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#via sancti martini
sakrumverum · 2 years
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Abschnitt des europäischen Martinus-Pilgerwegs im Bistum Augsburg eröffnet
Bischof Bertram Meier hat am Samstag in Kaufbeuren im Bistum Augsburg einen Abschnitt der „Via Sancti Martini“ – des europäischen Pilgerwegs auf den Spuren des gerade in Deutschland beliebten heiligen Martin von Tours – eröffnet. Der Augsburger Bischof sagte bei der Messfeier: „Der heilige Martin ist ein europäischer Heiliger.“ Der Bischof, der im vierten Jahrhundert lebte, se https://de.catholicnewsagency.com/story/abschnitt-des-europaeischen-martinus-pilgerwegs-im-bistum-augsburg-eroeffnet-11886
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15 juillet ▪️ LYON- FOURVIÈRE — YZERON
25,3 km ▫️ 6h20 ▫️ +783 / -361 m
Départ officiel de la Basilique de Fourvière sous les vivas de quelques pigeons distraits et au son de l'accordéon muet d'un musicien roumain en attente d'un auditoire plus conséquent, voire plus con, c'est quand ? D'où ma première interrogation, quel morceau aurait convenu à l'illustration musicale de notre départ ? Vous pouvez envoyer vos propositions par SMS (gratuit hors coût opérateur code MIRBEN) ou par email ; les meilleures réponses seront publiées sur le blog. Première centaine de mètres pour mes chaussures de marche tout juste sorties de leur emballage, d'où ma seconde interrogation : est-ce bien raisonnable de démarrer un tel périple avec des chaussures neuves ? Prenez vos stylos, vous avez 6h20. N'oubliez pas d'écrire votre nom en haut de la copie. Les corrections seront rendues à la fin de ce billet.
S'extraire pédestrement d'une grande ville n'est en général pas bien folichon (dérivé badin de fol, fou, avec le suffixe chon qui a le sens de diminutif) mais dans le cas présent ce fut plutôt paisible avec les petites rue de Fourvière, les avenues résidentielles du 5ème arrondissement et de Tassin-la-Demi-Lune (mais où vont-ils chercher des noms comme ça ?), la tranquille voie romaine de Craponne (tranquille aujourd'hui mais menacée par un projet de raccordement qui ne plaît manifestement pas aux riverains ; si vous étiez contre l'aéroport de Notre-Dame des Landes et avez participé à la pétition contre la privatisation des aéroports de Paris, ce site devrait vous intéresser : www.m2vr.fr), la paisible D24 ignorée des voitures jusqu'à Grézieu-la-Varenne puis la plus paisible encore D611 qui monte raide vers Vaugneray, nous rappelant que dans Monts du Lyonnais il y a Monts, puis les chemins de champs qui nous mènent au col des Jumeaux, entre le Crêt Chevreau et le bois du Barthélemy, nous offrant une magnifique vue sur l'agglomération lyonnaise, puis un dernier crêt à 861 m, point culminant de notre périple avant de descendre dans la forêt vers le val où se niche le petit village d'Yzeron où nous ferons notre première étape au terme d'une phrase de 227 mots.
Il est maintenant temps de rendre les copies. La bonne réponse à la question : est-ce bien raisonnable de démarrer un tel périple aves des chaussures neuves ? était... C'est assurément déraisonnable mais il y a des cas où ça se passe bien ! Et c'est tant mieux !
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siegbertpinger · 4 years
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D + E⁠⠀ GERMAN Das Martinstor in Freiburg. Das ältere der beiden noch erhaltenen Tortürme der mittelalterlichen Stadtbefestigung. Durch dendrochronologische Untersuchungen der Holzbalken auf das Jahr 1202 datiert, wurde das Tor als „Porta Sancti Martini“ 1238 erstmals urkundlich erwähnt. Bis Ende des 19. Jahrhunderts blieb das Tor unverändert. Dann wollten viele Bürger es abreißen lassen wegen der neuen Straßenbahn. Das konnte verhindert werden und so wurde das Martinstors von 22 auf 66 Meter erhöht und ein größerer Durchlass für die Tram geschaffen. Man kombinierte die bestehenden Bauteile aus dem früher 13. Jahrhundert mit spätgotischen Aufbauen aus dem 15. Jahrhundert. Neben dem Tor wurde ein Torbau, ebenfalls in historisierenden Stil, mit einem zweiten größeren Durchgang gebaut. Heute ist darin McDoof. Quelle wikipedia.de⁠⠀ ENGLISH The Martinstor in Freiburg. It is the older of the two surviving gate towers of the medieval city fortifications. Dated to 1202 by dendrochronological examinations of the wooden beams, the gate was first mentioned in a document in 1238 as "Porta Sancti Martini". The gate remained unchanged until the end of the 19th century. Then many citizens wanted to have it demolished because of the new tram. This could be prevented and so the Martinstors was raised from 22 to 66 metres and a larger passage for the tram was created. One combined the existing building elements from the early 13th century with late gothic structures from the 15th century. Next to the gate, a gate building, also in historicist style, was built with a second, larger passageway.Today there is McDoof in it. Source wikipedia.de⁠⠀ #raw_wheels #streets_and_transports #kings_transports #be_one_transport #HDR_TRANSPORTS #transports_photogroup transport_world_ #total_vehicles #tv_transport #cbviews #Streets_Vision #ok_streets #fever_streets #total_streets #deutschland_greatshots #deutschlandkarte #raw_germany #visitgermany #phoenix_germany #batpixs_germany #travel_drops #meinedeutschlandliebe @deutschlandviews #prettygermany_ #KINGS_VILLAGES #placestotravel_s #raw_community_member #total_medieval #meinbw #visitbawu #srs_germany #travel_to_germany via Instagram https://instagr.am/p/CB2yn2WMbau/
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lovejenner · 4 years
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Biazatica:
Biazatica:
Ver: et Sancti Salvatoris et Sancti Cipriani et Sancti Romani, cum pertinencio, id est ubi iniciat Biazatica sub defesa Ereihehi usque via de Olleros, et de Spino de abbate Belhorriga usque Sancti Romani.
Arroncius, su hijo Tellus y otras personas dan a Sancti Vincenti de Ocoizta (San Vicente de Ocoizta) las iglesias de Sancta Gratia (Santa Gracia) y Sancti Martini (San Martín), en el…
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pangeanews · 5 years
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Mia Martini, voce di Medusa: ode all’interprete che ha sofferto ogni canzone. Esegesi dei suoi pezzi migliori, “Padre davvero” e “La costruzione di un amore”
Padre davvero di Mia Martini: l’artista non può che essere l’assassino dei genitori
Padre davvero
(Antonello De Sanctis, Piero Pintucci)
Ora che sono mezza inguaiata e che ho deluso le tue speranze, vieni di corsa, mi hanno avvisata per dirmi in faccia le tue sentenze. Padre, davvero lo vuoi sapere se tu non vieni mi fai un piacere! Mi avevi dato per cominciare tanti consigli per il mio bene; quella è la porta, è ora di andare con la tua santa benedizione. Padre, davvero sarebbe bello vedere il tuo pianto di coccodrillo! E certo tuo padre ti diede di meno, solo due calci dietro la schiena e con mia madre dormivi nel fieno anche in aprile e di me era piena! Padre, davvero sarebbe grande sentire il parere della tua amante! Poi sono venuta e non mi volevi ero una bocca in più da sfamare; non sono cresciuta come speravi e come avevo il dovere di fare! Padre, davvero che cosa mi hai dato? Ma continuare è fiato sprecato che sono tua figlia, lo sanno tutti domani i giornali con la mia foto ti prenderanno in giro da matti; ah, non mi avessi mai generato! Padre, davvero ma chi ti somiglia ma sei sicuro che sia tua figlia!
I genitori sono comunque un riferimento, in negativo o in positivo. Non possono non esserlo. Se per la maggior parte delle persone rappresentano solo un motivo di oppressione e frustrazione, per l’artista non vi è niente di meglio. Un poeta, o artista che sia, cresce nella contrapposizione. Il padre e la madre costituiscono sempre la perpetuazione della società così come la si intende, come direbbe anche Aristotele. Il padre e la madre sono la conservazione, il buonsenso (“Mi avevi dato per cominciare/ tanti consigli per il mio bene”). Senza il padre che lo accusava di essere un abulico, di perdere solo tempo, Proust non avrebbe mai scritto Alla ricerca del tempo perduto. Baudelaire sa bene cosa pensi la madre di quelli come lui: “Quando, per decreto di potenze superiori,/ il Poeta appare in questo mondo di noia,/ sua madre spaventata e bestemmiando/ stringe i pugni a Dio che ne ha pietà:/ Avessi partorito un groviglio di vipere,/ piuttosto che nutrire questa derisione!/ Maledetta notte degli effimeri piaceri/ quando il mio ventre concepì questa espiazione!”. L’artista è uno sbaglio di natura, la deviazione più perversa che l’opera del concepimento possa prendere. Mia Martini lo sa, per questo dice: “Ah, non mi avessi mai generato!”. Sa anche che “non sono cresciuta come speravi/ e come avevo il dovere di fare!”. Ma questo dovere non esiste per l’artista. La sua sensibilità lo porta altrove: “s’inebria di sole quel Figlio ripudiato,/ e in tutto ciò che beve e mangia/ ritrova l’ambrosia e il nettare vermiglio./ Gioca col vento, parla con le nuvole,/ e cantando s’inebria del calvario;/ e lo Spirito, che lo segue in quel pellegrinaggio,/ piange nel vederlo gaio come uccel di bosco.”. Questa consapevolezza si riverbera nelle parole di Mia Martini animata da un misto del complesso di Elettra ed Edipo. Ma all’artista non resta che questo, deludere le speranze del padre, ucciderlo senza pietà in un successo che neppure lui sarebbe in grado di concepire.
Matteo Fais
*La canzone potete ascoltarla qui. 
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La costruzione di un amore
(Ivano Fossati)
La costruzione di un amore spezza le vene delle mani Mescola il sangue col sudore Se te ne rimane La costruzione di un amore Non ripaga dal dolore È come un altare di sabbia in riva al mare
La costruzione del mio amore Mi piace guardarla salire Come un grattacielo di cento piani O come un girasole Ed io ci metto l’esperienza Come su un albero di Natale Come un regalo ad una sposa Un qualcosa che sta lì e che non fa male
E ad ogni piano c’è un sorriso Per ogni inverno da passare Ad ogni piano un paradiso da consumare Dietro una porta un po’ d’amore Per quando non ci sarà tempo di fare l’amore Per quando farai portare via la mia sola fotografia
Ma intanto guardo questo amore Che si fa più vicino al cielo Come se dietro l’orizzonte Ci fosse ancora cielo Son io, son qui e mi meraviglia Tanto da mordermi le braccia Ma no, son proprio io lo specchio ha la mia faccia
Son io che guardo questo amore Che si fa più grande fino al cielo Come se dopo tanto amore Bastasse ancora il cielo
E tutto ciò mi meraviglia Tanto che se finisse adesso Lo so io chiederei Che mi crollasse addosso
E la fortuna di un amore Come lo so che può cambiare Dopo si dice l’ho fatto per fare Ma era per non morire
Si dice che bello tornare alla vita Che mi era sembrata finita Che bello tornare a vedere E quel che è peggio è che è tutto vero Perché
La costruzione di un amore Spezza le vene delle mani Mescola il sangue col sudore Se te ne rimane
La costruzione di un amore Non ripaga del dolore È come un altare di sabbia In riva al mare
E intanto guardo questo amore Che si fa grande fino al cielo Come se dopo tanto amore Bastasse ancora il cielo
E tutto ciò mi meraviglia Tanto che se finisse adesso Lo so io chiederei Che mi crollasse addosso, sì
La costruzione di un amore: quando soffri ogni singola parola ed è dolce ridestarsi con gli occhi graffiati
Con voce di Medusa – che pietrifica le viscere. Chi ha avuto il dono ne deve soffrire, questa è la norma bastarda. Mia Martini non era una donna – era una voce di Medusa. Avere la voce di Medusa martirizza chi ne ha il dono, terrorizza chi la ascolta. Ascoltatela pure negli episodi canonici, chessò, Gli uomini non cambiano. Non è una donna che canta, no. Senti la voce. Quel puro nastro d’argento, senza astuzia. Parole che come serpi t’intrigano le viscere, ti portano nell’intruglio dell’esistere. E resti così. Imbambolato. Ipnotizzato. Col veleno nel corpo. I rintocchi della voce intorno a Mia Martini, divinità obliqua della canzone italiana, dal chiarore inafferrabile, come cobra – nastri di voce che come cobra perforano il tempo, colpiscono, ora, con la stessa algebrica precisione. Non si sfugge al morbo di Mia Martini, l’interprete che ha vissuto così intensamente il canto da morirne. La sola. L’inesplicato enigma. Voce di Medusa in un corpo aguzzo. Era il 1992. Festival di Sanremo ancora sotto la reggenza Baudo e fiorire di femminilità varia – Milly Carlucci, Alba Parietti, Brigitte Nielsen. Il Festival che le è stato rubato perché lei, Mia Martini, era la voce divina e marziana. Invece, vinse Luca Barbarossa, con una canzona intinta nel miele, Portami a ballare. D’altronde, la voce di Medusa che dice la verità dolente dell’amare non può pietrificare il palco più politicamente corretto che c’è – che per lavarsene le mani ricoprì Mia nell’oro corrusco di tre premi ‘della critica’. La voce di Medusa di Mia Martini, però, è perfetta nella ballata amara La costruzione di un amore. Esattamente quarant’anni fa. L’album s’intitola Danza ed è il culmine della collaborazione artistica con Ivano Fossati, che firma il pezzo. Il pezzo, di per sé è una icona: l’amore non accade, si costruisce; l’amore non si tocca, è il fremito di una illusione, è grandine di vetri. L’amore, soprattutto, non basta: il cielo è insufficiente a sostenerlo, la basilica di questo amore, costruita con deliziosa cura, è tale che siamo soltanto noi a capirne l’ampiezza e la dotazione di vento. Costruire un amore è edificare castelli sulle nuvole – solo il dolore è reale, solo il sangue misura la tenerezza di questo amare. “La costruzione di un amore/ Non ripaga dal dolore/ È come un altare di sabbia”. L’amore non ha ricavo, non riscuote debiti ma ci scava, e si ama perché l’uomo non ha altro da fare per compiersi; l’amore sfianca, l’amore sfiata – la carne è una ipotesi di sabbia. E quando la costruzione dell’amore crolla nessuno viene a ricomporre i tuoi pezzi. “E mi meraviglia/ Tanto da mordermi le braccia”: che verso riuscito! La meraviglia attanaglia e intaglia, ma l’identità dell’amare è il morso, è il quadrupede dolore. Un amore simile, di radiosa radicalità, mi ricorda sempre gli amori biforcuti di Anna Achmatova: “C’è nel contatto umano un limite fatale,/ non lo varca né amore né passione,/ pur se in muto spavento si fondono le labbra/ e il cuore si lacera nell’amare”. L’insolito e l’insoluto, l’irrisolvibile di noi resta, scaglia di pietra sulla soglia del setaccio: si ama sempre soli. Se ascoltate gli svariati interpreti di questa canzone è chiaro che il rischio di sbandare nel patetico è altissimo – ma se a cantare è la voce di Medusa di Mia Martini voi soffrite, finalmente, ogni parola, ed è dolce, dopo, ridestarsi con le palpebre segnate, con gli occhi a graffio.
Davide Brullo
*La canzone potete ascoltarla qui. 
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Anziana 88enne investita a Torino: al Martini in prognosi riservata
Grave incidente stradale questa mattina, giovedì 27 dicembre, alle 8.15, a Torino, in via Santa Maria Mazzarello angolo strada Antica di Grugliasco. Un’auto, una Ford C-Max che percorreva la via verso via De Sanctis, svoltando a sinistra in strada Antica di Grugliasco ha investito un’anziana donna di 88 anni che stava attraversando la strada.  Il conducente, … Leggi... Per il contenuto completo visitate il sito http://bit.ly/1tIiUMZ
da Quotidiano Piemontese - Home Page http://bit.ly/2EPbOBa via Adriano Montanaro - Alessandria
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davidgpuerta · 6 years
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Vamos a ver qué nos ha dejado este día en nuestro pasado. 1126.- Alfonso VII otorga a Madrid la Vicus Sancti Martini, carta a partir de la cual, Madrid adquiere una especie de permiso para convertirse una ciudad. 1624.- El buhonero Reinaldos Peralta es ajusticiado en la Plaza Mayor. 1717.- Nace en Ciempozuelos el arquitecto español Ventura Rodríguez. 1856.- La "Gaceta de Madrid" informa de la dimisión del General  Espartero y de la formación del nuevo gobierno por parte de O'Donnell. 1931.- Dan comienzo las primeras Cortes de la II República española, con carácter constituyente. Julián Besteiro, será elegido presidente. 1942.- Nace el político madrileño Javier Solana. 1954.- Fallece el genial escritor y premio Nobel de Literatura, Jacinto Benavente. 1986.- Mueren 12 miembros de la Guardia Civil en un atentado con explosivos de ETA en la calle República Dominicana de Madrid. 1991.- Un incendio destruye parte del escenario del Teatro Español, 1993.- La quinta legislatura española queda inaugurada por Juan Carlos I en un solemne acto parlamentario celebrado en el Congreso.
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Imagen del horroroso atentado de 1986
via DE MADRID A LA NUBE
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tarditardi · 6 years
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27/01 Zero (vent’anni di divertimento!)... Party al Quirinetta di Roma
Una maratona di 12 ore insieme ai protagonisti del clubbing e del bere bene a Roma: arriva domani, sabato 27 gennaio al Quirinetta, la festa itinerante che celebra il ventennale del magazine ZERO, il punto di riferimento per chi ogni giorno vuole sapere dove andare e cosa fare in città. Dopo il successo del primo evento celebrativo tenutosi a Milano a gennaio 2017 presso Macao - Nuovo Centro per le Arti, la Cultura e la Ricerca, ZERO racconta 20 anni di divertimento nella Capitale con 30 dj scelti tra i più significativi della scena romana, sia per le loro produzioni sia per il loro impegno nell’organizzazione di serate e, contemporaneamente, con 40 bartender che si alterneranno nelle postazioni dedicate alla nuova cultura del drink che tutti ormai conoscono come “mixology”, arte in cui Roma può dire di avere raggiunto l'eccellenza di Milano. Una staffetta dove ogni ora ci sarà un nuovo remix da ballare e un nuovo cocktail da degustare, praticamente dodici serate in una! Obiettivo: celebrare la città e superare gli impressionanti numeri registrati in occasione della prima memorabile festa a Milano, con 23 dj, 30 barman e migliaia di presenze per altrettanti cocktail serviti.
Roma dunque riparte da ZERO! E si prepara a festeggiare in un grande evento tutta quella creatività diffusa di cui la rivista è testimone attento e sensibile da ben due decenni. Una festa di Roma e per Roma, con i protagonisti della città, quelli che riempiono le pagine di ogni numero del magazine. Perché ZERO è un giornale cittadino, che le città le racconta. E attraverso questa occasione intende riunire tutte le realtà capitoline di questa grande narrazione.
A passarsi il testimone di questa lunga storia saranno, in consolle: Adiel (Ultrabeat), Andrea Esu (L-Ektrica/Spring Attitude), Andrea Lai (Agatha), Andypop (Hot Cakes Bass/Abformal Recordings), Beat Soup, Blackie (Smash), Bob Corsi (Magnetica, Go Bang, Club Tropicana), Borgioli (Curtis Wolf), Claudio Coccoluto (The Dub), Dj Red (BPitch Control), Emiliano Cataldo (Radio™), Equohm (Since), Fabio Luzietti (Screamadelica), Flavia Lazzarini (Glamda, Disco Misto), Gino Woody Bianchi (Cut Rec /Plaza), Hugo Sanchez (Tropicantesimo), Lady Coco (Pussybay/Kingdom), Lorenzo Bitw (MOX), Luzy L & Corry X (Toretta Stile/Rock'nRoll Robot/Twiggy), Marcolino (Ultrasuoni), Miz Kiara (Female Cut), Nan Kolè (Gqom Oh), Nicola Casalino (Fish’n’Chips), Orree (Since), Pier (Viral), Sere Na (MOX), Simona Faraone as Pharaoh (New Interplanetary Melodies/Roots Underground Records), Sine One, Valerio! (Puas Puas), Zerø(Rebel Rebel).
Alle postazioni bar: Alfio Caffo (Owner Atipico), Andrea Orofino (Owner Keyhole Speakeasy), Antonio De Meo (Bartender La Terrasse Cuisine & LoungeSofitel Rome Villa Borghese), Antonio Parlapiano (Owner The Jerry Thomas Project), Dafne Kesmiris (Bar Manager Goa), Daniele Gentili (Bar Manager Marco Martini - Cocktail Bar), Daniele Protasi (Owner Bootleg), Daniele Volpe (Bartender The Race Club), Davide Diaferia (Head Bartender Club Derrière), Domenico Maura (Bar Manager Grand Hotel Via Veneto/ Consigliere Capo Barman Aibes), Eleonora De Santis (Brand Ambassador Bonaventura Maschio), Emanuele Broccatelli (Owner DRINK-it), Emanuele Principi Bruni (Brand Ambassador Molinari), Fabrizio Valeriani (Bar Manager Sambamaki), Federico Diddi (Bartender The Barber Shop), Flavio Wijesinghe (Bar Manager Latteria Garbatella), Francesco De Sanctis (Freelance Bartender), Francesco Pirineo (Best Brand Ambassador 2017 Compagnia dei Caraibi), Giorgio Vicario (Bar Manager Beere Mangiare & Co), Giovanni Seddaiu (Bar Manager Rosso Eat-Drink-Stay), Luca de Lucia (Docente c/o Bartendence), Marco Ferretti (Brand Ambassador Sine Metu Squad Jameson/ Bartender Nojo), Marco Zampilli, Mariano Cleri (Bar Manager Fuoco), Mario Farulla (Bar Manager Baccano), Mario Sestili (Bartender La Fine), Matteo Zanotto (Owner Mezzo), Maurizio Musu (Freelance Bartender), Mirko Cagnazzo Della Tolla (Head Bartender La Terrasse Cuisine & Lounge Sofitel Rome Villa Borghese), Omar El Asry (Owner DRINK-it), Paolo Guasco (Brand Ambassador Altos Tequila), Pierluigi Intini (Owner & Founder Salotto42 Copenhagen), Riccardo Speranza, Stefano Ripiccini (Bar Manager Private Charade Bar Hotel De' Ricci), Valentina Bertello (Madrina di Spirito), Valerio De Stefani (Owner Sottobanco), Vieri Baiocchi (Owner Yeah! Pigneto), Vincenzo Palermo (Owner APT).
Tra il dancefloor e il bancone verrà inoltre presentata un’esposizione dedicata alle migliori copertine della rivista in vent’anni di lavoro editoriale, che permetteranno di compiere un interessante percorso nella grafica, nelle tematiche e nei brand che ne hanno caratterizzato la storia e l’evoluzione.
Il messaggio è chiaro: a dispetto delle sue ricorrenti crisi politiche, la Città Eterna è ancora densa di eccellenze sul piano artistico e culturale, dalla scena più sotterranea ai grandi appuntamenti delle istituzioni culturali, dalla club-culture alla digital art.
Basti pensare alle realtà di cui, negli anni, ZERO è stato media-partner e hanno reso Roma una delle più interessanti capitali culturali sul piano internazionale: Dissonanze, Romaeuropa Festival, MAXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo, MACRO – Museo d’Arte Contemporanea Roma, Fotografia. Festival Internazionale di Roma, Short Theatre, Spring Attitude Festival, Thalassa, Unplugged In Monti, Manifesto, Rome Psych Fest, Villa Ada Roma Incontra il Mondo, Baba Festival, Taste of Roma, This Is Food, Meet In Town, C(h)orde, LSWHR, Villa Aperta c/o Villa Medici: Accademia di Francia a Roma , Electric Campfire c/o Accademia Tedesca Roma Villa Massimo, Open House Roma, Operativa Arte Contemporanea, This Is Rome, Gemma, LPM, Goa Club, Brancaleone, Rashomon Club, Circolo degli Artisti, Monk Club, Live Cinema Festival, Live Performers Meeting, Wunderkammern Gallery, Outdoor, Walls, Isola del Cinema, La Francia in Scena, Ginnika, Centro Cultural Brasil-Itália, RO_map e tanti altri ancora.. È Roma la culla italiana della migliore scena di musica elettronica. Ed è da Roma, prima ancora che da qualsiasi altra città italiana, che passano i grandi protagonisti internazionali del teatro e della danza contemporanea, senza dimenticare le mostre in luoghi ormai simbolo come il MAXXI o la musica classica e contemporanea che ha trovato la sua dimora all'interno dell'Auditorium Parco della Musica di Renzo Piano.
Un processo vitale che sembra aumentare sempre e non avere fine, ancora più significativo oggi in questo momento di transizione che la città sta vivendo, in cui, nonostante le inevitabili difficoltà, è viva più che mai la ricerca, la sperimentazione, la qualità dei progetti, la trasversalità dei linguaggi e la simbiosi sempre più forte fra rinascita culturale e la vivacità del life-style. Dai locali di tendenza alle istituzioni culturali, dalle osterie contemporanee agli speakeasy, una nuova generazione di protagonisti della urban culture, guidata da una forte tensione verso l’innovazione e uno sguardo rivolto alle migliori esperienze internazionali, sta diventando garanzia per una ritrovata fiducia nel futuro della Capitale.
Una ricorrenza e una città che dunque vanno festeggiate in grande, all’insegna di quel valore di cui ZERO ha sempre portato alto la bandiera: #divertirsiègiusto. Perché ZERO è quella rivista che ogni ora di ogni giorno di ogni mese spedisce fuori casa oltre mezzo milione di giovani in Italia. Non tutto il mezzo milione torna a casa la sera stessa. Ma dovunque stiano divertendosi, ZERO c’è.
***
Era l’ottobre del 1996 quando Andrea Amichetti diede alle stampe ZER02, il primo freepress tascabile italiano che nasceva con l’intento di mandare a divertire i suoi lettori nel miglior modo possibile. Dalla natìa Milano, 2 anni dopo, ZERO partì alla conquista della Capitale e da allora non ha mai smesso di espandersi, arrivando a conquistare il pubblico di Bologna, Torino, Firenze, Napoli, Venezia, Zurigo e Istanbul.
Gli anni sono passati senza danneggiarla o renderla obsoleta, anzi, confermando sempre di più ZERO come la miglior guida – cartacea e online – per vivere appieno la città, grazie ai suoi contenuti ricchi e variegati: concerti, spettacoli, arte, food, tendenze e personaggi che disegnano il panorama sociale e culturale cittadino. Edizioni ZERO oggi conta una community di 500.000 persone che lo rende il più importante database di informazioni italiano nel settore dell’intrattenimento e della cultura, con oltre 5.500 articoli e 20.000 news su eventi (musica, arte, clubbing, cinema, design, sagre, festival) e luoghi (ristoranti, bar, gallerie, teatri, negozi).
INFO
dalle 18:00 alle 21:00 ingresso gratuito dalle 21:00 alle 24:00 5€ dalle 24:00 in poi 10€
ZERO zero.eu facebook.com/www.zero.eu instagram.com/zero.eu zero.eu/eventi/97458-20-anni-di-zero-i-feel-roma,roma evento facebook: http://bit.ly/2CTlOZQ
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8 août ▪️ LARÇAY — TOURS
15,9 km ▫️ 3h50 ▫️ +5 / -8 m
Nous quittons notre blanc manoir aux allées en gravier. Ah ! Les allées en gravier ! Être riche et vivre dans un manoir aux allées en gravier, c'est un peu, au niveau accoustique, comme être pauvre et vivre dans un HLM avec un voisin qui mange des biscottes. À quoi bon être riche ?
Après plusieurs jours de ciel bas et gris, nous avons pour notre dernière étape un superbe ciel bleu ! Prenons cela comme une grâce faite aux humbles pèlerins que nous sommes.
Nous partons récupérer le pont de Veretz en longeant le Cher au plus près, dérangeant au passage un martin-pêcheur qui file telle une flèche bleue se réfugier de l'autre côté de la rivière. Nous traversons le pont que des activistes du club de tricot local ont transformé en œuvre d'art, tournons à gauche et prenons le chemin rive droite qui nous mènera sans détours jusqu'à Tours. Plus vraiment besoin du GPS ! Arrivés au pont de Sanitas, nous grimpons quelques marches pour rejoindre la grande artère nord-sud qui traverse la ville. Encore un coup de Romains, ça ! Nous passons devant le magnifique Hôtel de Ville de Tours, magnifique mais aux forts relents de mégalomanie municipale quand même. La troisième rue à droite nous mène à la Cathédrale, but ultime de notre périple sur la Via Sancti Martini. Arrivés sur le parvis, nous admirons comme il se doit la superbe façade et ses deux tours majestueuses, faisons le selfie de circonstance et entrons dans l'imposant édifice à la recherche du tombeau du bon Saint-Martin. Nous explorons les chapelles. Non ça c'est le mausolée des enfants d'Henri VIII ; non ça c'est Jeanne d'Arc sainte patronne de la France ; non ça c'est le Saint Curé d'Ars ; non ça c'est l'orgue ; non ça c'est le fameux tabernacle en ébène et ivoire du XVIIème siècle offert par Louis XVIII à la mère supérieure du carmel Sainte Thérèse ; non ça c'est Marie Auxiliatrice… Mais où est-ce qu'il repose le bon Saint-Martin ? Il y a une petite guérite avec un jeune barbu qui vend les billets pour la visite du cloître. Je pose la question…
Oh la BOULETTE ! Oh la BOULETTE !
“Bah ! Saint-Martin, il travaillait ici, il peut pas être enterré là ! Il est enterré à la basilique Saint-Martin ! Alors vous ressortez, vous prenez tout droit, traversez…. L'explication me semble un peu fumeuse mais le fait est que c'est la MEGA BOULETTE !
”MIREIIIIIILLE ! “, hurlè-je, mais juste avec la bouche et sans qu'aucun son ne sorte de ma gorge, comme il convient dans un cathédrale ! ”MIREIIIIIILLE ! “. ”Quoi ?“ répondit-elle sans bruit en faisant un rond avec ses lèvres. Et de lui expliquer à voix basse l'horrible méprise qui vient mettre une tache indélébile sur quatre ans d'efforts !
Ni une ni deux, nous voilà repartis en direction de la Basilique. Nous y pénétrons contrits, descendons dans la crypte et pouvons ainsi, devant le tombeau du bon Saint Martin qui, nous l'espérons, nous pardonnera notre BOULETTE, mettre un point final à notre long périple sur la Via Sancti Martini, de la lointaine Hongrie à la Touraine en passant par la verte Slovénie et l'Italie de la dolce vita.
Brr ! Brr ! Un SMS ? Oh ! Une demande d'interview de la Gazette des Gais Randonneurs !
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5 août ▪️ LE PETIT PRESSIGNY — LA CHAPELLE BLANCHE SAINT MARTIN
27,5 km ▫️ 6h15 ▫️ +72 / -46 m
Notre hôte nous raccompagne jusqu'au portail du château. Nous papotons encore un long moment. Ça devient une habitude ! "Non, non, Catherine, pas de Pompote pour la route ! C'est gentil ! Ça va aller !". "Non, non, Catherine, nous ne voulons pas être avancés en voiture ! C'est très gentil ! Ça va aller !". "Oui, oui, Catherine, promis, nous vous enverrons un petit mail pour vous dire qu'on est bien arrivés à Tours ! Allez, au revoir et encore merci pour tout, c'était super !".
Nous nous étions écartés du tracé "officiel" de la Via Sancti Martini faute de trouvage d'un hébergement disponible sur le chemin. Il nous faut maintenant aller récupérer le tracé "officiel" tout en continuant de progresser vers Tours. Pas d'autre solution que de suivre la D50 jusqu'à Ferrières-Larçon. C'est pas bien folichon ! La route est passante et les abords monotones avec de vastes champs de blé fauchés ou des étendues de tournesols à la tête basse. A Ferrières, après avoir bu un Schweppes dans le bar-restaurant-épicerie-dépôt de pain-point poste, je décide d'éviter la D50 par un petit détour en allant chercher la D59 qui mène elle aussi à Ligueil et qui a l'air plus tranquille. Ça ne s'avèrera pas une vraie bonne idée car s'il y a moins de voitures, il y a étrangement plus de gros camions. C'est quand même un poil moins monotone car nous traversons une forêt (en fait juste un gros bosquet). Arrivés à Ligueil, un gros bourg mort comme un lundi, nous prenons les deux uniques glaces (des cônes chocolat) de l'unique magasin ouvert, la boulangerie (en dehors du tabac-presse bien sûr, on ne rigole pas avec le cancer du poumon).
Deux chemins de traverse entrecoupés d'un ultime bout de D50 nous mènerons à la Chapelle Blanche Saint-Martin qui doit son nom à son église Saint-Martin et au fait que c'est une zone blanche pour la téléphonie mobile, fluctuant d'un inespéré 3G à un plus radical aucun service. Voilà qui ne facilitera pas la mise en ligne de ce billet ! Les deux parasols du bar Bellevue nous indiquent que nous allons pouvoir renouer avec notre tradition d'une pression bien fraîche à l'arrivée ! Nous nous installons en terrasse. La patronne surmonte son arthrose et son insuffisance veineuse pour venir nous servir. Un couple arrive en R19 et s'installe à la table d'à-côté (il n'y a que deux tables). Ce sont manifestement des habitués. Et un couple romantique, car ils sonorisent la terrasse avec leur autoradio par la vitre laissée ouverte. C'est pas du Christophe Mahé mais ça y ressemble. Nous sommes d'ailleurs assis à LEUR table, apprenons-nous lors du troc de l'unique cendrier disponible. Puis sort fumer Serge (son prénom a été modifié). Il est de Dax, et la Feria de Dax sera son point d'entrée en conversation. Il déduit assez rapidement que, pour faire ce qu'on fait pendant nos vacances, on ne doit pas avoir un métier bien fatigant (sa première mauvaise pioche était qu'on était retraités). Moi ma pioche, c'est qu'il est menuisier car il lui manque quelques phalanges de-ci de-là. J'ai douté un instant quand il nous a dit qu'il était opérateur dans une usine... Puis savouré intérieurement ma victoire quand il a ajouté.. usine de contreplaqués et mélaminés. Quelques minutes plus tard, il nous a offert une deuxième bière que nous avons acceptée après avoir poliment essayé de refuser et, maintenant assis à notre table, on peut enfin parler du VRAI sujet, sa fille de 20 ans qu'il ne voit plus et des multiples acceptions de l'expression "casser du sucre sur le dos". Mais toute bonne séance de psychothérapie a une fin et nous prenons congés de Serge pour une nouvelle aventure, notre nuit en "hébergement insolite" (sic), à savoir un cube en bois de 3 mètres de côté avec tout le confort : douche, toilettes, kitchnettenette (non ce n'est pas une faute de frappe mais bien une petite kitchnette), une penderie, un canapé, une tablounette et un lit kingsize en mezzanine sous un hublot vitré qui permet d'observer les étoiles en s'endormant... et les mouches qui essayent désespérément de s'en évader en se réveillant.
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28 juillet ▪️ PREVERANGES — URCIERS
22,6 km ▫️5h05 ▫️ +209 / -333 m
Bon alors pas de panique ! Elle est où cette foutue tablette. Ah oui. Là. Mes lunettes ! Mireiiiiiiiille, t'as pas vu mes lunettes ? Ah, sur mon nez. Ah ben oui. Pas de panique ! Google… Merde, c'est quoi le wifi ici ? Et le code ? En minuscule ? Tout attaché ? Non ça marche pas… Punaise… Non ça y est c'est bon ! Alors, Google… Vous avez été piqué par une tique. Pas de panique, la maladie de Lyme n'existe peut-être pas dans votre région. Mireille, c'est quoi le département ici ? T'as vu une voiture immatriculée 18 ? C'est quoi, la Corrèze ? Ah, le Cher ! Merci ! Alors Google : depratement Cher+ Lyme. Ça tourne… Oh punaise ! Y en a ! Bon alors… Mais il est urgent de l’enlever le plus vite possible, si possible dans les 12 à 36 heures qui suivent la morsure.  Mireiiiiiille, on est parti à quelle heure ? 10 heures et demi comme tous les jours… OK, là il est 20:12, ça fait donc moins de 10 heures. Ouf ! Ensuite… Attention à procéder avec calme et délicatesse sous peine de voir la tique régurgiter et ainsi accroître les risques d’infection. Merde, on a pas de retire-tique ! Mireiiiiiiiillle, demande à la dame si elle a un retire-tique ! Mireiiiiiiiiille ! Dépêche-toi il est 20:17 maintenant ! Ah, c'est gros un retire-tique ! Bon aller… Avec calme et délicatesse qu'ils disent ! Mince ! La tique elle est trop petite et elle reste pas coincée. Non je te jure regarde… Elle se coince pas… Zut ! Bon... J'ai une pince à épiler dans mon couteau suisse, tu peux aller me le chercher, Mireille ? Où ? Ben, dans la poche latérale dans une pochette noire dans le plastique vert. Punaise 20:19 ! Merci Mireille ! Bon elle est où cette maudite pince. Non… Ça c'est le cure-dent… Ça c'est le tournevis de précision pour les lunettes… Mais elle est où ! Ah voilà. Bon aller, avec calme et délicatesse ! On ne tremble pas. Punaise c'est petit. Là je crois que je l'ai… Hop, un coup sec et voilà ! Ouf ! Qu'est-ce qu'il écrivait après ? Tirez-la en la faisant pivoter dans le sens inverse des aiguilles d'une montre, dans le sens de l'axe de son corps (perpendiculairement à votre peau), afin qu'aucune partie de l'animal ne reste accrochée (une loupe est parfois utile pour réaliser ce geste). Oh merde, j'ai pas pivoté ! Mireiiiiiiiille, j'ai pas tourné ! Quoi Mireille ? On voit bien que tout est parti, t'es sûre ? J'ai qu'à vérifier avec la loupe de mon couteau suisse ? Bonne idée ! Non… Ça c'est la lime à ongle… Ça c'est le cruciforme… C'est pas ça non plus…
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Les MirBen sur la Via Sancti Martini : le bilan
Interview donné à la Gazette des Gais Randonneurs (Gai avec un i)
La Gazette : Monsieur Mirben, c'est très aimable à vous d'avoir accepté de recevoir la Gazette des Gais Randonneurs (gai avec un i), trois ans après l'interview que vous aviez eu la gentillesse de nous accorder à l'issue de votre premier "tronçon", Szombathely - Ljubljana. — Je vous en prie, c'est bien naturel et c'est avec plaisir. Et puis appelez-moi Benoît.
La Gazette : Alors Benoît, vous qui êtes retraité, bien sûr... — Ah non ! Vous n'allez pas vous y mettre aussi ! Non, ce n'est pas parce qu'on marche et qu'on a une barbe blanche qu'on est retraité ! C'est agaçant ça ! Et le pire c'est ce "Bien sûr !". Combien de fois l'avons-nous entendu ! Ce n'est pas "Oh, les MirBen, vous faites vieux, vous êtes peut-être retraités" mais "Ohhhhhh, les MirBen, vous faites tellement vieux que vous êtes nécessairement retraités". Eh bien NON, nous ne sommes pas retraités et pas près de l'être ! On pourra même refaire deux Via Sancti Martini avant d'être à la retraite. Alors écrivez le bien gros dans votre Gazette, NON, les MirBen ne sont BIEN SÛR pas encore à la retraite ! Compris !
La Gazette : Oulala... Excusez-moi, Benoît ! On dirait que c'est un sujet sensible ? — Non mais c'est vrai, c'est un peu agaçant ! Et vous, à l'École de Journalisme, on ne vous a pas appris à poser des questions ouvertes ?... Ahhh, vous n'avez pas fait d'École de... Non, mais on peut aussi être un excellent journaliste sans avoir fait l’École de... Allez, ne faites pas cette tête-là. Allez… Je vous propose qu'on efface tout et qu'on reprenne à zéro, d'accord ? Ça va aller, ne vous en faites pas !
La Gazette : Benoît, vous venez d'achever les 2 500 km de la Via Sancti Martini avec Mireille alors que vous travaillez encore tous les deux. Quel est votre secret ? — (en aparté ) Ben vous voyez, vous vous débrouillez très bien quand vous voulez. (À haute voix) Notre secret, c'est d'abord d'y consacrer 4 semaines de congés, ce qui permet de faire de longs tronçons d'environ 600 km en marchant à une moyenne de 25 km par jour. Mais nous voyons surtout ça, vivant à Paris, comme un bain de nature salutaire. Et 4 semaines, ça permet de vraiment bien couper. Si vous parlez de notre condition physique, et c’est une question qu’on nous pose souvent, non nous ne faisons rien de spécial pendant l’année. Bien sûr, un peu de squash pour moi et de yoga pour Mireille ainsi que la marche utilitaire de tous les jours mais rien de plus. Ce que nous avons peut-être pour nous, ce sont nos 30 ans de randonnées annuelles, notre conviction que la marche est l’activité la plus naturelle qui soit et la foi que tout va nécessairement bien se passer !
La Gazette : Mais il y a eu la canicule quand même cette année. Ça a dû être très dur ! — En fait pas tant que ça. Sur les chemins, même en plein soleil, il y a presque toujours une petite brise, ce qui rend la chaleur plus supportable. Et puis nous faisons des pauses à l’ombre des grands arbres qui sont toujours de véritables oasis de fraîcheur. Cela permet d’éviter la surchauffe. Enfin, pour se donner du courage, on a un petit chant militaire que nous tenons des unités sahariennes de la Légion étrangère qui aide à tenir quand il fait vraiment trop chaud.
La Gazette : Ah oui, et vous pouvez partager ce chant avec nos lecteurs ? — Bien sûr. On leur dira d’imaginer le pas lent des légionnaires et la scansion typique des chants militaires. Vous êtes prêt ? Vous allez voir, c’est tout simple : 1 – 2 – 3. LA – CA – NI – CULE, ON – L’EN – …DURE. LA – CA – NI – CULE, ON – L’EN – …DURE, etc… Vous voyez, c’est très simple. Une espèce de mantra en quelque sorte. C’est très efficace.
La Gazette : Vous m’avez fait peur ! — Je ne vois pas pourquoi cela effraierait un gai randonneur (gai avec un i bien sûr) !
La Gazette : Mais vous partiez de bonne heure pour éviter la chaleur quand même ? — Pas du tout ! Le blog est notre première priorité. Comme je rédige le billet le matin et que je m’accorde 2 heures avant le petit déjeuner qu’on prend à 8h30 et qu’après, c’est relecture et mise en ligne qui prennent encore un peu de temps, on est rarement opérationnel avant 10 heures, et pour peu qu’on papote un brin, c’est 10h30. Et là, pour la température, c’est déjà cuit, si vous me passez l’expression. Mais pas d’inquiétude, on a notre petite chanson…
La Gazette : Merci. Merci. Je crois que nos lecteurs ont bien compris. Passons à un autre sujet qui les intéresse également, l’hébergement. Alors, c’était comment ? — Eh bien, grosso modo, nous avons pu trouver l’ensemble des hébergements qui nous ont permis de faire ces étapes d’environ 25 km, sans s’écarter trop du chemin, sauf à une ou deux exceptions. Mais ce que je voudrais souligner ici, c’est que nombre de ces chambres d’hôtes dans des endroits un peu isolés étaient tenues par des Hollandais ou des Anglais. Sans eux, nos étapes auraient été beaucoup plus difficiles et je profite de vos colonnes pour les remercier. D’autant que je pense que leur intégration locale ne doit ou n’a pas dû être facile. En tout cas chapeau !
La Gazette : Vous avez des adresses à donner ? — Toutes chambres d’hôtes confondues pour cette année, je dirais le château de Sugny pour son incroyable intérieur, la maison Balady à Bellenaves pour l’accueil et la table d’hôtes en pleine nature, dans la même veine le moulin de Cors sur la Creuse à Oulches avec une étoile pour le dîner, « Terrain Minet » à Cluis avec une étoile également pour le dîner et un superbe accueil, le Château de Ré au Petit Pressigny et l’incroyable gentillesse de Catherine et Philippe ainsi que la Maison du Cerf à Urciers chez l’infatigable Lucia. C’est juste une petite sélection mais partout l’accueil a été remarquable.
La Gazette : Et sur ces 4 ans, quels ont été vos endroits préférés ? — Nous avons beaucoup aimé la Slovénie pour son aspect vert et rural, le nord de l’Italie pour ses vieilles cités chargées d’histoire, le val d’Aoste et la Savoie pour leurs paysages, la traversée de la Chartreuse qui a été un très bon moment et, cette année, les Monts de la Madeleine nous ont particulièrement séduits. Ils sont parcourus par des GR (3, 3A, 463) et il se pourrait bien qu’on y revienne un printemps !
La Gazette : Vous avez déjà évoqué l’accueil remarquable, ce sont vos mots, qui vous a été fait. Qu’avez-vous retenu de ces rencontres ? — Plusieurs choses. Tout d’abord, je crois que voir arriver des… comment dire… futurs retraités, si vous me permettez l’expression, qui marchent avec leur gros sac à dos attirent nécessairement la sympathie et un degré d’attention supplémentaire ainsi qu’une étonnante familiarité. On nous parle facilement de sujets qui ne sont sans doute pas abordés aussi vite avec tout le monde. Et en règle général, on nous parle beaucoup plus que nous parlons. La seconde chose qui m’a frappée cette année, et c’est peut-être à cause de cette canicule que nous avons dû endurer, c’est cette inquiétude générale pour notre pauvre planète, les enjeux environnementaux et une certaine crainte d’un effondrement, avec ce petit espoir qu’un coin isolé de campagne représente une sorte de refuge potentiel. Nous n’en avions jamais parlé avec nos hôtes l’an dernier mais cette année, c’est un sujet qui est revenu presque un jour sur deux. Parmi les autres sujets phares, les architectes des bâtiments de France et la perte des services publics. Bref, une année où les sujets de société ont pris le pas sur le badin !
La Gazette : Vous avez toujours fait la part belle aux fleurs et aux insectes dans votre blog, mais cette année j’ai cru voir un intérêt accru pour les modestes plantes des chemins. Je me trompe ? — Non, non, tout à fait. La raison est très simple. J’ai moi aussi engagé ma transition écologique en abandonnant la voiture autant que faire se peut pour aller au travail. En prenant tous les jours le même chemin à pied, j’ai découvert jour après jour la petite flore des rues qui occupe les fissures, les murs et le moindre coin de terre libre. La curiosité m’a poussé à savoir comment s’appelait ces « sauvages des rues ». J’ai continué sur cette lancée pendant notre randonnée. Avouez que c’est quand même agaçant de rencontrer des plantes tous les jours sans savoir comment elles s’appellent. C’est ainsi que nous vous avons parlé des laitues, la vireuse et la scariole, qu’on a vues tous les jours, partout, même dans les villages. Il y a une autre plante plus modeste en taille, fine avec des petites fleurs claires, dont nous ne vous avons pas parlé parce que nous n’avons pas été capables de l’identifier. Il a fallu qu’à Tours, la pluie nous pousse dans une librairie pour qu’enfin, en épluchant plusieurs livres spécialisés du rayon Nature, on tombe sur elle, la Verveine officinale (rien à voir avec la tisane) ! Voilà pour l’aspect plaisant. Ce qui l’est moins, c’est que la baisse de la biodiversité est quelque chose que nous avons constatée. Il y a eu cette recherche désespérée du Sphinx du Pissenlit dans le val d’Aoste l’an dernier, vous vous en souvenez peut-être. Et bien cette année, nous avons vu la différence en passant du bocage bourbonnais, riche en insectes, aux terribles monocultures blé ou tournesol du sud de la Touraine où là, nous n’avons plus vu grand monde côté insectes, hormis les robustes punaises arlequin. Voilà qui nous ramène encore au sujet précédent.
La Gazette : Et alors, la Via Sancti Martini achevée, je suis sûr que vous avez déjà un nouveau projet pour l’année prochaine ! — Et bien nous allons faire un break et goûter aux joies du farniente et de la grégarité sur une plage du Sud de la France en faisant des mots fléchés et mettant des taches de crème solaire sur les pages du dernier Guillaume Musso.
La Gazette : Non ! Pas vous ! — Non je plaisante. Nous n’avons pas encore décidé. Nous en avions parlé pendant le voyage et étions partis sur le Chemin de Saint François d’Assise, de Vézelay à Assise en Italie qui doit faire dans les 1 500 km. Mais depuis, des fidèles lecteurs de notre blog (Ecceman) nous ont fait découvrir le Tro Breiz en Bretagne, une boucle de 600 km qui lie (comme Jean-Claude) les sept cathédrales des sept Saints de Bretagne. On a également découvert l’existence du Camino Igniaciano en Espagne, 700 km de l’ouest à l’est qui reprend l’itinéraire de Saint Ignace de Loyala. Nous avons aussi mis la main sur un tracé qui traverse la Sicile, que nous pourrions coupler avec la traversée de l’île Corfou. Et puis pourquoi pas la Grèce que nous ne connaissons pas encore. Il faudrait que je regarde aussi ai la Via Egnatien qui va des côtes albanaises à Thessalonique s’est un peu développée. Beaucoup d’options à travailler ! En tout cas ce qui est sûr, c’est que nous repartirons et que nous ouvrirons un nouveau blog !
La Gazette : Eh bien, voilà qui va ravir nos lecteurs, soyez en sûr ! Un dernier mot ? — Le dernier mot sera bien sûr pour tous ceux qui nous ont suivis pendant nos pérégrinations et nous ont soutenus. C’est un grand plaisir de partager nos aventures et nos BOULETTTTTES ! Mireille se joint à moi pour vous dire un grand grand merci à tous et une mention spéciale à Sonia et Yves qui sont venus depuis la lointaine Chine nous encourager sur le terrain ! Bises à tous et à l’année prochaine !
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7 août ▪️ SAINT-BRANCHS — LARÇAY
25,4 km ▫️ 5h45 ▫️ +67 / -126 m
La pluie a cessé quand nous nous mettons en chemin mais le ciel est toujours bien gris. Les laitues vireuses et scarioles sont en fleur aujourd'hui ; ce n'est pas si souvent. J'en prends une photo qui, comme tant d'autres, ne donnera rien quand une voiture passe en klaxonnant joyeusement, idem pour Mireille une centaine de mètres devant (eh oui, prendre une photo ça veut dire ensuite cavaler derrière pour rejoindre l'échappée). Ce sont nos hôtes Monique et Chantal qui vont faire les courses à la ville ! De grands signes de la main en réponse et la voiture a déjà disparu au loin.
Au programme aujourd'hui, descente dans la vallée de l'Indre, remontée et à travers bois et champs (et zone industrielle), rejoindre les bords du Cher que nous suivrons jusqu'à Larçay. Nous sommes accueillis par une sterne pierregarin, ce superbe oiseau gris clair et blanc, à la calotte noire, au bec orange intense et à la queue fourchue. Belle entrée en matière. Moins bonne nouvelle pour le Cher, la présence des Jussies à grandes fleurs qui colonisent ses berges. Nous avions déjà rencontré ces belles et terribles fleurs jaunes dans la Brenne.
La pitance du soir est un souci constant pour le marcheur et nécessite un peu d'anticipation pour ne pas être pris au dépourvu. La chambre d'hôtes fait-elle table d'hôte ? Si non, y a-t-il un restaurant proche ? Si oui, est-il ouvert ? Sur le site du manoir où nous passons la nuit, il est indiqué qu'il y a deux restaurants à Larçay. En regardant de plus près sur Tripadvisor, on voit que le dernier commentaire pour l'un d'eux remonte à octobre 2016, ce qui n'est pas bon signe ! Rien ne vaut le renseignement direct ; j'appelle notre chambre d'hôte qui m'informe que LE restaurant du village est ouvert et que sinon, on peut commander des pizzas et les déguster sur les tables de la terrasse. Cool. Merci madame. Mais il faut se méfier du restaurant du village qui peut parfois être complet, on l'a déjà vu. Du coup, j'essaye de réserver à plusieurs reprises mais sans arriver à les joindre. Bizarre. Arrivés au Manoir, l'intendante (c'est comme ça qu'elle signe les papiers d'information disséminés ça et là) nous reconfirme le restaurant et les pizzas ainsi que le parc de 7 hectares mais lui ne se mange pas. À 19:30 pétante, l'horloge de l'église peut en témoigner, nous sommes au restaurant qui est ouvert ! Les tables sont dressées sur la terrasse, la porte est ouverte mais il manque juste un truc : quelqu'un. Personne, pas âme qui vive. Après 10 minutes, nous nous translatons vers le bar voisin pour prendre une petite bière et leur demander s'ils sont au courant de quelque chose. “Non. Et c'est bizarre parce que c'était déjà comme ça hier soir ! ”. Heureusement, nous avons un plan B. Se faire livrer une pizza. Nous profitons de la serveuse pour connaître les pizzérias qui livrent dans le coin. “Il y a celle de Veretz, d'ailleurs le jeune homme là-bas y travaille ! ”. Mais si le jeune homme qui y travaille sirote son Monaco ici, c'est que la pizzeria est fermée pour congés. “Mais y en a une autre à Saint-Avertin qui livre sur Larçay ! ”. Un petit coup d'internet et hop, Allo Pizza à Saint-Avertin, livraison dès 23 € d'achat. Parfait. On appelle et… Nous tombons sur le répondeur. Fermé jusqu'au 12 août ! Plan A, plan B et plan C qui tombent à l'eau, je crois que nous allons être plan T. En payant notre bière au comptoir où la crème des clients est rassemblée car le bar va bientôt fermer, j'ai l'occasion de raconter ma petite histoire. “C'est laquelle que vous avez appelée à Saint-Avertin ? A ben c'est pas celle-là qu'il fallait appeler ! C'est L'Ile aux Pizzas ! En plus, elles sont meilleures ”. Je les remercie de cette précieuse information et nous les laissons s'étriper sur le fait de savoir si Saint-Avertin est à 2,5 km ou 4,5 km de Larçay". De retour au Manoir (à 0,3km), nous nous installons sur un banc, face au parc aux arbres centenaires pour faire notre choix sur le site de L'Ile aux Pizzas et les appeler. Ça sonne. Ça décroche. “C'est pour une commande”. Plus personne ne répond, on entend les bruits de la pizzéria. La Sicilienne est prête pour la 12. Puis une charmante voix féminine me dit : “Excusez pour l'attente. C'est pour une commande ? ”. “Oui, à livrer à Larçay”. “Il faudra passer la chercher car nous ne faisons pas de livraisons aujourd'hui…”.
“Mireille, je crois qu'il reste dans mon sac le paquet de noix et d'amandes qu'on avait acheté pour notre dinette à Nohant-Vic. C'est bon à la santé, les amandes et les noix, hein ! ”
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6 août ▪️LA CHAPELLE BLANCHE SAINT MARTIN — ST BRANCHS
26,2 km ▫️ 6h40 ▫️ +99 / -121 m
Depuis le début de nos aventures, notre heure de départ est liée à la mise en ligne de ce billet quotidien. Mais l'absence de wifi dans notre cube à hublot et la faiblesse du réseau mobile nous contraint à partir aujourd'hui sans avoir posté et sans avoir préparé la sélection de photos. Mais tel un Jean Mermoz au temps de l'Aéropostale et sa devise “Le courrier doit passer !”, je me fais un honneur de poster ce matin ! Et ça tombe bien, quelques kilomètres après le départ nous tombons sur les superbes infrastructures d'un terrain de décollage de paramoteurs, à savoir une table à deux bancs, le genre aire de pique-nique, patinée par le temps. Il y a aussi une manche à air sans manche et une balançoire ainsi qu'un panneau avec un vieux règlement jauni qui me seront moins utiles. Et surtout, il y a aussi de la 4G ! Je pose le sac, active le partage de connexion afin de relier la tablette à Internet. 17 % de batterie, ça devrait aller. Allez hop ! Une première photo de faite ! 13 %. Mince, ça descend vite ! Stress ! Vite ! 10 %. 7%. Encore une photo ! 5 %. Bon ça suffira. Copier le texte qui lui est prêt et relu ! 4 %. Allez maintenant on met en ligne ! Ne pas se tromper. Commencer par la dernière photo ! Maintenant le texte ! C'est parti ! Vérification que c'est bien publié ! Oups ! Une petite coquille à corriger ! 2% ! C'est bon ! Mission accomplie ! Sonnez clairons ! Résonnez trompettes !
Je range mon matériel, Mireille replie sa revue et nous voilà repartis. Le ciel est toujours tout gris (risque de pluie annoncée) et l'air parfait pour ne pas faire de jaloux dans un couple, à savoir moite, moite. Aujourd'hui, foin de D50, le parcours est exclusivement agreste et les chemins pris semblent avoir un long passé, tel ce chemin pavé de Louis XI (nous n'avons vu ni les pavés ni le fantôme de LouisXI, mais ce qui est écrit sur la carte) ou l'antique fontaine Saint-Martin dont on dit que les pèlerins ayant des problèmes de jambe venaient visiter (enfin, c'est surtout le texte du panneau en Plexiglas planté à côté qui le dit). Par contre, on est toujours dans les champs immenses de blés fauchés ou de tournesols, qui deviennent ici dans mon cœur le nouveau maïs (voir Saison 3 des MirBen sur la Via Sancti Martini). Le maïs, je n'en ai pas parlé car cette année avec la canicule et les interdictions d'arroser, il ne la ramène pas trop, tout sec et chétif qu'il est. Espérons que les agriculteurs auront compris ! Nous terminons en suivant le cours de l'Échandon, croisons un renard piteux à la queue qu'il en manque un bout, prenons un ultime chemin au lieu-dit des Culs Torchés, si vous voyez le tableau et arrivons à Tauxigny où l'accueillante terrasse du bar-épicerie-dépôt de pain-point poste-produits régionaux nous tend les bras. Un petit rafraîchissement dans nos verres en plastique consignés-parce-que-c'est-en-terrasse-mais-qu'on-nous-fait-grâce-de-la-consigne-parce-qu'on-est-que deux-et-qu'il-sait-où-ses-verres-y-sont-ha-ha et nous repartons pour les derniers kilomètres avant notre chambre d'hôtes.
Nous arrivons dans une belle et grande maison nichée dans un bosquet au milieu des champs. Nous faisons le tour à la recherche de notre hôte. C'est une charmante vieille dame qui nous accueille avec le sourire puis nous annonce tout de go que son mari a été enterré il y a trois jours. Oups ! Mais c'est une femme très courageuse qui nous fait visiter la propriété et nous propose la table d'hôtes car il y a des Anglais qui ont demandé la table d'hôtes alors elle la propose à tous ses hôtes. Je crois que les Anglais c'est nous… Nous aurons un superbe dîner en terrasse (glagla) avec un couple d'Italiens et un couple de Nîmois mais la dame est des environs de Vichy et adore comme nous les Monts de la Madeleine et le Monsieur est corrézien et au conseil municipal de son village qui a installé un champ de panneaux solaires, ce qui semble moins compliqué que les éoliennes ! En fin de repas notre hôte, qui avait tout fait maison, est venue avec beaucoup de distinction donner un petit conseil de visite de la région à chacun avant de verser une petite larme pour son mari. Silence autour de la table. “Mais voilà, la vie continue, alors excellente nuit à tous. On vous a demandé l'heure pour le petit déjeuner ? ”.
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4 août ▪️ PIERRE LEVÉE — LE PETIT PRESSIGNY
27,5 km ▫️ 5h45 ▫️ +204 / -229 m
Nous quittons les derniers étangs de la Brenne pour entrer en Touraine du Sud, une vaste plaine rurale où les départementales sont tracées au cordeau. La direction est bien souvent “Droit devant !” pour quelques kilomètres. Nous filons donc bon train, d'autant que c'est aujourd'hui dimanche et que pour les roses blanches, faudra repasser mardi car tout est fermé dans les deux gros villages sur la Claise que nous traversons aujourd'hui.
Le ciel a viré au gris orageux et la température baisse un peu, ce qui rend plus agréable les 8 km de ligne droite qui nous séparent du Petit Pressigny, village natal d'Axel Kahn, le grand généticien, ce dont vous vous fichez certainement mais pour nous c'est important car c'est juste après le square qui porte son nom que nous tournons à angle droit pour les deux derniers kilomètres avant le château. Peut-être auriez vous préféré qu'on vous dise que nous avons tourné à gauche au niveau du restaurant La Promenade de la maison Dallais, étoilé Michelin, connu pour son sublime Lièvre à la Royale du sénateur “Couteau” (en période de chasse) ou son extraordinaire Brochet en croûte de pommes de terre et son beurre d'écrevisses ? Et bien c'est chaussette, comme on dirait dans l'Almanach Vermot qui, oui, existe toujours. Le temps de vous raconter tout ça nous sommes arrivés au château de Ré où nous avons trouvé le gîte et le couvert.
C'est un vrai château, construit aux alentours de 1510 par Christophe de Couché, ce qui d'évidence le prédestinait à devenir chambres d'hôtes, avec escalier en colimaçon, cheminées gigantesques, plafonds peints, vaste salle des gardes où nous dînerons et baies à coussiège, ce petit banc de pierre ménagé dans l'embrasure de la fenêtre pour que la châtelaine puisse guetter le retour de croisade de son doux époux… où l'arrivée de son amant parce que trois ans de Terre Sainte, c'est bien long et qu'on est même pas sûr qu'il va revenir, le preux chevalier, vu comme il est empoté avec sa nouvelle armure trop grande venue des meilleurs ateliers des maîtres armuriers de Milan mais que voulez vous, c'est ça quand on achète par correspondance !
Nos hôtes occupent le château depuis 5 générations… Euh, excusez moi, on me parle dans l'oreillette… Oui… Non… Ok… Oui et bien excusez-moi mais ce n'est pas pas depuis 5 générations mais depuis 5 ans, car avant ils vivaient en région parisienne. L'apéritif (Vouvray) et le digestif (Poire) seront l'occasion d'en apprendre plus sur les difficultés de l'intégration dans le village, notamment du fait du château qui est très lié à l'histoire de chaque famille du bourg, à l'inconscient collectif villageois au sens jungien du terme (aucune idée de que ça veut vraiment dire mais ça en jette, non ?), et dont les nouveaux propriétaires héritent bien malgré eux, responsables d'un passé qui ne leur appartient pas. Nous discutons aussi d'un sujet plus dans le vent, les éoliennes ! Et c'est vrai qu'un peu partout sur notre déjà long chemin, nous voyons des banderoles “Non aux éoliennes !”. C'est quoi le problème ? L'aspect visuel ? C'est vrai qu'avec des mâts de 200 m de haut, ça devrait être visible de loin, mais c'est pas seulement ça… Il y a le bruit, l'effet des infrasons produits par les pales sur la santé des humains et du bétail, l'effet asséchant du vortex pour les sols, l'effet stroboscopique, le danger pour les oiseaux migrateurs et les chauves-souris, l'impact potentiel des profondes fondations sur les eaux souterraines… Et puis le fait que ce sont des projets privés motivés par un gain à court terme avec aucun réel avantage pour les communes. Seul le paysan touchera un loyer pour la location de l'emprise sur ses terres, avec les problèmes de jalousie, ceux qui l'auraient voulu sur leur champ mais c'est le champ du voisin qui a été choisi, ceux qui n'en veulent pas chez eux mais qui héritent de celle de leur voisin en bordure de leurs terres… Et puis il faut aussi parler voirie… Des routes de 8 mètres de large pour laisser passer les convois spéciaux et les gigantesques grues… Et puis les conflits d'intérêts et enfin, effet immédiat, la baisse de la valeur de l'immobilier dès l'annonce du projet dans toute la zone concernée. Ouah ! Je ne savais pas tout ça ! C'est bien compliqué ! Je vais plutôt reprendre du homard !
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3 août ▪️ LE BLANC — PIERRE LEVÉE
24,1 km ▫️ 5h50 ▫️ +221 / -139 m
Aujourd'hui, nous snobons d'entrée la MVV (Maudite Voie Verte) qui sévit toujours le long de la Creuse, n'en déplaise à Monsieur Zouzou, et lui préférons le tracé du GR du pays de la Brenne qui papillonne entre villages, champs et bois. Nous atteignons ainsi la magnifique abbaye bénédictine de Fontgombault dont nous suivrons le magnifique mur au somptueux crépi pendant plusieurs centaines de mètres avant de découvrir, émerveillés, le magnifique parking ombragé qui conduit à la magnifique porte close. Un rien dépités, nous remontons sur les coteaux en direction de Tournon-Saint-Martin où nous tournons en direction du Manoir de Pierre Levée, un hôtel perdu en pleine nature où nous ferons étape.
Depuis la paisible D50 que nous suivons, nous distinguons sur une butte au loin un groupe de maisons dont l'une au toit surmonté des deux clochetons pourrait bien être notre fameux Manoir. Ce qui est un peu bizarre c'est que nous n'ayons vu nul panneau indiquant la direction de l'hôtel à la sortie de Tournon et toujours nul panneau à l'approche du lieu-dit. À la bifurcation, toujours rien. Hum… Hum… Je n'aime pas trop ça. Ce ne serait pas la première fois que la localisation serait erronée sur un site web, fut-ce Booking.com. Nous passons deux masures. Au bout du chemin, on distingue de la rubalise rouge et blanche et un gros arbre déraciné… Ça sent de moins en moins bon. On poursuit, le chemin tourne à gauche. Une maison plus important derrière un mur. Une petite porte dans le mur et un petit écriteau… Hôtel - Manoir de Pierre Levée. Me voilà un peu rassuré… Nous franchissons la petite porte et.. nous aurons toutes les explications ! Si le Manoir existe depuis cinq siècles, l'hôtel n'est ouvert que depuis cinq semaines et le restaurant depuis deux. Pour les panneaux, la demande a été faite au département car on ne s'affiche pas comme on veut, et le dossier est toujours en cours… C'est comme ça !
Après un superbe repas (le tout jeune chef qui officie seul en cuisine est déjà plein de talent), nous faisons un petit tour dans le parc qui compte deux étangs. Nous y retrouvons la propriétaire qui observait un gros sanglier profiter de la nuit qui tombe pour prendre un bain. Elle nous montre la vidéo sur son téléphone. Nous apercevons à notre tour ce gros pépère sur la berge opposée. Puis elle nous racontera la genèse de ce projet un peu fou de faire de ce vieux manoir perdu un hôtel de luxe. Passionnant !
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