Tumgik
#trolley fotografico
chiamatemefla · 4 years
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«Ancora non ci credo che sei del Novantadue.» Antonio si rigira tra le mani la sua carta d’identità, stranamente poco interessato alla foto da quindicenne con i capelli flosci, incredibilmente preso dalla sua data di nascita scritta storta sulla carta marroncina.
È marzo, sono le quattro del mattino, Giacomo dorme scomposto su una delle poltroncine della sala d’aspetto dell’aeroporto di Ciampino e Gabriele sta giocando, con poca fortuna e ancor meno coordinazione, a qualcosa sulla sua PSP.     
«Non capisco perché ti fa così strano.»
Antonio gli restituisce il documento, affonda il naso nella sciarpa che tiene stretta intorno al collo e fissa le insegne per il bagno di fronte a lui.
«È che avrei dovuto saperlo prima, se non altro chiedere, no che lo scopro quando mi inviti ai tuoi diciott’anni.»
«Se ti consola dovevo nascere l’anno prima ma ho deciso di farmi quindici giorni di vacanza in più. Poi, giustamente, mi madre s’è rotta er cazzo e s’è fatta fa il cesareo.»
«No, per carità, a dicembre no che poi nascevi sagittario.»
«Mo te ne intendi di oroscopo?»
«Vivici te con mia madre, poi vedi come te ne intendi di oroscopi.»
«E cos’hanno i sagittario che non va?»   
«Ma che ne so, so solo che non si reggono.»
«La Fra è nata a dicembre.»
«E che me lo dovevi di’...»
Gabriele impreca a bassa voce, schiaffeggiandosi la coscia con frustazione e svegliando un alquanto confuso Giacomo seduto nel sediletto accanto.
«Hanno aperto i banchi per il check-in?»
«Seh, lallero, dormi Giacomì che qua ne abbiamo ancora per un’ora e mezzo.»
Giacomo, neanche a dirlo, si è riaddormentato prima che finissero di parlare.
Il padre di Gabriele li ha scaricati nel parcheggio deserto dell’aeroporto nel freddo pungente delle mattine di fine febbraio, ha tirato fuori dal bagagliaio della sua gip le loro quattro valigie, e se n’è andato dicendo in tutto tre parole assonnate e uno “State attenti” bisbigliato da sotto alla sua barba scura.
Il padre di Gabriele sembra un po’ Hagrid se Hagrid fosse stato un carabiniere abruzzese con i capelli tirati indietro per nascondere i primi cenni di calvizie. Come Hagrid, però, era probabilmente l’uomo più buono e disponibile che conoscesse, talmente paziente da offrirsi per fargli lezioni di guida oltre che aiutarlo con la teoria.
Sua nonna continua a dire che, oltre al cesto, dovrebbero fargli un monumento. Suo nonno continua a chiederle quando lo farà anche a lui, che ha insegnato a guidare non solo a lei ma anche a quel gran pericolo della strada di zio Giulio, ma ogni volta viene zittito con un’occhiataccia.
Sotto ai giacconi, buttati addosso alla rinfusa con la scusa di non volerli dimenticare in giro, Antonio gli tiene la mano, gioca un po’ con le sua dita, a volte gliela stringe appena un po’ seguendo il flusso di pensieri che gli fa aggrottare le sopracciglia.
Gabriele li guarda, perplesso, prima di tornare al suo videogioco, Antonio ne approfitta per inspirare a fondo.
Secondo lui avrebbero dovuto dirglielo prima di partire, mettere le carte in tavola fin da subito e poi che arrivasse quel che doveva, avrebbero tranquillamente potuto passare la vacanza separati se l’idea fosse loro sembrata intollerabile.
Flavio aveva fatto il codardo.
«Jà, Fla’, ma ti conosce da quando siete bambini ma ti pare che ti smette di parlare?» aveva concluso Antonio, esasperato, appena poche ore prima, mentre tornavano a casa dopo essersi casualmente incontrati durante la passeggiata serale di quella bestia immonda del cane di Antonio che lo odia visceralmente e vuole la sua pelle.
«E se lo fa Giacomo?»
«E allora è un coglione e se se ne va lontano c’abbiamo guadagnato.»
La conversazione era andata così per i successivi cinquecento metri per finire quasi in lite proprio davanti al portone di casa sua dove Antonio aveva semplicemente sospirato, scosso la testa, e guardato negli occhi con la stessa espressione che ha ad ogni compito di latino riconsegnato con un bel quattro sopra.
«E mo cinque giorni come facciamo?» era stata la sua domanda, fatta con le mani in tasca e un po’ di imbarazzo nella voce, e Flavio aveva realizzato che non aveva pensato a quel dettaglio, che nel grande piano escogitato per non farsi scoprire non aveva messo in conto il modo in cui era diventato spaventosamente normale scambiarsi piccole attenzioni quando gli altri non guardavano.
«E mo cinque giorni so cazzi e solo metaforici, me sa.»
Sente la spalla di Antonio urtare la sua, si guarda intorno spaesato e lo vede solo ammiccare verso Gabriele che ha finalmente ceduto al sonno e si è addormentato, praticamente piegato a metà, abbracciato al suo zaino.
«Me lo dai l’ultimo bacio per il resto della settimana?» Antonio si è appoggiato sulla sua spalla e glielo sta praticamente soffiando nell’orecchio, lo stronzo, è sicuro che se potesse vederlo lo troverebbe a ghignare con una certa soddisfazione.
«Ma te facevi l’infame così pure co’ quello che t’ha mollato male?» 
«No, quello l’ho trattato fin troppo bene.»
«E allora il contrappasso ‘o devo pagà io? Famme capì.» 
«No, tu devi solo dare un bacio al tuo ragazzo.»
«E se ci vedono?» 
«Ma come se ci vedono? Mi baci dietro alla chiesa ad orario di messa e ti preoccupi se ci vede la signora delle pulizie di Ciampino? Abiti a un’ora buona da qua, ma chi ti conosce? E poi gli amici tuoi in coma stanno, mica possono svegliarsi mo mo. Che sono, i belli addormentati pe’ corrispondenza? Qualcuno si bacia e loro si alzano? E dai!»  
*
Ha spedito tre cartoline: una ai suoi nonni, una a Chiara, una a zio Giulio. Sono belle cartoline, foto nitide nella luce aranciata del tramonto, tutte simili, con la stessa vista del centro storico preso da Ponte Carlo.
Poi ha comprato una cartolina anche per sé, per scriverci su l’itinerario ed infilarla in quello che, in principio, doveva essere un album fotografico ma stava diventando, pian piano, il suo atlante personale. Aveva iniziato a farlo da bambino, quando visitava un posto nuovo ogni domenica e non aveva una macchinetta per immortalare le colline toscane o il mare azzurro azzurro di Gaeta, aveva continuato dopo il suo viaggio in Francia con la scuola al terzo anno di liceo, dopo la gita in Inghilterra in quarto e per la trasferta in Sicilia dell’estate scorsa.
La cartolina che compra in uno dei tanti negozietti di souvenir di Praga ha stampato sopra un disegno stilizzato della piazza centrale, poche linee nere su fondo bianco, ché non ha voglia di una foto che gli ricordi di quel viaggio — ne ha già tante, più o meno belle, e l’unica che vorrebbe stampare la può, purtroppo, solo tenere impressa nella mente.
Un quadretto di un bianco asettico che ha come protagonisti una moquette polverosa, Antonio, due trolley azzurri, la chiave magnetica per una camera doppia e il ghigno che si apre sul viso del suo ragazzo alla vista di quel letto matrimoniale senza spalliera e con le lenzuola ancora da mettere.
Non è la prima volta che dormono insieme. Lo hanno fatto in tempi non sospetti, quando Antonio aveva troppo da fare col suo telefono che non prendeva nella casa tra i monti abruzzesi in cui Gabriele li aveva trascinati per pasquetta. Lo hanno fatto a capodanno, tra mille imbarazzi per un bacio dato due settimane prima e di cui nessuno dei due aveva fatto parola, una notte che, per quanto breve, era stata passata a prendere le misure.
Era arrivato febbraio, erano diventati “una cosa”, ed ora che è fine marzo si chiede se abbia senso imbarazzarsi così al solo pensiero di condividere il letto con qualcuno che ha dormito con te più di quanto tu non abbia fatto con te stesso.
Antonio sembra genuinamente brillare all’idea.
«Sul sito facevano vedere due letti separati.» dice, senza smettere di sorridere, abbandonando il trolley accanto all'entrata per piazzarsi al centro della stanza tutto spettinato e col cappello di lana in mano. 
Flavio si sente estremamente fortunato e, fosse anche meno emotivamente costipato, lo direbbe.
Praga era stata un'idea di Gabriele, una scusa per partire tutti insieme ed un portare avanti la tradizione che vuole i futuri diplomandi in viaggio per l'Europa in quell'unica settimana di fine marzo che i professori, un po' contrariati, fingono di concedere visto il veto della preside a qualsiasi uscita didattica durante l’ultimo anno.
Il biglietto era stato prenotato a ottobre, le stanze a novembre, e mentirebbe se dicesse che non ci sta pensando da allora — ma a novembre era diverso, a novembre dopo infiniti tira e molla Antonio aveva rotto definitivamente con chiunque fosse la persona che lo faceva essere perennemente imbronciato e lui non riusciva ad essere altro che arrabbiato.
Pensava di essere protettivo nei confronti del suo amico e a quanto pare, invece, era solo geloso.
La loro camera, in ogni caso, doveva essere una semplice doppia, due lettini separati da un comodino che già stavano pensando a come spostare, e invece si erano ritrovati con una matrimoniale vista cortile. Il ragazzo al banco della reception si è scusato dieci volte, loro dieci volte con un inglese zoppicante hanno risposto che non importa.
In ascensore Antonio non aveva fatto altro che dargli spallate, Giacomo era riuscito ad addormentarsi in piedi, Gabriele aveva solo aggrottato le sopracciglia come se stesse cercando di mettere a fuoco qualcosa nell’aria calda di quella stanzetta semovente.
Ma non ci vuole pensare.
Lo specchio alla sua destra gli restituisce un’immagine che, si accorge, non ha mai visto prima - ed anche quella sarebbe una bella cartolina, si dice, ma sa che ne sarebbe geloso, che non permetterebbe a nessun altro di guardarla.
Due ragazzi abbracciati, fronte contro fronte, le labbra che sanno ancora di baci e i capelli schiacciati dai berretti che hanno indossato fino a poco prima — sembra quasi la scena di un film, di quelli che non guarderebbe se passassero in tv ma che andrebbe a cercare quand’è solo per piangerci in silenzio.
Si sporge di nuovo per sfiorargli le labbra ancora una volta, lo sente sorridere, accarezzargli le guance come fa ogni volta che lo bacia e sanno di avere un quarto d’ora prima di uscire di nuovo, imbacuccati e col naso nelle sciarpe, a cercare di sfiorarsi casualmente e passarsi la birra con fare distratto.
Sente il naso di Antonio solleticargli il collo, un bacio che si posa lì dove comincia la spalla e la vibrazione leggera di una risata silenziosa contro la pelle.
«Che dici, è il momento sbagliato per dirti che ho portato il pigiama del Napoli?»
*
Non è successo a Praga, non è successo a pasquetta, non è successo neanche al compleanno di Giacomo quando tutti intrisi di alcol come neanche i vecchi stracci con cui pulivano le scale del suo palazzo né in uno dei qualsiasi momenti in cui poteva succedere e non è successo.
Di notte il belvedere è bellissimo, i paesi vicini sono laghetti di luce su un mare pieno di onde, ma ora è autunno e sono le cinque del pomeriggio. 
D’estate quel posto è sempre pieno, soprattutto di coppiette e famigliole con bambini che si godono il panorama mentre i pargoli scendono cento volte dallo stesso scivolo.
Ma è fine settembre, ha da poco smesso di piovere, e sul colle non si avventurano neanche le coppiette in cerca di intimità, ci sono solo lui, che è salito a piedi dal paese e inizia ad aver caldo nella sua felpa, e Antonio che fuma nervoso appoggiato al cofano della macchina.
Quella sigaretta è solo un apostrofo tra la conversazione che hanno avuto appena qualche ora prima sulla strada di casa e quella che avranno tra poco, aspettando che i lampioni si accendano e il parapetto di metallo nero si affacci direttamente sulla vallata sottostante pinticchiata di stelle.
«Sono venuto con te alla cresima di Chiaretta.» ecco il primo colpo, una parola e un tiro di sigaretta mentre lo fissa dritto negli occhi con aria affranta, arrabbiata, chissà cos’altro.
«C’ero al matrimonio di tua madre, ai settant’anni di tuo nonno, alla festa di pensionamento di tua nonna.» si passa una mano sul viso, tra i capelli la tuffa nella tasca del giacchetto di jeans e guarda altrove.
«E ogni volta mi sono vestito bene, sono venuto in un posto in cui non c’entravo un cazzo, ho stretto mani e firmato bigliettini d’auguri e sorriso a tutta una serie di parenti che mi guardavano giustamente perplessi e sono stato il tuo amico.»
«Antonio…»
«No, adesso ti stai zitto.» stende un braccio in avanti, come se non volesse farlo avvicinare, e Flavio si chiede se davvero lo conosce così poco da non sapere che, no, fare un passo avanti è l’ultima cosa che gli passa per la testa.
Antonio va fatto sfogare da solo, come un temporale.
«E non ti sto dicendo che devi dirlo a casa, fossero tutti come i miei a quest’ora non ci starebbero più guerre, ma capisci dove sbagli?»
«Lo sai che lo capisco.»
«E invece no, non lo so. Ma sai chi lo sa? Alessandro. E Francesca, cazzo. Lo sa Francesca ma non lo sanno i tuoi migliori amici. Lo sanno due stronzi che ci possono rovinare la vita ma non lo sa chi ci potrebbe parare il culo.»
Sposta il peso da un piede all’altro, lo sguardo a terra e Antonio che tossisce qualche passo più in là, colpetti secchi e stizzosi come ogni volta in cui è nervoso.
«Lo sa Nicandro, Fla’...ma quanto ti credi che siamo furbi? Quanto credi che sono stupidi gli altri?»  
È successo tre giorni prima a casa di Gabriele, tra le mille occhiate che il suo migliore amico e le mille espressioni perplesse di Giacomo. Nicandro aveva cenato con loro, aveva assaggiato un sorso di birra al limone avanzata dall’estate, e guardando lui e Antonio parlare vicini sul divano aveva chiesto ad alta voce «Ma voi due state insieme?».
Gabriele lo aveva praticamente trascinato fuori dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle, Giacomo non aveva parlato prima di aver tirato giù gli ultimi sorsi della bottiglia di vino che avevano aperto per l’occasione, piantando i gomiti sulle ginocchia con fare meditabondo, accarezzandosi sovrappensiero la cicatrice lasciata da una marmitta incandescente sul suo polso destro.
«Ah, ecco perché il gatto di Flavio odia Antonio…» aveva mormorato, con un sorriso vittorioso sulle labbra, parlando più con se stesso che con loro due e Gabriele era uscito dalla cucina trascinandosi dietro un imbarazzato Nicandro e una serie di domande che stanno per piovere loro addosso.
Quello sarebbe stato un momento perfetto per farlo, sospirare esasperato e chiedere “Ma possibile che Nicandro c’è arrivato prima di voi?”, scoprire le carte in tavole e farli sentire nauseati dall’idea di aver passato del tempo con una coppietta, proprio quello che evitano da sempre, proprio quello che evitano accuratamente di fare.
E invece non l’aveva fatto.
Non era successo neanche in una sera di inizio autunno dopo una bottiglia di rosso forte. 
Prima ancora che chiunque di loro potesse parlare, Antonio aveva riso di gusto, poi si era alzato lentamente e se n’era uscito senza neanche salutare. La serata era finita in un silenzio di tomba, lo stesso nel quale era tornato a casa e che l’aveva colpito, pesante come un macigno, durante la domenica che era passata e lo aveva trovato solo, sdraiato sul suo letto a chiedersi cosa c’è che non va in lui.
Non gli piace parlare di sé.
Anzi, no, Flavio adora parlare di sé finché il discorso va solo dove vuole lui, finché può scegliere, finché può tenere qualcosa per sé — e se da una parte sa che questo può solo far male a chi gli sta intorno, dall’altra non riesce a smettere.
«Non è quello, Anto’.» sospira, tirando la testa indietro. «E che poi penso: e se succede un casino? E se non trovo il modo di riaggiustarlo sto casino? E non dico casino che, boh, la gente dice “che schifo” e non ce parla più, de quello sticazzi, dico...altro. Vivemo in un buco de mondo, quanto ce mette a diffondese la storia? Tu non c’eri quando è venuto fuori di Alessandro.»
«E quindi la tua idea sarebbe?»
«Non ce l’ho un’idea. C’avessi un’idea staremmo a discute su un cazzo de belvedere co’ un’unimidità del trecento percento?»
Da qualche parte nella campagna sotto ai loro piedi due cani stanno litigando quanto loro, e si chiede se almeno uno di loro sia ragionevole e non stiano tentando, come lui e Antonio, di fare a gara e chi c’ha più voglia di rovinarsi la vita a suon di prese di posizione.
«Ti sta bene così?» chiede Antonio, buttando la sigaretta a terra e pestandola con un po’ troppa veemenza. 
«Non che non mi sta bene! Ma con chi cazzo sei stato gli ultimi sette mesi? A me me rodeva er culo quando parlavi con lo stronzo di giù, stavo male quando Salvatore faceva le battutine del cazzo sulle ragazze e te le presentava, mi viene voglia di spaccare le cose ogni volta che nonna caccia fuori la storia che, boh, ci sperava proprio che zio Giulio le avrebbe fatto almeno un nipotino.»
Si avvicina un paio di passi, Antonio gli fa spazio sul cofano perché possa appoggiarsi anche lui, ma Flavio rimane un po’ distante, aspetta di dire tutto quel che ha da dire prima di sentirsi l’altro addosso. 
«Io lo vorrei dire a tutti che sei il mio ragazzo. Soprattutto perché sei più figo di metà dei fidanzati di quelle che conosco.»
«Lo so.»
«Quale delle due cose?»
Antonio non risponde, si passa solo entrambe le mani sulla faccia con una risata bassa e stanca e rimane così, coi palmi sul viso, come quando cerchi di tirarti via il sonno dagli occhi o la tristezza dalla bocca.
«Tu l’hai capito che io non è che ce l’ho con te perché non sei pronto ma solo perché continui a dire il contrario quando non è vero e poi ci stiamo di merda tutti e due?»
«In realtà no.»   
«Marò, ma chi m'ha cecato a me?» chiede, senza smettere con quella risata che sembra più un sospiro, come se tutta quella situazione fosse una commedia pessima e non una tragedia annunciata, causata da promesse non mantenute, tempistiche storte e segreti grandi come case.
Ma Antonio non sembra più arrabbiato, ora, sembra solo stanco e Flavio sa che è sbagliato ma lo vede come un traguardo.
*
Semplicemente non succede. 
Non tutto insieme, almeno, non c’è alcun momento catartico o grande ammissione di intenti, non da parte sua perché Flavio è codardo ma anche estremamente testardo ed ha deciso di farlo, certo, ma a modo suo.
Cominciano con piccoli tocchi casuali, sguardi un po’ più lunghi, l’azzardo di tenersi per mano quando sono insieme a persone di cui si fidano.
Continuano con un bacio fugace mentre cucinano davanti a tutti, il dormirsi addosso sul sedile posteriore della macchina di Giacomo mentre tornano da qualche serata di bagordi, mangiare dallo stesso piattino al compleanno di Chiara.
Poi c’è sua nonna che per il suo compleanno, ancora un po’ tentennante, gli dice di invitare “il tuo ragazzo” a pranzo, suo nonno che gli chiede di spiegarsi meglio e gli chiede di avere pazienza perché, per un po’, cercherà di ignorare l’elefante nella stanza.
Quando Gabriele presenta loro la sua ragazza, stretta in un leggerissimo vestitino rosa nonostante i venti gradi e con le spalle coperte dai capelli più lunghi che abbia mai visto, Flavio fa altrettanto presentando il suo ragazzo. E se Rosa non capisce, e si tocca un orecchio per nascondere l’imbarazzo, Gabriele li abbraccia stretti stretti ed è, se possibile, ancora più felice — dallo schermo in cui Giacomo è in videochiamata arrivano parole che non capiscono nel chiasso generale, la connessione cade a metà cena, e alla fine il povero esule in terra marchigiana invia un messaggio che leggono solo a fine serata.
Ed è strano potersi baciare nell’androne del suo palazzo, vedere com’è la faccia di Antonio sotto alla luce aranciata che c’è sopra al portone e dura solo il tempo di farsi una rampa di scale — l’accendono sette volte prima di prendere strade diverse, e a Flavio piace anche l’idea di sapere ogni volta quanto durano i loro baci.
E gli piace poi salire le scale nella penombra che i lampioni gettano sulla via per evitare di accendere la luce altre due volte, entrare in casa felice, accarezzare un sempre più pingue ed aranciato Cicerone che, davvero, sembra essere l’unico a non aver preso bene la storia. (È davvero il compleanno di Anna se io non arrivo in scivolata, in tarda sera e con i capelli dritti, per postare cose? Eh? Lo è? No? Quindi: TANTI AUGURI ANNA DEL MIO CUORE QUEST’ANNO SEI FORTUNATA CHE POSTO DA PC E NON HO TUTTI I FASTIDIOSI CUORICINI CHE AVREI AVUTO NORMALMENTE <3) (come sempre taggo both account perché che ne so @putesseessereallero @blogitalianissimo)
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fashionbooksmilano · 5 years
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Gentlemen of Bacongo
Daniele Tamagni
text : Paul Smith, Daniele Tamagni, Paul Goodwin
creative director : Gigi Giannuzzi
Art director : Fruitmachine
Trolley Ltd, London, 224 pages, 80 colour illustrations
italian 2009 edition  €180,00  ISBN  9781907112072
english 2011 edition €120,00 (first published in 2009) ISBN 9781904563839
email if you want to buy :[email protected]
Dal 20 dicembre 2018 al 25 gennaio 2019 l'Urban Center a Milano ospita la mostra Gentlemen of Bacongo di Daniele Tamagni.
La mostra è un omaggio a un grande interprete dell’Africa, il fotografo Daniele Tamagni (Milano, 1975-2017) che ha dedicato ai Sapeurs un ampio progetto fotografico teso a cogliere gli aspetti più profondi di un codice estetico che è stato ed è espressione di uno stile di vita.
Ogni scatto coglie dettagli, espressioni, gesti sottolineando la stretta relazione tra persona e contesto sociale.
L’intimità dei suoi ritratti e del suo racconto testimonia lo stretto rapporto di fiducia e di autentica simpatia che l’autore è riuscito a instaurare con i soggetti rappresentati.
This book provides a fascinating insight to the vibrant street style of the 'Sapeurs', the elegant and immaculately dressed dandies from the heart of the Congo.
Designer brands of suits and accessories are important to sapeurs, and they work hard to save as much money as they can to dedicate to the most beautiful suits and accessories they can find. But their amazing style is also based on strict rules of elegance, beauty and harmony of colours. They dress to impress, whilst also being ambassadors of etiquette, peace and music, as well as the essence of style. The result is a unique and inspiring style, that has captured the imagination of people all over the world - the sapeurs are now truly the kings of elegance.
orders to:     [email protected]
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saggiosguardo · 4 years
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Ottime offerte per la Fotografia nel Black Friday 2019
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Le fotocamere che si usano di più sono quelle nei nostri smartphone e in questo periodo dell'anno si scattano più foto che mai. Stiamo passando da un oggetto che svolgeva bene un singolo compito ad uno che ne svolge tantissimi e sempre meglio. Ci sono tuttavia tante persone che non si accontentano di una foto fatta al volo, così come ci sono i professionisti e gli amatori che vogliono maggiore qualità, più controllo e specializzazione nei prodotti. Inoltre non bisogna dimenticare gli accessori, che spesso sono indispensabili per creare l'immagine che desideriamo, ecco quindi che la fotografia non è morta come dicono in tanti, si è solo trasferita in una sede ancora più specifica.
In questo articolo trovate una selezione delle migliori offerte sulle Smart TV per venerdì 29 novembre. Vi ricordo che durante tutto il giorno e poi ancora fino a lunedì, giorno del Cyber Monday, usciranno altri articoli tematici come questo, dedicati ad altre categorie di prodotti. Li troverete tutti racchiusi nella nostra pagina Black Friday 2019, mentre per essere informati tempestivamente sulle nuove offerte che usciranno seguite i canali Telegram SaggeOfferte, in particolare @SaggeOfferte_Tech.
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Dici Action camera, dici GoPro. L'offerta che abbiamo scovato per questo black friday include la Hero 8 Black (video 4K@60p, comandi vocali, stabilizzazione hypersmooth), l'impugnatura shorty (che si trasforma in un piccolo treppiede), la fascia per la testa, una batteria aggiuntiva e la scheda microSD da 32GB. Insomma, davvero tutto il necessario per ottenere ottimi risultati fin da subito.
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GoPro Hero 8 con accessori e microSD a 379€ https://amzn.to/2OWCDXy
Non sono mai stato un grande fanatico di zaini, preferendo la mia borsa bella capiente per l'attrezzatura. Però con il tempo ho potuto constatare la comodità di alcune soluzioni e adesso tra borse, messenger, tracolle, zaini, ecc... posso contare non meno di 10 modelli nel mio studio. Eppure sento di non avere ancora trovato la soluzione perfetta per ogni situazione. Potreste però riuscirci voi grazie alle offerte che abbiamo trovato su 3 ottimi zaini della Lowepro, azienda che realizza prodotti di qualità ed ora è sotto l'egida di Manfrotto.
Il primo è uno zaino combinato con trolley, capiente e ben organizzato.
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Il secondo è uno zaino per trasportare una buona quantità di obiettivi e corpi restando comunque comodo sopratutto per le lunghe passeggiate o le escursioni in montagna.
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L'ultimo è uno zaino più leggero, meno capiente per fotocamere ed obiettivi ma con lo spazio per trasportare dei vestiti (o altri oggetti) e una sacca d'acqua da 2 litri (non compresa)
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Italians do it better, e quando si tratta di sostenere una fotocamera questo detto è alquanto vero. I prodotti Manfrotto sono solidi, ben realizzati e curati nei dettagli. Non sono sempre in sconto, ma durante queste giornate di shopping ne troviamo spesso qualcuno tra le promozioni. Ecco quindi la nostra selezione.
Partiamo con l'ottimo 055 XPro3, che troviamo sia in versione normale, sia con la testa a 3 vie XPro. Supporta ben 8KG di carico, ha una colonna centrale che si può posizionare a 90°, clips sulle gambe comodi da sganciare e con una presa salda.
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Se invece si desidera un treppiede compatto e leggero c'è il Befree advanced GT realizzato in fibra di carbonio: pesa solo 1 chilo e mezzo e da chiuso misura 43cm. Ha una testa a sfera con piastra a sgancio rapido e l'altezza massima è di 163cm.
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from Ottime offerte per la Fotografia nel Black Friday 2019
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Yohoo! Well, ho deciso di risistemare per bene il mio tumblr fotografico che, fra una cosa e l'altra, si era perso un po' il suo significato originario - ovvero quello di una galleria di ricordi, molto semplicemente. Quindi ricominciamo, e dato che sto ricominciando ho deciso che la prima avrebbe dovuto essere una foto che non avevo mai messo su ma, comunque, è del tutto speciale! "Ma che" direte voi, "Intendi quella qua sopra?" Eh, sì. Questo sbiadito scorcio della tranquillissima e normalissima stazione di San Pietro è, per me, un'immagine speciale. Lasciate che vi racconti pourquois. Era la mattina del 4 marzo 2015. Io mi stavo trascinando molto stancamente dietro un trolley che conteneva più cose di quante la sua capienza e il buon senso avrebbero fisicamente consentito. Avevo il braccio indolenzito, un sacco sonno perché ero scesa dalla nave da poco e io in nave non dormo mai, ed essendo ancora i primi di marzo l'aria era ancora fredda e pungente - mentre, dove vengo io, le temperature sono sempre più miti. Così, dopo aver scarpinato per tutto il sottopassaggio ed essermi inerpicata lungo le scale col mio pesantissimo trolley, ho percorso la prima banchina - che, all'epoca, non aveva ancora le transenne -, roll roll roll,  e sono arrivata a fatica davanti alla porta; con le ultime forze (???) rimaste, ho fatto pochi passi verso il sedile più vicino e mi ci sono stravaccata. Al che, ho alzato uno sguardo sonnacchioso verso l'altra porta, l'entrata, quella che dà su Roma, e ho sorriso. Ho messo mano al cellulare - in quei giorni nuovo di pacca, il primo smartphone che avessi mai avuto - e, senza rifletterci troppo, ho scattato una foto. "Sono qui", ho pensato solo, e "sono qui" dice questa foto. Un pensiero semplice, e visto il mio esaurimento in quel momento non sono stata a farci chissà quali riflessioni filosofiche. Ma ora, a distanza di due anni, mentre aspetto che il sugo all'amatriciana sia pronto, posso sedermi qui comoda comoda ed elencare tutti i significati di quelle due parole. "Sono qui - finalmente seduta, oddio sto morendo, devo aspettare arrivi Soe e soprattutto mancano ancora due ore di viaggio", perché in un certo senso avevo appena iniziato, "Sono qui - a Roma", e questo basta per dire tutto, "Sono qui - nella stazione di San Pietro", che è speciale perché è il posto dove ho incontrato per la prima volta Soe, è sempre stata la prima stazione in cui scendevo quando arrivavo da Civitavecchia post-nave, è stata la prima cosa che ho visto di Roma, che è stata la stazione che ho visto più spesso... certo,  probabilmente ho passato più tempo a Fiera di Roma, ma. Io e la stazione di San Pietro abbiamo un certo rapporto di intimità, ormai. E' sempre stata la prima e, anche durante le nostre scorribande per Roma, è quasi sempre la stazione da cui alla fine torniamo, o la intravediamo scorrere dai finestrini. Quindi, capite bene, io questa stazione che è molto più piccola e meno speciale da quello che ci si aspetterebbe per San Pietro la amo, "Sono qui - e ci rimango, perché oggi mi trasferisco a Viterbo", ed ecco perché il mio bagaglio era così pesante, dato che conteneva tutti i miei vestiti e gli oggetti deputati della sopravvivenza tipo il PC, "Sono qui - all'inizio..." ... "di una nuova vita" suona molto melenso e un filo melodrammatico, ma il concetto era quello, "Sono qui", semplicemente. Quel giorno non pensai tutte queste cose. Ma erano lì e splendevano, anche se non viste. Io poi ho rimesso giù il cellulare e, per quel che ricordo, mi sono avvicinata alla macchinetta per farmi un cappuccino alla cioccolata bianca. Nessuna riflessione, niente, solo il brontolio del mio stomaco. Ma, pur nello stordimento e nel bisognissimo di una dormita, sapevo vagamente che quella foto - per quanto non molto scenografica e, vista da qualcun altro, poco significativa - non l'avrei mai cancellata.
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saggiosguardo · 6 years
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Recensione: Peak Design The Everyday Backpack 20L, lo zaino fotografico
Quando ho provato il primo prodotto realizzato da Peak Design sono rimasto letteralmente stregato dalla quantità di idee originali e soluzioni innovative che questo team di appassionati è riuscito a mettere insieme. Credetemi: ho la casa, lo studio e persino l'auto piena di borse di ogni tipo, ma alla fine uso la Everyday Messenger (recensione) nel 90% dei casi. L'azienda l'ha concepita come la borsa per tutti i giorni – il nome lo mette in chiaro – ed è effettivamente ciò che rappresenta per me. Comoda, capiente e compatta, bella ed estremamente versatile: davvero difficile trovare di meglio. Le uniche situazioni in cui la sento inadatta sono quelle in cui devo fare lunghe escursioni, perché in quei casi uno zaino è molto meno stancante. Potevo dunque non provare il loro nuovo Everyday Backpack?
Due le varianti dimensionali, 20L e 30L, entrambe adatte ad ospitare un portatile fino al 15". Ecco perché ho preferito la prima, che consente di contenere le dimensioni ed il peso pur risultando ampia a sufficienza. Quando l'ho presa esistevano solo due colorazioni: le classiche Charcoal e Tan che Peak Design propone già da alcuni anni. Dovendo scegliere tra queste, che sono essenzialmente grigio scuro e marrone, ho preferito la prima. Adesso, invece, ci sono altre due finiture gradevoli: Black (con richiami beige) e Ash (con richiami blu). Devo dire tutte molto riuscite, si tratta solo di gusti ed abbinamenti, ma il Charcol rimane il mio preferito per versatilità ed estetica.
La cosa più difficile con i prodotti di Peak Design è riuscire ad illustrare tutte le caratteristiche e le funzionalità che offrono. Sembra strano usare questi termini per uno zaino, ma la quantità di soluzioni innovative, brevetti e possibilità d'uso, superano abbondantemente quelli che potreste immaginare. Inizio dall'esterno, evidenziando il robustissimo nylon del rivestimento. Questo non è solo resistente ai graffi e all'usura, ma è anche waterproof ed esteticamente molto riuscito. Per completare la resistenza alle intemperie anche le cerniere sono sigillate e di altissima qualità: quando è tutto ben chiuso si può davvero stare sotto la pioggia senza rischi per l'attrezzatura.
Prima di analizzare tutto il resto, credo sia opportuna una precisazione. Peak Design ha concepito questo zaino in un modo piuttosto particolare. La maggior parte di quelli che ho visto e che possiedo, si dividono in due categorie. Ci sono quelli in cui il posteriore si apre completamente, in stile trolley, e quelli che dividono lo spazio in due compartimenti (tipicamente quello inferiore per l'hardware e quello superiore per la minuteria). L'Everyday Backpack, invece, è un contenitore unico completamente accessibile da 3 lati su 4.
In pratica è quasi più simile nella concezione ad una tracolla di tipo messenger che ad uno zaino, con l'unica differenza dell'uso in verticale e dei due spallacci. Questo particolare aspetto mi ha un po' spiazzato all'inizio, perché nelle escursioni sono abituato a portare con me anche degli effetti personali, come un maglioncino o uno snack, e mi sembra più logico che vi sia uno spazio completamente separato dal resto. Tuttavia la soluzione di Peak Design offre molta più versatilità e con i tre separatori in dotazione si riesce ad ottenere una divisione quasi altrettanto valida.
L'esempio qui sopra mostra quello che può considerarsi un potenziale limite di questo approccio. Chiarisco meglio ciò che mostro nell'immagine superiore: aprendo una delle due zip laterali si accede anche a ciò che sta nello "scomparto superiore" creato con l'ultimo separatore e accessibile dall'alto. Detto così sembra un vantaggio, ed effettivamente può esserlo in molte occasioni, ma non lo è nel caso in cui si voglia suddividere l'attrezzatura dagli effetti personali. Faccio un esempio sciocco ma che mi è effettivamente successo: apro da un lato per prendere la fotocamera e vedo una mela fuoriuscire e cadere per terra. Nulla che non si potesse evitare con maggiore accortezza nell'uso, perché si deve aprire la zip solo quando si tiene lo zaino in piano per evitare che possano cadere elementi ben più costosi di una mela, ma io parto sempre dall'idea che uno strumento ben progettato debba anche risolvere i problemi più banali dovuti ad un utilizzo imperfetto. Mi sono dilungato troppo su un aspetto che per molti sarà completamente secondario e probabilmente neanche facile da risolvere, perché facendo partire le zip laterali più in basso si perderebbe uno dei vantaggi di questo zaino, ovvero l'accesso da 270° gradi. L'unica cosa che mi è venuta in mente è che si potrebbero aggiungere due lembi laterali ad uno dei tre separatori in dotazione, così da poterli usare per chiudere uno o entrambi gli accessi laterali nel caso in cui lo si voglia. Che dite, lo suggeriamo al team di progettisti per una versione 2.0?
Chiusa questa parentesi, riprendiamo con la descrizione più generica della struttura, che pesa circa 1,2Kg ed ha dimensioni complessive di 30 x 46 x 17 cm. L'ultimo dato – lo spessore – può variare in base a quanto si riempie lo zaino ma non avendo tasche frontali rimane mediamente più sottile degli altri. I vantaggi di questa soluzione sono molteplici ma si apprezza soprattutto il fatto che rimanga poco sbilanciato rispetto al corpo e, quindi, meno gravoso sulla schiena.
La tasca superiore non poteva che riproporre la comodissima soluzione della Messenger di Peak Design, con la chiusura a più livelli ed un sistema che ha una solidità e praticità ineguagliabili. Ci sono 4 posizioni di aggancio su altrettanti ponticelli in acciaio e si può scegliere quello giusto per ogni circostanza in base a quanto si riempie il vano superiore.
In realtà non si deve neanche scegliere, perché basta un gesto con una mano sola per chiudere la copertura e al tempo stesso fissarla in corrispondenza del ponticello più prossimo. Il sistema si basa su molle resistentissime e calamite, tecnicamente complesso e brevettato, ma a noi importa solo una cosa: è troppo comodo!
Da ogni punto la si guardi, la Everyday Backpack sa stupire con i suoi dettagli tecnici e stilistici. Le impunture a contrasto, la quantità di lacci e tasche dove non te l'aspetti e quei fantastici sistemi di aggancio piatti e circolariche si adattano comodamente alle diverse angolazioni senza aggrovigliarsi mai.
I tre separatori in dotazione sono di nuova concezione. Mantengono i punti di forza dei precedenti, come la robustezza e l'imbottitura che rimangono perfette anche dopo molto tempo, senza incurvarsi come quelli degli altri produttori. E poi hanno questa struttura che ricorda molto gli origami, consentendoci moltissime possibilità di organizzazione diverse a seconda delle necessità. Si possono posizionare ovunque nella borsa e pur essendo tre riescono a creare molti scompartimenti secondari, non solo i quattro che si potrebbero immaginare. Questo per merito della differenti modalità d'uso e soprattutto per le estremità laterali che si possono letteralmente aprire.
La soluzione è particolarmente ingegnosa, in quanto risulta utile sia per creare un doppio livello con l'aletta piegata che per separare gli elementi. Inoltre può servire per ricavare nei vuoti degli spazi aggiuntivi per piccoli oggetti, invece che ammassarli col rischio che urtino tra di loro e si rovinino.
Le diverse possibilità di configurazione consentono di ospitare qualsiasi corpo fotografico ed anche teleobiettivi zoom come il 70-200mm. Ci sta una reflex con fullgrip, volendo, ma personalmente la uso quasi sempre con il corredo mirrorless. In due soli vani ci entrano comodamente la Panasonic GH5 con tre obiettivi abbastanza voluminosi (12-60 Pro Olympus, 8-14 Lumix e il 42.5 Leica) e il secondo corpo G80 con batteri grip. Quando giro video nello spazio in basso inserisco lo SliderOne di Edelkrone con Motion Module e FlexTilt Head 2, con due batterie e caricatore.
Nell'area superiore, invece, sono solito riporre oggetti extra, nel caso specifico per un'uscita video avevo il loop LCDVF 3C oltre che un iPad, cuffie e speaker Bluetooth. Da notare che questa zona non è isolata dal resto, perché i separatori non "tappano" completamente ai lati, quindi non ci si devono mettere elementi troppo piccoli che scivolerebbero giù.
Per questo motivo vi è una tasca aggiuntiva qui, anche se quasi non si nota perché è del tutto piatta e con chiusura magnetica. Si vede giusto l'accento del bordino nero, altrimenti sarebbe davvero invisibile. Purtroppo non ci va lo smartphone, ma può essere utile per riporre gli oggettini di piccola taglia di cui parlavo prima e che altrimenti rischierebbero di scivolare giù.
La robusta zip in alto va da parte a parte e consente di inserire un portatile con estrema facilità. Il MacBook Pro 15" (recensione) ci sta perfettamente e ci sarebbe anche una seconda tasca piatta per un tablet, ma non vi si riesce ad inserire nulla al di fuori di fogli di carta nel momento in cui lo zaino è carico. Quindi computer + tablet non è scontato che si possano portare insieme se non andando a mettere quest'ultimo nella tasca in alto come ho fatto io. All'interno del vano porta computer, che è davvero ben imbottito, vi è una particolare sacca morbida molto corta, completamente piatta se non utilizzata ma che può essere usata in diversi modi. Nel mio caso l'ho trovata una soluzione perfetta per il caricatore del computer, che ci sta perfettamente anche se causa un leggero rigonfiamento all'interno nel vano superiore.
Come ho già detto, lo zaino ha tre aperture, due delle quali sui lati lunghi. Le stesse sono state sfruttate in modo intelligente da Peak Design, poiché all'interno di ogni zip vi sono diversi scompartimenti utili per trasportare batterie, hard disk, cavetti e tutta l'altra "minutaglia" che non si sa mai dove mettere.
Concludiamo l'estenuate tour delle tasche presenti nell'Everyday Backpack 20L con le due esterne, che sembrano piccole ma non lo sono affatto! Il materiale qui è più elastico e si allargano tanto fino a contenere borracce di taglia grande o un treppiedi piccolo.
All'interno vi si scoprono laccetti di diverso tipo, alcuni fissati ad una estremità altri estraibili. Ammetto che può venire il mal di testa per le infinite possibilità d'uso degli stessi ma una cosa è certa: se vi viene in mente qualcosa, Peak Design ci ha pensato prima di voi.
Nella parte bassa frontale c'è una ulteriore tasca nascosta dove se ne trovano altri due molto simili che si possono usare per creare un ponte da parte a parte sul frontale, fissandoli a due piccoli occhielli. Si possono usare in verticale o incrociati, il limite è solo la nostra fantasia. Ovviamente anche queste cinghie, per quanto piccole, sono realizzate con un pratico sistema di adattamento rapido: si tira in alto e poi in basso per stringere e poi basta sollevare le borchie dal basso per allentare. Servono davvero due dita per fare una cosa che di solito ci fa impazzire.
Sul retro si può notare uno spazio molto ampio e ben imbottito che si può allargare per agganciare lo zaino ad un trolley (va messo in orizzontale), mentre in basso, alle estremità, vi sono due invisibili scompartimenti in cui sono nascoste le cinghie per fissare lo zaino all'addome.
Come ho già detto: Peak Design ha pensato davvero a tutto.
Le due tracolle sono ampie e comode, ma come altre realizzate dal marchio possono risultare scivolose. È infatti molto utile un ulteriore laccio con borchie in acciaio che blocca tra di loro gli spallacci sul torace, in modo che lo zaino stia ben saldo. Conviene usarli quando possibile, anche perché se lo zaino non "balla" distaccandosi dalla schiena, risulta anche più confortevole nei lunghi percorsi. Inutile sottolineare che anche questi sistemi di fissaggio sono di  una semplicità unica e con borchie di acciaio inossidabile monoblocco.
È davvero estenuante elencare tutte le funzionalità previste nell'Everyday Backpack, vi avevo avvisati, ma ci avviamo alla conclusione parlando brevemente delle maniglie. Già perché Peak Design non ne ha messa una o due ma addirittura tre. Non sapete quanto tutto ciò sia utile in mille circostante diverse. Tranne di non avere lo zaino testa in giù, si ha sempre un appiglio sicuro da cui prenderlo. Le maniglie sono robuste, rivestite di un ottimo materiale liscio al tatto ed ampie quanto basta per una presa comoda.
Sapete la cosa bella? In tutto questo elenco e con tutte queste immagini, non ho potuto comunque rappresentare al completo le modalità d'uso e le chicche tecnologiche di questo zaino. Vi dico l'ultima però, in quanto molto importante: gli spallacci hanno due occhielli in cui si può inserire il pollice e con un unico gesto (in alto e poi di nuovo in basso tirando) si possono accorciare simultaneamente per aderire bene al corpo. Sono queste le cose che rendono unica Peak Design e che vi faranno amare l'Everyday Backpack.
Tutto questo materiale si può mettere senza problemi in questo zaino!
Conclusione
Ho finito le parole, se avessi dovuto leggere quanto scritto ora sarei sicuramente senza fiato. Penso abbiate capito che questo, come tutti gli altri prodotti dell'azienda, mi ha colpito molto. Il fatto che il vano superiore non sia separato nettamente o, meglio, che non vi sia proprio un vano superiore ma un unico grande spazio divisibile, deve essere considerato nella disposizione degli elementi. È una soluzione insolita che all'inizio mi ha creato un po' di disagio ma che si può tranquillamente gestire grazie alle infinite soluzioni alternative disponibili e le molteplici tasche. Lo zaino Everyday Backpack 20L ha una dimensione perfettamente indovinata per risolvere le esigenze di mobilità senza eccedere in pesi ed ingombri e la sua realizzazione rispecchia in pieno l'approccio smart di Peak Design, soddisfando esigenze concrete con soluzioni originali e confezionando il tutto con uno stile moderno ma al tempo stesso sobrio ed elegante. Mi piace, c'è poco da fare. Forse non è perfetto come la Messenger, che mi sembra ancor più centrata nella sua essenza e funzione, ma siamo sempre di fronte ad un prodotto top in ogni aspetto, prezzo incluso. In Italia non è facilissimo da trovare ma appare spesso su Amazon con costi che variando da un minimo di 260€ ad un massimo di 300€, a seconda del modello e della colorazione. Se lo chiedete a me, vi dico che li merita senza il minimo dubbio, ma è un discorso che vale per chi è sensibile a tutte le peculiarità uniche del prodotto, altrimenti uno zaino AmazonBasics da 50€ è già sufficiente per trasportare l'attrezzatura in comodità. Ma non tentate un confronto, sarebbe come paragonare gli scarabocchi che fate sulla settimana enigmista con un Picasso.
PRO  Design e qualità costruttiva  Rivestimento resistente all'acqua  Rinforzi strutturali su tutti i lati e in fondo  Spallacci morbidi, comoda e facilissima da stringere o allargare  Ben tre maniglie, tutte molto comode  Ganci e supporti in acciaio inossidabile monoblocco e senza parti mobili  Innovativo sistema di chiusura: facilissimo, robusto, adattabile  Possibilità di chiuderla a 4 altezze diverse  Cinghie aggiuntive per fissarla alla vita o bloccare elementi all'esterno  Attacchi nativi per per Capture Pro  Vano computer fino a 15"  Divisori Flex-Fold rimodellabili sia nella forma che nella posizione  Vano unico con accessi a 270°  Possibilità di fissare un treppiede
CONTRO Gli spallacci sono scivolosi: usate il gancio in dotazione per fermarli Non c'è uno spazio davvero ottimale per lo smartphone Difficile ospitare sia il portatile che un tablet spesso (o con tastiera) Il vano unico non consente di avere un'area completamente sigillata in alto
DA CONSIDERARE Il prezzo è elevato ma commisurato alla qualità
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