché ne possa far dono più tardi alla folla come messaggio di commiato quando penzolerò dalla forca.
Di solito non sono così scurrile ma la mancanza di acqua e di cibo mi avevano fatto rivalutare la storia per cui un uomo a stomaco pieno ragiona più lentamente e che fame e sete aguzzino il cervello. Puttanate! Mi cadesse un occhio sotto una macina da grano se non desideravo affogarmi la faccia in un barile di Golden Grain Belt!
Il processo fu un grande trionfo della più illuminata delle giurisprudenze e infatti fui condannato all’unanimità per alzata di sputo cioè contandomi addosso il 50% più una delle rabbiose scatarrate della folla, con mio grande disappunto la stessa che poc’anzi era stata definita ‘di miei pari’. Forse sì, se si fosse andato a cercare tra i miei antenati del Pleistocene ma non avevo né il tempo né la voglia di stare a disquisire sulla bontà del suffragio universale, quindi tacqui e ringraziai di avere mezza candela di cera pressata in ogni orecchio così da non dover sentire i loro blandi e scontati insulti
Una bella impiccagione è uno spettacolo che difficilmente il popolo si perde e intorno all’albero – nemmeno la decenza di costruire un patibolo in legno come si deve – si era già riunita una selezione del meglio che questo buco di culo polveroso era riuscito a evacuare: oltre al sindaco mangiarane, potevo vedere quel mastrolindo del fabbro che per l’occasione si era portato dietro l’incudine e cantava Dixie’s Land battendo il tempo con la mazza, il proprietario dell’emporio col grembiule sporco di sangue – non so se per l’estrazione di un dente o per una barba mal fatta – il prete spaventapasseri, che temevo s’alzasse in volo tanto forte mulinava la mano nel fare il segno della croce e tutta una pletora di disadattati dei quali intuivo il mestiere dai vari attrezzi che si erano portati dietro per il mio granguignolesco linciaggio, nella remota evenienza fossi stato proclamato innocente.
Kitty, senti – faccio al boia che mi sta aspettando sotto all’albero con un cappuccio bianco in testa – credo tu abbia indossato quello sbagliato… oggi non è il venerdì della caccia al negro. – disappunto da parte sua e sventolio di cappuccio nero notte per un cambio veloce – E poi ti volevo chiedere due cose, se non ti spiace. Sono state impiccate molte persone a quest’albero? Eeerrr – fa lui, rimestandosi liquidamente il fondo del polmone – Ayeh, di sicuro! Ma nessun uomo timorato di dio… solo iniqui esseri egoisti e uomini malvagi e tiranni che minacciano da ogni parte il cammino dell’uomo tim…
– Sì, ok… può bastare così. Intanto grazie di aver occupato tutte le sedie dalla parte della ragione e poi un’altra cosa, forse più complicata: avete notato se gli uomini impiccati… ehm… ecco, se agli uomini impiccati venisse il pisello barzotto mentre penzolavano?
Naturalmente questa seconda domanda non piace al degno rappresentante del puritanesimo di frontiera ma il rossore sul volto e le narici dilatate valgono più di mille risposte. Incasso questa informazione con sollievo, sorridendo all’idea che il beccamorto credesse che volessi solo scandalizzarlo, e mentre mi immobilizzano le braccia sui fianchi con tre o quattro giri di fune intorno al tronco, di fronte alla botte vuota di melassa che avrebbe messo la mia testa all’altezza del cappio, smuovo la terra sotto l’albero con la punta dello stivale, finché non trovo quello che sto cercando.
Mastrolindo e Sweeney Todd si fanno avanti per prendermi di peso da sotto le braccia – Dio dei dannati! L’ascella ustionata, bifolchi! – e mettermi in piedi sulla botte barcollante, mentre il boia col cappuccio nero d’ordinanza mi stringe bruscamente la corda intorno al collo. Il prete comincia la sua tiritera ma io lo sento a malapena.
In piedi, a un passo dalle verdi praterie piene di pace, sto osservando la collina che sovrasta la città, dove in distanza posso vedere un cow boy vestito di nero che porta alla bocca un’armonica e comincia a suonare la vecchia ballata di commiato che ogni uomo che abbia mai indossato uno Stetson e cavalcato verso il tramonto conosce con struggimento
Let me tell you buddy, There’s a faster gun Comin’ over yonder, When tomorrow comes. Let me tell you buddy, And it won’t be long Till you find yourself singing Your last cowboy song. Yippee-ki-yi-yay When the roundup ends, Yippee-ki-yi-yay And the camp fire dims, Yippee-ki-yi-yay He shouts and he sings, When a cowboy trades His spurs for wings.
When they wrap my body In the thin linen sheet, And they take my six irons Pull the boots from my feet, Unsaddle my pony She’ll be itching to roam, I’ll be half way to heaven Under horse power of my own. Yippee-ki-yi-yay When the roundup ends, Yippee-ki-yi-yay And the camp fire dims, Yippee-ki-yi-yay He shouts and he sings, When a cowboy trades His spurs for wings. Yippee-ki-yi-yay I’m glory bound, No more jingle jangle I lay my guns down.
E poi il cavaliere scompare e io rimango lì, con la bocca piena di sangue, una corda di canapa sporca che mi sta lacerando il collo e la luce che sfuma sopra i miei cristalli di parole strozzate
…e che Dio abbia pietà della tua anima! – urla il prete, così forte da superare i miei tappi di cera.
Oh… dipende di quale dio stiamo parlando – e dopo aver sputato il mio sangue in un punto ben preciso del terreno, recito l’incantesimo che un vecchio Palero messicano di nome Pantera mi aveva insegnato molte vite fa.
TE LLAMO CON SANGRE PARA QUE TOMES LA SANGRE. ¡DESPIERTA!
Il mio sputo sanguinolento sembra evaporare nell’aria del mattino con uno scricchiolio funesto della terra battuta. Quel qualcosa che avevo sperato di trovare comincia ad agitarsi e a tendersi come un vecchio otre di cuoio bitorzoluto gonfio di liquore marcio: la radice di Mandragora, generata dallo sperma di un impiccato spillato negli ultimi attimi di agonia, aveva aspettato paziente di essere chiamata e ora esigeva il suo pasto. La cera con cui mi ero sigillato le orecchie a malapena scherma il Grido Maledetto che dissolve la ragione e l’Homunculus nato da essa rivolge allora le sue urla dissennanti alla folla frenetica, sradicando le sue appendici verminose e barcollando strusciante verso di essa.
Da dove vengo io per complimentarsi scherzosamente con una persona particolarmente intelligente si è solito dirle ‘Ti cola il cervello dalle orecchie’ ma dubito che quello che stava accadendo ai padiglioni auricolari degli abitanti di Old Knee-wounded One-eyed Back-crooked Under-whizzer Goldseeker’s Dusty Damned French Gulch avesse qualcosa a che fare con le funzioni corticali superiori.
Al primo sibilo lacerante dell’Homunculus nella loro direzione, la gente comincia a sua volta a urlare rabbiosamente, artigliando occhi, mordendo nasi e menando fendenti a casaccio con quanto aveva sotto mano. Una donna strattona verso l’alto la barba del marito e strappa con uno schiocco il pomo d’adamo dell’uomo, sputandoglielo subito dopo nella bocca spalancata, un contadino delirante le trafigge da dietro il cranio con una forca da fieno, presentando al mondo un doppio spiedino di occhi che paiono due marshmallow poco cotti con sciroppo di ribes sopra; colpi di zappa che scoperchiano crani, balli frenetici nella cavità addominale del prete con festoni di visceri roteati come fruste e rumore di ossa spezzate come bastoncini di zucchero nelle bocche di ninos golosi durante il Día de los Muertos. L’Homunculus urla ancora più forte, sovrastando il rombo dei pochi shotgun a pallettoni che stanno aprendo tra la folla corridoi di nebbia sanguinolenta, quando, improvvisamente, vedo l’enorme fabbro venire verso di me brandendo la mazza, con occhi folli e ricoperto di sangue come la trasfigurazione di un Thor che avesse appena fatto un’orgia con mille valchirie mestruate.
– Ti pianto la mazza nel culo e ti spoltiglio sull’incudine, prole del demonio! –
Questo non era previsto – penso preoccupato, piantando più saldamente i piedi sul barile di melassa che però ora mi pare meno stabile di prima. – Ho le mani serrate sui fianchi e di certo mi ci vuole tempo per venirne fuori! Idem per questo cappio insaponato male che già mi sta mezzo soffocando! Cazzo! CAZZO!!
L’energumeno solleva la mazza e vibra un affondo tanto forte da meritarsi il peluche più grosso di tutto il luna park ma un attimo prima dell’impatto irrigidisco il collo, salto via dalla botte con un balzo indietro e mi tolgo dalla traiettoria, lasciando il barile a sbriciolarsi sotto la furia metallica del maglio.
CRAAACK!!!
Con gli occhi fuori dalla testa e ben poca aria rimasta, mi do una spinta coi reni e ritorno a gambe tese verso di lui. Mastro Lindo ha ancora la testa chinata per seguire con lo sguardo la traiettoria del colpo fatale e l’ultima immagine che vedono i suoi occhi, prima che glieli spenga per sempre, sono due speroni lucidi e seghettati che invece di punzecchiare il placido fianco di un pony, affettano uova sode e procedono a scavare due solchi sulle tempie fino a scalpare via le orecchie che si aprono come due tende molli a mostrare il bianco dell’osso.
L’urlo che esce da quel volto martoriato è, se possibile, ancora più dilaniante di quello dell’Homunculus ma consapevole dei pochi istanti prima che la mancanza di ossigeno mi spappoli il cervello, aggancio il suo collo con entrambe le gambe come se volessi un lavoretto di bocca e con una dolorosa contorsione riesco a ruotargli attorno e salirgli a cavalluccio sulle spalle.
E qua comincia il più importante e difficile rodeo della mia vita.
Al fabbro sembra che abbiano appena infilato nel tubo di scarico una supposta al peperoncino cosparsa di granella di alluminio e vetro perché salta e scalcia come un giovane baio appena castrato ma io serro le gambe e cerco di resistere ai pugni che mena alla cieca verso la mia faccia. Fermo, coglione! – gli urlo nel timpano ma poi mi accorgo che l’orecchio flappeggia sulla mia coscia come un aquilone bagnato contro il fianco di un mattatoio e quindi mi sembra inutile cercare di farmi sentire.
Mando una veloce preghiera a Crom, l’unico dio che mi abbia mai ascoltato, e con un colpo secco pianto entrambi gli speroni nella trippa del tizio, agganciando con uno schiocco liquido entrambe le costole fluttuanti dell’omaccione, pronto così a farsi condurre come un grasso ronzino recalcitrante.
– E ora andiamo dove dico io, sperando che la corda sia abbastanza lunga per arrivare al tr…
SBAM!
Sì, era abbastanza lunga e le stelle da sceriffo che vedo davanti agli occhi e il mio braccio sinistro penzolante mi dicono che ho portato il bestione dove volevo, a fare quello che volevo… cioè a scatafasciarmi la spalla sinistra contro il tronco dell’albero.
Mentre Mastro Lindo rantola dissanguato per la lacerazione dell’aorta addominale e le sue ginocchia si piegano sempre di più, portandomi via il respiro, il braccio lussato mi permette di avere più spazio di manovra per tirare fuori quello sano dal triplo giro di corda e riuscire a… ecco! Libero! Un attimo prima sono lì ad allentare il nodo scorsoio e a sfilarmelo dal collo e un attimo dopo il metallurgico leviatano rende l’anima al demiurgo, crollando finalmente a terra. E io con lui, giusto in tempo, respirando come un mantice sfiatato.
La faccia schiantata nella polvere, la cera mista a sudore che mi cola sulle guance, dolore lancinante alla spalla e alla gola, al punto che lascio la saliva colare insieme al sangue dagli angoli della bocca piuttosto che deglutire… alzo lentamente la testa e vedo che l’homunculus sta finendo di saziarsi col sangue del sindaco Beauchamp, impalato sulla stanga di un carro ma con un’espressione di gioioso furore estatico congelata in faccia, nonostante il bowie arrugginito conficcato in mezzo ai testicoli.
E poi l’orribile creatura si blocca, sembra afflosciarsi e lentamente riprende aspetto e dimensioni della radice che l’aveva generata, scomparendo di nuovo nel terreno.
Non mi piace la carneficina che si stende davanti ai miei occhi e davvero l’avrei evitata, se solo mi avessero lasciato in pace. Ma sento che la storia non è ancora finita.
Mi volto di scatto, carico a testa bassa e
SBAM!
– AAAAHHHHH! MALEDIZIONE ETERNA! QUESTA VOLTA HA FATTO PIÙ MALE DEL SOLITO!
L’albero spoglio trema ancora per il colpo che ci ho dato contro per rimettermi la spalla a posto e con le lacrime agli occhi mi riprometto di cominciare ad avere più cura del mio corpo… magari non oggi ma da domani quasi sicuramente.
Monto in sella al mio fedele e amichevole Re Nero, che nitrisce un gioioso vaffanculo di ben ritrovato e senza avere la minima possibilità di strimpellare il mio banjo in maniera funzionale, mi avvio per la strada polverosa, cantando senza accompagnamento la vecchia canzone con cui ogni cow boy vorrebbe essere salutato prima dell’ultima cavalcata
Yippee-ki-yi-yay When the roundup ends, Yippee-ki-yi-yay And the camp fire dims, Yippee-ki-yi-yay He shouts and he sings, When a cowboy trades His spurs for wings.
Yippee-ki-yi-yay When the roundup ends, Yippee-ki-y…
CLICK-CLACK!
Già… – dico a voce alta, fermando il cavallo – Il rumore di leva scarrellata alle mie spalle mi dice che ancora una volta sono dalla parte sbagliata di un Winchester ‘Yellow Boy’ Modello 1866… – mi volto mooolto lentamente – Vero, Bechdelia?
La sceriffa mi tiene sotto il tiro del suo fucile, mentre il suo sguardo furioso da Tisifone è reso solo un filo meno che agghiacciante da una vistosa benda sulla fronte, che nasconde a fatica un bernoccolo di dimensioni aristoteliche.
Sai – continuo, tenendo d’occhio la canna del fucile ben salda in direzione delle mie palle – dovresti ringraziarmi per averti messo fuori uso per tutto il tempo dell’impiccagione. Il catering era davvero penoso e il pianista è andato in overdose da laudano dopo aver suonato la seconda canzone.
Bechdelia abbassa il fucile con quello che sembra… un sorriso? e lancia nella mia direzione una cosa che nella fretta di svicolare via dovevo aver lasciato indietro.
– Ammiro il coraggio con cui giri con quella dannata borsa blu e sarebbe stato davvero un peccato lasciarla agli sceriffi federali che da domani saranno impegnati a stampare e ad appendere il tuo bel musino barbuto in ogni buco di culo di villaggio sperduto. E poi qualcuno dovrà pur starti attaccato alle chiappe per dirti se davvero li vali tutti i soldi della taglia.
– Ma… e la tua città? I tuoi compaesani? Non senti di venire meno al debito che hai nei loro confronti? Cioè, verso i pochi rimasti?
– Verso chi, quei maschilisti porci sciovinisti al soldo del patriarcato? Che i dingo banchettino pure coi loro putridi resti! Io sono una donna libera e la libertà è mia e me la gestisco io!
Senza aggiungere altro, affianca il suo cavallo al mio e mi fa cenno di andare avanti – Prima le signorine.  
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hanalghilanx-blog · 7 years
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Dopo tante notti insonni, tante riunioni e tanto lavoro nelle terre in cui l’Inquisizione lavora, Calien è finalmente riuscito ad ottenere un invito al ballo dell’imperatrice Selene nel suo sontuoso palazzo. Nonostante le iniziali celebrazioni nel suo studio, prevalentemente con Josephine visto il duro lavoro che la donna aveva messo in quell’impresa, Calien era molto preoccupato: un conto era convincere i signorotti locali della sua capacità nel dirigere un’associazione che sta diventando sempre più vasta, ma qui si trattava dell’intera corte orlesiana, dedita a pettegolezzi ed intrighi come puro divertimento.
Non aveva voluto impedire a nessuno di venire – persino Sera era sembrata entusiasta all’idea di combinare qualche disastro alla corte, benché avesse promesso di limitare gli scherzi per la fine della serata – per questo, quella sera, l’intero circolo ristretto sembra un vero e proprio disastro. Non pensa di aver mai visto Josephine e Leliana così eccitate mentre bisbigliano di abiti e ornamenti vari, persino Ainwen si è fatta tirare nelle loro chiacchiere, mentre Vivienne ogni tanto si aggiunge alla conversazione per dare consigli sugli abbinamenti migliori. E’ quando vede aggiungersi anche Dorian che Calien si ritira, sapendo bene che l’amante adori usarlo come manichino per questioni di moda. Per conto suo, si è fatto fornire da Val Royeaux  un abito elegante dal sarto di corte – tutti contatti di Vivienne, che si ritrova a ringraziare mentalmente mentre indossa l’elegante giacca blu notte con i ricami d’argento appena arrivata. Fortunatamente, i vestiti sembrano essere fatti proprio per farlo sembrare più imponente, cosa difficile considerata la sua stazza decisamente esile.
Ed è certo di aver fatto un’ottima scelta quando, quella sera, varca i cancelli del Palazzo d’Inverno per la prima volta. Non ha tempo di guardarsi intorno, di ammirare la bellezza del palazzo – non quando la corte intera sta guardando il loro gruppo così eterogeneo e sta sussurrando chissà quali malizie. Ogni distrazione, da quando saluta Gaspard alle porte fino alla fine della serata, dovrà essere messa da parte. Tutti contano su di lui per scovare l’assassino di Celene e fermare i piani di Corypheus prima che essi diventino realtà.
E per il comportamento dei suoi compagni, Calien può solo pregare che non distruggano l’intero palazzo.
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retegenova · 5 years
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Teatro Sociale di Camogli (Ge)- lunedì 31 dicembre – ore 22.15
THE LIVING PAPER CARTOON
Serata di Capodanno con Ennio Marchetto e i suoi mille personaggi di carta colorata
video: https://www.youtube.com/watch?v=5eX0ZrgldIg
Ennio Marchetto – The Living Paper Cartoon Show/Trailer
www.youtube.com
Ennio Marchetto – The Living Paper Cartoon Show/Trailer
In allegato anche i cs e le foto degli spettacoli in programma il 2, 4 e 5 gennaio 2019 (Monday Orchestra – Colpi di Timone e Andrea Bacchetti)
Ennio Marchetto – Da Marlyn Monroe a Beyonce e Lady Gaga, da Michael Jackson a E.T. e Fedez gli origami, en-travesti e non solo, del geniale trasformista tornano in Italia per una felice parentesi nel tour internazionale dell’artista. Nella serata di Capodanno (31 dicembre, ore 22.15), il pubblico del Teatro Sociale di Camogli avrà l’occasione di brindare tra i palchi dorati della bella sala ligure con i mille personaggi di carta colorata del suo ultimo show: “The Living Paper Cartoon”. Una babilonia di musica, teatro e creatività che ha conquistato i palcoscenici di tutto il mondo.
  Per l’artista veneziano (classe 1960, allievo di Pina Baush e Lindsay Kemp), tutto è cominciato con un sogno fatto a vent’anni: Marilyn Monroe gli appare tra le nuvole, nel suo classico abito bianco ma fatto di carta. Un sogno talmente chiaro e vivido che, al risveglio, lo ha fatto immaginare, disegnare e realizzare quello che è poi diventato il suo primo personaggio, dando vita a una passione mai più abbandonata che lo porterà ad esibirsi in ogni angolo del mondo, di fronte a pubblici di tutte le lingue.
  A Parigi sperimenta i suoi primi spettacoli, perfezionandoli nel tempo con il contributo del costumista olandese Sosthen Hennekam: con abili piegature e agili tagli, i personaggi si fanno più complessi, trasformandosi direttamente in scena e raddoppiando magicamente a vista. Ma la grande occasione arriva nel 1990, grazie all’incontro con il produttore inglese Glynis Henderson – per intenderci, lo stesso degli Stomp – che ancora oggi cura la sua distribuzione internazionale.
  Nasce così uno spettacolo di trasformismo unico nel suo genere, che ha rivoluzionato l’arte dell’origami trasformandola in magia teatrale: con una straordinaria velocità – solo sul palco e senza aiuto dietro le quinte – Marchetto cambia personaggio quasi ogni minuto, spesso davanti agli occhi del pubblico, usando costumi, parrucche e accessori sono tutti bidimensionali, fatti di carta e cartoncino, come in un cartone animato vivente. Nel suo repertorio si contano ben 350 personaggi, dalla musica pop alla lirica, dalle opere d’arte alla mitologia. Un vero e proprio vortice di icone popolari, in continuo aggiornamento.
  Ennio Marchetto ha ricevuto diversi premi e nomination, fra cui il Drama Desk Award di New York per miglior spettacolo Off-Broadway e il Laurence Olivier Award a Londra per il miglior spettacolo comico. Il suo show è stato visto sui palcoscenici e le televisioni di oltre 80 paesi. Pina Bausch e uno stage con Lindsay Kemp stimolano in lui la passione per il teatro, il mimo e la danza. Nel 1986 lavora a Parigi in vari cabaret. Nel 1988 collabora con il designer olandese Sosthen Hennekam che crea per lui tanti nuovi personaggi e modi di trasformazioni. Dal 1990 si esibisce al festival di Edimburgo e in diversi teatri del West-End di Londra, tra i quali il South Bank Centre, il Criterion Theatre, il Queen’s Theatre, London Theatre. Da qui inizia il tour che da oltre 20 anni lo porta su palcoscenici in tutto il mondo, da La Cigale di Parigi al Radio City Music Hall di New York. Partecipa al festival Just For Laughs a Montreal, Womad a Bath, Meltdown Festival di Londra e Sziget Festival di Budapest. Nel 1993 la rete tv ITV gli dedica, nella serie “Celebrations”, il documentario di Paper Marilyn che vince il Royal Television Society Award. Il suo show partecipa a diverse trasmissioni televisive di rilievo in tutta Europa. Nel 2011 esce un suo DVD con brani del suo show girati a Venezia. Partecipa, insieme a Grace Jones e Ornella Vanoni, alla Cavalchina Grand Ballo al Teatro La Fenice durante il Carnevale di Venezia 2010 e 2012. Nel 2011 e invitato a partecipare al New York Musical Theatre festival. Nel 2013 partecipa per diverse puntate alla trasmissione Zelig, trasmessa su Canale 5. Nel 2014 torna al Festival di Edimburgo e a Londra. Il suo tour internazionale prosegue negli anni successivi e continua nel 2019 con decine di date in Austria e Germania.
  Sosthen Hennekam è nato a Roosendaal in Olanda. Ha studiato design di moda e costumi allo
Studio Berçot di Parigi. Ha lavorato come stilista in diverse case di moda, in particolare con
Thierry Mugler per il quale ha curato per 4 stagioni la linea uomo, e come sarto per la Maison
Dior, per il quale realizzava prototipi. Nel 1989 si trasferisce in Italia, dove inizia a lavorare come stilista free-lance. Dopo aver visto lo spettacolo di Ennio Marchetto lascia la moda per sviluppare con lui un spettacolo interamente di carta. Attualmente, oltre a trovare personaggi nuovi e creare i costumi di carta, realizza il disegno, luci e suono dello spettacolo. Il suo programma televisivo preferito è uno schermo nero. Sosthen abita tra Venezia e Los Angeles. Ama molto l’arte culinaria e la cultura Giapponese, l’architettura (Rem Koolhaas) il design industriale (Droog Design) il Cinema (Hitchcock, Coen brothers, Takeshi Kitano) e soprattutto la musica (Philip Glass, The Flaming Lips,Deadalus, Lemonjelly e Abba).
Biglietti: platea e 1° ord. €50 / 2°-4° ord. €45 / abbonati € 40 / under 26 €18
TEATRO SOCIALE CAMOGLI
Piazza Giacomo Matteotti, 5 –  Camogli (GE)
Tel. 0185 1770529
INFO: [email protected] – www.teatrosocialecamogli.it
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Camogli 31/12 – Da Marilyn Monroe a Beyonce e Lady Gaga, tornano gli origami di Ennio Marchetto Teatro Sociale di Camogli (Ge)- lunedì 31 dicembre - ore 22.15 THE LIVING PAPER CARTOON Serata di Capodanno con Ennio Marchetto e i suoi mille personaggi di carta colorata…
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tmnotizie · 6 years
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Stradivari di Antonio De Signoribus 
Nella vita faceva il sarto. Ma durante le feste lo chiamavano Stradivari poiché suonava il violino. Lo volevano tutti perché era simpatico, aperto e bravo, anche se in qualche occasione, specialmente quando aveva bevuto, le sue note erano acri più delle nespole acerbe.
Un sera di carnevale si doveva fare un gran ballo in una cittadina vicina alla sua e tutti i ballerini vollero Stradivari come musicista. Due impresari della festa andarono da Stradivari e gli dissero: <<Per l’ultima sera non prendere impegni poiché ti vogliamo tutti nel nostro paese. Ci sarà da mangiare a crepapelle e ci sarà un vino rosso di chiavetta che farà risuscitare i morti>>. <<Soldi niente?>> rispose Stradivari.  <<Un centone! Se non bastano possiamo arrivare anche a due. Che ne dici? Possono bastare per il grande Stradivari?>>. <<Accetto solo perché siete simpatici>> rispose quest’ultimo senza aggiungere altro.
Arrivò l’ultima giornata di carnevale e Stradivari s’incamminò verso la cittadina dove era stato ingaggiato per suonare, fortificato con due bei bicchieroni di un focoso vino cotto. Quella sera c’era una fittissima nebbia che si poteva tagliare con il coltello. Passato un ponte gli comparve improvvisamente un uomo. <<Felice notte, Stradivari. Dove vai?>>. <<Vado qui vicino a suonare? Mi conosci?>>. <<Ti conosco per fama! A proposito quanto ti danno?>>.  <<Due centoni!>> rispose Stradivari. <<Due centoni per un suonatore di violino come te? Non se ne vergognano? Vieni a suonare in casa di un mio amico e ne avrai quattro di centoni>>. <<Sei ricco?>> rispose Stradivari.  <<Io no! Ma il mio amico sì, lui è davvero molto ricco>>.
Stradivari pensò che in quel paese dove stava andando a suonare forse lo avrebbero ucciso; si fa per dire…Ma quattro centoni erano tanti per un uno come lui che doveva cucire dalla mattina alla sera per sopravvivere. Accettò l’offerta senza tanti ripensamenti e s’ incamminò con lo sconosciuto verso la nuova destinazione.
Presero a sinistra del ponte e proseguirono in una stradina tortuosa fiancheggiata da un’alta siepe di sempreverde fino a quando non arrivarono al portone di una grandissima villa. Il portone s’aprì subito. Entrarono in un lungo corridoio illuminato debolmente da un lume e da lì entrarono in una stanza piena di luce. Nel mezzo c’era un tavolo rotondo coperto da una tovaglia pulitissima e sopra una quantità di ciambelle odorose e bottiglie di vino bianco e rosso.
<<Qui>> gli disse lo sconosciuto <<potrai gustare il meglio della nostra cucina carnevalesca. Fai come se fossi a casa tua>>. L’invito fu prontamente e largamente accettato. Venne, poi, a salutarlo il suonatore di chitarra. <<Mangia collega, mangia e bevi>> gli disse <<qui non si fa economia: il padrone di casa è ricchissimo. A proposito quanto di danno?>>.  <<Quattro centoni>> rispose Stradivari.  <<Troppo poco, troppo poco; ne danno cinque a me, uno strumento d’accompagno; penserò io a farne avere cinque anche a te>>.
A una cuccagna di questo genere, Stradivari, non era sicuramente abituato. La chitarra introdusse il violino nella sala da ballo; una sala grandiosa, bianchissima, adorna di festoni di lauro attaccati alle pareti e di otto specchi con magnifiche cornici dorate.  Cominciava a popolarsi. Gente stagionata; giovani, pochi. S’aprì la festa.
Ballavano tutti, ma niente mamme o zie sedute a spettegolare come in tante altre occasioni. Stradivari suonava in modo impeccabile. Cessato il ballo per una pausa, si mise a guardare i ballerini e le ballerine. Una di queste assomigliava tanto a una certa Caterina, morta da una decina d’ anni. Uno, invece, con la spalla destra un po’ alta ricordava tanto un medico, morto anche lui da un po’ di tempo. E un altro sembrava un pezzo grosso del capitolo della cattedrale, andato da pochi mesi trai più.
<<Che rassomiglianze curiose>> pensava Stradivari. Gli ripassò vicino quella che assomigliava tanto a Caterina; la guardò con maggiore attenzione. Tutta lei! Lo fissò anche la donna. E, appena il chitarrista entrò nel buffet, si accostò a Stradivari. <<Sei o non sei il sarto, detto Stradivari?>>. <<Proprio io, sì>>. <<Già morto!>>. <<Ma che dici? Se fossi morto, come potrei suonare?>>. <<Sai dove ti trovi?>>. << In casa di un ricco>>. <<No! Caro amico ti trovi all’inferno>>.<<Misericordia!>>.
Si sentì tutto il corpo investito da una doccia di acqua gelata, e lasciò cadere l’archetto del violino. <<Sono Caterina, mi hai riconosciuto?>>. <<Sì si. Povero me!>>.<<Controllati, adesso. Dopo il ballo ne riparleremo. Ti dirò io cosa devi fare>>. Il ballo riprese con una mazurca, ma Stradivari non azzeccava più una nota poiché la mano gli tremava moltissimo. La chitarra lo avvertì: <<Più a tempo, amico; più a tempo, altrimenti i ballerini cadranno e si romperanno la testa>>.
Dopo l’avvertimento, Stradivari, si rimise un po’ in carreggiata, ma le note sbagliate fioccavano. Dopo la mazurca, si ripresentò Caterina, poiché  il chitarrista s’era allontanato, a braccetto, con una signora.  <<Ma come hai fatto a venire qui?>>. E Stradivari raccontò tutto per filo e per segno. << La paga dunque è stata fissata sui quattro centoni?>>.  <<Già>>. <<Per carità, allora, non accettare più niente altrimenti rimani qui per sempre. Hai capito?>>.
<<Ho capito benissimo. E tu Caterina, perché ti trovi all’inferno?>>. <<Rubai dodici posate d’argento e feci una falsa testimonianza per mandare in galera una povera donna… Sta qui anche il medico, lo hai visto?>>. <<Sì. E perché?>>.  << Avvelenò la moglie e la suocera>>. << Anche il canonico sta qui?>>. <<Sicuro!>>. <<Che ha fatto?>>. <<Non lo so di preciso. Credo però affari di donne>>.<<E quello che suona la chitarra chi è?>>.<<Un diavolo, stai attento. Non prendere quindi più di quello che hai già pattuito o sei perduto per l’eternità>>. E se ne andò senza aggiungere altro.
Alla violenta impressione di freddo che scosse a fondo Stradivari subentrò un sudore per tutto il corpo. Per asciugarsi la fronte e parte del collo non bastarono alcuni fazzoletti. Cominciò anche a bere per stordirsi e non avvertire troppo quelle ore ladre che non passavano mai. Finalmente, la festa terminò. Il violinista fu condotto in una piccola stanza dov’era la cassaforte. Colui che lo aveva incontrato per strada tirò fuori un sacchetto di monete e gli disse:
<<Hai suonato benissimo, sei un professorone con i fiocchi; tu meriti più di quattro centoni; eccotene il doppio>>. <<Abbiamo stabilito quella cifra e non voglio di più>>. <<Oh, quanto sei sciocco! Io ti voglio dare il doppio della somma pattuita e tu rifiuti?>>. < Sono fatto così, non c’è niente da fare, stiamo ai patti, per favore>>.  Gli offrì, poi, una moneta d’oro come ricordo ma Stradivari non accettò neanche quella, Caterina era stata chiara. E mostrò un gran desiderio di tornare a casa.
Improvvisamente, ecco un fortissimo colpo di vento e Stradivari si ritrovò sul ponte, sul posto dove era stato fermato la sera precedente. Bianco come la neve e tutto tremante s’inginocchiò, si fece due o tre segni di croce e disse vari paternostri. Cercò poi le monete per buttarle nel fosso…Ma non c’erano più. Stradivari da quel giorno cambiò aspetto, divenne triste, vendette il violino e non suonò più per tutto il resto della sua vita.
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iniziativa21058 · 7 years
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Ritorna SolbiaTEatro!
Grazie a Fuori dalle Quinte torna SolbiaTeatro! 
A partire da Sabato 21 Gennaio torna la tanto apprezzata Rassegna Teatrale di Solbiate Olona! con Un Medico su misura: Scambi d'identità, sotterfugi, equivoci, amori segreti sono gli elementi base per questa divertente commedia...
...nell'abitazione di un medico, il dottor Martini, sposato con Yvonne. La sera prima Martini si era recato al ballo dell’Opera per incontrare la bella Susanna Alberti, da lui corteggiata. Tornato a casa ed avendo dimenticato le chiavi , per non far insospettire la moglie, trascorre la notte all'aperto. La moglie si accorge, di prima mattina, che il marito non è in camera e lo sospetta di infedeltà. Martini cerca di discolparsi con la moglie raccontando di aver trascorso la notte al capezzale del suo amico Bassetti gravemente ammalato. Subito dopo giunge a casa Martini l’amico Bassetti, il quale sta cercando di dare in affitto degli appartamenti di sua proprietà. Giunge la madre di Yvonne, la combattiva Signora Clotilde, che si rende conto dell'esistenza di problemi nel matrimonio della figlia. Martini, per poter continuare ad incontrare Susanna, finisce per prendere in affitto un appartamento di Bassetti che in precedenza era stato occupato da una sarta. La porta dell'appartamento non chiude bene permettendo così l'ingresso di visitatori inaspettati e non graditi. Quando il dottor Martini si trova in intimità con Susanna , giungono alla spicciolata una serie di personaggi : Alberti, il marito di Susanna ; Rosa, amante del signor Alberti; Bassetti ; la Signora Clotilde e infine Yvonne sua moglie. Martini finge allora di essere un sarto per signora e , per coprire la sua tresca, racconta ad ognuno una serie di simpatiche ed esilaranti bugie con conseguente inizio di una serie di episodi paradossali che sono portati avanti fino alle estreme conseguenze. L'ultimo atto si svolge ancora nell'abitazione del dottor Martini dove giungono gli stessi personaggi del secondo atto, fatti introdurre dal maggiordomo Ambrogio. Anche qui non mancano gli equivoci , ma dopo lunghe discussioni il dottor Martini riesce finalmente a risolvere la situazione ingarbugliata: si ricompongono le coppie legali, ciascun marito accetta per buone le spiegazioni fornite dalle mogli e si ristabiliscono in tal modo le serenità coniugali. L'attualità di questa datata commedia , scritta nel 1896, sta nel fatto che il pubblico di oggi, vedendo questo genere di teatro leggero e farsesco, non lo considera come figlio di un'epoca passata e superata, ma coglie in esso una relazione con il presente e con la società attuale. https://www.facebook.com/Fuori.dalle.quinte
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