Tumgik
#mi fa anche ridere il fatto che io sappia di quando sia la foto ma comunque
omarfor-orchestra · 10 months
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Comunque in giro per le città balneari più turistiche ci sono le tazze e le magliette di MareFuori. Ho visto una tazza con Nic Massi e Giacomo di una delle foto del pre-Sanremo e sono scoppiata a ridere in mezzo al corso
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skrabbyblog · 4 years
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03.02.2020
Il problema è che quando hai troppa poca autostima, non è semplicemente colpa delle tue paranoie, ma degli altri, principalmente. Perché quelle paranoie non si insinuano nella tua testa da un giorno all'altro. È qualcuno che le ha fatte nascere, e poi le ha alimentate. Da bambini non si pensa all'aspetto fisico, al carattere di una persona, ai suoi sentimenti. Non si percepisce minimamente l'esistenza di queste cose. Vedi le persone per come sono, e non ti senti in diritto di giudicare negativamente nessuno. Poi si arriva a un certo punto, verso i 9/10 anni, quando ci si avvia verso l'adolescenza, durante la quale improvvisamente si aprono gli occhi, e si cominciano a vedere gli altri con occhi diversi, con occhio critico. Poi, da persona a persona, ovviamente c'è chi continua la sua vita come ha sempre fatto, senza dar fastidio a nessuno. E c'è che invece deve per forza commentare, esagerando forse anche di proposito. Ed è allora che un giorno, le tue amichette ti guardano, e per la prima volta dopo anni di conoscenza, dalla nascita quasi, una di loro ti fa: 《Ma sei anoressica?》.
Tu rimani a guardarla, senza capire. Non sai nemmeno tu che significa, ma già percepisci che si tratta di qualcosa di negativo, e anche accusatorio. 《No.》 rispondi automaticamente, ma non sei sicura nemmeno tu di ciò che stai dicendo, perché potresti anche essere anoressica, ma non sai cosa voglia dire, e anche se fosse, perché dirlo ora?
A quella bambina si aggiungono altre due, che continuano 《Si, è vero! Sei anoressica!》. E così parte un simpatico coro di "sei anoressica! sei anoressica!" Mentre tu cerchi di ricacciare indietro queste accuse che non comprendi, ma senza riuscirci, e vieni sommersa.
Passano gli anni, e passa anche il ricordo di quell'episodio. Come se non fosse nulla di importante. E forse davvero non lo era.
Arrivi alle medie, conosci nuova gente, ti innamori la prima volta. Tutto scorre normalmente. Quando un giorno, una tua amica viene a dirti che una tua compagna di classe, che sinceramente non ti stava nemmeno tanto simpatica, ma con la quale cercavi comunque di andare daccordo senza litigare, ti parla dietro le spalle dicendo che sei "un'handicappata". Tu ci ridi pure su, e pensi "ma sta stronza!", tanto, non è nulla di significativo, un altro episodio isolato.
Poi durante le ore di educazione fisica c'è sempre quel ragazzetto che ti prendeva di mira anche alle elementari per ogni sbaglio che facevi. Quando non prendevi la palla, vai con le urla e gli insulti. Quando capivi male le regole di un gioco (negata per lo sport dalla nascita), vai di insulti di nuovo.
E allora comincia a nascere dentro di te una vocetta stupida, che però non puoi spegnere, che ti dice ogni volta "ecco, ora se non prendi la palla, quello ricomincia a gridarti addosso" "ecco, adesso ci stai mettendo troppo tempo ad andare a riprendere la palla, ti stanno guardando tutti, adesso qualcuno si lamenta" "ecco, lei è così brava a giocare, perché io sono così rincoglionita?" "ecco, adesso ti viene da piangere, stai già piangendo, lo stanno vedendo tutti, adesso penseranno che sei stupida".
Un giorno, state giocando al gioco della bottiglia durante un'ora di supplenza, tocca ad un ragazzo. Obbligo o verità? Verità. Chi è più bella, Silvia o *tizia*? *tizia*. E tu stai li con un sorriso imbarazzato, non sai se prenderla a ridere o no. "Dovresti prenderla a ridere, cioè, è quasi tuo cugino questo qua, che ti importa che pensa sia più bella un'altra ragazza e non tu? Ma non lo penserà solo lui, lo pensano tutti che sei brutta. Lo pensa anche lui, quel ragazzino del quale sei innamorata, anche lui sta ridendo con gli altri, pensa che sei brutta. Fai schifo, non piaci a nessuno. Nessuno si è sentito di smentire, quindi sei brutta davvero". Tu stai li con un mezzo sorriso, rossa, guardi in basso, e vorresti sprofondare dalla vergogna e dall'imbarazzo. Vorresti essere da un'altra parte.
Poi un giorno litighi con la tua migliore amica. Partono insulti da entrambe le parti, si, anche dalla tua parte, perché ti sei rotta di subire sempre, e per una volta vuoi cacciare tutte le cose tenute dentro per troppo tempo. Ma a un certo punto ti viene detto 《Col carattere di merda che hai ti ritroverai senza amici》. Pensi che sia una grande cazzata, ma non ne sei così sicura.
Arrivi alle superiori, e pare tutto nella norma anche qui. Ci sono alcune ragazze che non ti sono simpatiche, ma tu fai finta di niente. Anzi, no. Perché devo stare sempre zitta? Se non vogliono passarmi i compiti di matematica? A me servono, e ste stronze non vogliono darmeli. Allora iniziamo a litigare sulla chat del gruppo. Non so nemmeno come difendermi, contro 8 persone. 《Muori》 《Vaffanculo, Silvia, non rompere il cazzo》 《Eh, ma che è, non ti si può dire niente!》 《Non fare la vittima, dai su》.
Anche quando non litigate, provi a inserirti nel gruppo, fare amicizia, sembrare simpatica. Sembrare, perché magari non lo sei davvero. Forse sei veramente stupida. Ma nemmeno così funziona. 《Ma che cazzo vuoi?》 《Oh, ma sempre a rompe le palle stai?》.
Cambi scuola. La nuova classe sembra decisamente migliore. Tu sei decisa assolutamente a non commentare più nulla, a non arrabbiarti. Perché è sempre colpa tua se si litiga. E tutto fila liscio infatti.
Poi 2 anni dopo, un giorno, sei con le tue nuove amiche a chiacchierare, e si passa non si sa come a parlare di peso, di IMC, sovrappeso, sottopeso, eccetera. Fai il test con le altre ragazze, e esce che sei gravemente sottopeso. 《Eh, ma infatti sei anoressica》. Eccola. È tornata quella parola. Questa volta lo sai che significa, e non ti piace per niente. Perché, come quella volta di tanti anni prima, non è vero che lo sei. Ma continuano a dirtelo, perché? Solo perché sei un pò più magra delle altre. Solo perché non hai quasi per niente seno. Solo perché hai il sedere un pò schiacciato. Solo perchè hai le gambe un pò magre.
《Nooo, Silvia, sto vestito non ti sta bene secondo me》
《Ma mangi?》
E così via. Ricominciamo da capo.
Un giorno, le tue amiche tu fanno scoprire una nuova app, Twitter, e ti ci iscrivi. Ma per qualche motivo strano, loro non vogliono farti sapere quali sono i loro profili. "Ecco, lo vedi? Ti odiano anche loro. Forse ti parlano anche male alle tue spalle."
Un'altro giorno, sei costretta a portare lo zaino con le rotelle perché sulla schiena appena operata non puoi. E questo zaino sul marciapiede con le pietre fa tanto rumore. E tutti si girano a guardarti. Tutti ti guardano, qualcuna ride anche. Qualcuna lo chiama "il trolley". Anche le tue amiche ti dicono 《A Sì, certo che sto zaino fa casino》. Ma che, è colpa mia? "Sembri stupida, stupida e handicappata".
Tutti sembrano guardare te, e prenderti in giro, tutti ti giudicano senza che tu lo sappia. "Ecco, adesso entri in corriera per ultima, e rimani in piedi, tutti pensano che sei una sfigata, perché non sai nemmeno prenderti un posto. Ti guardano tutti e ti giudicano"
E stai lì, da sola in piedi come un palo, in corriera, e seduta lì di fianco c'è una ragazza, anche più piccola di te. La conosci appena di vista. Con la coda dell'occhio la vedi chattare con qualcuno su whatsapp. A un certo punto la vedi aprire la fotocamera interna, scattarti una foto di nascosto, e mandarla a qualcuno sulla chat. Non arrivi subito a capire cosa sia successo, ma quando te ne rendi conto non hai comunque la forza di dire niente. Forse hai visto male. No, hai visto benissimo, ma che puoi farci? Anche chi non ti conosce ti prende per il culo, è vero allora che tutti mi guardano e mi vedono stupida. E brutta, anche.
Inizia un giorno così, a salirti l'ansia. Un pò anche per la scuola, si, ma non solo. Non sai nemmeno tu per cosa sia. Ti senti inutile. Anche alcuni professori tu fanno sentire stupida e insignificante. Ti fanno sentire una nullità.
Finisce la scuola, finisce la maturità. Libertà. Adesso si che si vive. Posso anche uscire con le mie amiche e andarci a divertire. Peccato siano sparite tutte dopo gli esami. Non visualizzano i tuoi messaggi. Escono senza di te. Come se tu non esistessi. E piano piano inizi a sentirti sola, sempre più sola e fuori dal mondo. "Non hai amici, tutti ti odiano, aveva ragione *tizia* a dirti che hai un carattere di merda e ti ritroverai sola, e infatti è successo".
Un giorno, scopri che il ragazzo del quale sei innamorata fin dalle medie, non ti ricambia più. E ti senti stupida, e inutile, e brutta.
Un giorno, un ragazzo di nome Marco ti scrive, e per la prima volta non ti senti più brutta, stupida o inesistente. Ti senti apprezzata, desiderata, bella. Te lo dice anche lui 《per me sei bellissima》 e tu sei al settimo cielo.
Per una volta pensi anche tu che quella vocetta è stupida davvero, e decidi di non ascoltarla, di fidarti di qualcuno che sa usare bene le parole. Fin troppo bene.
《Sei troppo taciturna per me, Silvia, siamo troppo diversi》.
《Non mi sei mancata così tanto durante queste vacanze》
Eccola che torna.
"Sei brutta, non ti trova bella davvero. Gli fai schifo. Gli facevi schifo pure prima ma forse gli sembrava brutto dirtelo subito. Non piaci a nessuno, sei un cesso. Sei stupida e troppo silenziosa, sembri una mummia. Non parli mai, non sai mai che dire, sembri proprio scema. Non sai nemmeno tenerti un ragazzo, figurati, non gli sei mancata per niente, aveva di meglio da fare piuttosto che stare a pensare a te. Eccolo, si è già trovato un'altra ragazza. Sei anche facilmente rimpiazzabile. Sei convinta di essere diversa, e infatti lo sei,ma non per questo sei speciale. Non sei nessuno, ne per lui, ne per gli altri. Tutti si dimenticano della tua esistenza, non vali niente. Niente.
E così via. Sempre più forte. Fino a quando non ti ritrovi a piangere nella tua camera da sola, a 20 anni. Piangere silenziosamente, trattendendo i singhiozzi, ma non le lacrime, per non farti sentire.
E per quanto tu possa pensare che la bellezza non è tutto, che troverai altri amici, altri ragazzi, che devi amarti per quello che sei, non ci riesci. E torna sempre quella stupida vocetta malefica, che ti sbatte in faccia la realtà.
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iirrddkk · 4 years
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Ogni cazzo di volta che dice che la ama, che posta una foto insieme a lei e leggo i commenti di quanto si amano non importa la distanza, ogni volta che è online e parla con lei.. capisco che forse sono più che innamorata e basta. Forse mi importa troppo per essere solo una cotta. E mi fa sentire di merda il fatto che lei ami l’altra, ma so che è la cosa giusta, che la rende felice e che è questo tutto ciò che importa. Non importa se mi fa un male cane, sto scoprendo di poter soffrire più di quanto pensassi per cose che sembrano stupide. Sto scoprendo di poter provare sentimenti che nemmeno pensavo fossero possibili in me. Sì mi sento come se io sia difficile d’amare perché le avrei dato tutto, e ci ho provato a darle tutto anche se lei non ci provava. Io ci credo nel destino, ma credo che la gente debba lottare per queste cose. Io ho lottato e ho la sensazione che questa cosa che sento non andrà via velocemente quindi mi resta solo che lottare ancora e dimenticarla, almeno dimenticarla in quel senso. Anche se lo so che non la dimenticherò mai, o almeno non dimenticherò mai come mi faceva sentire stare con lei. Passare del tempo con lei più che altro. Mi faceva sentire una persona migliore. Mi faceva sentire bene con me stessa, e ciò non mi capita spesso. Bho io credo di amarla, ma devo dimenticare e basta. Cazzo devo mettermi in testa che ama, cazzo AMA, un altra persona. Devo mettermi in testa che è felice con lei, non con me. Voglio la sua felicità? Devo smetterla di illudermi e sperare che lei sia felice il triplo di quello che sembra. Avrà fatto cazzate, anch’io ne ho fatte e dette, ma so benissimo quanto cazzo di amore si merita. Si merita di stare da Dio. Si merita qualcuno che la faccia crepare dalle risate ogni secondo, cazzo la sua risata è assurda, stupenda, di quelle che ti fanno ridere anche quando è l’ultima cosa che vorresti fare. Si merita qualcuno che la faccia divertire, che le faccia fare pazzie, che la porti a vedere L Alba e il tramonto al mare un giorno a caso, senza preavviso; qualcuno che le tenga la mano guardando un film al cinema o a casa sotto le coperte; qualcuno che la abbracci mentre dorme, che la faccia sentire protetta tra le sue braccia, che sincronizzi il proprio respiro con il suo; qualcuno che la sappia tranquillizzare quando ci sono le tempeste, i tuoni e quelle cose che la spaventano a morte; qualcuno che la faccia sentire fottutamente senza paura, sempre; qualcuno che le dica quanto la ama ogni cazzo di occasione che ha, che glielo dimostri con piccole cose stupide, che glielo scriva sulla pelle quando fanno l’amore; qualcuno che le riempa il cuore, gli occhi, la testa; qualcuno che viaggi con lei ovunque, lei è fatta per viaggiare cazzo glielo si legge in faccia, è fatta per sognare, è fatta per far sognare agli altri che la guardano. Dio mio spero abbia una vita meravigliosa, anche senza di me in alcun modo. Cazzo se ho pianto per lei, però cazzo se mi ha fatto sorridere e stare bene. È l’unica persona per cui ho mai pianto così tanto e non lo dico solo in senso negativo. Cazzo lei è magica. Ora io scrivo qua per sfogarmi però se c’è una cosa che adoro sono le stelle, e c’è da dire che da quando la conosco ogni volta che le guardo penso a lei. Io sono una persona che se vede la Luna di un colore strano, molto luminosa, perfettamente circolare o a mezzaluna, ti invia un messaggio per dirti di guardarla... mi piace pensare che alcune persone guardino cose belle e vedano ciò che vedo io. Mi piace pensare che c’è o ci sarà quella persona che la guarderà come la guardo io, che la vorrà almeno il quadruplo di quanto la desidero io. Voglio solo che lei stia bene. E sembra cavarsela benissimo, è felice. Adoro il suo sorriso. È difficile, ripeto, guardarla essere felice con qualcun’altro, ma è tutto ciò che desidero per lei per sempre. L amerò per sempre. Non importa se non glielo ho mai detto, non importa se lei non mi ha mai amato. Io non mi scorderò mai di sta ragazza. Sarà in me per sempre, come ogni suo bacio o carezza o parola. (Continuo poi..ho finito lo spazio, troppe cose da dire)
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sii-testessa · 5 years
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08.09.2019
Fa strano vederti tra la folla e non dirti nemmeno un "ciao" quando un giorno ci eravamo promessi di non lasciarci mai.
E si abbiamo fatto finta di nulla, ci siamo girati dall'altra parte più volte è vero, ma so, ti ho visto che tra tutta quella gente con tutte quelle ragazze mezze nude e con quella musica assordante mi guardavi, o mi tenevi d'occhio questo non lo so. Ma ti ho visto, è stato in quel momento che tutti davanti a noi si erano spostati e i nostri sguardi si sono scontrati nonostante ci davamo le spalle, poi mi sono girata per paura sai?paura che se venivi li crollava la mia corazza..
Non ti dico che mi manchi, mentirei. Non mi manchi, non più. Certo sentirti nominare mi provoca un tuffo il cuore, ma non vado più in panico vedendoti e tanto altro.
Io non so se lo screen che hai messo oggi era una frecciatina o cosa, la foto con **** di sicuro si potevi metterla anche l'altra sera no visto che l'avrai vista, oppure dopo no? E invece no proprio appena io avevo messo e tu visto, il video con ***. Pensi io sia gelosa? No, sono amareggiata dal tuo comportamento, potevi toccarmi il braccio mentre passavo non ti avrei negato due parole, potevi scrivermi sarei venuta da te anche a sentirmi una sceneggiata per poi mettermi a ridere e abbracciarti, nonostante tutto, e invece no, hai deciso di giocare sulla gelosia, peccato che io non sia più gelosa o se lo sono non sono più come prima che mi arrabbio e ti sclero addosso, no. Ora mi allontano piano piano, perché in fondo così mi dimostri solo che lei ha il mio stesso valore, probabilmente lei ne ha uno maggiore 1 perché la conosci da quando sei piccolo, 2 perché lei l'amavi/l'ami. Ma non ha importanza chi è più in alto sulla scala dei tuoi valori, non più.
Stasera *** mi ha chiesto di noi, perdonami, me e te, non noi. Comunque me l'ha chiesto proprio quando eri appena passato per come mi hai guardata, e pensa che lei non sa nulla di me e te da tipo aprile quindi calcola siamo a settembre, quindi ormai da 5 mesi, quindi o gli hai raccontato tu qualcosa ma dubito oppure mi hai guardato con uno sguardo non indifferente anche per i conoscenti.
Ma sai cosa? Io non sarò bella, non avrò un bel fisico, non sarò facile, sarò noiosa e tutto quello che vuoi veramente. Ma sai io ti mancherò, anzi non io, ma ciò che ti davo io. Perché trova un altra quasi 16enne che ti stia vicino 10 mesi, che non ti neghi mai nulla nonostante il tuo carattere difficile, che sappia di essere solo un rimpiazzo per te ma resta , che nonostante siete "amici" subisca la tua gelosia, che ti tenga testa, che ti chieda come stai, cosa fai, del lavoro, o di tutto il resto. Ma se la trovi o l'hai già trovata buon per te!
Ma sai dubito, non ci sono molte Giulia come me sai? Ma ora sei troppo immaturo per capirlo,ora ti vanno bene le scopate/limonate di una sera o le oche che ci provano con te e altri 20 tipi, ma cazzi tuoi, lo capirai tra tanti anni, oppure tra qualche mese quando mi vedrai felice tra le braccia di qualcun altro.. Perché si , io non voglio più avere a che fare con te e ha ragione *** devo visualizzati e non rispondere solo così staremo bene tutti, tanto hai sempre fatto così con tutte per cui fanculo.
Sei stato parte di una parte della mia adolescenza e ti ringrazio per avermi insegnato diverse cose e penso di aver fatto lo stesso con te.
Ma ora basta, sii felice che stasera non mi sembravi tale anzi eri annoiato,ma punti di vista.
SII felice e fatti la tua vita.
Buona vita e buona serata.
Cit. Me
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hb-poison · 7 years
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Una volta ero brava a scrivere. Nel blog precedente ero addirittura considerata simpatica, cosa che da quando l'ho chiuso (più o meno due anni) non è più stata. Quella che vede la gente che mi conosce non è simpatia, ma tristezza, verso tutto e tutti. Allora le mie "battutine" sono carine, fanno ridere, sono poste in modo tale da non insospettire le persone e non portarle verso la fatidica domanda del "tutto ok? Ma come stai?" Eh, come sto? Se avessi una risposta simpatica svierei di nuovo il discorso, ma non penso si possa scappare più di tanto. Però posso riprendere il discorso dall'inizio, dalla nostalgia del mio vecchio blog, e forse qualche tassello creduto perso potrebbe tornare fuori e aiutarmi a capire esattamente come sto. •••••••••••••••••••••••••••••••••••••• Quando ero in forma e in pace con il mondo, avevo aperto un account qui su Tumblr, dove pubblicavo foto del paesello di mia nonna e raccontavo i miei insuccessi amorosi. Nel vecchio blog vivevano R, LondonEye e Swing, esattamente in quest'ordine, a cui avevo dedicato un bellissimo post ciascuno, dove elencavo i loro pregi e gli effetti che avevano su di me. Ed era così bello vivere questo trionfo quale era l'amore per me, e tutto quello che mi circondava era bello e divertente, e volevo contribuire a tutto questo, cercando di essere la persona più solare del mondo, quel tipo di persona che riesce a farsi scivolare tutto addosso e rimane sempre ferma nelle decisioni, competitiva, determinata, fiera delle sue scelte e bla bla un sacco di bla. Poi è arrivato un crollo temporaneo. Ovviamente una persona, se non è abituata a certe cose, non può farcela subito. R aveva deciso di lasciarmi, senza motivo. LondonEye si è trasferito (indovinate un po' dove), lasciandomi sola, in un momento in cui forse entrambi avevamo bisogno di stare insieme, ma non potevamo. Mi chiedo come sarebbe andata se molte cose non fossero mai accadute. Del povero Swing invece, c'è poco da dire. Eravamo semplicemente incompatibili, e ci siamo lasciati. O meglio, l'ho lasciato io. Probabilmente perché ho preso coraggio prima di lui. Se mai qualcuno dovesse leggere questo post senza alcun senso, stia tranquillo che prima o poi al dunque ci arrivo. Dopo Swing ho chiuso il blog, perché ormai non aveva più senso. Avevo esaurito la voglia di condividere con il mondo le cose belle della vita, e ho deciso di fare un cambio totale, aprendo un altro blog da zero. Fa strano eh? Quando è stata l'ultima volta che hai aperto un altro blog e l'hai ricominciato da capo, cercando di sforzarti di crearne uno completamente nuovo, che sia simile al vecchio (perché evidentemente scrivevo bene, e mi ero fatta degli amici), ma che non tratta gli stessi argomenti? Te la sei posta la domanda "e ora cosa scrivo?"? È come cominciare un nuovo quaderno, una nuova pagina; l'ansia è uguale. E in questo blog non ho più scritto nulla di bello, nulla di sorprendente, lo uso nei momenti di malinconia e tristezza. Condivido foto, scrivo qualche citazione, o la copio, e poi se capita scrivo due cazzate. E ha un po' perso il senso. Ho sempre pensato che prima o poi avrei raccontato anche di BG, di quest'anima che mi sta lacerando da quasi due anni. Sicuramente ho accennato qualcosa, ma non ho mai raccontato nulla che potesse attirare l'attenzione di qualcuno, e quindi miei pensieri sono morti lì. Perché non ho mai raccontato nulla di BG? Perché, cosa c'è da raccontare? Tu, BG, hai qualcosa da raccontare? Penso che l'unica cosa da sottolineare in due anni è che io lo amo, sono follemente innamorata di lui e non ci sono cristi o madonne in due anni che mi hanno fatto cambiare idea, per un secondo. E BG? Lui mi vuole bene, e vi confermo che me ne vuole tanto, ma il disequilibrio è abbastanza evidente. Ed è questo disequilibrio abbastanza evidente che mi ha tirato giù negli inferi, in questi due anni. E per quanto io sia riuscita BENISSIMO a far finta di niente, a cercare di stare male il meno possibile per non farlo vedere a nessuno, questo male si è riversato fuori, e l'ho ferito. Ovviamente non volevo farlo, ma in situazioni come questa il "non volevo" non convince neanche un po', nonostante lui sappia che non volevo veramente. E siamo così, in stallo. Attendo il giorno in cui mi manderà a fanculo, e sto cercando di incamerarlo il prima possibile e prima che succeda, così il colpo sarà meno duro. Oppure me ne andrò prima io. L'idea è quella, è fortissima e mi sto convincendo sempre di più che sia la cosa migliore da fare. Questo post era un altro sfogo, perché il succo di tutto questo discorso è che in due anni sono diventata molto triste, e per quanto sia brava a non darlo a vedere, se ne sono accorti tutti. E questa per me è la grande sconfitta. Non posso far stare male altre persone, altri amici, per una cosa che sto combattendo da sola (e totalmente da sola), in cui loro non c'entrano nulla. Non ce la faccio più a dare i resti a tutti quanti, non ce la faccio più a vivere così. O a vivere, semplicemente.
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Capitolo 43 - Gli ex, i falò e le bocche grandi (Prima Parte)
Nel capitolo precedente:
Meg e Angie sono alla tavola calda, sul finire del loro turno serale, e assieme a loro c’è Grace che sorseggia una cioccolata mentre riceve consigli sul da farsi con Stone. Lupus in fabula, Stone e i Mookie meno Eddie arrivano da Roxy per mangiare e riferiscono che il cantante è rimasto da solo alla Potatohead a lavorare su dei brani. Angie, di nascosto, passa brevemente a trovare Eddie, col pretesto di portargli del cibo e del caffè, lui reagisce in modo un po’ strano. Il giorno dopo il padre di Angie si presenta a casa delle ragazze, in anticipo rispetto al programma prestabilito. Angie gli mostra orgogliosa l’appartamento, Ray storce il naso perché è messo un po’ male, ma apprezza il fatto che la figlia sia già indipendente, anche se ne sente la mancanza. Nella stanza della figlia trova il quadretto che le aveva regalato Eddie, si stupisce perché ci sono foto di lei, che ha sempre odiato farsi immortalare. Ray va a fare il suo servizio fotografico e resta d’accordo di ritrovarsi al RKCNDY con le ragazze e i loro amici più tardi. Alla sera, Jerry è al locale, nonostante sappia da fonte certa che ci sarà anche Angie, anzi, diciamo che ci va apposta. Un tizio gli attacca bottone al bar e, anche se inizialmente non ha voglia di socializzare, finisce per raccontargli tutto del casino combinato con Angie, senza mai nominarla, dettagli piccanti compresi. All’arrivo di Angie e soci scopre con orrore che il tizio in questione è proprio il padre della sua ex.
***
“Oh cazzo, finalmente!” Jeff esclama saltando giù dal cofano della macchina di Laura, non appena la vede uscire dall'appartamento e scendere la breve scalinata “Muoviti, siamo già in ritardo”
“Buona sera anche a te, amore mio! Senti un po', dov'è finita quella dolcezza che hai sfoderato l'altra sera per il nostro anniversario? L'hai bruciata tutta in una volta?” la ragazza si lamenta avvicinandosi a Jeff, per poi stampargli un bacio poco convinto sulle labbra.
“Ma no, amore, che dici?! E' solo che, beh, un quarto d'ora fa hai detto che stavi uscendo e...”
“E...?”
“E io e Eddie siamo qui ad aspettare al freddo e al gelo, ci avessi almeno lanciato le chiavi della macchina... tesorino!”
“Eddie non si sta lamentando” commenta guardandomi e tirando fuori dalla borsa le chiavi in questione, per poi farle tintinnare davanti al naso del suo ragazzo, tenendole però ben strette.
“In realtà non è neanche un quarto d'ora, molto meno” affermo guadagnandomi un'occhiata storta di Jeff.
“Seh, va beh... dice così perché non vuole offenderti”
“Comunque dovevo finire di prepararmi, che vuoi?” Laura apre la macchina e sale al posto di guida.
“Ma piccola, tu sei già bellissima, non hai certamente bisogno di tutto questo tempo per prepararti, da qui lo stupore per il tuo ritardo” Jeff si esibisce nella sua scena madre prima che Laura gli scoppi a ridere in faccia e chiuda lo sportello, invitandolo a salire.
“Dai, piantala di fare il coglione e salta su! Non avevi fretta?”
Jeff obbedisce subito e si siede ovviamente davanti, accanto a Laura, mentre io mi accomodo dietro.
“Io lo dico per Eddie, mica per me. E' lui che non vede l'ora di arrivare al RCKNDY, vero?” Jeff ammicca verso di me, ma io ormai ho imparato a ignorarlo.
“Mi basta arrivare prima dell'inizio del concerto” faccio spallucce mentre Laura mette in moto e parte alla volta del locale.
Non è vero un cazzo, ovviamente. Non è da me, lo so, ma questa volta del concerto non me ne potrebbe fregare di meno. Rispetto la band e mi hanno detto che gli Inspector sono bravi e anche divertenti, che interagiscono molto col pubblico, eccetera. Ma, davvero, non me ne frega un cazzo. Essenzialmente ci vado perché c'è Angie e ormai non perdo nemmeno tempo a inventare delle scuse da dare a me stesso per non ammettere che ho voglia di vederla. Vederla, e poi? Che faccio? Che le dico? Non ci capisco più niente e non è solo colpa mia, insomma, anche lei ci mette del suo, lanciando segnali ambigui. Voglio dire, dopo aver tentato di chiederle di uscire con esiti catastrofici, mi ero ormai rassegnato al due di picche e avevo deciso di starle un po' alla larga, visto e considerato che è da quando siamo tornati dal Canada che la tampino e le sto praticamente addosso. Che poi rassegnato è un parolone, diciamo che cercavo di concentarmi sulla musica ed eliminare dai testi su cui sto lavorando profumi, onde, oceani col suo nome, sguardi, sirene o qualsiasi altra cosa che potesse farmi pensare a lei. E proprio quando stavo riuscendo nel mio proposito, Angie che ha fatto? Mi è apparsa davanti dal nulla, col suo sorriso, la sua voce rauca e ammaliante, il suo sguardo indagatore fisso su di me, a tratti così dolcemente tagliente da farmi sentire nudo e darmi l'impressione di, boh, piacerle? Però poi l'ho abbracciata e non ha fatto una piega, mentre io mi ubriacavo del suo profumo che è allo stesso tempo diverso ogni volta e sempre uguale, la stringevo e giuro che mi tremavano le ginocchia perché mi sentivo sopraffatto da tutta quella pace e quel calore e mi sembrava di non riuscire ad abbracciarla interamente, a raccogliere e contenere tra le braccia tutto quello che poteva darmi, che fosse troppo tutto insieme. E pensavo che se le avessi detto una cosa del genere mi avrebbe preso per matto, o fatto, o avrebbe fatto dell'autoironia del cazzo dicendo qualcosa sull'essere troppo grossa per essere abbracciata tutta o stronzate del genere, ma io l'avrei zittita con un bacio affamato ed euforico, a cui lei avrebbe reagito tirandomi una pizza delle sue in piena faccia oppure aggrappandosi a me e ricambiando il bacio col doppio dell'intensità finché non ci saremmo ritrovati senza accorgercene a rotolarci su quella sottospecie di divano della saletta o forse sarebbe rimasta impassibile e mi avrebbe poi guardato di sottecchi e, con quel suo sorriso diagonale, avrebbe polemizzato sul fatto che far tacere una donna baciandola sia quanto di più maschilista e stereotipato possa elaborare la mente di un uomo e a quel punto mi sarei arreso definitivamente dichiarandomi suo e, denudandomi lì sul posto, le avrei detto che poteva fare di me ciò che voleva. Invece non è successo nulla di tutto questo, mi sono limitato a fare la figura del coglione che sono, e il solo fatto di fantasticare su una cosa del genere con tutti i possibili scenari tanto grotteschi quanto plausibili mi fa capire che non sto perdendo la testa per Angie, no, l'ho già bella che persa e non ci posso fare niente.
Siamo già arrivati al locale e non me ne sono neanche accorto, non devo essere stato di gran compagnia durante il viaggio in macchina, ma Jeff e Laura non sembrano volermelo far pesare. La coda per entrare è praticamente inesistente e in cinque minuti siamo già dentro, gli occhi intenti a squadrare la gente all'interno del locale in cerca dei nostri amici e le orecchie impegnate dalla coda di un pezzo dei Primus. Quasi subito Laura si allontana verso un paio di ragazze, che la chiamano a gran voce, trascinandosi dietro Jeff, mentre io faccio loro segno che ci vediamo dopo e mi addentro nella piccola sala sperando di trovare presto l'oggetto della mia ricerca. Quasi subito, nel momento in cui la canzone finisce, neanche fosse una mossa studiata, tra le decine di volti anonimi ecco apparire l'unico che mi interessi veramente: Angie, in fondo a sinistra, in piedi appoggiata a una colonna, che parla e ride con Meg, vestita di nero, una tuta mi pare, un trucco diverso dal solito sugli occhi, nero con qualcosa di rossiccio, o viola, non si capisce bene, la mano che sposta una ciocca di capelli dalla faccia e poi indugia ancora un poco nell'affondare le dita nella chioma. In realtà, non so se sta veramente indugiando nel movimento o se sono io che vedo tutto a velocità dimezzata come in una scena pietosa di un teen movie di serie b, col protagonista che vede la ragazza dei suoi sogni e ne rimane folgorato e proprio in quell'istante parte la canzone romantica per antonomasia, che so, True degli Spandau Ballet, e lei scuote i capelli al rallentatore mentre un singolo riflettore la illumina a giorno e il resto del mondo cessa di avere importanza o, per quanto ne sappia lui, forse anche di esistere. Il problema è che la scena si svolge proprio così, pari pari, tranne che per la canzone, che nel mio caso è la cover di Love me fatta dai Cramps ed è ugualmente azzeccata, anzi, forse ancora di più. Di certo, le urla di Lux sono più adeguate al mio stato d'animo. Adesso è Meg a parlare, mentre Angie ascolta e annuisce e fa una faccia interessata, poi incredula, confusa e poi perdo il conto dell'intero spettro di emozioni che passa per quel viso, che evidentemente è rilassato e a suo agio e non sente il bisogno di nascondere nulla alla sua amica, perciò si mostra naturalmente espressivo. Mi piace guardarla così, senza nessun apparente scudo protettivo, senza maschere o filtri. Vorrei fosse così anche con me, e forse a volte lo è davvero. No, la verità è che vorrei fosse così solo con me ed è ben diverso. Quest'ultima eventualità viene scartata definitivamente, anzi, viene letteralmente spazzata via in pochi secondi da un gesto rapido di... di chi? Chi cazzo è quello? Un tizio coi capelli lunghi e i baffi che avrà più o meno la somma degli anni di Angie e Meg, spunta da dietro la colonna con due bicchieri in mano, arriva alle spalle delle ragazze di soppiatto facendole spaventare per scherzo. Angela protesta ridendo e prende uno dei bicchieri dalle mani dello sconosciuto, che le cinge le spalle e le stampa un bacio sulla tempia, così, come se niente fosse, mentre lei lo lascia fare. LO LASCIA FARE E SORRIDE. Meg dice qualcosa ai due e poi si allontana, lasciandoli da soli. Ma stiamo scherzando? Stop alla moviola e alla voce di Tony Hadley, adesso la velocità è tornata normale, anzi, è raddoppiata, considerando i miei passi decisi per raggiungere Angie e il vecchio porco. L'avrà rimorchiata adesso o la conosce già? Magari è un suo professore. Non faccio in tempo a fare altre congetture e sono già a pochi metri, Angie mi vede e quando incrocia il mio sguardo e mi chiama per nome, facendomi segno di avvicinarmi, le sorrido e per un attimo mi scordo cosa sto andando a fare, ma l'espressione dello stronzo che si gira brevemente a guardarmi mi riporta subito alla realtà.
“Pensa che la prima volta che li ho visti erano di supporto ai Police, parliamo del tour di Outlandos d'amour, quindi '77, '78. Non vorrei dire una cazzata, ma credo fossero i primi concerti in assoluto dei Cramps, almeno i primi fuori dagli Stati Uniti” gli sento dire quando sono a pochi passi.
“Beato te!”
“Eheh beh, ma sono ancora in giro, sai? Puoi vederli quando vuoi anche tu”
“Sì, ma tu li hai visti agli inizi!” ribadisce Angie ammirata.
“Beh, quando si è in là con gli anni è più facile aver visto le band agli esordi. Ciao Angie!” mi inserisco nella conversazione così, brutalmente e senza alcun tipo di accortezza.
“Eddie!” esclama lei, guardandomi come se avessi appena bestemmiato in chiesa.
“Eheh vero, nascere negli anni '40 è stata la cosa migliore che mi sia mai capitata, specialmente per il mio lavoro. Però, come si dice, tutto è relativo, ogni generazione ha i suoi inni e i suoi miti: in locali come questo magari si stanno esibendo quelli che saranno i Led Zeppelin o i Black Sabbath del futuro” il tizio non fa una piega e continua a fare il figo con la sua filosofia da strapazzo. Per il suo lavoro? Lavora nell'industria musicale? O magari è semplicemente quello che racconta alle ragazze per portarsele a letto.
“Posso averne un sorso? Ho la bocca super secca” domando a Angie e le strappo letteralmente il bicchiere dalle mani senza aspettare la risposta.
“Ok, però guarda che è solo coca, senza niente” spiega lei sempre più perplessa.
“Lo spero vivamente,” borbotto tra me e me, ma abbastanza forte da farmi sentire dagli altri due, mentre mi porto il bicchiere alle labbra annusandone contemporaneamente il contenuto, prima di berne un bel sorso “non si sa mai”
“Wow, non pensavo avessi degli amici così scrupolosi! Addirittura ti curano per vedere se bevi alcol” ridacchia il baffo sorridendomi e sorseggiando la sua birra.
“Siamo sempre molto attenti, a tutto e tutti” sottolineo bevendone un altro po'. Sembra tutto ok.
“Da quando?” Angie divide il suo sguardo sempre più sospettoso tra me e il vecchio.
“Comunque, non ci siamo ancora presentati io sono-” il tipo passa la birra alla sua mano sinistra e mi porge la destra per una stretta, a cui non posso sottrarmi.
“Sei uno che avrà il doppio dei suoi anni” completo la sua frase col sorriso, mentre gli stringo la mano in maniera decisa.
“EDDIE, MA CHE CAZ?!” Angie è diventata paonazza di colpo e io lo so, so che sa difendersi da sola e che non ama particolarmente tutto questo atteggiamento da fratelli maggiori di Stone e Jeff, ma non posso certo stare con le mani in mano mentre questo ci prova.
“Beh, in realtà più del doppio, ti ho detto che sono nato negli anni '40, no? La matematica non è un'opinione” cioè questo fa anche lo spiritoso dopo che è stato sputtanato. Ha coraggio, bisogna ammetterlo.
“Tanto meglio! E comunque so fare i conti, a differenza di qualcuno che non si accorge di essere un po' troppo vecchio per una diciottenne” bevo ancora un po' di coca, praticamente il bicchiere è a metà quando lo porgo di nuovo a Angie, che lo prende senza nemmeno guardarmi in faccia. Non le sembra di esagerare?
“Oddio, troppo vecchio, non direi. Penso di avere l'età giusta, ho sempre voluto farmi una famiglia”
“E quindi vuoi farti una famiglia con le ragazzine adesso che sei anziano?”
“Eddie, piantala, non hai capito che-” Angie scuote la testa e quasi le scappa da ridere, ma viene interrotta dal tizio.
“No, Angie, credo non abbia capito. Penso di avere l'età giusta, né troppo giovane né troppo vecchio. E' importante avere una giusta differenza di età, Eddie. Se sei giovane le ragazze ti prendono sotto gamba e ti trattano da amico, se sei troppo vecchio se ne approfittano per farsi viziare, ti sfruttano e te la fanno sotto il naso. Ci vuole un certo equilibrio” continua l'uomo baffuto, senza scomporsi. Tra l'altro, ora che lo guardo meglio mi ricorda qualcuno... ma chi?
“Questa è... la cosa più stupida che abbia mai sentito!” ribatto incrociando le braccia, più che altro per trattenermi dal prenderlo a pugni.
“Perché non sei ancora padre, quando e se lo sarai capirai anche tu cosa vuol dire, soprattutto se avrai figlie femmine” continua lui mettendomi una mano sulla spalla.
“In che senso? Che diavolo c'entra?”
“C'entra perché questo è mio padre, Eddie, MIO PADRE”
“Tuo... eh?” improvvisamente il prurito alle mani mi passa e vengo assalito da un altro desiderio, quello di sprofondare immediatamente nelle viscere della terra per non fare più ritorno.
“Ray Pacifico, piacere!” il tizio... beh, ecco, il papà di Angie mi tende la mano di nuovo e io gli offro la mia, molle, mentre lo guardo inebetito.
“Signor... ehm, signor Pacifico, io... io sono mortificato, non avevo idea che lei-”
“Per favore, chiamami Ray, e dammi del tu, altrimenti mi fai sentire vecchio sul serio” Ray strizza l'occhio e io annuisco senza emettere un fiato, sotto il peso della consapevolezza che fino a un minuto fa ho dato del vecchio porco al padre della ragazza che mi piace.
“Piacere Ray, io sono Jeff, un amico di Angie, di quelli normali però” la voce del bassista spunta alle mie spalle, come anche il suo braccio.
“Eheh dai, povero Eddie, come faceva a saperlo?” Ray cerca di giustificarmi e io lo so che dentro sta pensando che io sia un povero coglione.
“Come faceva? Angie ci ha fatto una testa così dicendoci che stavi per arrivare a Seattle! Lo sanno tutti, penso lo sappia anche il sindaco” scherza Laura, rimediando una linguaccia da Angie.
“Ma infatti... ecco, io lo sapevo, solo che... sul momento... mi è uscito di mente” cerco di arrampicarmi sugli specchi, ma alla fine è la pura verità: io lo sapevo che ci sarebbe stato il padre di Angie stasera, ma poi quando l'ho visto con lei non ho fatto l'immediata associazione di idee.
“Diciamo che l'istinto di protezione ha prevalso sulla ragione. Siamo abituati a fare i cani da guardia, sai com'è, con tutti i maniaci che girano” Jeff mi rifila una pesante doppia pacca sulle spalle a due mani che mi risveglia per un attimo dalla mia voglia di oblio.
“Ah quindi sei abitualmente tampinata da vecchi?” chiede divertito Ray alla figlia.
“Jeff intendeva in generale” replica lei col broncio.
“Ora capisco perché erano tutti così soddisfatti del tuo volontariato alla casa di riposo!”
“Ah-ah” Angie guarda a terra imbarazzata, dopodiché solleva di nuovo lo sguardo ed è su di me, un'occhiata di pietà.
“Scusa” le dico solo col labiale, mentre Jeff e Ray continuano a prendere sia me che Angie poco velatamente per il culo.
Lei scuote la testa e mi sorride a metà, il solito piccolo dente fa capolino all'angolo della bocca per poi sparire immediatamente fra le sue labbra timide e morbide ed è proprio lì che correrei anch'io a nascondermi, o anche semplicemente a riposarmi, se solo potessi.
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“Ed è così che alla fine ho scoperto che si trattava proprio della nuova coinquilina di Meg” Chris tutto spavaldo termina il suo racconto che ormai conosco a memoria, la figura di merda che saprei declamare a occhi chiusi anche se non l'avessi vissuta in prima persona al mio arrivo nella mia nuova casa.
“Eheh quindi tu e lui siete i vicini di mia figlia” mio padre indica Cornell e Gossard e lo fa con talmente tanta nonchalance che giurerei non l'abbia fatto apposta.
“No, lui abita con Matt,” Stone puntualizza indicando il batterista “io vivo per i fatti miei”
“Lui vive ancora coi suoi genitori” sottolinea Jeff con un sorriso falsissimo.
“Io non vivo coi miei genitori, ho il mio appartamento”
“Che è la mansarda della casa dei tuoi”
“E' una mansarda, ma è un appartamento a sé”
“Coi tuoi al piano di sotto”
“Ma sono due case separate e indipendenti, Jeff, non farmi incazzare”
“Che diventano un po' meno separate a ore pasti”
“SEPARATE E INDIPENDENTI!”
Mio padre assiste divertito al battibecco tra Stone e Jeff, mentre noi siamo forse talmente tanto abituati da non farci quasi più caso. Per un attimo provo ad astrarmi dalla situazione osservandola dall'esterno e mi rendo conto che i ragazzi stanno dando il loro meglio, o il peggio, a seconda dei punti di vista. Insomma, Chris che ci delizia coi suoi racconti di vita, Jeff e Stone che si punzecchiano, Mike dolcissimo che fa il finto tonto e qua e là lancia frecciatine a Meg, Kim che con un commentino di due parole finisce per monopolizzare la conversazione, Eddie che non apre bocca, Dave che scola birre come se non ci fosse un domani: ognuno di loro è, o almeno sembra, la propria versione stereotipata, ciascuno riproduce i topos e gli stilemi che gli appartengono, come fanno i personaggi di una sitcom alla prima puntata, per farsi conoscere, per dare subito una visione d'insieme allo spettatore. In questo caso mio padre non si può proprio lamentare, tutti si stanno dando molto da fare per fornirgli un quadro generale delle nostre esistenze.
“Bah, personalmente non bado più a queste cose, ho conosciuto ragazzi in età scolare che stanno ancora dai genitori ma sono già perfettamente autonomi e uomini adulti che vivono da soli ma fanno venire la madre a spicciargli casa, quindi non credo c'entri molto il posto fisico in cui si vive, quanto piuttosto il luogo mentale che si raggiunge nella propria crescita”
“Jeff ha Eddie ora, non ha bisogno della mamma” commenta Stone finendo la sua birra.
“Cioè? Sei bravo nelle faccende domestiche?” papà chiede a Eddie, intuendo dalla nostra ilarità che la battuta deve essere un motivo ricorrente.
“Err... beh, sì, me la cavo, insomma... dieci anni che vivo da solo” Eddie balbetta qualcosa senza neanche guardare Ray in faccia e la cosa non mi stupisce considerando la figura di merda fatta prima. Come diavolo ha fatto a dimenticarselo? Come ha fatto a non capire che era mio padre? Dicono tutti che ci assomigliamo, nonostante tutto...
“Ottimo! Anche la mia pupilla qui è un esempio di indipendenza comunque, io e Janis ci abbiamo provato a viziarla, ma non ci siamo riusciti, vero Angelina?” mio padre mi circonda le spalle col braccio e a me si raggela improvvisamente il sangue.
“Oooow Angelina, che nomignolo tenero!” commenta Laura con gli occhi a cuoricino, anche lei calatissima nella sua parte di adorabile Laura. Peccato che in questo caso sia complice involontaria di un disastro.
“Oh ma non è-” inizia a rispondere mio padre e io ci provo a interromperlo.
“Non è tenero, è osceno, quindi rimaniamo su Angie, ok?” ma tanto è inutile.
“E' il suo nome comunque, non un nomignolo” ed ecco che mio padre lancia la prima bomba della serata.
“Prego?” Stone e il suo sopracciglio inarcato sono i primi a reagire e non ne dubitavo neanche per un secondo.
“Angelina, si chiama così”
“ANGELINA?!” Jeff, fedele come tutti al suo personaggio, urla e si strozza con le noccioline che stava sgranocchiando al bancone del bar.
“Angelina come 'Angelina... la cameriera della pizzeria'?” sghignazza Chris.
“Credevo ti chiamassi Angela, detta Angie” Mike è il più composto di tutti a parimerito con Eddie, che si limita a produrre un sorriso a metà tra l'incredulo e il dispiaciuto.
“Ma che idioti! Non capite che è uno scherzo, la sta prendendo in giro, vero Ray?” Meg scuote la testa e si rivolge direttamente a mio padre, che sta per darle una delusione.
“No no, che scherzo! E' il suo nome, lo so perché, beh, gliel'ho dato io” papà scrolla le spalle e non ho bisogno di guardare Meg per sapere che mi sta perforando il cranio con uno sguardo omicida.
“CHE COSA?”
“Meg...”
“Sei mesi. Anzi, di più... Più di sei mesi che ci conosciamo e non mi hai mai detto il tuo nome?!”
“Come puoi immaginare, non è una cosa che dico facilmente, per ovvi motivi”
“Che vorresti dire? Angelina è un nome bellissimo, è il nome di mia madre, nonché tua nonna” mio padre mi guarda fingendosi offeso, ma anche se so che fa finta non posso non sentirmi in colpa.
“Sì, è un bel nome, non dico di no, è solo... un po' desueto”
“Meglio, è più raro, quindi più unico”
“E un po'... un po' tanto italiano”
“E allora?” la mascella di papà s'irrigidisce e mi fulmina con il tipico sguardo stretto e fintamente allegro di quando è incazzato.
“E allora niente, è molto tipico e-”
“Che c'è di male se è italiano? Io sono italiano, tu sei italiana, la nostra famiglia è per metà italiana, c'è qualcosa che non va?”
“No! Assolutam-”
“Avete qualcosa contro gli italiani?” papà si rivolge agli altri, che sono abbastanza furbi da capire che l'immediatezza della risposta è tutto.
“No!”
“Figuriamoci!”
“Macché!”
E' tutto un coro di secche negazioni, a cui Mike fa seguire un tentativo di discorso più articolato basato sulla premessa che lavorare in una pizzeria lo mette sicuramente ai primi posti tra coloro che nel nostro gruppo amano l'Italia.
“Non capisco perché all'improvviso ti vergogni...”
“Non mi vergogno! E' solo un nome un po' antico, da vecchia signora, indipendentemente dall'origine geografica della vecchia signora ecco”
“Il nome però non ce lo danno da vecchi, Angie, anche le vecchie signore che si chiamano Angelina, come tua nonna, sono state bambine e hanno portato tranquillamente quel nome senza fare storie” spiega mio padre prendendo una patatina da un'altra ciotola sul bancone e avvicinandola alla mia bocca, senza indietreggiare di un millimetro finché non mi sono arresa e l'ho aperta per mangiare.
“Anch'io lo porterei tranquillamente, se solo evitassi di dirlo a tutti”
“Eheheh va beh, che cambia, i tuoi amici continueranno a chiamarti Angie”
“Scherzi? Stone mi chiamerà Angelina per il resto della mia vita”
“Al massimo per il resto della sua vita...” risponde mio padre, precedendo di un soffio Stone che stava giusto per aprire bocca, cosa che ovviamente deve aver indispettito il chitarrista.
“Ahahahah questa è buona!” esclama Jeff battendo il cinque a mio padre, che ovviamente è diventato in pochi minuti il migliore amico dei miei amici. Mica come me.
“E comunque pensavo usaste dei nomignoli nell'intimità” aggiunge con uno dei suoi occhiolini del cazzo.
“Papà piantala! Anzi, almeno adesso che c'è Stone presente puoi fartelo dire anche da lui che non è il mio ragazzo, così la finirai una volta per tutta. Diglielo Stone”
Gossard mi guarda stranito, poi si sposta su mio padre, fa un respiro profondo e...
“Beh, ecco... ok... wow... certo che anche tu, potevi trovare una maniera più discreta per rompere con me, Angelina, non credi?” replica il deficiente.
“Stone” attorno a me tutti ridono, mio padre compreso.
“E magari un momento migliore” continua scoppiando a ridere anche lui.
“Vaffanculo Stone” lo insulto e nonostante tutto credo che dopo questo siparietto mio padre si sia finalmente convinto del fatto che tra me e quel cretino che si sta tenendo la pancia mentre rischia il soffocamento da riso non c'è nulla.
“Io lo trovo carino” sulla coda di una risata sommessa, Eddie dice credo la prima frase di senso compiuto da quando mio padre gli ha stretto la mano. Ciò non toglie che non ho idea di cosa abbia voluto dire.
“Che cosa?” gli chiede Dave esternando il mio interrogativo.
“Angelina, è carino come nome”
“Ma va, che carino e carino! E' un tipico nome da riot girl” commento sarcasticamente alzando il pugno.
“E' un nome da figa” sentenzia Laura in uno slancio di fantasia.
“Seh come no”
“Perché? Non può esserlo? Un nome è solo un nome, diventa da figa o da sfigata a seconda di chi lo porta” ribatte Meg.
“Appunto, calcola che lo porto io”
“E cambia anche se c'è un vip che lo porta” continua la mia coinquilina ignorando il mio commento.
“Beh, dipende”
“Che ne dici di Banana? Nome del cazzo sulla carta, anzi, non è neanche un nome. Eppure la Yoshimoto lo ha reso un nome, un nome cazzuto direi”
“Sì, ma quello non è il suo nome, è uno pseudonimo che ha scelto perché si dice praticamente allo stesso modo in tutte le lingue. E per non far capire immediatamente se si trattasse di un uomo o una donna” ribatto mentre realizzo che tutti stanno seguendo il nostro scambio in un silenzio quasi religioso.
“Va beh, allora facciamo Dustin. Dustin ti sembra un nome da figo se lo scolli dall'immagine di Hoffman?”
“Beh, non è male di per sé”
“E allora Wynona? Bo? Elton? Notoriamente nomi da fenomeni già in partenza, certo...”
“Sono certa che almeno due di quelli siano nomi d'arte, Meg”
“Va beh, sti cazzi, è il principio che conta!”
“Ha ragione Meg. Praticamente devi solo aspettare che salga alla ribalta un'attrice o una modella o una qualsiasi tipa strafiga che si chiami Angelina e automaticamente guadagnerai punti” interviene Chris annuendo alle sue stesse parole.
“Pfff molto probabile”
“Non era esattamente quello che intendevo, anche se...” borbotta Meg.
“Ecco, questo è il punto in cui io dovrei dire qualcosa del tipo 'Ma perché? Perché dobbiamo aspettarne un'altra? Ci sei già tu che sei stupenda' ma visto e considerato che mi hai scaricato cinque minuti fa...” Gossard fa spallucce e persino mio padre ride del suo umorismo del cazzo. Perché non ci si mette lui con Stone?
“Beh allora questo è già il primo beneficio dell'averti scaricato”
**
Per fortuna smetto di essere argomento di conversazione e, a un certo punto, il nostro gruppo si separa e si sparpaglia in lungo e in largo per il locale: Chris viene raggiunto da Susan e i due si allontanano chissà dove, Jeff va nel backstage con Stone e Kim, mio padre gironzola scattando foto,  Dave e Matt sono intenti in una conversazione tra batteristi che però non so se verta su argomenti da batteristi o meno perché io sono un po' distante, ancora al bancone del bar, con Laura, Eddie, Mike e Meg.
“Comunque sono d'accordo con te sulla teoria dei nomi di cui parlavi prima. Per esempio, prima il nome Meg non mi diceva nulla, ma da quando ti conosco... bam, Meg è la bellezza per antonomasia” Mike se ne esce con questa cosa dal nulla, tra una chiacchiera e l'altra, lasciando la mia amica piuttosto interdetta, ed è forse anche per questo che dopo un po' Laura se ne va con la scusa di andare a cercare il suo ragazzo. A quel punto restiamo solo Eddie e io a sentirci di troppo.
“Ehi tra poco dovrebbe iniziare il concerto, che dici se cominciamo a... ehm, avvicinarci?” indico la direzione del palco a Eddie, che subito accetta di seguirmi e non so se Mike si sia accorto che ce ne siamo andati, Meg sicuramente sì perché mi lancia un'occhiataccia. Effettivamente la situazione è un po' strana, ma conosco Meg e anche se prova a dissimulare è evidente che queste attenzioni da parte di lui non le dispiacciano. Ma Melanie? Dove sta in tutto questo? Spero solo che nessuno soffra per questa situazione, specialmente Meg perché, beh, è una mia amica.
“Ma tu l'hai capito cosa stanno combinando quei due?” domando a Eddie quando siamo abbastanza lontani.
“Chi? Mike e Meg? Onestamente non ne ho idea” risponde lui apparentemente sorpreso dalla domanda.
“Nemmeno io”
“Mi auguro solo che nessuno si faccia male, almeno non troppo” continua ed è praticamente lo stesso pensiero che ho fatto pochi istanti fa e queste coincidenze pseudo-telepatiche mi fanno sempre sorridere.
“Già” armeggio con la mia nuova borsa in cerca di un fazzoletto di carta visto che, incredibile ma vero, sono di nuovo raffreddata. Sarà il decimo raffreddore che prendo da quando mi sono trasferita qui.
“Carina la borsa” Eddie indica la mia tracollina a forma di macchina fotografica.
“Eheh me l'ha appena regalata mio padre, come vedi siamo una famiglia di monotematici”
“A tal proposito, scusa per la gaffe di prima...” Eddie si sposta dalla fronte un ciuffo ribelle che onestamente io avrei lasciato lì dov'era perché era perfetto nel suo essere fuori posto.
“Non ti devi mica scusare con me, al massimo con mio padre, ma l'hai già fatto credo. E tanto ti ha perdonato in cinque secondi netti, quindi non ti preoccupare”
“Ok, però ti ho messa in imbarazzo davanti a lui...”
“Tranquillo, non sei stato l'unico stasera”
“Eheh dici che l'ha capito che Stone non è il tuo ragazzo?” domanda ridendo sotto i baffi e io sono indecisa se lasciargli credere che stessi parlando di Stone o raccontargli della performance di Jerry. Opto per la prima perché mi rifiuto anche solo di pensare a quell'altro stronzo.
“Secondo me sì. E anche Stone ha capito che mio padre ha capito. Ma tormentarmi è una cosa che piace troppo a entrambi, non smetteranno tanto presto”
“Beh, comunque scusa”
“Scuse accettate”
“E scusa ancora per ieri, scusa se sono stato... strano”
“Quelle scuse le avevo già accettate ieri sera”
“Sì, ma quando ti ho chiesto scusa ero ancora nel pieno del mio essere strano con te, quindi non valeva in realtà, almeno, non al 100%”
“Eri strano? Perché adesso credi di essere normale?” aggiungo sarcastica.
“Mmm nah, però leggermente più di ieri sera sì”
“Ok ok, accetto anche queste scuse. Anche se alla fine sono io che ho invaso la tua privacy e nel nostro privato credo che ognuno di noi sia libero di essere strano quanto vuole. E non solo nel privato in fondo”
“Non hai invaso la mia privacy”
“Tecnicamente sì”
“Beh forse, comunque puoi farlo, mi piace quando lo fai. Anzi, fallo più spesso”
“Ahahah qualcosa mi dice che la crostata era buona”
“La crostata, certo. Era ottima, grazie. Anche il caffè”
“Io ho preparato solo il secondo, quindi posso prendermi i meriti soltanto per quello eheh”
“No, non solo per quello. Comunque puoi anche fermarti un po' di più la prossima volta”
“Dovevo tornare al lavoro”
“Lo so, infatti ho detto la prossima volta”
“Mmm ok”
“Non vieni mai quando proviamo”
“Non è vero, ogni tanto passo”
“A parte ieri, ti ho vista lì una volta sola da quando ci conosciamo”
“E' che boh... alla fine state lavorando e... mi sembra di disturbare”
“Figurati, quella saletta è un porto di mare”
“Dai, magari passo uno di questi giorni”
“Ci conto”
“Ma devo trovare il tempo di preparare almeno un dolce, altrimenti Mikey non mi fa entrare”
“Dai, vieni... Giuro che non faccio il pazzo. E niente abbracci strani! Beh, ehm, a meno che tu non voglia. Nel senso di abbracci normali, non strani, perché non credo che... Ma anche strani vanno bene...Insomma, non so neanch'io cosa sto dicendo. Comunque, sai che abbiamo dei pezzi nuovi? Se venissi li potresti sentire in anteprima...” ma perché parla a raffica peggio di me quando sono in imbarazzo? Aspetta... perché è in imbarazzo?
“Oh beh, in questo caso, non posso dire di no, devo venire assolutamente!”
“Ok, fantastico. Sempre... sempre che tu non sia stufa di vedermi”
“Cioè? Perché? In che senso?”
“No è che, l'hai detto anche tu l'altro giorno... che ultimamente ci vediamo spesso”
“Ah! Beh, sì, è vero, però l'ho detto così, tanto per dire”
“Tra l'altro ribadisco che non c'è niente dietro, insomma, è un caso. Anche se mi piace, ehm, mi piace passare il tempo con te”
Oh oh, ho capito cosa sta succedendo e ho capito perché Eddie è strano: il poveretto si sta arrampicando sugli specchi in cerca del modo migliore per dirmi che mi considera un'amica, una grande amica, e stop. Resta solo da capire se per caso abbia intuito di questa mia piccola fissa per lui di questi ultimi tempi o se la sua sia semplicemente una manovra preventiva per evitare che io mi possa illudere.
“Lo so, Eddie tranquillo, capisco perfettamente”
“Mi piace tanto”
“Guarda che ho capito cosa vuoi dirmi, Eddie”
“Davvero?” chiede di colpo apparentemente spiazzato.
“Anch'io mi sento a mio agio con te, anche a parlare”
“Non è solo questione di sentirsi a proprio agio, Angie, io-”
Il tentativo maldestro di Eddie di dirmi che sì, ci tiene tanto a me, quindi è meglio se evito di rovinare tutto facendomi venire strane idee in testa, viene interrotto da un coro di urla e fischi che annuncia l'ingresso sul palco della band, o almeno credo, perché come al solito non vedo un cazzo. Il concerto inizia pochi secondi dopo, con un pezzo molto funkeggiante, che ci fa muovere da subito le testoline e non solo. Io cerco di sbirciare qualche quadratino di palco fra teste, spalle e braccia di chi mi sta davanti e quando mi volto verso Eddie lo vedo ondeggiare ritmicamente. Non so perché ma mi vengono in mente i suoi tentativi malriusciti di ballo a casa di Crowe la notte di capodanno, una persona così sgraziata nei movimenti non l'ho mai vista in tutta la mia vita. Mi viene da ridere, proprio nel momento in cui Eddie si volta verso di me e mi offre un ampio sorriso e un pollice alzato. Va beh, per lo meno adesso va a tempo, e comunque i capelli li muove bene... e che bei capelli... ANGIE, PIANTALA!
Mi sposto un po' a destra e a sinistra, sempre nel tentativo di capire cosa diavolo stia succedendo on stage, e intravedo la sagoma di quello che credo essere mio padre a bordo palco, intento a scattare foto. Se lo conosco bene, a quest'ora sarà già al secondo rullino.
“Ti va di andare più avanti?” mi domanda Eddie all'orecchio all'inizio del terzo pezzo. Scommetto che sta soffrendo qui nelle retrovie, effettivamente siamo un bel po' lontani.
“Non mi va di stare troppo sotto, ma tu vai pure, tranquillo!” gli urlo di rimando e nel farlo, avvicinandomi al suo orecchio, gli sfioro i riccioli con la guancia e la cosa non aiuta affatto la mia situazione. Perché cazzo deve essere tutto amplificato? Devo proprio notare ogni minima cazzata? E deve per forza farmi questo effetto?
“Non ti porto sotto il palco, giusto un po' più avanti!”
“Non so...”
“Dai! Vieni.” mi tira delicatamente per un braccio, che però rimane inerte e altrettanto mollemente ricade “Dai...” mi stringe la mano, sorride ed ecco che spuntano quelle fottute fossette. E' lui stesso a indicarsele dopo un po', chiarendo ogni dubbio sul fatto che ormai lo faccia apposta.
“Ti odio”
“Non è vero” Eddie riprova a trascinarmi in avanti e questa volta lo seguo, non senza difficoltà perché ogni due per tre ricevo una spallata da qualcuno o le nostre mani vengono staccate da gente che salta o poga. Dopo aver perso il contatto a causa dell'ennesimo treno di ragazzi lanciati a tutta velocità verso il centro della pista, Eddie si ferma e torna indietro, ma questa volta non mi dà la mano.
“Forse è meglio se facciamo così” Eddie alle mie spalle, mi prende per i polsi e mi incrocia le braccia sul petto, facendo lo stesso con le sue sopra le mie. Praticamente mi abbraccia, formando una sorta di scudo protettivo attorno a me, e comincia a camminare assieme a me, facendosi largo tra la folla. Lo spostamento si rivela effettivamente più facile e veloce e senza troppi scossoni. Il fatto che sia anche piacevole sentirsi stretta tra queste braccia così forti è ovviamente secondario.
“Va bene qui?” mi chiede una volta raggiunta una zona tutto sommato tranquilla, sulla sinistra rispetto al palco, da dove riesco addirittura a vedere qualcosa senza farmi venire il torcicollo o alzarmi sulle punte.
“Sì, perfetto.” rispondo girando la testa da una parte, ma senza realmente rivolgermi a lui, senza guardarlo in faccia, anche e soprattutto perché non vorrei si accorgesse di quanto sono paonazza in questo momento “Questo vale come abbraccio strano?” aggiungo come battuta per spezzare la tensione, la mia ovviamente.
“Ops scusa!” Eddie mi scioglie dalla presa e a me sembra quasi di cadere, come se mi fossi improvvisamente dimenticata di come si sta in piedi.
“Era un abbraccio strano funzionale”
“Sì, ha raggiunto lo scopo”
“Esatto” continuo ogni volta a girarmi appena, senza vederlo e senza farmi vedere.
Il concerto continua e Eddie rimane tutto il tempo dietro di me, appoggiando di tanto in tanto le mani sulle mie spalle. E per me il prana, il ki, i meridiani e i chakra erano, sono e sempre saranno nient'altro che una montagna di puttanate, ma il calore che si diffonde dai palmi di Eddie è reale, mi attraversa la spina dorsale, scende lungo le gambe e arriva ai piedi, per poi risalire fino alla testa dandomi una fastidiosissima pelle d'oca. In tutto questo, mio padre è riuscito perfino a individuarci nella mischia e a farci un paio di scatti, accompagnati dal suo sorriso sornione. Chissà se anche Eddie se n'è accorto.
“Comunque mi piace davvero stare con te” riprende lui durante l'intervallo tra un pezzo e l'altro.
“Ai concerti ci credo, perché non copro la visuale”
“Ahah piantala” ride prendendomi nuovamente per le spalle.
“E sono comoda per appoggiarsi quando si è stanchi” stavolta mi volto di più, incrociando il suo sguardo, e allo stesso tempo faccio pat pat sulla sua mano, che si ritrae subito dopo.
“Scusa... vedi, ti sto proprio addosso negli ultimi tempi... cioè, letteralmente”
“Posso fare anche da scaletta all'occorrenza”
“Comunque... quello che volevo dire prima è che non sono semplicemente a mio agio con te”
Ok, ora arriva il punto in cui mi dice che sono una grande amica, che si trova bene a parlare con me, perché so ascoltare e gli viene naturale aprirsi, che si sente meglio dopo ogni nostra chiacchierata, che si sente capito e non giudicato, eccetera eccetera.
“Mm mh?”
“Io con te...” Eddie si blocca perché la band riattacca a suonare, ma poi ricomincia, a volume un po' più alto. Ma ne dobbiamo parlare proprio adesso? Forse pensa sia molto più facile fare un discorso del genere con il diversivo del concerto, mettendolo giù come un chiacchierare del più e del meno, piuttosto che mettendoci attorno a un tavolo facendolo sembrare un affare di stato. “Io con te mi sento a casa. E non è una cosa scontata, perché io non mi sono mai sentito completamente a casa nemmeno a casa mia. Non so se mi capisci...”
“Sì! Più o meno...” ritorno al mio atteggiamento precedente, gli rispondo girando di poco la testa, ma non distolgo gli occhi dal palco.
“E' come con certe canzoni, non so se capita anche a te. Quelle canzoni su cui ti butti quando hai bisogno di sicurezza, quando vuoi sentirti coccolato, sostenuto, capito. Come Bruce Springsteen”
“Quindi... io sono Bruce Springsteen?” domando dopo un po', non perché mi abbia scioccata, ma più che altro perché mi piaceva l'idea di creare una pausa drammatica in quel punto, credo ci stesse bene.
“Ahahah in un certo senso. Non so se anche per te funziona così”
“Sì, ma non Bruce Springsteen, non sono così fan”
“Non ti piace Bruce Springsteen?” Eddie mi afferra le spalle con più forza di come abbia fatto finora e mi fa fare un giro di 180° finché non sto di fronte alla sua faccia perplessa.
“Sì che mi piace, è ovvio, il Boss è un grande, ma...”
“Ma?”
“Ma, credo di non riuscire ad apprezzarlo ancora appieno, credo sia presto”
“In che senso?”
“E' un discorso lungo e non facile da fare nel bel mezzo di un concerto” semi-urlo, sempre dando le spalle al palco.
“Io ho un buon udito”
“Ok, beh... io sono convinta che ci siano alcuni artisti che non riesci a comprendere fino in fondo se non hai esperienza a sufficienza alle spalle, se non hai vissuto abbastanza”
“Quindi io lo apprezzo perché sono vecchio?”
“Ahahahah no! Beh, sì, ma non esattamente. E' come coi Simpson”
“Che?”
“Il cartone della Fox”
“So cosa sono i Simpson, ma... che c'entra?”
“C'entra perché è una serie fantastica, è innegabile che sia un capolavoro e una delle poche cose che vale la pena guardare in tv. E chiunque può guardarne una puntata e apprezzarla, perché è una serie multilivello”
“Multi... che?”
“Ci sono più livelli narrativi, c'è la storia principale, la comicità e poi tutta una serie di citazioni più o meno famose e più o meno nascoste. Qualche settimana fa ho visto una puntata in cui il sig. Burns si candidava a governatore e c'era una scena che praticamente era identica sputata a quella del comizio di Quarto potere e ovviamente devi aver visto il film per cogliere la citazione e far sì che la suggestione funzioni. Non aver visto quel film mi avrebbe impedito di capire il senso della scena nel suo complesso? Assolutamente no, però mi sarei persa tanto, non l'avrei goduta fino in fondo. E così è con Springsteen per me, sento che mi manca qualcosa, che c'è qualche rimando emotivo che non posso ancora cogliere per apprezzarlo a tutto tondo. E' come con Bob Dylan, mi sfugge qualche livello”
“NON TI PIACE DYLAN?!” adesso Eddie sta letteralmente urlando.
“Dylan è immenso, ma penso che lo apprezzerò di più tra qualche anno. E detto tra noi, non vedo l'ora” concludo proprio nel momento in cui finisce la canzone, dopodiché mi volto di nuovo verso il palco e applaudo la band.
“Beh, non è sbagliato quello che dici, ma non vale un po' per qualsiasi artista?”
“Sì, ma per alcuni vale più che per altri. Certi artisti si portano dietro il peso di un'intera iconografia, Springsteen e Dylan sono loro stessi più quello che rappresentano, sono degli stili di vita e ci vuole tempo per fare completamente tua una vita”
“Vedi, è anche questo. Anche il fatto che parliamo di queste cose, questi discorsi così... Adoro tutto questo”
“Discorsi urlati durante un concerto?”
“Dimmi allora un gruppo o un artista che è casa per te” insiste Eddie sempre alle mie spalle.
“I Cure. E gli Smiths” rispondo senza esitazione.
“Sono quasi certo che Robert Smith e Morrissey non si sopportino”
“Nessuno sopporta Morrissey, perfino Morrissey non sopporta Morrissey”
“E non ti serve più esperienza di vita per capirli, giusto?”
“Nah, la loro musica è inserita nel limbo dell'eterna adolescenza pura, è l’inizio della vita, anzi, è l’attesa della vita, attendere che cominci davvero”
“Ok... quindi i Cure e gli Smiths”
“Se ci aggiungi Patti Smith hai enunciato la mia santissima trinità”
“Robert Smith, Patti Smith, Smiths... c'è un'abbondanza di Smith nella tua triade”
“Se un giorno dovessi battere la testa, andare in coma, risvegliarmi e decidere di avere un figlio, lo chiamero Smith, o Smitty”
“Oppure dovresti sposarti con uno che si chiama Smith di cognome”
“Sì, mi manca giusto un'altro criterio di selezione a rendermi le cose più facili nei rapporti interpersonali e nella vita!”
“Mi piaci, Angie”
“Anche tu” rispondo distrattamente, cercando di capire cos'abbia appena detto il cantante degli Inspector di tanto divertente da far ridere la folla.
“TU SEI LA MIA CURA” Eddie mi urla nell'orecchio a tradimento, non appena il concerto ricomincia, con un gioco di parole sul significato di Cure. E magari ci crede anche a quello che dice, quando invece dovrebbe solo trovarsi una ragazza.
“Nah, per quello credo tu abbia bisogno di uno bravo”
Il concerto termina poco dopo e a mano a mano ci ritroviamo tutti quanti attorno a un tavolo, in un angolo appartato del locale.
“Non male, mi sono divertito” sentenzia mio padre di ritorno dal bar mentre tiene in precario equilibrio tra le mani un numero di birre che da qua non riesco a contare con precisione, tre o quattro.
“Quanti rullini hai consumato?” gli chiedo incrociando le braccia sul tavolo.
“Solo un paio, mi sono trattenuto. Comunque hai visto il bassista?”
“Ehm sì, credo di averlo individuato un paio di volte in mezzo alla marea di teste che mi stavano davanti, perché?”
“Non trovi che somigli a Sean?”
“Oddio, non l'ho visto così bene”
“Sean?” chiede Thayil dopo aver fatto un sorso dalla birra ricevuta da mio padre.
“Un suo amico di Boise che ora è in Florida”
“Ma chi, il tuo ex?” chiede Jeff che sta proprio di fronte a me e quindi si becca un bel calcio sotto il tavolo, prima di cercare di rimediare “Il tuo ex amico?”
“Ex amico? Avete litigato?” domanda prontamente papà, che sente subito puzza di bruciato. Non che ci volesse molto...
“Ma no, quando mai!”
“Allora perché ex... amico?” lui e le sue pause drammatiche del cazzo.
“Nel senso che è un suo amico, vecchio, della sua vecchia città, della vecchia vita. Noi siamo gli amici nuovi, quelli in carica insomma...”
“Mmm ok” Ray annuisce dopo un po', fingendo di crederci. Ovviamente, io non ho mai detto niente ai miei della microscopica parentesi in cui io e Sean abbiamo oltrepassato i confini della semplice amicizia, anche se loro ci hanno sempre scherzato sopra con frecciatine e battute varie, come se lo sapessero già; se per caso ci fosse stato ancora un piccolo dubbio, il caro Jeff l'ha dissipato in un colpo solo.
“Perdonalo, Ray. Devi capire che viene dal Montana, si esprime in maniera arcaica”
“Fottiti Stone”
“Al contrario, tu non mi sembri affatto uno che ha problemi a esprimersi con le parole, vero Stone?”
“Oh no, si esprime fin troppo bene!” esclama Cornell.
“Diciamo che si esprime fin troppo, punto” precisa Ament, rimediando un dito medio dal chitarrista.
“Scommetto che tu scrivi i testi delle canzoni” azzarda mio padre.
“No, lui si esprime già abbastanza nella vita”
“I testi li scrive Eddie” rispondo io bloccando l'ennesimo spunto di battibecco tra Jeff e Stone.
“Uno che invece nella vita non si esprime quanto dovrebbe” commenta quest'ultimo sgomitando il cantante.
“Mmm a me invece ha dato l'idea di sapersi esprimere molto bene quando serve, o no Eddie?” mio padre dà un paio di pacche sulla spalla di Vedder, che si limita a un timido cenno di assenso.
“Aspettate un momento, vi rendete conto che in pratica Stone che non sta mai zitto è quello che scrive la musica, mentre Eddie che è più taciturno scrive... le parole?” Mike ci zittisce tutti per comunicarci la sua incredibile conclusione.
“No?! Davvero? Incredibile, sarà per quello che l'abbiamo detto tipo un minuto fa!” commenta Jeff divertito.
“Ah sì?” chiede stranito, ma mai stranito come dopo essere stato innaffiato con quello che ha tutta l'aria di essere un gin lemon, almeno a giudicare da odore e colore, dalla ragazza alle sue spalle.
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larrystylynson28 · 4 years
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Adore you (capitolo 11)
Finiamo di sistemare la spesa e decidiamo di cucinare un piatto di pasta.
Mentre cucino Lou non è molto di aiuto: continua ad osservare ogni mio movimento, mettendomi involontariamente in soggezione.
<Perché metti il sale?>
<È?>
<Perché metti il sale?> ripete, con un sorriso.
<Beh, sennò non sa di nulla>
<Pensavo si mettesse sopra la pasta>
Scoppio a ridere e lui mi fulmina con lo sguardo.
È buffo che non sappia come si cucini un semplicissimo piatto di pasta, ed è ancora più buffo il modo in cui mi sta guardando. Ha un'espressione fintamente ferita e non riesce a trattenere un sorriso.
Al supermercato mi ha detto che quando provò a cucinare gli si bruciò tutto quanto, perciò avevo immaginato che non fosse il suo forte la cucina, però non pensavo che non sapesse fare nemmeno la pasta.
<Hai finito di ridere?> chiede, provando ad assumere un tono scocciato.
Annuisco ridendo e dopo aver messo la pasta nella pentola imposto un timer di dieci minuti.
Nel frattempo che la pasta cuoce vado in camera da letto, lasciandolo qualche minuto da solo, per finire di sistemare la stanza.
L'armadio è un vero disastro e se non fosse venuto probabilmente l'avrei sistemato, ma onestamente preferisco passare la serata con lui invece che piegare magliette e pantaloni.
Rimbocco il letto e torno immediatamente in cucina, dove trovo Lou intento ad osservare una foto sopra la mensola.
Ha un sorriso dolce ed uno sguardo curioso.
Rimango a guardare la scena finché non mi nota appoggiato alla porta.
<È la tua famiglia?>
<Si> prendo la foto e mi siedo accanto a lui.
<Questa è mia madre, Anne. Questa invece è mia sorella Gemma. Lui invece è....lui è Des. Mio padre>
<Non hai un bel rapporto con tuo padre?> chiede, con un pizzico di imbarazzo.
Scuoto la testa e sospiro.
<In questa foto avevo due anni. Sembriamo così felici vero? Lui aveva un'altra donna, più giovane, più bella e con un posto di lavoro più retribuito di mia madre. Quando avevo quattro anni decisero di separarsi. Io e mia sorella vivevamo con mia madre e lui lo vedevamo poco. Una volta a settimana. In pochi mesi la volta a settimana si trasformò in una volta al mese, fin quando non decise di andarsene definitivamente. Non ho sue notizie da circa undici anni> concludo con le lacrime agli occhi e la voce incrinata.
Mio padre non è un argomento di cui amo parlare. L'ho racconto a Liam in modo superficiale e molto breve.
A Louis non ho raccontato tutti i particolari di quel periodo ma in questo momento sa molto di più dei miei amici.
A Liam non avevo detto che aveva un'altra donna. Gli ho semplicemente detto che ci aveva abbondato quando io avevo cinque anni e Gemma sette.
<Mi dispiace Harry> dice accarezzandomi dolcemente la schiena.
<Non dispiacerti. Non fa niente. Lui ora ha una vita nuova, una famiglia nuova e una casa nuova. Probabilmente starà vivendo la vita che ha sempre voluto vivere, quindi non dispiacerti. Non ne vale la pena>
Restiamo secondi, o forse minuti in silenzio.
Lui non sa cosa dire ed io sono immerso nei pochi ricordi che ho di Des.
Ne ho veramente pochi. Giusto un paio.
Il primo ricordo è felice. Siamo in un luna park poco fuori città. Gemma non fa altro che parlare e mamma guarda con occhi innamorati papà.
Io tengo la sua mano e lui me la stringe amorevolmente, come fa un padre con il figlio. Tutti volevano andare sulla ruota panoramica, ma io avevo paura. Lui mi confortò, mi prese in braccio e per tutto il tempo mi tenne stretto a se. Mi fece sentire al sicuro.
L'altro ricordo non è altrettanto felice.
Sono mamma e papà che litigano. Mamma piange e papà le urla contro. Gemma è seduta sul divano e si tappa le orecchie per non sentirli, ma le urla sono troppo forti e non riesce a trattenere le lacrime.
Il rumore del timer interrompe i miei pensieri.
Scolo la pasta ed apro una scatola di condimento al pesto.
Adoro il pesto ed anche a Louis piace.
<Posso aiutarti?>
<Potresti rimettere la foto sulla mensola?>
Senza rispondere prende la foto e in punta di piedi la sistema al suo posto.
Trattengo a stento una risata mentre continuo a girare il condimento nella pasta.
È buffo vederlo in punta di piedi. Ha diciotto anni ed è poco più basso di me. Non so come faccia ad incutere timore alla gente anche non essendo particolarmente alto, ma ci riesce. E anche molto bene oserei dire.
Riempio i piatti e li porto a tavola.
<Com'è? Forse non è un granché dato che->
<Harry frena. È buonissima. La pasta migliore degli ultimi tempi> mi interrompe.
Sorrido soddisfatto e mando giù un boccone.
Non mi ero reso conto di quanta fame avessi fin quando non ho mandato giù la pasta.
Non è male. Sicuramente ho fatto della pasta più buona, ma per essere stata fatta di fretta e con Lou che mi guardava è venuta fin troppo bene.
Chiacchieriamo per il resto della cena, anche se io non presto molta attenzione alle sue parole. Sono troppo concentrato sui movimenti delle sue labbra: al modo in cui poggia la lingua sui denti quando sorride; al modo in cui se le lecca quando l'olio gli si poggia sopra; al modo in cui le stringe, mentre pensa a come rispondere.
Quando si interrompe per accertarsi che non mi stia annoiando o che lo stia ascoltando mi limito a rispondere con qualcosa che non sia del tutto insensata.
Vorrei poter riuscire a distogliere l'attenzione dalla sua bocca e concentrarmi pienamente sulle sue parole, ma non ci riesco.
Quelle labbra rosse hanno un qualcosa di magnetico, e so che non è un bene che continui a fissarle.
<Dovrai darmi qualche lezione di cucina> dice pulendosi la bocca, e distogliendomi dal guardare le sue labbra.
<Volentieri. Mi piace cucinare>
<Chi ti ha insegnato?>
<C'è stato un periodo, dopo che i miei si sono separati, in cui mia madre era perennemente ubriaca, e beh.....> esito <mio padre non gli dava troppo peso. Anzi non glielo dava minimamente, dato che ci ha abbandonati. Io e mia sorella ci siamo trovati varie volte da soli, e ci siamo dovuti arrangiare. All'inizio cucinava solo lei. Io ero troppo piccolo> puntualizzo e dopo aver fatto un respiro continuo <questa situazione è andata avanti circa tre anni, e quando ne avevo sette ho iniziato a vedere mia sorella cucinare. Se la cavava bene, ma per lei era un'obbligo non un piacere. Io ero piccolo, molto piccolo, ma adoravo vederla cucinare e aiutarla a farlo. Man mano che imparavo ha smesso di prepare la cena, quindi ho iniziato ad occuparmene io> concludo con un mezzo sorriso.
<Quindi hai iniziato a cucinare quando avevi sette anni?> chiede stupito.
<Già. Anche mia sorella aveva sette anni quando ha imparato. Ovviamente ci limitavamo alla pasta in bianco, e agli Hamburger, ma ci andava bene così>
<Il rapporto con tua mamma ora com'è?>
<È la persona che amo di più al mondo insieme a Gemma. Anche in quel periodo riusciva ad essere una madre fantastica.
Anche se per un po' ci ha fatto mancare le cene di famiglia è sempre stata una madre eccezionale. Ogni problema, ogni dubbio e ogni domanda che avevamo, lei riusciva a darci un consiglio, portandoci alla scelta giusta. Non riesco a rinfacciarle alcune cene a cui è stata assente. Era il periodo più brutto della sua vita e non merita rancore.
Era inamorata di mio padre sin dai tempi delle medie, e divorziare è stato come perdere una parte della sua adolescenza, e della sua vita. Loro hanno condiviso dei momenti magici insieme e non posso biasimarla se per qualche tempo ha cercato rifugio nell'alcol. Infondo, in quel periodo, quando ne avevamo bisogno lei c'era, e questo è l'importante> concludo con un sorriso.
Lou ha un'espressione triste. È come se stesse rivivendo qualcosa, ma non ho idea di cosa sia. Forse si sta immaginando la mia vita però non sembrerebbe data l'espressione.
Sembra che stia vivendo in prima persona qualcosa di orribile, e avrei tanta voglia di sapere di cosa si tratta.
Io mi sono aperto con lui. Gli ho racconto cose che non nessuno sa. Spero che lo faccia anche lui. Non necessariamente stasera, ma spero che con il passare del tempo lo faccia.
Non lo conosco da molto, però passando del tempo insieme ho capito che non ama le domande, e che quando si sente pronto a raccontare qualcosa lo fa.
Lo guardo, aspettando che smetta di tormentarsi.
<Ehy Lou torna sul pianeta terra. Non volevo rovinare la serata. Volevo solamente essere sincero con te>
<Non hai rovinato nulla. Sono felice che mi hai raccontato parte della tua vita>
Fa un sorriso, ma non sono i suoi soliti sorrisi. Non è forzato, però non è nemmeno felice. È una via di mezzo e forse per la situazione è il più adatto.
Nel raccontare il mio passato non ci trovo nulla di felice, ma ricordandolo riesco ad abbozzare un sorriso.
È bello pensare che oramai l'ho superato e che è solo una storia da raccontare.
Se devo essere onesto, pensavo che quel periodo durasse molto più a lungo o che addirittura non finisse. Sentivo alcuni racconti in tv, dai film principalmente, che non mi aiutavano a vedere una luce infondo al tunnel. Mi facevano credere che quel periodo abbastanza infelice durasse per sempre, e che sarei finito per essere un ragazzo emarginato, senza amici e che fumava troppo per l'età che aveva.
Ora non ho molti amici, ma non sono il ragazzo emarginato che fuma troppo per l'età che ha.
Metto i piatti sporchi nel lavandino e faccio cenno a Lou di seguirmi in salone.
Voglio raccontargli altro della mia vita. Momenti felici. Momenti che non voglio dimenticare.
Mi avvicino allo scaffale pieno di foto e ne prendo una di me e mia sorella.
<Qui avevo dieci anni, le ne aveva dodici. Era il momento che iniziava ad uscire con le amiche e ad avere le prime cotte per i ragazzi. Ricordo che quel pomeriggio sarebbe dovuta uscire con un ragazzo che non mi andava a genio. Glielo avevo detto, ma lei non mi ha dato ascolto. Ero riuscito a creare una sorta di "trappola"> mimo con le dita le virgolette <avevo appeso ad un filo un sacco di farina e quando ci è passata sotto gliel'ho fatto cadere addosso. Ovviamente non ci uscì più con quel ragazzo. Mi inseguì per tutta casa e alle fine sporcò anche me con la farina. Mamma trovava divertente farci una foto. Lei imbronciata perché non poteva uscire, ed io compiaciuto perché ero riuscito nel mio intento di sporcarla e non farla uscire con il ragazzo>
Lou scoppia a ridere ed io con lui.
La sua risata ha un suono bellissimo, e mi piacerebbe ascoltarla molto più spesso.
Continuo a raccontargli le dinamiche di altre foto e lui ride sempre di più.
Questi sono i ricordi che mi piace ricordare. Sono questi i ricordi che amo.
<È bello il rapporto che hai con tua sorella> dice, quando ho concluso di raccontare l'ultima foto.
<Vorrei poter dire lo stesso con mia sorella>
<Hai un sorella?>
<Ne ho cinque. Charlotte, ma tutti la chiamano Lottie, Felicitè, Daisy e Phoebe. Daisy e Phoebe sono gemelle>
Wow, ha cinque sorelle. Avevo capito che non fosse figlio unico quando in macchina ha detto che il cd era della sorella, ma non pensavo che ne avesse cinque.
<Non hai un buon rapporto con loro?> chiedo incuriosito.
"Spero che risponda" penso tra me e me.
<Phoebe e Daisy hanno cinque anni. Loro mi adorano. Ancora non sono in grado di distinguere il giusto dallo sbagliato. Felicitè ha dieci anni. Io e lei abbiamo un rapporto bellissimo. Qualsiasi cosa le accade me lo racconta. Molte volte mi tiene tranquillo quando vorrei urlare e rompere tutto quello che ho intorno>
Sorride mentre mi racconta di Felicitè.
Un po' mi dispiace che per lei stia spendendo moltissime parole e per le gemelle non ne abbia spesa nemmeno una.
Non metto in dubbio che gli voglia incondizionatamente bene, però da quello che lascia intendere il rapporto con Felicitè è totalmente diverso. È più paterno e più confidenziale. Anche essendo otto anni più piccola, lui si confida e chiede consiglio a lei.
Non voglio sembrare un ficcanaso, ma ho notato che ha evitato di parlare di Lottie.
Prima ha detto che non può dire di aver un buon rapporto con la sorella. Ha parlato al singolare, pur avendone cinque. Sono quasi certo che sia Lottie la sorella con il quale non ha un buon rapporto.
Dal modo in cui l'ha detto, ho dedotto che sia una cosa che lo fa star male, ma alla quale non riesce a trovare una soluzione.
<E Lottie?> azzardo, quando ha finito di parlare.
Il sorriso che aveva si spegne e il volto si rabbuia.
<Lottie ha dodici anni. Mi odia. Con lei sbaglio sempre. Quando tento di aiutarla la faccio stare solo più male. Provo a parlarle ma dico sempre la cosa sbagliata>
Mi dispiace per lui. È evidente che questa cosa la fa star male. Vorrei poterlo aiutare, ma non saprei come. Non conosco la sua famiglia e fondamentalmente non conosco nemmeno lui. Questa è la prima volta che si apre veramente con me.
Finora l'ho sempre fatto io, e sono felice che di sua spontanea volontà abbia tirato fuori le  sorelle.
Sono felice che si sia voluto confidare del
rapporto complicato con Lottie.
<Vedrai che riuscirete a trovare un punto di incontro. Si vede che le vuoi bene, e sono certo che lei ne voglia a te. Forse tu provi ad approcciarti a lei come fai con Felicitè, però probabilmente Lottie ha un carattere diverso, e quindi ciò che dici a Felicitè con lei potrebbe non funzionare. Prova a cambiare approccio>
Louis ci ragiona un momento e non ribatte.
Da come si è evoluta la serata capisco che parlare delle nostre famiglie non porta a nulla di buono.
A me vengono in mente ricordi di mio padre che non voglio riportare alla mente, e Lou non sembra avere un buon rapporto con la sua.
Ogni volta che esce l'argomento cambia umore.
<Basta parlare delle cose che non vanno. Parliamo d'altro> dico andandomi a sedere sul divano.
Qualche istante dopo lui fa lo stesso e scegliamo un programma da vedere in tv.
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pangeanews · 5 years
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“La mia visione dell’avvenire è così precisa che, se avessi dei figli, li strangolerei all’istante”: discorsi intorno al libro più inquietante (e salutare) di Cioran
“Se un tempo, davanti a un morto, mi chiedevo:  «A che gli è servito nascere?»,  ora mi pongo lo stesso interrogativo davanti a ogni vivo”.
 *
A me l’antinatalista Emil Cioran non mette ansia, non mi fa deprimere, non lo trovo cinico, anzi, mi fa sentire meno sola, mi fa sorridere, e spesso chiarisce il mio posto nel mondo.
*
L’inconveniente di essere nati è una sua raccolta di aforismi geniali, di quelli che ti fanno dire: ok, è già stato detto tutto e lui lo ha fatto nel migliore dei modi.
*
L’antinatalista considera la nascita non richiesta un’ingiustizia. Se non fossimo mai nati, tutto sarebbe stato perfetto. E ci sono molti punti in comune con il buddhismo, che ambisce all’estinzione, che è un sistema ateo, che come ultimo scopo ha quello di interrompere il ciclo delle reincarnazioni proprio per non rinascere mai più, per tornare alla nostra vera essenza.
*
Perché alla fine la vita è un’illusione, il nostro io è un’illusione, e allora, se si nasce, per fortuna ci si può suicidare, un’ottima via di fuga, una salvezza, una scelta che rende sopportabile lo stare al mondo – anche se secondo Cioran non vale la pena uccidersi perché ci si uccide sempre troppo tardi.  La vita non è rose e fiori, e anche il buddhismo la considera piena di sofferenze. Per vivere in maniera più serena bisogna imparare il non-attaccamento, come scrive anche Cioran: “Se l’attaccamento è un male, bisogna cercarne la causa nello scandalo della nascita, perché nascere significa attaccarsi. Il distacco dovrebbe quindi cercare di far scomparire le tracce di quello scandalo, il più grave e intollerabile di tutti”.
*
I buddhisti hanno addirittura creato Il libro tibetano dei morti, una vera e propria guida da imparare a memoria e che sarà utile una volta trapassati. Eh sì, perché le anime, prima di estinguersi, attendono nel bardo – una specie di purgatorio, per capirci – ed è lì che devono seguire determinate regole, luci, colori ecc. per non rinascere, per non finire in un altro maledetto utero materno. Se si sbaglia, niente nirvana, bisogna sopportare un’altra vita, sperando di rinascere al livello più elevato, quello degli uomini e non certo degli animali.
*
Sempre da L’inconveniente di essere nati: “La verità rimane nascosta per colui che è abitato dal desiderio e dall’odio. (Buddha)… Cioè per ogni vivente”.
*
Essere antinatalisti non vuol dire odiare i bambini, non vuol dire essere d’accordo con lo smettere di fare figli anche per risolvere il problema della sovrappopolazione. Anche se…
*
“Alberi massacrati. Sorgono case. Facce, facce dappertutto. L’uomo si estende. L’uomo è il cancro della terra”.
*
“L’uomo ha detto ciò che doveva dire. Ora dovrebbe riposarsi. Si rifiuta – e benché sia entrato nella sua fase di sopravvissuto, si dimena come se fosse alle soglie di una carriera mirabolante”.
*
Essere antinatalisti vuol dire essere arrabbiati per essere venuti al mondo senza poter scegliere, dato che tanto si deve morire.
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“Perché temere il nulla che ci aspetta quando non differisce da quello che precede: questa argomentazione degli antichi contro la paura della morte è inaccettabile in quanto consolazione. Prima, si aveva la fortuna di non esistere; ora esistiamo e proprio questa particella di esistenza, quindi di sventura, teme di scomparire. Particella non è la parola esatta, giacché ognuno si ritiene superiore o, almeno uguale all’universo”.
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Se ci pensiamo, chi l’ha detto che non si stava meglio prima? Chi l’ha detto che non sia meglio la morte? Anche nello Zhuangzi, uno dei più importanti testi filosofici cinesi, nel “Discorso sull’uniformità delle creature”, c’è un passaggio che dice: “Come posso sapere se l’amore per la vita non sia una illusione? Come posso sapere se l’avversione per la morte non sia il sentimento di un bimbo smarrito, che non sappia tornare a casa?”.
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E ancora: “Come posso sapere se il defunto non si è pentito di aver prima bramato la vita?”. “La vita è un germogliare, la morte è un tornare a casa. L’inizio e la fine tornano entrambi -all’elemento che è privo di princìpi eppure nessuno sa in che modo il processo si estinguerà”.
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C’è un’altra citazione che mi piacerebbe sottoporvi, anche se meno colta, ed è tratta da una delle serie TV più belle di tutti i tempi, la prima stagione di True Detective. Chi l’ha vista saprà che il protagonista Rustin Chole (Matthew McConaughey) è un vero nichilista che addirittura crede nella teoria dell’eterno ritorno. Anche lui è un antinatalista, e anche lui a un certo punto parla della morte in questi termini liberatori: “È di questo che sto parlando, è questo che intendo quando parlo del tempo e della morte e della futilità. Ci sono considerazioni più ampie all’opera, principalmente l’idea di quello che ci è dovuto in quanto società per le nostre reciproche illusioni. Durante le nostre quattordici ore filate a guardare corpi morti, questo è quello a cui pensi. Lo avete mai fatto? Li guardi negli occhi, anche in una foto, non ha importanza se siano vivi o morti, puoi comunque leggerli, e sai cosa capisci? Che loro l’hanno accolta. Non subito ma, proprio lì all’ultimo istante, un sollievo inequivocabile. Certo erano spaventati e poi hanno visto per la prima volta quanto fosse facile lasciarsi andare. L’hanno visto in quell’ultimo nanosecondo. Hanno visto quello che erano, che noi, ognuno di noi, in tutto questo grande dramma, non è mai stato altro che un cumulo di presunzione e ottusa volontà e allora puoi lasciarti andare, alla fine non devi aggrapparti così forte per capire che tutta la tua vita, tutto il tuo amore, il tuo odio, la tua memoria, il tuo dolore, erano la stessa cosa, erano semplicemente un sogno, un sogno che si è svolto in una stanza sprangata, e grazie al quale hai pensato di essere una persona. E come in molti sogni, c’è un mostro che ti attende alla fine”.
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Ma L’inconveniente di essere nati non parla solo del senso del nostro essere nel mondo, ma anche di filosofia, di scrittura, di storia. È un saggio nel saggio, è uno di quei libri che si legge e rilegge, in cui si sottolineano strenuamente delle parti. Un libro che si riaprirà negli anni a venire, un libro di cui fare tesoro. È un libro sulla meditazione, sulla consapevolezza, sulla pericolosità del proprio passato, un libro sul concetto di tempo, sulla saggezza, sulla depressione, sulla noia, sulla malattia, sulla perdita, sulla solitudine, sull’amicizia, sull’insonnia, sul senso di eterno e di finitudine, sul concetto di bene e male, su Dio e le religioni.
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“È chiaro come il sole che Dio era una soluzione e che non ne troveremo mai una altrettanto soddisfacente”.
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È una specie di I Ching cui chiedere risposte quando si hanno tendenze suicide, con il risultato che si potrebbe pure cambiare idea e finire a scoppiare a ridere.
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“Il grande torto della natura è di non aver saputo limitarsi a un solo regno. In confronto al vegetale, tutto appare inopportuno, fuori luogo. Il sole avrebbe dovuto imbronciarsi all’avvento del primo insetto e sloggiare all’irruzione dello scimpanzé”.
“L’uomo accetta la morte, ma non l’ora della propria morte. Morire in qualunque momento, tranne quando bisogna morire”.
“Il diritto di sopprimere tutti quelli che ci infastidiscono dovrebbe figurare al primo posto della costituzione della Città ideale”.
“La sola cosa che si dovrebbe insegnare ai giovani è che non c’è niente, diciamo quasi niente, da aspettarsi dalla vita. Sogniamo una Carta delle Delusioni che elenchi tutti i disinganni riservati a ognuno, da affliggere nelle scuole”.
“Se è vero che con la morte si ridiventa quello che si era prima di essere, non sarebbe stato meglio limitarsi alla pura possibilità, e non uscirne? A che serve questa deviazione, quando si poteva rimanere per sempre in una pienezza irrealizzata?”.
“La mia visione dell’avvenire è così precisa che, se avessi dei figli, li strangolerei all’istante”.
E avanti così.
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Perché la vita è un gioco, perché è tutta una grande presa in giro, e visto che ormai siamo saliti sulla giostra, giriamo.
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Eppure, a volte, tutte queste persone che vedono nella morte una liberazione, il vero senso del tutto, mi fanno pensare a una cosa: forse sono proprio loro i più grandi amanti della vita, quelli che temono la morte più di chiunque altro, quelli che non se ne fanno una ragione perché la vita, in fondo, sa essere bella e piacevole, perché morire è immorale; quelli che venderebbero la propria madre per ottenere l’elisir dell’immortalità, proprio come scrive Cioran: “Nessuno più di me ha amato questo mondo, e tuttavia, me l’avessero offerto su un vassoio, anche da bambino avrei esclamato: «Troppo tardi, troppo tardi!»”.
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Nessuno sa chi avrà ragione. Se di là non c’è niente, forse tanto valeva non nascere, ma anche se di là c’è soltanto vuoto ed estinzione, forse la vita può essere comunque vista come un dono, sempre meglio del nulla, come scriveva anche Oriana Fallaci nel suo Lettera a un bambino mai nato. Forse è soltanto questione di fede, di punti di vista. Forse non lo sapremo mai.
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“Se si potesse dormire ventiquattr’ore su ventiquattr’ore, si raggiungerebbe presto l’inerzia primordiale, la beatitudine di quell’ininterrotto torpore anteriore alla Genesi – sogno di ogni coscienza esasperata di se stessa”.
Dejanira Bada
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Ciao,migliore amica.Dove sei?
Migliore amica,non so se farai caso a questo "testo".. Spero di no. Volevo scrivere queste cose per sfogarmi, non ho bisogno di dimostrarti nulla. Odio l'idea che lo leggeranno molte persone ma va be. Non so a chi penserai quando leggerai tutto questo. Arriverai a capire che tutto questo è dedicato a te o penserai "Non mi considera più la sua migliore amica,non è più niente per me e io non sono più nulla per lei"? Non lo so,non so se farai caso a queste parole o, non no leggerai neanche. Insomma, è volato tutto via. Così presto, non ero pronta. Cazzo e pensare che ti ho difesa fino all'ultimo minuto, ho detto a quella cretina "Lei è la mia migliore amica,è logico che certe cose me le dice". Migliore amica? La vogliamo definire così una persona che ha fatto quelle cose? Non volevo scrivere tutta sta merda e spero che non leggerai nulla. Io, che tu sappia, sto aspettando te. Sto aspettando che mi chiedi scusa per tutto il casino che sei stata, per tutte le cazzate che hai fatto e per le cose che non sei mai riuscita a dirmi. Ma in fondo, mi piacevi così tanto. Pretendo troppo? Ce la faremo mai a ripartire da zero? Se non sono stata una buona "migliore amica" è perché ognuno di noi ha dei difetti. Dovevi dirmi semplicemente tutto quello che ti passava per la testa,dovevi dirmi quello che avevi combinato ma,non l'hai mai fatto. Io,ho un po nostalgia di te. Sbaglio lo so. Tutti mi dicono "Ma lasciala perde". Ma cosa lascio perde se è la mia metà? Non posso mandare a puttane una parte di me lo capite? Eravamo così belle insieme. Eravamo a pezzi entrambe ma,ogni pezzo di te si incastrava in un pezzo di me formando un qualcosa di unicamente forte e bellissimo. Volevo far sapere al "mondo" e alle persone che mi "seguono" che ho nostalgia anche dei tuoi abbracci, mi stringevi così forte. A volte ripenso a quando mi abbracciavi e il tuo apparecchio faceva una specie di interferenza. Era una cosa un po' strana perché hai problemi all'udito ma, mi piaceva. Volevo quasi dirti sti giorni che mentre ti abbracciavo mi mancava quel rumore. Per sti giorni si intente ovviamente 2 settimane e 1 giorno fa,visto che sono tutti sti cazzo di giorni che ogni volta che mi vedi cambi sguardo. Oggi papà mi ha chiesto "Ele ma Francesca?".. Sono scappata in camera mia ho preso la cornice con la nostra foto che mi hai regalato e beh, ho pianto un po'. Ma,non me l'aspettavo. Non me l'aspettavo che saresti arrivata a fare una cosa del genere. Io ancora non ci credo ora. La notte nel letto penso che è tutto uno scherzo e quasi mi metto a ridere. Poi quando la mattina mi sveglio e non trovo nessun messaggio tuo o di quello scemo capisco che, proprio scherzo non era. Ma la sai una cosa? Che un amore, qualunque esso sia, forte o debole, se ne va. Ma un'amicizia no. Tu non eri destinata ad andare. Tu dovevi rimanere fianco a fianco con me. Dovevi appoggiati sulla mia spalla quando avevi bisogno. Forse sono stata anche io che ho sbagliato qualcosa? Mi ricordo ancora ora come cazzo ci sono rimasta male quando le tue amiche mi avevano detto che avevi fumato la prima sigaretta, merda mi sono sembrata una bambina. Ma,io sono così. Non voglio che le persone a cui tengo mollano tutto facilmente ed iniziano a danneggiarsi. Tu poi, che già di cazzate ne hai fatte e te ne sei pentita. Ma davvero per un coglione io devo perdere la mia migliore amica? La cosa che mi frega poi. Non riesco a insultarti,tu ora starai pensando a "Mi sta a mette contro le amiche sue,mi sta a insulta,che amica oh".. Invece no, per tua informazione no. Mi manchi così tanto che sono disposta ad annullare tutto. Sai quante persone mi dicono "Lasciali perde, tanto ti ritrovi sia un'altra amica che n'altro ragazzo pure più bravo". Per la seconda parte, appoggio completamente e prima o poi annullerò tutto che tanto una persona del genere non mi merita. Per la prima,proprio no. Io,lasciarti andare? HAHAHAHAHAHAAHAHNO. Non ce la faccio a non pensarti nel mio futuro. Cazzo mi avevi detto che saresti rimasta sempre e ora,dove sei? Dove sei? 🔥❌ Mybiglove✴
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