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#Film da non perdere
radiosciampli-blog · 9 months
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klimt7 · 2 years
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Di nuovo al Cinema
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Ieri pomeriggio dopo tanti mesi sono tornato al Cinema. Al cinema, quello vero, quello fatto di biglietti numerati, di poltrona da cercare risalendo i gradini della sala, e soprattutto fatto della luce di uno schermo, che sa accendere un meraviglioso buio, dentro di noi.
Era tanto tempo che non andavo e che non mi abbandonavo a questa magia che costa poco, e vale tanto.
Ieri un biglietto costava solo 3,5 euro grazie all'iniziativa "Cinema in Festa".
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Ricordo che l'iniziativa ha una durata di 5 giorni : dal 18 al 22 settembre
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Cosa sono andato a vedere?
Ieri, mi andava di volare basso, mi sono accontentato del minimo indispensabile e cioè della...
IMMENSITÀ
😂🤭🤫
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Ma che avete capito ?!
L'IMMENSITÀ è semplicemente il bel film del regista Emanuele Crialese, che ha partecipato al recente Festival di Venezia 2022. Film ambientato nella Roma degli anni '70 e interpretato meravigliosamente da Penelope Cruz (Clara) e da Luana Giuliani (Adriana-Andrea).
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No. Non vi svelo nulla, tranquilli !😜
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Semplicemente vi dico di andarlo a vedere, se vi piacciono i film capaci di rapire e commuovere.
Se cioè amate il Cinema che vi fa uscire dalla sala, volando su una nuvola d'aria illuminata, perduti nelle carezze che sono le Canzoni.
Quelle che sanno toccare le nostre corde più segrete e dimenticate.
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A volte, il Cinema lo fa.
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readplayerone99 · 23 days
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Nuova Rubrica: 𝓝𝓲𝓰𝓱𝔂 𝓒𝓸𝓷𝓼𝓲𝓰𝓵𝓲𝓪💗
Ho deciso di Inaugurare questa nuova rubrica. Come avrete capito dal titolo, una volta a settimana vi consiglierò una canzone🎵 o un film📽.
La programmazione sarà (per adesso)
Lunedì: musica, canzone o playlist
Venerdì: Film (potrei anche consigliarvi qualche horror 😏👻)
NB. NON FARO' UNA """"RECENSIONE""""" COME PER I LIBRI.
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Anna Magnani: un mito in 15 film
I migliori film di Anna Magnani, detta “Nannarella”, a 50 anni dalla scomparsa (26 settembre 1973) La grandissima interprete – premio Oscar per La rosa tatuata – tra gli anni 40 e gli anni 70 ha lavorato, tra gli altri, con De Sica, Rossellini, Visconti, Pasolini e Fellini. Nonostante sia un simbolo della romanità al pari di Alberto Sordi girò diversi film a Hollywood (con registi del calibro di…
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sottileincanto · 3 months
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"- Hai cambiato letto.
- Sì.
- Quando?
- Non mi ricordo. Saranno quindici anni.
- Questo ha il cassettone.
- Sì.
- E non m’hai detto niente?
- Scusa.
- È una questione di rispetto.
- Lo so, scusa.
- Mettiti nei miei panni, in quanto mostro sotto il letto, la struttura del letto ha un ruolo fondamentale per il corretto svolgimento del mio lavoro. Se tu me la cambi, ci va di mezzo la qualità del servizio.
- Mi rendo conto.
- Non vorrei dovermi rivolgere al sindacato.
- Vedo cosa posso fare.
- Grazie.
- Aspetta… io ho un mostro sotto il letto?
- Avevi. Abbiamo lavorato insieme dal ’90 al ‘98. Ti risulta?
- Forse.
- Mi chiamavi Tommyknocker, te lo ricordi?
- Ah già.
- Cos’era?
- Un brutto film tratto da un brutto libro di Stephen King.
- Ti faceva così paura?
- Non l’ho mai visto. Mi faceva paura il nome.
- Il nome. E le dita. Te le ricordi le dita? Dita lunghe, dita di morto, dita con falangi magre che graffiavano e spiavano, e poi chissà, occhi vuoti, tre file di denti, tutto quello con cui la fantasia poteva torturate un bambino. Scivolavo nel buio come un insetto, come un annegato. E mentre mamma e papà litigavano nell’altra stanza, tu chiudevi gli occhi e fissavi il muro. Perché la regola era…
- Che se ti vedo, mi prendi.
- Che se mi vedi, ti prendo. Non ci siamo più sentiti. Com’è?
- Ho avuto un sacco da fare.
- Vuoi che ti faccia paura?
- A te farebbe piacere?
- Ma sì, in ricordo dei vecchi tempi.
- Va bene.
- Allora adesso allungo una mano e ti afferro un piede.
- Okay.
- Com’è?
- Ho molta paura.
- Non sembra.
- No, no, davvero, sono pietrificato.
- Non è vero.
- Invece sì.
- Smettila di essere condiscendente. Lo capisco quando fingi.
- Scusa, è che c’ho la testa da un’altra parte. Mi sono arrivati un sacco di lavori tutti insieme, un mucchio di scadenze, e poi…
- E poi?
- Lasciamo perdere.
- No, no, dimmi.
- Non è per sminuirti, è che adesso mi fanno paura cose diverse.
- Tipo?
- Beh, così su due piedi.
- Dai, magari mi aiuta, facciamo un corso di aggiornamento.
- I parcheggi a esse.
- Cioè?
- Mi fanno paura i parcheggi a esse. Non li so fare. Vado nel panico.
- Ma come faccio a farti parcheggiare qua nella tua stanza.
- C’hai ragione.
- Qualcos’altro?
- Le raccomandate.
- Le lettere?
- Sì, le buste delle raccomandate. Di solito è una multa, ma c’ho sempre paura che sia qualcosa di peggio. Una di quelle cose che ti rovina la vita.
- Mi potrei vestire da postino…
- Ma non è il postino in sé, è più…
- La busta, ho capito. Non posso passarti buste da sotto il letto, dai.
- No, no, chiaro.
- Mi sentirei uno scemo.
- I debiti.
- Eh?
- Mi fanno molta paura i debiti. L’idea di essere in debito. Mi mette ansia.
- Sì, va bene, ma pure questo è astratto.
- Poi, fammi pensare…
- Guarda, forse è il caso che la chiudiamo qui.
- Vediamo, ho paura di non essere quello che ho detto di essere. Capisci? Un bel giorno dover andare in giro e spiegare a tutti che mi sono sbagliato, che non è vero che so fare quello che ho detto di saper fare.
- Va bene, ho capito, facciamo che ci aggiorniamo…
- Ho paura che sia troppo tardi.
- Per cosa?
- Per tutto. E che ogni giorno sia troppo tardi per una cosa nuova.
- Così no, però, così non va bene…
- Vorresti che avessi paura di qualcosa di più concreto, vero? I mostri magari. I fantasmi,gli alieni?
- Esatto! Esattamente! È proprio quello che cercavo di dirti.
- Ma magari.
- Come magari?
- Magari ci fossero i mostri, magari ci fossero gli alieni, magari ci fosse qualcosa che si muove nel buio. Io ci spero che le cose che mi facevano paura da bambino siano vere. Io ci spero che nel buio ci sia qualcosa, perché significherebbe che non sono solo in quel buio. Che non è tutto qua.
- Basta, ti prego.
- E poi ho paura di me.
- Davvero non…
- Delle mie ipocrisie, delle mie nevrosi, della mia malignità, di una sveglia sul cellulare con scritto sopra “pagare tasse”. E più di tutto…
- No…
- Ho paura perché credo di aver finalmente capito perché ho paura.
- Smettila…
- Ho paura perché credo di essere come uno di quei quadri impressionisti. Quelli che da lontano sembrano belli e sensati e più ti avvicini più ti accorgi che non c’è niente, sono solo macchie di colore. Ed è quello che penso di me.
- Cristo santo. Davvero?
- Sì.
- Io… cavolo, è… è…
- È?
- Terrificante.
- Lo so.
- Oh no.
- Cosa?
- Sei diventato il mio mostro sopra il letto."
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Testo: Nicolò Targhetta
Grafica: Amandine Delclos
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libero-de-mente · 7 months
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Uno dei monologhi più belli che mi hanno colpito, quello conclusivo del film “The Big Kahuna”
Goditi potere e bellezza della tua gioventù.
Ma non ci pensare. Il potere di bellezza e gioventù lo capirai solo una volta appassite.
Credimi, tra vent’anni guarderai quelle tue vecchie foto e in un modo che non puoi immaginare adesso.
Quante possibilità avevi di fronte e che aspetto magnifico avevi.
Non eri per niente grasso come ti sembrava.
Non preoccuparti del futuro.
Oppure preoccupati, ma sapendo che ti aiuta quanto masticare un chewing-gum per risolvere un’equazione algebrica.
I veri problemi della vita saranno sicuramente cose che non ti erano mai passate per la mente.
Di quelle che ti pigliano di sorpresa alle quattro di un pigro martedì pomeriggio.
Fa’ una cosa, ogni giorno che sei spaventato: canta.
Non esser crudele col cuore degli altri.
Non tollerare la gente che è crudele col tuo.
Lavati i denti.
Non perder tempo con l’invidia. A volte sei in testa. A volte resti indietro.
La corsa è lunga e alla fine è solo con te stesso.
Ricorda i complimenti che ricevi, scordati gli insulti. Se ci riesci veramente, dimmi come si fa.
Conserva tutte le vecchie lettere d’amore, butta i vecchi estratti conto.
Rilassati.
Non sentirti in colpa se non sai cosa vuoi fare della tua vita.
Le persone più interessanti che conosco, a ventidue anni non sapevano che fare della loro vita. I quarantenni più interessanti che conosco, ancora non lo sanno.
Prendi molto calcio.
Sii gentile con le tue ginocchia, quando saranno partite ti mancheranno.
Forse ti sposerai o forse no.
Forse avrai figli o forse no.
Forse divorzierai a quarant’anni.
Forse ballerai con lei al settantacinquesimo anniversario di matrimonio.
Comunque vada, non congratularti troppo con te stesso, ma non rimproverarti neanche. Le tue scelte sono scommesse. Come quelle di chiunque altro.
Goditi il tuo corpo. Usalo in tutti i modi che puoi. Senza paura e senza temere quel che pensa la gente. È il più grande strumento che potrai mai avere.
Balla. Anche se il solo posto che hai per farlo è il tuo soggiorno.
Leggi le istruzioni, anche se poi non le seguirai.
Non leggere le riviste di bellezza. Ti faranno solo sentire orrendo.
Cerca di conoscere i tuoi genitori. Non puoi sapere quando se ne andranno per sempre. Tratta bene i tuoi fratelli. Sono il migliore legame con il passato e quelli che più probabilmente avranno cura di te in futuro.
Renditi conto che gli amici vanno e vengono. Ma alcuni, i più preziosi, rimarranno.
Datti da fare per colmare le distanze geografiche e gli stili di vita.
Perché più diventi vecchio, più hai bisogno delle persone che conoscevi da giovane.
Vivi a New York per un po’, ma lasciala prima che t’indurisca.
Vivi anche in California per un po’, ma lasciala prima che ti rammollisca.
Non fare pasticci coi capelli, se no quando avrai quarant’anni sembreranno di un ottantacinquenne.
Sii cauto nell’accettare consigli, ma sii paziente con chi li dispensa. I consigli sono una forma di nostalgia. Dispensarli è un modo di ripescare il passato dal dimenticatoio, ripulirlo, passare la vernice sulle parti più brutte e riciclarlo per più di quel che valga.
Ma accetta il consiglio… per questa volta.
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susieporta · 6 months
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L'amore se ne frega.
Ho accumulato ormai un bel mucchio di anni nello studio, tali e tanti da poter testimoniare alcune verità, conosciute ma tacitate, che attraversano il vivo dell'esperienza degli uomini, e delle donne.
L'amore, che vuole 'Ancora', è a scapito di ogni cosa. L'amore comporta una perdita delle relazioni umane, un calo nelle gerarchie sociali, una discesa nel potere di acquisto.
L'amore, e le sue conseguenze, se ne frega di ogni convenzione.
Dove vissuto intensamente, sino alla fine, quand'anche durasse un solo giorno, l'amore per una persona fa a meno degli orari di lavoro, dei tempi, del rispetto delle regole convenzionali.
L'amore prende treni andata e ritorno in giornata, sale su aerei senza poterli pagare se non a costo i sacrifici immani.
L'amore infrange tutta quella serie di asfittiche regole, normali, utili, normalizzanti, necessarie alla vita, al lavoro, al progresso.
Quando è vero, quando cioè diventa fine e tensione della vita stessa, vale sempre la pena.
'Valeva la pena uscire da quella riunione di lavoro e perdere la promozione'? ' Ah si, dottore. Lui era la sotto con i fiori, e mi ha portato via'
' Oggi il suo stipendio è assai basso'
'Si, ma quel momento valeva una vita intera.
Non potevo perderlo '
'Valeva la pena accettare l'invito di quella donna, pur sapendo dei precedenti, del carcere?
' Si dot, la mia famiglia mi ha cacciato via, quasi diseredato, ma non avrei ma potuto dirle di no.
Rinunciare all'amore per convenzione per morale, per costume, per tradizione familiare, perché 'non si deve', non è ' giusto'.
Perché questo ,quell'altro, priva la vita di quell'attimo incandescente che , da solo, rappresenta una luce che illumina l'universo.
Dopo il big bang, l'universo divenne freddo, tetro, gelato ed infinito.
Ma quel bagliore valeva tutto.
I casi suddetti, e altre mille ne potrei citare, conducono oggi vite non ricche, non visibili. Molti di essi hanno difficoltà economiche, a causa delle loro scelte.
Ma sono vite piene, colme.
Dire no all'amore per la convenzione, come accade nella maggior parte dei casi, conduce ad una vita mediocre, normale, normalizzata. Ricca, spesso agiata, confortevole. Rispettabile.
Nei canoni.
Ma quando giunge l'autunno della vita, il lungo e freddo periodo del rimpianto, questo viene quasi tutto speso nel rammarico, nella dannazione di aver lasciato per strada l'amore, vero. Il declino dell esistenza diviene un lungo prodomo alla morte, vissuta come una liberazione. Nessuno immagina quanti uomini e donne in questa deriva passano nello studio di un analista.
Questo è in nuce il discorso che stamattina, farò ad un emittente radiofonica che mi ha invitato , il link della quale metterò solo dopo essermi accertato che si apra, vista la mia nota dabbenaggine nel indicare link che poi si aprono in punto cieco.
Come sempre, psicoanalisi e desiderio.
Mentre tutta l'intellighenzia vi blatera, in tv, ' fate i bravi, siate monogami, siate fedeli anche quando tutto è morto. Obbedite, lasciatevi giudicare', la forza sovversiva del desiderio indica la strada opposta. Come diceva Freud ' noi portiamo la peste'
Molla tuto, alzati in piedi, corri giù dalle scale.
Vai incontro a chi ti sta aspettando, non corre il rischio di perderlo.
Insomma, vatti a prendere l'amore, ovunque esso sia.
Vi ricordate la ' Canzone di Carla' ?
George si innamora di Carla, e per lei compie azioni inconsulte, al punto di fermare un autobus per farle fare un giro. La ditta lo riprende e lo licenzia.
Ma quella scena, vale tutto il film.
Maurizio Montanari
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papesatan · 5 months
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per esorcizzare il futuro
Quest’implacabile e oscuro inquisirmi che mi fruga dentro e fuori, mi spinge a investigarmi il cuore alla malata ricerca di potenziali violenze passate e future. Mio nonno, uomo mansueto di sconfinata bontà, invecchiato in silenzio all’ombra d’un suocero dragone e una moglie arpia, è morto dopo esser stato corroso giorno per giorno dal Parkinson, roso sin dentro le ossa, fino a diventare un altro da sé. Quando la malattia lo lasciò, non c’era più niente in lui dell’uomo che era, non ne era rimasto più nulla, come scrive Flaubert: “il l’ouvrit et ne trouva rien”. Negli ultimi tempi s’era fatto estremamente violento, quasi ferino, tirava calci a tutti, schiaffi, pugni e spinte, parole al veleno, bestemmie e imprecazioni mai udite da quella sua bocca garbata, paranoie continue per cui era convinto che il fratello s’intrufolasse in casa di nascosto per scopargli la moglie, ben corrisposto, o che gli amici sparlassero di lui al bar. E giù d’insulti e botte. Oggigiorno non se ne ricorda più nessuno e di lui, fortunatamente, è rimasto solo il ritratto d’un uomo retto e buono, come effettivamente è stato per gran parte della sua vita. Ora penso, mio nonno era un uomo buono... (intravedete già il punto del mio discorso?) la storia della mia famiglia non ha niente a che fare coi Rougon-Macquart, ma risalendo le generazioni risulta evidente una certa predisposizione alla follia. Benché la scienza mi rassicuri d’avere solo una piccola esigua possibilità d’ereditare il male, io ne sono intimamente convinto. E se mio nonno, che era un uomo buono, s’è degradato in “nu diavl” (per dirla con le urla di mia nonna), io che non lo sono, che speranza avrei di restare umano? Solo la mia assoluta integrità morale mi permette di tener docile al guinzaglio il lupo in me. Se perdessi ogni freno, cosa mi distinguerebbe da un mostro senz’anima? Diverrei pari a un lupo mannaro, il povero professor Lupin morso dalla luna piena, Harvey Keitel che si tramuta in vampiro e morde a morte l’amato figlio, un maledetto zombie in un qualsiasi film di zombie. Tanto varrebbe sopprimermi prima. Non posso perdere me stesso, non voglio perdere me stesso, la mia mente è tutto ciò che ho. Un giorno, prima di perdersi per sempre, mio nonno mi prese per un braccio, mi fissò con la disperata urgenza della fine e disse: “La cosa più importante per una persona è essere padroni di se stessi. Ricordalo!” Non l’ho dimenticato, nonno, non l’ho fatto. Non posso prometterlo, ma spero solo di poterlo ricordare per sempre. 
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solosepensi · 11 months
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Cara ragazza,
mentre ti scrivo ho di nuovo 19 anni, sono seduto sulle scale della cucina a far asciugare i capelli al sole, poi passerò a prenderti con l’Ypsilon 10 di mio padre. È la fine dell’estate della maturità, ho la patente da un mese, tu sei l’amore che voglio. A novembre andrò a studiare a Venezia e mi lascerai. Ti chiamerò ogni sera nell’autunno più piovoso della storia, dalla cabina telefonica di Rialto, tua sorella ogni volta mi dirà: «Non c’è, è fuori con Luca». Io riappenderò, poi urlerò, poi il mio amico Carlo mi dirà: «Andiamo a bere».
Ci rimetteremo insieme dopo 4 mesi interminabili, il giorno in cui scoprirò che Luca non esiste, ma è solo il nome che dai alla tua paura. La maniera che hai per dirmi: «Fammi vedere quanto ci tieni. Torna a prendermi». Quando lo farò, saremo due pesci che finalmente riguadagnano l’acqua. Sarà un anno di mani che si sfiorano, baci con le labbra screpolate, film al cinema di cui non ricordo niente, poi l’estate di nuovo addosso.
Ci lasceremo in inverno, per mia scelta e per la convinzione che mi spetti, stavolta, il tuo dolore per il mio abbandono. La realtà è che sentire di averti già trovata è una consapevolezza che a 21 anni mi sconvolge. È più gestibile la presunzione di poterti tornare a prendere, di nuovo, un giorno.
Quel giorno non ci sarà. Ci sarà invece chi dopo l’incidente mi dirà: «Se fosse rimasta con te magari sarebbe ancora viva». Ci saranno il senso di colpa che mi accompagnerà a lungo come un secondo battito, l’inutilità delle lacrime, la prima scoperta del “mai più”. Passerà del tempo e arriveranno altre ragazze, in ciascuna di loro avrò la sensazione di cercare qualcosa di te. Finirà ogni volta, perché non ti troverò mai. Né in loro, né da nessuna parte.
L’amore non passa nella vita una sola volta, per nostra fortuna. Quel che non torna è la prima opportunità di avere coraggio, l’occasione decisiva di restare, quella di dirsi per la prima volta: due. Può accadere che arrivi troppo presto, oppure troppo tardi, ma se la riconosci devi decidere subito cosa farne, perché la vita non aspetta i tuoi ritorni.
Oggi sono passati più di vent’anni, ho una compagna che amo, tre figlie che sono la luce dei miei giorni, per vivere racconto storie. Ogni volta che mi capita di scrivere dell’amore sono per un attimo di nuovo là, sotto quella pioggia, dentro a quella cabina del telefono. Immagino di poterti chiamare dall’adesso, solo per ringraziarti. Per dirti che quando mi è passata davanti la mia seconda occasione di restare me ne sono accorto subito, perché per la prima volta non ti stavo più cercando. Ma soprattutto perché, di nuovo, ho avuto la tentazione di andare via, a causa della mia paura alla quale un giorno ho dato un nome di ragazza.
Sono rimasto anche pensando a ciò che la mia stupidità ci ha fatto perdere per sempre. Sono rimasto sentendo che l’amore che resta può fondarsi anche su quello che non torna, ma solo se permetti all’amore che non torna di essere la strada che ti porta verso l’amore che resta.
(Matteo Bussola)
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ossicodone · 1 year
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Di base va tutto una merda e l'unica cosa positiva è stata un intervento fatto ieri su una mamma di trentasei anni, con tentativo di suicidio, fermata dal marito con cui stava divorziando perché le cose fra loro non andavano bene. Lei aveva altri uomini ma nessuno che le desse pace, lui invece ha trovato subito una ragazza con cui si trova bene e lei giustamente non accettava questa cosa. Chiamano la CO le loro due figlie di dieci e sei anni, spaventate perché la mamma voleva buttarsi dal balcone. Intervengono sul posto Abz, cinque volanti di polizia e noi, automedica. Da subito lei si apre con me, mi chiede di starle vicino, che avrebbe fatto quello che le dicevo di fare ma di non farle perdere le bambine. Ho rassicurato lei, mi ha dato la mano, si è appoggiata su di me piangendo e cercando un abbraccio, mi stavo per commuovere, trattengo una lacrima, lei mi guarda, io le chiedo di sedersi e lei mi dice che si sentiva scarica, io faccio il filosofo e le dico che quando si scarica il telefono lei che fa? Lo getta dalla finestra? No, lo mette in carica e così deve fare lei con la sua vita, perché un cellulare dalla finestra si rompe ma si può ricomprare, una vita no. Lei piange, io mi interrogo sui misteri della mente e di questa parabola che ho fatto a questa, uscita da chissà che film scadente di Fabio Volo. Vabbè, parlo con le bambine, terrorizzate, ma molto mature. "Mamma picchia papà, noi stiamo bene con entrambi ma mamma sparla di papà mentre lui non lo fa con la mamma, ci sentiamo più libere con papà". Parlo separatamente con il padre, lui molto chiuso, si teneva tutto dentro, gli dico che ci son dei minori in atto e devo assicurarmi il loro bene prima di qualsiasi altro, capisce che c'era il pericolo degli assistenti sociali, si alza e se ne va. Io valutato tutti, non ho ritenuto lui fosse un problema e sarei stato d'accordo a lasciargliele ma dovevo comunque sentire la centrale da prassi. Mi danno l'ok, vado dal padre, glielo dico, lui si mette a piangere, le abbraccia, la madre di la che mi fissava, mi faccio il viaggio con lei sull'ambulanza, mi parla, si apre, mi ha chiesto di non lasciarla, di stare con lei, aveva paura, io che le accarezzo la testa, le dico di stare tranquilla, che può farcela ed ero fiero di lei per la scelta di farsi seguire da uno psicologo per questa sua dipendenza affettiva e depressione, me ne vado. Lei mi guarda forse sperava rimanessi sul serio, mi fan i complimenti il mio amico infermiere, il doc, il cugino della ragazza, per la professionalità e perché ero l'unico con cui lei si fosse attaccata e aperta. Mi faccio una sigaretta, respiro, penso, ma non vivo. In quel momento mi sale uno sconforto, un pensiero brutto, ricordi, finisco il turno e stasera penso che andrò a bere perché ho bisogno di non pensare
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crosmataditele · 7 months
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Proviamo a capire qualcosa, ragionando, sullo spot della pesca. Innanzitutto, chiariamo che non è affatto inutile parlarne, anzi. Non è vero che gli si fa un favore, anzi: questa cosa del purché se ne parli è figlia pura del molti nemici molto onore. Che è una fesseria: chi ha inventato questa frase si è poi accorto che molti nemici ti fanno il mazzo a tarallo, altro che molto onore. Così, questa cosa della pubblicità, che guadagnerebbe anche in termini economici perché la si critica, non è vera, o comunque tutta da dimostrare: dati alla mano, però, possibilmente. Poi. Non è di destra. La destra non ragiona così, non parla così. Non è melliflua e non titilla queste note sdolcinate: questo è veltronismo puro: un distillato di banalità, peraltro pericolosissime, perché hanno permeato tutta la cultura italiana, che ormai è ridotta come sappiamo. Altra obiezione: che senso ha criticare questo modo di raccontare le cose? Ha senso, perché è così che passa il senso comune: attraverso migliaia di queste cose qui. La mammina affacciata che guarda il padre separato dalla finestra e quasi lo perdona (perché è ovvio che la colpa della separazione è dell'infido patriarca). Il beau geste della creatura, che ovviamente ragiona come in un film finanziato dal Ministero. La bella casa, la macchina nuova. E' così che passano le idee. E vanno criticate eccome, sempre e comunque. Prima di tutto per non perdere l'abitudine al pensiero, poi per principio: la critica, in certi casi, è addirittura un dovere, altro che diritto. Perché, ripeto, è così che si forma la pericolosissima opinione pubblica, e ogni tanto le va ricordato che sì, va bene, sarai anche pubblica, ma come opinione è meglio se vai a cuocere i cocozzielli. Così passano i concetti malati, così filtrano le idee fasciste: quando noi, che dovremmo ragionare su tutto, pensare, studiare, facciamo i superiori. E sbagliamo. Non bisogna fare i superiori: bisogna essere, superiori. Non lasciar correre niente, a queste idee. Niente. E' così che vincono, e invece bisogna riflettere, studiare, criticare. Sempre. Tutto. Per non far credere che certe cose siano normali. Non sono normali, sono solo comuni, come diceva Dorothy Parker.
Amleto de Silva
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alessandrom76 · 8 months
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ricominciare
voglio ricominciare a scrivere, a correre, a vivere.
la verità è che è da un po' sono stato assorbito da altro e ho dedicato tempo ed energie su altri aspetti della vita lasciando andare le cose che mi fanno stare bene, che, è vero, riescono solo a trattermi sul bordo, ma che non mi fanno cadere nel precipizio.
e allora... ho ricominciato.
ho ricominciato a leggere al posto di perdere tempo con i social e ho ricominciato a vedere film anzichè serie.
mi sono convinto che che non esiste "la" prima cosa da fare per cambiare, per cambiare basta fare "una" prima cosa.
piccola
insignificante
provvisoria
e la mia è questa.
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der-papero · 10 months
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Ho fatto un pensiero stanotte, che poi ho detto "machisenefotte di scriverlo", sto perdendo pure la voglia di venirle a raccontare qui le cose, finisce che mi deprimo ancora di più, e poi è successo qualcosa dal sorriso tanto amaro per me da fare da scintilla per queste parole.
Oggi, cosa mai richiesta a nessuno, ho ricevuto un aumento di stipendio del 4%. Così, aggratis, dopo averne ricevuto il 10% ad inizio anno, finendo col guadagnare adesso 7000 euro lordi al mese tondi tondi.
A questo ci aggiungiamo una casa di proprietà di quasi 600mila euro, 100mila euro di conto corrente più altri 40mila di azioni, un'auto da 250 km/h che non pago, e tanta roba sfusa qua e là che manco so di avere alla fine, perché non la controllo mai (del tipo, ho da poco scoperto che pagavo a vuoto due abbonamenti che non usavo, perché manco li guardo più gli estratti conto).
Voi adesso mi direte: ma che ci stai a rompere i coglioni vantandoti di essere il nuovo finto Briatore?
No, il punto è un altro.
E' che da tanto, ormai troppo tempo, rimpiango il giorno che sono venuto in questo paese, ed è proprio su questo punto che inizia il mio rimpianto e la mia vergogna, perché ci sono venuto per i soldi, e quelli li ho fatti, eh, ne ho fatti tanti e li sto continuando a fare pur non volendoli fare, mi sembra di vivere in quel film, Brewster's Millions, quello con Richard Pryor, dove più spendeva i soldi a cazzo e più ne faceva, correndo il rischio di perdere la scommessa, e quando ho deciso di venire qua perché pensavo di meritare di più l'ho fatto spezzando il cuore a tante persone che mi volevano bene, porto al collo ogni giorno da 6 anni a questa parte una bussola regalatami da una persona che mi salutò per l'ultima volta in lacrime, e io la guardai andare via, non avendo nemmeno la minima idea di cosa stesse accadendo e gettandomela alle spalle come una scatola vuota.
E oggi questo sono, schifosamente ricco e schifosamente solo, perché sono stato uno stupido, una persona che per avidità non si è fatta scrupolo di abbandonare tutti, e pago questa scelta con un prezzo così alto da non poter mai guadagnare abbastanza per poterlo estinguere.
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Sei salvo quando non hai tutti i giorni voglia di scappare da dove sei.
Sei salvo quando staresti bene con quello che hai, ma non rinunci a desiderare qualche cosa di più.
Sei salvo quando, la cosa che desideri, non è una "cosa".
Sei salvo quando possono prenderti in giro quanto vogliono. Anzi, più lo fanno e più ti danno la carica.
Sei salvo quando hai qualcosa da perdere, ma giochi lo stesso, perché ti sai concentrare su quello che ancora puoi vincere.
Sei salvo quando ridi.
Sei salvo quando ti incazzi ancora, se vedi qualcosa di sbagliato.
Sei salvo quando hai ancora motivi per mettere il vestito buono e uscire.
Sei salvo quando se c’è da ballare balli, anche se quando balli fai ridere.
Sei salvo quando dici più spesso “m’importa” che “chi se ne frega”.
Sei salvo quando saluti qualcuno per strada anche senza conoscerlo.
Sei salvo quando canti.
Sei salvo quando hai ancora posti da vedere, e ancora almeno un buco dove tornare.
Sei salvo quando fermi la macchina solo per uscire e guardare il tramonto.
Sei salvo quando lasci ancora che un libro o un film o una canzone ti scombinino le cose.
Sei salvo quando non ti dimentichi mai, che sei un piccolo stupido puntino buttato lì in un libro di miliardi di pagine.
Sei salvo quando non ti dimentichi mai, che anche un puntino può cambiare, se non tutto il libro, almeno una frase.
E, a volte, perfino tutta la storia.
Enrico Galiano
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susieporta · 1 month
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VULCANI E FIORI DI CILIEGIO
Alcune fioriture sono possibili quando sembra tardi.
Se ci sono persone che a 12 anni impattano a schiena dritta il sentiero della realizzazione personale, molte altre muovono passi incerti, avanti, poi indietro, vanno a zig zag negli spazi infiniti della vita disegnando percorsi apparentemente assurdi e insensati.
È solo alla fine che si capisce il senso di questo vagare, come in alcuni film in cui il colpo di scena finale ti fa vedere tutta la storia con altri occhi, ribalta completamente la situazione e allora c’è bisogno di rivedere il film dall’inizio.
E quando lo rivedi, tutto ha un altro senso, colore, e ogni gesto è iscritto dentro un cerchio di significati invisibili.
Le esistenze a zig zag sono di chi si perde, si smarrisce, cade, si ritrova, e quando si ritrova si accorge che non si era mai perso.
Sono quelle dei figli feriti che non osano tendere la mano per afferrare il loro piacere proibito.
Vorrei, potrei, ma non oso.
Non oso esser quel che sono, non oso essere molto più di quel ci si aspetti da me, non oso mostrare un volto nuovo che gli altri stenteranno a riconoscere, dire parole che non capiscono, esprimere una grazia ch’essi non conoscono, non oso divenire e prender la forma che già ho, ch’è solo nascosta da strati e strati di menzogne, stron@te, paure di tradire questo o quello, terrore di perdere la compagnia di un branco che protegge chiedendo come compenso il sangue dell’anima.
Anni di invincibile voglia di essere, tirati col freno a mano.
Ciò che d’invisibile incatena, è peggio di una gabbia di ferro, perché non se ne conosce la grandezza, ci si rimpicciolisce a camminare avanti e indietro in due metri quadri, dicendo ma è davvero tutto qui?
La mia vita davvero è tutta qui?
Allora perché sento questo universo agitarsi dentro?
Perché i miei respiri rimangono confinati in fondo al petto, e a fine giornata ho un avanzo di vita che non so dove buttare?
E i miei passi, sono così tanti e ampi e forti che potrei arrivare a piedi in Cina, e invece ho le gambe di legno fissate con le viti al pavimento della cucina.
E le fantasie, gli animali strani e i personaggi che chiacchierano nella mia testa e fanno una gran caciara, mi tocca mettergli il muto, fingere di non vederli nè sentirli.
Ma che storia è?
È la storia dell’eccesso di vita.
Perché gli zig zagatori hanno un eccesso di vita che li sbatte qua e là come un torrente di montagna fa con le foglie che hanno perso il loro posto sul ramo, cadute senza saper ritrovare un poso dove stare.
Com’è difficile arginare le piene di questi fiumi straripanti, di questi vulcani ch’eruttano idee, progetti, tavolozze di possibilità, ma si tappano la bocca con forza, per paura di disintegrare ogni cosa.
Figli stremati da sguardi depressi, da gente spiaccicata sulle poltrene davanti a giganteschi televisori, che non gliel’hanno fatta a sortire.
Fioriture tardive che vengono annaffiate da urano e saturno, malefici per altri, maestri per loro, li prendono per mano, o a calci, e li rimettono a schiena dritta esattamente dove devono andare, e la loro duttile natura e la loro sostanza già “lavorata” dalle botte prese qua e là li rende attori perfetti per qualsiasi copione.
Sono il testimone e l’attore di queste esplosioni, che arrivano come orgasmi improvvisi, come nevicate ad Aprile, non se l’aspettavano che ce l’avremmo fatta, e invece, e invece abbiamo OSATO.
Abbiamo osato essere e sconvolgere tutti .
ClaudiaCrispolti
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libero-de-mente · 8 months
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Rose e Jack
- Papà...
- Dimmi Gabri
- Questo fine settimana Rebecca starà da noi tre giorni, arriverà venerdì
- Uh, qual è il motivo? Ultimi giorni di ferie prima della scuola e volete passare più tempo insieme?
- Non proprio, domenica sarà un anno che siamo insieme
- Oh, che bello e cos'hai in mente?
- Le farò una sorpresa
Gabriele, figlio 2 quello che spesso sembra il più freddo dei due. Quando vuole mi sa sempre stupire con attenzioni inaspettate.
Per tutta l'estate si è trovato un lavoro part-time per racimolare quattro soldi ed essere indipendente.
Cerca sempre di non farle mancare nulla con molte attenzioni.
In alcuni momenti mi sembra Jack, il personaggio del film Titanic di James Cameron.
Quando lei gioca alla Nintendo collegata alla TV in sala e lui abbracciandola da dietro l'aiuta con il controller nel gioco.
Sembrano Rose e Jack sulla prua del Titanic.
Un destino crudele quello di Rose e Jack del Titanic, nel mare hanno trovato un destino avverso.
Già il mare. Gabriele ha deciso di portarla a Genova città di mare, a visitare l'acquario di quella città uno dei più belli che abbia visto. Pieno di creature del mare.
Quando Rebecca viene ospitata a casa lei e Gabriele dormono in salotto. Un letto gonfiabile moto alto e comodo viene affiancato al divano, hanno la stessa altezza e così uno su divano e l'altra sul materasso a una piazza e mezza dormono vicini.
Sabato sono partiti presto e vuoi la fretta di non perdere il treno, il controllare gli zainetti e prepararsi i panini hanno fatto si che il materasso fosse lasciato gonfio e incustodito.
Così mentre io passavo la mattinata in giardino scoprendo che qualche ora dedicata alla pulizia del verde corrisponde a una donazione all'AVIS (zanzare di merd*), e che le cimici che da ottobre utilizzano il bucato steso come cavallo di Troia per entrare in casa, durante l'estate vivono una vida loca tra le fronde degli alberi. Nutrendosi e copulando come se non ci fosse un domani.
Ecco mentre io osservavo tutto ciò, il gatto Alvin decideva che quel materasso era molto figo e spassoso. Così un suo artiglio è riuscito a forare il materasso.
Un forellino. Quando me ne sono accorto ho rimediato subito con una colla per PVC e toppe speciali per riparare i materassini. Le istruzioni davano 24 ore di tempo per la massima resa.
Io 24 ore non le avevo così la sera quando i due naufraghi dell'Acquario di Genova, erano stanchissimi, dopo una breve cena ho gonfiato il materasso e il buco riparato teneva alla grande.
Peccato che dall'altra sponda del materasso Alvin aveva lasciato un altro ricordino, un forellino non visto, più piccolo ma inesorabile nel far sgonfiare il materasso.
Guardo Gabriele lui guarda me, io guardo Rebecca e Rebecca guarda me, guardo Alvin e Alvin fa finta di nulla fischiettando in gattese.
- Beh ragazzi, questa sera dormirete separati. Tu Gabri torni nel tuo letto vicino a tuo fratello e lei dormirà sul divano che ci sta comoda.
- Ma no pa' si sgonfia piano, magari mi regge per una notte. Ci sto sopra io tranquillo.
Sembrano Rose e Jack, lei sulla tavola in legno sicura e lui nel mare insicuro. Si addormentano subito, tenendosi per mano come i protagonisti del Titanic.
Il Titanic affondò nella notte alle 2:20 circa. Io verso le 3:00 colto da un senso di protezione mi alzo e vado in sala.
La scena è da Titanic, il materasso oramai è quasi del tutto sgonfio, Gabriele per cinque centimetri non è ancora sul tappeto della sala. Dorme e tiene la mano di lei. Della sua Rose.
Mi avvicino e lo sveglio. Gli faccio capire che deve abbandonare la scialuppa. Cioè il materasso sgonfio, che non può dormire sul tappeto. Così mezzo rintronato si lascia convincere e va nel suo letto.
Non è finita come nel Tianic, appena sveglio Gabri-Jack corre da Rebecca-Rose e la raggiunge sul divano. Abbracciandosi e stendendosi insieme.
In quel momento realizzo che se Rose avesse fatto posto a Jack nel film Titanic, Jack si sarebbe salvato. Cacchio se ci stavano sicuri in due sulla tavola in legno. Cameron dovrebbe rifare quella scena cribbio.
L'amore è un mare, a volte calmo a volte in tempesta. Auguro loro di non affondare mai, di non annegare nelle lacrime. Comunque andrà manterrò sempre il ricordo del mio Jack che teneva la mano a Rebecca, mentre affondava con un materasso forato dall'iceberg Alvin.
Quando vorrò ricordare al mio cuore cos'è l'amore mi ricorderò di quella notte. E ricorderò.
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