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#Badodi
random-brushstrokes · 5 months
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Arnaldo Badodi (Italian, 1913–1942) - Colpo di vento
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Arnaldo Badodi L' armadio 1938 oil on canvas 54.5 × 43.5 cm
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mudwerks · 11 months
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Dina Galli
Italian postcard by Edizioni A. Traldi, Milano, no. 302. Photo: A. Badodi, Milano.
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trashikin · 2 years
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is vader's private chamber soundproof or can anyone who happens to be outside or below hear what just happened? i feel like luke would be horrified if anyone heard. i don't think vader would care all too much if someone ever heard them considering he wants people to know that luke is his.
Oh-ho!
Vader’s quarters are not customized (to date he has not cared about such things) and are “standard admiral quarters”. E.g, the best the Imperial Navy offers without bothering to fight for customization.
Those likely come with a degree of soundproofing, because I imagine that unsavory sexual preferences are not uncommon in the Empire. If someone can climb the ranks of a power structure and use it to wield said power over the less fortunate (clergy, nurses, military, anything else that people assume is “if you hold this position you must be a good person”) then they will.
Palpatine is grody-badody, so I could see certain aspects of “standard” Imperial accommodations assuming perversion. That means some degree of soundproofing, and in general I would think that durasteel bulkheads would do a lot on their own.
In other words, yes Luke would hate people hearing his humiliation but A) high-ranking Imperials have a base level of privacy built into their architecture (because they are all horrible people) and B) in the end, what does he care if Imperials hear him? He will reach out to anyone who shows the tiniest shred of decency, but large swaths of the Navy have none.
If Vader’s only goal was to humiliate a captured Rebel, the way Tarkin insinuated earlier, then he might have taken Luke in a much more public arena. But that is not what he wants. Vader keeps few things for himself, but those that he does are kept painstakingly private.
And Luke, he has recently decided, belongs to him.
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Anna Fougez, diva of the Italian opera and variety playing guitar. Italian postcard by Ed. Traldi, Milano, nº 583. Photo: Badodi, Milano. | src Flickr & getty images
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Italian singer, dancer and vaudeville star Anna Fougez (1894 - 1966) 1920s | src Alamy
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beautifulcentury · 4 years
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Anna Fougez
flickr
Anna Fougez by Truus, Bob & Jan too!
Italian postcard by Ed. Traldi, Milano, no. 583. Photo: Badodi, Milano.
Anna Fougez (1894-1966) was a vaudeville star who shone on the Italian stage from the First World War to the mid-1920s. She also played in various Italian films.
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huariqueje · 6 years
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The wardrobe   -    Arnaldo Badodi , 1938.
Italian,1913-1943
oil on canvas, 54.5 × 43.5 cm
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artfulfashion · 6 years
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Italian actress Lyda Borelli with an Isotta Fraschini automobile, 1914. Photo by Attilio Badodi
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Attilio Badodi, Elsa Merlini
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fotopadova · 7 years
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Lyda Borelli primadonna del novecento
di Nicola Bustreo 
 -- Ricordo e passione di un’attrice “stereoscopica”
 La sempre delicata cornice di Palazzo Cini ospita nella galleria temporanea tra il 1 settembre e il 15 novembre 2017 una nuova mostra dove la fotografia è stata proposta ma anche valorizzata come documento primario. L’esposizione s’intitola Lyda Borelli primadonna del Novencento ed è stata curata dalla professoressa Maria Ida Biggi, direttrice dell’Istituto per il Teatro e il Melodramma della Fondazione Giorgio Cini di Venezia. Il progetto e’ stato realizzato , in accordo con gli eredi di Lyda Borelli, con la collaborazione di istituzioni quali SIAE – Biblioteca e Raccolta Teatrale del Burcardo, Roma; ICCD – Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, Roma; Fratelli Alinari,  Fondazione per la Storia della Fotografia, Firenze.
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Entrata della mostra a Palazzo Cini
La mostra racconta le vicende artistiche dell’attrice veneziana attraverso una serie di documenti inediti, vestiti ma soprattutto un’ampia produzione fotografica sull’attrice e dell’attrice. Si potranno ammirare gli scatti di alcuni dei più grandi fotografi del tempo: Mario Nunes Vais, Arturo Varischi e Giovanni Artico, Emilio Sommariva e Attilio Badodi, per i quali la Borelli ha posato sia in abiti di scena, sia dando sfoggio delle sue celebri toilettes. Proprio questa varietà di punti idi vista permette allo spettatore di immergersi in una sorta di metafora del mondo del teatro dove realtà e finzione corrono a braccetto  e forse possono scambiarsi i ruoli nelle rispettive vite.
Il sapore e’ quello della belle époque e dell’illusione più magica.
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Vestiti di scena (1910-1015) di Lyda Borelli, ICCD Gabinetto Fotografico Nazionale, Archivio Nunes Vais, Roma
La mostra e’ dedicata agli estimatori dell’attrice, del mondo del teatro come del cinematografo muto italiano dove l’attrice e il suo gesto erano i medium con i quali si riassumevano  parole ed l’estetica scenografica. E proprio a risaltare questa espressività assordante, seppur priva di rumore, sono le fotografie dell’attrice nelle sue pose e nelle sue espressioni rese ancor più uniche dai costumi di scena del tempo, che d’improvviso prendono vita in abiti di lusso realizzati ad hoc dalla sartoria veneziana Atelier Nicolao o gli sgargianti quanto preziosi gioielli.
La selezione delle immagini si è rivelata fondamentale, quanto necessariamente puntuale, per valorizzare tutti gli altri documenti scritti, le locandine degli spettacoli come  i libretti di sala e gli abiti presenti nelle sale.
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Lyda Borelli in Salome' (1909-1910), ICCD Gabinetto Fotografico Nazionale, Archivio Nunes Vais, Roma
 L’occasione di questa celebrazione e di questo racconto ci fa scoprire inoltre una Lyda Borelli “stereoscopica”: un viaggio tridimensionale alla scoperta della vita privata dell’attrice e della sua tournée in Sudamerica (1909-1910), fruibile dal pubblico grazie alle videoproiezioni curate da Umberto Saraceni di Visual Lab.
La stereoscopia si conferma la fotografia del teatro permettendo di amplificarne, ma soprattutto di implementarne, la percezione della tridimensionalità sia fisica sia intellettuale del contesto teatrale. Cinema e Fotografia si mischiano in un dolce balletto e fondendosi danno vita a una nuova filosofia di Teatro.
Questa sala rappresenta simbolicamente la missione sull’immagine intrapresa dalla Fondazione Giorgio Cini. Dalle Nozze di Cana di Paolo Veronese riprodotte digitalmente nel 2009 e riconsegnate alla città nelle sale del Convitto palladiano nell’isola di San Giorgio come copia siamo giunti alle stereoscopie di Lyda Borelli, dove teatro, cinema, fotografia si trasformano in immagine e ci permettono di assistere ad un nuovo incontro tra il presente e il passato.
Informazioni utili:
Durata della mostra: 1 settembre – 15 novembre 2017 Orari: 11.00 – 19.00, chiuso il martedì (ultimo ingresso ore 18.15) Sede: Palazzo Cini,: San Vio, Dorsoduro 864 Venezia
Catalogo in mostra: Il Teatro di Lyda Borelli, a cura di Maria Ida Biggi e Marianna Zannoni, Fratelli Alinari, Firenze 2017
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igormag · 7 years
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Arnaldo Badodi (1913–1943), Colpo di vento / Wind blow, 1939.
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ARNALDO BADODI, Il circo, 1941
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mudwerks · 11 months
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Suzanne Armelle
Vintage Italian postcard. Photo by Badodi, Milano, No. 191. Vettori, Bologna.
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les-annees-vingt · 7 years
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Maria Melato, Italian Star of Stage and Screen, Looking Very Stylish, by Badodi, circa 1920s.
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beautifulcentury · 4 years
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Maria Melato
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Maria Melato by Truus, Bob & Jan too!
Italian postcard. Photo by Badodi, Milano, No. 349.
Italian actress Maria Melato (1885-1950) appeared in the theatre, on radio and in the cinema. Her films included Ritorno/Return (1914), Anna Karenina (1917) and Il volo degli aironi/The flight of the herons (1920). Unfortunately, all her films are considered lost.
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redazionecultura · 7 years
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sede: Palazzo della Triennale (Milano); a cura di: Alberto Salvadori e Rischa Paterlini.
La collezione Giuseppe Iannaccone, nata nei primi anni Novanta, abbraccia un arco temporale che va dal 1920, anno del dipinto “L’attesa” di Ottone Rosai, al 1945, con “Il postribolo” di Alberto Ziveri. La raccolta riunisce opere di artisti che hanno sviluppato, durante il venticinquennio, visioni individuali e collettive controcorrente rispetto alle politiche culturali di ritorno all’ordine e classicità monumentale novecentista. I due estremi cronologici raccontano bene una storia di cultura innovatrice, di furori giovanili non sopiti, persino di franca opposizione contro il ritorno alla tradizione nazionale, le mitologie neoumanistiche del fascismo e le consolazioni offerte da alcune correnti formaliste e astratte. Realizzate tra il 1920 e il 1945, le opere hanno fatto i conti con una cultura figurativa europea che ha riconosciuto nella forza eversiva del segno e del colore la propria identità. Il concetto di espressione individuale fa da collante ai lavori: dalla poesia del quotidiano di Ottone Rosai e Filippo De Pisis all’espressionismo della “Scuola di via Cavour” (Mario Mafai, Scipione, Antonietta Raphaël), dal lavoro di scavo nel reale di Fausto Pirandello, Renato Guttuso e Alberto Ziveri alle correnti tonaliste degli artisti del gruppo dei “Sei di Torino” (Jessie Boswell, Gigi Chessa, Nicola Galante, Carlo Levi, Francesco Menzio) e del “Chiarismo lombardo” (Angelo Del Bon, Francesco De Rocchi, Umberto Lilloni), sino alle forze innovatrici dei pittori e scultori di “Corrente” (Ernesto Treccani, Renato Birolli, Aligi Sassu, Arnaldo Badodi, Luigi Broggini, Giuseppe Migneco, Italo Valenti, Bruno Cassinari, Ennio Morlotti). A chiudere la mostra “l’atmosfera irrespirabile” de Il Caffeuccio di Emilio Vedova che, travolto da una rabbia che sarebbe presto sfociata nella partecipazione alla Resistenza, segna un punto di non ritorno. Il quadro, esposto all’ultimo Premio Bergamo, è sembrato ai giovani del gruppo di “Corrente” un vero e proprio detonatore anticlassico: non si poteva costruire, in piena guerra, una pittura nuova, “moderna”, se non negando lo stile in voga nei vent’anni precedenti. In quei quadri, a volte disprezzati dalla cultura artistica dominante, era riposta una risorsa importante: insegnavano a guardare la realtà con uno sguardo rinnovato dagli aspetti più intriganti dell’umanità, della poesia e del colore. La raccolta di Giuseppe Iannaccone è lo specchio dell’animo umano, dei sentimenti di un’Italia in pieno fermento, di in un’epoca in cui la voglia di ricostruire il Paese incrociava la sofferenza per le violenze del regime e delle guerre. Un’originale e importante testimonianza di una stagione creativa, complessa e vitale, dell’arte italiana del Novecento.
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Italia 1920-1945. Una nuova figurazione e il racconto del sé - Collezione Giuseppe Iannaccone sede: Palazzo della Triennale (Milano); a cura di: Alberto Salvadori e Rischa Paterlini. La collezione Giuseppe Iannaccone, nata nei primi anni Novanta, abbraccia un arco temporale che va dal 1920, anno del dipinto "L'attesa" di Ottone Rosai, al 1945, con "Il postribolo" di Alberto Ziveri.
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