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#sia!recos
belladecasa · 10 months
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Allora stamattina mi reco nel luogo che frequento più di casa mia cioè la stazione Tiburtina, guardo tabellone partenze e noto con stupore che non c'era il mio treno, allora ricontrollo il biglietto e, sudore freddo: lo avevo preso da Bologna a Tiburtina e non viceversa. Forse pure peggio di quella volta in cui andai in stazione e mi resi conto che non avevo veramente preso il biglietto, avevo solo immaginato di prenderlo. Ora dico io tutto questo non può essere normale, io sinceramente vorrei che si riconoscesse che non sono in grado di intendere e di volere, voglio che mi sia passata dallo Stato una badante perché non ce la faccio più, sinceramente quella sciagurata di mia madre non se lo merita, ho anche pensato di assoldare un sicario sul deep web per farmi uccidere cosicché non passi che mi sia suicidata però è troppo dispendioso, magari facciamo una colletta, che ne dite? Fatemi sap
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nineteeneighty4 · 1 year
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Principio di novembre o quasi :
-non indossavo uno shorts di prima mattina da anni
-ho rispolverato delle francesine bellissime che avevo totalmente dimenticato.
-mentre cammino penso che in parte sia vero che " chi bella vuole apparire un po' deve soffrire". Come cavolo fanno quelle della mia età a stare sempre in ghingheri?
-fa un freddo boia (ero rimasta al prosieguo dell'estate)
-non mi reco alla stazione da mesi
-spero che smettano di bussarmi col clacson.
E niente, buongiorno!
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vento-del-nord · 2 years
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Prendimi adesso che fa ancora sì mattina
e che ti reco dalie nuove in mano.
Prendimi adesso mentre ancora è buia
questa mia chioma taciturna,
adesso che profuma la mia carne
e sono, gli occhi, chiari, e rosea è la mia pelle,
adesso che il mio piede lieve
calza il sandalo vivo della primavera,
adesso che sulle mie labbra echeggia il riso
come campana a perdifiato.
Dopo... so bene, ah so che dopo
più nulla avrò di tutto questo,
che allora il desiderio tuo sarà più inutile
d'un'offerta deposta sopra un mausoleo.
Prendimi adesso che fa ancora sì mattina
e che d'aromi è piena la mia mano!
Oggi, ma non più tardi! Prima che sia notte,
che la fresca corolla sia avvizzita...
Oggi, ma non domani! Amante mio…
- Juana De Ibarbourou
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A gennaio mi reco a Bonn, e stiamo insieme forse per la prima volta come vogliamo. Come possiamo.  La settimana non si apre facilmente. Ma si conclude meglio. Come è nelle  abitudini di entrambi, ma in particolare di Andrea, appena io sono sul treno lei già mi sta scrivendo e imbuca il giorno stesso una lettera che arriverà a Milano molto dopo di me. Ogni missiva è una battaglia di pensieri e dubbi. Sia le sue che le mie. Ma mentre io non ho perplessità circa la nostra relazione, lei è spesso combattuta. La distanza è un peso enorme, per Lei. Le mie vere preoccuazioni sono legate ad altro. Gli eventi a casa mia sono devastanti, mio padre è violento e aggressivo con mia madre, continuamente. Mia madre l’anno successivo tenterà il suicidio 10 volte. Quasi riuscendoci, in due occasioni. Non ci sono soldi in casa e io dovrò abbandonare ben presto gli studi per lavorare. Ma non ho cuore di riferire queste cose ad Andrea. Di parlarle delle giornate violente e del clima assurdo che vivo a casa ogni giorno. Del senso di abbandono e solitudine che vivo quotidianamente. La distanza è un ostacolo già sufficiente tra noi. Non voglio che lei si senta  in dovere di aiutarmi, o che si preoccupi per me. Non potrebbe fare nulla da quella distanza e finirebbe solo per patire anche di più. E io per lei.
Il mio comportamento - che lei descrive così quando parla di me a me stesso, che non sempre sono tranquillo - è legato non alla relazione con lei,ma a tutto questo, alla mia situazione. Ma Andrea lo ignora. Il vedermi teso causa reazioni, ma riferirle le mie ragioni aumenterebbe solo i problemi, e poi non sarebbe giusto nei suoi confronti. Questo genererà alcune terribili incomprensioni tra noi, ben presto.
Però almeno, almeno ci diciamo onestamente tutto. Forse troppo. Anche nelle situazioni più complicate. Ci fidavamo profondamente l’uno dell’altra. Al punto di confessarci  anche quello che di solito si evita. Pensavamo, entrambi,  per una inclinazione naturale del nostro carattere, che la nostra unione fosse fondata su certi pilastri. Alcuni solidi, altri vacillanti. Ma che il cuore, i nostri cuori dovessero comunicare totalmente per poter sopravvivere. E’ tutto molto insolito a ripensarci. Quando guardo “this is us” e osservo Rebecca e Jack parlare tra loro, come coppia, o come marito e moglie, e affrontare problemi che fanno tremare molte relazioni, io rivedo in loro la stessa forza, la stessa  stupida onestà che avevamo io e Andrea. E forse per questo non riesco più a guardarli. Perchè mi ricorda chi eravamo. Mi manca questa sincerità che avevamo, di parlare di tutto, anche di ciò che ci faceva più paura, non per ferirci ma per rispetto e amore.  Per parlare dal profondo del cuore. Andrea 20 anni, io poco più. Eravamo due ragazzi, pensavamo e agivamo da adulti. Ritenendo, forse stupidamente, che la nostra vita fosse nostra - che quello che facevamo fosse il frutto della nostra volontà, forza, intensità, e spirito. Ma forse poi in definitiva, era così.
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lunamarish · 2 months
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Il 2 novembre 1973, 39 anni fa, una donna siciliana scrisse una lettera al marito, emigrato in Germania. La lettera, parte di un carteggio andato smarrito, finì poi tra le mani dello scrittore di Comiso Gesualdo Bufalino, il quale tentò di darne un’interpretazione. Sia la donna che il marito, infatti, erano analfabeti. Per questa ragione la donna, anziché rivolgersi ad uno scrivano come si faceva in questi casi, scelse di esprimersi con una serie di disegnini o pittogrammi, all’interno di un unico foglio bianco e a righe.
La lettera si apre con un cuore colpito da una freccia e prosegue con quattro esserini in fila: la donna e i figli, verosimilmente. Più avanti i disegni sembrano puntualizzare su questioni politiche (i simboli di uno scudo crociato e di una falce e martello) e riferirsi ad altre faccende che riguardavano il sostentamento quotidiano della famiglia. In tutto si contano cinque cuori, forse solo casualmente corrispondenti al numero dei componenti del nucleo famigliare, mentre la piccola grotta con stella cometa verso il finale potrebbe suggerire un: ci vediamo a Natale. Di certo, l’esatta comprensione di questi segni è riservata soprattutto a chi si è trovato in possesso dei corretti riferimenti interni: quella donna e quell’uomo. Bufalino, che seppe di quella famiglia dai racconti di un farmacista di paese, provò comunque a darne una sua decodifica, eccezionalmente acuta e puntuale, che finì tra le pagine del libro La luce e il lutto, pubblicato per Sellerio nel 1996. Ecco che cosa scrisse:
Anni fa – non molti, è bene saperlo in anticipo – un carteggio di raro tenore s’intrecciò tra due coniugi siciliani, lui emigrato per lavoro in Germania, lei rimasta in paese ad accudire la vecchia suocera e la giovanissima prole. Analfabeti entrambi e riluttanti a dividere con uno scrivano estraneo e venale i segreti della propria intimità (fossero effusioni d’affetto o notizie di spicciola economia domestica), i due sposi ricorsero, per corrispondere, ad un linguaggio di convenzione, un sistema di pittografie in sequenza, il cui senso risultasse intelligibile al destinatario. “Amore mio caro, il mio cuore è trafitto dal tuo pensiero lontano, e ti tendo le braccia insieme ai tre figli. Tutti in buona salute, io e i due grandicelli, indisposto, ma non gravemente, il piccino. La precedente lettera che t’ho spedito non ha ricevuto risposta e ne soffro. Tua madre, colpita da un male, si trova in ospedale, dove mi reco a trovarla. Non temere che ci vada a mani vuote; né sola, dando esca a malelingue: m’accompagna il figlio mezzano, mentre il maggiore rimane a guardare il minore. Il nostro poderetto, ho provveduto che fosse arato e seminato. Ai due “giornalieri” ho dato 150.000 lire. Si son fatte le elezioni per il Comune. Ho votato Democrazia Cristiana, come il parroco m’ha suggerito. Per la Falce e Martello la sconfitta è stata grande: come fossero morti, in un cataletto. Ma che vincano gli uni o gli altri, è tutt’una. Nulla cambia per noi poveretti: abbiamo zappato ieri, zapperemo ancora domani. Molte ulive quest’anno, dai nostri ulivi. L’uomo e i due ragazzi che ho assunto, l’uno per bacchiarle, gli altri per raccoglierle a terra, mi sono costati 27.000 lire. Altre 12.000 lire le ho spese per il frantoio. Ne ho ricavato tant’olio da riempire una giara grande e una piccola. Posso ricavarne il prezzo corrente che è di 1.300 lire al litro. Amore lontano, il mio cuore ti pensa. Ora, soprattutto, che viene Natale e vorrei essere insieme a te, cuore a cuore. Un abbraccio, dunque, da me e dai tre figliolini. Arrivederci, amore caro, il mio cuore è tuo e ti sono fedele, unita a te come i nostri due anelli.
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Una lettera d'amore, Il Post: [link]
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sensitiv3content · 4 months
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Perché ho tutto questo dolore dentro di me? Perché proprio io? Vorrei solo essere diversa avere altri ricordi avere un padre che sta bene che non si è mai drogato che non è mai finito in carcere che non abbia mai picchiato mia madre che non l’abbia mai rinchiusa in casa come faceva con me quando cercavo di scappare perché mi terrorizzava quando diventava violento e pericoloso non essere mai stata rapita da lui non essere mai stata portata in comunità non essermi sentita abbandonata non essere andata da psicologi e psichiatri fin da quando ne ho memoria non essere mai stata allontanata dalla classe per vedere gli educatori o da mia mamma per mesi senza vederla più da un momento all’altro non aver mai pianto nei bagni alle elementari per paura di uscire e trovarmelo fuori a fare casino non essere mai stata obbligata a vederlo non sentire quel dolore ogni giorno come se fosse il presente vorrei solo essere stabile aver avuto problemi tipo non voler fare i compiti non vivere tutta questa merda quando dovevo solo essere protetta e mai portata via da casa mia passando di comunità in comunità facendo amicizie che poi dovevo lasciare non avrei mai dovuto piangere in silenzio da sola al buio in un posto sconosciuto con persone sconosciute perché pensavo di aver sbagliato e che mia mamma non mi volesse più non sarei mai dovuta stare lontano da mia sorella per poi non riconoscerla talmente era cresciuta non mi sarei mai dovuta sentire sola avevo 6 anni cazzo nessuno mi capiva nessuno avrebbe mai dovuto allontanarmi da mia mia mamma nessuno a 6 anni dovrebbe da un momento all altro occuparsi di se stesso da solo non avrei mai dovuto continuare a crederti e ogni volta rimanerci male perché non cambiavi mai e continuare così per anni per poi smettere di fidarmi non solo di te ma di qualsiasi persona qualsiasi frase sono cresciuta con le bugie e ora appena succede qualcosa ho dubbi in ogni parola mi sale la paura che non sia vero che quella persona mi farà del male come me ne hai fatto tu e tu avresti dovuto prenderti le medicine così adesso non avrei dovuto prenderle io e non farei del male a nessuno invece sono come te tu mi hai fatto questo reco solo dolore agli altri da sempre vorrei uscire da questo cazzo di casino ma ce l’ho tutto dentro e ogni piccola cosa mi uccide vorrei solo essere forte come gli altri che nonostante la merda hanno radici forti e stabili
Come faccio ad andare avanti? Quando smetterò di rivivere tutto ogni giorno? Quando smetterò di rovinare ogni cosa ogni persona? Voglio solo essere più forte più stabile meno sensibile meno malinconica meno fragile cazzo a non allontanare tutti a non isolarmi a non trovare sempre il brutto in ogni persona?
Quanto resisterò così? Riuscirò a essere una persona leggera? Riuscirò a vivere le cose senza paura senza rovinarle senza fare del male ma aiutandole anzi perché ci si deve voler salvare per poter permettere agli altri di tenerti la mano mentre lo farai
Spero di diventare una persona buona che trasmette forza colori e di avere la forza di allontanarmi da tutto quello che mi trattiene giù e spero di sentire meno intensamente le cose di non essere più tossica come la mia infanzia e di riuscire a crearmi le radici del mio albero che ci si crea quando si è piccoli per far sì che sia stabile crescendo penso non sia mai troppo tardi per farlo ed è okay se a 20 anni non se lo si è ancora creato e ad ogni soffio di vento cada l’importante è avere la forza di scendere giù infilarle bene sotto terra e iniziare a farlo crescere solido in modo stabile a volte c’è bisogno di sistemare ciò che non siamo riusciti a fare da piccoli sarà faticoso mai poi sarà magnifico e pieno di fiori
È okay non essere ancora pronti c’è fretta per una cosa così delicata ma forte serve a chi da piccolo non ha avuto abbastanza tranquillità per crearlo mammano che cresceva ci vorrà un po’ ma serve per vivere in modo leggero per planare sulle cose dall’alto per non farti travolgere da tutto
E quando lo faremo nessuna carezza toccandoci ci brucerà la pelle
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Considerate la vostra semenza
Fatti e non fosti a viver di amore
Ma di KPI e di sostanza
Sicché la pancia e l’affitto
Non li pago con l’affetto
Ma col profitto
Io a far la vendita mi reco
Ove io possa trovar un funnello
Che faccia al nome dell’azienda eco
Affiché non sia la mia fame 
A spingere le vendite
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gioacchi · 4 months
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Voglio condividere una cosa con voi
Quasi ogni domenica mi reco verso il cimitero della mia città natale portando con me sempre due libri che ho scritto ma non ho ancora pubblicato in sé questi due libri racchiudono delle mie frasi in qui le mie fragilità le mie paure le mie insicurezze le miei emozioni racchiudono parti di me racchiudono frasi adolescenziali ma sicuramente voi mi direte è perché vai al cimitero che fai scrivi la ??
Bhe no vado lì perché vado a leggere ogni volta una pagina di questi due miei libri sulla tomba di mio zio che in sé lui mi aveva dato l’ispirazione di scrivere
In qualche modo sono sicuro che lui possa sentirmi possa guardarmi possa ascoltare questi almeno così mi piace pensare esattamente come faceva quando lui era ancora qua questi due libri si intitolano
1) perso nel tempo
2) (You need to be able to embrace your dreams exactly as you embrace life) ovvero Devi riuscire ad abbracciare i tuoi sogni esattamente come abbracci la vita
Comunque ciò che volevo condividere con voi non si trattava di questo ma bensì che oggi quando sono sceso di casa vicino da me abita una ragazza che conoscono a malapena la vedo quasi tutti i giorni non mi ha mai parlato fino ad oggi mattina mi a chiesto perché portassi sempre con me questi due libri io la guardai mi misi seduto sopra un gradino delle scale e le dissi questi due libri li ho scritti io lei sorpresa mi dissi ah bene quindi sei un poeta io riposi di no perché in realtà non sono un poeta mi disse il perché io scrivessi allora dato che non avevo nessuna passione per la scrittura gli dissi che quei libri erano protagonisti della mia stessa vita in qui dentro quei libri ci fosse racchiuso tutto ciò che io non ho mai detto a voce alta quindi lei mi dissi ah quindi allora non sono libri ma sono dei diari per te io risposi sempre sì no così gli dissi facciamo una cosa se mi prometti che tene prendi cura telo farò leggere lei rispose di sì arrivato la sera mi vidi mi a fermato per ridarmi il libro con gli occhi lucidi mi dissi che avevo un gran talento e che ammirava tutto quello che ho scritto
Quindi ho deciso di lasciarvi una piccola frase del mio libro così che potete riuscire a capire almeno la metafora di questi due libri
E quando i tuoi occhi si sono chiusi non ho avuto più stelle da poter guardare sono ritornato a casa con la faccia bagnata dalle lacrime so che sei in qualche stella non posso dirti quanto mi manchi ma avevo bisogno di fartelo sapere avevo bisogno di parlare con qualcuno avevo bisogno che tu sapessi che adesso è abbastanza buio e mi fa paura il chiaro di luna stasera non fa neppure un po’ di luce non capisco perché non ci sono più stelle da poter guardare so che non potrò più portarti a casa sono rimasto troppo indietro e mi piacerebbe poterti lasciare andare accettare che non ci sei più mi sono seduto da solo sulla tua tomba in attesa di una tua risposta ma l’unica cosa che sentivo era il mio ego che singhiozzava e del vento gelido che mi spostava i capelli avrei dovuto saperlo che saresti andato via avrei dovuto dirti addio e andarmene via fingendo che non mi importassi spero soltanto di avere un po’ più di tempo perché non ci sono più stelle da trovare non posso pensare che non ci sia più mi bastava soltanto una parola con te almeno per poterti dire per un ultima volta una misera e ultima volta ti voglio bene ci vediamo presto
Questo è il finale del mio primo libro spero via sia piaciuto ho deciso di condividerlo con voi per avere la vostra opinione al riguardo non piacerà a tutti perché lo so lo sento ma voglio dirvi inoltre che questo per me è una cosa molto importante c’è un pezzo della mia vita scritto in queste pagine come d’altronde tutto ciò che ho scritto sul mio profilo se vi è piaciuto fatemelo sapere
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personal-reporter · 7 months
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Il lupo di Gubbio, amico di San Francesco d’Assisi
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Vicino ad un parco ricco di ulivi, lecci e platani, che scende lungo un leggero declivio poco fuori dal centro storico di Gubbio, si trova la chiesa di Santa Maria della Vittoria, o della Vittorina dove si racconta che, attorno al 1220, san Francesco d’Assisi abbia ammansito il lupo di Gubbio. Quando un giorno San Francesco si recò in vista nella città di Gubbio, vide che non c’era nessuno ne animali ne persone, infatti tutti i cittadini su erano chiusi nelle loro case per paura di un lupo molto pericoloso e grande. Ma molte persone nella cittadina conoscevano il santo di Assisi e gli chiesero se poteva aiutarli. San Francesco accettò e si reco nella foresta, dove vide arrivare lentamente il lupo e gli disse ”Fratello Lupo , in nome di Dio ti ordino di non farmi male a me e a tutti gl’uomini” poi fece il segno della Croce e continuò dicendo   “Fratello Lupo perchè hai fatto del male ai  tuoi fratelli uomini?Tutti ti odiano Fratello Lupo,hanno paura tutti di te, devi smetterla. Ma io sono tuo fratello e voglio che ci sia pace fra te e gli uomini, cosi sarete tutti tranquilli in questa città”. Il lupo capì il suo errore e scrollò la testa, poi Francesco disse agli abitanti di Gubbio “Il lupo vuole vivere in pace con voi, lo desidera veramente .L’importante che mi promettete che  voi gli darete  da mangiare, al vostro nuovo Fratello”. Da quel giorno,  grazie a Francesco,  a Gubbio  tornò la pace e il lupo passava a trovare gli abitanti,che gli davano da mangiare e divenne   anche  amico dei bambini. Quando il lupo mori, alcuni anni dopo,  tutti gli abitanti piansero perché avevano perso il loro Fratello Lupo. Si racconta che la conversione del lupo avvenne fronte alla chiesa di Santa Maria della Vittoria, le cui origini risalgono al IX secolo, quando fu  costruita sotto il vescovo Erfo per celebrare, secondo la tradizione, una vittoria degli eugubini contro un’incursione saracena. San Francesco ebbe il permesso di utilizzare la chiesa nel 1213 dal vescovo Villano e dai monaci benedettini che la gestivano, e il santo si trasferì assieme ai suoi compagni, dando vita al primo insediamento di frati francescani che si sarebbero in seguito trasferiti, nel 1241, nel vicino convento di San Francesco, lasciando Santa Maria della Vittoria alle clarisse, l’ordine fondato da Francesco con santa Chiara. L’importanza della chiesa crebbe nel Seicento, dopo che papa Paolo V permise alla Compagnia della Vittorina, a cui le clarisse avevano concesso dal 1538 l’edificio in enfiteusi, di concedere indulgenze a chiunque visitasse la chiesa il giorno della Divina Maternità di Maria e risalgono proprio al XVII secolo gli affreschi delle storie francescane che completano le decorazioni dell’interno. Read the full article
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seoul-italybts · 7 months
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[✎ ITA] DAZED Korea : RM e Bottega Veneta, un sol Cuore, una sola Mente : Il Portamento, il Percorso e la Vocazione | 27.09.2023
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RM e Bottega Veneta, un sol Cuore, una sola Mente
Il Portamento, il Percorso e la Vocazione
__ OTTOBRE 2023 |  Twitter  📽 Fashion Film 📸 Foto
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Ora hai i capelli piuttosto corti. C'è forse un motivo in particolare per un taglio simile, o è solo perché fa caldo?
RM: Ho detto che l'ho fatto per il caldo, ed è vero, ma è stato anche un po' un impulso del momento. Credo l'ultima volta che ho avuto capelli così corti sia stata alle superiori, ma volevo mettermi alla prova ed avere un confronto con me stesso, per quello che sono veramente. Volevo liberarmi di alcune preoccupazioni, e avere meno capelli mi sta davvero aiutando a pensare con più semplicità. Ma ho ancora molti pensieri per la testa, molto su cui riflettere.
Come hai appena detto, una nuova acconciatura può rappresentare una boccata d'aria fresca. Ma questo taglio è piuttosto diverso da ciò cui ci hai abituatə
RM: Credo le/gli ARMY saranno un po' spaesatə. Ma le reazioni delle persone a me vicine sono state molto positive. Alcunə dicono persino che così sono ancor più affascinante (ride). Ormai è parecchio che non mi faccio particolari problemi riguardo il mio aspetto o la mia acconciatura, quindi ero piuttosto sicuro sarei stato bene anche mi fossi rasato così. Mi sento ordinato e a mio agio. L'unico problema, sono state le costanti domande del tipo "È successo qualcosa?", ma, a parte quello, sono felice. Anzi, forse sarà il tipo d'acconciatura - molto confortevole - ma quando guardo le foto scattate per il servizio di oggi, mi vedo anche meglio nei vestiti indossati.
Mentre preparavo l'intervista, mi sono chiestə di che argomenti e storie avremmo potuto parlare. Non è nulla di nuovo, ma trattare il parallelo RM – Arte non può che suscitare interesse. Provi ancora emozione – e quali sentimenti – quando ammiri le opere di Yun Hyong-keun che hai intorno?
RM: Il maestro Yun è vivo e vegeto a fianco del mio letto, nel mio studio, in cucina e nell'ingresso di casa mia. Quando mi fermo di fronte alle sue opere, tutte le mie preoccupazioni e le incertezze date dagli alti e bassi della vita mi sembrano sciocchezze. I suoi insegnamenti mi sono talvolta molto vicini, altre più distanti; ma anche se lui non è più fisicamente qui, ho sempre l'impressione di imparare da lui e, conseguentemente, maturare.
Ho dato un'occhiata al tuo profilo Instagram. Oggi è il 30 agosto, e ho visto che i tuoi post più recenti erano quelli delle performance e le foto relative alla mostra di Kim Yong-ik. In precedenza, hai detto che quello che fai su Instagram è un po' un lavoro d'allestimento. Hai anche detto d'essere consapevole di tutte le persone che vanno a visitare le mostre da te consigliate e che saresti già felice se anche solo una di quelle persone trovasse l'esperienza davvero incantevole. Che cosa hai visto nella mostra più recente cui ti sei recato?
RM: Mi reco sempre a diverse mostre d'arte, ma sono cauto nei commenti che faccio a riguardo. Il maestro Kim Yong-ik era allievo del maestro Yun Hyong-keun. Nutriva grandissimo rispetto per lui. Ho ancora gli scambi epistolari tra i due e ci sono anche diversi scritti di Kim Yong-ik riguardo Yun Hyong-keun, quindi ho pensato sarebbe stato bello andare a vedere la sua mostra personale. Ciò che il maestro Kim voleva esprimere, nelle opere esposte, sono pensieri piuttosto complessi – diciamo così. Come può un artista così giovane – con tanto da dire riguardo il modernismo coreano degli anni '70 e l'arte popolare degli anni '80 – parlare di sé? Credo sia una preoccupazione un po' di tuttə. Da un lato, essendo a mia volta un poeta, mi ci sono riconosciuto con affetto, ma è stata anche un'esperienza affascinante. Credo la sua sia una mostra che potrebbe interessare particolarmente ai/lle creativə.
Invece, assistere alla mostra del maestro Sung Neung-kyung è come essere catapultatə in piena avanguardia. Sebbene ormai abbia più di 80 anni, continua a lavorare. È stata una mostra che mi ha rincuorato e mi ha permesso di scoprire opere che non avevo ancora mai visto, lavori attempati in questo mondo giovane.
Presto inizierà la (fiera) Frieze (Seoul), ma queste mostre erano fantastiche di per sé e sono la riprova dell'impegno e dell'ottimo lavoro che stanno facendo le gallerie coreane.
Col passare del tempo, i gusti e le prospettive artistiche possono cambiare. Personalmente, ad esempio, credo i miei interessi si stiano allargando al di là dell'arte pittorica ed includano, ora, anche la fotografia ed i film. Tu cosa ne pensi?
RM: Ho sentito questa cosa da qualche parte. Era riguardo il collezionismo o semplicemente gli hobby? Non lo so, ma ho sentito dire che i passaggi di solito sono pittura – scultura – disegno e poi fotografia. Inizialmente, anche io ero particolarmente colpito dalla matericità e dalla concretezza della pittura, ma oggigiorno ho come l'impressione questo mondo abbia più sbocchi creativi attraverso documentari, la fotografia ed i film.
Hai postato una scena di “Phantom Thread (Il Filo Nascosto)” di Paul Thomas Anderson, che diverse persone del settore avranno riconosciuto. È forse il tuo regista preferito?
RM: Ultimamente, sono circondato da parecchi ‘cinofili’. Conoscevo già l'attore Daniel Day-Lewis, ma non il regista Paul Thomas Anderson. Ho sentito dire che anche “Punch Drunk Love (Ubriaco d'Amore)” è bello, ma non l'ho ancora visto e intendo farlo senz'altro, quando avrò tempo. Inoltre, di recente ho visto “Asteroid City” e mi sono appassionato a Wes Anderson. Poco tempo fa avevo anche guardato “Midsommar (- Il Villaggio dei Dannati)” di Ari Aster e “Burning (- L'Amore Brucia)” di Lee Chang-dong. Ho intenzione di guardare più film. Ah, però, sì, “Phantom Thread” è davvero bello, sotto molti aspetti. Se non l'avete ancora visto, ve lo consiglio caldamente.
Quando vado a mostre d'arte, guardo film e ascolto RM parlare di queste cose, mi viene da pensare all'approccio ed atteggiamento che devono avere gli/le artistə rispetto a queste cose e a se stessə. Che tipo di artista sei tu?
RM: In quanto artista, credo di essermi sempre imposto fin troppi paletti. Ma voglio liberarmi dell'idea – comune a moltə, di questi tempi – che qualcosa '’non faccia per me” solo perché non ne so molto, o perché non ho voglia o tempo di andare ad informarmi. Sto infrangendo e modificando tutte le regole che mi ero posto in precedenza. È difficile, ma anche molto divertente. È quasi come rimettere insieme i pezzi del puzzle chiamato Kim Namjoon. Ma una cosa che voglio conservare è l'essere me stesso. Sono nel pieno di questo processo di scoperta, ma, in fin dei conti, non è ovvio arrivare ad una risposta, alla fine del percorso? Anche questa volta, ci metterò cuore ed anima pur di farcela.
Dalla prossima settimana, Seoul sarà piena d'arte grazie alle fiere Frieze e Kiaf. Sei emozionato?
RM: L'anno scorso ho già partecipato alla Frieze. È stato bello, ma l'Art Basel – in Svizzera – mi è piaciuta ancor di più. Ad ogni modo, l'idea di avere eventi simili anche a Seoul è ancora piuttosto surreale, per me, ma magnifica. Sono felicissimo che le gallerie d'arte coreane collaborino con ottime controparti d'oltreoceano. È questo ad emozionarmi.
A questo proposito, il Leeum Museum of Art ospiterà la mostra di Suki Seokyeong Kang, <Willow Drum Oriole>, sponsorizzata da Bottega Veneta. Personalmente, sono piuttosto interessatə a queste iniziative condotte da brand di moda. Tu cosa ne pensi?
RM: Ho apprezzato particolarmente l'interesse mostrato da Bottega Veneta nei miei confronti. Durante la video-chiamata con il direttore creativo Matthieu Blazy, abbiamo parlato più di arte e stile, che di moda. Ma quel che mi ha colpito maggiormente, è stato ciò che ha detto il signor Blazy: ‘BottegaVeneta si addice allo stile di vita che conduci. Proviamoci!’ Personalmente, mi piace anche molto l'eleganza unica che incarna questo brand.
Riguardo Suki Seokyeong Kang, ho già alcuni dei suoi lavori ed il Leeum Museum of Art è uno dei miei posti preferiti in Corea, quindi sono lieto di poter partecipare a questa partnership. Spero sempre più brand – come Bottega Veneta – mostreranno un genuino interesse per l'arte.
Ecco, non so come dirlo.. Non è mia intenzione spostare la conversazione sul serioso o profondo, ma quando penso a RM, di questi tempi, credo tu sia un po' quel tipo di persona. Tendi ad apparire come serio. È forse perché ci tieni ad essere responsabile in ciò che fai ed il modo in cui vivi?
RM: Di fatto, non ho ancora capito bene perché la gente mi prenda così sul serio, ma credo sia per via del mio discorso alle Nazioni Unite o per le tante interviste. Però, se guardae contenuti come la mia apparizione al ‘Psick Show’, i ‘Run BTS’ o i miei vlog, saprete che non sono sempre serio e pesante 24 ore al giorno. Adoro l'umorismo e divertirmi. Entrambe fanno parte della mia vita e personalità. Ma l'umorismo ed il senso di responsabilità sono due cose ben diverse. Ovviamente, non sono io che ho desiderato queste aspettative e responsabilità, ma non sono cose negative. Sarebbe bello poter condurre una vita di soli piaceri e divertimento, ma con un po' di impegno (sociale, civile, personale) è ancor più appagante. Inoltre, trovo buffo che la gente mi consideri troppo serioso e se ne preoccupi (ride). Sapere che ci sono cose al mondo che solo io posso fare mi emoziona e riempie ancor sempre di tantissimo orgoglio. È ciò che mi motiva a tirare avanti. Divertimento ed impegno, trovo non sia poi una ricetta così male. Ma voglio e devo ricordare a me stesso che, in privato, sono una persona piuttosto stramba e divertente.
Nonostante io abbia buttato giù e poi cancellato molte domande frivole o personali, permettimi di fartene almeno una. Ti piace definirti una persona stramba e divertente, ma in quali occasioni ridi di tutto cuore e piena felcità?
RM: Mi è già successo, non è tanto un'occasione quanto una persona che mi ha fatto ridere. E poi rido quando guardo reel (su Instagram) o short su YouTube. Credo la cosa più importante sia il saper ridere in genere, per quanto esilarante o leggera possa essere una cosa. Significa che sono felice? Di quello non sono ancora così sicuro. Ma una cosa la so per certo: voglio diventare una persona che sappia ridere di più, in futuro.
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⠸ eng : © KNJsSource | Ita : © Seoul_ItalyBTS⠸
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raffaeleitlodeo · 1 year
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Non solo anche io sorrido all’idea che in questi giorni c’è tutta la polemica sui genitori non biologici, e oggi in Italia festeggiamo i padri nel giorno di san Giuseppe, che è proprio l’esempio di come si possa assurgere a simbolo della paternità pur non essendo i procreatori diretti del proprio figlio.
Vorrei inoltre sottolineare come Giuseppe abbia anche precorso i tempi nell'incarnare un modo "umano" di essere padre, nel senso che se avete letto i vangeli apocrifi c’è questo Gesù che è un ragazzino terribile, violento e per di più dotato di superpoteri; superpoteri che spesso utilizza per nuocere agli amichetti (talvolta anche in modo fatale e gratuito), e quando ne combina qualcuna delle sue arriva Giuseppe e lo riprende, ma questo ragazzino terribile si rivolta e non solo lo minaccia di fulminarlo con lo sguardo o di seccargli le gonadi, ma lo insulta dicendo “tu neanche sei mio padre, ma come ti permetti di rivolgerti a me con quel tono?”, e poi lo umilia dicendo “io sono il figlio di dio, tu non sei nessuno” e così via. Insomma una specie di Sgarbi alto un metro e venti che procede a colpi di "lei non sa chi sono io" appena trova un ostacolo dinanzi a sé.
Ecco, personalmente in questi vangeli ciò che mi commuove è la mitezza di Giuseppe, che sospira, guarda in alto e poi lascia il figlio alle sue attività, e dopo un po' si incrocia con Maria con cui mantiene amorevolezza nonostante lei già sia una superstar del firmamento cristiano e nonostante lei abbia un ascendente su Gesù ragazzo, mentre a lui non è riconosciuto neanche un grammo di rispetto. Ma Giuseppe - nonostante le consuetudini dell’epoca gli darebbero tutto il potere di intervento anche autoritario su questa realtà familiare – ebbene, lui no, lui sempre un passo indietro rispetto a Maria, sempre al suo posto, sempre paziente. Sempre alla sua bottega che lavora il legno per dare da mangiare a questa moglie più celebre di Lady Gaga e a questo Sgarbi in miniatura, e infatti poi alla fine per consolarsi prenderà un ciocco e ne trarrà un burattino e lo scolpirà come fosse un bambino e infatti poi questo ciocco prenderà vita tramite l’ausilio dei poteri del matriarcato, ma questa sarebbe tutta un’altra storia e ora non voglio parlare del vangelo secondo Collodi, quindi auguri a tutti i papà, specialmente a quelli che non sono padri biologici e tuttavia hanno scelto di esserci come adulti di riferimento per una giovane creatura. Voi siete i miei personali supereroi e io vi reco gratitudine 🧡
Urbano Grandier, Facebook
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fattidifavole · 1 year
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L’ultima Cena
Ancora un passo
verso l’ignoto. 
Che spinge la crosta terrestre 
a dividersi in moto
sotto le onde irrompenti 
del mare del tempo. 
Irreale silenzio
che precede l’azione,
lo scroscio improvviso del mio stesso pensiero,
che lacera dentro e mi lascia da solo
all’ombra di un vizio che il raziocino elude. 
Strisciando, pimpante
nell’acido sangue
di un sacrificio di un essere inerme. 
Follia o confusione 
Non trovo la quadra
da qual direzione questa luce s’irradia. 
Son cieco e contento
e respiro a malapena
Rifiuto il compromesso
e ne taglio la corda
che mai torni in me la voglia
di adattarmi alle sue catene. 
Mi scorre nelle vene tutta quella rabbia
che giace infondo al mare. 
Tu credi che sia sabbia, 
invece è cenere del mio coraggio
scomposta in frammenti alle rive del mondo. 
Mi coloro di ogni forza elementale
e tutte le incarno nel bene e nel male. 
Anche quando il fuoco mi ustiona le membra, 
così poi le lacrime mi rendono degna, 
di essere solo una goccia di pioggia
che cade per fede e la terra accarezza,
che penetra dolce senza farsi domande, 
ignara del giorno in cui tornerà in superficie, 
si immola al suo essere quadro e cornice. 
Dalla materia alla forma 
dalla padella alla brace. 
Non trovo la quadra,
ma vi siedo al centro.
Sono il punto nel mezzo di un passaggio nel tempo.
Dal gelido futuro 
al passato bislacco, 
dal luogo più oscuro, al più diafano albergo, 
dal luogo da cui vengo, a quello in cui mi perdo. 
Di tutte le storie che ho mai immaginato, 
di quei mondi attraenti 
dove non più mi reco, 
è rimasto un alone,
viola come il mio nome, 
un impasto sfuocato di un tormento voluto. 
Un livido al braccio, 
un embargo sfacciato, 
un passaggio obbligato 
verso il lato sbagliato. 
E’ questo che prova il vento, 
quando viene calmato?
E’ questo che provò il primo uomo 
quando venne creato?
Il cosmo nell’occhio 
ed il caos nel petto, 
il timor divino di sentirsi prescelto. 
La noia mortale,
che tale è di fatto, 
il prendere atto di un limite imposto. 
Il contro-pacco di chi si credette furbo,
lo schiaffo morale che conduce al risveglio.
Sbadiglio. 
E l’ossigeno mi informa della composizione atmosferica 
che mi circonda. 
La luce mi parla 
ed il suono mi assilla
ed io sono stanca
come un cuore ed una stella.
Pulsante del niente  che tutto alimenta, 
schiavo ed amante 
di una dea senza nome 
La mia mente si ribella
al paradosso del normale, 
sono l’alfa privativo
del destino morale. 
Sono io, l’alga che intossica il mare
la reazione spontanea di una tribù ancestrale. 
Sono la protezione della glia universale, 
l’anello di congiunzione 
tra l’erudito ed il banale. 
La scomodità di non avere un colore,
mentre la strega comanda al mio cuore. 
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Ora giungo per forza,
e non per volere, 
ad una risoluzione 
perché è cosi’ che funziona 
in questo mondo mortale:
la fine è l’inizio della trasformazione. 
Dunque eccomi all’uscio
di una porta di ottone, 
intarsiata ad arte da ogni scelta ed azione,
raffigurante la vita che hai scelto di fare, 
il piano infinito e la sua rampa di scale. 
Ed ogni gradino 
è una stella nel cielo, 
un cancello che porta ad un prescritto sentiero. 
Ad ogni livello, ti ritrovi al cospetto 
di un confine cobalto che ti mostra te stesso. 
Guardati in tasca: 
c’è il tuo passaporto!
Una collezione di tutti i viaggi che hai fatto, 
i visti e i giudizi, 
i vizi e gli indizi, 
i test superati ed i sogni nascosti. 
Alienato da un mondo che tu stesso hai creato, 
ti portano il conto e nemmeno hai mangiato.
Eri sazio e ubriaco e 
e sei stato tradito.
Ma all’ ultima cena, chi è che ha pagato?
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ramil06kertek · 2 years
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Cek Posko PPKM MIKRO, Babinsa Berikan Nasehat Guna meminimalisir dan mengendalikan Covid-19 salah satunya adalah mendirikan Posko PPKM berbasis Mikro. Untuk itu Babinsa Koramil 06/Kertek Sertu Nurwahid melaksanakan pengecekan, kesiapan, Posko serta sarana dan pra sarana pendukungnya, di Desa Reco, kecamatan Kertek, Rabu (28/09/2022). "Saat ini, penanganan Covid-19 akan terus fokus pada pembenahan dan perbaikan manajemen di lapangan, dalam kerangka PPKM berbasis Mikro sampai tingkat Desa. Posko PPKM Mikro ini memiliki banyak fungsi, terutama diberdayakan dalam empat hal yakni Pencegahan, Penindakan, Penanganan dan Dukungan," jelas Sertu Nurwahid. Babinsa berharap, semua upaya yang dilakukan tersebut mendapat dukungan sepenuhnya dari seluruh masyarakat. Sebab tanpa adanya dukungan penuh dari masyarakat, maka apapun yang dilakukan untuk mencegah, mengantisipasi dan menekan penyebaran Covid-19 akan sangat sulit dilakukan bahkan sia-sia. "Jadi kami sangat mengharapkan dukungan penuh dari masyarakat, patuhi dan disiplin protokol kesehatan baik dalam lingkungan keluarga maupun dalam kehidupan bermasyarakat, Manfaatkan keberadaan Posko PPKM Mikro yang ada," tambahnya.(*)
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corallorosso · 3 years
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“Ragazzi scuoiati vivi, bambine abusate. Io piango e vomito”… – Sacchi pieni di morti, ragazzini scuoiati vivi, bimbi morti di fame, e le donne tutte violentate. Difficile persino riconoscere questi corpi: molti non hanno più nemmeno le impronte digitali. Questi sono i “pazienti” del dottor Pietro Bartolo, medico di Lampedusa, che da decenni ormai accoglie i migranti stremati dalla traversata, quelli vivi e quelli morti. Il racconto di quanto ha vissuto nei suoi anni di servizio lo ha fatto Virginia Di Vivo, una studentessa di Medicina dell’Università di Modena. Questo il suo post su Facebook. “Mi reco molto assonnata al congresso più inflazionato della mia carriera universitaria, conscia che probabilmente mi addormenterò nelle file alte dell’aula magna. Mi siedo, leggo la scaletta, la seconda voce è “sanità pubblica e immigrazione: il diritto fondamentale alla tutela della salute”. Inevitabilmente penso “e che do bali”. Accendo Pokémon Go, che sono sopra una palestra della squadra blu. Mi accingo a conquistarla per i rossi. Comincia a parlare il tale Dottor Pietro Bartolo, che io non so chi sia. Non me ne curo. Ero lì che tentavo di catturare un bulbasaur e sento la sua voce in sottofondo: non parla di epidemiologia, di eziologia, non si concentra sui dati statistici di chissà quale sindrome di lallallà. Parla di persone. Continua a dire “persone come noi”. Decido di ascoltare lui con un orecchio e bulbasaur con l’altro. Bartolo racconta che sta lì, a Lampedusa, ha curato 350mila persone, che c’è una cosa che odia, cioè fare l’ispezione cadaverica. Che molti non hanno più le impronte digitali. E lui deve prelevare dita, coste, orecchie. Lo racconta: “Le donne? Sono tutte state violentate. TUTTE. Arrivano spesso incinte. Quelle che non sono incinte non lo sono non perché non sono state violentate, non lo sono perché i trafficanti hanno somministrato loro in dosi discutibili un cocktail estroprogestinico, così da essere violentate davanti a tutti, per umiliarle. Senza rischi, che le donne incinte sul mercato della prostituzione non fruttano”. Mi perplimo”. A quel punto la studentessa si domanda: “Ma non era un congresso ad argomento clinico? Dove sono le terapie? Perché la voce di un internista non mi sta annoiando con la metanalisi sull’utilizzo della sticazzitina tetrasolfata? Decido di mollare bulbasaur, un secondino, poi torno Bulba, devo capire cosa sta dicendo questo qua. “Su questi barconi gli uomini si mettono tutti sul bordo, come una catena umana, per proteggere le donne, i bambini e gli anziani all’interno, dal freddo e dall’acqua. Sono famiglie. Famiglie come le nostre”. Mostra una foto, vista e rivista, ma lui non è retorico, non è formale. È fuori da ogni schema politically correct, fuori da ogni comfort zone. “Una notte mi hanno chiamato: erano sbarcati due gommoni, dovevo andare a prestare soccorso. Ho visitato tutti, non avevano le malattie che qualcuno dice essere portate qui da loro. Avevano le malattie che potrebbe avere chiunque. Che si curano con terapie banali. Innocue. Alcuni. Altri sono stati scuoiati vivi, per farli diventare bianchi. Questo ragazzo ad esempio”, mostra un’altra foto, tutt’altro che vista e rivista. Un giovane, che avrà avuto 15/16 anni, affettato dal ginocchio alla caviglia. Mi dimentico dei Pokémon. “Lui è sopravvissuto agli esperimenti immondi che gli hanno fatto. Suo fratello, invece, non ce l’ha fatta. Lui è morto per essere stato scuoiato vivo”. Metto il cellulare in tasca. ”Qualcuno mi dice di andare a guardare nella stiva, che non sarà un bello spettacolo. Così scendo, mi sembrava di camminare su dei cuscini. Accendo la torcia del mio telefono e mi trovo questo..”. Mostra un’altra foto. Sembrava una fossa comune. Corpi ammassati come barattoli di uomini senza vita. “Questa foto non è finta. L’ho fatta io. Ma non ve la mostrano nei telegiornali. Sono morti li, di asfissia. Quando li abbiamo puliti ho trovato alcuni di loro con pezzi di legno conficcati nelle mani, con le dita rotte. Cercavano di uscire. Avevano detto loro che siccome erano giovani, forti e agili rispetto agli altri, avrebbero fatto il viaggio nella stiva e poi, con facilità, sarebbero usciti a prendere aria presto. E invece no. Quando l’aria ha cominciato a mancare, hanno provato ad uscire dalla botola sul ponte, ma sono stati spinti giù a calci, a colpi in testa. Sapeste quanti ne ho trovati con fratture del cranio, dei denti. Sono uscito a vomitare e a piangere. Sapeste quanto ho pianto in 28 anni di servizio, voi non potete immaginare”. Ora non c’è nessuno in aula magna che non trattenga il fiato, in silenzio. “Ma ci sono anche cose belle, cose che ti fanno andare avanti. Una ragazza. Era in ipotermia profonda, in arresto cardiocircolatorio. Era morta. Non avevamo niente. Ho cominciato a massaggiarla. Per molto tempo. E all’improvviso l’ho ripresa. Aveva edema, di tutto. È stata ricoverata 40 giorni. Kebrat era il suo nome. È il suo nome. Vive in Svezia. È venuta a trovarmi dopo anni. Era incinta” ci mostra la foto del loro abbraccio”. Di Vivo spiega la preoccupazione di Bartolo: “La gente non capisce. C’è qualcuno che ha parlato di razza pura. Ma la razza pura è soggetta a più malattie. Noi contaminandoci diventiamo più forti, più resistenti. E l’economia? Queste persone, lavorando, hanno portato miliardi nelle casse dell’Europa. E io aggiungo che ci hanno arricchito con tante culture. A Lampedusa abbiamo tutti i cognomi del mondo e viviamo benissimo. Ci sono razze migliori di altre, dicono. Si, rispondo io. Loro sono migliori. Migliori di voi che asserite questo”. Fa partire un video e descrive: “Questo è un parto su una barca. La donna era in condizioni pietose, sdraiata per terra. Ho chiesto ai ragazzi un filo da pesca, per tagliare il cordone. Ma loro giustamente mi hanno risposto “non siamo pescatori”. Mi hanno dato un coltello da cucina. Quella donna non ha detto bau. Mi sono tolto il laccio delle scarpe per chiudere il cordone ombelicale, vedete? Lei mi ringraziava, era nera, nera come il carbone. Suo figlio invece era bianchissimo. Si perché loro sono bianchi quando nascono, poi si inscuriscono dopo una decina di giorni. E che problema c’è, dico io, se nascono bianchi e poi diventano neri? Ha chiamato suo figlio Pietro. Quanti Pietri ci sono in giro!”. Sorridiamo tutti. “Quest’altra donna, invece, è arrivata in condizioni vergognose, era stata violentata, paralizzata dalla vita in giù… Era incinta. Le si erano rotte le acque 48 ore prima. Ma sulla barca non aveva avuto lo spazio per aprire le gambe. Usciva liquido amniotico, verde, grande sofferenza fetale. Con lei una bambina, anche lei violentata, aveva 4 anni. Aveva un rotolo di soldi nascosto nella vagina. E si prendeva cura della sua mamma. Tanto che quando cercavo di mettere le flebo alla mamma lei mi aggrediva. Chissà cosa aveva visto. Le ho dato dei biscotti. Lei non li ha mangiati. Li ha sbriciolati e ci imboccava la mamma. Alla fine le ho dato un giocattolo. Perché ci arrivano una montagna di giocattoli, perché la gente buona c’è. Ma quella bimba non l’ha voluto. Non era più una bambina ormai.” (…) “Ci mostra un altro video. Dei sommozzatori estraggono da una barca in fondo al mare dei corpi esanimi. “Non sono manichini” ci dice. Il video prosegue. Un uomo tira fuori dall’acqua un corpicino. Piccolo. Senza vita. Indossava un pantaloncino rosso. “Quel bambino è il mio incubo. Io non lo scorderò mai”. Non riesco più a trattenere le lacrime. E il rumore di tutti coloro che, alternandosi in aula, come me, hanno dovuto soffiarsi il naso. “E questo è il risultato” ci mostra l’ennesima foto. “368 morti. Ma 367 bare. Si. Perché in una c’è una mamma, arrivata morta, col suo bambino ancora attaccato al cordone ombelicale. Sono arrivati insieme. Non abbiamo voluto separarli, volevamo che rimanessero insieme, per l’eternità”. Il post si conclude con le parole della Di Vivo: “Penso che possa bastare così. E questo è un estratto. Si, perché il Dottor Bartolo ha parlato per un’ora. Gli altri relatori hanno lasciato a lui il loro tempo. Nessuno ha osato interromperlo. E quando ha finito tutti noi, studenti, medici e professori, ci siamo alzati in piedi e abbiamo applaudito, per lunghi minuti. E basta. Lui non ha bisogno di aiuto, “non venite a Lampedusa ad aiutarci, ce l’abbiamo sempre fatta da soli noi lampedusani. Se non siete medici, se non sapete fare nulla e volete aiutare, andate a raccontare quello che avete sentito qui, fate sapere cosa succede a coloro che dicono che c’è l’invasione. Ma che invasione!”… (ninofezzacinereporter)
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dina-atelier-d · 3 years
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Congedo del viaggiatore cerimonioso di Giorgio Caproni
Amici, credo che sia
meglio per me cominciare
a tirar giù la valigia.
Anche se non so bene l’ora
d’arrivo, e neppure
conosca quali stazioni
precedano la mia,
sicuri segni mi dicono,
da quanto m’è giunto all’orecchio
di questi luoghi, ch’io
vi dovrò presto lasciare.
Vogliatemi perdonare
quel po’ di disturbo che reco.
Con voi sono stato lieto
dalla partenza, e molto
vi sono grato, credetemi
per l’ottima compagnia.
Ancora vorrei conversare
a lungo con voi. Ma sia.
Il luogo del trasferimento
lo ignoro. Sento
però che vi dovrò ricordare
spesso, nella nuova sede,
mentre il mio occhio già vede
dal finestrino, oltre il fumo
umido del nebbione
che ci avvolge, rosso
il disco della mia stazione.
Chiedo congedo a voi
senza potervi nascondere,
lieve, una costernazione.
Era così bello parlare
insieme, seduti di fronte:
così bello confondere
i volti (fumare,
scambiandoci le sigarette),
e tutto quel raccontare
di noi (quell’inventare
facile, nel dire agli altri),
fino a poter confessare
quanto, anche messi alle strette
mai avremmo osato un istante
(per sbaglio)’ confidare.
(Scusate. E una valigia pesante
anche se non contiene gran che:
tanto ch’io mi domando perché
l’ho recata, e quale
aiuto mi potrà dare
poi, quando l’avrò con me.
Ma pur la debbo portare,
non fosse che per seguire l’uso.
Lasciatemi, vi prego, passare.
Ecco. Ora ch’essa è
nel corridoio, mi sento
più sciolto. Vogliate scusare.)
Dicevo, ch’era bello stare
insieme. Chiacchierare.
Abbiamo avuto qualche
diverbio, è naturale.
Ci siamo – ed è normale
anche questo – odiati
su più d’un punto, e frenati
soltanto per cortesia.
Ma, cos’importa. Sia
come sia, torno
a dirvi, e di cuore, grazie
per l’ottima compagnia.
Congedo a lei, dottore,
e alla sua faconda dottrina.
Congedo a te, ragazzina
smilza, e al tuo lieve afrore
di ricreatorio e di prato
sul volto, la cui tinta
mite è sì lieve spinta.
Congedo, o militare
(o marinaio! In terra
come in cielo ed in mare)
alla pace e alla guerra.
Ed anche a lei, sacerdote,
congedo, che m’ha chiesto se io
(scherzava!) ho avuto in dote
di credere al vero Dio.
Congedo alla sapienza
e congedo all’amore.
Congedo anche alla religione.
Ormai sono a destinazione.
Ora che più forte sento
stridere il freno, vi lascio
davvero, amici. Addio.
Di questo, sono certo: io
son giunto alla disperazione
calma, senza sgomento.
Scendo. Buon proseguimento
Illustrazione collage digitale Dina Carruozzo Nazzaro
(ritaglio 🖼Fred Calleri)
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avereunsogno-62 · 3 years
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Giorgio Caproni, Congedo del viaggiatore cerimonioso
Amici, credo che sia
meglio per me cominciare
a tirar giù la valigia.
Anche se non so bene l’ora
d’arrivo, e neppure
conosca quali stazioni
precedano la mia,
sicuri segni mi dicono,
da quanto m’è giunto all’orecchio
di questi luoghi, ch’io
vi dovrò presto lasciare.
Vogliatemi perdonare
quel po’ di disturbo che reco.
Con voi sono stato lieto
dalla partenza, e molto
vi sono grato, credetemi,
per l’ottima compagnia.
Ancora vorrei conversare
a lungo con voi. Ma sia.
Il luogo del trasferimento
lo ignoro. Sento
però che vi dovrò ricordare
spesso, nella nuova sede,
mentre il mio occhio già vede
dal finestrino, oltre il fumo
umido del nebbione
che ci avvolge, rosso
il disco della mia stazione.
Chiedo congedo a voi
senza potervi nascondere,
lieve, una costernazione.
Era così bello parlare
insieme, seduti di fronte:
così bello confondere
i volti (fumare,
scambiandoci le sigarette),
e tutto quel raccontare
di noi (quell’inventare
facile, nel dire agli altri),
fino a poter confessare
quanto, anche messi alle strette,
mai avremmo osato un istante
(per sbaglio) confidare.
(Scusate. È una valigia pesante
anche se non contiene gran che:
tanto ch’io mi domando perché
l’ho recata, e quale
aiuto mi potrà dare
poi, quando l’avrò con me.
Ma pur la debbo portare,
non fosse che per seguire l’uso.
Lasciatemi, vi prego, passare.
Ecco. Ora ch’essa è
nel corridoio, mi sento
più sciolto. Vogliate scusare.)
Dicevo, ch’era bello stare
insieme. Chiacchierare.
Abbiamo avuto qualche
diverbio, è naturale.
Ci siamo – ed è normale
anche questo – odiati
su più d’un punto, e frenati
soltanto per cortesia.
Ma, cos’importa. Sia
come sia, torno
a dirvi, e di cuore, grazie
per l’ottima compagnia.
Congedo a lei, dottore,
e alla sua faconda dottrina.
Congedo a te, ragazzina
smilza, e al tuo lieve afrore
di ricreatorio e di prato
sul volto, la cui tinta
mite è sì lieve spinta.
Congedo, o militare
(o marinaio! In terra
come in cielo ed in mare)
alla pace e alla guerra.
Ed anche a lei, sacerdote,
congedo, che m’ha chiesto se io
(scherzava!) ho avuto in dote
di credere al vero Dio.
Congedo alla sapienza
e congedo all’amore.
Congedo anche alla religione.
Ormai sono a destinazione.
Ora che più forte sento
stridere il freno, vi lascio
davvero, amici. Addio.
Di questo, sono certo: io
son giunto alla disperazione
calma, senza sgomento.
Scendo. Buon proseguimento.
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