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#Arma di Cavalleria
italianiinguerra · 5 months
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Le Medaglie d'Oro della Guerra d'Etiopia - Tenente FRANCO MARTELLI - Dembeguinà (Etiopia), 15 dicembre 1935
Nome e Cognome Franco Martelli Luogo e data di nascita Vinci (Firenze), gennaio 1906 Forza Armata Regio EsercitoArmaCavalleriaRepartoIV Gruppo carri veloci.UnitàGradoTenente di complementoAnni di servizio1928 – 1935 Guerre e campagne Guerra d’Etiopia Luogo e data del conferimento Dembeguinà (Etiopia), 15 dicembre 1935 Luogo e data della morte Dembeguinà (Etiopia), 15 dicembre 1935 Causa della…
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Tappa astigiana per la "Cavalcata del Bicentenario"
Una squadriglia di cavalleria ha fatto tappa ad Asti nell’ambito della “Cavalcata del Bicentenario” organizzata dall’Esercito italiano, con la collaborazione dell’Associazione nazionale Arma di cavalleria e dell’Associazione nazionale carristi d’Italia, per celebrare i duecento anni dalla fondazione della scuola.     Ad accoglierla è stato il presidente della Provincia e sindaco di Asti, Maurizio…
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bfphotostorie · 2 years
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www.instagram.com/p/Cj3xxtmIARV/ Monumento Arma di Cavalleria Avendo desiderio di fare un giro in moto, liberando la mia mente dai pensieri quotidiani, costeggio il PUT di Treviso, in Viale Fratelli Cairoli, e noto una statua proprio all’angolo della strada, svoltando per Via Varco S. Bona. Un monumento dedicato all’Arma di Cavalleria, e a tutti i soldati italiani deceduti in tempo di pace mentre…
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sciatu · 4 years
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GLI ASSEDI DI TROINA
Il primo assedio fu verso il 1063. Il Gran Conte Ruggero I proveniente da Rometta e sulla via dei monti che collegava Messina a Palermo, aveva liberato facilmente Troina dagli arabi ed era stato accolto dalla locale popolazione bizantina con grande onore.  Ruggero era da poco sposato e quindi lasciò la sua prima moglie a Troina con una dozzina di cavalieri e si diresse verso Nicosia per assediarla e depredare i dintorni. I bizantini fecero due conti. Per prima cosa gli arabi avevano riconosciuto loro ampia indipendenza cosa che Ruggero forse non avrebbe fatto. Secondariamente i Normanni erano a favore del papa di Roma mentre loro erano di religione ortodossa, quindi i liberatori erano al pari degli arabi: miscredenti. La moglie di Ruggero con pochi cavaliere pareva essere una facile preda e con poca fatica potevano avere un grande risultato. Assalirono quindi il castello dove i Normanni risiedevano con l’obbiettivo di catturare facilmente Giuditta D’Evreux, sposa di Ruggero. Fecero male i conti. I normanni erano pochi ma erano macchine da guerra. L’assalto al castello finì in una stage di paesani con i dodici cavalieri normanni barricati nel castello a difendere strenuamente la loro signora. Venuta la notte i paesani si rifugiarono nella parte alta del paese sicuri della vendetta di Ruggero. Quest’ultimo arrivo con i suoi uomini e diede l’assalto alle posizioni bizantine. Nel frattempo però erano arrivati  cinquemila arabi a dare manforte ai bizantini. Ruggero dovette a sua volta ritirarsi nel castello per difendersi dagli arabi e dai paesani. Fu un momento tragico per i normanni chiusi nel paese dove non potevano usare la cavalleria che era la loro arma più importante. Ruggero però aveva affrontato momenti peggiori, quindi attese l’alba ed attaccò risolutamente il campo arabo riportando una grande vittoria. Amari, grande storico siciliano ( e forse non molto imparziale) sottolineò che gli arabi, per combattere il freddo avevano abusato di vino e quindi non erano nelle condizioni migliori per difendersi. Fatto stà che sconfitti gli arabi, Ruggero si rivolse contro i bizantini passandone a fil di spada la maggior parte. Questo episodio fu molto importante per Ruggero che non era solo un soldato preparato e coraggioso, ma aveva anche quella che un giornalista di oggi chiamerebbe “una visione politica”: capì che conquistare la Sicilia voleva dire dover comandare due popoli che non avrebbero esitato a combatterlo. Per questo motivo incominciò a favorire l’arrivo non solo di nobili normanni e inglesi, ma anche di contadini dal nord europa. Questo fenomeno di ripopolamento con un popolo fedele raggiunse l’apice  una volta sposata Adelaisa del Vasto signora del Monferrato che fu seguita da una grande schiera di sudditi lombardi, piemontesi e provenzali che andarono ad occupare città chiave come Sperlinga, Piazza Armerina e Sanfratello, diventando il nucleo Gallico della cultura siciliana.
Il secondo assedio avvenne durante la seconda guerra mondiale. I tedeschi e gli italiani si erano fortificati a Troina in un prologo di quello che poi sarebbe stata la battaglia di Montecassino. Un  fotografo, un giovane Robert Capa,  seguiva tra le file americane, il loro avanzare nella conquista delle case di Troina. Gli alleati, vista la difficoltà a conquistare il borgo, decidono quindi di fare quello che avrebbero fatto a Montecassino ed incominciano a bombardare dalla terra e dal cielo il piccolo paese. Fu una strage di donne, bambini, vecchi e soldati. Robert Capa fotografò l’orrore dell’assedio e la distruzione che la guerra portò. Una sua fotografia diventa un famosa come quella del miliziano spagnolo ucciso durante il suo reportage della guerra di Spagna. E’ la foto di un soldato americano che ascolta un vecchio siciliano senza scarpe, che con il suo bastone gli indica una direzione lontana.
Ora Troina è uno dei borghi più belli d’Italia. Finite sono le lotte ed i morti sui monti Nebrodi dove i boschi e la quiete sono ormai dominati dalla lontana e imponente, unica signora della Sicilia: l’Etna
The first siege was around 1063. The Grand Conte Ruggero I coming from Rometta and on the way in the mountains that connected Messina to Palermo, had easily freed Troina from the Arabs and had been welcomed by the local Byzantine population. Ruggero was recently married and therefore left his first wife in Troina with a dozen knights and went to Nicosia to besiege the town and plunder the surroundings. The Byzantines thinked about the situation. First, the Arabs had recognized them a broad independence, and Ruggero perhaps would not have done. Secondly the Normans were in favor of the pope of Rome while they were for the Orthodox religion, therefore the liberators were on a par with the Arabs: unbelievers. Ruggero's wife with a few knights seemed to be an easy prey and with little effort they could have a great result. They then attacked the castle where the Normans resided with the aim of easily capturing Giuditta D’Evreux, the bride of Roger. The made a big mistacke. The Normans were few but they were war machines. The assault on the castle ended in a stage of villagers with the twelve Norman knights barricaded in the castle to strenuously defend their lady. When the night came, the villagers took refuge in the upper part of the town, sure of Roger's revenge. The latter arrived with his men and stormed the Byzantine positions. In the meantime, however, five thousand Arabs had come to support the Byzantines. Roger in turn had to retire to the castle to defend himself from the Arabs and the villagers. It was a tragic moment for the Normans closed in the country where they could not use cavalry which was their most important weapon. Ruggero, however, had faced worse moments, so he waited for the dawn and resolutely attacked the Arab camp reporting a great victory. Mr. Amari, a great Sicilian historian (and perhaps not very impartial) stressed that the Arabs, to fight the cold, had abused wine and therefore were not in the best conditions to defend themselves. As soon as the Arabs were defeated, Roger turned against the Byzantines, passing most of them by the sword. This episode was very important for Ruggero who was not only a prepared and courageous soldier, but he also had what a journalist today would call "a political vision": he understood that conquering Sicily meant having to command two peoples who would not hesitate to fight him . For this reason he began to favor the arrival not only of Norman and English nobles, but also of peasants from northern Europe. This phenomenon of repopulation with a faithful people reached its peak once Adelaisa del Vasto was married with Ruggero and she was followed by a large group of Lombard, Piedmontese and Provencal people who went to occupy key cities such as Sperlinga, Piazza Armerina and Sanfratello, becoming the Gallic nucleus of Sicilian culture.
The second siege occurred during the Second World War. The Germans and Italians had fortified themselves in Troina in a prologue of what would later be the battle of Montecassino. A photographer, a young Robert Capa, followed their progress in the conquest of the houses of Troina in the American ranks. The allies, given the difficulty in conquering the village, therefore decided to do what they would have done in Montecassino and began to bomb the small town from the earth and the sky. It was a massacre of women, children, old people and soldiers. Robert Capa photographed the horror of the siege and the destruction that the war brought. One of his photographs becomes as famous as that of the Spanish militiaman killed during the Capa’s report of the Spanish war. It is a photo of an American soldier who listens to an old Sicilian without shoes, who with his cane indicates a distant direction.
Now Troina is one of the most beautiful villages in Italy. The struggles and deaths on the Nebrodi mountains are over where the woods and the quiet are now dominated by the distant and imposing, only lady of Sicily: Etna
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popolodipekino · 4 years
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“anche questa passerà“
[...] il giornalista radicale Carleton Beals, corrispondente del “Nation”, giunto in Italia nel 1921, e perciò testimone dell’avvento del governo fascista. In ottobre, nei giorni e nelle ore che precedettero l’ingresso a Roma delle squadre fasciste vittoriose, egli abitava insieme alla moglie in via della Croce Bianca, una strada che allora attraversava il Foro romano, in una casa sita a fianco delle organizzazioni sindacali.  Poté perciò osservare, nel corso delle tre notti che precedettero l’ingresso dei fascisti a Roma, bande di saccheggiatori fascisti che “stazionavano all’esterno e scaricavano i caricatori dei loro fucili contro le finestre o sparavano senza sosta alle luci delle case adiacenti”. Ancora il 30 ottobre Beals e la moglie “erano stati improvvisamente fatti segno a colpi di arma da fuoco non appena avevano messo i piedi fuori dal portone”. Per il giornalista radicale lo Stato forte era dunque giunto in Italia, ma egli faceva risalire tutto al fallimento dell’occupazione delle fabbriche del settembre 1920. Fu dunque testimone attento del rapido crollo del movimento operaio, del voltafaccia della monarchia, dell’inettitudine della classe dirgente liberale e dell’affermazione del fascismo. Beals denunciava le responsabilità di una burocrazia disonesta che, pur di rimanere al potere, aveva sostenuto per decenni ogni fazione violenta. Attaccava anche l’atteggiamento tenuto dai giornali americani e dai loro corrispondenti da Roma, i quali “passavano sopra questi fatti per il timore di disturbare il Mito Americano di una Europa in ripresa”. Osservava che se un evento così violento fosse avvenuto in un paese di lingua spagnola del continente americano, “per mantenere l’ordine, avremmo subito inviato marines, sotto il mantello della dottrina Monroe”. Sottolineava inoltre il carattere minoritario della rivoluzione fascista e come in Italia potesse avere luogo una guerra civile senza la partecipazione delle masse. Poteva accadere perché nel nostro paese né il governo né le leggi erano stati mai rispettati, e a determinare il corso degli eventi erano sempre state le minoranze attive capaci di occupare le piazze e di imporre la loro volontà a causa del fatalismo delle masse. [Nota. Ricorda Camillo Cianfarra, che stava assistendo all’ingresso da Porta Flaminia delle raccozzate truppe di Mussolini, che un uomo anziano, vicino a lui,osservando le squadre fasciste mentre sfilavano, aveva commentato: “ Anche questa passerà”.] Nelle convulse giornate del 28 e 29 ottobre egli poté testimoniare come la popolazione, nella sua stragrande maggioranza, rimanesse del tutto estranea agli eventi che stavano precipitando. Anche il governo sembrava all’oscuro di quanto stava accadendo, perché i fascisti si erano impadroniti del telegrafo e degli uffici postali. Le stesse autorità militari brancolavano nel buio, affidandosi a pattugli di ciclisti “che pedalavano furiosamente per le strade del paese per scoprire dove il grande esercito delle camicie nere era accampato”, e che tornavano “pedalando furiosamente per riprtare centinaia di voci contraddittorie”. Spostandosi nei vari quartieri della città egli ci consegna una cronaca delle convulse giornate, conclusesi con l’ingresso a Roma delle raccogliticce squadre fasciste. Racconta che nell’ora della mobilitazione fascista cominciò a piovere, senza che vi fosse altro segno di vita. Aveva allora preso a percorrere le strade della città, notando che i soldati mobilitati, “come rigidi pupazzi di legno”, attendevano “rannicchiati nei portoni delle piazze centrali, inzuppati nei cortili aperti”, ma che “nessun nemico era in vista”, come se “la rivoluzione e la controrivoluzione stessero aspettando che il cielo si schiarisse”. Beals coglieva il grottesco della situazione in quei soldati che in finto atteggiamento di guerra avevano il compito “di far rispettare uno stato d’assedio mai firmato, emesso da un ministro dimissionario ma ancora in servizio”. Si era anche spostato a piazza del Popolo e aveva preso ad attendere seduto al tavolo di un caffé, raccogliendo il sarcasmo dei rari passanti su questa singolare rivoluzione e sulla pioggia che “darà un taglio a tutto”. Si era portato poi a via del Tritone, e attraverso piazza Barberini aveva raggiunto il quartier generale fascista, dove aveva notato alcuni giovani che stazionavano armati all’ingresso. Beals aveva deciso allora di visitare i centri del potere. Al Quirinale non aveva notato nulla di insolito, “nemmeno un guardia in più”. Davanti al parlamento notò le “due uniformi grigio-oliva come in ogni giorno dell’anno”, e al Ministero dell’interno “due compagnie al completo di soldati, fradici e tremanti”. Egli continuava a chiedersi stupito dove fossero i fascisti, dove fosse la rivoluzione. Infine, qua e là, negli ampi cortili di alcuni dei palazzi del centro, intravide “distaccamenti di cavalleria, in attesa sotto la pioggia, in attesa dei fascisti, in attesa di ordini dal dimissionario governo, in attesa delle decisioni del re”. Ormai stanco, se n’era tornato alla sua pensione senza neanche più la voglia di verificare la consistenza della voce che aveva preso a circolare sui ventimila fascisti accampati sulla via Nomentana. [...]
da M. Canali, La scoperta dell’Italia. Il fascismo raccontato dai corrispondenti americani, 2017
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untitled42566 · 5 years
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L’Arma di Cavalleria dona un libro su Francesco Baracca al liceo classico di Jesi
L’Arma di Cavalleria dona un libro su Francesco Baracca al liceo classico di Jesi
L’Arma di Cavalleria dona un libro su Francesco Baracca al liceo classico di Jesi
JESI – Il libro “Baracca”, di Antonino Foschini, iniziativa editoriale della “Rivista di Cavalleria” sostenuta dal Ministero della Difesa, è stato donato alla libreria del liceo classico “Vittorio Emanuele II” dal presidente regionale dell’Associazione Nazionale Arma di Cavalleria (Anac), Romano Bartera, e dal…
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eziovarrassi · 2 years
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Montecilfone (CB): cittadinanza onoraria al Milite Ignoto ed intitolazione di una via al Serg. Magg. Costanzo Sforza.  - Termoli Wild
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my-claudio-gobbi · 6 years
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Nelle foto la giornata meranese (Foto press Arigossi)
Una grigia malinconia autunnale come cornice ad uno scialbo Piero e Franco Richard. Vince Dusigrosz, saltatore più forte che non di classe. Il campo già sparuto in pista è falcidiato. Vana perde una punta per incidente, Dusigroz è un panzer e Piton buon secondo. Il convegno meranese esaltato più dal cross che non dall’attesissimo steeple.
di Giorgio Bergamaschi
La domenica di Maia vive il suo primo momento magico all’esordio di settembre, ma non c’è il “ritorno del Santo”. No, non c’entra Roger Moore;qui diciamo di Santo Cerro che poteva essere il novice dell’appuntamento con il Richard e invece ha passato la mano. Greg Wroblewski ha fatto la sua scelta e deciso d’impostare la preparazione per la sua “macchina d’oro” in prospettiva Gran Premio Merano. Ma c’è stata anche la defezione di Martello (seconda punta di Aichner) e poi in prossimità della corsa, anche quella di Saxo Sol, che rimediava una “briscola” dallo steccato del tondino per un suo movimento inconsulto: ferita all’arcata sopraccigliare ed al labbro, con conseguente epistassi e ritiro obbligato…
A quel punto, al via si presentava un poker di saltatori con una coppia di Vana cui corrispondevano i due di Romano, Giacalmalbar e Mesa Arch. Piton des Neiges si incaricava di fare l’andatura, che il giovane Vana impostava senza sforare, comunque proponendo il ritmo giusto, anche per via del terreno che si presentava un po’ allentato. Alle spalle del pacemaker si piazzava Dusigrosz, macchina possente dalla forza straordinaria che compensa una certa materialità esecutiva.
La pariglia di Romano fin dal via era alle spalle dei compagni di training di Casa Vana, ma all’oxer Mesa Arch si riceveva male e disarcionava il suo jockey, lasciando solo Giacalmarbar che, in palese deficit rispetto all’accoppiata di testa, profittava della situazione per fare un gran buon percorso, solo confidando in qualche guaio degli avversari. Dopo la diagonale di muro e talus, il terzetto andava sulla retta di fronte dove Piton des Neiges allungava sensibilmente incalzato da Dusigrosz, e così – volati muro e verticale -, con Piton allo steccato e il compagno al di fuori, la partita a due pareva risolversi prima dell’arginello grande di curva, dove una svista di Piton poteva costare la caduta di Vana: un’appoggiata verso l’interno (o forse un leggero scarto) comunque contenuta poteva causare la presa di petto di Piton des Neiges contr un folto cespuglio… Ma Vana lo riprendeva, non in tempo però per impedire l’allungo guizzante di Dusigrosz. L’incertezza dell’ex francese era sufficiente al polaccone per prendere il largo ed entrare in retta da dominatore, facendo promenade dal primo all’ultimo metro, con il jockey rialzato sulle staffe in zona-traguardo, impegnato a mandare un bacio in direzione delle tribune.
Sui 5000 metri del Premio Associazione Arma di Cavalleria, cross molto vario snodato lungo un percorso assai divertente, si è visto un concentratissimo Silver Tango su cui Raf Romano sta compiendo un gran lavoro (di autoconsapevolezza e autostima del cavallo). Il saltatore del signor Elìa Tanghetti (poniamo la “i” accentata in soccorso di un microfonista, che ha dato plauso alla signora Èlia…) sempre nelle eprime posizioni, prima di affrontare la piegata conclusica è stato lanciato da Romano in un allungo progressivo, disorientando gli avversari: i quali, quando hanno deciso di andare a prendere il fuggitivo, sono stati presi in contropiede da Raf, che intanto aveva fatto rifiatare il suo Silver che rispondeva all’estrema sollecitazione del suo cavaliere lanciandosi a traguardo così da lasciare gli avversari a distacco industriale. Dietro di lui, snocciolati, Billy Silver Star Maker.
Di scena – e qui andiamo sul tema delle siepi – i 3 anni in apertura di convegno: con il calo di Prince d’Orage ed il chute patito da Ventotene, per Absolute Belter s’apriva il palcoscenico del traguardo e finalmente sul fondo attaccaticcio era tempo di vittoria. Con Lord E ad imitarlo poco dopo, ligio agli ordini del puntuale Kousek. Alle spalle del Lord, Rio Apache davanti a Spin a Disc e Giannettoni.
Troppo Forte è piaciuto anche oggi, ma sulla distanza e su questo fondo la fatica si moltiplica, così al momento di piazzare il decisivo cambio di rapporto, nel finale è rimasto beffato dall’attendista Adler, che sìè trovato una pappa bella calda… e soprattutto pronta.
In chiusura di convegno, Contra s’è fatto un baffo degli avversari, controllando sul palo l’ultimo tentativo di Twilight Zone, salvatosi per una testa dal serrate di Mission of Peace.
Merano: un “Richard” in tono minore nella domenica del cross dedicato a Savoia Cavalleria. Nelle foto la giornata meranese (Foto press Arigossi) Una grigia malinconia autunnale come cornice ad uno scialbo Piero e Franco Richard.
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claudiodangelo59 · 4 years
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oggi 18 GIUGNO, italiano ricorda…
1836
VIENE COSTITUITO IL PRIMO REPARTO DI BERSAGLIERI.
I Bersaglieri sono una specialità dell'Arma di Fanteria dell'Esercito Italiano.
Ogni 18 giugno si festeggia l'anniversario della loro costituzione, avvenuta nel 1836.
L'associazione d'arma di riferimento è l'Associazione Nazionale Bersaglieri.
Il Corpo dei Bersaglieri venne istituito, con regio brevetto del 18 giugno 1836, da re Carlo Alberto di Savoia su proposta dell'allora Capitano del Reggimento delle Guardie (i Granatieri di Sardegna odierni) Alessandro Ferrero della Marmora (o Alessandro della Marmora o Alessandro La Marmora) (TORINO, 27 marzo 1799 – KODYKOJ, 7 giugno 1855) è stato un Generale e patriota italiano, e ricevette il battesimo del fuoco l'8 aprile 1848 nella battaglia di GOITO durante la prima guerra di indipendenza italiana.
Il compito assegnato alla nuova specialità prevedeva le tipiche funzioni della fanteria leggera - esplorazione, primo contatto con il nemico e fiancheggiamento della fanteria di linea (senza però schierarsi e frammischiarsi con quest'ultima) - ma si caratterizzava, come nelle intenzioni del suo fondatore, per un'inedita velocità di esecuzione delle mansioni affidate ed una versatilità d'impiego che faceva dei suoi membri, ancorché appiedati, oltreché dei cacciatori, anche delle guide e dei guastatori ante litteram.
Dotato di ampia autonomia operativa, il Corpo era formato da uomini addestrati alla corsa ed al tiro con moderni fucili a retrocarica pronti ad agire, anche isolatamente, per impegnare di sorpresa l'avversario in azioni di disturbo col preciso intento di sconvolgerne i piani, organizzati in piccoli gruppi schierati in quadrato, però, i bersaglieri potevano essere impiegati anche in contrasto alla cavalleria per romperne la carica.
Nel 1854 furono impegnati nella guerra di CRIMEA, prima "missione all'estero" di truppe italiane dove morì lo stesso Alessandro La Marmora.
I bersaglieri vennero impiegati, dopo l'unificazione italiana, anche per contrastare il brigantaggio nel meridione.
Protagonisti della presa di ROMA del 20 settembre 1870, i battaglioni persero l'autonomia operativa dal 1 gennaio 1871 e passarono alle dipendenze dei reggimenti, portati a dieci.
Questi, dal 1882, passarono su quattro battaglioni ciascuno. Con l'ordinamento del 1910 presso ogni reggimento si formò un battaglione ciclisti, soppresso poi nel marzo 1919.
Durante la prima guerra mondiale (1915-1918) il Corpo venne ordinato in 2 Divisioni speciali, 7 Brigate, 21 Reggimenti e 5 Battaglioni autonomi.
Nel 1924 i 12 Reggimenti rimasti vennero trasformati in ciclisti, organico che poi cambiò nel 1936.
Reparti di Bersaglieri parteciparono all'occupazione dell'ALBANIA.
Durante la seconda guerra mondiale i Reggimenti Bersaglieri erano inquadrati nelle Divisioni corazzate, motorizzate e celeri, e combatterono su tutti i fronti.
Si distinsero soprattutto sul fronte del NORD AFRICA sotto il comando del Generale tedesco Rommel che grazie al loro intervento di schermaglia, riuscì ad ottenere una ritirata strategica in netta inferiorità numerica durante la seconda battaglia di EL ALAMEIN, contro le truppe britanniche con minime perdite.
Il 22 agosto 1941 la GERMANIA diede inizio all'Operazione Barbarossa, l'attacco all'UNIONE SOVIETICA, la più vasta operazione militare terrestre di tutti i tempi, che determinò qualche anno più tardi la sconfitta del Terzo Reich.
Il nostro Esercito inviò il 10 luglio 1941 il Corpo di Spedizione Italiano in Russia (C.S.l.R.) composto da 3 Divisioni celeri: Pasubio, Torino e Principe Amedeo Duca d'Aosta. In quest'ultima Divisione confluì il 3° Reggimento Bersaglieri.
Alla fine del 1941 il Reggimento aveva perso la metà degli effettivi, così ne fu inviato uno nuovo, il 6°, reduce dalla JUGOSLAVIA.
Verso la fine del dicembre 1942, il 3º Reggimento Bersaglieri venne praticamente distrutto in combattimento. Anche il 6° Reggimento Bersaglieri, a causa delle gravi perdite, fu ricostituito.
Un contributo del Corpo dei Bersaglieri venne dato durante la Guerra di Liberazione con unità combattenti sia nell’Esercito Italiano al fianco degli Alleati e sia con reparti inquadrati nella Repubblica Sociale Italiana che ostacolarono le mire titine di annessione territoriale nel NORD EST d’ITALIA.
Già nel 1946 avvenne la ricostruzione del 3º Reggimento cui fece seguito nel 1949 quella dell'8º che nel 1975 diede vita alla 8a Brigata Bersaglieri "Garibaldi".
I Bersaglieri, a partire dagli anni 1980, furono una delle Specialità più impiegate nelle missioni militari italiane all'estero (KOSOVO, LIBANO, IRAQ, AFGHANISTAN).
DECALOGO DI LA MARMORA
Obbedienza
Rispetto
Conoscenza assoluta della propria arma
Molto addestramento
Ginnastica di ogni genere sino alla FRENESIA
Cameratismo
Sentimento della famiglia
Rispetto alle leggi ed onore al capo dello Stato
Onore alla Patria
Fiducia in se stessi sino alla presunzione
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jorgedaburgos · 5 years
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"Dunque io trovo in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti nel mio intimo acconsento alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un'altra legge, che combatte contro la legge della mia ragione e mi rende schiavo della legge del peccato, che è nelle mie membra. Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore! Io dunque, con la mia ragione, servo la legge di Dio, con la mia carne invece la legge del peccato." (Romani 7,21-25) Il male è talmente reale che è dentro di noi, è "accanto a noi". Non è qualcosa su cui abbiamo personalmente il controllo, che possiamo allontanare quando vogliamo. Lo possiamo, sì, accettare e diventarne schiavi: ma, da soli, non possiamo tenerlo a bada, mettere in stand by. Abbiamo un'unica arma: invocare l'arrivo dei 'nostri', l'aiuto della 'cavalleria' di #Gesù. Proprio per questo l'unica arma che abbiamo contro il male e il conseguente peccato è la preghiera con cui ci mettiamo nelle mani di Gesù. #buongiorno #vitapiena #vitavera #vitacristiana #ilmondochevorrei #tuttoégrazia #preghiera #bibbia #vitaeterna #fede https://www.instagram.com/p/B4EpA3yIclN/?igshid=agildp8dc2jm
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italianiinguerra · 2 years
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230 anni fa nascevano due leggendari reggimenti di Cavalleria
230 anni fa nascevano due leggendari reggimenti di Cavalleria
Il 23 luglio 1692, il Duca Vittorio Amedeo II ordinò che lo Squadrone di Piemonte poi Reggimento di Cavaglià, nato nel 1691 per fusione di Compagnie di Genti d’arme o Compagnie delle “Corazze” quale nuova unità di cavalleria pesante (di linea), venisse ridenominato in Reggimento di cavalleria “Piemonte Reale”. Nello stesso giorno veniva fondato anche il gemello Reggimento “Savoia Cavalleria”.…
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oldfrankcollect · 5 years
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Cartolina Associazione dell' Arma di Cavalleria - illustratore V. Pisani 1931 https://ebay.to/2GYHBCy
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italianaradio · 4 years
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Qual è la top 5 dei generi cinematografici più famosi al mondo?
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/qual-e-la-top-5-dei-generi-cinematografici-piu-famosi-al-mondo/
Qual è la top 5 dei generi cinematografici più famosi al mondo?
Qual è la top 5 dei generi cinematografici più famosi al mondo?
Qual è la top 5 dei generi cinematografici più famosi al mondo?
Mentre ci apprestiamo a chiudere un’altra stagione per quanto riguarda il cinema, il quesito lanciato dal cineasta statunitense Martin Scorsese, su che cos’è il cinema, ci offre una occasione ghiotta per compilare una personale classifica sui cinque principali generi cinematografici più famosi al mondo fino al 2019.
Facciamo una premessa d’obbligo: nonostante la popolarità e il successo planetario, abbiamo scelto solo i cinque generi più importanti, in termini di blasone, titoli, e importante per quanto concerne la settima arte.
Per questo motivo abbiamo effettuato una scelta di merito, privilegiando generi come la fantascienza e il cinema d’azione, a discapito di sottogeneri come il thriller e l’horror, che sono sempre più in voga, al pari dei cinecomics e della Space Opera, genere di cui ad esempio fa parte la saga di Star Wars.
In effetti ci siamo rifatti a un criterio di valutazione classico, che tende ad accorpare tutti questi sottogeneri, all’interno dei generi principali come l’azione, l’avventura, la fantascienza (classica e non) il dramma e naturalmente la commedia.
Avventura
Un film di avventura è un genere che tra le caratteristiche peculiari contiene al suo interno quelle di un mondo eroico dove si fondono al suo interno scene epiche di battaglie e di avventura.
Proprio per questo motivo in questa categoria di film gli elementi basilari sono quelli che riguardano l’intensità delle scene d’azione e i valori tradizionali della cavalleria.
Si tratta di un genere molto famoso, sia in passato che al presente, che al suo interno contiene un sottogenere che fu molto in voga durante il periodo della Hollywood classica: i cosiddetti film di cappa e spada.
Un esempio moderno di film d’avventura è quello della saga ideata da Steven Spielberg e George Lucas che hanno come protagonista il celebre personaggio di Indiana Jones.
La cui prima storia è stata portata sullo schermo con enorme successo nel film I predatori dell’arca perduta, diretto dallo stesso Spielberg nel 1981.
Film e genere che negli anni ottanta, grazie a innovazioni e saghe fortunate, è tornato in voga e persiste ancora oggi in pellicole come Jumanji – Benvenuti nella giungla o nella saga de La mummia con Brandan Fraser (1999).
Azione
I film d’azione tendono a presentare un eroe intraprendente che lotta contro probabilità incredibili, tra cui situazioni potenzialmente letali, un cattivo o un inseguimento che di solito si conclude con la vittoria dell’eroe.
Alcuni dei sottogeneri d’azione più popolari includono:
L’avventura d’azione, un esempio su tutti è rappresentato dal film pluripremiato Il Gladiatore, del cineasta britannico Ridley Scott,
La commedia d’azione, dove ricordiamo la famosa saga di Arma Letale, con la coppia di poliziotti composta dal formidabile duo: Mel Gibson/Danny Glover,
I film dedicati alle arti marziali, uno su tutti, I 3 dell’Operazione Drago con il leggendario Bruce Lee,
I film spionaggio come uno degli ultimi 007, Skyfall, interpretato dal britannico Daniel Craig, e infine
i film sul gioco d’azzardo; tra i quali ricordiamo alcuni classici come The Gambler, pellicola del 1974 diretta da Karel Reitz e interpretato da James Caan e Paul Sorvino; film che secondo il critico Toback è stata una delle più interessanti e belle sceneggiature del suo decennio, con Caan alle prese con un ruolo difficile su un insegnante di inglese newyorkese che conduce una doppia vita, tra la dipendenza dal gioco e la sua professione di docente.
Di questo film è stato realizzato un remake nel 2014 con Mark Wahlberg, riscritto per l’occasione dal premio Oscar William Monahan.
Altri film d’azione dedicati al gioco sono invece pellicole di culto come Rounders – il giocatore, del 1998, con un cast all stars dove spiccano Matt Damon, Edward Norton e un inarrivabile John Malkovich nel ruolo di KGB Teddy.
Tra gli appassionati del genere action, questa pellicola è un vero e proprio film di culto, sia per le sequenze di gioco, sia per la recitazione del terzetto Damon-Norton-Malkovich.
Commedia
Naturalmente il genere di film commedia, che pone l’accento su una struttura basata sull’umorismo, trae ispirazione dal teatro, che fonda le sue radici sui classici degli Antichi Greci, passando per l’epoca romana fino al teatro rinascimentale e a quello elisabettiano, quando William Shakespeare ripropone alcuni schemi classici, legati appunto agli standard della commedia.
Nel cinema, specialmente in quello statunitense e hollywoodiano, tale elemento risulta essere portante, specialmente per quanto riguarda la commedia di costume, la quale svolge un ruolo di derisione di difetti insiti nella natura umana. Tra i grandi autori bisogna citare almeno Billy Wilder, Ernst Lubitsch, Frank Capra e Howard Hawks.
Contemporaneamente nasce anche in Italia il genere detto appunto di commedia all’italiana, dove i grandi maestri come Monicelli, Risi, Germi, Steno e De Sica, per citarne alcuni dei maggiori, seppero dare lustro e visibilità alla commedia italiana, che di fatto contribuì a plasmare la cosiddetta commedia moderna, genere ancora oggi in voga, per quanto riguarda Hollywood e il cinema di cassetta.
Drammatico
Al pari della commedia, anche i film di genere drammatico, vanta una struttura e delle basi che si fondano sui classici stilemi dei drammi di epoche passate. Oggi il genere viene fuso in quello che tutti conoscono come cinema di genere emotional.
Così come per la commedia, anche il drammatico è un genere molto strutturato e basato su schemi classici, che possono essere elusi, oppure rispettati.
Tuttavia dovendo per forza darne una definizione concisa, si può sostenere che il film drammatico, per come lo si intende in Europa e nel Nord America è caratterizzato da toni seri e mai leggeri, salvo rare eccezioni, dove i sentimenti fungono da vero e proprio fulcro, per la struttura narrativa e tematica del plot.
I sentimenti devono quindi essere centrali e non far prevalere l’azione, l’intreccio o la burla. Altro elemento fondamentale, che ritroviamo poi in altri sottogeneri, è quello legato alle aspettative del pubblico, il quale tenderà a identificarsi e a sperimentare gli stati d’animo dei protagonisti sullo schermo.
Fantascienza
Erroneamente considerato un genere cinematografico moderno, in realtà la fantascienza, detta anche genere fantascientifico, fu uno degli elementi presenti fin dagli esordi della settima arte.
Non è un caso se uno dei primi film in assoluto che venne realizzato nel 1902, fu proprio quel Viaggio nella Luna del cineasta francese Georges Melies, considerato uno dei primi film di finzione in assoluto e sicuramente tra i dieci film più famosi di tutti i tempi. Il genere fantascientifico è senza dubbio uno dei più popolari e amati dal pubblico cinematografico.
Pur essendo considerato dai più come un genere commerciale, bisogna sottolineare come spesso cineasti di fama mondiale come Stanley Kubrick, Ridley Scott e il sovietico Andrej Tarkovskij, furono capaci di realizzare autentici capolavori, attraverso sperimentazione, sfide produttive e realizzative, che sono ancora oggi citate come esempi massimi dell’arte cinematografica mondiale.
Cinefilos.it – Da chi il cinema lo ama.
Qual è la top 5 dei generi cinematografici più famosi al mondo?
Mentre ci apprestiamo a chiudere un’altra stagione per quanto riguarda il cinema, il quesito lanciato dal cineasta statunitense Martin Scorsese, su che cos’è il cinema, ci offre una occasione ghiotta per compilare una personale classifica sui cinque principali generi cinematografici più famosi al mondo fino al 2019. Facciamo una premessa d’obbligo: nonostante la popolarità e […]
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Redazione
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Ufficiali del Battaglione Alpini d’Africa (1895) due indossano la grande uniforme speciale senza elmetto.
Il 1894 è l’anno della vittoriosa battaglia di Cassala contro i dervisci e dell’occupazione di Adua durante le operazioni contro ras Mangascià e ras Agos. Si tratta però anche di un anno di grande importanza per gli esperti ed i cultori di uniformologia in quanto con l’Atto n. 3 del 1 gennaio 1894 fu introdotta la grande uniforme speciale per gli ufficiali dei presidi d’Africa passata alla storia per il suo aspetto marziale e la sua eleganza tutta ottocentesca.
Fino a quel momento gli ufficiali italiani in Africa avevano utilizzato l’uniforme avana con gli accessori da parata come grande uniforme che poco differiva dalla normale uniforme di servizio e di marcia; la nuova uniforme invece recuperava il tradizionale colore turchino scuro del Regio Esercito.
  Il testo dell’Atto d’introduzione recitava testualmente:
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È adottata la seguente grande uniforme speciale per gli ufficiali dei presidi d’Africa.
È vestita tutto l’anno dagli ufficiali nelle zone di Asmara e Cheren, durante la stagione delle pioggie a Massaua e dintorni:
nelle circostanze indicate dai commi b, c, d e g del n° 22 del regolamento sull’uniforme;
nelle parate, allorché sarà prescritto dal comandante delle Regie Truppe;
in licenza in Italia.
Par. 1 – Oggetti di divisa
Si compone di elmetto – giubba – pantaloni.
Casco coloniale da ufficiale dei Cacciatori d’Africa (notare il velo celeste) Collezione Carlo Morandi.
Par. 2 – Elmetto
Ha la stessa forma di quello descritto al Par. 2 dell’Atto n° 42 del 1889. La copertura dell’elmetto però è di tela di cotone bianco leggiera e con orli un po’ più fini. L’elmetto è completato aggiungendovi il velo ed il soggolo, il quale ultimo però è d’uso esclusivo per gli ufficiali che fanno servizio a cavallo.
Il velo consiste in una striscia di seta celeste cupa, lunga m. 2,50, alta cm. 20, che si avvolge attorno alla fascia dell’elmetto, in modo da ricoprirla interamente. Il velo si fissa facendo entrare il capo esterno sotto la parte già ripiegata.
Par. 3 – Giubba
1°. La giubba è di panno leggiero, turchino oscuro. La forma della giubba è identica per tutti gli ufficiali delle truppe d’Africa; essa, come appare dall’unito disegno, è ad un solo petto; il dinanzi a taglio dritto, il didietro a taglio leggermente incavato alla cintola, di guisa che si acconci alla persona senza però stringerla.
Le sue parti sono:
un corpo,
un bavero,
due controspalline,
due maniche.
2°. Il corpo che abbraccia il busto e le falde, si divide in parte anteriore e posteriore.
La parte anteriore ha sul lato destro una fila di 5 bottoni metallici, equidistanti, eguali a quelli prescritti per ogni arma e corpo in Italia. Essi sono posti in modo che il primo si trovi a mm. 30 di distanza dal gangherino che serve ad agganciare il bavero e l’ultimo a mm. 180 dall’estremità della falda; sul lato sinistro vi sono 5 occhielli in corrispondenza dei bottoni.
La parte anteriore è guarnita di alamari di seta nera, pesante, cuciti orizzontalmente sulla giubba a destra e a sinistra di ciascun bottone. Gli alamari hanno la larghezza di mm. 18 e terminano ad occhio con luce al centro di mm. 5 di diametro.
Battaglia di Tucruf (1896) Gli ufficiali italiani indossano la giubba della grande uniforme speciale.
La lunghezza degli alamari è decrescente dal 1° al 5° bottone in guisa che mentre gli alamari sotto al bavero distano mm. 35 dall’attaccatura della manica, quelli più bassi si riducono, a seconda della statura dell’individuo, nello stesso rapporto che risulta dalle dimensioni della figura. L’alamaro del lato destro va lasciato libero all’estremità, con stoffa raddoppiata per una lunghezza ed in modo che, mediante un’apposita apertura nell’alamaro stesso, si possa allacciare sopra il bottone. Sugli alamari del lato sinistro vanno fatti gli occhielli in corrispondenza a quelli praticati nella giubba.
Nella parte posteriore e sulle due cuciture, al luogo delle due mostre (finte tasche), vi sono due alamari fissi, verticali, della lunghezza da cm. 17 a 20 a seconda della statura dell’ufficiale e terminanti in alto ad occhiello come gli alamari della parte anteriore della giubba.
3°. Il bavero è dritto; si chiude mediante un gangherino e corrispondente maglietta. Le due punte sono ornate di stellette ricamate in oro per ufficiali generali e di metallo bianco o d’argento puro a superficie rigata e con gambo a vite per tutti indistintamente gli altri ufficiali.
4°. Le controspalline sono di panno della stessa qualità della giubba e vengono fissate sulla spalla da una parte mediante cucitura e dall’altra per mezzo di un piccolo bottone. Per gli ufficiali generali sono come nella giubba di piccola tenuta in Italia.
5°. Alle controspalline della giubba per gli ufficiali superiori ed inferiori sono sovrapposti i distintivi di grado, i quali consistono:
1) in una, due, tre piccole stellette d’argento per gli ufficiali inferiori, avvitate alla controspallina;
2) in una, due, tre piccole stellette di metallo dorato per gli ufficiali superiori, egualmente avvitate alla controspallina.
Gli ufficiali generali portano le controspalline come nella uniforme ordinaria in Italia e portano inoltre un ordine di ricamo in argento grande sulla manopola se Maggiori generali, un ordine di ricamo in argento grande ed uno piccolo se Tenenti generali. I ricami sono riportati su una manopola mobile di velluto nera filettata superiormente di panno scarlatto.
6°. Le maniche sono di media ampiezza per lasciare sciolto il movimento delle braccia. Hanno le manopole dello stesso panno leggero, turchino oscuro, foggiate a punta in direzione della spalla. Le manopole hanno lunghezza di mm. 65 di fianco, mm. 115 alla punta.
7°. La giubba non ha alcuna filettatura ed all’esterno nessuna tasca.
Par. 4 – Pantaloni
I pantaloni sono della stessa forma di quelli prescritti per gli ufficiali delle diverse armi e corpi dall’istruzione sulla divisa per gli ufficiali.
Sono dello stesso panno che la giubba. Lungo le cuciture laterali esterne, sono ornati di una banda di seta nera della stessa qualità e larghezza degli alamari della giubba.
A corredo di questa uniforme l’ufficiale indossava inoltre i guanti di filo o di cotone bianco e la sciarpa azzurra, segno distintivo degli ufficiali italiani.
Con la grande uniforme speciale l’ufficiale doveva sempre essere armato della sciabola. Gli ufficiali del Corpo di Stato Maggiore, di Fanteria (cacciatori), di Artiglieria, del Genio, del Treno e gli ufficiali medici erano armati della nuovissima sciabola mod. 1888, introdotta per gli ufficiali del Corpo Speciale d’Africa già nel 1887 ed il cui utilizzo era stato esteso anche all’esercito permanente.
Particolare dell’impugnatura di una sciabola Mod. 1888 da ufficiale (1890 ca.) Collezione Filippo Del Monte.
Questa sciabola ha la lama ricurva come quella stabilita per gli ufficiali di fanteria dell’esercito permanente. Porta la impugnatura d’ebano liscio con quattro scannellature della parte interna e con guarnitura esterna in ferro forbito e lucido. Il guardamano è con tre branche dello stesso metallo ed ha nella parte superiore un foro per assicurarvi la dragona. Il fodero è in ferro forbito e lucido (mentre con l’uniforme da marcia l’ufficiale disponeva di un fodero in cuoio e ferro). La stessa sciabola è pure adottata per gli ufficiali generali, ma la impugnatura anziché di ebano è di avorio.
Gli ufficiali di Cavalleria portavano la sciabola mod. 1873, quelli dei Bersaglieri la mod. 1850, i commissari ed i contabili la vecchia mod. 1855 per ufficiali di fanteria ed i veterinari la mod. 1873 da cavalleria.
Anche con la grande uniforme speciale gli ufficiali facevano uso della dragona di cuoio nero.
Il cinturino era invece composto da due strisce di cuoio naturale riunite, in corrispondenza al fianco sinistro, per mezzo di un anello d’acciaio, al quale è assicurato un gancio reggente i due pendagli ed una catenella per appendere la sciabola. I pendagli erano formati da due corregge in pelle di bulgaro con cuciture rosse. Tale cinturino era stato prescritto nel 1887 per tutti gli ufficiali del Corpo Speciale d’Africa e si portava con ogni tipo di uniforme.
  Capitano dei Cacciatori d’Africa (Asmara, aprile 1894) illustrazione di Carlo Riccardi.
Nonostante il suo carattere di “grande uniforme” non si deve pensare che la mod. 1894 non abbia conosciuto i campi di battaglia della guerra d’Eritrea, di quella mahadista e di quella contro l’Impero etiopico. Molti ufficiali infatti, per essere riconosciuti dai propri soldati anche nel mezzo dello scontro, spesso indossavano la giubba della grande uniforme speciale assieme ai pantaloni avana dell’uniforme da marcia. L’utilizzo massiccio della giubba turchina sui campi di battaglia africani fece della grande uniforme speciale un’icona da immortalare in tavole ed illustrazioni tanto per la grande stampa borghese quanto per quella popolare in Patria. Particolarmente interessante è notare poi che fu con l’Atto d’introduzione della grande uniforme speciale che venne per la prima volta codificato l’utilizzo del velo celeste avvolto attorno al casco coloniale che era stato utilizzato fin dalla sua introduzione ad opera del colonnello Tancredi Saletta nei primi giorni dello sbarco a Massaua del corpo di spedizione italiano nel 1885 ma senza essere nominato prima negli atti e nelle circolari del Giornale Militare Ufficiale relative alle uniformi delle truppe nazionali in Africa.
La grande uniforme speciale mod. 1894 fu abolita nel 1904 e sostituita, come uniforme di gala, da quella che in Italia era definita “uniforme da campagna” con l’aggiunta del casco coloniale.
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di Filippo Del Monte
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FONTI
R. Catellani e G.C. Stella, Soldati d’Africa, Vol. I, 1885-1896, Ermanno Albertelli Editore, 2002
Atto n. 3 del 1 gennaio 1894 del Giornale Militare Ufficiale
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    La grande uniforme speciale per gli ufficiali dei presidi d’Africa Il 1894 è l'anno della vittoriosa battaglia di Cassala contro i dervisci e dell'occupazione di Adua durante le operazioni contro ras Mangascià e ras Agos.
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Il guerriero apuano: la sua vita, le sue armi e la sua divisa
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Il guerriero apuano: la sua vita, le sue armi e la sua divisa
“Panoplia”…e che parola sarà mai questa. In effetti finchè anch’io non mi sono interessato di certe materie mai l’avevo sentita nominare, dato solo chi si interessa di specifiche argomentazioni storiche sa il suo significato esatto. Comunque sia per coloro che come me erano ignari di questo termine, ecco che “panoplia” è una parola di origine greca composta da “pan” (tutto) e “hoplon” (arma), letteralmente armatura completa. In parole povere e meglio comprensibili a tutti, questo vocabolo è usato per indicare l’insieme delle armi di offesa come la spada, la lancia e lo scudo, ma non solo dal momento che ci può descrivere anche l’elmo e la corazza che proteggeva il corpo. Gli studiosi e gli appassionati di questa branca della storia studiano tutte le armature antiche da quelle esistenti da prima della nascita di Cristo a quelle medievali, rinascimentali fino a quelle più moderne. Nelle memoria collettiva di tutti se si parla di armi e armature ci vengono subito in mente quelle dei valorosi legionari romani o quelle dei coraggiosi gladiatori, per non dire di quelle classiche in stile cavalieri della tavola rotonda. Rimane il fatto che non solo le grandi armate o i grandi eserciti che abbiamo studiato sui libri di scuola hanno avuto i loro valorosi guerrieri descritti di tutto punto dagli storici e dai film che tutti conosciamo, anche in Garfagnana abbiamo avuto i nostri valorosi combattenti che avrebbero difeso fino alla loro estinzione le proprie terre.
Un fante ligure disegno di Jhonny Shumate
Mi sento dunque di rendere omaggio al guerriero apuano conosciuto si di indole fiera e caparbia ma altrettanto poco conosciuto da un punto di vita prettamente circostanziato. Facendo questo anche noi finalmente ci potremo immaginare com’erano questi coraggiosi soldati. Cominciamo con il dire che qui il lavoro degli storici è stato immane, mentre per tutti gli altri eserciti che hanno avuto maggior risalto nella storia è stato facile trovare documentazioni e descrizioni, per il popolo apuano gli studiosi hanno potuto fare riferimento a pochi storici antichi che sommariamente descrivevano armi, armature e quant’altro, in questo caso molto hanno aiutato anche i ritrovamenti nelle tombe di oggetti atti alla difesa come pugnali e punte di lancia. Tutto cominciò(in questo senso) con questa frase:“Adeversus Liguras tunc primum exercitus promotus est” ovverosia:
“Allora per la primavolta fu inviato un esercito contro i liguri”, qui Tito Livio (storico romano) ci parla del 238 a.C, di quando Roma mosse ufficialmente per la prima volta guerra contro le popolazioni liguri ed è da questo momento che gli Apuani entrano di prepotenza nelle fonti letterarie latine, illustrandoci non solo le gesta belliche di questo popolo, ma anche le loro armi. A dire il vero già una stele del VII e VI secolo a.C rinvenuta a Lerici (La Spezia) nel 1992 ci descriveva il guerriero ligure d’elite con una spada ad antenne simile ad un giavellotto, una lancia, un elmo a calotta e uno scudo tondo, con i secoli però il corredo di guerra sarà destinato a cambiare, le influenze romane modificarono sostanzialmente l’armamento e il guerriero che andremo a descrivere e di cui parlano gli storici antichi è quello che visse sulle nostre terra tra il III secolo e il II secolo a.C. Diodoro Siculo (altro storico dell’epoca) ci dice che: “I Liguri hanno un armamento, per struttura, più leggero di quello dei romani; li difende infatti uno scudo ovale lavorato alla moda gallica ed una tunica stretta in vita, ed attorno avvolgono pelli di fiera (n.d.r: animale selvatico) ed una spada di media misura”. Da questo punto di vista le fonti sono tutti concordi nel dire che gli Apuani avevano un equipaggiamento leggero (hostis levis) adatto al combattimento in luoghi montani, uno scontro fatto d’imboscate e scaramucce repentine. Gli Apuani non disdegnavano neanche lo scontro in campo aperto, proprio perchè abituati all’asprezza e alla morfologia della loro terra, sempre fonti latine citano la capacità di resistenza nel corpo a corpo, scontro a loro prediletto, dove dimostravano grande caparbietà: “Un nemico armato alla leggera, quindi veloce e mobile che non permetteva in nessun luogo di trovare un momento di tranquillità o una posizione sicura” (Tito Livio).
Andando più nel particolare analizziamo quali erano gli elementi principali del guerriero apuano.
Elmo a calotta apuano ritrovato alla Croce di Stazzana (Castelnuovo G.naElmo a calotta apuano ritrovato alla Croce di Stazzana (Castelnuovo Garfagnana)
Partiamo dall’elmo (i cui ritrovamenti sono scarsi e sporadici), sicuramente era un’oggetto di prestigio ad appannaggio esclusivo dei militari, di solito i normali fanti erano dotati di un elmo in ferro o bronzo a calotta, simile al cappello di un fantino, il discorso cambiava per gli elmi cosiddetti “cornuti”.
Elmo apuano “cornuto”
Le corna avevano un significato particolare (e qui si entra nell’ambito antropologico)stavano a rimarcare la possenza virile e bellica di colui che lo indossava e molto probabilmente erano portati da individui di rango, da capi militari che sfoggiavano questo elmo come uno status symbol, sicuramente non erano usati in guerra visto il loro ingombro, l’utilizzo di questo accessorio era indicato sopratutto in cerimonie ufficiali. Un altro elemento importante era lo scudo, sono poche però le fonti latine che ci parlano delle fattezze dello scudo, comunque sia quelle poche notizie sono tutte concordanti nel dire che era di forma oblunga, perdipiù anche i ritrovamenti nelle sepolture sono inesistenti dal momento che era abitudine dei Liguri di bruciare i loro morti, questo faceva si che anche i resti in legno dello scudo andassero inceneriti. L’arma preferita dagli intrepidi apuani era la lancia, questo fra l’altro è un elemento che che viene ritrovato molto spesso nelle tombe. Era difatti l’arma principe con cui si poteva affrontare anche una cavalleria, gli apuani con questa lancia cosiddetta “da urto” con punte (o meglio detto in gergo esatto cuspidi) di oltre 45 centimetri potevano disarcionare dal cavallo e uccidere un cavaliere romano in men che non si dica, altri ritrovamenti in tombe ci fanno conoscere anche lance con cuspidi notevolmente più corte.
Riproduzione di spada lateniana
L’altro “pezzo forte” del corredo da guerra apuano era la spada; l’influenza e gli spostamenti dei celti in Italia mutò fisionomia anche a questa arma, venne così adottata quella che gli esperti chiamano “spada lateniana”, una spada a doppio tagliente (che incide da ambedue i lati), la lama era di circa 80 centimetri, ma la vera rivoluzione di questa fu quella di soppiantare la vecchia spada che era simile  per lo più a un lungo coltello, la “lateniana” invece aveva la forza dirompente dei fendenti d’ascia e la penetrazione letale delle corte lame. Il “De mirabilibus auscultationibus” (n.d.r: un testo di aneddoti greco) racconta che: “… alcuni liguri tirano con la fionda così bene che quando vedono parecchi uccelli, stabiliscono tra di loro quale ciascuno debba prepararsi a colpire, perchè sono convinti di colpirli tutti facilmente”.
Fionda o frombola apuana
La fionda (o frombola) era l’arma più diffusa e a portata di mano a tutta la popolazione ligure apuana, veniva usata a scopo di caccia, oppure per la difesa propria. Come qualsiasi altro rispettabilissimo esercito anche i liguri avevano le loro insegne militari, non raggiungeranno mai la fama del celeberrimo S.P.Q.R. ma a quanto pare Tito Livio non lascia dubbi su questo fatto: “Quando il console si accorse che le insegne dei liguri non si muovevano in nessuna direzione…ottantadue insegne militari furono conquistate“, purtroppo qui Tito Livio si ferma, senza addentrarsi in nessuna descrizione e quindi non abbiamo informazioni su cosa potessero rappresentare, nè tantomeno di che foggia o materiale fossero. Popolo fiero ed indomito quello Apuano che aveva nel suo D.N.A la difesa della sua terra, che lo portò a scontrarsi con l’esercito più potente del mondo: i romani. Ma l’amore per quella che millenni dopo diventerà anche la nostra terra lo possiamo dedurre da queste parole degli storici: “…nello stesso tempo i Liguri, riunito un esercito con uno speciale giuramento sacro, di notte all’improvviso assalirono l’accampamento del proconsole Minucio”. Un giuramento che impressionò anche gli stessi romani. Una “lege sacrata”(giuramento sacro) che gli Apuani facevano fra di loro, una promessa solenne di difendere la propria terra e la propria nazione fino alla morte.
Bibliografia:
  “La panoplia del guerriero ligure orientale tra il II e III secolo a.C” di Andrea Guareschi (https://biatec.wordpress.com/guerriero-ligure/)
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MACERATA – Per la prima volta accolta nella sala del’ex cinema Sferisterio, la scuola di lingua e cultura polacca Anders delle Marche ha potuto scattare a Macerata la sua #cartolinadalnatale 2017, rafforzando, grazie all’accoglienza degli amministratori della città, il suo legame simbolico con numerosi amici, autorità, associazioni e organizzazioni.
Alla presenza del vice sindaco e assessore alla Cultura del Comune di Macerata Stefania Monteverde, le note delle “Kolȩdy” hanno risuonato nelle sale dello Sferisterio. I canti tradizionali polacchi sono stati intonati ai piedi dell’albero addobbato da bambini in costume, alunni, insegnanti, famiglie e numerosi amici della comunità italo-polacca delle Marche accorsi da vari centri della regione a celebrare insieme la ricorrenza.
I 30 alunni della scuola hanno presentato“Jasełka”, il tradizionale presepe vivente nato sul modello dei misteri francescani, e, attraverso brevi dialoghi e canti mimati, hanno evocato il significato della Natività. A seguire, il recital degli allievi da 7 a 17 anni, con le poesie lette o declamate in lingua originale, è stato accompagnato da musiche e canti natalizi della tradizione polacca. I testi proiettati sul maxi-schermo hanno permesso a tutti – polacchi e italiani fra i 5 mesi e i 90 anni– di partecipare attivamente a un suggestivo karaoke multiculturale.
Due i momenti clou dell’evento: la ninna nanna “Lulajże Jezuniu” cantata da Kasia Stroińska, mamma polacca di Ancona e soprano di esperienza internazionale che si è poi esibita anche al flauto in “Jezus Malusienki”, e lo scambio degli auguri secondo una tradizione benaugurante tipicamente polacca, con i bambini che hanno condiviso con gli spettatori pezzetti di una grande ostia benedetta, “Opłatek”.
Dopo i momenti ludici con giochi e animazioni, anche Babbo Natale ha fatto visita allo Sferisterio recapitando in dono un libro e uno zainetto a tutti i bambini. Le ideatrici e fondatrici della scuola Anna Traczewska e Anna Czerwińska con le insegnanti Joanna Cieślak e Iwona Żabowska hanno invitato tutti al buffet in allegria: “Stòł Wigilijny” imbandita con alcune pietanze tipiche della cena della Vigilia di Natale in Polonia… e must-have italiani, così anche pizza e pierogi, makowiec e panettone si sono dati la mano.
Fondata nel 2015, la scuola Anders è aperta ad alunni italiani e polacchi che vogliono studiare la lingua e le tradizioni della Polonia per approfondire i profondi legami culturali e storici fra Polonia e Italia. Opera sotto il patronato dell’associazione italo-polacca Nuova della Marche nell’ambito del progetto di scuola interregionale, è riconosciuta dalla Presidenza della Repubblica di Polonia ed è supportata dal Consolato Generale della Repubblica di Polonia a Roma, dal Consolato Onorario in Ancona, dall’Associazione Nazionale Arma di Cavalleria di San Severino Marche.
Info: http://ift.tt/2kkjdNS , e mail [email protected] Facebook:  Anders Szkola Polska w Marche .
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