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#Piano di Zona
ilpianistasultetto · 3 months
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Benvenuti al Sud, ricordate questo film?
La trasposizione in Italia di un film francese, "benvenuti al nord'. Anche lì hanno problemi di carattere pregiudiziale. Nord-sud, sud-nord, punti cardinali che non hanno colpe e che esistono anche nelle stesse città, zona nord e zona sud, est-ovest, periferia e centro, e nelle periferie ci sono zone più eleganti di altre, fino ai singoli condomini dove quello del quarto piano schifa quello del secondo piano perchè getta la spazzatura fuori orario! Per non parlare di quello del primo piano che lascia la porta dell'ascensore aperta per dispetto a quelli del sesto!
Alla fine si è sempre meridionali di qualcuno, diceva Luciano De Crescenzo. Ricordatevelo!
@ilpianistasultetto
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yomersapiens · 5 months
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Ratti auguri di buon Rattale!
A Vienna si calcola esistano una cosa come tre milioni di ratti che vivono nel sottosuolo della città. C'è un tour che ti fa esplorare le complesse linee fognarie dove ti raccontano di tutti questi ratti che girano. Tre milioni di ratti sono quasi due ratti a testa per ogni abitante della città. Quindi, in un mondo perfetto, questo Natale in casa saremmo in quattro: io, Ernesto e due ratti. I due ratti durerebbero poco. Uno Ernesto se lo mangerebbe in un secondo. L'altro lo difenderei a spada tratta e diventerebbe il mio alleato eterno e lo chiamerei Ratteo, così, per avere un essere vivente a cui tramandare quello che ho imparato durante la mia esistenza.
Ho deciso di passare il Natale lontano dall'Italia perché negli ultimi mesi sono stato troppo in giro e mi stavo dimenticando di uno dei valori principali su cui è fondata la mia stabilità: la solitudine. Ho fatto in modo di andare a cena da mio fratello molto molto presto, per essere in grado di finire prestissimo e tornare a casa quando il resto delle famiglie si stanno sedendo a tavola. È stupenda Vienna quando in giro non c'è anima viva. O per meglio dire, quando in giro ci siamo solo noi immigrati, senza famiglia, senza nessuno. No ok io ho un gatto e un ratto a cui sto insegnando tutto di me e che spero un giorno prenda il mio posto nella società. Lo vestirei con i miei stessi abiti. Forse gli farei pure gli stessi tatuaggi.
Vienna di per sé non è mai troppo affollata, c'è da dire. Ma vederla ancora più deserta del solito è rinvigorente. La solitudine che tanto mi manca è ovunque. Il bus si muoveva sinuoso tra le strade senza l'ombra di una macchina in movimento. I semafori lampeggiavano sincronizzati con le luci degli alberi negli appartamenti di chi non vedeva l'ora di festeggiare. Tante lingue diverse. Del tedesco neanche una lontana eco. Prima di rientrare sono passato dal supermercato turco, loro sono sempre aperti. Ecco un altro pilastro della mia stabilità. Due ragazzini prima di me stavano comprando quella che penso fosse la loro cena natalizia. Una confezione di pane da toast, del formaggio già tagliato a fette, del prosciutto, qualche sacco di patatine e una marea di coca zero. Quanto li ho invidiati. Non dovevano essere di qua, intendo abitanti della zona. Avevano l'aspetto dei turisti. Erano giovani, vestiti male, capelli orrendi, con pochissimi soldi ma stavano avendo la serata che vorrei tanto aver avuto io con te. In una città di cui non sappiamo niente, in un momento in cui tutti si ricongiungono con i familiari, noi, andare via da tutto e avere tutto quello che ci serve tra i filamenti del formaggio sciolto del toast. Unica differenza, lo si farebbe senza prosciutto, che lo diamo a Ernesto e Ratteo.
Quando ottieni quello che hai sempre voluto è il momento in cui ti rendi conto di quanto era bello semplicemente desiderare, senza le responsabilità che derivano dall'ottenere. La felicità è un atto di responsabilità e va difesa. Devi lavorare ancora più di prima per mantenerla. Consuma un sacco. Ha sempre fame. Ci mette un attimo ad ammalarsi e deperire e mutare e non appena diventa anche solo di un gradiente meno luminosa ecco che pensi di averla persa. Sono successe tante cose in questo anno terribile che mi hanno reso felice e solo dire la parola "felice" mi fa sentire sporco perché quella voce che costantemente urla in testa "tu non meriti di essere felice!!!" non è che ha smesso di urlare eh, continua a farlo, ma vedendo che un pochino io sono sereno ha fatto il broncio, incrociato le braccia, sbattuto forte i piedi per terra e si è andata a mettere in un angolo del cranio a escogitare un piano per farmela pagare.
Ho lavorato tanto in questi anni e neanche me ne sono reso conto. Tutte le volte che venivo qua a scrivere mi stavo preparando per fare qualcosa che non avrei mai pensato potesse accadere. Non ho la forza ahimè, per raccontare la mia storia a tutti, ancora, cosa che dovrei fare dato che devo andare in giro e promuovere la mia carriera di autore e spiegare pure tutte le altre attività che svolgo e cercare di sembrare interessante e intelligente e sagace e invece sono solo a pezzi e la socialità mi esaurisce.
Questo Natale lo sto passando come John McClane. Decisamente lurido e unto, senza scarpe, con un gran mal di testa, chiuso nel condotto di areazione mentre scappo da tutti. Mi farei portare di tanto in tanto qualche biscottino da Ratteo ma poi come cacchio riesco a strisciare fuori da qua dentro. La mia pancia ha raggiunto livelli che mai avrei pensato potesse raggiungere e il bello è che non mi interessa minimamente. Solo quando mi allaccio le scarpe dai, lì un po' intralcia. Non mi interessa perché sono entrato nei quaranta e finalmente "ho dato". Posso dirlo con fierezza. Ho dato. Ora tocca a qualcun altro darsi da fare ed essere bello e atletico e magro e muscoloso e pieno di talento io, ho dato. C'ho provato. Ha funzionato per un frangente e poi ha smesso e ho passato anni a cercare di rimanere come nei miei ricordi finché non mi sono reso conto che ero rimasto fermo. Bloccato. E non nel sistema di areazione come questa notte.
Ernesto non è più abituato a guardarmi scrivere, in effetti sono passati parecchi mesi. Non riuscivo più ad avvicinarmi a una tastiera se non per piccoli frangenti di tempo. Per rispondere a delle mail o per digitare nel motore di ricerca la categoria con la quale mi piacerebbe masturbarmi. Ernesto mi ha attaccato un piede, segnale che non accetta io sia distratto e che non lo stia degnando delle attenzioni che ritiene di meritare e meno male che non mi stavo adoperando per masturbarmi altrimenti sai che dolore se mi avesse addentato altro. Tipo il piccolo Ratteo che ho tra le gambe e che, nonostante la pancia sia cresciuta, resta sempre delle stesse dimensioni contenute.
Lo psicologo l'altro giorno mi ha chiesto cosa vorrei fare se scoprissi che in sei mesi tutto sarebbe finito. Gli ho chiesto cosa intendesse con tutto. Ha risposto tutto. Tu, il mondo. L'umanità: tutto. Anche la mia famiglia? Sì, anche la tua famiglia. No aspetta ma quindi anche mio nipote? Sì, anche tuo nipote. Cercherei di salvare la mia famiglia. Ha detto che non potrei farci nulla. Allora ho detto che andrei per strada e urlerei a tutti che il mondo sta per finire e che mancano solamente sei mesi anche se poi sembrerei uno di quei pazzi che urlano che siamo fottuti con un cartello scritto male e un cappello di stagnola e che quando li becchi mica gli dai retta, pensi che siano pazzi e torni a casa e te ne dimentichi mentre cerchi qualcosa di nuovo con qui masturbarti. Mi ha detto che non posso dirlo a nessuno, che sono l'unico ad essere informato e devo tenermelo per me. Allora ho pensato davvero a cosa avrei voluto fare, ma c'era un'altra domanda da porgli. Dovrei continuare a prendere farmaci oppure sarei senza la mia malattia? Ci ha riflettuto un attimo e poi mi ha fatto un grande dono. Saresti senza. Allora ho elencato tutti i posti che vorrei vedere e le cose che vorrei fare e il Giappone e nuotare con le balene e i cibi che vorrei mangiare e le droghe che vorrei provare per poi finire dicendo che un mese lo vorrei passare abbracciato a mio nipote, che non capirebbe e anzi, probabilmente mi caccerebbe via dicendo "zio Pattejo coza fuoiii" però a me andrebbe bene lo stesso. Voi cosa fareste, se rimanessero solo sei mesi?
Mi mancava la solitudine e sentirmi solo e parlare da solo e scrivere in questa condizione di silenzio totale. Nel palazzo di fronte non c'è nessuna luce accesa. Forse sono tutti usciti per cena o forse sono tutti rientrati nei loro paesi di appartenenza. Se ancora sono a Vienna è per questo motivo, da nessuna altra parte del pianeta riesci a sentirti così solo come qua. Per questo poi ti affidano due ratti.
Ernesto si è appallottolato sul divano. Ratteo si è addormentato sulla mia spalla. Spengo le luci, apro i regali che mi sono fatto e aspetto sia domani. È un Natale bellissimo ma sarà ancora più bello quando potremo farci dei toast insieme e raccontarci cosa ci ha insegnato il silenzio.
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robdidarcy · 14 days
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Henri Chapron (30 dicembre 1886 - 14 maggio 1978) è stato un importante carrozziere automobilistico francese . La sua carrosserie , creata nel 1919, si trovava nel sobborgo parigino di Levallois-Perret.
Chapron ha spostato la sua attenzione sulla Citroën DS lanciata di recente . La prima coupé DS rimodellata di Chapron fu la Le Paris del 1958.
Inizialmente, Chapron acquistò questi veicoli e li personalizzò come creazioni uniche. Molte di queste divennero varianti decappottabili uniche. La sua DS decappottabile fece scalpore al Motor Show del 1958. I dirigenti della Citroën vennero a trovarlo a Levallois per offrirgli un contratto di produzione.
Per due anni, i team Chapron e Citroën hanno lavorato fianco a fianco per rafforzare gli standard di sicurezza della vettura e ridurre al minimo i costi di produzione. Sulla base di un progetto del designer DS Flaminio Bertoni, Chapron sviluppò una carrozzeria decappottabile a due porte che fu venduta attraverso la rete di concessionari Citroën. La serie decappottabile fu presentata al Motor Show di Parigi del 1960.
La collaborazione ufficiale con Citroën iniziò nel 1961. Una notizia sul Daily Variety del 20 luglio 1961 notava che Cary Grant aveva "telefonato alla casa automobilistica francese Citroën per ordinare una nuova auto da utilizzare nel film" Quel tocco di visone . [3] Secondo quanto riferito, la fabbrica ha spedito "il modello da esposizione" allo studio senza esitazione e l'auto è presente in primo piano nel film, ottenendo una pubblicità chiave per il modello.
Chapron ha costruito questa "Décapotable usine" (decappottabile di fabbrica) - 1.365 auto in tutto. Ciò ha consentito agli acquirenti di beneficiare di una garanzia di fabbrica sui convertibili Usine acquistati. Le decappottabili di fabbrica utilizzavano una piattaforma DS fornita da Citroën, che comprendeva tutta la meccanica, i parafanghi anteriori, il parabrezza e le ruote. Chapron ha utilizzato il telaio completo, ma ha rinforzato vari elementi nella zona del pavimento. Le porte della berlina standard sono state allungate di 18 cm; Chapron ha rifatto i parafanghi posteriori. Chapron ha continuato a realizzare i propri veicoli basati su DS, tra cui Croisette , Palm Beach , Le Dandy , Lorraine e Le Leman.
A differenza delle decappottabili di fabbrica, Chapron utilizzava solitamente per i suoi modelli un parabrezza più basso di sei centimetri. I finestrini laterali, compresi quelli posteriori, potevano essere abbassati manualmente o elettricamente, a differenza dell'auto di serie. Venditore esperto e intenditore, Henri Chapron desiderava le pelli più pregiate . Mentre Citroën acquistava le sue pelli da Costil a Pont Audemer, Chapron le ordinava da Connolly in Inghilterra. Nel 1968, Chapron realizzò uno speciale modello presidenziale DS esteso per il governo di Charles de Gaulle .
Nel 1972, Chapron consegnò due modelli presidenziali SM al governo di Georges Pompidou . Queste gigantesche decappottabili a quattro porte furono utilizzate per la prima volta nel 1972 in occasione della visita della Regina Elisabetta II in Francia e continuarono ad essere utilizzate fino all'inaugurazione di Jacques Chirac nel 1995.
La ​​Presidentielle fu rimessa in servizio nel 2004, quando la Regina Elisabetta II revisionò truppe sugli Champs Elysees con Chirac il 5 aprile 2004, all'inizio della visita di stato di tre giorni della regina in Francia per celebrare i 100 anni di amicizia formale tra Francia e Gran Bretagna. L' Intesa Cordiale , firmata a Londra l'8 aprile 1904, risolse una serie di controversie coloniali e contribuì a stringere un'alleanza contro la risorgente Germania
La Citroën SM Mylord è stata progettata come una decappottabile completa a due porte, ovvero senza roll bar. È stata dotata di una carrozzeria a tre volumi con un piccolo cofano del bagagliaio, che nella parte posteriore riprendeva autenticamente il design del veicolo originale, in particolare la targa rialzata. Il prototipo della Mylord fu presentato al Motor Show di Parigi nel 1971 e le vendite iniziarono un anno dopo. La produzione fu complessa, a cominciare dal fatto che Chapron ricevette una carrozzeria standard da Chausson. La tecnologia e il pianale della SM Coupé rimasero sostanzialmente invariati; anche il passo è stato mantenuto. I montanti B e C furono rimossi, dopodiché Chapron installò ampi rinforzi nella zona della carrozzeria.
La carrozzeria modificata fu trasportata alla Citroën, dove furono installati il ​​motore, il telaio e altri componenti tecnici. Alla fine, l'auto è stata riportata all'officina di Chapron per rifare gli interni e verniciarli. Nel complesso, furono prodotte solo poche Mylord decappottabili; le fonti variano tra sette e otto copie. Quello che è certo è che in Francia sono stati venduti quattro veicoli; altri due sono andati in Spagna, uno nel Regno Unito. Un anno dopo la Mylord Cabriolet, Chapron sviluppò una versione berlina della SM di serie, l' Opera. Chapron sviluppò una berlina che rimase fedele al design del modello originale e alla fine rappresentò una versione ampliata della SM Coupé. Partendo da una carrozzeria SM in bianco, Chapron ha esteso notevolmente il passo. Le porte anteriori sono state accorciate e sono state apportate alcune modifiche nella zona della linea di cintura. Le porte posteriori erano un progetto interno di Chapron. Riprendevano la linea della coupé e presentavano anche la caratteristica piega davanti al montante posteriore.
Alla fine, Chapron rimosse il grande portellone posteriore e lo sostituì con una costruzione a tre volumi . La parte posteriore, a sua volta, corrispondeva al design della coupé. Il veicolo era molto pesante e aveva perso parte della manovrabilità del coupé. La Citroën SM Opera venne presentata al pubblico al Salone di Parigi del 1972. Nei due anni successivi, Chapron produsse un totale di otto berline Opera. Almeno due di essi sono ancora conservati. Un veicolo in ottime condizioni si trova nei Paesi Bassi, un altro in Germania.
Henri Chapron muore a Parigi nel 1978 e l'azienda stessa sopravvive per qualche tempo sotto la direzione della vedova. Meno di cinque mesi dopo la morte di Chapron, l'azienda presentò una conversione con carrozzeria Landaulet costruita per un ricco cliente olandese, basata su una Peugeot 604 allungata .
C'erano speranze che questo potesse portare a una produzione bassa ma costante di conversioni simili, come era accaduto durante le versioni speciali allungate di Chapron basate sulla Citroën DS.
Ciò non accadde, ma l'azienda produsse alcune versioni speciali di lusso (compresi i landaulet) della Citroën CX con interni riccamente equipaggiati. Le officine Chapron prepararono diversi veicoli Landaulet basati sulla CX 2400 Prestige, inclusa un'auto nuziale, consegnata nel 1981 e utilizzata per la prima volta per il matrimonio di Henri de Passau, Principe di Borbone Parma e Grande Erede e Maria Teresa Grand Duchessa. Fu poi utilizzato per le nozze del re Harald V di Norvegia , del principe ereditario di Norvegia, dell'arciduca Cristiano d'Austria e della principessa Marie Astrid, e infine del principe Nicola del Liechtenstein e della principessa Margaretha di Lussemburgo per i loro rispettivi matrimoni
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diceriadelluntore · 3 months
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Storia Di Musica #316 - The Black Crowes, The Southern Harmony And Musical Companion, 1992
La musica rock americana a fine anni ’80 è un calderone emozionante di vibrazioni che ribolle in continuazione. In quegli anni ci sarà una straordinaria concentrazione di visioni musicali, che a seconda della zona dell’immensa nazione prende dal passato per proiettarsi nel futuro. Se per esempio a Seattle la tradizione viene usata per fare a pezzi il vecchio e diventare occasione per buttare fuori tutta l’ansia del periodo, nel profondo Sud è il trampolino di lancio per catapultare nella contemporaneità il rock “classico”. La storia di oggi ci porta in Georgia, ad Atlanta, dove i fratelli Robinson crescono in una famiglia nella quale, nei decenni precedenti, la musica ha regalato qualche soddisfazione: infatti il padre, Dan, arrivò addirittura in classifica con un singolo, Boom-A-Dip-Dip, nel 1959. I fratelli Robinson, Chris alla voce e Rich alla chitarra, prima si avvicinano al punk, ma ben presto trovano molto più stimolante il rock anni ’60, sia quello tipico delle loro parti, il southern rock dal suono caldo e coinvolgente, sia il rock blues anni ’60 portato negli Stati Uniti dai gruppi inglesi. La prima formazione si chiama Mrs. Black Crowe’s Garden, ma nel 1988 cambiano nome in The Black Crowes: diventano localmente richiestissimi nei club di Atlanta e dintorni, dove li nota un emissario della A&M che fa registrare al gruppo dei demo. Non se ne fa nulla, ma una sera a sentirli suonati c’è George Drakoulias, famoso produttore e talent scout, che li segnala alla persona che in quel momento è il produttore più interessante del paese: Rick Rubin. Sebbene non suonino metal, la specialità della Def American di Rubin, i ragazzi suonano meravigliosamente nel loro mix di vecchio e nuovo, un rock solido e arricchito di soul, gospel e passione, e vengono messi sotto contratto. Tutta questa passione si percepisce già dalla copertina del loro primo disco, Shake Your Money Maker (1990): prodotto da George Drakoulias, si rifà nella grafica del titolo e nella foto a quelle mitiche dei gruppi british blues di 30 anni prima, fa pensare ai Faces e ai primi Rolling Stone, e il dubbio scompare sentendo con che voce si presenta Chris Robinson: un mix selvaggio di Rod Steward e di Mick Jagger, il suono potente e solido di brani come She Talks To Angels, Twice As Hard o la superlativa cover di Hard To Handle di Otis Redding. Il successo arriva quasi inaspettato: milioni di copie vendute e una fama crescente, frutto anche delle stupende esibizioni live, pirotecniche e imperdibili, che convincono pure gli spettatori delle band metal della Def American a cui sono chiamati ad aprire i concerti.
Nel 1992, in un paio di settimane, registrano il loro secondo album, chiamati all’arditissimo compito di replicare il successo del primo: ma sin dalle prime note, The Southern Harmony And Musical Companion, che prende il nome dal titolo di un inno di William Walker, un pastore battista dell’800, non delude le aspettative e sarà un disco epocale per bellezza e successo. È sempre la copertina che rivela la nuova strategia della band: i musicisti sono fotografati in bianco e nero facendo intuire che stavolta più che il rock blues inglese è la tradizione del southern rock alla Allman Brothers Band e Lynyrd Skynyrd ad essere di ispirazione. Con l’innesto di Marc Ford alla seconda chitarra (il resto vedeva Johnny Colt al basso, Steve Gorman alla batteria e Eddie Harsch alle tastiere), il suono diventa più pieno e pastoso, l’aggiunta di cori femminile rimanda alla grande tradizione Soul, l’affiatamento generale e le doti da cantante di Chris Robinson, davvero convincente, ne fanno un disco che schizza in vetta alle classifiche, con 4 singoli numero uno nella classifica di Billboard, record rimasto per anni imbattuto. La travolgente Sting Me apre il disco, seguita da Remedy dove si innalza il piano di Eddie Harsch a cadenzarne la ritmica . Thorn In My Pride, un super blues, come No Speak No Slave, ha echi zeppeliani (amore mai nascosto, dopo anni la band registrerà un live nientemeno che con Jimmy Page in persona). Bad Luck Blue Eyes, Goodbye è una ballatona ariosa e stupenda, come Sometimes Salvation, dove Robinson canta alla maniera straziante di Janis Joplin. Hotel Illness è il brano più immediato, come la bellissima My Morning Song. Chiude un omaggio a Bob Marley, Time Will Tell, che sigilla con una struggente natura gospel un disco che si ascolta tutto d’un fiato. Dopo l’ennesimo tour a mille e pieno di soddisfazioni, cambiano produttore e pubblicano nel 1994 Amorica: però più che per le canzoni è ricordato per con la famosa copertina, anche censurata, di un primo piano di un succinto slip a stelle a strisce che appena copre un pube di una donna nera. La band, dopo vari avvicendamenti (il più famoso fu l’allontanamento di Marc Ford come secondo chitarrista, per i gravi problemi di dipendenza da droghe di quest’ultimo) pubblicherà un altro grande disco, By Your Side del 1999, e continuerà una strepitosa carriera live nei più grandi festival e con collaborazioni prestigiose (oltre al già citato Page, anche i mitici Dead) ma i dissidi tra i fratelli, anche economici, porteranno ad una serie di liti e reunion, intramezzati anche da un ottimo disco, Warpaint del 2008, fino allo scioglimento del 2015.
Nel 2019 però l’inattesa svolta: prima l’annuncio di un tour celebrativo di Shake Your Money Maker, poi lo stop per la pandemia Covid-19, ma dal 2022 nuove date e addirittura un nuovo, inatteso disco, che uscirà la settimana prossima, il 15 Marzo 2024, dal titolo che è un programma: Happiness Bastards. Quando uscì, oltre 30 anni fa, Shake Your Money Maker (che è il titolo di un classico blues di Elmore James) la band era considerata la next big thing del rock a stelle e strisce, persino all’esordio musicale band dell’anno 1990 per la rivista Rolling Stone. A distanza di anni si può dire che in parte hanno disatteso quella speranza, ma hanno lasciato degli esempi di musica genuina e viscerale che sembra quasi stridere con tutto quello che in quegli anni diventerà preponderante.
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ninoelesirene · 5 months
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Il mio vicino era un ex tossicodipendente. E si è suicidato.
Ieri, mentre cercavo le chiavi davanti a casa, al ritorno dalla palestra, mi viene incontro una signora accompagnata da un bambino, che ho inquadrato subito, rintracciando in lui alcuni connotati che ben conosco: quelli di un figlio che adora la madre.
L’ingresso del mio e dei palazzi accanto si raggiunge attraverso un vialetto molto stretto, quindi la donna ha dovuto seguirmi ed è sembrata subito sospetta.
“Mi perdoni se la disturbo” mi fa con l’accento torinese e la R moscia, “sa per caso se quell’appartamento - indica le finestre di Davide - sia vuoto?”
Resto interdetto e subito aggiunge “non si spaventi, siamo parenti di chi ci abitava. Sono la moglie del fratello e l’appartamento appartiene a lui”, indicando il figlio e tirando fuori dal portafogli il documento del bambino, a conferma della corrispondenza del cognome.
Cercando di essere gentile e allo stesso tempo di non dare troppe indicazioni, le dico che sono sempre fuori e quindi non posso averne la certezza.
Prosegue: “non abbiamo notizie di ciò che accade nell’appartamento. Io e mio figlio - come se lui avesse potuto scegliere - abbiamo fatto 500 km per venire a controllare.” Controllare.
Continuo ad ascoltare e intanto mi avvicino al portone. Lei mi viene dietro. Ci tiene a far vedere che si muove con disinvoltura perché è già stata qua. Resto impassibile.
Tira fuori dalla borsa una risma di bigliettini stampati in casa. Sopra c’è il nome Paola e un numero di telefono: “cerco alloggio in questa zona”. Si affretta a spiegarmi: “Paola non è ovviamente il mio vero nome, ma voglio verificare se la casa, che il mio ex compagno (ora è diventato ex compagno) vuole vendere e io invece voglio mettere a frutto per lui - indica di nuovo il figlio - viene affittata in nero a mia insaputa. Sa, prima di procedere per vie legali...”
Fingo ingenuità e domando come mai, se le cose stanno come dice e “la legge è dalla loro parte” non siano nella facoltà di fare nulla. “Lui (il padre) non sa che siamo qui” mi fa il bambino, prendendo alla sprovvista la madre, che aggiunge subito: “non vogliono fare niente con questa casa, perché era della madre ed è la casa d’infanzia e preferiscono vendere e non pensarci. Se conosceva Davide, ha capito di che tipo di gente parliamo”. Eccola finalmente manifestarsi, con il sorrisino di chi allude senza pudore e si aspetta di trovare complicità, per definizione.
“Aspetta e spera di trovarla, stronza”, penso, ma traduco in un più urbano: “Davide era una persona molto carina, in effetti.”
Capisce che non ha molto spazio di manovra, ma procede dritta: “mi raccomando, non dica che siamo passati al mio ex compagno, se lo incontra.”
Non rispondo e mi congedo cortesemente, chiudendo il portone dietro di me.
Qualche minuto dopo, aprendo la finestra del bagno prima di fare la doccia, mi accorgo che si è spostata al cancello dell’appartamento al piano terra e sta raccontando di nuovo la storia. Inoltre noto che da ognuna delle cassette della posta pende uno dei biglietti di Paola (evidentemente la voglia scalpitava, strillava, tuonava nel petto di Paola oh Paola).
Durante tutto il tempo della doccia ripenso a Davide, alla sua gentilezza, al giorno in cui è venuto a presentarsi, lento lento, mentre ancora facevo i lavori; al grido che ha lanciato quando ha scoperto della morte dell’amico Roberto, alle schitarrate a cantare Jolene e a tutta la bella musica che ho imparato attraverso una parete sottile sottile. Penso al dolore che leggevo nei suoi occhi e che so bene riconoscere. Poi penso a Paola, che avrà le sue ragioni, ma che, purtroppo per lei, ha incontrato la persona sbagliata.
Finisco di preparami ed esco di casa. La donna se n’è andata e sono io a non resistere stavolta: mi avvicino alle cassette e rimuovo uno per uno tutti i biglietti, frutto di una macchinazione goffa e miope.
Mi dispiace per il bimbo, di cui ho potuto leggere il nome di battesimo e forse pure qualcosa in più. Mi dispiace per Davide e per il dolore che non incontra comprensione. Mi spiace per le persone, che diventano “gente” sulla bocca di chi non conosce la fortuna che ha. Non mi spiace per Paola, la donna senza vero nome.
Mi sento in colpa per un po’, ma solo per un po’. Poi getto via tutti i biglietti. Tanti saluti, Paola.
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haiku--di--aliantis · 27 days
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A un certo punto, averla dentro la testa, con i suoi denti ben affondati nel tuo cuore, è ascoltare ossessivamente il Köln Concert di Keith Jarrett. Un fluire di bellezza di piano solo per le orecchie che ti smuove l'anima.
Eppure, non tutti sanno che quando fu inciso, Keith era sofferente di stomaco grazie al jet-lag. Che il pianoforte messogli a disposizione aveva gli estremi della tastiera, le note più alte e le più basse, un po' fuori accordatura. Per cui egli dovette limitarsi alla zona centrale. Tutto ciò che fu registrato fu pura improvvisazione. Come tutti i grandi artisti, egli non fu per nulla soddisfatto del risultato. Fortunatamente Manfred Eicher, manager e titolare della ECM, lo fece uscire lo stesso.
Aliantis
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The Köln Concert (Keith Jarrett)
youtube
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susieporta · 8 days
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Tre di Spade.
"La proiezione sull'Altro: la trappola del Riconoscimento".
Il compito del mese di Maggio è accompagnarci alla frattura con la nostra profonda "Ferita del Riconoscimento".
Essere stati "ignorati" o "svalutati", "boicottati" o "abusati" all'interno del percorso di crescita, tra le mura di casa, nei luoghi più intimi ed emozionali, nelle relazioni primarie, può generare schemi di profonda disfunzione e colpa.
Il dolore non passa solo.
Si deposita nelle memorie cellulari e si riattiva ad ogni simbolo o associazione con l'Evento traumatico, sia esso breve ed estemporaneo o reiterato nel tempo.
Il tempo non sistema le cose. Le complica.
E' per questo che non basta affidarsi alla parte Divina per compiere quel passaggio così strettamente Umano.
Siamo tutti chiamati ora a rivedere amorevolmente i nostri automatismi di manifestazione della sofferenza.
Tutta la rabbia, la violenza, il malessere che si stanno scatenando all'interno dei Sistemi di Relazione, sono frutto di un passaggio delicato della "Coscienza", sempre meno "presidiata" e sempre più libera di esprimere il proprio vissuto.
I terremoti Energetici di questi ultimi anni hanno assediato le fondamenta di tutti gli edifici, anche quelli apparentemente solidi, rendendone evidenti le infiltrazioni di umidità e il marciume del basamento, producendo irreparabili crolli, riducendo in macerie interi caseggiati.
E molti, invece di ristrutturare alla base la loro casa distrutta, ci hanno "messo la pezza", restando però nella costante sensazione che, un'ulteriore potente scossa, potrebbe davvero essere la definitiva per loro.
L'Evoluzione è un processo legato all'Umiltà.
L'Umano si rende strumento di se stesso.
E accoglie con coraggio e resilienza la Verità, che di volta in volta si palesa di fronte a sé.
Si affida al Viaggio. Sa che il percorso sarà accidentato, sa che dovrà distruggere una ad una ogni illusione, ogni contraddizione, ogni trigger interiore.
Ma non si abbatte, non si demotiva, non si appoggia pesantemente sulle schiene degli altri.
E' la sua Casa a necessitare di restauro. E' il suo Giardino interiore che va bonificato a fondo. Sono i suoi "Mostri" da sconfiggere.
Ed è l'unico che può affrontare il suo percorso trasformativo. Nessun altro lo potrà fare al suo posto.
E se ad un certo punto del Viaggio, si è scelto di percorrere la scorciatoia, si mollano gli ormeggi e si decreta "ho già fatto troppo, è tutto inutile, io sono fatto così, sono gli altri che non mi capiscono e non mi accettano per quello che sono", sarà naturale incappare nella solita "risoluzione infantilizzata".
Dove la Struttura immatura necessita costantemente di attenzione, di riconoscimento e premi di partecipazione.
Nessuno ci darà il premio o "la pacchetta sulla spalla" quando avremo compiuto i nostri faticosi passi.
Saremo noi ad omaggiarci con Gratitudine e tanta Gioia. A festeggiare con un sorriso l'ennesimo tassello d'Amore che abbiamo aggiunto al nostro "edificio emotivo".
E mattone dopo mattone, fatica dopo fatica, piano piano vedremo la nostra Nuova Casa Interiore prendere forma.
Sentiremo il Cuore pulsare nuovamente di Vita, irradiare quella sua sconfinata potenza e trasparente purezza in ogni istante ed in ogni respiro del nostro procedere.
Non soffermiamoci nella solita "zona di sconforto", di immobilismo e di "vittimismo".
C'è tanto da smaltire.
Ora più che mai.
Bisogna trovare il coraggio di osservare il "Passato devitalizzato" che torna. Ci dobbiamo stare.
Nessuna fuga, nessuna scorciatoia, nessun premio.
Si resta. Si affronta. Si elabora. E poi si espelle via!
Se lo tratteniamo finirà per intasare il Sistema e ci porterà ad una lenta agonia di "morte" per soffocamento o asfissia.
Lasciamo che i dolori del Passato si trattengano solo il tempo necessario per preparare l'espulsione finale.
Non identifichiamoci con le nostre Ferite. Non partiamo a razzo con gli automatismi che proiettano questi informi cumuli di tossine in transito.
Restiamo concentrati, consapevoli, presenti e partecipativi.
E smettiamola di giocare alla Ferita del Riconoscimento con gli altri! Di voler a tutti i costi attirare l'attenzione del "genitore" di turno. Di agganciare dinamiche infantilizzate di confronto, di invidia, di competizione, di pietismo o, peggio ancora, di vendetta.
Siamo adulti.
Curiamo il nostro Giardino. E smettiamola di ficcare il naso nel Giardino altrui.
Restiamo Radicati a noi stessi, presenti e orientati.
Si tratta di Noi. Della nostra Vita. Delle nostre Emozioni e Disfunzioni. Della nostra Responsabilità su noi stessi. Delle nostre scelte di Guarigione.
L'Altro non c'entra. Mai.
Ricordiamocelo sempre.
E proseguiamo con tanta Fede, Impegno e Dedizione nel nostro straordinario Cammino Evolutivo.
Mirtilla Esmeralda
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scogito · 2 months
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Uscire dal sistema parte 2 - riprende la parte 1 QUI
L'idea di uscire dal Sistema è una distorsione.
Se ne affresca un orizzonte come si invoglia il cane da corsa a inseguire lo zimbello, ma in realtà è come se si dicesse che per essere liberi bisogna liberarsi del corpo, ovvero su questo piano di realtà, spirare.
Il corpo è per lo Spirito la sua casa, senza di esso l'energia vitale non avrebbe sede; il Sistema (o Matrix) è per i corpi ciò che permette loro di essere "viventi" (ossigeno, cibo, sessualità, occupazioni, cultura ecc). Il Sistema pervade tutto. Per cui chi tanto vuole uscire, nel senso di liberarsi dal Sistema stesso, lo potrebbe fare solo morendo. Con la fregatura che tanto senza essere evoluti si ritorna qua, se non si viene trasmutati in altro (morte seconda).
Fino a quando hai un corpo sei legato alla Matrix. È inutile che credi di poter raggiungere un'immunità, perché già solo fisicamente ti è impossibile. Peraltro uscire senza nemmeno aver compiuto un passo evolutivo è da stolti.
Ognuno entra qui con uno specifico compito di sviluppo interiore. Puoi chiamarlo Progetto, Essenza, Scopo, ciò non cambia che ogni persona dovrebbe occuparsi di capire qual è. Questo Sistema è concepito per l'evoluzione, i motivi per cui sono stati scelti metodi brutali sono diversi.
Bisogna però rendersi conto che il concetto di "liberazione" è correlato alla disidentificazione, non a distruggere chissà cosa, a fare guerra "contro il Sistema" o a pensare di raggiungere la fulminazione per guardare dall'alto la propria magnificenza.
Madre Natura ci fornisce precisi campi energetici che ci tengono in vita, vengono chiamati Chakra, i principali sono 7 e si sviluppano in senso verticale partendo dalla zona sacrale.
Studiare il loro funzionamento ti dà le indicazioni di qual è il senso dell'evoluzione, di qual è il corretto funzionamento dell'Essere (umano), di dove ti trovi nel tuo cammino attuale e di quali step devi occuparti per progredire in modo integro (ne ho parlato meglio QUI)
In questo modo anche se non conosci la tua Direzione di vita, puoi seguire la via superiore.
Ribadisco che senza volontà, auto osservazione e lavoro su di sé, restano solo astrazioni prive di utilità.
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colonna-durruti · 5 months
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" L''Orco volante"
20/12/'73 Operación Ogro
Non fu una decisione facile da prendere, ma alla fine le lunghe notti negli scantinati di Bilbao portarono a una scelta, basta comprimari, stavolta si mirava al bersaglio grosso, anzi al più grosso di tutti, perché rappresentava meglio di chiunque altro l'essenza del franchismo, perché destinato alla successione dell'oramai vecchio Franco e perché grosso lo era davvero l'ammiraglio Carrero Blanco, talmente grosso e spietato da meritarsi l'appellativo di Ogro (orco).
Da diversi anni ormai, la dittatura fascista del generale Francisco Franco è scossa da un crescente malcontento sociale, che trova nelle mobilitazioni operaie la valvola di sfogo nei confronti di quello che è diventato il più longevo stato europeo guidato da un esecutivo dichiaratamente reazionario e conservatore.
La lettura di quegli anni, propagandata dal regime, parlava infatti di una crescente tolleranza nei confronti dei conflitti sociali.
Al contrario però, mai come in quegli anni, Franco decide di attuare una feroce repressione contro tutti i suoi oppositori politici, concentrandosi con particolare accanimento sulla popolazione basca.
Dal 1961 fino alla morte del Caudillo, il Paese Basco viene sottoposto ben 9 volte allo stato di emergenza nel giro di neanche 13 anni, vivendo un totale di 4 anni e due mesi in condizioni di completa sospensione di ogni diritto civile fondamentale, con un potere di vita e di morte affidato alle Forze di Sicurezza dello Stato.
È in questo clima che Euskadi Ta Askatasuna decide di entrare in azione.
L'operazione dura quasi nove mesi e porta la firma del «Commando Txikia» di ETA.
I quattro giovani baschi ai quali è affidata l'azione cominciano a seguire le mosse dell'ammiraglio nell'aprile del '73, dopo aver affittato un seminterrato al n. 104 di calle Coello a Madrid, dove fingono di svolgere il mestiere di scultori.
Il lavoro si rivela però più lento e dispendioso del previsto, dal momento che impegna tutti i componenti della squadra nello scavo dalla casa fino al centro della strada, dove sarà sistemata la carica più grossa.
L'operazione, prevista per il 19 dicembre, viene posticipata al giorno successivo. Poco prima dell'ora stabilita, uno degli "scultori" parcheggia, in seconda fila una "Morris" carica di dinamite. Quando l'auto dell'ammiraglio raggiunge la zona "ideale", al segnale stabilito il contatto elettrico fa saltare in aria la macchina.
L'automobile di Carrero Blanco vola per sei piani, oltrepassa il tetto di un palazzo e finisce su un balcone interno al terzo piano. Le guardie del corpo, scese malconce dall'automobile di scorta finita contro un muro, non si rendono conto dell'accaduto per molto tempo, mentre i quattro "etarras" hanno tutto il tempo per fuggire in tranquillità dalla capitale.
Nei giorni successivi, il Partito Comunista e vari esponenti dell'opposizione antifranchista e democratica, parlarono di provocazione, di possibile azione di "ultrà" fascisti, poi, di fronte alla circostanziata rivendicazione dell'attentato da parte di ETA, di atto irresponsabile che avrebbe fatto il gioco del regime. La realtà fu che tutto il popolo spagnolo, e non solo gli abitanti di Euskal Herria, furono ben felicissimi della morte di colui che, a tutti gli effetti, si era dimostrato degno continuatore delle politiche del regime franchista.
Rispetto per i compagni di Txikia :
José Ignacio Abaitua Gomeza “Marquín”,
José Miguel Beñarán Ordeñara “Argala”,
Pedro Ignacio Pérez Beotegui “Wilson”,
Javier María Larreategui Cuadra “Atxulo”,
José Antonio Urruticoechea Bengoechea “Josu” e Juan Bautista Eizaguirre Santi esteban. “Zigor”)
Gora Euskadi Ta Askatasuna
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autolesionistra · 1 year
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Ho sia letto che scritto e cancellato tante cose su questa alluvione e i suoi effetti nella regione che mi pregio abitare. La residenza in realtà è l'unico elemento di rilievo in quello che posso avere da dire: c'è gente che ha perso poco, gente che ha perso tantissimo, il mio massimo di disagio logistico è stato dover gestire qualche giorno di scuole chiuse e circumnavigare via Saffi temporaneamente trasformata in lago palustre.
Invidio un poco chi ha chiare cause, effetti e responsabilità varie perché se penso alla già citata gente che ha perso tanto mi viene da pesare ogni parola con quei bilancini di precisione che usano gli spacciator i laboratori.
Quello che posso dire è che in piena continuità con la maggior parte dei Grandi Eventi™ degli ultimi vent’anni negli interventi che leggo o sento manca completamente un piano di realtà condivisa; non c’è la parte oggettiva che fa poi da base alle varie opinioni e che ti fa la differenza fra uno scambio di una qualche utilità costruttiva e una discussione fra ubriachi. E non è che parlo delle azioni istituzionali che già sarebbe una zona grigia, ma anche solo della parte puramente meteorologica e idrologica dove ci sono di mezzo metri e millimetri e dati di riferimento relativamente accessibili, sembra tutto una questione di opinioni (preferibilmente non titolate). Questo oltre ad essere destabilizzante butta un’ombra tetra su qualsiasi cosa possa accadere dopo.
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abatelunare · 4 months
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Vai piano...
Zona verde del quartiere. Scivoli, altalene, roba varia e cotillons. Due bambini. Corrono come avessero alle calcagna il Sinistro Mietitore. Uno dei due dice all'altro: sono più veloce di te. Una voce femminile - della madre, immagino - si intromette. Vai piano... Ma non lo dice urlando. Il tono è quasi rassegnato. Come se in realtà il messaggio sottinteso fosse: tanto fai quel cazzo che ti pare...
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3nding · 1 year
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È BENE RICORDARLO. USATE LA TESTA.
Cosa fare - Durante l'Alluvione
Se sei in un luogo chiuso
Non scendere in cantine, seminterrati o garage per mettere al sicuro i beni: rischi la vita.
Non uscire assolutamente per mettere al sicuro l’automobile.
Se ti trovi in un locale seminterrato o al piano terra, sali ai piani superiori. Evita l’ascensore: si può bloccare. Aiuta gli anziani e le persone con disabilità che si trovano nell’edificio.
Chiudi il gas e disattiva l’impianto elettrico. Non toccare impianti e apparecchi elettrici con mani o piedi bagnati. Non bere acqua dal rubinetto: potrebbe essere contaminata
Limita l’uso del cellulare: tenere libere le linee facilita i soccorsi.
Tieniti informato su come evolve la situazione e segui le indicazioni fornite dalle autorità
Se sei all’aperto
Allontanati dalla zona allagata: per la velocità con cui scorre l’acqua, anche pochi centimetri potrebbero farti cadere.
Raggiungi rapidamente l’area vicina più elevata evitando di dirigerti verso pendii o scarpate artificiali che potrebbero franare.
Fai attenzione a dove cammini: potrebbero esserci voragini, buche, tombini aperti ecc.
Evita di utilizzare l’automobile. Anche pochi centimetri d’acqua potrebbero farti perdere il controllo del veicolo o causarne lo spegnimento: rischi di rimanere intrappolato.
Evita sottopassi, argini, ponti: sostare o transitare in questi luoghi può essere molto pericoloso.
Limita l’uso del cellulare: tenere libere le linee facilita i soccorsi.
Tieniti informato su come evolve la situazione e segui le indicazioni fornite dalle autorità.
Emilia Romagna Meteo, fb
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dottssapatrizia · 1 year
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FOTOGRAFIA E RESILIENZA
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Nelle situazioni di sofferenza, spesso, emergono in noi risorse sconosciute e importanti. Avvicinarsi alla fotografia, come a qualsiasi forma d’arte, nasce il più delle volte spontaneamente. Le immagini servono ad esprimere l'invisibilità del nostro dolore. Spesso la fotografia può essere usata come momento di condivisione per raccontare un disagio ma anche per raccontarci. Questo percorso è lungo, spesso preceduto da un periodo di isolamento, di chiusura. Riprendere in mano la propria vita richiede una forte resilienza. La capacità di reinventarsi, di “assorbire un urto senza rompersi”, porta, a piccoli passi, a guardarci intorno e trovare strumenti personali e soggettivi utili per proseguire. La fotografia è, per alcuni, uno di questi strumenti ma non ancora la propria via di uscita. Il semplice riuscire a concentrarsi sull’immagine, a cercare di catturare i dettagli, funziona da alternativa al rimuginare, ad incastrare il pensiero in un circolo vizioso. Ecco che la fotografia acquista un potere curativo. Ad essa dovrebbe essere accompagnato un percorso terapeutico per rinforzare le nostre risorse. Infatti superare un trauma non è dovuto ad un potere “magico” attribuibile ad un oggetto quale la macchina fotografica, esso scaturisce da un lungo lavoro, spesso scandito da cadute, fallimenti e successi. Pian piano ci allontaniamo dalla nostra zona di comfort per ricominciare a “camminare"
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theperfectpints · 2 months
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Nel quartiere di Smithfield, a nord del centro di Dublino, "The Cobblestone” mette d’accordo un po’ tutti. Un pub vero, reale, autentico, grezzo per certi versi. Al civico 77 di King Street North c’è un pezzo di Irlanda, c’è un posto che trasuda tradizione da tutti i pori. Il rispetto e la promozione della cultura irlandese si assapora appena varcata la porta d’ingresso: concerti, corsi di musica, corsi di ballo e altre attività che costituiscono un patrimonio per la conservazione dell’irlandesità.
La musica la fa sicuramente da padrone. È una costante, tutti i giorni, spesso addirittura dalle prime ore del pomeriggio fino a chiusura. Violini, bodhran, banjo, chitarre e tutto ciò che faccia risuonare reels o jigs.
All’esterno semplice, sobrio, non ha bisogno di farsi il trucco. All’interno puro, genuino, caotico al punto giusto. Senza fronzoli, tanto non serve. L’atmosfera e la condivisione vincono su tutto. Il pub è emozione.
Nel 2021 un controverso piano di riqualificazione dell’area che prevedeva la costruzione di un hotel di 9 piani capace addirittura di incorporare il pub, ha portato ad una massiccia mobilitazione dei cittadini della zona di Dublino e non solo. Tutti uniti per difendere una ricchezza indispensabile, quasi unica. Un moto spontaneo che ha determinato, almeno al momento, l’interruzione di qualsivoglia stravagante progetto urbanistico.
Al "The Cobblestone" colpisce senz’altro la varietà della clientela. Local, turisti, curiosi, giovani, veterani dalla pinta facile. Tutti uniti in nome dell’Irlanda vera, della buona musica.
Senza dimenticare la birra. L'essenza di un pub. 🇮🇪🍻🎻🎶
© Irish tales from Rome
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gcorvetti · 3 months
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Punti di vista.
Stamane mentre prendevo il caffè, in realtà una mezz'ora fa :D, sono passati dei tizi con un camioncino e dal megafono dicevano "Raccolta ferro vecchio, qualsiasi cosa di ferro la prendiamo", giorni fa più o meno la stessa cosa ma non l'ho visto è passato l'arrotino, ho sentito un megafono che annunciava "Arrotino, ammola fobbici e cutedda" (traduco, arrotino affila forbici e coltelli), penso che era dalla fine degli anni 70 che non sentivo tale annuncio, quando vivevamo al borgo e i tempi erano estremamente diversi. Lavori che tornano in auge in un periodo di crisi, come un caro amico che vive a Torino ed è diventato calzolaio, si torna all'arte di arrangiarsi visti tempi.
Ieri ho passato una giornata fuori, prima ad aiutare mio zio che aveva problemi ad inviare alcuni documenti urgenti via whatsapp e via mail (ha 86 anni ed è tanto che è tecnologico), pranzo da loro e poi inizio a camminare, incontro un amico e passo parte del pomeriggio con lui, poi ricevo un messaggio di un'amica che mi invita ad unirmi a lei e il fidanzato per vedere una jam session, non torno neanche a casa, mangio un arancino ed una cipollina e li raggiungo. Poi visto che anche loro erano a piedi, vado a prendere il bus che teoricamente doveva partire alle 23:06, è arrivato dopo un'ora ed è partito a mezzanotte e mezza, normale amministrazione in una città poco puntuale come questa, oppure forse sono troppo abituato agli orari precisi che ci sono negli altri paesi (Estonia e Londra), alla fine sono tornato a casa comunque anche se ero quasi partito per farmi questa lunga camminata tutta in salita verso casa, poco male.
Stamane sono stato svegliato da un sogno orribile, già, le paure nonostante la giornata passata in relax mentale e compagnia non vanno via in una giornata, ma ci sto lavorando su e penso di aver trovato la strada giusta, almeno credo. Oggi? Non so, c'è una bellissima giornata di sole, magari faccio un giro zona mare che mi rilassa il suono delle onde.
Un amico argentino, che vive qua a Catania, un cantante molto bravo tecnicamente e con una bella voce, peccato si sia trasferito qua, posta un video di Geolier o come si scrive, il rapper napoletano, che canta senza base, o almeno dal video si vede che ha i celentanini (gli auricolari da palco, come li denominava Fiorello anni fa), ma il risultato è afono e dimostra scarsa tecnica e una voce poco intonata, copio e incollo il mio commento "La mediocrità c'è sempre stata in ogni campo artistico e in ogni periodo storico, la differenza forse che ora è accettata perché così la massa si può avvicinare a quello che gli artisti fanno, mentre una volta per noi gli artisti erano inarrivabili." Beh ci sarebbe tanto da dire sia sul video che sul mio commento, lo so, ma sto fortemente pensando di aprire il famoso blog dove parlo solo di musica, in ogni caso penso che ci siano così tante distorsioni sul mondo dell'arte in generale in questo periodo storico e tanti che si innalzano a sapientoni o esperti del settore che è anche difficile intavolare un dialogo aperto senza poi finire in un litigio, cosa che trovo molto infantile soprattutto quando si parla d'arte che è soggettiva, come per esempio la jam session jazz di ieri, si bravi per carità, ma dopo 3 brani basta, l'interesse si perde se non c'è innovazione anche nella performance che diventa un'auto celebrazione di scale e assoli poco improvvisati triti e ritriti, almeno per me. Fino ad ora e per quel poco che ho sentito, dal vivo, il migliore resta Palumbo, il tizio un pò dadaista che ho postato un pò di tempo fa e che mi è veramente piaciuto in toto dai brani alla performance in se, nonostante la scarsa preparazione tecnica che cade in secondo piano quando si hanno degli argomenti migliori di fare vedere quanto si è bravi a fare le scale.
La giornata è lunga e troppo bella per chiudersi in casa, quindi faccio la mia routine per il fisico ed esco, buona giornata.
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P.S. Si lo so, devo aprire il blog musicale.
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klimt7 · 3 months
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10 marzo 2024 SEGNALAZIONI DI FILM
FILM ASSOLUTAMENTE DA VEDERE
LA ZONA DI INTERESSE
Com'è vivere accanto ad Auschwitz? Com'è guardare chi vive accanto ad Auschwitz?
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Un film molto potente, calmo, lucidissimo inesorabile e devastante.
Un film modernissimo che pare rivolgersi a noi spettatori del ventunesimo secolo alle prese con il rischio sempre più reale e imminente che certe dinamiche autoritarie e fasciste accadano di nuovo.
Un'opera cinematografica che ti entra dentro lavorando proprio sul piano emotivo, agendo sulle emozioni che suscita nello spettatore
Un opera che lavora piano piano fino a scavarti dei vuoti tremendi. Delle domande terribili. Un film drammatico nel senso più profondo e integrale.
Un film che agisce sullo spettatore non per mostrargli scene violente o di sangue, ma la vita spicciola e quotidiana di una normalissima famiglia tedesca, di fine anni Trenta, fino a portarlo, alla domande definitive e dilanianti:
Come poterono non vedere?
Come poterono non sentire?
Come poterono non porsi domande e fermare quell'avanzata lenta e inesorabile del Male Assoluto?
Domande essenziali.
Sul piano emotivo e su quello psicologico.
Fino a farti alzare dalla poltrona, a fine proiezione, avvolto in un vortice di vertigini e di domande, di interrogativi, di dubbi e di profondo disgusto verso ciò che fu il fenomeno dell'Olocausto nazista.
Mi fermo qui, lasciandovi la prima recensione che ho letto (rigorosamente dopo aver visto il film) e in cui mi riconosco completamente.
Un consiglio?
Andate a vederlo e state a vedere l'effetto emotivo che scatena dentro di voi.
Vi assicuro che ne vale la pena.
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