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#Angelo Ferracuti
remassociazione · 2 years
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sciscianonotizie · 2 years
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Intervista – ‘Pasolini, il poeta corsaro’ raccontato da Giuliana Vitali: “Come il capitano Achab da intellettuale ha lottato e nutrito il nostro pensiero critico’
Cinema, poesia, letteratura solo per scandagliare la verità dell’animo umano e delle sue manifestazioni, seguendo l’ottica dell’inchiesta. In Pierpaolo Pasolini c’è sempre stata volontà di comunicare ed insegnare implicitamente ciò che dal mondo aveva imparato. Per questo nel centenario della sua nascita, la rivista letteraria Achab ha scelto di presentare un volume (il dodicesimo), dedicato all’illustre bolognese. Il direttore e fondatore Nando Vitali ha così selezionato proiezioni e letture degli scritti di Pasolini per i napoletani, in una presentazione della rivista letteraria, svolta lo scorso 22 maggio, nel Convento di San Domenico Maggiore a Napoli. 
Alla voce della caporedattrice di Achab, Giuliana Vitali, è stato affidato il compito di lasciare percepire ai lettori, l’importante attualità del messaggio pasoliniano, elaborato da un vero poeta corsaro che ha fatto della cultura sua unica ragione di vita, dividendosi tra consenso e dissenso pubblico, pur restando indiscusso intellettuale di riferimento per un’Italia intera, come si sottolinea in questa intervista.
L’INTERVISTA A GIULIANA VITALI
– Pasolini, uomo profetico, coraggioso, ma scomodo. Come commenta questa descrizione e che immagine ha lei di una tale pietra miliare della nostra cultura?
Penso che Pasolini sia stato uno dei pochi intellettuali e artisti italiani ad essersi immerso completamente nella realtà che abitava e con la quale si è sempre confrontato talvolta in modo spietato. La indagava, la raccontava attraverso quasi tutti i linguaggi artistici: cinema, letteratura, critica, saggistica, politica, poesia, persino pittura e musica come fosse alla spasmodica ricerca della verità, ai limiti dell’ossessione; come un capitano Achab insomma, in continua lotta contro la Balena Bianca ma che allo stesso tempo lo nutriva. Secondo il mio punto di vista Pasolini non ci dà risposte, né messaggi ma alimenta il nostro pensiero critico provocando in noi dubbi, ci fa porre delle domande sullo stato delle cose intorno a noi, sulle nostre debolezze e incoerenze scardinando di fatto qualsiasi nostra certezza. E questo spesso, ancora oggi, ci rende scomodi sia agli occhi di noi stessi che a quelli dell’altro.
  – Con Achab non si intende dare semplicemente memoria agli scritti pasoliniani, ma si desidera parlare ai giovani e alle coscienze. Nello specifico, attraverso quali letture verrà compiuta una tale operazione?
Il volume che ho curato insieme a mio padre – il fondatore e direttore Nando Vitali –  raccoglie oltre trenta contributi da parte di artisti, intellettuali sia nazionali che internazionali con lo scopo di alimentare il senso critico – proiettato sulla contemporaneità – di ogni lettore attraverso il confronto tra le voci più autorevoli e diverse tra loro. Infatti il pubblico di Achab è sempre stato parte attiva della rivista, partecipe ai dibattiti durante i nostri incontri. Tra gli autori che hanno partecipato c’è chi ha affrontato temi sociali come l’attivista polacca Elżbieta Jachlewska sull’aborto (in risposta al famoso scritto di Pasolini sul Corriere della Sera), o lo stato dell’informazione con Angelo Ferracuti (riprendendo gli articoli giornalistici che condannavano Pasolini e i suoi lavori); c’è chi ha raccontato la Roma delle case popolari come Ascanio Celestini per esempio o, come Filippo La Porta, ha indagato le controversie di Pasolini attraverso un saggio critico e ancora Andrea Carraro con un’intervista immaginaria – semiseria a Pier Paolo Pasolini; ci sono anche storie di “vite violente” come quella autobiografica di Carmelo Musumeci o come il racconto “Le ceneri di Kafka” di Paolo Restuccia. Non manca la poesia come quella della somalo-pakistana Shirin Ramzali Fazel. Tutto il volume è inoltre stato illustrato con oltre dieci disegni dall’artista Senzarumore – alias Bruna Iacopino.
 – Pasolini, il poeta corsaro. Perché questa immagine e se oggi si trovasse a confronto con il nostro, cosa gli chiederebbe e su quale argomento disquisirebbe?
Ha vissuto il suo tempo in modo critico con gli occhi di un poeta. Mi viene in mente  quell’illuminante saggio di Quasimodo al Nobel che parlava dei poeti che più degli altri sono sempre stati scomodi al potere; li temono quando la loro voce raggiunge profondamente i diversi strati sociali, quando cioè dalla lirica o dall’epica si rivelano, oltre alle forme, anche i contenuti. Quindi di una realtà tragica.
Era un uomo così imprevedibile che cercare di immaginare un suo pensiero sugli accadimenti e lo stato delle cose di oggi sarebbe forse inutile.
 – Relativamente alla deriva del pensiero che Pasolini aveva preventivato, cosa la cultura è chiamata oggi a fare e soprattutto, come dovrebbe veicolare i messaggi pasoliniani?
La Cultura, e quindi soprattutto l’intellettuale, ha una responsabilità civile, sociale ed è soprattutto di carattere universale al di fuori di ogni provincialismo. Secondo me è necessario che si forniscano gli strumenti che incoraggino alla formazione del libero pensiero, alla presa di coscienza dell’essere dentro alla Storia sfuggendo così anche a una certa pigrizia mentale che spesso ci attanaglia. Ma questo è anche la conseguenza di un mondo culturale accademico e di vecchia guardia – pur facendone parte molti giovani –  che di fatto esclude, annoia cercando un mero indottrinamento anziché l’inclusione e l’interazione con le nuove generazioni.
 – Oltre Pasolini, cosa resta oggi di un’anima delicata ma incompresa? Quali altre iniziative intende portare avanti (se ce ne sono) per contribuire meglio a definire la presentazione del pensatore più moderno che ci sia?
Stiamo lavorando sia con le Istituzioni municipali, comunali, scolastiche, biblioteche sia con alcuni spazi sociali presenti sul territorio. Attraverso la figura di Pasolini cerchiamo di dare più ampio respiro ai dibattiti e alle diverse forme artistiche includendole negli incontri che organizziamo; dalla proiezione di cortometraggi a mostre che accolgono le illustrazioni legate alla rivista, o da momenti musicali a quelli recitativi. In uno degli incontri a Roma per esempio, alla Casa della Cultura di Torpignattara, abbiamo ospitato l’attore e autore teatrale Nicola Vicidomini – presente anche con un suo scritto in Achab –  che, con una sua originale performance ha recitato “Siamo la forza del Passato” e un suo testo originale ispirato a Pasolini. Abbiamo tante idee che cercheremo di realizzare insieme con tutta la redazione, agli amici e lettori che ci sostengono.
source https://www.ilmonito.it/intervista-pasolini-il-poeta-corsaro-raccontato-da-giuliana-vitali-come-il-capitano-achab-da-intellettuale-ha-lottato-e-nutrito-il-nostro-pensiero-critico/
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giovanna-dark · 3 years
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Per andare in Messico consiglio un compagno di viaggio ubriaco di absinthe e malinconico chiamato Geoffrey Firmin. Si stratta dell’alter ego dell’autore Malcom Lowrey, che con il romanzo Sotto il vulcano ci porta nella remota e selvaggia cittadina di Quauhnahuac, alle pendici della regione vulcanica dell’America Latina, in un’avventura che è stata definita “Divina Commedia ubriaca”.
Per i viaggi in terre estreme verso i poli: Ultimo parallelo di Filippo Tuena, il racconto della conquista mancata del Polo Sud, Nel bianco di Simona Vinci ambientato nell’Artico. Ci sono poi viaggi ntorno al mondo come quelli di Lawrence Osborne de Il turista nudo o The Wet and the Dry, in cui cerca di procurarsi alcol nei paesi musulmani in cui è vietato, riuscendoci in maniera imprevedibile. E ancora, per i deserti: Sabbie bianche di Geoffrey Dyer. 
Sul viaggio vicino a casa e la scoperta della propria città: Viaggi da Fermo di Angelo Ferracuti in cui ci racconta Fermo, la sua città natale, che è un tipico viaggio nella provincia italiana. Sull’Italia c’è una letteratura di viaggio sterminata dal momento in cui dal Settecento in poi divenne la tappa obbligata per ogni artista o intellettuale che volesse ampliare i propri orizzonti. Indimenticabili le pagine del viaggio in Italia di Goethe, per il quale era il paese in cui “ritrovare me stesso in ciò che vedo”, un luogo di perdizione, di eccesso, di bellezza, di appagamento dei sensi dove ritrovare la pace interiore. “Ognuno vi vive nell’ebbrezza di una specie di oblio di sé stesso, ed io faccio come tutti gli altri; quasi non mi riconoso, e mi pare di essere diventato un altro uomo. O ero pazzo in passato, o lo sono ora”. 
Poi ci sono i viaggi in Italia di Michel de Montaigne, Montesquieu, Stendhal, Virginia Woolf, T.S. Eliot fino a Simone Weil, alcuni anche molto bizzarri come quello dell’anarchico Bakunin che scappa su e giù dall’Italia per fuggire all’arresto o partecipare a qualche sommossa. 
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marcogiovenale · 4 years
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la festa della poesia "i fumi della fornace", 27-29 agosto 2020 a valle cascia, nelle marche
la festa della poesia “i fumi della fornace”, 27-29 agosto 2020 a valle cascia, nelle marche
Anteprima del programma della seconda edizione de I fumi della fornace – Festa della poesia 2020 (27, 28, 29 agosto, Valle Cascia)
27-28-29 AGOSTO, dalle 19:00 alle 20:00
-La Specie Storta. Un rito teatrale collettivo orchestrato da Giorgiomaria Cornelio e Lucamatteo Rossi
27 AGOSTO, dalle 22:00
-Due pezzi di teatro pandemico – Parte I di Francesca Rossi Brunori; suono di Domenico Maria Mancini
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cmplus-me · 5 years
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Andare, camminare, lavorare. L'Italia racconta dai portalettere
Il nuovo post è stato pubblicato su https://ebook-mania.net/andare-camminare-lavorare-litalia-racconta-dai-portalettere/
Andare, camminare, lavorare. L'Italia racconta dai portalettere
Se un occhio potesse osservarli tutti adesso, li vedrebbe contemporaneamente, i tanti portalettere italiani, con passi differenti e diversa altezza, colore dei capelli, occhiali da sole e da miopi. Passi diversi, tutti in movimento, frenetici su giroscale deserti, impettiti in attesa davanti al cancello di una palazzina residenziale, fermi sulle soglie degli appartamenti, attraversare in bicicletta una cittadina della provincia fischiettando, dentro le auto di servizio nelle vie di città o negli scooter lanciati sui rettifili, lentamente avanzare a velocità ridotta sulle stradine solitarie di una campagna con prati verdi e alberi secolari.
Sanno dei morti, quelli che non ci sono più, li ricordano ogni volta che arrivano sulle soglie degli appartamenti, sbirciano una fotografia appesa alla parete, conoscono gli avi dai molti racconti dei parenti sopravvissuti, alcuni di loro hanno visto nascere i figli dei figli di quelli che se ne sono andati, contano le somiglianze. Se volete sapere di un certo Gregorio, un notaio del Centro Italia, il suo portalettere sa che andava in vacanza ogni anno a Ginevra e che era scapolo. Alcuni dicevano avesse una donna da quelle parti, altri avrebbero giurato una figlia illegittima avuta con una donna della borghesia lombarda, s’erano fatte parecchie congetture ma sul manifesto funebre c’era solo il nome di un lontano nipote. Ecco, quel notaio era abbonato a riviste di storia e numismatica, aveva un boxer tigrato dal muso nero, fumava toscani, antichi toscani, e prima delle feste comandate potevi star certo che ti aspettava sulla soglia, e quando arrivavi all’altezza dello zerbino sfilava dal portafogli una bella banconota e te la dava in mano dicendoti: “Auguri postino”.
Angelo Ferracuti ha seguito questo esercito di portalettere per città, villaggi e contrade, raccogliendone le esperienze e i racconti per restituirci le trame imprevedibili di un paese e di un popolo in movimento.
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giuliocavalli · 6 years
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«Non possiamo permettere che ritornino quelle parole (e quegli atti) della vergogna»: una lettera ai direttori
«Non possiamo permettere che ritornino quelle parole (e quegli atti) della vergogna»: una lettera ai direttori (la pubblica Nazione Indiana qui) Siamo studiosi e studiose, scrittori e scrittrici, preoccupati dal dilagare dell’odio nei media italiani. Odio verso le donne, i migranti, i figli di migranti, la comunità Lgbtq. Un odio che è ormai il piatto principale di moltissimi talk show televisivi nei quali vige da tempo la politica dei microfoni aperti, senza nessuna direzione o controllo. E spesso le parole che escono fuori da alcuni dibattimenti televisivi sono parole che mettono fortemente in crisi o addirittura contraddicono l’essenza stessa della nostra Costituzione, il richiamarsi a un patto antifascista e democratico. L’attentato di Macerata, dove un simpatizzante neonazista ha cercato la strage di uomini e donne africani, è qualcosa che ci interroga nel profondo. Le vittime sono diventate il bersaglio di un uomo la cui azione terroristica si è nutrita della narrazione tossica veicolata non solo da internet ma anche dal mainstream mediatico. Dopo quello che è successo non possiamo restare in silenzio. Serve una maggiore assunzione di responsabilità, serve un nuovo patto fra chi fa comunicazione e i cittadini. Le parole di odio, lo abbiamo visto chiaramente, possono tradursi in atti di violenza omicida. Azioni che, acclamate e imitate, rischiano seriamente di innescare una spirale di violenza. Per noi è evidente che il nodo mediatico ha contribuito a produrre e legittimare lo scatenarsi delle pulsioni peggiori. Per questo chiediamo ai media di non prestare più il fianco alla propaganda d’odio, ma di compiere anzi uno sforzo nel contrastarla. Intere fette di società (per esempio i migranti e i figli di migranti) nella rappresentazione mediatica esistono pressoché solo come stereotipo o nei peggiori dei casi come bersaglio dell’odio, contraltare utile a chi fa di una propaganda scellerata il suo lavoro principale. Sappiamo che nei media lavorano seri professionisti che come noi sono molto preoccupati per la piega degli eventi. Servono contenuti nuovi, modalità diverse, linguaggi aperti e trasparenti. Non possiamo permettere che nel 2018, ad 80 anni dalle leggi razziali, ritornino quelle parole (e quegli atti) della vergogna. Dobbiamo cambiare ora e dobbiamo farlo tutti insieme. Ne va della nostra convivenza e della nostra tenuta democratica. Quello che chiediamo non è un superficiale politically correct. Chiediamo invece una presa in carico di un mondo nuovo, il nostro, che ha bisogno di conoscersi e non odiarsi. Antonio Gramsci scriveva: Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri. Dipende da noi non lasciar nascere questi mostri. Dipende da noi evitare che torni lo spettro del fascismo nelle nostre vite. Per farlo però dobbiamo lavorare in sinergia e cambiare i mezzi di comunicazione. E dobbiamo farlo ora, prima che sia troppo tardi. Giulio Cavalli Vanessa Roghi Helena Janeczek Igiaba Scego Sabrina Varani Christian Raimo Paolo di Paolo Michela Monferrini Frederika Randall Graziano Graziani Francesca Capelli Shaul Bassi Loredana Lipperini Shulim Vogelmann Amin Nour Reda Zine Sabrina Marchetti Amir Issa Alessandro Triulzi Francesco Forlani Fiorella Leone Francesca Melandri Ilda Curti Marco Balzano Alessandro Portelli Attilio Scarpellini Filippo Tuena Francesco M.Cataluccio Laura Bosio Gianfranco Pannone Antonio Damasco Franco Buffoni Evelina Santangelo Caterina Bonvicini Lisa Ginzburg Camilla Miglio Emanuele Zinato Andrea Inglese Andrea Raos Maria Grazia Meriggi Alessandra Di Maio Roberto Carvelli Francesco Fiorentino Grazia Verasani Caterina Venturini Alessandra Carnaroli Lorenzo Declich Gennaro Carotenuto Silvia Ballestra Chiara Valerio Marco Belpoliti Paola Caridi Marco Missiroli Alessandro Robecchi Valeria Parrella Nicola Lagioia Enrico Manera Jamila Mascat Maria Luisa Venuta Rossella Milone Giacomo Sartori Antonella Lattanzi Barbara del Mercato Amara Lakhous Rino Bianchi Carola Susani Roberto Carvelli Isabella Perretti Rosa Jijon Davide Orecchio Antonella Lattanzi Simone Giusti Simone Siliani Alberto Prunetti Chiara Mezzalama Elisabetta Mastrocola Teresa Ciabatti Andrea Tarabbia Antonella Anedda Elisabetta Bucciarelli Francesco Fiorentino Paola Capriolo Paolo Morelli Simona Vinci Giorgio Vasta Orsola Puecher Antonio Scurati Vins Gallico Daniele Petruccioli Enrico Macioci Maria Grazia Calandrone Eraldo Affinati Elena Pirazzoli Leonardo Palmisano Emiliano Sbaraglia Maura Gancitano Marco Mancassola Rosella Postorino Alessandra Sarchi Carlo Lucarelli Giorgio Pecorin Gianni Biondillo Ornella Tajani Mariasole Ariot Giorgio Fontana Girolamo Grammatico Francesca Ceci Brunella Toscani Tommaso Giartosio Attilio Scarpellini Simone Pieranni Elisabetta Liguori Giuliano Santoro Orofino di Giacomelli Maria Grazia Porcelli Giovanni Contini Federico Faloppa Federico Bertoni Flaminia Bartolini Dario Miccoli Emanuela Trevisan Semi Alessandro Mari Tommaso Pincio Laura Silvia Battaglia Anna Maria Crispino Andrea Bajani Renata Morresi Francesca Fiorletta Federica Manzon Angiola Codacci Pisanelli Alessandro Chiappanuvoli Società italiana delle Storiche Benedetta Tobagi Giuseppe Genna Fabio Geda Daniele Giglioli Angelo Ferracuti Alessandro Bertante Riccardo Chiaberge Giorgio Mascitelli Gherardo Bortolotti Annamaria Ferramosca Anita Benedetti Letizia Perri Luisella Aprà Masturah Atalas Rosalia Gambatesa Barbara Summa Lorenzo D’Agostino Anna Toscano Fabrizio Botti Chiara Veltri Sergio Bellino Barbara Benini Valentina Mangiaforte Maria Motta Emanuele Plasmati Giuseppe Maimone Paolo Soraci Pina Piccolo Graziella Priulla Leonardo Banchi Valentina Daniele Massimiliano Macculi Susanna Marchesi Corrado Aiello Giovanni Scotto Liliana Omegna Domenico Conoscenti Francesco Falciani Mario Di Vito Ileana Zagaglia Maria Elena Paniconi Antonio Corsi Stefano Luzi Nicola Marino Barbara Lazzarini Antonella Bottero Camilla Mauro Pietro Saitta Gianni Montieri Francesca Del Moro Adam Atik Maurella Carbone Sabrina Fusari Francesa Perlini Antonella Bastari Donatella Libani Alessandra Pillosu Lidia Massari Gianni Girola Andrea Fasulo Lidia Borghi Roberta Chimera Gaetano Vergara Camilla Seibezzi Lisa Dal Lago Nicoletta Mazzi Annamaria Laneri Sandra Paoli Cristina Nicoletta Leonardo De Franceschi Olga Consoli Chiara Barbieri Valentina De Cillis Letizia Perri Angelo Sopelsa Alessandra Greco Simone Buratti Giacomo Di Girolamo MariaGiovanna Luini Costanza Matafù Lorenza Caravelli Elena Maitrel Cavasin Leopoldina Bernardi Donatella Favaretto Simona Brighetti Margherita D’Onofrio Ivana Buono Manuela Olivieri Maria Cristina Mannozzi Helleana Grussi Elisabetta Galeotti Antonio Sparzani (si può firmare qui)
(la pubblica Nazione Indiana qui) Siamo studiosi e studiose, scrittori e scrittrici, preoccupati dal dilagare dell’odio nei media italiani. Odio verso le donne, i migranti, i figli di migranti, la comunità Lgbtq. Un odio che è ormai il piatto principale di moltissimi talk show televisivi nei quali vige da tempo la politica dei microfoni aperti, senza nessuna direzione o controllo. E spesso le…
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sinapsinews · 5 years
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EuroKarate 2019: azzurri pronti a combattere per il titolo continentale
Guadalajara, 28 marzo 2019 Prende il via oggi la 54ª edizione dei Campionati Europei a Guadalajara, in Spagna. La Nazionale italiana schiera 22 azzurri suddivisi nelle due specialità per cercare di confermare l’eccezionale risultato della scorsa edizione terminata con 3 ori, 2 argenti e 5 bronzi. Alla guida degli azzurri la punta del karate italiano, il Capitano Luigi Busà che, nell’ostica…
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paoloferrario · 6 years
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IMBROGNO VALERIA, con Simona Voglino Levy, prefazione di Roberto Saviano, PROMETTO DI PERDERTI, Baldini&Castoldi, 2018. Recensione di Angelo Ferracuti
IMBROGNO VALERIA, con Simona Voglino Levy, prefazione di Roberto Saviano, PROMETTO DI PERDERTI, Baldini&Castoldi, 2018. Recensione di Angelo Ferracuti
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pangeanews · 4 years
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“Siamo stati l’elettroshock del sistema, abbiamo svegliato elefanti che dormivano”. I cataloghi irripetibili di Theoria e Transeuropa
Piccola o grande, letteraria o generalista, quando chiude una casa editrice ne andrebbe rispettato il lutto, vegliato il dolore. Oltre alla redazione sottosopra e all’onta degli ufficiali giudiziari che passano a requisire ciò che possono, sotto cataste di inediti, cartoni di copie saggio e montagne di bozze incompiute restano soprattutto i sogni di chi – attraverso la più impervia e impegnativa delle imprese culturali – credeva di contribuire all’alito del mondo. Certo se si tratta di editori a pagamento o dal catalogo insignificante verrebbe da dire poco male, ma un’indagine del Centro per il libro (2015) stabilì che tra quelle in difficoltà a chiudere erano soprattutto le case editrici con un’identità (38%) mentre sigle senza troppi scrupoli riuscivano più o meno a cavarsela (53%). Per formazione personale, in questo breve viaggio nell’editoria di fine anni Novanta prenderò in analisi due casi che esperti e studiosi considerano irripetibili: Theoria e Transeuropa (limitatamente alla loro prima vita, dalla fondazione al declino), due case editrici che quasi senza sospettarlo hanno riscritto le regole del gioco, anticipato modelli e riferimenti, sparigliato i giochi. Altri tempi, vero. Altri libri, veri.
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Stagione irripetibile
Ciascuna sommersa dai suoi guai e dai suoi debiti, verso metà dei Novanta alcune sigle editoriali molto diverse tra loro decisero di costituire un’alleanza. Nacque Logica, composta da Costa&Nolan, il Lavoro Editoriale, Leoncavallo Libri, Piero Manni, Moretti&Vitali, Pequod, Vignola, Theoria e Transeuropa (questa la formazione stando al catalogo del 1999). In particolare intendo soffermarmi sull’esperienza di queste ultime due sigle, sul coraggio con cui seppero costruire un catalogo che – ancora oggi, a vent’anni di distanza – raccoglie il meglio della narrativa italiana. Molti autori che esordirono o pubblicarono con Theoria e Transeuropa in quel periodo, sono diventate firme autorevoli della nostra letteratura. Quello che successe grazie a due binomi animati dalla stessa lucida follia, Repetti-Cesari e Canalini-Tondelli, non si è mai più verificato nell’editoria e nell’impresa culturale in genere. Certo oggi sarebbe impossibile riproporlo per modalità e contenuti, ma quella capacità di osare e quella tendenza all’anarchia pura – accumulando molti debiti, sia detto fuori di retorica – non appartiene al nostro tempo così come allora non appartenne a nessun altro. Nessun altro riuscì a imprigionare il vento di quella stagione, nessun altro riuscì a intuire che quelle botteghe editoriali (ne spuntava una a settimana) avrebbero potuto salvare il movimento, sottrarlo all’egemonia da cui sarebbe stato schiacciato.
*
Repetti-Cesari, la scuola romana
Fondata da Beniamino Vignola che ne affidò da direzione editoriale a Paolo Repetti e al compianto Severino Cesari (poi fondatori di Einaudi Stile Libero), la collana Letterature di Theoria fu inaugurata da Diario di un millennio che fugge (1986, Marco Lodoli). Solito laboratorio romano e piccolo borghese, si pensò quando nacque. Costituita senza molti soldi ma con idee abbastanza chiare, Theoria era animata da una determinazione e da una lucidità che i grandi gruppi editoriali sottovalutarono pentendosene quasi subito. Soprattutto Feltrinelli, che dopo gli anni d’oro di Stefano Benni stava cercando giovani narratori. Theoria, tra gli altri, ospitò nel suo catalogo Navigazione di Circe e Poche storie (1987 e 1993, Sandra Petrignani), l’esordio assoluto Per dove parte questo treno allegro (1987, Sandro Veronesi), Acqualadrone (1988, Eugenio Vitarelli), L’apparizione di Elsie (1989, Aldo Rosselli), Voi grandi (1990, Lidia Ravera), Zero maggio a Palermo e Oggi è un secolo (1990 e 1992, Fulvio Abbate), Il banchetto nel bosco e Il suono del mondo (1990 e 1991, Giampiero Comolli), quindi il grande Sandro Onofri (con Luce del Nord del 1991 e Colpa di nessuno del 1995), il folgorante romanzo Questo è il giardino (1993, Giulio Mozzi) e l’impietoso ma perfetto esordio di Sebastiana Nata (1995, Il dipendente). Repetti e Cesari ebbero anche il merito di pubblicare Il branco (1994: il titolo con cui fu anticipato integralmente da Nuovi argomenti era La baracca, eguagliando un onore appartenuto solo a Sciascia) di Andrea Carraro: un lungo piano sequenza narrativo, con la camera sempre fuori dal capanno, durante cui una ventina di balordi della periferia romana violentano due turiste tedesche. Il romanzo (da cui sarà tratto il film di Marco Risi) diventa un caso: vero, non quelli di oggi. Il magazine Anna raccoglie 500mila firme per sollecitare il cambio dell’imputazione nel codice penale, la violenza sessuale da reato contro la morale diventa reato contro la persona anche grazie a Theoria e Carraro. Sempre in Letterature trovarono spazio Emmanuel Carrère, William Faulkner, William Styron, Acheng, Andrej Platonov, William Goyen, Mohamed Mrabet, Edwin Muir, Can Xue, Irina Liebmann, Melissa Pritchartd, Su Tong, Alexander Stuart, Franz Fühmann e Xu Xing. Difficile raccontare Theoria senza franare nell’enfasi dell’entusiasmo, ma Repetti e Cesari – come dichiararono a Giulio Ferroni su La Stampa – ignoravano «di aver contribuito a un elettroshock del sistema, abbiamo svegliato elefanti che dormivano». Erano i tempi di un’editoria pensata con più saggezza, meno soggetta agli entusiasmi e alle depressioni del mercato, più vicina agli interessi politici (Theoria non faceva eccezione, considerata molto vicina alla sinistra) ma paradossalmente più libera di sperimentare, più adatta alla ribellione proprio perché ne conosceva le vie di fuga. Casa editrice d’identità si diceva, in cui gli scrittori che passavano o esordivano sapevano che avrebbero avuto carriere importanti, vivevano quel battesimo sapendo che padrini migliori al momento non ce n’erano. La fine fu traumatica, in una vecchia intervista – rilasciata dopo aver dato vita a Stile Libero, quindi dopo il passaggio in Einaudi-Mondadori – Cesari ne raccontò il requiem: «Eravamo sommersi dai debiti, morti per troppa crescita. Avevamo continuo bisogno di stampare e non avevamo i soldi per la tipografia. Incassavamo tardi da distributori e librerie, macinavamo premi su premi, consensi e recensioni ma nessuno sapeva che stavamo morendo. Dovevamo andare avanti ma la strada era finita». Da qualche anno il marchio ha ripreso le pubblicazioni sotto altra direzione editoriale.
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Canalini-Tondelli, la provincia laboratorio
Non fu vera scuola, non geograficamente, nel senso che gli autori che hanno pubblicato per la prima Transeuropa provengono da quasi tutte le regioni italiane. Quello che però Massimo Canalini (il più grande talent scout italiano, secondo il Corriere della Sera) riuscì a realizzare, fu una master class a testi aperti. Ad Ancona ne arrivavano 5/10 al giorno, il postino li raccoglieva e consegnava al citofono Transeuropa/Il Lavoro Editoriale: la casa editrice nata dal fiuto di Canalini e dall’amicizia con Pier Vittorio Tondelli, al quale il ruolo di scrittore stava stretto e cominciava a cercare nuove strade per raccontare il suo tempo. Erano gli anni in cui un manoscritto arrivato da Bologna aveva bruciato le prime 300 copie in due giorni, si chiamava (e chiama, perché è un classico) Jack frusciante è uscito dal gruppo, il suo autore stava finendo il liceo e si chiamava (e chiama) Enrico Brizzi. Al Salone di Torino gli aspiranti esordienti facevano ore di fila per parlare con Canalini, oggi agli aspiranti esordienti gli editor sorridono come agli orizzonti in cartolina. Transeuropa aveva già pubblicato Alba rossa (1990, Joyce ed Emilio Lussu), Cani sciolti (1988, Renzo Paris), Charles (1986, Claudio Piersanti), Clapton (1990, Lorenzo Marzaduri), il bellissimo Compleanno dell’iguana (1991, Silvia Ballestra) a cui aveva fatto seguito La guerra degli Antò (1992), Feste perdute e Fuoco magico (1997 e 1989, Gilberto Severini), Giochi crudeli (1990, Claudio Lolli), Il collezionista di Vigevano (1998, Piersandro Pallavicini), Il ferroviere e il golden gol (1998, Carlo D’Amicis), Indianapolis (1993, Romolo Bugaro), Infernuccio itagliano (1988, Gianni D’Elia), Norvegia (1993, Angelo Ferracuti), Outland rock (1988, Pino Cacucci), Profezia di Palazzo (1997, Riccardo Angiolani), Sandrino e il canto celestiale di Robert Plant (1996, Andrea Demarchi) solo per citarne alcuni. Senza contare le antologie Giovani blues (1986) e Belli&Perversi (1988) entrambe a cura di Pier Vittorio Tondelli, e gli altri progetti di ricerca narrativa Coda (a cura di Silvia Ballestra e Giulio Mozzi, 1996), Fifth Coda 1 e 2 (1997 e 1998) entrambi curati da Andrea De Marchi. Anche la storia di quella Transeuropa, oggi sarebbe impraticabile: per i tempi (i testi che arrivavano in redazione venivano letti ad alta voce, discussi ed editati live… spesso alla presenza dell’autore) ma anche per la lingua, che tra fine anni Novanta e inizi Duemila stava assorbendo distorsioni che avrebbero reso qualsiasi audacia un territorio già esplorato (Brizzi scrisse Jack Frusciante senza maiuscole e con pochissimi a capo, oggi gli editing consistono nell’eseguire il minor editing possibile). Il viaggio di quella Transeuropa finì meno traumaticamente di Theoria, attualmente prosegue sotto altra direzione editoriale (Giulio Milani). Ma forse perché avvenne tutto in una piccola provincia, il laboratorio Canalini-Tondelli è riportato nei saggi sull’editoria come un’esperienza straordinaria, unica nel suo genere. Su quella Transeuropa sono state scritte più di 30 tesi di laurea in Editoria e Storia dell’impresa culturale.
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Divieto di resurrezione
La storia delle resurrezioni editoriali è piena di slanci e naufragi, autentici miracoli e operazioni ambigue che ancora attendono una ragione imprenditoriale e letteraria. Un record lo stabilisce Baldini&Castoldi: nata nel 1897, risorta nel 1991 e assunta nuovamente ai cieli d’inchiostro nel 2013 (da pochi anni sotto il controllo de La Nave di Teseo). Rizzoli (2016) sarebbe fallita se non fosse stata acquisita da Mondadori. Così come la sopravvivenza di Einaudi (1994) sarebbe stata tutt’altro che garantita da banche, fondazioni e creditori che ne inseguivano tutto il pignorabile, se non fosse stata salvata sempre da Mondadori. Qualche caso all’inverso? Non è mai riuscita la resurrezione della Camunia di Raffaele Crovi (fondata nel 1984, passata a Giunti nel 1994 e poi scomparsa), falliti tutti i tentativi di riportarla in vita e recuperarne il catalogo in cui spicca il Campiello de I fuochi del Basento (1987, Raffaele Nigro).
Al momento sarebbero almeno 20 i marchi editoriali italiani a cui imprenditori, scrittori, funzionari pubblici in pensione o semplici avventori sarebbero interessati. Una ventina di fantasmi a piede libero, personaggi reali e spettri dell’ultra vita letteraria in cerca di editore. A tutti gli interessati a questo recupero – col rispetto che si deve a chi rischia e suda in proprio – vorrei poter dire «no, grazie». Le case editrici non sono tabacchi o cancellerie, né case assegnate alle aste giudiziarie (col seguito di maledizioni dei proprietari a cui sono state sottratte), così come non sono auto sequestrate e mai ritirate. Le case editrici sono piante irriproducibili, ecosistemi dalla scomoda ma necessaria solitudine, alfabeti universali in cui nessuno sa come esprimersi, habitat a misura di chi – spesso partendo dal nulla – si imbarca in un’avventura più massacrante che suggestiva. Andrebbe vietata per legge la possibilità di riacquisirne il marchio, perché nessuno come chi l’ha creata può ereditarne il seme. Assistere ai fantasmi di queste esperienze in giro per le stanze delle nostre letture, a tutti questi defunti trattenuti in vita (da sentenze di tribunali) pur di esercitare il fascino di un nome, non solo è ingiusto ma in qualche modo anche indegno. Le case editrici, quelle vere, assolvono una missione, specie in momenti come questo diventano presidi di democrazia, culle del pensiero di cui troppo poco si interessa il nostro Paese. Di contro, assistere a tentativi di recupero di quella missione, di ripristino di quel pensiero rappresenta un obbligo che sa di dileggio, una violenza che sa di profanazione. Non accorgersene va contro l’anarchia di cui i libri sono bandiera. Vuol dire manomettere le sentenze della storia, e questo nemmeno ai libri è consentito. Figurarsi agli Editori.
Davide Grittani
*In copertina: Pier Vittorio Tondelli in una fotografia di Celestino Pantaleoni. La fotografia è tratta da qui, materiali tondelliani sono al Centro di Documentazione Pier Vittorio Tondelli
L'articolo “Siamo stati l’elettroshock del sistema, abbiamo svegliato elefanti che dormivano”. I cataloghi irripetibili di Theoria e Transeuropa proviene da Pangea.
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untitled42566 · 4 years
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Piero Massimo Macchini presenta l’ultimo libro ed apre la sua campagna elettorale con un manifesto radical grezzo
ANCONA – “ Scrivo libri ma non li leggo. Anzi non ho letto nemmeno questo di cui parliamo oggi perché se leggo mi viene sonno”. Così si presenta Piero Massimo Macchini, alias Piero Marximo, introducendo oggi in Regione la sua ultima fatica letteraria: “ Manifesto Radical Grezzo”  lanciando così anche l’apertura del suo “tour elettorale”. Perché in definitiva, in 54 punti, tanti sono quelli del suo programma politico, Macchini – attore, comico, clown, mimo , fantasista e autore – si candida alle prossime elezioni come presidente e lo fa sulla falsariga del più famoso Manifesto di partito.
La foto in copertina è quella storica di Carlo Marx con il viso dell’attore fermano. In conferenza stampa si è portato un suo palco con microfoni incorporati, spille elettorali, bandierine  e sponsor ( tra cui un’agenzia funebre) alla maniera americana.
“Sono convinto che occorra passare dal radical chic che ha fatto danni – ha detto l’attore-  al radical grezzo, nel senso di puro e incontaminato. Come siamo noi marchigiani e abbiamo bisogno di promuovere il brand Marche, che sono plurali ma il marchigiano pensa solo al singolare.  Mi voglio candidare perché so di aver contribuito alla gloria delle Marche e mi voglio istituzionalizzare, ecco perché siamo in questa sede a presentare il mio Manifesto politico. Ma l’unico che ha avuto il coraggio di presentarmi ufficialmente è l’assessore Pieroni, gli altri mi temono. E mi riterrò pienamente realizzato quando questo volume arriverà sui banchi degli autogrill. “
“Macchini in verità – ha ribattuto l’assessore regionale al Turismo- Cultura , Moreno Pieroni – è temibile perché il suo è un partito divertente , la comicità è trasversale e unisce tutti e poi ha dalla sua l’ironia e la provocazione. Ma noi l’abbiamo invitato oggi a presentare il suo libro perché crediamo che sia giusto anche sdrammatizzare e nello stesso tempo invitare a riflettere, anche leggendo un libro comico, su uno spaccato della realtà e del carattere dei marchigiani. Voglio ringraziare Piero Massimo Macchini per la sua sempre pronta disponibilità e sensibilità a collaborare in occasione di iniziative e spettacoli a favore delle aree interne e colpite dal sisma.“
“ Piermassimo è attrattivo – spiega Simone Giaconi  della Casa editrice omonima che ha realizzato il volume- perché richiama pubblico ma anche personalità della Cultura come Matteo Berdini e Angelo Ferracuti che hanno scritto la prefazione e la postfazione del volume. Siamo contenti di iniziare questo 2020, festeggiando i dieci anni di attività della casa editrice,  con questo libro che va a completare una trilogia,  insieme ai due libri Piacere, Provincialotto e La gente mormorano , in cui si indagano vizi e virtù della “ marchigianità”. E’ un progetto che parte da lontano, un’idea ambiziosa che raccoglie lo spirito e l’humour di Macchini e siamo sicuri che il messaggio di Piero Massimo arriverà anche a chi di solito non legge libri. Allora, arrivederci a maggio al Salone del Libro di Torino “
Alla conferenza era presente anche  Priscilla Alessandrini di Marche Tube il canale social che gestisce in partnership con Macchini e che è diventato “ambassador” anche del portale Marche Tourism. Priscilla Alessandrini  ha detto ironicamente che si dissocia dal “progetto folle” di Radical Grezzo perché la loro attività “è nata come apolitica e apartitica.”
La “campagna elettorale” di Piero Marximo Macchini che tocca tutti i temi classici, dai trasporti alla sanità, dal turismo e cultura alle pari opportunità, prosegue in molte tappe e piazze “ per incontrare la cittadinanza”: la prossima a Fermo il 22 febbraio , poi di nuovo ad Ancona il 27 febbraio alla libreria Fogola e così in tutte le province Castelfidardo, Loro Piceno, Montegiorgio , Ripe San Ginesio, Monte San Giusto Ascoli Piceno, Senigallia, Recanati, Macerata. Fine campagna a giugno a Casette d’Ete. (ad’e)
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Piero Massimo Macchini presenta l’ultimo libro ed apre la sua campagna elettorale con un manifesto radical grezzo Piero Massimo Macchini presenta l’ultimo libro ed apre la sua campagna elettorale con un manifesto radical grezzo…
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sciscianonotizie · 2 years
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La rivista Achab, diretta dall’autore Nando Vitali, presenta a Napoli il XII volume dedicato al poeta e regista romano nell’ambito dell’evento “Pasolini, il poeta corsaro”
Sono trascorsi 100 anni dalla nascita di Pier Paolo Pasolini e tantissimi sono gli eventi in Italia che ricordano il grande artista, bolognese di nascita e romano di adozione. Anche la rivista letteraria Achab, fondata e diretta da Nando Vitali (ad est dell’Equatore edizioni), ha dedicato il suo speciale all’autore di “Ragazzi di vita”.
Il Convento di Piazza San Domenico Maggiore ospiterà l’evento di presentazione della rivista Achab dal titolo: “Pasolini, il poeta corsaro”, domenica 22 maggio 2022 alle ore 17. Interverranno, insieme a Nando Vitali, anche Domenico Ciruzzi e Davide D’Urso. Letture a cura dell’attrice Patrizia Di Martino. Videoproiezione a cura di Sasipro del docufilm “La sequenza del fiore di carta” di Pier Paolo Pasolini. “Pasolini, il poeta corsaro” fa parte del programma di appuntamenti culturali previsto dal Comune di Napoli nel mese di maggio.
Da Filippo La Porta ad Ascanio Celestini, da Erri de Luca a Carmelo Musumeci e poi Andrea Di Consoli, Elżbieta Jachelewska e S.R. Fazel. Sono oltre 30 gli autori, i poeti, gli illustratori, i saggisti italiani e stranieri che hanno partecipato a questo numero speciale di Achab, ciascuno con una testimonianza, un ricordo, un pensiero, un’osservazione sul poeta. Una sorta di mondo aperto sulla geniale e molteplice arte pasoliniana.
“Pasolini vuol dirci che vivere davvero vuole dire sprecarsi. La ricotta alla quale tendiamo vale per tutti, a volte con una segreta nota parodica (a Napoli il ricottaro è colui che vive sulle spalle di un altro, solitamente una donna prostituta), ma l’allegoria può essere allargata alla società degli uomini di ogni tempo, al di là dei miti. Siamo barche in mezzo al mare. Credo se potessi incontrare Pier Paolo Pasolini, domandandogli chi siamo, mi riderebbe in faccia col suo viso asciutto, dicendomi “Hic sunt leones”, affannando subito dietro a un pallone in quel modo turbolento e fanatico che si usa nei campetti di periferia”, commenta Nando Vitali
“Lo scopo del nostro lavoro non è nella cristallizzazione o celebrazione della memoria di Pier Paolo Pasolini ma è quello di indagare la realtà contemporanea attraverso la sua poliedricità artistica, le controversie, i temi sociali, territoriali e ambientali, le guerre a cui lui stesso ha mostrato particolare attenzione e ancora la poesia, il cinema, la scrittura, il pensiero politico e filosofico che lo hanno reso partecipe della rivoluzione culturale italiana degli anni Sessanta e Settanta e che a tutt’oggi resta motivo di riflessione sulla società per il loro significato profetico”, spiega Giuliana Vitali, caporedattrice di Achab.
  Hanno collaborato al XII numero di Achab:
Nando Vitali, Filippo La Porta, Andrea Di Consoli, Angelo Ferracuti, Ascanio Celestini, Nicola Vicidomini, Nicola Fano, Paolo Vanacore, Simona Baldelli, Nicola Guarino, Erri De Luca, Carmelo Musumenci, Paolo Restuccia, Daniela Mastronola, Davide Grittani, Giuliana Vitali, Alexandro Sabetti, Emilia Santoro, Elżbieta Jachleweska, A. C. Whistle, Sandro Medici, Andrea Carraro, Barbara Napolitano, Marco Debenedetti, Valentina Di Cesare, Shirin Ramzanali Fazel, Michele Caccamo, Giuseppe Cozzolino, Lillo Siracusa, Daniela Tani, Jack Vitiello, Marta Santone.
source https://www.ilmonito.it/la-rivista-achab-diretta-dallautore-nando-vitali-presenta-a-napoli-il-xii-volume-dedicato-al-poeta-e-regista-romano-nellambito-dellevento-pasolini-il-poeta-corsa/
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tmnotizie · 4 years
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MACERATA – Ieri sera, al Teatro Lauro Rossi di Macerata si è tenuto il “Concerto di Natale” dell’Orchestra Fiati di Macerata, nonché primo concerto della neo costituita associazione musicale.
Alla presenza del Prefetto di Macerata dott.ssa Iolanda Rolli, del sindaco di Macerata Romano Carancini, delle altre autorità e da un numerosissimo pubblico, sono stati proposti 13 brani impreziositi da alcune performance di Massimiliano Mazzalupi e la sua cornamusa, dai ballerini della scuola di tango “Escuela Argentina Alas de Tango” e dal tenore Massimiliano Luciani. Più di due ore di concerto conclusosi con l’esecuzione dell’Inno d’Italia e qualche “bis”. La serata, condotta da Daniza Marziali e Sergio Montesi, è stata ripresa da T.V. Centro Marche che nei prossimi giorni manderà in onda una sintesi del concerto.
L’Orchestra di Fiati di Macerata oggi si esibirà presso la Chiesa Sant’Eustachio di Belforte del Chienti, il 20 dicembre 2019 replicherà alle ore 19:00 all’Istituto Matteo Ricci di Macerata, il 22 dicembre 2019 alle ore 18.15 presso la Chiesa San Francesco di Macerata, il 23 dicembre 2019 alle ore 17.00 presso la LUBE a Passo di Treia e il 6 gennaio 2020 alle ore 17.00 presso il Teatro di Montalto delle Marche.
L’Orchestra, presieduta da Gianni Silvi, è composta da ben 48 elementi diretti dal Maestro Andrea Mennichelli:
Arianna Aureli, flauto
Vanni Belfiore, euphonium
Simona Belli, sax tenore
Nicoletta Benedetti, sax contralto
Cesare Bisconti, batteria
Osvaldo Bracalenti, flauto
Riccardo Brandi, clarinetto
Roberto Bronzi, tromba
Tonio Cananà, clarinetto
Andrea Canzonetta, tromba
Francesco Carducci, sax contralto
Enzo Cerquetella, sax tenore
Sofia Cerquetella, sax contralto
Daniele Cheubini, trombone
Matteo Cocciarini, trombone
Matteo D’Addetta, clarinetto
Samuele De Santis, sax contralto
Francesco Di Mauro, tromba
Paolo Domizi, clarinetto
Matteo Ferracuti, trombone
Chiara Gambini, clarinetto
Sergio Giuli, sax tenore
Roberto Grassetti, clarinetto
Elio Graziosi, trombone (c)
Angelo Isidori, tromba
Salvatore Laterra, clarinetto
Maria Concetta Lo Surdo, clarinetto
Chiara Lucozzi, clarinetto
Gianmarco Marozzini, corno
Dario Matteucci, basso elettrico
Massimiliano Mazzalupi, cornamusa
Michele Mennichelli, trombone
Nicola Mennichelli, percussioni
Ugo Pio Migliozzi, sax contralto
Valter Paolucci, baritono
Gianni Pierucci, tromba
Giulio Raccichini, corno
Claudia Sartori, flauto
Nico Settimi, clarinetto
Simone Settimi, euphonium
Antonio Sileoni, tromba
Angelo Sopranzi, clarinetto
Carlo Stasi, sax baritono
Guglielmo Tasso, tromba
Marica Tittarelli, flauto
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cmplus-me · 5 years
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Addio
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Un romanzo unico sulla nostra identità perduta, sul lavoro come valore fondante che rinnova una tradizione che sembrava ormai persa, quella di una letteratura civile che racconta la vita, le lotte e il sangue versato dai lavoratori. Angelo Ferracuti, non nuovo al genere del romanzo-verità in presa diretta sulla società in cambiamento, ambienta il nuovo libro in una zona della Sardegna che in passato dava lavoro a migliaia di persone e che adesso è praticamente abbandonata. Siamo nel Sulcis-Iglesiente, terra di miniere e dell’epica operaia, e ora provincia più povera d’Europa con i suoi 30.000 disoccupati su 130.000 abitanti e 40.000 pensionati spesso usciti dal mondo del lavoro dopo aver contratto malattie terribili come la silicosi. Ecco la crisi di un mondo in disfacimento, legata a un modello di organizzazione del lavoro novecentesco e ormai ossidato come il ferro dei castelli degli ascensori abbandonati di Carbonia. Ferracuti viaggia tra queste terre avvelenate e incontra una popolazione vinta, malata, povera ma piena di dignità, in una condizione che riassume tutte le contraddizioni del presente, come quella tra salute e lavoro, mentre le multinazionali dell’alluminio delocalizzano in Islanda e in Arabia Saudita. Qui è finito il Novecento ed è iniziato non si sa che cosa. Rimane la nostalgia e un buco nero a tratti rischiarato dall’assistenza dello Stato che tutti aspettano come unica salvezza. (source: Bol.com)
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genesisofsupernova · 7 years
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Qui è finito il Novecento ed è iniziato non si sa che cosa.
Angelo Ferracuti
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lemaniintasca · 8 years
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Quando arrivi a Ventotene è come se non l’avessi lasciata mai, tutto è famigliare e lo senti come intimo, forse perché è raccolto in pochi chilometri che si possono fare a piedi da qui a Punta dell’Arco. Tutto è piccolo e stretto, e si conquista facilmente.
Angelo Ferracuti, Andare, camminare, lavorare. L’Italia raccontata dai portalettere
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ariannausoleil · 9 years
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anche se dopo la fatica il cervello è ancora in balìa di questa furiosa costruzione che a me fa costruire chiodi che non si saprà mai a quale cristo andranno a crocifiggere e ancora possiamo incatenarli i mostri vincerli e digerirli per la notte e per la gioia nella tua casa in confusione dove ti attende moglie figlia e pranzo io nella mia camera tre metri per cinque pareti bianche e migliaia di fogli bianchi da mettere in croce in lotta con la stanchezza e lo sporco ed è tutto presso di noi non aspettare il sabato inizio del riposo d’iddio il riposo sia per dio e questo inferno per noi
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