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Sulla violenza ancora
“Il 25 novembre, giornata contro la violenza maschile sulle donne, ci sarà a Roma la manifestazione nazionale di Non Una Di Meno e la presentazione del Piano femminista contro la violenza maschile sulle donne e tutte le forme di violenza. Il Gruppo del Mercoledì lavora da tempo sulla violenza e i suoi differenti codici. Questo è un momento della riflessione che vogliamo allargare ad altre, altri.
SULLA VIOLENZA, ANCORA
Uccidere è decidere della vita e della morte di un essere umano. Lo ha fatto Vincenzo Paduano, ventisette anni, quando si è servito di una tanica di benzina per bruciare Sara Di Pietrantonio; l’hanno decretato i massacratori del Bataclan ricaricando, come nei film americani, le armi tre volte. L’azione dell’uno e quelle degli altri non sono sovrapponibili. L’unicità è data dalla parola violenza che tuttavia copre fenomeni differenti. Almeno per il modo in cui si impossessa della nostra quotidianità.
“””””””””””””””” Dominare un essere umano di sesso femminile; immaginare di tenere in pugno prigionieri, ostaggi, etnie, gruppi religiosi, oppositori politici, comunità, collettività di uomini, donne, bambini, famiglie che passeggiano nelle strade, nei mercati, nei luoghi turistici. In Spagna, Belgio, Australia, Somalia, Nigeria, Cameron, Iraq, Siria. E dall’elenco mancano certo molti nomi. Ci sono somiglianze e differenze, affinità e distanze incommensurabili tra chi uccide per “troppo amore” e chi per avere una contabilità dei morti. Emanuele Severino ha tagliato corto: “Il giovane terrorista che si sente emarginato dalla società sempre più complessa, è portato a vendicarsi in modo analogo a quello del maschio che si trova respinto”.
“””””””””””””””” C’è anche una violenza bellica più lontana, che investe “a pezzetti”, come dice il Papa, l’intero pianeta. Una guerra senza le antiche passioni eroiche dell’onore maschile, spesso indecifrabile, nella quale, ai soldati – e soldatesse – degli eserciti nazionali professionali, si mescolano i “contractors” nuovi mercenari, gli interessi di Stati e poteri economici globali, le passioni di popoli e sette religiose. Le vittime civili e i profughi si contano a milioni. Migliaia ogni anno muoiono nei nostri mari. Lo vediamo nelle tragedie dei migranti, nell’odio che suscitano, mascherato dietro l’ambiguo criterio della “sicurezza”.
“””””””””””””””” C’è una violenza verso la natura e l’ambiente. Le isole di plastica negli oceani, lo smog che avvolge interi continenti e soffoca le città, il clima impazzito che mette sempre più a rischio la vita degli umani, di metà delle specie di piante, di un terzo degli animali. Il furto di futuro verso chi verrà dopo di noi è violenza. L’uomo che governa gli Usa ha stracciato gli accordi sulla diminuzione delle emissioni. E gli altri paesi, anche quelli firmatari, non li rispettano. L’Italia è un paese fragilissimo. Potremmo essere noi, nei prossimi anni, i futuri profughi ambientali.
“””””””””””””” Sottrarre la vita è la forma estrema di quella violenza che si diffonde con analogie, contiguità e differenze profonde. Eppure, il rumore dei passi, di notte, sulla strada, ci provoca un sentimento di incertezza simile a quello che proviamo nel salire sul treno il giorno dopo un attentato. Una guerra non proprio dichiarata. Eppure, al di là di una parola che ne racchiude tante, chi pratica la violenza? I massacratori di umanità, come i nemici della sessualità femminile lasciano – generalmente – un’impronta maschile. “La responsabilità della violenza agita è degli uomini e gli uomini ne sono totalmente responsabili” (Marisa Guarneri). Possiamo azzardare che gli uomini tolgono la vita, aiutati da una strumentazione tecnica mortifera, perché vivono il loro corpo, e quello altrui, nel segno patriarcale del possesso e della disponibilità illimitata, comune alle diverse tradizioni culturali? Possiamo azzardare che questo avviene perché non sono in grado direttamente di generare la vita?
“””””””””””””” Tuttavia, non tutti gli uomini sono assassini. E/o carnefici. Non intendiamo crocifiggere un sesso che forse comincia a vedere e a rifiutare i comportamenti aggressivi. I comportamenti di una sessualità, quella maschile “fatta di amore e violenza” (Lea Melandri).
“””””””””””””””””””””””” Nella sessualità maschile c’è sempre, in primo piano, la questione del potere. Un legame cruciale, quello tra sesso, potere e denaro che da anni abbiamo denunciato (“Sesso potere denaro” convegno dell’ottobre 2009 indetto da Maria Luisa Boccia, Ida Dominijanni, Tamar Pitch, Bianca Pomeranzi e Grazia Zuffa). Ben evidenziato nella lettura del sexygate di Berlusconi (Ida Dominijanni), oggi troppo poco nominato. Il potere gli uomini lo esercitano sulla carne femminile, screditando (Rebecca Solnit) la parola delle donne. La tipologia non varia molto: insegnante-allieva; produttore-attrice; direttore-impiegata; caporeparto-operaia. “La voglia maschile di affermare la propria potenza sessuale è esplicita. Una virilità connaturata con il potere” (Edoardo Albinati). Finisce che i reprobi vengono cacciati dai loro simili che, in questo modo e contemporaneamente, si autoassolvono. D’altronde “Io non l’ho mai fatto”.
“””””””””””””””””””””””” Anche le donne non sono tutte da una sola parte: delle vittime, o delle indignate e solidali con le vittime; comunque innocenti, estranee alla violenza. Vi sono anche quelle che gli hanno dato “uno schiaffo”; quelle che hanno “sbattuto la porta”. Quelle che “se l’è cercata” e quindi pretendono prove certe, nero su bianco. Complicato muoversi in un gioco che è non solo di potere ma anche di seduzione. “ Vogliamo piacere, ma non è detto che vogliamo fare l’amore” (Cate Blanchett). Comunque, l’ondata di testimonianze, confessioni, denunce innescate dal #Me Too ha messo sotto gli occhi lo squilibrio che esiste nel rapporto tra i sessi.
“””””””””””””” Questa sorta di planetaria presa di parola non è una vendetta o un’invenzione isterica. Succede però che abbia esiti imprevisti. La gogna mediatica, certo. E una divisione che vede da un lato i carnefici, dall’altra le vittime. Le vittime, notoriamente, essendo vulnerabili, hanno bisogno di protezione. La protezione è la legge, unico strumento in grado di mettere un freno al potere. E pazienza se la libertà si riduce. Comunque, non è una legge, una condanna in tribunale che può fare giustizia tra uomini e donne. “Una lira” fu la richiesta di Tina Lagostena Bassi nel processo per stupro di Latina del 1978: “Non ci interessa la condanna. Noi vogliamo che in quest’aula ci sia resa giustizia, che è cosa diversa. Chiediamo che anche nelle aule dei Tribunali, e attraverso ciò che avviene nelle aule dei Tribunali, si modifichi la concezione socio-culturale del nostro Paese, si cominci a dare atto che la donna non è un oggetto”.
“”””””””””””””” Abbiamo scommesso sulla nostra capacità di “mettere al mondo il mondo”. Ed è questa la politica che ci interessa, che con altre continuiamo a praticare. Ma attualmente si fa sentire più forte la tendenza a restringere lo sguardo, ad aggrapparci “ai nostri temi”, concentrati sul corpo femminile, racchiusi nel grembo materno. Contrastare la violenza significa saper uscire dal perimetro del nostro corpo e del corpo materno. Usare ragione e sentimento per non ripetere le forme e i modi della sopraffazione, incominciando dal linguaggio.
“”””””””””””””” La violenza è sempre in agguato per danneggiare i nostri discorsi. Se permettiamo che vi si insinui quel virus, avremo compromesso la possibilità stessa di una trasformazione della vita che parla di desiderio, conflittualità, ricchezza delle relazioni. Per questo dobbiamo avere cura delle parole che scegliamo.
“”””””””””””””” La violenza non si contrasta se ci isoliamo. Si contrasta con le relazioni che sono il collante del legame sociale. Nessuna causa, pur giusta, legittima il gesto di uccidere. Avversare la violenza significa avere un’attenzione e un’apertura: a sé, all’altro/altra, al mondo e alla terra in cui viviamo, alle forme di convivenza un quotidiano pensiero per l’altro, l’altra. Prendersi cura è già politica.”
Il Gruppo del Mercoledì (Fulvia Bandoli Maria Luisa Boccia Elettra Deiana Letizia Paolozzi Bianca Pomeranzi Bia Sarasini Stefania Vulterini)
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Il grande risveglio e i suoi rischi
Le denunce di massa delle donne hanno avviato un cambiamento epocale. Ma stabilire delle nuove regole condivise sulla sessualità non sarà facile
Slavoj Žižek - Internazionale 1232, pag 49 - 24/30 novembre 2017
Il 7 novembre la filosofa e teorica degli studi di genere Judith Butler ha collaborato all’organizzazione di un convegno sulla democrazia a São Paulo, in Brasile. Il convegno non aveva nulla a che fare con il tema dei transgender, ma una folla di manifestanti di destra si è radunata davanti al luogo dell’iniziativa e ha bruciato un ritratto di Butler gridando “Queimem a bruxa!”, bruciamo la strega. Questo strano incidente è l’ultimo di una lunga serie che dimostra come la differenza sessuale oggi sia politicizzata in due modi complementari: la “fluidificazione” transgender delle identità di genere e la conseguente reazione neoconservatrice.
La famosa descrizione della dinamica capitalistica nel Manifesto comunista di Marx ed Engels dovrebbe essere integrata dall’osservazione che, con il capitalismo globale, anche nella sfera sessuale “l’unilateralità e la limitatezza diventano sempre più impossibili”, che anche nel campo delle pratiche sessuali “tutto ciò che è solido svanisce nell’aria, ogni cosa sacra viene profanata”. Il capitalismo tende a sostituire l’eterosessualità normativa standard con una proliferazione di identità e orientamenti mutevoli e instabili.
L’attuale celebrazione delle “minoranze” e degli “emarginati” è la posizione dominante della maggioranza: perfino i sostenitori del suprematismo bianco statunitense che denunciano il terrorismo del politicamente corretto progressista si presentano come protettori di una minoranza a rischio di estinzione. O pensate a quei critici del patriarcato che lo attaccano come se fosse ancora una posizione egemonica, ignorando quello che Marx ed Engels hanno scritto più di centocinquant’anni fa, nel primo capitolo del Manifesto comunista: “La borghesia, dovunque ha avuto la meglio, ha posto fine a tutte le relazioni feudali, patriarcali, idilliache”. Quest’affermazione è ancora ignorata da quei teorici di sinistra che concentrano la loro critica sull’ideologia e la prassi patriarcale.
Ma cosa dovremmo fare rispetto a questa tensione tra fluidificazione e difesa dell’egemonia? Dobbiamo limitarci a sostenere la fluidificazione transgender delle identità e allo stesso tempo continuare a criticarne i limiti? Oggi sta esplodendo un terzo modo di contestare la forma tradizionale delle identità di genere: le donne che denunciano in massa la violenza sessuale maschile. È in corso un cambiamento epocale, un grande risveglio, un nuovo capitolo nella storia dell’uguaglianza. Il modo in cui le relazioni tra i sessi sono state regolate e organizzate per migliaia di anni viene messo in discussione e contestato. E ora la parte che protesta non è una minoranza lgbt+, ma una maggioranza, le donne. Ciò che sta venendo a galla non è niente di nuovo, è qualcosa che noi (almeno vagamente) abbiamo sempre saputo e che semplicemente non eravamo capaci di (o disposti e pronti a) affrontare apertamente: centinaia di modi di sfruttare le donne sessualmente. Le donne oggi cominciano a far emergere il lato oscuro delle nostre affermazioni ufficiali di uguaglianza e rispetto reciproco, e ciò che stiamo scoprendo è, tra l’altro, quanto fossero (e siano) ipocrite e unilaterali le nostre critiche sull’oppressione delle donne nei paesi musulmani: dobbiamo fare i conti con la nostra realtà di abuso e sfruttamento.
Come in ogni rivolgimento rivoluzionario, ci saranno molte “ingiustizie” e paradossi: per esempio, dubito che le azioni del comico statunitense Louis C.K., per quanto deplorevoli e oscene, possano essere messe sullo stesso piano di una vera e propria violenza sessuale. Ma, ancora una volta, tutto questo non deve distrarci; dobbiamo invece concentrarci sui problemi che ci aspettano. Anche se alcuni paesi si stanno già avvicinando a una nuova cultura sessuale postpatriarcale (per esempio l’Islanda, dove due terzi dei bambini nascono fuori dal vincolo matrimoniale e dove le donne occupano più cariche istituzionali degli uomini), uno dei compiti cruciali è, in primo luogo, quello di riflettere su cosa stiamo guadagnando e cosa stiamo perdendo in questo rivolgimento delle procedure di corteggiamento che abbiamo ereditato: bisognerà stabilire nuove regole in modo da evitare una sterile cultura di paura e in- certezza. Alcune femministe intelligenti hanno osservato parecchio tempo fa che se cerchiamo di immaginare un corteggiamento in tutto e per tutto politicamente corretto, arriviamo curiosamente vicini a un formale contratto commerciale. Il problema è che sessualità, potere e violenza sono intrecciati molto più intimamente di quanto potremmo aspettarci, tanto che perfino elementi di ciò che è considerato brutale possono essere sessualizzati, vale a dire caricati di libidine: dopotutto il sadismo e il masochismo sono forme di attività sessuale. La sessualità depurata da violenza e giochi di potere può ritrovarsi desessualizzata.
Il secondo compito è fare in modo che l’esplosione in corso non resti limitata alla vita pubblica dei ricchi e famosi ma si diffonda e penetri nella vita quotidiana di milioni di comuni individui “invisibili”. E l’ultimo punto (ma non il meno importante) è riflettere su come collegare questo risveglio alle lotte politiche ed economiche di oggi, cioè come impedire che l’ideologia (e la prassi) liberale occidentale se ne appropri facendone l’ennesimo modo di riaffermare la sua superiorità. Bisogna adoperarsi perché questo risveglio non si trasformi in un nuovo caso in cui la legittimazione politica si basa sullo status di vittima del soggetto.
La caratteristica fondamentale della soggettività di oggi è proprio la bizzarra combinazione del soggetto libero che si ritiene il responsabile ultimo del suo destino e del soggetto che fonda l’autorità del suo discorso sul proprio status di vittima di circostanze fuori del suo controllo. Ogni contatto con un altro essere umano viene vissuto come una potenziale minaccia: se l’altro fuma, se mi lancia uno sguardo carico di desiderio, mi sta già facendo del male. Questa logica della vittimizzazione oggi è universalizzata, e si estende ben oltre i classici casi di molestie sessuali o razziste. Pensate alla crescente industria del risarcimento danni, dalle vicende dell’industria del tabacco negli Stati Uniti, alle richieste economiche delle vittime dell’olocausto e dei lavoratori coatti nella Germania nazista fino all’idea che gli Stati Uniti dovrebbero pagare agli afroamericani centinaia di miliardi di dollari per tutto quello di cui sono stati privati a causa della schiavitù. Questa idea del soggetto come vittima irresponsabile implica l’estrema prospettiva narcisistica da cui ogni incontro con l’Altro appare come una minaccia potenziale al precario equilibrio immaginario del soggetto. In quanto tale, non è il contrario, ma piuttosto l’intrinseca integrazione del libero soggetto progressista: nella forma di individualità oggi dominante, l’affermazione egocentrica del soggetto psicologico paradossalmente si sovrappone alla percezione di sé come vittima delle circostanze.
In un albergo di Skopje qualche tempo fa la mia compagna ha chiesto se nella nostra stanza era permesso fumare. La risposta che ha ricevuto dall’addetto alla reception è stata straordinaria: “Naturalmente no, è proibito dalla legge. Però nella stanza ci sono dei portacenere, quindi non è un problema”. Ma le nostre sorprese non sono finite qui: entrando nella stanza abbiamo effettivamente visto sul tavolo un posacenere di vetro con un’immagine dipinta sul fondo, una sigaretta sulla quale c’era un grosso cerchio attraversato da una linea diagonale, un segnale di divieto. Perciò non era il solito gioco che fanno negli alberghi tolleranti dove ti bisbigliano con discrezione che, anche se ufficialmente è proibito, puoi farlo con cautela, davanti alla finestra aperta o qualcosa del genere. La contraddizione (tra divieto e permesso) era apertamente assunta e quindi cancellata, trattata come inesistente. Il messaggio, cioè, era: “È proibito, ed ecco come si fa”. Tornando al risveglio in corso, il pericolo è che, allo stesso modo, l’ideologia della libertà personale possa fondersi senza sforzo con la logica del vittimismo (con la libertà che viene silenziosamente ridotta alla libertà di affermare la propria posizione di vittima), rendendo quindi superflua una radicale politicizzazione emancipatrice di questo risveglio, e trasformando la battaglia delle donne in una delle tante lotte, contro il capitalismo globale, il razzismo o la minaccia ambientale. gc
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Sin dalla creazione dei primi studi, un secolo fa, ci sono stati pochi dirigenti del cinema come dominanti, o come dominanti, come Harvey Weinstein. Ha co-fondato le società di produzione e distribuzione Miramax e la Weinstein Company, aiutando a reinventare il modello per i film indipendenti con film come “Sex, Lies e Videotape”, “The Crying Game”, “Pulp Fiction”, “The Paziente inglese “,” Shakespeare in Love “e” Il discorso del re “. Oltre Hollywood, ha esercitato la sua influenza come un prolifico investitore di fondi per i candidati del Partito Democratico, tra cui Barack Obama e Hillary Clinton. Weinstein ha unito un occhio per gli sceneggiatori promettenti, i registi e gli attori con un bullismo, anche minaccioso, stile di fare affari, ispirando sia paura che gratitudine. I suoi film hanno guadagnato più di trecento nomination agli Oscar e, alle cerimonie annuali dei premi, è stato ringraziato più di quasi tutti gli altri nella storia del cinema, classificandosi subito dopo Steven Spielberg e proprio davanti a Dio.
Per più di venti anni, Weinstein, che ora è sessantasei anni, è stato anche tracciato da voci di molestie sessuali e assalto. Il suo comportamento è stato un segreto aperto a molti in Hollywood e oltre, ma i tentativi precedenti di numerose pubblicazioni, tra cui The New Yorker, di indagare e pubblicare la storia nel corso degli anni non sono soddisfatte delle richieste di prove giornalistiche. Troppe persone erano disposte a parlare, tanto meno permettevano ad un giornalista di usare i loro nomi, e Weinstein ei suoi associati avevano usato accordi di non divulgazione, pagamenti e minacce giuridiche per sopprimere i loro conti. Asia Argento, attrice e regista italiana, ha affermato di non aver parlato fino ad ora — Weinstein, mi ha detto, ha esercitato forzatamente il sesso orale su di lei — perché temeva che Weinstein avrebbe “schiacciato” lei. “So che ha già schiacciato molte persone”, ha detto Argento. “Ecco perché questa storia, nel mio caso, ha vent’anni, alcuni di loro sono più vecchi … non è mai uscito”.
Il 5 ottobre, il New York Times, in un potente rapporto di Jodi Kantor e Megan Twohey, ha rivelato molteplici accuse di molestie sessuali contro Weinstein, un articolo che ha condotto alle dimissioni di quattro membri del consiglio di amministrazione della Weinstein Company e di Fuoco di Weinstein.
La storia, tuttavia, è complessa e c’è più da conoscere e da capire. Nel corso di un’indagine di dieci mesi, sono stati raccontati da tredici donne che, tra gli anni ’90 e il 2015, Weinstein ha molestato o aggredito sessualmente. Le loro affermazioni corroborano e si sovrappongono alle rivelazioni del Times, e includono anche crediti molto più gravi.
Tre delle donne, tra cui Argento e un’attrice aspirante di nome Lucia Evans, mi hanno detto che Weinstein li ha violentati, eseguendo forzatamente o ricevendo sesso orale o forzando il sesso vaginale. Quattro donne hanno detto che avevano sperimentato un tocco indesiderato che potrebbe essere classificato come un assalto. In una registrazione audio catturata durante un intervento di polizia di New York nel 2015, Weinstein ammette di tentare un modello filippino-italiano chiamato Ambra Battilana Gutierrez, descrivendolo come comportamento “abituato”. Quattro delle donne che ho intervistato citavano incontri in che Weinstein si è esposto o masturbato davanti a loro.
Weinstein ammette di tentare una donna, in una registrazione registrata segretamente durante un N.Y.P.D. operazione.
Sedici dirigenti e assistenti ex e attuali delle aziende di Weinstein mi hanno detto che hanno assistito o hanno saputo conoscere i progressi sessuali indesiderati e toccare gli eventi legati ai film di Weinstein e sul posto di lavoro. Essi e altri hanno descritto un modello di incontri professionali che erano poco più che sottili pretesti per i progressi sessuali su giovani attrici e modelli. Tutti i sedici dicono che il comportamento è stato ampiamente conosciuto sia all’interno della Miramax che della Weinstein Company. Messaggi inviati da Irwin Reiter, un dirigente senior della società, a Emily Nestor, una delle donne che hanno affermato di essere stato molestato, ha descritto il “maltrattamento delle donne” come un problema seriale con cui la società Weinstein aveva lottato negli ultimi anni. Altri dipendenti descrivevano ciò che, in sostanza, era una cultura di complicità nei luoghi di attività di Weinstein, con numerose persone in tutte le sue società consapevoli del suo comportamento, ma agevolandola o guardando altrove. Alcuni dipendenti hanno detto che sono stati arruolati in un sottometro per rendere le vittime sicure. Un dirigente femminile con la società descrive come gli assistenti di Weinstein ed altri servivano come “honeypot” — inizialmente si riunirono insieme a una donna che era interessata a Weinstein, ma poi Weinstein li avrebbe licenziati, lasciandolo sola con la donna. (Il 10 ottobre, il consiglio della società Weinstein ha rilasciato una dichiarazione, scrivendo che “queste affermazioni sono sorprendenti per il Consiglio e qualsiasi suggerimento che il Consiglio abbia conosciuto questo comportamento è falso.”)
Praticamente tutte le persone con cui ho parlato mi hanno detto che erano spaventati di ritorsioni. “Se Harvey dovesse scoprire la mia identità, sono preoccupato che possa rovinare la mia vita” mi disse un ex dipendente. Molti dicono di aver visto che i soci di Weinstein hanno affrontato e intimidito coloro che lo hanno attraversato, e temono che sarebbero stati mirati allo stesso modo. Quattro attrici, tra cui Mira Sorvino e Rosanna Arquette, mi hanno detto che sospettavano che, dopo aver rifiutato gli avanzamenti di Weinstein o li lamentavano per i rappresentanti delle aziende, Weinstein li aveva rimossi da progetti o dissuasi da assumerli. Diverse fonti hanno affermato che Weinstein frequentemente si è vantato di piantare oggetti nei media nei confronti di coloro che hanno parlato con lui; queste fonti temevano una simile retribuzione. Diversi hanno indicato il caso di Gutierrez: dopo essere andato alla polizia, gli articoli negativi che discutono la sua storia sessuale e impugnano la sua credibilità cominciarono rapidamente ad apparire nelle pagine di New York. (Nella conversazione registrata, parte della quale New Yorker ha pubblicato on-line, Weinstein chiede a Gutierrez di unirsi a lui per “cinque minuti” e avverte: “Non distruggere la tua amicizia con me per cinque minuti”).
Molti ex dipendenti mi hanno detto che stavano parlando del presunto comportamento di Weinstein ora perché speravano di proteggere le donne in futuro. “Questa non era una sola volta. Questo non era un periodo di tempo “, mi ha detto un dirigente che ha lavorato per Weinstein per molti anni. “Questo era un comportamento predatorio in atto verso le donne — se hanno acconsentito o no.”
È probabile che le donne che mi hanno parlato si sono recentemente sentite sempre più incoraggiate a parlare delle loro esperienze a causa del modo in cui il mondo è cambiato per quanto riguarda le questioni del sesso e del potere. Le loro divulgazioni seguiranno a seguito di storie legate alla cattiva condotta sessuale di figure pubbliche, tra cui Donald Trump, Bill O’Reilly, Roger Ailes e Bill Cosby. Nel mese di ottobre del 2016, un mese prima delle elezioni, un nastro emerse da Trump raccontando un giornalista di notizie di celebrità: “E quando sei una stella ti lasciano farlo. Puoi fare qualsiasi cosa. . . . Prendi la figa. Puoi fare qualcosa “. Lo scorso aprile O’Reilly, ospite di Fox News, è stato costretto a dimettersi dopo che Fox è stata scoperta di aver pagato cinque donne milioni di dollari in cambio di silenzio sulle loro accuse di molestie sessuali. Ailes, ex capo di Fox News, si è dimesso nel luglio 2016, dopo che è stato accusato di molestie sessuali. Cosby è andato in giudizio questa estate, accusato di droga e di assalire sessualmente una donna. La prova è terminata con una giuria sospesa.
Nel pezzo Times, Weinstein ha fatto uno sforzo iniziale nel controllo dei danni, riconoscendo parzialmente ciò che aveva fatto, dicendo: “Apprezzo il modo in cui ho comportato con i colleghi in passato ha causato molta dolore e mi scuso sinceramente per questo . “In un’intervista al New York Post, ha detto:” Devo occuparmi della mia personalità, devo lavorare sul mio temperamento, devo scavare a fondo. So che molte persone vorrebbero che me ne vada in una struttura, e forse posso solo farlo — andrò dove posso saperne di più su di me “. Egli continuò:” In passato ho usato per complimentarmi con persone e alcuni lo hanno preso come io sono sessuale, non lo farò più “. Nella sua dichiarazione scritta al Times, Weinstein ha affermato di” condurre questa rabbia “in una lotta contro la leadership dell’associazione nazionale del fucile. Ha anche affermato che non era “coincidente” che stava organizzando una fondazione per registi femminili all’Università della California meridionale. “Sarà chiamato dopo mia mamma e non la delinerò”. (Lo U.S. da allora ha rifiutato il suo impegno di finanziamento.)
Sallie Hofmeister, portavoce di Weinstein, ha rilasciato una nuova dichiarazione in risposta alle affermazioni dettagliate qui. Leggi integralmente: “Ogni affermazione di sesso non consensuale viene inequivocabilmente negata dal signor Weinstein. Il signor Weinstein ha inoltre confermato che non ci sono mai stati atti di ritorsione contro le donne per aver rifiutato i suoi progressi. Il signor Weinstein ovviamente non può parlare con accuse anonime, ma rispetto a tutte le donne che hanno fatto delle accuse sul record, Mr. Weinstein ritiene che tutte queste relazioni siano consensuali. Mr. Weinstein ha iniziato la consulenza, ha ascoltato la comunità e sta perseguendo un percorso migliore. Il signor Weinstein spera che, se fa progressi sufficienti, gli verrà data una seconda possibilità “.
Mentre Weinstein ei suoi rappresentanti hanno affermato che gli incidenti sono stati consensuali, e non sono stati diffusi o gravi, le donne che ho parlato per raccontare una storia molto diversa.
Lucia Stoller, ora Lucia Evans, è stata avvicinata da Weinstein a Cipriani Upstairs, un club a New York, nel 2004, l’estate prima dell’anno anziano a Middlebury College. Evans, che ora è un consulente di marketing, ha voluto essere un’attrice e, anche se aveva sentito parlare di Weinstein, gli ha permesso di avere il suo numero. Weinstein ha iniziato a chiamarla a tarda notte, o avendo un’assistente chiamata, chiedendo di incontrarsi. Ha rifiutato, ma ha detto che avrebbe fatto letture durante il giorno per un esecutivo casting. Prima di molto tempo, un assistente chiamato a creare una riunione diurna presso l’ufficio Miramax a Tribeca, prima con Weinstein e poi con un esecutivo casting, che era una donna. “Ero, come, oh, una donna, grande, mi sento sicuro”, ha detto Evans.
“Hai venduto la nostra mucca per beanbag magici?” Quando Evans arrivò per la riunione, l’edificio era pieno di persone. È stata portata in un ufficio con attrezzature per l’esercizio in esso e scatole da asporto sul pavimento. Weinstein era lì, solo. Evans ha detto che la trovava spaventosa. “Il tipo di controllo che ha esercitato: era molto reale”, mi disse. “Anche la sua presenza era intimidatoria.”
Nella riunione, ricorda Evans, “mi ha immediatamente lusingato e mi ha spaventato e mi ha fatto sentire male su di me”. Weinstein le ha detto che sarebbe “grande in” Project Runway “- lo spettacolo che Weinstein ha contribuito a produrre , premierò più tardi quell’anno, ma solo se perdeva peso. Le ha anche raccontato due sceneggiature, un film horror e una storia d’amore teen, e ha detto che uno dei suoi collaboratori li avrebbe discutere con lei.
“A quel punto, dopo questo, è quando mi ha aggredito” disse Evans. “Ha costretto me a fare il sesso orale su di lui.” Come lei ha obiettato, Weinstein ha preso il suo pene dai pantaloni e tirato la testa verso di lui. “Ho detto, sempre e ancora,” non voglio farlo, smettere, no “, ha ricordato. “Ho provato a scappare, ma forse non ho provato abbastanza. Non volevo scuoterlo né combatterlo. “Alla fine, disse,” è un grande ragazzo. Ha sopraffatto me. “Ha aggiunto,” ho solo abbandonato. Questa è la parte più orribile, e per questo ha potuto farlo per così tante donne: le persone rinunciano e poi si sentono come colpa loro “.
Weinstein sembrava trovare l’incontro inaspettato. “Era come se fosse solo un altro giorno per lui”, disse Evans. “Non era emozione”. Dopo, agì come se non fosse accaduto nulla. Si chiese come il personale di Weinstein non sapesse cosa stava succedendo.
Dopo l’incontro, si è incontrata con l’esecutivo femminile, che le ha inviato gli sceneggiature, e ha anche venne a una delle sue letture in classe di agenti poche settimane dopo. (Evans non crede che l’esecutivo fosse a conoscenza del comportamento di Weinstein.) Weinstein, ha detto Evans, ha iniziato a chiamarla di nuovo a tarda notte. Mi ha detto che l’intera sequenza di eventi ha avuto una qualità di routine. “Sembra un processo molto snello”, ha detto. “Regista femminile, Harvey vuole incontrare. Tutto è stato progettato per far sentire a mio agio prima che accadesse. E poi la vergogna in quello che è accaduto è stato anche progettato per farmi calmo “.
Evans ha detto che, dopo l’incidente, “l’ho appena inserita in una parte del mio cervello e ho chiuso la porta.” Ha continuato a biasimarsi per non combattere più duramente. “Era sempre colpa mia per non fermarlo”, ha detto. “Ho avuto un problema di consumo da anni. Sono stato disgustato con me stesso. È divertente, tutte queste cose non correlate ho fatto per farti del male a causa di questa cosa. “Evans raccontò agli amici alcuni di quello che era accaduto, ma si sentiva in gran parte incapace di parlare. “Ho rovinato diverse relazioni veramente buone per questo. Il mio lavoro scolastico ha sicuramente sofferto e i miei compagni di stanza mi hanno detto di andare a un terapeuta perché pensavano che avrei ucciso. “
Negli anni successivi, Evans incontrò occasionalmente Weinstein. Una volta, mentre stava camminando il suo cane nel villaggio di Greenwich, l’ha visto entrare in un’auto. “Lo ho visto molto chiaramente. Ho fatto contatto con gli occhi “, ha detto. “Mi ricordo di far brividi giù la colonna vertebrale guardandolo. Ero così orribile. Ho ancora degli incubi per lui fino ad oggi “.
Asia Argento, nata a Roma, ha interpretato il ruolo di un ladro glamour chiamato Beatrice nel dramma del crimine “B. Monkey “, che è stato rilasciato negli Stati Uniti nel 1999. Il distributore era Miramax. In una serie di interviste lunghe e spesso emotive, Argento mi ha detto che Weinstein l’ha assalita mentre lavoravano insieme.
All’epoca, Argento era ventuno e aveva vinto due volte l’equivalente italiano dell’Oscar. Argento ha affermato che nel 1997 uno dei produttori di Weinstein l’ha invitata a ciò che intendeva essere un partito lanciato da Miramax presso l’Hôtel du Cap-Eden-Roc sulla riviera francese. Argento si sentiva professionalmente obbligato a frequentare. Quando il produttore la ha portata al piano di sopra quella sera, ha detto, non c’era festa, solo una camera d’albergo, vuota ma per Weinstein: “Mi piace,” Dov’è il fottuto partito? “” Ha ricordato il produttore che le ha detto, “Oh, siamo arrivati ​​troppo presto”, prima che la lasciasse da solo con Weinstein. (Il produttore nega di portare Argento in camera quella sera.) In un primo momento, Weinstein era sollecito, lodando il suo lavoro. Poi uscì dalla stanza. Quando tornò, indossava un accappatoio e teneva una bottiglia di lozione. “Mi chiede di fare un massaggio. Ero come, “guarda, uomo, io non sono un cazzo stronzo”, “mi ha detto Argento. “Ma, guardando indietro, sono un cazzo stronzo. E sto ancora cercando di venire a prendersi cura di quello che è successo “.
Argento disse che dopo aver accettato con riluttanza di dare Weinstein un massaggio, ha tirato la gonna in su, ha forzato le gambe e ha fatto sesso orale su di lei, mentre ripetutamente gli ha detto di smettere. Weinstein “mi ha terrorizzato, ed era così grande”, ha detto. “Non si fermerebbe. Era un incubo. “
A un certo punto, smise di dire niente e fece piacere, perché pensava che fosse l’unico modo per finire l’assalto. “Non volevo”, mi disse. “Ho detto,” no, no, no “. . . È contorto. Un grande uomo grasso che vuole mangiare. È una spaventosa fiaba. “Argento, che insistette a raccontare la sua storia in tutta la sua complessità, ha dichiarato di non combatterlo fisicamente, cosa che ha causato anni di colpa.
“La cosa con l’essere vittima è che mi sono sentito responsabile”, ha detto. “Perché, se ero una donna forte, l’avrei calpestato nelle palle e fuggirei. Ma non l’ho fatto. E così mi sono sentito responsabile “. Ha descritto l’incidente come un” trauma orribile “. Decenni dopo, ha detto, il sesso orale è ancora rovinato per lei. “Sono stato danneggiato,” mi disse. “Solo parlando con te, tutto il mio corpo sta scuotendo”.
Argento ha ricordato seduto sul letto dopo l’incidente, i suoi vestiti “in rovina”, il suo trucco spalmato. Ha detto che ha detto a Weinstein, “io non sono una puttana”, e che ha cominciato a ridere. Ha detto che avrebbe messo la frase su una maglietta. Dopo, Argento disse: “Ha continuato a contattarmi.” Per qualche mese, Weinstein sembrava ossessionato, offrendo i suoi doni costosi.
Quello che complica la storia, Argento facilmente permesso, è che alla fine ha ceduto a ulteriori progressi di Weinstein e persino è cresciuto vicino a lui. Weinstein cenava con lei e la presentò a sua madre. Argento mi ha detto: “Ha suonato come se fosse il mio amico e mi ha davvero apprezzato”. Ha detto che aveva rapporti sessuali consensuali con lui più volte nel corso dei prossimi cinque anni, anche se ha descritto gli incontri come uno- sana e “onanistica”. La prima occasione, diversi mesi dopo il presunto assalto, è venuto prima del rilascio di “B. Scimmia. »« Mi sono sentita di doverlo », disse. “Perché avevo il film che usciva e non l’avrei voluto rabbia.” Credeva che Weinstein avrebbe rovinato la sua carriera se non avrebbe rispettato. Anni dopo, quando era una madre single che si occupa della cura dei bambini, Weinstein ha offerto di pagare una bambinaia. Ha detto che si sentiva “obbligata” a sottomettere ai suoi progressi sessuali.
Argento mi ha detto che sapeva che questo contatto sarebbe stato usato per attaccare la credibilità della sua accusa. In parte, ha detto, l’assalto iniziale ha fatto sentire sopraffatto ogni volta che ha incontrato Weinstein, anche anni dopo. “Solo il suo corpo, la sua presenza, il suo viso, mi riportano alla bambina quando sono ventenne”, mi disse. “Quando lo vedo, mi fa sentire poco, stupido e debole”. Si è interrotta mentre si è lottata per spiegare. “Dopo la violenza, ha vinto”, ha detto.
Nel 2000, Argento ha rilasciato “Scarlet Diva”, un film che ha scritto e diretto. Nel film, un grosso produttore angoli Anna, il personaggio interpretato da Argento, in una camera d’albergo, le chiede un massaggio e cerca di aggredirlo. Dopo che il film è uscito, le donne hanno cominciato ad avvicinarsi a Argento, dicendo che hanno riconosciuto il comportamento di Weinstein nel ritratto. “La gente mi chiedeva di lui a causa della scena del film”, ha detto. Alcuni hanno raccontato altri dettagli simili: incontri e eventi professionali si sono spostati in camere d’albergo, accappatoi e richieste di massaggio e, in un altro caso, hanno costretto il sesso orale.
Weinstein, secondo Argento, ha visto il film dopo che è stato rilasciato negli Stati Uniti e apparentemente si è riconosciuto. “Ah, ah, molto divertente”, ricorda Argento a dirglielo. Ma ha anche detto che è stato “dispiaciuto per quello che è accaduto”. La partenza più significativa del film dall’incidente della vita reale, mi ha detto Argento, è stata la scomparsa della scena alberghiera. “Nel film che ho scritto,” disse, “sono scappata”.
Altre donne avevano paura troppo per permettermi di usare i loro nomi, ma le loro storie sono inconfondibilmente simili a queste affermazioni. Uno, una donna che ha lavorato con Weinstein, ha spiegato la sua riluttanza per essere identificata. “Trascina il tuo nome attraverso il fango, e lui verrà dopo di te con la sua squadra legale”.
Come altri che ho parlato, questa donna ha detto che Weinstein la ha portata in una camera d’albergo sotto pretesto professionale, trasformata in un accappatoio e, mi ha detto, “si è costretto a mettermi in contatto sessuale.” Lei gli disse, ripetutamente e chiaramente. Successivamente, ha sperimentato “orrore, incredulità e vergogna”, e considerato andare alla polizia. “Pensavo che sarebbe stato un ‘ha detto, ha detto,’ e ho pensato a quanto sia impressionante la sua squadra legale, e ho pensato a quanto perderei, e ho deciso di andare avanti”, ha detto. La donna continua ad avere contatti professionali con Weinstein dopo la presunta violenza e riconosce che le successive comunicazioni tra di loro potrebbero suggerire una normale relazione di lavoro. “Ero in una posizione vulnerabile e avevo bisogno del mio lavoro,” mi disse. “Basta aumentare la vergogna e la colpa”.
Mira Sorvino, che ha interpretato diversi film di Weinstein, mi ha detto che lo ha molestato sessualmente e ha cercato di pressurarla in un rapporto fisico mentre lavoravano insieme. Ha detto che al Toronto International Film Festival, nel settembre del 1995, si è ritrovata in una camera d’albergo con Weinstein, che ha prodotto il film che stava per promuovere, “Mighty Afrodite”, per la quale ha successivamente vinto un Academy Award. “Ha iniziato a massaggiare le mie spalle, che mi ha fatto molto fastidio, e poi ho cercato di ottenere più fisico, una sorta di inseguire me”, ha ricordato. Si è rintracciata per trovare modi per distruggerlo, dicendogli che era contro la sua religione ad oggi uomini sposati. (All’epoca, Weinstein era sposato con Eve Chilton, ex assistente.) Poi uscì dalla stanza.
Poche settimane dopo, a New York, il suo telefono squillò dopo mezzanotte. Era Weinstein, dicendo che aveva nuove idee di marketing per il film e chiedeva di riunirsi. Sorvino gli offrì di incontrarlo in una cena di tutti i giorni, ma disse che stava arrivando al suo appartamento e riattaccato. “Mi sono spaventata,” mi disse. Ha chiamato un amico e gli ha chiesto di venire oltre e posare come suo ragazzo. L’amico non era arrivato quando Weinstein risuonava il suo campanello. “Harvey era riuscito a bypassare il mio portiere”, ha detto. “Ho aperto la porta terrificata, spaventando la mia chihuahua di venticinque chili di fronte a me, come se questo avrebbe fatto bene.” Quando ha detto a Weinstein che il suo nuovo ragazzo era in viaggio, si è sbattuto e lasciato.
Sorvino ha affermato di aver lottato da anni per venire avanti con la sua storia, in parte perché era consapevole che era lieve rispetto alle esperienze di altre donne, tra cui Sophie Dix, un’attrice con cui parlava a quel tempo. (Dix mi ha detto che si era bloccata in un bagno d’albergo per sfuggire a Weinstein e che aveva masturbato davanti a lei, dicendo che era “un classico caso” di “qualcuno che non capisse la parola” no “. Il fatto che Weinstein fosse così strumentale nel successo di Sorvino lo fece anche esitare: “Ho grande rispetto per Harvey come artista e lo devo con lui e con suo fratello un debito di riconoscenza per i primi successo nella mia carriera, incluso l’Oscar. “Ha avuto contatti professionali con Weinstein per anni dopo l’incidente, e rimane un amico stretto di suo fratello e partner commerciale, Bob Weinstein. (Non ha mai detto a Bob circa il comportamento di suo fratello.)
Sorvino disse che sentiva paura e intimidito, e che gli incidenti avevano un impatto significativo su di lei. Quando disse a una donna che lavorava a Miramax per la molestia, la reazione della donna “era shock e orrore che l’avevo menzionata”. Sorvino �� apparso in alcuni altri film di Weinstein dopo, ma ha sentito dire che no a Weinstein e segnalare che le molestie avevano in ultima analisi ha fatto del male alla sua carriera. Ha detto: “Ci potrebbero essere stati altri fattori, ma ho sicuramente sentito freddo e che il mio rifiuto di Harvey aveva qualcosa a che fare con esso”.
A marzo, Ambra Battilana Gutierrez, una volta finalista nel concorso Miss Italia, ha incontrato Harvey Weinstein in un ricevimento per la “New York Spring Spectacular”, uno spettacolo che stava producendo presso la Radio City Music Hall. Weinstein si presentò a Gutierrez, ventidue anni, ripetutamente osservando che sembrava l’attrice Mila Kunis.
Dopo l’evento, l’agenzia di modellazione di Gutierrez ha mandato via e-mail per dire che Weinstein ha voluto creare un incontro d’affari il più presto possibile. Gutierrez è arrivato all’ufficio di Weinstein a Tribeca la sera successiva con il suo portafoglio di modellazione. Nell’ufficio, si sedette con Weinstein su un divano per rivedere il portafoglio e cominciò a fissare i suoi seni, chiedendo se fossero reali. Gutierrez ha poi riferito agli ufficiali della Divisione Special Victims Division del Dipartimento di Polizia di New York che Weinstein allora si è lanciata su di lei, stringendo i seni e tentando di mettere una mano sulla gonna mentre lei ha protestato. Alla fine si è ritirato e ha detto che il suo assistente avrebbe dato i suoi biglietti per “Finding Neverland”, un musical Broadway che stava producendo. Disse che avrebbe incontrato la sua presenza nello spettacolo quella sera.
“Quando sei presidente, puoi guardare sei ore di televisione al giorno”. Invece di andare allo spettacolo, Gutierrez è andato alla stazione di polizia più vicina e ha segnalato l’assalto. Weinstein la telefonò più tardi quella sera, infastidito che non era apparsa allo show. Ha preso la chiamata seduta con gli investigatori della divisione Special Victims, che hanno ascoltato e hanno elaborato un piano: Gutierrez accetterebbe di vedere lo spettacolo il giorno successivo e poi incontrarsi con Weinstein. Avrebbe indossato un filo e tentava di estrarre una confessione o una dichiarazione incriminante.
Il giorno successivo, Gutierrez incontrò Weinstein al bar del Tribeca Grand Hotel. Una squadra di funzionari sotto copertura lo ha aiutato attraverso l’interazione. Sulla registrazione, che ho sentito interamente, Weinstein elenca attrici la cui carriera ha aiutato e offre a Gutierrez i servizi di un allenatore dialettale. Poi la preme per unirsi a lui nella sua camera d’albergo, mentre lui docce. Gutierrez non dice ripetutamente; Weinstein persiste, e dopo un po ‘si aderisce alla sua richiesta di salire al piano di sopra. Ma, in piedi nel corridoio fuori dalla sua stanza, si rifiuta di andare più lontano. In uno scambio sempre più teso, la preme di entrare. Gutierrez dice: “Non voglio”, “Voglio uscire” e “Voglio andare al piano di sotto.” Le chiede direttamente perché ha tentato il seno il giorno prima.
“Oh, per favore, mi dispiace, basta entrare”, dice Weinstein. “Sono abituato a questo. Dai. Per favore.”
“Sei abituato a questo?” Chiede Gutierrez, suonando incredulo.
“Sì,” dice Weinstein. Aggiunge, “non lo farò più.”
Dopo quasi due minuti di andata e ritorno nel corridoio, Weinstein finalmente accetta di lasciarla andare.
Secondo una fonte di applicazione della legge, Weinstein, se accusato, avrebbe probabilmente affrontato un numero di abusi sessuali nel terzo grado, un infrazione che punisce per un massimo di tre mesi in carcere. Ma, mentre l’inchiesta della polizia procedeva e la denuncia fu ampiamente riportata, i dettagli sul passato di Gutierrez cominciarono ad apparire nei tabloidi. Nel 2010, come giovane concorrente nel concorso di bellezza Miss Italia, Gutierrez ha partecipato a uno dei partiti famosi del “Bunga Bunga” del primo ministro Silvio Berlusconi. Ha sostenuto di non essere stata a conoscenza della natura del partito prima di arrivare e alla fine è stata testimone di un caso di corruzione contro Berlusconi, che è ancora in corso. Le notizie di Gossip hanno anche riferito che Gutierrez, come adolescente, aveva fatto un’accusa di assalto sessuale contro un vecchio imprenditore italiano, ma poi ha rifiutato di coinvolgere con i pubblici ministeri.
Due fonti vicine all’indagine di polizia di Weinstein hanno detto che non avevano alcuna ragione di dubitare dell’incidenza di Gutierrez sull’incidente. Uno di loro, una fonte di polizia, ha detto che il dipartimento aveva raccolto più prove sufficienti per perseguire Weinstein. Ma l’altro ha affermato che le affermazioni di Gutierrez riguardo al suo passato hanno complicato il caso per l’ufficio del procuratore distrettuale di Manhattan, Cyrus Vance, Jr. Dopo due settimane di indagine, l’ufficio della D.A. ha deciso di non accusare accuse. L’ufficio ha rifiutato di commentare questa storia, ma mi ha indirizzato alla sua dichiarazione al momento: “Questo caso è stato preso sul serio fin dall’inizio, con un’indagine approfondita condotta dalla nostra unità di reati sessuali. Dopo aver analizzato le prove disponibili, tra cui molteplici interviste con entrambe le parti, non è supportata alcuna penale “.
“Abbiamo avuto le prove,” mi ha detto la fonte di polizia coinvolta nell’operazione. “È un caso che mi ha fatto arrabbiare di quanto ho potuto pensare, e sono stato molto a lungo”.
Gutierrez, quando ha contattato per questa storia, ha dichiarato di non essere in grado di discutere l’incidente. Qualcuno vicino alla questione mi ha detto che dopo che l’ufficio del DA ha deciso di non imputare, Gutierrez, di fronte alla squadra legale di Weinstein, e in cambio di un pagamento, ha firmato un accordo di non divulgazione fortemente restrittivo con Weinstein, incluso un affidavit affermando che il gli atti che ammette nella registrazione non sono mai accaduti.
Nestor mi ha detto che l’incontro era “l’ora più sconvolgente e scomoda della mia vita”. Dopo che Weinstein ha offerto il suo aiuto alla carriera, ha detto, ha cominciato a vantarsi delle sue relazioni sessuali con altre donne, tra cui le attrici famose. “Ha detto:” Sai, potremmo divertirci molto “, ricordò Nestor. “” Potrei metterti nel mio ufficio di Londra, e potresti lavorare lì e potresti essere la mia ragazza. “” Ha rifiutato. Chiese di tenere la mano; lei ha detto no. Nel racconto di Nestor dello scambio, Weinstein ha detto: “Oh, le ragazze dicono sempre no. Sai, “no, no” e poi hanno una birra o due e poi mi stanno gettando. “In un tono che Nestor ha descritto come” molto stranamente orgoglioso “, ha aggiunto Weinstein,” che non avesse mai avuto a fare qualcosa di simile a Bill Cosby. »Lei suppose che significasse che non aveva mai drogato una donna. “È solo una cosa bizzarra per essere così orgogliosa”, ha detto. “Che non hai mai dovuto ricorrere a farlo. È stato così lontano dalla realtà e dalle regole normali di consenso “.
“La molestia sessuale del libro di testo” era come Nestor descrisse il comportamento di Weinstein a me. “È un caso abbastanza chiaro di molestie sessuali quando il tuo superiore, il C.E., chiede ad uno dei loro inferiori, un tempio, di avere rapporti sessuali con essi, essenzialmente in cambio di mentorato”. Ha ricordato di rifiutare i suoi progressi almeno una dozzina di volte. “No” non significa “no” per lui “, ha detto. “Ero molto consapevole di quanto fosse inadeguato. Ma mi sono sentito intrappolato. “
Durante la colazione, ha detto, Weinstein interruppe la loro conversazione per urlare nel suo cellulare, infuriato per un pezzo che Amy Adams, una stella nel film Weinstein “Big Eyes”, stava avendo nella stampa. Dopo, Weinstein ha detto a Nestor di tenere d’occhio il ciclo di notizie, che ha promesso sarebbe stato spinto a suo favore. Più tardi durante la giornata, c’erano infatti delle notizie negative sui suoi avversari, e Weinstein si fermò alla scrivania di Nestor per essere sicuri di averle viste.
A quel punto, Nestor ha ricordato: “Temevo molto di lui. E sapevo quanto fosse ben collegato. E come se l’avessi incazzato allora non avrei mai avuto una carriera in quell’industria. “Tuttavia, ha detto ad un amico dell’incidente, e ha avvisato l’ufficio delle risorse umane che la ha contattata. Nestor ha avuto una conversazione con i funzionari della società sulla questione, ma non l’ha perseguita: i funzionari hanno detto che Weinstein sarebbe stato informato di tutto ciò che lei ha detto loro, una pratica non rara in imprese la dimensione della società Weinstein. Molti ex dipendenti Weinstein mi hanno detto che il dipartimento di risorse umane della società era assolutamente inefficace; un dirigente femminile ha descritto come “un luogo dove sei andato a quando non volevi che niente fosse fatto. Questa era una conoscenza comune in tutto il board. Perché tutto è tornato a Harvey. “Ha descritto la risposta tipica del reparto alle accuse di cattiva condotta come” questa è la sua compagnia. Se non ti piace, puoi lasciare. “
Nestor mi ha detto che alcune persone dell’azienda sembrano interessate. Irwin Reiter, un dirigente senior che aveva lavorato per Weinstein per quasi tre decenni, le inviò una serie di messaggi tramite LinkedIn. “Lo vediamo molto seriamente e personalmente mi dispiace che il tuo primo giorno fosse così”, scrisse Reiter. “Anche se ci sono ulteriori progressi indesiderati, si prega di farci sapere.” L’anno scorso, poco prima delle elezioni presidenziali, si rivolse di nuovo, scrivendo: “Tutta questa roba di Trump mi ha fatto pensare a te.” Ha descritto l’esperienza di Nestor come parte di La cattiva condotta di Weinstein. “Lo ho combattuto per maltrattare le donne 3 settimane prima dell’incidente con te. Ho anche scritto un messaggio di posta elettronica che mi ha etichettato da lui come polizia di sesso “, ha scritto. “La lotta che avevo con lui di te era epica. Io gli ho detto se fossi mia figlia che non avrebbe fatto così bene “(Reiter non ha commentato questo articolo, ma il suo avvocato, Debra Katz, ha confermato l’autenticità dei messaggi e ha detto che Reiter aveva compiuto sforzi diligenti per sollevare questi problemi, senza alcun risultato. Katz ha anche notato che Reiter “è ansioso di cooleggiare pienamente con qualsiasi indagine esterna”)
Anche se non si è verificato alcun assalto e Nestor ha lasciato dopo aver completato il suo collocamento temporaneo, è stata profondamente colpita dall’esperienza. “Sono stato sicuramente traumatizzato per un po ‘, in termini di sentirsi così molestato e spaventato”, ha detto. “Mi ha fatto sentire incredibilmente scoraggiato che questo potrebbe essere qualcosa che succede regolarmente. Ho deciso di non andare in intrattenimento a causa di questo incidente “.
Emma de Caunes, attrice francese, ha incontrato Weinstein nel 2010, in una festa al Festival di Cannes. Pochi mesi dopo, l’ha chiesto a una riunione di pranzo all’Hôtel Ritz, a Parigi. Nella riunione, Weinstein ha detto a de Caunes che stava per produrre un film con un regista prominente, che aveva intenzione di sparargli in Francia e che aveva un forte ruolo femminile. Era un adattamento di un libro, ha detto, ma ha affermato di non ricordare il titolo. “Ma te lo darò”, ha detto Weinstein, secondo la Caunes. “Lo ho nella mia stanza.”
De Caunes ha risposto che doveva lasciare, poiché era già in ritardo per uno spettacolo televisivo che stava ospitando — Eminem stava apparendo sullo spettacolo quel pomeriggio e lei non aveva ancora scritto le sue domande. Weinstein si lamentò con lei per recuperare il libro con lui, e finalmente acconsentì. Quando arrivarono in camera, ricevette una telefonata da uno dei suoi colleghi, e Weinstein scomparve in un bagno, lasciando la porta aperta. Assunse che stava lavando le mani.
“Quando ho appeso il telefono, ho sentito che la doccia va in bagno”, ha detto. “Ero come, che cazzo, sta facendo una doccia?” Weinstein uscì, nudo e con un’erezione. “Cosa stai facendo?” Chiese. Weinstein chiese che lei si trovasse sul letto e le disse che molte altre donne avevano fatto prima di lei.
“Sono stato molto pietrificato”, ha detto de Caunes. “Ma non volevo mostrargli che ero pietrificato, perché avrei potuto sentire che più mi stava frugando, più fu eccitato” ha aggiunto “era come un cacciatore con un animale selvaggio. La paura lo rivolge. “De Caunes disse a Weinstein che stava andando, e lui era in panico. “Non abbiamo fatto niente!” Ricordò lui dicendo. “È come essere in un film di Walt Disney!”
De Caunes mi disse: “Lo guardai e ho detto: mi è piaciuto tutto il mio coraggio, ma ho detto:” Ho sempre odiato i film di Walt Disney. “E poi sono partito. Ho sbattuto la porta. »Scosse le scale che scendevano verso la hall. Un regista con cui stava lavorando sullo spettacolo televisivo ha confermato che è arrivata allo studio per sconvolgersi e che ha raccontato quello che era successo. Weinstein chiamò ininterrottamente nelle prossime ore, offrendo i doni di Caunes e ripetendo la sua affermazione che non era successo nulla.
De Caunes, che era ai suoi primi trenta anni, era già una attrice consolidata, ma si chiedeva cosa sarebbe successo a donne più giovani e più vulnerabili nella stessa situazione. Nel corso degli anni, ha detto, ha sentito degli amici simili. “So che tutti — voglio dire tutti — a Hollywood sa che sta succedendo”, ha detto De Caunes. “Non si nasconde nemmeno. Voglio dire, come lo fa, tante persone sono coinvolte e vedere cosa sta succedendo. Ma tutti sono troppo spaventati da dire nulla “.
Una sera agli inizi degli anni novanta, l’attrice Rosanna Arquette doveva incontrare Weinstein per cena al Beverly Hills Hotel per raccogliere lo sceneggiatura di un nuovo film. All’hotel, Arquette era stato detto di incontrare Weinstein sopra, nella sua stanza.
Arquette ricordò che, quando arrivò in camera, Weinstein aprì la porta con un accappatoio bianco. Ha detto che il collo era malato e che aveva bisogno di un massaggio. Le disse che poteva raccomandare una buona massaggiatrice. “Allora ha afferrato la mia mano” disse lei. Lo mise sul collo. Quando la strinse la mano, Weinstein lo afferrò di nuovo e lo tirò verso il suo pene, visibile ed eretto. “Il mio cuore era davvero corsa. Ero in un momento di combattimento o volo “, ha detto. Ha detto a Weinstein: “non lo farò mai”.
Weinstein le ha detto che stava facendo un enorme errore respingendolo e nominato un’attrice e un modello che egli affermava di aver dato alle sue manifestazioni sessuali e le cui carriere ha detto di aver avanzato come conseguenza. Arquette ha detto che ha risposto: “Non sarò mai quella ragazza”, e se ne andò.
Arquette ha detto che dopo aver respinto Weinstein la sua carriera ha subito. In un caso, crede, ha perso un ruolo a causa di esso. “Ha fatto cose molto difficili per me da anni”, mi ha detto. Ha fatto apparire in un film successivo Weinstein — “Pulp Fiction”. Arquette crede di avere solo quel ruolo a causa della sua piccola dimensione e la dedizione di Weinstein al regista Quentin Tarantino. Arquette ha detto che il suo silenzio era il risultato della potenza e della reputazione di Weinstein per la vendetta. “Dovrà lavorare molto duramente per tenere traccia delle persone e silenziare le persone”, ha spiegato. “Fare male a persone. È quello che fa.
Ci sono altri esempi di Weinstein utilizzando lo stesso modus operandi. Jessica Barth, un’attrice che lo ha incontrato a un party dei Golden Globes nel gennaio 2011, mi ha detto che l’ha invitata ad una riunione d’affari alla Penisola. Quando arrivò, le chiese al telefono di andare in camera. Weinstein la assicurò che era “un grosso problema” — a causa del suo alto profilo, voleva semplicemente la privacy per “parlare di carriera”. Nella stanza, ha scoperto che Weinstein aveva ordinato champagne e sushi.
Barth ha detto che nella conversazione che seguì, Weinstein ha alternato l’offerta per lanciarla in un film e chiedendo un massaggio nudo a letto. “Quindi, cosa succederebbe se, diciamo, stiamo avendo un po ‘di champagne e mi toglierò i miei vestiti e mi dai un massaggio?” Ha ricordato lui a chiedere. “E mi piace,” questo non succederà “.”
Quando si avvicinò alla porta per partire, Weinstein si scagliò dicendogli che aveva bisogno di perdere peso per “competere con Mila Kunis” e poi, apparentemente nel tentativo di ridurla, promettendo un incontro con uno dei suoi dirigenti femminili. “Mi ha dato il suo numero e sono uscito e ho cominciato a stupire” disse Barth. (Immediatamente dopo l’incidente, ha parlato con due persone, mi hanno confermato di aver descritto la loro esperienza a loro volta.) Barth ha detto che la riunione promessa presso l’ufficio di Weinstein sembrava essere puramente una formalità. “Sapevo solo che era stronzate” disse. (Il dirigente con cui ha incontrato non ha risposto alle richieste di commento.)
Il comportamento di Weinstein ha profondamente influenzato le operazioni quotidiane delle sue società. Gli impiegati attuali e precedenti descrivono un modello di incontri e complicità stretta che si adatta molto bene ai conti delle molte donne che ho intervistato. I dipendenti hanno parlato in condizione di anonimato perché, hanno detto, hanno temuto per le loro carriere a Hollywood e per le provvisioni nei loro contratti di lavoro.
“C’era un gran volume di questi tipi di incontri che Harvey avrebbe con aspiranti attrici e modelli”, mi ha detto un dirigente femminile. “Li avrebbe portati a tarda notte, di solito nei bar dell’hotel o nelle camere d’albergo. E, per rendere queste donne più comode, chiederebbe ad un dirigente o ad un assistente femminile di avviare tali incontri con lui. “Lei è stata più volte chiamata a partecipare a tali riunioni, ha detto, ma lei ha rifiutato.
L’esecutivo ha detto che era particolarmente disturbata dal coinvolgimento di altri dipendenti. “Sembrava quasi che l’esecutivo o l’assistente fosse stato fatto per essere un honeypot per attirare queste donne, per farli sentire al sicuro”, ha detto. “Poi avrebbe licenziato l’esecutivo o l’assistente, e poi queste donne erano sola con lui. E questo non sembrava comportamento appropriato o comportamento sicuro “.
Un ex dipendente mi ha detto che era stata spesso chiesto di aderire per l’inizio di incontri che, ha detto, in molti casi sono già stati spostati da giorno a notte e dalle lobby dell’hotel alle camere d’albergo. Ha detto che il comportamento di Weinstein nelle riunioni era sfacciato. Durante un incontro con un modello, ha detto l’ex dipendente, si rivolse a lei e chiese: “Digli quanto bene di un ragazzo sono”. Ha detto che quando si rifiutò di unirsi a un tale incontro, Weinstein si è arrabbiato. Spesso si chiese di tenere traccia delle donne che, in accordo con una pratica stabilita dagli assistenti di Weinstein, erano tutti depositati sotto la stessa etichetta nel suo telefono: FOH, che era “Amico di Harvey”. il modello delle riunioni è stato quasi ininterrotto nei suoi anni di lavoro per Weinstein. “Devo dire, il comportamento si è fermato per un po ‘dopo la cosa groping”, mi ha detto, riferendosi alla dichiarazione di Gutierrez alla polizia. “Ma non poteva aiutare se stesso. Pochi mesi dopo, era tornato.
Due staff che hanno facilitato queste riunioni hanno detto che si sentivano moralmente compromessi da loro. Un vecchio maschio ha osservato che molte donne sembravano “non consapevoli della natura di quegli incontri” e “avevano davvero paura”. Mi ha detto che la maggior parte degli incontri che ha visto sembrava consensuale, ma altri gli hanno dato una pausa. Era particolarmente turbato dalla sua memoria di una giovane donna: “Ti senti solo terribile perché tu puoi dire a questa ragazza, molto giovane, non del nostro paese, ora era in una stanza che aspettava che venisse lì a metà della giornata , e non dovevamo preoccuparci di loro “. Ha detto che non è stato mai chiesto di facilitare questi incontri per gli uomini.
Nessuno dei precedenti dirigenti o assistenti che ho parlato per uscire a causa della cattiva condotta, ma molti hanno espresso il senso di colpa e di rammarico di non aver detto o fatto di più. Parlano di quello che credevano essere una cultura del silenzio sull’assalto sessuale all’interno di Miramax e la società Weinstein e in tutto il settore dell’intrattenimento più in generale.
Weinstein e le sue squadre legali e di relazioni pubbliche hanno condotto una campagna di decenni per sopprimere queste storie. Negli ultimi mesi la campagna si è esaltata. Weinstein ei suoi colleghi hanno iniziato a chiamare molte delle donne in questo articolo. Weinstein chiese a Argento di incontrarsi con un investigatore privato e dare testimonianza per suo conto. Una attrice che inizialmente mi ha parlato in seguito ha chiesto che la sua accusa sia rimossa da questo pezzo. “Mi dispiace”, ha scritto. “L’angolo giuridico sta venendo da me e non ho ricorso”. Weinstein e la sua squadra legale hanno minacciato di denunciare diversi media, tra cui il New York Times.
Alcuni degli ex dirigenti e assistenti di questa storia hanno affermato di aver ricevuto telefonate da Weinstein in cui ha cercato di stabilire se mi avessero parlato o avvisato di non farlo. Questi dipendenti hanno continuato a partecipare all’articolo in parte perché ritenevano una crescente cultura di responsabilità, incarnata nelle relazioni relativamente recenti su uomini di alto profilo come Cosby e Ailes. “Credo che molti di noi avessero pensato — e speravano — negli anni che sarebbe uscito prima» disse l’ex dirigente che era a conoscenza dei due insediamenti legali di Londra. “Ora credo che sia il momento giusto, in questo clima attuale, per la verità”.
L’esecutivo femminile che ha rifiutato incontri inappropriati mi ha detto che il suo avvocato lo ha consigliato di poter essere responsabile per centinaia di migliaia di dollari di danni per aver violato l’accordo di non divulgazione allegato al suo contratto di lavoro. “Credo che questo sia più importante che mantenere un accordo di riservatezza”, ha detto. “Più di noi che può confermare o convalidare per queste donne se questo accadesse, credo sia davvero importante per la giustizia di farlo.” Ha continuato, “vorrei aver potuto fare di più. Vorrei averlo fermato. E questo è il mio modo di farlo adesso “.
“Lo sta facendo sistematicamente per molto tempo”, mi disse l’ex dipendente che era stato fatto per agire come un “honeypot”. Ha detto che spesso pensa a qualcosa che Weinstein sussurrò a se stesso, per quanto potesse dirgli: dopo una delle sue tante grida in ufficio. Così la invidiava che lei tirò fuori il suo telefono e lo sfiorò in un memo, parola per parola: “Ci sono cose che ho fatto che nessuno sa.”
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di Laura Boldrini - il manifesto 13 ottobre 2017
Ci tengo a rispondere a chi mi ha chiamato in causa perché avrei potuto e dovuto oppormi alla decisione del Governo di porre la questione di fiducia sulla legge elettorale.
Le mie argomentazioni dovranno necessariamente fare riferimento a norme e prassi regolamentari, e dunque mi scuso preventivamente se la lettura non risulterà appassionante. Ma i riferimenti giuridici testuali sono indispensabili per fugare ogni dubbio sulla terzietà con la quale, anche in questo passaggio, ho esercitato la mia funzione.
Una prima critica si basa sull’articolo 72 della Costituzione, quarto comma: «La procedura normale di esame e approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi».
La posizione della fiducia – si sostiene – sarebbe estranea alla “procedura normale”, e perciò avrebbe dovuto essere vietata. Ma questa norma non dice che la fiducia è fuori dalla procedura normale. La procedura normale a cui fa riferimento è quella per cui le leggi sono esaminate prima dalle Commissioni e poi dall’Aula. Alcune leggi – tra le quali quelle elettorali – non possono essere approvate soltanto in Commissione, ma devono passare obbligatoriamente dall’Aula. E’ questa la procedura normale che va rispettata. Come conferma anche una pluriennale prassi parlamentare: in una gran quantità di casi la fiducia è stata messa su leggi di bilancio e leggi delega.
L’altra critica muove dall’articolo 116 del Regolamento, quarto comma, che definisce le materie sulle quali la questione di fiducia non può essere posta. In un elenco che pure è molto dettagliato, le leggi elettorali non sono menzionate.
Dunque la Presidenza non poteva impedire al Governo di esercitare una sua prerogativa costituzionale in una materia per la quale il Regolamento non impone alcun divieto.
Né vale il richiamo all’ultima parte del comma, cioè il divieto di porre la fiducia su «tutti quegli argomenti per i quali il Regolamento prescrive votazioni per alzata di mano o per scrutinio segreto». Il verbo “prescrive” significa infatti che la fiducia è esclusa nei casi in cui il voto segreto è obbligatorio. Per le leggi elettorali, invece, il voto segreto non è obbligatorio, ma ammesso su richiesta.
In diverse legislature la Presidenza ha del resto precisato che il divieto di cui parla l’articolo 116 si riferisce esclusivamente alla votazioni che si tengono obbligatoriamente a scrutinio segreto.
Lo fece, tra gli altri, anche la Presidente Iotti (24 gennaio 1990), sostenendo che per estendere il divieto di mettere la fiducia anche alle materie sulle quali lo scrutinio segreto è facoltativo sarebbe stata necessaria «una esplicita modificazione del quarto comma dell’articolo 116, senza la quale il Presidente non potrebbe in alcun modo limitare l’esercizio di quella che, attraverso una consolidata consuetudine, si è affermata come prerogativa del Governo».
A conferma di questa interpretazione, oltre i molti casi in cui la fiducia è stata posta su provvedimenti suscettibili di voto segreto, c’è un elemento ulteriore: lo schema di riforma del Regolamento della Camera sul quale la Giunta per il Regolamento ha lavorato dall’inizio della legislatura in corso propone di inserire le leggi elettorali fra i casi nei quali è vietato porre la fiducia. Ma se la proposta viene avanzata per il futuro, vuol dire che nella disciplina attuale non esiste alcun divieto.
E’ per tutte queste ragioni che trovo infondate e talvolta strumentali le critiche di chi mi accusa di non aver impedito al Governo di porre la fiducia.
Sono ben consapevole anch’io della estrema delicatezza politica del tema e proprio per questo ritengo che chi presiede Montecitorio debba attenersi, al di là delle convinzioni personali, ad una corretta applicazione di quanto stabilito dalla Costituzione e dal Regolamento.
Sono certa che per i cittadini, inclusi i vostri lettori, l’imparzialità della Presidenza rappresenti un valore da tutelare.
* Laura Boldrini è la presidente della Camera dei deputati
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di  Dr. Travis Bradberry
Una nuova relazione – che sia personale o lavorativa – è come l'acquisto di un'auto. Metterla in moto è pura gioia. E, come un'auto, quando una relazione si "rompe" l'effetto è travolgente. Un occhio attento sa quando una macchina ha problemi. Lo stesso vale per le relazioni, ma si può diventare meccanici di sé stessi.
Il Dottor John Gottman e i suoi colleghi dell'Università di Washington hanno scoperto quali sono i quattro indicatori del fallimento di una relazione, anche detti "i quattro Cavalieri dell'Apocalisse". I quattro cavalieri sono così aggressivi che la loro presenza preannuncia la fine di un rapporto con una precisione del 93%
I ricercatori di Washington hanno elaborato le loro previsioni su coppie sposate, ma questi atteggiamenti creano scompiglio anche sul posto di lavoro. TalentSmartha esaminato più di un milione di persone e confrontato la qualità dei loro rapporti professionali con la loro performance lavorativa. Abbiamo scoperto che il 90% dei "top performers" sono in grado di gestire i rapporti ed evitano i "Quattro Cavalieri" come la peste. Inoltre, abbiamo rilevato che i Quattro sono fin troppo diffusi nei luoghi di lavoro, e quando si presentano a soffrirne sono i rapporti, il lavoro di squadra e il rendimento.
I Quattro Cavalieri dell'Apocalisse.
I Quattro Cavalieri rappresentano quegli atteggiamenti controproducenti di cui cadiamo facilmente vittime quando le nostre emozioni hanno la meglio su di noi. Leggendo di ognuno dei Cavalieri e osservandone l'effetto sulle tue relazioni, ricorda che il conflitto in sé non è un problema. Anzi, il conflitto è un elemento normale e (idealmente) produttivo tra due persone con bisogni e interessi diversi, che lavorano fianco a fianco. Il conflitto tra due soggetti non incide sul successo della relazione. È il modo in cui tale conflitto viene gestito a determinarne il successo, e la presenza dei Quattro Cavalieri indica che la gestione non sta avvenendo in maniera costruttiva e produttiva. Seguite le strategie qui fornite per sconfiggere ognuno dei Quattro Cavalieri e proietterete i vostri rapporti verso il successo.
Il Primo Cavaliere: la critica.
Le critiche non vanno confuse con la volontà di fornire un feedback oppure stimolare il cambiamento e il miglioramento in un'altra persona. Quando i commenti non sono costruttivi diventano giudizi. ("Questo documento è terribile"). La critica, nella sua forma più fastidiosa, prende di mira la personalità di un individuo, il suo carattere, i suoi interessi anziché l'azione o il comportamento specifici che ci piacerebbe modificasse. ("Scrivi davvero malissimo. Sei disorganizzato e poco incisivo"). Un conto è criticare senza essere d'aiuto, altra storia è aggredire una persona per qualcosa che non è in grado di cambiare.
Sconfiggere la tendenza a criticare.
Se ti ritrovi spesso ad esprimere critiche, quando invece avevi intenzione di essere utile, la cosa migliore da fare è non palesare il tuo commento finché non hai le idee ben chiare. Dovrai riflettere su cosa dirai e restare fedele al copione per essere di aiuto ed evitare le critiche inutili. Inoltre, è sempre meglio indirizzare il tuo feedback verso un unico comportamento specifico, dal momento che le tue reazioni a diversi comportamenti in un colpo solo potrebbero facilmente essere percepite come critiche. Se ti rendi conto di non riuscire a esprimere il tuo parere senza generalizzare sulla personalità dell'altro, faresti meglio a non dire nulla.
Il secondo Cavaliere: Il disprezzo.
Il disprezzo è un chiaro segnale di mancanza di rispetto verso gli altri. Spesso include commenti tesi a far "abbassare la cresta" all'interlocutore, e anche insulti espliciti. Inoltre, il disprezzo si rivela anche in forme indirette e sottili, come alzare gli occhi al cielo e camuffare gli insulti con "l'umorismo".
Sconfiggere il disprezzo.
Il disprezzo nasce da una mancanza d'interesse verso l'altra persona. Quando ti rendi conto di non ammirare più qualcuno – forse prima c'erano aspetti in lui o lei che trovavi interessanti o seducenti, ma che ora hanno perso il loro fascino – il disprezzo può emergere inaspettatamente. Se il tuo disinteresse è inevitabile e la relazione non va da nessuna parte, sia in veste di membro della famiglia che in quella di collega devi sforzarti di fare dei piccoli passi avanti. Chi gestisce bene i rapporti riesce a vedere i vantaggi dati dall'entrare in contatto con tante persone diverse, anche quelle a cui non è affezionato. Una base comune, per quanto piccola, è un lusso che dev'essere inseguito e preservato. Per dirla con le parole intramontabili di Lincoln "Non mi piace quell'uomo. Devo conoscerlo meglio".
Il terzo Cavaliere: stare sulla difensiva.
Negare le proprie responsabilità, accampare scuse, rispondere a una lamentela con un'altra lamentela, e altre forme di "difesa" sono comportamenti problematici, perché impediscono al conflitto di arrivare ad una soluzione. Un atteggiamento di diffidenza contribuisce solo ad aumentare l'ansia e la tensione di entrambe le parti, e questo rende difficile concentrarsi sulle questioni più importanti che necessitano di una soluzione.
Sconfiggere la tendenza a stare sulla difensiva.
Per superare questa tendenza, bisogna essere disposti ad ascoltare attentamente le rimostranze dell'interlocutore, anche quando si hanno due visioni diverse. Questo non vuol dire essere d'accordo con l'altro. Invece, ti consente di concentrarti sulla comprensione profonda dell'opinione altrui, così da consentirvi di cooperare per risolvere il conflitto. È fondamentale sforzarsi di restare calmi. Una volta compreso perché l'altro è tanto agitato, sarà molto più semplice trovare un punto d'incontro anziché ignorarne le opinioni con diffidenza.
Il Quarto Cavaliere: l'ostruzionismo.
Si presenta quando una persona interrompe bruscamente una discussione rifiutandosi di rispondere. Esempi di questo comportamento includono il cosiddetto "trattamento del silenzio", l'essere emotivamente distanti o privi di emozioni, e ignorare del tutto l'altro. Il boicottaggio è insidioso perché indispone la persona che lo subisce e impedisce ai due di collaborare in vista di una soluzione.
Sconfiggere l'ostruzionismo.
Il segreto per superare un atteggiamento ostruzionista è partecipare alla discussione. Se stai adottando questa misura perché ti senti schiacciato dalle circostanze, condividi ciò che provi e chiedi all'altro di concederti del tempo per riflettere, prima di continuare la discussione. Mantieni il contatto visivo e una posizione eretta e annuisci per far capire all'altra persona che sei coinvolto nella discussione e che resti in ascolto anche quando non hai niente da dire. Se scegli l'ostruzionismo in maniera sistematica, devi renderti conto che prendere parte alla discussione e lavorare insieme verso la risoluzione del conflitto sono gli unici modi per impedire alla relazione di crollare. Allenare la propria intelligenza emotiva è un ottimo modo per sconfiggere tutti e quattro i cavalieri, inclusa la tendenza a fare ostruzionismo.
HuffPost, 12.06.2017
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La parola “buonismo”
di Giacomo Papi
La parola «buonismo» fu inventata dal professor Ernesto Galli Della Loggia in un editoriale intitolato «L’Ulivo di Prodi o Garibaldi» pubblicato il 1° maggio 1995 sulla prima pagina del Corriere della sera. Da allora ha avuto un’immensa fortuna, è stata ripetuta da chiunque, in qualunque circostanza e contesto, da esponenti politici, giornalisti famosi, in rete, nei bar, perché serve a ribaltare in insulto una qualità, la bontà che dovrebbe essere la più importante tra le virtù cristiane. L’antecedente storico e linguistico diretto, quasi letterale, è il termine «pietismo», utilizzato dopo il 1938 contro chi spendesse qualche parola in favore degli ebrei vessati dalle leggi razziali. Fu un termine diffuso, di uso comune nel discorso pubblico, con cui si impediva ogni pietà ed esitazione. Ancora nel 1948 nell’Enciclopedia Treccani alla voce «Fascismo» si legge: «È altresì noto come il “pietismo” filosemitico fosse anche nei ranghi del partito, e fin nelle sommità (Balbo, per esempio), largamente diffuso». Anche durante il fascismo, una virtù, la pietà, l’essere pietosi, fu distorta e ribaltata in un vizio e in una debolezza, in modo da assolversi preventivamente da ogni colpa, per esempio quella di rastrellare e mandare a morire gli ebrei italiani.
Si torna a parlare di «buonismo» dopo il caso delle due donne rom rinchiuse in una gabbia e filmate con i telefonini da due impiegati della catena di supermercati Lidl perché sorprese a frugare nell’area dove viene portata la merce fallata. Chiunque abbia protestato o si sia scandalizzato di fronte alle risate dei carnefici e alla grida delle vittime è stato liquidato come «buonista». In un articolo su Repubblica, Roberto Saviano ha proposto di abolire il termine, ormai diventato «una specie di scudo contro qualsiasi pensiero ragionevole, contro qualsiasi riflessione in grado di andare oltre il raglio della rabbia e la superficialità del commento». Ma abolire una parola è impossibile, e forse sbagliato, soprattutto se questa parola svolge una funzione sociale e politica importante, centrale nel discorso pubblico. Come ha scritto Michele Serra, il «buonismo» «è un alibi insostituibile», perché «serve a ridurre ogni moto di umanità o di gentilezza a un’impostura da ipocriti, e di conseguenza ad assolvere ogni moto di grettezza e di disumanità».
L’uso del termine «buonismo» è un classico esempio di marketing negativo, estremo perché basato su una doppia negazione. Come in pubblicità si possono esaltare le caratteristiche negative di un prodotto per aumentarne il desiderio, così in politica si possono svalutare quelle positive dell’avversario per apprezzare le proprie. La realtà è che nessuno, nemmeno Salvini, ha il coraggio di dire apertamente di avere liberamente scelto di essere cattivo e spietato, e può immaginare di avere consenso su questo. Così sceglie di svalutare chi sceglie l’opzione contraria, bollandola come sentimentale e ipocrita, quando è evidente che l’ipocrisia è tutta nella scelta di mascherarsi e nascondersi dietro la caricatura dell’altro. Per questo, il modo più efficace di rispondere all’accusa è ribaltare di nuovo il significato morale del termine.
La parola buonismo non va abolita, va rivendicata. È il tentativo – la scelta – di provare a essere buoni e pietosi, sempre, verso gli innocenti come verso i colpevoli, verso gli ebrei deportati e i clandestini sbarcati, verso le rom trattate come animali dannosi e gli impiegati della Lidl probabilmente esasperati dalle continue visite delle donne rom e sicuramente convinti, nella loro ignoranza bestiale, di fare solo uno scherzo da condividere in rete. Il buonismo e il pietismo definiscono l’atteggiamento di chi, comunque, si sforza di comprendere le ragioni degli altri e le circostanze che li spingono a comportarsi male. La pietà di noi buonisti deve valere per tutti, perfino per Salvini che sicuramente racconta a se stesso e a suo figlio di avere delle buone ragioni, anche se nasconde ipocritamente a se stesso e agli altri la propria interessata ipocrisia. È buonista chi scommette sul fatto che ci si possa capire, anche quando è difficile, quasi sovrumano. È buonista chi vuole distinguere sempre, perché rifiuta di sprofondare nell’ignorante pigrizia autoassolutoria della categorizzazione, è buonista chi respinge la logica amici/nemici e cerca di non cedere mai alla tentazione incivile di fare di tutta l’erba un fascio.
Un giudice buonista non condannerebbe gli impiegati della Lidl al licenziamento. Gli imporrebbe di trascorrere un mese in vacanza in un campo rom, con i bambini rom e le donne rom, per cercare di capire come vivono e perché rubano, a mangiare con loro, dormire con loro. Si farebbero un’idea più complessa, anche nel male. E un giudice veramente buonista, ma buonista buonista, buonista fino alla meravigliosa imbecillità dei buoni davvero, li spedirebbe a fare una vacanza di lusso, magari al Billionaire Malindi Resort di Briatore, insieme alle due donne rom che hanno rinchiuso in gabbia, ripagando queste ultime del sacrificio con ricchi buoni sconto alla Lidl e con la licenza a vita di frugare nell’area della merce fallata tutte le volte che vogliono. Dopo un mese insieme probabilmente tutti e quattro sarebbero persone migliori. Il buonismo è concedere la buona fede agli altri, anche quando non c’è. È desiderare di fidarsi perché se finisce la volontà di comprendersi – ed è quello che sta succedendo anche in Italia – finisce la civiltà e non ha senso la democrazia. Roberto Saviano e Michele Serra terminano i loro articoli citando il Maestro Yoda: «La paura è la via per il Lato Oscuro. La paura conduce all’ira, l’ira all’odio; l’odio conduce alla sofferenza». Le fasi della paura, dell’ira, dell’odio per molti sono passate. Siamo dentro la sofferenza, quindi bisogna ricominciare dalle parole: e se nessuno vuole concedere più la parola buoni a chi si sforza di esserlo, vada per buonisti, che in fondo è lo stesso.
Il Post, 27 febbraio 2017
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LE PAROLE CONTANO. A volte feriscono e dileggiano al limite del lecito e dell'umano sentire. Ma spesso le parole riscattano, sostengono e affratellano. Per questo vogliamo usarle per esprimere tutta la nostra stima a Laura Boldrini che, come donna, cittadina e Presidente della Camera, continua a subire attacchi rozzi e ignominiosi. Laura Boldrini ben conosce la bellezza feconda, la delicata operosità, la potenza costruttiva delle parole. Le chiediamo con profondo rispetto di continuare ad adoperarle come lei sa fare, partendo da quel patrimonio di voci alla base della vita democratica e solidale del nostro Paese. Non sprechiamo termini per chi la offende, invece. Niente nomi, né aggettivi, né locuzioni verbali per loro. Solo un'unica, desolata, primitiva esclamazione: MAH!
Don Nandino Capovilla, Giuliana Mastropasqua, don Renato Sacco e tante donne e uomini di Pax Christi Italia, don Virginio Colmegna, Maria Grazia Guida e tante donne e uomini della Casa della Carità. Migliaia di uomini e donne indignati e determinati
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"Per la maggior parte, gli insulti a Laura Boldrini provengono da seguaci sfegatati del Movimento 5 stelle, ma vi è altresì un'alta percentuale di leghisti e di simpatizzanti di estrema destra. Gli haters sono quasi equamente ripartiti fra uomini e donne. Alla veemenza dei contenuti spesso corrispondono profili disseminati di foto di bambini, di figli, di nipotini, di Santi, di bandiere Italiane, di Mussolini, di cagnolini e/o gattini... con bacheche spesso colme di link-bufala. Gli insulti sono soprattutto a carattere sessuale, sessisti-misogini, con riferimenti a stupri e a violenze di gruppo interrazziali spesso davvero cruente colme di cattiveria. Paradossalmente, purtroppo, le donne che le invocano sono piuttosto numerose".
Solidarietà a Laura Boldrini
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metaforum-it · 7 years
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La politica dell’Europa sui migranti concordata al vertice di Parigi tra Italia, Germania, Francia e Spagna assieme a Ciad, Niger e Libia rappresenta una vergogna per l’Europa. Si tratta della dura presa di posizione del telegiornale della TV pubblica tedesca, Das Erste, espressa dal conduttore Georg Restle. Una dura critica rivolta anche ad Angela Merkel e ai suoi partner di governo della Spd, ora rivali in campagna elettorale con Martin Schulz, per avallare una simile politica sui migranti che non rispetta i diritti umani e non aiuta affatto l’Africa. Ecco la traduzione completa dell’editoriale trasmesso dal TG più seguito in Germania, Tagesschau di Das Erste/ARD.
Confesso di vergognarmi. Mi vergogno per questa politica sull’immigrazione che è stata stipulata oggi a Parigi. Una politica che è stata determinata in modo essenziale dalla cancelliera tedesca, e che rappresenta un’autentica vergogna per la Germania come per l’Europa. È una vergogna che anche il Governo federale approvi che le milizie libiche spediscano i migranti in campi profughi, dove subiranno ulteriori abusi, torture e violenze sessuali. La proposta che questi hotspot siano messi sotto l’egida dell’Onu è uno scherzo di cattivo gusto, visto che la Libia è un Paese squassato da una guerra civile, incapace di esprimere un vero e proprio governo. È una vergogna che la Germania e la Francia vogliano consegnare armi a dittature africane come il Ciad, al cui esercito sono rimproverate grave violazioni dei diritti umani. È proprio una vergogna che l’Europa ora decida di tracciare il suo confine esterno in mezzo all’Africa. Una fortezza contro i migranti, controllata da regimi che hanno poco o nulla a che fare con i valori fondamentali europei. No, con questa politica la tragedia dei migranti non sarà contrastata. È solo spostata. Là, dove non ci sono più telecamere a guardare: nel deserto dell’Africa, dove nel frattempo muoiono più persone che nel Mediterraneo. A questo dramma ci sarebbeto alternative: prima di tutto una politica per l’Africa, davvero meritevole di questa definizione. Che si ponga l’obiettivo di aiutare in primo luogo gli uomini e non le aspettative di guadagno degli investitori privati. E che consenta alle imprese africane accesso al mercato europeo, invece che escluderle attraverso i trattati di libero scambio. In questo modo potrebbero essere davvero contrastate le ragioni della fuga dall’Africa. Al Governo tedesco, alla cancelliera però ciò non sembra interessare. Per loro conta solo abbassare il numero dei migranti. A qualsiasi costo. Anche la rinuncia ai nostri valori fondamentali: il rispetto del diritto internazionale, la tutela dei diritti umani, e l’umanità.
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metaforum-it · 7 years
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Buonismo / Pietismo
“Buonismo” ... non è una novità assoluta perché ha avuto, nel 1938, un precursore: “pietismo”. Anche “pietismo” veniva usato per umiliare e colpevolizzare chi aveva un’opinione diversa da quella in auge, ossia chi non si voleva allineare alla politica razzista. Infatti vi è stata nel paese qualche riserva, invero assai timida e minoritaria, nei confronti della svolta antisemita del regime, anzi qualche perplessità si è espressa persino in alcune frange dello stesso partito fascista. Una opposizione che andava rintuzzata e zittita immediatamente, e il mezzo migliore per farlo era evidentemente lo sprezzo e lo scherno (grazie a Silvana Calvo).
Oggi i fetenti razzisti hanno rispolverato il termine cambiandolo un poco. E accusano tutti quelli che non sono xenofobi di "buonismo", con la stessa arroganza e disprezzo. Passano i decenni ma certa gente è sempre uguale.
Fabio della Pergola
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Ci sono due modi di affrontare la questione immigrati: o ponendoci l’obiettivo di toglierceli dai piedi o volendoli aiutare a vivere meglio. In un caso pensiamo solo per noi. Nell’altro ci preoccupiamo di loro. Ad oggi sembra prevalere l’egocentrismo. Ma, sotto sotto, non ci sentiamo a posto e ci siamo fabbricati degli alibi per mettere a tacere la nostra coscienza. La prima giustificazione che ci siamo creati è che l’obbligo di accoglienza vale solo per i rifugiati politici, mentre abbiamo il diritto di respingere i migranti economici, coloro, cioè, che sono in cerca di migliori condizioni di vita.
L’assurdo è che noi stessi siamo terra di emigranti e se questa regola venisse applicata nei nostri confronti dovremmo aspettarci l’espulsione di ben quattro milioni di connazionali sparsi per il mondo. Da sempre abbiamo considerato la libertà di movimento un diritto inalienabile e se volessimo negarlo proprio oggi che abbiamo messo merci e capitali in totale libertà, dimostreremmo di tenere in maggior considerazione le cose delle persone. Ma forse il punto è proprio il sovvertimento dei valori: la ricchezza ci ha accecato a tal punto da avere inaridito la nostra umanità. L’attenzione tutta rivolta alla roba, abbiamo perso il senso del rispetto e della giustizia, la capacità di compassione, perfino di pietà.
E non ci rendiamo conto che più sbarriamo le porte, più inneschiamo situazioni perverse che ci sfuggono di mano. Diciamocelo: i migranti che scelgono la via del deserto non sono né masochisti, né amanti dell’illegalità. Sono dei forzati alla clandestinità perché le vie di ingresso ufficiali sono precluse. Se potessero arrivare in aereo con regolare passaporto, sarebbero ben felici di farlo. E se in Italia non trovassero lavoro, non ci rimarrebbero. Se ne andrebbero dove il lavoro c’è, perché la loro vocazione non è né quella dell’accattonaggio, né del brigantaggio. Sono persone in cerca di un lavoro per mantenere le famiglie rimaste a casa. Che le cose stiano così lo sappiamo molto bene anche noi, tant'è che il secondo alibi che ci siamo creati è che dobbiamo aiutarli a casa loro. E se lo diciamo è perché abbiamo ben chiaro che nessuno di loro affronta un viaggio così pericoloso per fare una passeggiata, ma per sfuggire a un destino crudele ora dovuto alle guerre, ora alla repressione politica, ora alla mancanza di prospettiva di vita.
Ciò che non diciamo è che questa situazione l’abbiamo creata noi attraverso 500 anni di invasioni, massacri, ruberie. La storia, alla fine presenta sempre il suo conto. L’emigrazione africana non è figlia di una sciagura transitoria, ma di un sistema di saccheggio di cui siamo stati e siamo ancora parte attiva, addirittura i suoi artefici. Per risolverla, dunque, è da qui che dobbiamo partire: dal nostro assetto produttivo e di consumo, dai nostri obiettivi economici, dai nostri rapporti commerciali, dal nostro assetto finanziario, dal nostro sostegno ai sistemi corruttivi e di rapina. Lo slogan giusto è «cambiamo le cose qui affinché cambino là». Per partire dovremmo porre uno stop serio alla vendita di armi e subito dopo dovremmo avviare nuovi rapporti economici.
Dovremmo stipulare accordi commerciali che garantiscono prezzi equi e stabili ai produttori, dovremmo imporre stabili divieti alla finanza speculativa sulle materie prime, dovremmo smetterla con accordi che autorizzano le nostre imprese a razziare i loro mari e a prendersi le loro terre, dovremmo punire le nostre imprese che non garantiscono salari dignitosi nelle loro filiere globali, dovremmo smetterla di imporre accordi commerciali che favoriscono i nostri prodotti e distruggono le loro economie, dovremmo vigilare da vicino gli investimenti esteri delle nostre imprese per impedire comportamenti corruttivi a vantaggio di pochi capi locali che accumulano fortune nei paradisi fiscali. Delle 181mila persone disperate sbarcate sulle nostre coste nel 2016, il 21% erano nigeriani.
Eppure, grazie al petrolio, la Nigeria è una delle più grandi economie africane. Ma anche una delle più corrotte. Secondo Lamido Sanusi, già governatore della Banca centrale nigeriana, nei soli anni 2012-13 sono stati sottratti alle casse pubbliche 20 miliardi di dollari provenienti dalla vendita di petrolio alle compagnie internazionali, Eni compresa. Quei soldi sottratti ai nigeriani sono finiti sui conti cifrati aperti da personalità di governo in Svizzera, a Londra e in vari paradisi fiscali. Con la complicità di grandi banche internazionali. E non solo. Anche di Stati e Governi poco vigilanti, e l’Italia non è affatto esclusa. È proprio il caso di dire «aiutiamoli cominciando a cambiare a casa nostra».
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Incondizionata solidarietà a Laura Boldrini per i volgari attacchi che continua a subire. Ma veniamo al punto. Matteo Salvini e Giorgia Meloni hanno davvero un problema con lo stupro. E’ più forte di loro: non riescono a condannarlo e basta (come lo esecro io e come fanno le persone civili, senza se e senza ma, chiunque ne sia l'autore). Per loro, la vigliaccheria e l'atrocità della violenza sessuale devono per forza avere un passaporto. Se è italiano, passi. Se invece è di una terra a est o a sud dell’Italia allora apriti cielo, dagli al magrebino. Ecco, questo non è sopportabile: Salvini e Meloni non si lamentano mai dei femminicidi a opera di italianissimi mariti, fidanzati ed ex. Per loro le donne non esistono, non le vedono proprio. Per Salvini e Meloni conta solo il colore della pelle del violentatore e se ha il certificato per le prossime elezioni politiche.
Lucrezia Ricchiuti
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metaforum-it · 7 years
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di Benedetto Della Vedova*
Al direttore - Non ho mai votato a sinistra, tantomeno molto a sinistra come sicuramente ha fatto Laura Boldrini. Ho invece votato, anzi, di più, da radicale ho sostenuto e sono stato eletto nel centrodestra quando l’alternativa, pur comprendendo la Rosa nel Pugno, era il governo con Bertinotti, Diliberto e Ferrero, mentre Berlusconi ancora diceva di voler capitanare una rivoluzione liberale purtroppo poi neppure tentata. Trovo anche per questo un moto di rabbia quando vedo la stampa legata al centrodestra e personalità di spicco non solo della Lega salviniana, ma di Forza Italia, tirare in ballo esplicitamente la presidente della Camera, Laura Boldrini, accostandone il nome agli attentati folli e sanguinari commessi da fanatici nichilisti in nome di Allah. Un comportamento assurdo e virulento, che trascende qualsiasi polemica politica, anche durissima, per sconfinare nell’attacco sadico e compiaciuto; un modo per additare al pubblico ludibrio una donna perché professa idee diverse sull’immigrazione, lucrando sulle disgrazie, lo sconcerto e il dolore di tanti.
Un piccolo, grottesco revival da caccia alle streghe in versione social. Laura Boldrini, piaccia o no, è una donna laica, femminista, gay friendly, tollerante, internazionalista, multilateralista, democratica, libera: l’esatto opposto dei terroristi e della loro cultura identitaria, maschilista, religiosamente fanatica, autoritaria, omofobica, imperialista, bigotta, razzista. Laura Boldrini rappresenta molto di quello che i terroristi temono e quindi odiano. Il politically correct vissuto come ideologia irrita i laici che, come me, hanno imparato anche a difendere l’indifendibile, a cercare di capire prima di giudicare. Ma cosa c’entra il politically correct nella polemica faziosa contro la presidente della Camera sui terroristi macellai? Per non essere vittime del politically correct bisogna, come Trump, essere neutrali tra qualche eccesso di trasporto dei liberal ed il Ku Klux Klan?
Attenzione, perché se le donne votano e divorziano, se i neri non hanno più autobus separati negli Stati Uniti e i gay non finiscono (quasi) più in prigione è perché il politically correct, sempre con qualche eccesso, ha vinto e sconfitto i Trump di allora. Questo politically correct dovremmo trovare il modo di promuoverlo nel mondo (anche) per contrastare il terrore che i fanatici della conservazione, reazionaria e maschilista, vogliono imporci. Mi si dice: altro che integrazione, è un’invasione che porta i terroristi di domani, una guerra da chiamare con il suo nome e combattere. Evviva! E quindi? Me li vedo quelli che tuonano contro noi “buonisti” pronti a mandare i loro figli a morire nel deserto di Libia o Sudan o Yemen o Mali o Niger, perché bombe e droni non bastano senza una strategia, un obiettivo concreto e sostenibile, ma solo per dimostrare che loro la guerra la combattono. Ma non siamo al tavolo con il Risiko: servono strategie, perseveranza e alleanze, un po’ come ha fatto in questi anni, senza proclami ma lavorando sodo, l’Italia di Renzi e Gentiloni in Libia, per rimediare a una guerra probabilmente giusta, ma improvvisata e lasciata meno che a metà. Non sarà “spezzando le reni” alle ong amiche della Boldrini che si risolverà la questione degli sbarchi (cioè delle partenze irregolari), ma con la visione di insieme del governo che alcuni risultati, pur contraddittori, comincia a darli. Sui terroristi si indaga, si scopre, si arresta, si condanna e si incarcera: mettendo più mezzi e strumenti. Noi lo abbiamo fatto con i brigatisti, con leggi speciali e pentiti, quando centinaia di migliaia di italiani fiancheggiavano la rivoluzione armata e omicida che in molti praticavano. Ma con i migranti che già vivono a Roma o Milano cosa fare? Mostrare la faccia feroce? Ripetere tutti i giorni alla badante magrebina di nostra nonna e al pizzaiolo sotto casa che la festa è finita? Che quando vinceranno Salvini e Meloni le cose cambieranno? Che loro figlio, che non ha mai lasciato l’Italia, la cittadinanza se la deve (forse) straguadagnare, mica come il bisnipote di un povero lombardo emigrato oltre un secolo fa in Argentina che l’Italia non l’ha mai vista ma otterrà il passaporto italiano per vivere in Spagna? E poi? Chiederemo loro, contro il Papa, di scegliere o la conversione alla nostra fede o l’esilio? Cosa viene, per gli antiboldriniani, dopo l’urlo impotente: “Ora basta!”?
Se mai al governo, più di Gentiloni e Minniti, farebbero quello che giustamente hanno fatto in passato accanto a qualche grida manzoniana: una pragmatica sanatoria per gli irregolari che lavorano nelle case, nelle fabbriche e nei campi dei loro elettori. Torno al punto. Donne e uomini del centrodestra mediatico e parlamentare, dove ormai Salvini ha imposto con efficacia la sua egemonia: smettete questo assurdo e disonorevole attacco personale, furibondo e immotivato, alla presidente Boldrini. Non ve lo chiedo per “buonismo”, ma perché voglio ritrovare la libertà di non doverla difendere e di poterla attaccare quando spara sulla globalizzazione, il Ttip e il Ceta esattamente come fate voi; quando, come voi, critica la Bce e “l’Europa delle banche”; quando si mobilita contro la ricerca Ogm e, come voi, difende una filiera agroalimentare autarchica che non esiste perché mai esistita; quando, come fate voi, straparla contro il Jobs act e vuole ridurre l’età per la pensione; quando difende l’acqua pubblica e ostacola gli investimenti privati nei servizi pubblici; quando… Liberate l’ostaggio delle vostre ossessioni e restituitemi un avversario politico.
*Benedetto Della Vedova è sottosegretario del ministero degli Esteri
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