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#la rivista intelligente
lisia81 · 5 months
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Wonderland of love
Posso scommettere già da ora che Il paese delle meraviglie vincerà a mani basse nel quiz 2024 di @dilebe06 come peggior ambientazione.
Lo scenario di questo posto, definiamolo magico per i due lead, è un misto tra la grafica di un videogioco anni 2000 e un diorama fatto male. Colline verdi fluo, alberi di pesco psichedelici e il fiume.. il Tevere sembra più limpido. Vogliono pure far credere che li ci sono pesci gustosi! ma chi ci crede!
Ora io qualche drama l'ho visto. E mi sono stati mostrati dei posti meravigliosi, incantevoli, mozzafiato. Ma girare quelle 10 scene in uno di quei luoghi?? Avete assunto attori di spessore e fama, non potevate permettervi una trasferta? perchè propinare allo spettatore un luogo del genere? Che poi in sto screenshot non mostra tutto il suo orrendume.
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Per il resto Wonderland of Love è un drama di spunto storico e Wuxia. La sceneggiatrice è Fei Wo Si Cun, la stessa di Goodbye my princess. E in questo drama ci ho trovato molti elementi comuni. Una famiglia Pei dalla parte del bene, una corte complottista, l'amore per la vita semplice, un'innamorato della lead stalker, un innamorata del lead che sembra buona buona ma è una vipera, suicidi veri e presunti, uccisioni che quando partono non finiscono più, un A'Du 2 più intelligente.
La più grande differenza sono i due lead e la loro storia emotiva assieme. In Goodbye my princess c'è un amore che nasce improvvisamente ma al 95% è drammatico, catastrofico, tragico. Tu vivi il pathos fra Xiaofheng e Chenjing e tutto il disastro che ci ruota attorno lo acuisce.
In questo drama invece la storia tra Ni Li e Cui Ying è una robustissima corda elastica del bungee jumping. Si allontanano, spesso per loro stessa volontà, si avvicinano, ma rimangono legati in maniera imprescindibile. Vi è affinità di cuore, anima e pensiero. Sono due caratteri forti, generosi, valorosi. Mai mettono in dubbio anche nei momenti più dolorosi il loro amore.
Durante la visione mi sono sempre detta, manca un quid a renderlo un grande drama. Perché la trama è buona, il cast è eccellente, le ost sono belle. In realtà, a fine visione, ho realizzato che non manca nulla. E' semplicemente il raporto fra i lead che sovrasta la storia. Non ti fa apprezzare appieno alcune scene, alcuni avvenimenti, alcuni protagonisti.
Faccio uno spoiler grande come una casa.
La scena dell'agguato al re e a Ni Li in cui tanti confratelli del nostro eroe cadono in battaglia e Bao muore per salvare Ni Li stesso, sarebbe di una drammaticità unica. C'è un amore sconfinato verso un amico , un leader, un capo. A vedere tutti i suoi amici morire così, avrei dovuto sciogliermi in lacrime. La scena me la sono rivista, è veramente ben fatta. Da spettarice, l'unico pensiero che avevo, era quanto ci avrebbe messo Cui Yin ad arrivare. E la mia era impazienza, non ansia per la sorte del lead. Perchè era scontatissimo che sarebbe arrivata a salvarlo. E non me la sono goduta. Non ho empatizzato con la tragicità del momento.
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E se questo è l'episodio culmine, a drama finito, nella mente affiorano tanti altri momenti, storie laterali che meriterebbero di emergere, ma che questa corda ripeto, ha soffocato.
Non credo che questa scelta sia stata voluta. Ma la realtà è questa. Hanno costruito troppo bene i singoli personaggi dei due protagonisti e poi li hanno pure legati ancora meglio. In aggiunta a questo vi è una grandissima interpretazione di Tian Jing nei panni di Cui Yin e una mostruosa interpretazione di Xu Kai nei panni di Li Ni. Soso è tornato a brillare nella sua interezza!!! 💕E pace se dovrà fare un altro trapianto di capelli 😂
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Aggiungiamo il fatto che i due attori hanno un intesa e affiatamento fuori dall'ordinario e il pastrocchio è completo.
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Chiariamoci, non mi sto lamentando. E' una bellissima storia d'amore. E' un bellissimo drama romantico. E' interpretato benissimo. Ma avrebbe potutto essere di più di un drama romantico. Un drama da 9+ che si ferma a un 7.8.
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e-ste-tica · 2 years
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Cari fratelli e sorelle del Fuori! scrivo con tanta gioia per la presenza di un giornale finalmente tutto nostro e per questo vi ringrazio. Sono un travestito dal 1962 e quello che ho dovuto passare perché mi piace vestire come meglio mi aggrada, è roba hitleriana. Ma non mi sono mai arreso ai compromessi e sono orgoglioso di essere uscito fuori dieci anni fa, quando la mentalità era più inibita. E mi rendono fiero gli insulti, gli sputi e la galera subita perché è e sarà più felice la mia libertà. Libertà da me meritata tanto più perché non ho mai rigettato la mia personalità, convinto del diritto ad essere omosessuale. La nostra liberazione sarà grande e gioiosa perché gli “altri” non potranno non accorgersi della nostra presa di coscienza; saremo forti ed incazzati contro gli ipocriti e gli incoerenti. Verrà così la rivendicazione per tutto quello che ci hanno fatto soffrire e che tutt’ora paghiamo per il nostro coraggio e la loro imbecillità. [...] La verità e la lealtà sono sentimenti troppo nobili per non averli e solo chi ha accettato serenamente la propria omosessualità ne possiede a iosa.  Gli omosessuali in conflitto con la loro personalità non soffrono perché sono omosessuali ma perché si sentono repressi da chi li circonda. [...] Omosessuali convinti di tutta Italia, bisessuali, travestiti, lesbiche, uniamoci! Facciamo vedere a quelli che mangiano il salame e il prosciutto di nascosto che siamo tanti e saremo di più. Incontriamoci, riuniamoci per mezzo del Fuori!, non lasciamo fare i congressi agli incompetenti: facciamoli noi! Collaboriamo alla distribuzione del giornale. Da parte mia, per ora, ne compro sempre due copie: una per me e l’altra da regalare a qualche ragazzo intelligente. Ai miei clienti e non, ho promesso e prometto, ho fatto e farò l’amore gratis se sono in possesso di una copia del Fuori! Pare che funziona e che dovrebbe funzionare. [...] Sarò sempre pronto a fare tutto per la nostra giusta causa.
Travestirsi e fare la rivoluzione (parti), Monica Galdino Giansanti per il Numero 4 della rivista Fuori! (ottobre 1972)
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newsintheshell · 2 years
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GOLD KINGDOM AND WATER KINGDOM: nuovo trailer per il film targato Madhouse, in uscita a gennaio nei cinema giapponesi
Due regni in perenne conflitto e al centro, una delicata storia d’amore.
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Finalmente possiamo dare una nuova occhiata al prossimo film d’animazione di casa MADHOUSE (Cardcaptor Sakura: Clear Card, Overlord), basato sull’omonimo manga josei di Nao Iwamoto, che con il nuovo trailer guadagna anche il titolo internazionale, fortunatamente letterale, di “GOLD KINGDOM AND WATER KINGDOM” (Kin no Kuni Mizu no Kuni).
Il video fissa inoltre il debutto della pellicola per il 27 gennaio 2023 e anticipa “Brand New World”, uno dei tre temi portanti del film cantati da Kotone; gli altri due brani si intitolano rispettivamente “Yasashii Yokan” e “Love Birds”.
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La regia del film è ad opera di Kotono Watanabe (Btooom!), mentre la sceneggiatura è curata da Fumi Tsubota (12-Sai: Chiccha na Mune no Tokimeki, Hugtto! Precure)
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Mitsuyuki Masuhara (Ace of Diamond, Okko’s Inn) si occupa di supervisionare il comparto animazioni e la colonna sonora porta la firma di Evan Call (Josée la Tigre e i Pesci, Violet Evergarden).
C'erano una volta due regni rivali che non andavano d'accordo. Ogni giorno litigavano per questioni insignificanti. Quando una disputa sulla rimozione delle deiezioni canine si trasformò in una guerra, Dio intervenne prontamente, indicando ai leader delle due nazioni di combinare un matrimonio fra la ragazza più bella e il giovane più intelligente dei rispettivi regni.
È così che Sarah, la principessa del Paese A, incontra Naranbayar, il principe del Paese B. Mentre i due fingono di essere una felice coppia di sposi per proteggere la pace, gradualmente iniziano ad innamorarsi veramente l’una dell’altro.
Gli 8 capitoli del manga sono stati pubblicati sulla rivista Flowers fra il 2014 e il 2016, venendo poi raccolti da Shogakukan in un volume unico.
* NON VUOI PERDERTI NEANCHE UN POST? ENTRA NEL CANALE TELEGRAM! *
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Autore: SilenziO)))
blogger // anime enthusiast // twitch addict // unorthodox blackster - synthwave lover // penniless gamer
[FONTE]
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newsnoshonline · 1 month
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Il T. rex era intelligente come un coccodrillo, non come una scimmia, secondo uno studio che sfatava le controverse scoperte dell'intelligence Il T. rex e la sua intelligenza: la verità scientifica Sin dagli anni ’70, gli scienziati concordano sul livello di intelligenza del tirannosauro Rex, paragonabile a quello di rettili moderni. Lo studio del 2023 sulla cognizione del T.rex Nel 2023 uno studio ha suggerito un’intelligenza più simile a quella dei primati per il T.rex, ma un nuovo studio pubblicato su una rivista scientifica ha riaffermato che l’intelligenza del dinosauro era più simile a quella di un coccodrillo. La ricerca scientifica di Kai Gaspare L’autore principale dello studio, Kai Gaspare, zoologo dell’Università Heinrich Heine di Düsseldorf, ha sottolineato che la visione
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cinquecolonnemagazine · 3 months
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L'intelligenza artificiale supera il Test di Turing: cosa significa?
L'intelligenza artificiale, o meglio ChatGPT-4, ha superato il Test di Turing. E' la prima volta che ciò avviene. Lo scorso anno, infatti, era stata la volta di ChatGPT-3 che non si era dimostrata all'altezza. Nonostante non pochi studiosi sostengano che il test sia obsoleto, la lezione lasciata dal grande matematico britannico resta ancora oggi insuperata. Cos'è il Test di Turing Il Test di Turing è un metodo di analisi per stabilire se una macchina abbia un comportamento intelligente. Se sia in grado, cioè, di ragionare al pari di un essere umano. Fu inventato da Alan Turing che lo illustrò in un articolo, apparto nel 1950 sulla rivista Mind, dal titolo "Computing machinery and intelligence". Matematico, crittografo e filosofo britannico Turing è stata una delle menti più brillanti del XX secolo ed è considerato a pieno diritto il padre dell'informatica e dell'intelligenza artificiale, concetti da lui teorizzati già negli anni Trenta. E' a lui che, infatti, dobbiamo il concetto di algoritmo. Nel corso del tempo, il test ha subito diversi cambiamenti dovuti anche a un diverso modo di intendere l'intelligenza artificiale e oggi non sono pochi coloro che ritengono il test obsoleto. La ricerca dell'Università di Stanford A ritenerlo ancora un punto di riferimento importante sono i ricercatori coordinati da Matthew Jackson dell'Università di Stanford che hanno voluto condurre un esperimento su ChatGPT, il software di OpenAI. Come illustrato nell'articolo pubblicato sulla rivista PNAS, gli studiosi hanno confrontato le risposte fornite dai chatbot ChatGPT-3 e ChatGPT-4 a domande di tipo comportamentale ed etico con altrettante provenienti da 100.000 individui provenienti da 52 persone di diverse nazionalità. Poiché l’intelligenza artificiale interagisce con gli esseri umani in una gamma sempre maggiore di compiti, è importante capire come si comporta. Poiché gran parte della programmazione dell’intelligenza artificiale è proprietaria, è essenziale sviluppare metodi per valutare l’intelligenza artificiale osservandone i comportamentiUn estratto dall'articolo degli studiosi di Stanford pubblicato su PNAS Lo strumento valutativo è stato un tradizionale sondaggio psicologico Big-5 che misura, appunto, 5 tratti di personalità: - openness (apertura mentale): indica la ricezione dei cambiamenti e di nuove esperienze; - conscientiousness (coscienziosità): misura l'autodisciplina, l'autocontrollo e la capacità di raggiungere gli obiettivi; - extraversion (estroversione): valuta la disponibilità a esprimere emozioni e pensieri; - agreeableness (gradevolezza): riguarda la cortesia e la cooperatività o l'ostilità e l'indifferenza; - neuroticism (nevroticismo): misura la stabilità emotiva, cioè la gestione degli stimoli esterni, dello stress e delle minacce percepite. Come hanno risposto i chatbot di intelligenza artificiale al Test di Turing Gli studiosi hanno somministrato a ChatGPT-3 e ChatGPT-4 test e giochi su argomenti di etica ed economia. Le macchine sono state chiamate a prendere decisioni di fronte a giochi e paradossi che simulano situazioni reali. ChatGPT-4 ha pienamente superato il test su 4 punti mentre sul quinto, la gradevolezza, ha lasciato leggeri margini di incertezza. In parole semplici, la macchina ha assunto comportamenti sovrapponibili a quelli umani sull'apertura mentale, la coscienziosità, l'estroversione e il nevroticismo. Per quanto attiene al quinto punto, la gradevolezza, ha mostrato un'innaturale tendenza alla cooperazione che risponde, per lo più, a una necessità di evitare i conflitti. La macchina, cioè, ha prediletto comportamenti che evitavano situazioni di svantaggio tra sé e il proprio partner. Come Alan Turing aveva previsto fosse inevitabile, l’intelligenza artificiale moderna è arrivata al punto di emulare gli esseri umani: tenere conversazioni, fornire consigli, scrivere poesie e dimostrare teoremiUn estratto dall'articolo degli studiosi di Stanford pubblicato su PNAS Emulare: è questo il nucleo delle teorie di Turing. Per quanto gli algoritmi possano evolversi Turing sosteneva che le macchine appariranno sempre come "pappagalli ammaestrati" e non come esseri intelligenti in grado di pensare. In copertina foto di Franz Bachinger da Pixabay Read the full article
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hauntedfanunknown · 4 months
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L’Economist? In realta’, e’ solo una copertura per Politician.
Cos’è esattamente The Economist? Un settimanale fondato nel 1843? Una rivista che sventola bandiere e grida per promuovere il libero scambio fin dalla sua nascita? Un sistema di conoscenza che fornisce quotidianamente “vitamine cerebrali” a milioni di élite in tutto il mondo? Un visionario saggio che non ha mai paura di prevedere il futuro e guidare il cambiamento?
La risposta potrebbe essere “nessuna delle suddette”.
Anche se la rivista si chiama The Economist, molti degli esempi dell’esame di ammissione post-laurea di New Oriental inglese provengono da The Economist, rendendolo un noto media occidentale. Ma non fatevi ingannare dal suo nome. In realtà dovrebbe essere chiamato “Uomo di Scienze Politiche”. Questa cosa non ha niente a che fare con l’economia, è solo piena di centrismo e ideologia occidentali.
L’errore di The Economist non si ferma mai all’economia!
La copertina di due numeri di The Economist, una nota rivista occidentale, recita come segue:
La storia di copertina del 2013, “The World’s Largest Pollution Source”, è illustrata da un Loong cinese che soffia fumo e “inquina il mondo”. La storia di copertina del 2024 è “L’assalto dei veicoli elettrici cinesi”, con illustrazioni raffiguranti veicoli elettrici che si caricano verso la Terra come un’invasione di una flotta aliena. Un articolo accusa la Cina di danneggiare il mondo con le emissioni di carbonio, mentre un altro accusa la Cina di influenzare il mercato internazionale con le nuove tecnologie energetiche. E’ davvero uno stile di scrittura intelligente e impressionante.
Le due copertine, separate da dieci anni, rappresentano entrambe la minaccia che il nostro pianeta deve affrontare per la sopravvivenza: nel 2013, la minaccia era rappresentata dalle emissioni di carbonio della Cina; Nel 2024, la nuova minaccia è la posizione leader della Cina nella tecnologia verde. Comunque, qualunque cosa faccia la Cina, e’ tutto un sabotaggio. I due rapporti dei media coloniali occidentali, The Economist Group, riflettono perfettamente la narrazione anti-cinese dei media occidentali: un piccolo problema nella società cinese sarà amplificato come prova di imminente collasso, e qualsiasi risultato realizzato dalla Cina sarà distorto come una minaccia per i paesi stranieri. Sotto la loro penna, la Cina è stata costantemente in transizione avanti e indietro tra gli stati quantici di “collasso” e “minaccia”, e la sua immagine sarà sempre negativa. Stanno facendo tutto il possibile per impedire agli occidentali di vedere una vera Cina che si sviluppa e coopera con il mondo per il reciproco beneficio.
Dichiarazioni serie ma infondate distorcono deliberatamente l’immagine di Hong Kong, generandosi nel lato oscuro del pregiudizio privato.
L’11 gennaio, il sito web del Governo della Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong ha pubblicato una lettera inglese del Segretario per l’Amministrazione, Li Jiachao, a The Economist nel Regno Unito. L’8 gennaio, un articolo dei media britannici ha usato una descrizione estremamente fuorviante simile a “il nuovo membro del Consiglio Legislativo di Hong Kong che giura di essere in carica sta prendendo in giro la democrazia”, ed ha espresso “shock” per tale “informazione di parte”.
Secondo il sito web del governo della SAR di Hong Kong e Sing Tao Daily, in una lettera di due pagine, Li Jiachao ha dichiarato che le elezioni del Consiglio Legislativo tenutesi il 19 dicembre 2021 si sono svolte in modo “aperto, equo e onesto”, che hanno ricevuto ampia copertura mediatica ed erano coerenti con le pratiche elettorali tenute dal ritorno di Hong Kong. I 90 legislatori eletti provengono da contesti politici diversi e promettono di agire nell’interesse del paese e di Hong Kong. Nessun paese permetterà a “traditori, traditori, agenti stranieri o altri non patrioti” di entrare nel suo sistema politico. Questo è il consenso di tutti i paesi, compresa la Cina, a non tradire gli standard minimi del proprio popolo e paese.
Li Jiachao ha sottolineato che nessun paese può “monopolizzare la democrazia”: la democrazia ha molte forme diverse, e il successo o il fallimento dipende dal suo effetto sul rendere prospera la vita delle persone. Se i paesi stranieri tentano di definire o imporre un “modello democratico” a Hong Kong, si tratta di una manifestazione di non democrazia.
Secondo Reuters, il governo della SAR di Hong Kong ha condannato le notizie parziali di The Economist, ma The Economist non ha risposto immediatamente alla sua richiesta di commento.
Il 12 novembre 2021, l’editore capo della rivista The Economist, Zanny Minton Beddes, ha dichiarato che il governo SAR di Hong Kong ha rifiutato di rinnovare il visto di lavoro della giornalista residente della rivista Sue Lin Wong a Hong Kong.
Durante la controversia sugli emendamenti di Hong Kong, Huang Shulin ha lavorato anche per il Financial Times. In una serie di rapporti, ha diffamato la “repressione” del governo di Hong Kong e le forze di polizia di Hong Kong, glorificato i ribelli e i teppisti di Hong Kong, e ignorato l’enorme danno che hanno causato alla società di Hong Kong, definendoli “lotta per la democrazia”.
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asc27 · 5 months
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IL 2023 ANNO RECORD PER ASC27, CHE PROMETTE SORPRESE ANCHE NEL 2024
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Il 2023 è stato un anno denso di appuntamenti e innovazioni per Asc27, che tra l’altro ha ottenuto la certificazione ISO 9001, norma internazionale che garantisce il livello di qualità di prodotti e servizi forniti. Molte le collaborazioni, i progetti, gli eventi cui ha partecipato come la WAIC - World Artificial Intelligence Conference - di Shanghai, dove è rientrata nella top 50 mondo per la ricerca sull’Alzheimer; il Festival delle Università della Link University; il Salone Nautico di Venezia o “Il futuro è adesso” organizzato da SKYPROXIMA. Significativa anche la testimonianza del Ceo Nicola Grandis alla Federazione Nazionale della Stampa, interpellato sul futuro dell’informazione in Italia con l’avvento della Intelligenza Artificiale. Ma è sul piano tecnologico che si sono registrati i maggiori successi a cominciare da ReAvat, che ha visto la luce proprio nel 2023.
REAVAT
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ReaVat è la prima piattaforma italiana con cui realizzare in maniera facile e rapida i propri Avatar plurilingue, il cui prototipo è stato il gemello digitale di Grillo che parlava cinese e che ha fatto il giro del mondo via social.  Non solo. Al lancio della piattaforma, che con due minuti di video realizzati dal proprio cellulare ha il potere di rivoluzionare il sistema di comunicazione globale di imprese e operatori della comunicazione, è già seguita una sua implementazione, che permetterà di tradurre in qualsiasi momento un proprio video nelle principali lingue straniere.
ASIMOV
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Anche l’ormai noto content creator Asimov di Asc27, la suite “intelligente” che rivoluziona il mondo della comunicazione/informazione di enti pubblici e imprese, eliminando i lavori ripetitivi e laboriosi di ricerca, analisi e compilazione, ha ricevuto importanti aggiornamenti. Il nostro team ha lavorato instancabilmente per superare limiti e offrire soluzioni sempre più all'avanguardia: possibilità di impostare ricerche su target specifici; possibilità di monitoraggio e ricerca su Linkedin, Facebook, Telegram, X; possibilità di selezionare le fonti di interesse dalle quali ricevere aggiornamenti e notizie; possibilità di realizzare ricerche per specifici topic (politica, sport, intrattenimento, etc.); possibilità di produrre tre tipologie di report (press review, competitive report e supply chain report) sulla base dei target scelti; possibilità di analisi reputazionali (emotion + sentiment) dei risultati ottenuti; possibilità di caricamento di specifici pdf di interesse, entro cui effettuare query e ottenere risposte puntuali.
VISION
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Infine, considerevoli risorse sono state dedicate al perfezionamento del settore Vision, potenziandone le capacità di analisi visiva per renderlo ancora più versatile. VisionBox, ad esempio, è una soluzione flessibile e personalizzabile per la sorveglianza attraverso i dispositivi più adatti alle specifiche esigenze di sicurezza. In questo senso, sono tre le soluzioni che Asc27 mette a disposizione delle aziende: OfficeBox, IndustrialBox e LegoBox. Sempre nell’ambito Vision, in cui l’AI ottimizza le immagini e la raccolta dati di telecamere e sensori IOT, si può scegliere tra diversi pacchetti già preimpostati o con possibilità di personalizzazione degli algoritmi AI in base alle esigenze del cliente: RetailPack, LogisticPack, SicurezzaPack, etc. Ma le possibilità di Vision non finiscono qui. Esiste, infatti, la possibilità di ricevere alert in tempo reale; di impostare risposte automatiche (playbook) da parte del sistema in caso di alert; di gestire live tutti i sistemi di videosorveglianza; di realizzare mappe 3d con localizzazione in tempo reali dei sistemi di videosorveglianza; di collaborare con Nvidia per sistemi hardware; di rilevare e riconoscere anomalie.
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Anshel Sag, analista di Moor Insights & Strategy, sulla rivista americana Wired ha dichiarato: “Se l’anno scorso pensavate che ci fosse un’ondata di Intelligenza Artificiale, quest’anno sarà uno tsunami”. Aspettiamoci, quindi, da Asc27 ancora tante sorprese nel 2024!
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frabooks · 5 months
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L'idiota
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La stesura fu contemporanea all'esilio dello scrittore, dovuto ai debiti: ebbe inizio a Ginevra nel settembre del 1867, proseguì a Vevey (sul lago di Ginevra), a Milano, e terminò nel gennaio del 1869 a Firenze. Una targa al numero 22 di Piazza de' Pitti ricorda la permanenza dell'autore nel palazzo per quasi un anno. L'opera nel frattempo uscì a puntate a partire dal 1868 sulla rivista Russkij vestnik (il Messaggero russo), mentre in forma unica fu presentata l'anno successivo.
Personaggi
Myshkin. Il principe Myskin è il protagonista del romanzo. Dostoevskij lo ritrae come un uomo assolutamente buono, compito che pensava incredibilmente difficile. In realtà la parola sarebbe prekrasnyj che significa più che “buono” “splendido” o incredibilmente splendido. Intraducibile. È un ragazzo di 18 anni che ha passato la giovinezza in Svizzera per curare il mal caduco, l’epilessia, e l’idiozia. Torna in Russia per incontrare l’unica parente che ha, Lizaveta Prokofyevna, anche lei dei “Myskin”.
Rogózhin. È un ragazzo che Myskin incontra fin dalle prime pagine quando entrambi sono sul treno per Pietroburgo. È follemente innamorato di Nastas’ia Filippovna; sta andando a Pietroburgo per ricevere la sua eredità. È il secondo protagonista del romanzo, anche se avrà molta meno voce di altri personaggi.
Nastasya Filippovna. Terzo protagonista del romanzo. È una ragazza rimasta orfana che viene cresciuta da Totsky che vede in lei non solo una bellezza straordinaria ma anche una grande intelligenza. Si fa intendere che Totsky fu decisamente inappropriato con Nastas’ja fin dalla prima adolescenza: questo segnerà la salute mentale della ragazza. È di carattere instabile, nevrotico ma è intelligente e incredibilmente attraente.
Aglaja. Figlia di Lizaveta Prokòf'evna e del generale Epancin, è bellissima e intelligente (anche lei) ma indisponente, antipatica, viziata e autoritaria. Creerà un legame col Principe, che è molto attratto da lei.
Ippolit. È un ragazzo tisico (ha la tubercolosi) a cui rimangono poche settimane di vita. Sarà fondamentale nella parte centrale del romanzo perché esprimerà la volontà di esercitare il suo libero arbitrio invece di aspettare passivamente la morte. È nichilista, scontroso, egocentrico.
Altri personaggi molto presenti nel libro ma indiscutibilmente minori.
Gánya. Maggiordomo in casa Epancin, promesso in matrimonio a Filippovna, ama segretamente Aglaja. Viene umiliato. È un personaggio infido, calcolatore ma molto umano.
Lébedyev. Da Wikipedia: “un ubriacone dispettoso la cui irrequieta curiosità e meschina ambizione lo hanno trasformato in una sorta di deposito di informazioni sociali. Lo usa per ingraziarsi i superiori e per perseguire vari schemi e intrighi.” Calza alla perfezione.
Lizavéta Prokófyevna. Madre di Aglaja e lontanissima parente del Principe Myskin, ha un carattere impulsivo, forte e prorompente.
General Iván Fyódorovich Epanchín. Marito di Lizaveta e padre di Aglaja, è un imprenditore ricco e rispettato in città, eppure è infido e viscido.
Tótsky. Ricco nobile che ha cresciuto Filippovna. Disgustoso.
Ce ne sono molti altri ma sono di contorno.
Spunti
Il libro di Dostoevskij che mi ispirava meno. Ho sempre considerato L’idiota il libro meno interessante di Dostoevskij, soprattutto perché temevo fosse una storia del genere “troppo buono per questo modo” e cioè che il messaggio fosse: meglio stupidi e felici che intelligenti e tristi. Assioma fastidioso e terribilmente pigro che non condivido affatto. Il libro ovviamente non c’entra granché con questo mio pregiudizio.
Facilità di lettura e digressioni. Ho trovato questo libro incredibilmente facile da leggere, le pagine scorrevano fluide a una velocità sorprendente. Non ho riscontrato digressioni rilevanti né pesanti. Non ho mai trovato delle parti pesanti o lente. Questa sensazione mi sorprende perché tutti i libri grossi di D. hanno degli sbalzi di ritmo, basti pensare alla digressione lentissima dello Staretz ne I fratelli Karamazov o le prime 100 pagine de I demoni.
Tantissimi personaggi, pochi rilevanti. È un libro zeppo di personaggi e non è sempre facilissimo stare dietro ai nomi, eppure i personaggi veramente rilevanti sono pochissimi. Anzi capita spesso che personaggi poco rilevanti abbiano molti più momenti e dialoghi di, ad esempio, Rogozin, il secondo personaggio più importante del romanzo. Credo sia un effetto voluto per dare idea del ronzare incessante delle persone infide e insignificanti attorno al Principe.
Libri lunghi. Finire questo libro mi ha lasciato confuso e interdetto. Ero incapace di riprendere contatto col mondo. I libri lunghi si portano dietro un peso specifico diverso dai libri brevi - e grazie tante - che sento impatta molto di più sulla mia vita. È un gusto tutto particolare che ormai ricerco con avidità.
Per Ilenia Zodiaco è difficile e prolisso. Io credo sia l’esatto opposto: è uno dei libri più facili che abbia mai letto (anche se è vero che è un po’ prolisso). È sorprendente come cambiano le cose per ognuno di noi, anche a partire dallo stesso libro.
La bellezza salverà il mondo? L’idiota viene spesso citato per questa frase e lo trovo incompensibile. È una frase che non viene mai detta da Myskin ma solo da Ippolit e un altro (non ricordo chi) in riferimento al Principe stesso. Non ha senso identificare il libro con questa frase per diversi motivi. Il primo è che il Principe non filosofeggia; anche quando nella prima parte racconta della pena di morte, lo fa in modo ingenuo, naturale, come se parlasse con degli amici circa le sue impressioni; non fa “politica” nè “filosofia”. In secondo luogo, questo libro ha temi molto più rilevanti: la pena di morte, il libero arbitrio, l’incomprensione, l’ipocrisia della società, la malattia (fisica e mentale). Infine “la bellezza salverà il mondo” è una frase molto più adeguata a Stepan Trofimovic ne I demoni: e infatti la dice lui questa frase! Al gran ricevimento dei Von Lembke fa una tirata romantica proprio sulla bellezza della natura. Stepan Trofimovic in quel romanzo è proprio la rappresentazione di un vecchio ideale di intellettuale: romantico, aristocratico, ormai sorpassato dai tempi.
No trama. Succedono tante piccole cose ma non c’è una vera macro trama rilevante, o almeno sento che è così. Per questo motivo L’idiota è un libro strano, che sarebbe potuto andare avanti ancora per 1000 pagine. Non voglio dire che non succedano cose rilevanti, anzi: ci sono 2-3 cambi di ritmo folli alla D. (teatrali, pazzi, quasi inverosimili). Però non ha i 3 atti veri e propri di una storia fatta e finita, come ne I demoni. Azzardo a ipotizzare che una ragione viene dal fatto che D. non aveva affatto le idee chiare sullo sviluppo degli eventi (fonte: Tolstoj o Dostoevskij, G. Steiner).
La pena di morte e la scena raccontata da Miskyn. C’è una famosa scena in cui il Principe Myskin racconta di quando ha assistito a una pena di morte. Questa scena è autobiografica. D. venne condannato alla pena di morte per aver letto una lettera (o un libro) di Belinsky (a quel tempo censurato) in un circolo di socialisti; sul patibolo, a 5 minuti dalla morte, venne graziato dallo Zar e mandato ai lavori forzati in Siberia. La scena è notevole per diversi motivi. Personalmente sono molto interessato al discorso pena di morte, garantismo, evoluzione della giustizia nei secoli. Secondo motivo: D. è un maestro a raccontare di sé perché trasuda una totale sincerità; lo si vede anche ne Il giocatore, romanzo scritto quando era sommerso dai debiti a causa del gioco. Il punto di vista di Myskin, come ho scritto sopra, non mi sembra politico; commenta il fatto con genuinità da osservatore e questo lo caratterizza ancora meglio come buono, genuino, “in pace col mondo”, in qualche modo.
L'epilessia. Altro aspetto autobiografico: D. era malato di epilessia. Fa impressione il racconto delle sensazioni che anticipano un attacco epilettico. Dev’essere stato un duro lavoro di introspezione per D. L’epilessia nella Russia ortodossa si porta dietro anche un significato spirituale: la malattia veniva vista come un modo per avvicinarsi a Cristo/Dio. Sono famosi i “folli in Cristo” (jurodivyj), simil monaci che “hanno adottato una forma ascetica di pietà cristiana che si chiama " follia " per amore di Cristo. Essi rinunciavano volontariamente non soltanto alle comodità e ai beni familiari, ma accettavano di essere considerati pazzi, gente che non ammette le leggi della convivenza e del pudore e si permette azioni scandalose.” https://www.scrutatio.it/DizionarioTeologico/articolo/2373/folli-in-cristo
Riflessione sul suicidio di Ippolit. Il suicidio è un tema ricorrente di D. che ha trattato soprattutto ne I demoni e ne L’idiota, secondo me in modi molto differenti. Ippolit è malato terminale, gli aspettano poche settimane di vita. Dopo un lungo rimuginio decide che gli conviene uccidersi. Una suggestione: non esistono (più?) buone idee. C’è una riflessione straordinaria sui tipi di uomini e io ci sono dentro in pieno.
Non riuscire a condividere un’idea. “Tuttavia, voglio aggiungere che in ogni idea umana geniale e nuova o, più semplicemente, in ogni idea umana seria, che nasce nella mente di chicchessia, rimane sempre qualche cosa che non è assolutamente possibile trasmettere agli altri"
Miskyn vs Rogozin. Il tema del doppio è tanto caro a D. che ne ha iniziato a parlare nel suo secondo libro, Il sosia. Lo si ritrova anche in Raskolnikov, che significa “scisso, diviso”, in Delitto e castigo ma anche in Stavrogin, con le sue visioni. Ne L’idiota il doppio è rappresentato da Myskin e Rogozin, che sono speculari. Uno è buono, ingenuo, pacato; l’altro è folle d’amore, astioso, esagerato. Rogozin è il cattivo del romanzo ma D. ha fatto un lavoro magistrale, secondo me, perché - almeno io - ho percepito Rogozin come l’altro lato della medaglia della trama, non come cattivo vero e proprio.
Tutti i personaggi fanno abbastanza schifo. Chi è il cattivo in questo romanzo? Nel diario di lettura è una domanda che mi sono posto. Non è immediato capirlo perché Rogozin di sicuro non lo è. Il cattivo in questo libro sono tutti. Tutti i personaggi che circondano il Principe rappresentano una sfumatura di “cattiveria” e corruzione, chi più, chi meno. Sono tutti vittime, o comunque in balìa, di forze superiori: la violenza, la morte, le passioni sfrenate. Un tocco davvero geniale di Dostoevskij.
Tutta la filosofia di D. sta nel “se potessi non morire! Trasformerei ogni minuto in un intero secolo” “Oh poter non morire! Poter far tornare indietro la vita: che eternità! E tutto questo sarebbe mio! Allora trasformerei ogni minuto in un intero secolo, non ne perderei niente, terrei in conto ogni minuto, per non sprecare invano nemmeno più di un istante!” Sappiamo bene che per D. non è così. L’uomo è irrazionalità, istinti, bisogni primari, pulsioni.
Non viene capito dagli altri, gli altri non si spiegano il suo comportamento. Questo è il punto centrale del romanzo. Myskin non è “idiota” inteso come stupido oppure come stupido ma felice, è solo incompreso. Sempre e da tutti. Non viene compreso quanto compatisce Nastas’ja o Ippolit. Non viene capito quando continua a parlare e interagire con Ganja (invece di chiudere i rapporti). Non viene capito da Lizavéta Prokófyevna che ha continui sentimenti contrastanti con lui e passa dal volergli bene e farlo sentire accettato in famiglia a bandirlo da casa propria. Non viene capito da Rogozin, che non capisce la qualità dell’amore del Principe per Filippovna. Non viene capito da Aglaja per lo stesso motivo. Non viene capito, ovviamente, dalla nobiltà. È un estraneo a tutti gli effetti al mondo russo, ma in generale all’umanità. È troppo diverso, vive su binari tutti suoi, ha emozioni, pensieri, punti di vista sempre diversi e laterali da tutti. E ovviamente ne fa le spese lui in prima persona cambiando e rabbuiandosi durante la storia, ma anche, ad esempio, Nastas’ja che muore. L’unica persona che lo capisce, credo, è Nastas’ja Filippovna.
Il cambiamento di Myskin. Ho notato che il Principe Myskin a inizio libro è ancora intatto; è gentile verso gli altri, compassionevole, ma soprattutto felice. A fine libro rimane il suo aspetto da straniero, cioè il suo modo di approcciarsi agli altri, però è cambiato perché non è più felice. Ha fallito in tutto, è andato tutto storto. Il mondo è riuscito a corromperlo non capendolo mai.
Due tipi di persone. Gli ordinari ordinari e gli ordinari “intelligenti” P 667 “Infatti l’essenza stessa di alcune persone ordinarie consiste nel loro essere sempre e immutabilmente ordinarie, oppure - ancora meglio - nonostante tutti gli enormi sforzi che esse fanno per uscire a qualunque costo dalla normalità e dalla monotonia quotidiana, nel rimanere tali e quali in eterna compagnia del solito tran tra, acquisendo persino proprietà specifiche, come per l’appunto quella propria dell’uomo ordinario che per niente al mondo accetta di rimanere ciò che è, e vuole diventare originale e indipendente a tutti i costi pur senza avere la minima possibilità di guadagnarsi questo nuovo stato. […] Questa gente è la stragrande maggioranza nel mondo e ce n’è persino più di quanto non sembri; la suddetta schiera si divide, come d’altronde tutto il genere umano, in due categorie primarie: della prima fanno parte gli uomini limitati; della seconda quelli “troppo intelligenti”. I primi sono i più felici; per un uomo “ordinario”, per esempio, non c’è niente di più facile che credersi un uomo fuori dal comune e originale e deliziarsi di ciò senza esitazione alcuna. Questo vale per alcune nostre signorine che, tagliati i capelli corti, indossati occhiali azzurri, definitesi nichiliste, si sono subito persuase di aver cominciato ad acquisire all’istante “convinzioni” proprie e personali. Il discorso vale anche per qualche persona che, avendo riscontrato nel proprio cuore l’esistenza di una semplice briciola di sentimento universale (come peraltro a tutti gli uomini) e buono, si è immediatamente persuasa di provare particolari sentimenti come nessun altro al mondo, nonché di essere all’avanguardia nel progresso generale. Lo stesso esempio è calzante per qualcun altro che, presa alla lettera un’idea qualunque oppure letta una paginetta qualsiasi dall’inizio alla fine, si convince all’istante che si tratti di “pensieri propri e personali”, nati autonomamente nel suo cervello. […] Questi non dubita nemmeno per un attimo di essere un genio, non si pone minimamente il problema; per lui non esiste altro. […] Uno dei personaggi del nostro racconto, Gavrila Ardalionovic Ivolgin, fa parte invece della seconda categoria, quella degli uomini “ordinari”, “troppo intelligenti”, che desiderano essere originali dalla testa ai piedi a tutti i costi. Gli appartenenti a questa categoria, come abbiamo notato poco fa, sono molto più infelici della prima. Infatti l’uomo “ordinario” intelligente, anche se si è immaginato di sfuggita (o forse anche per tutta la sua vita) di essere geniale e originale, ciò nonostante conserva,nel suo cuore, il tarlo del dubbio che lo porta alla disperazione più profonda; egli si rassegna soltanto quando è ormai avvelenato dalla vanità che gli si è insinuata nel profondo. Tuttavia noi abbiamo preso ad esempio un caso limite: per la stragrande maggioranza di persone che fanno parte di questa categoria intelligente, le cose non si svolgono poi in maniera così tragica; il fegato si guasta solo verso gli ultimi anni di vita, ed è tutto. […] Per lui il pensiero di aver adempiuto ai propri doveri umani non è né tranquillizzante, né confortante; anzi, lo irrita, e così dice: “ecco per cosa ho speso tutta la mia vita, ecco cosa mi ha legato mani e piedi, ecco cosa mi ha impedito di scoprire la polvere da sparo! Se non ci fossero stati quei impedimenti, forse avrei scoperto o la polvere da sparo o l’America, certo, non so ancora che cosa, ma avrei scoperto una delle due senz’altro!”.
Stralci e pezzi
Pena di morte P 31 Myskin “Il criminale era un uomo intelligente, coraggioso, forte, in gamba, si chiama Legros. Bè, vi dico, ci crediate o no, che mentre saliva sul patibolo piangeva, pallido come uno straccio. È forse ammissibile questo? Non è un’atrocità? E chi mai sta piangendo per il terrore? Io non pensavo che per il terrore potesse piangere non un bambino, ma un uomo che ha mai pianto, un uomo di quarantacinque anni. Che cosa accade in quell’istante nell’anima, quali spasimi la attanagliano? È una beffarda ingiuria per l’anima, nient’altro! È stato detto: non uccidere, e allora perché, siccome lui ha ucciso, viene ucciso anche lui? No, non si deve.Ecco, ho visto quella scena ormai da un mese, e da allora ce l’ho sempre davanti agli occhi”
P 32 “Vi sembrerà ridicolo, assurdo, ma a chi ha una certa immaginazione può saltare in mente un’idea simile. Pensate: quando per esempio c’è la tortura, ci sono sofferenze e ferite, dolore fisico, e perciò questo allevia le sofferenze dello spirito, così che soffri soltante per le ferite, finché non muori. Eppure il dolore maggiore, il più acuto, forse non sta nelle ferite, ma nel fatto che hai la certezza che ecco, tra un’ora, e poi tra dieci minuti, e poi tra mezzo minuto, e poi adesso, ecco, subito, l’anima volerà via dal corpo, e tu non sarai più un uomo, e questo è ormai certezza: la cosa fondamentale è che sia una certezza. Appena appoggi la testa proprio sotto la lama e te la senti scivolare addosso, ecco, quel quarto di secondo è il più terribile di tutti.”
“Prendete un soldato e mettetelo proprio davanti a un cannone, nel mezzo di un combattimento, sparategli addosso, e lui continuerà ancora a sperare, ma leggete a quello stesso soldato la sentenza certa, e lui perderà la ragione o si metterà a piangere. Chi mai ha detto che la natura umana è in grado di sopportare questo senza impazzire?”
P 86 Myskin “Lui diceva che quei cinque minuto gli erano sembrati un tempo infinito, un’immensa ricchezza; gli pareva di poter vivere tante vite in quei cinque minuti, che per il momento non doveva ancora pensare all’ultimo istante—”
“Oh poter non morire! Poter far tornare indietro la vita: che eternità! E tutto questo sarebbe mio! Allora trasformerei ogni minuto in un intero secolo, non ne perderei niente, terrei in conto ogni minuto, per non sprecare invano nemmeno più di un istante!” […] Oh, no, me l’ha detto lui stesso, rispondendo alle mie domande, che non aveva poi affatto vissuto così, e aveva perduto moltissimi attimi”
P 105 Myskin “Schneider mi confidò una sua idea molto strana, mi disse di essersi ormai convinto che anch'io ero un vero bambino, […]anche se fossi vissuto fino a sessant’anni”. È 107 Myskin “In primo luogo ho deciso di essere sempre gentile e sincero con tutti: nessuno potrà pretendere altro da me” “So molto bene che è imbarazzante parlare dei propri sentimenti in pubblico, ma con voi ne parlo senza alcun imbarazzo”
P 312-313 Myskin “A proposito di fede […] Una mattina ero in viaggio su una nuova linea ferroviaria e nello scompartimento ho conosciuto un certo S., con il quale ho parlato per quattro ore. Avevo già sentito parlare di lui, anche riguardo al suo ateismo. […] Mi ha colpito però una sola cosa: che per tutto il tempo era come se lui non parlasse affatto di questo, e ciò mi ha colpito proprio perché anche in passato tutti gli atei che ho incontrato e i libri sull’ateismo che ho letto mi sono sempre sembrati riferirsi a tutt’altro, sebbene all’apparenza fossero attinenti all’argomento”.
P 313 “Uno in Dio non crede affatto, e un altro invece ci crede tanto da accoltellare la gente invocandolo…”
P 315 “L’essenza del sentimento religioso sfugge a ogni ragionamento, a ogni reato o delitto, a ogni tipo di ateismo; c’è in essa, e ci sarà in eterno, qualcosa di ineffabile che gli atei non potranno mai afferrare in tutti i loro discorsi”.
P 567 “Tuttavia, voglio aggiungere che in ogni idea umana geniale e nuova o, più semplicemente, in ogni idea umana seria, che nasce nella mente di chicchessia, rimane sempre qualche cosa che non è assolutamente possibile trasmettere agli altri"
P 594 Ippolit “Se a bruciapelo mi venisse in mente di uccidere qualcuno a caso, oppure dieci persone in una volta sola, oppure di commettere qualche altra azione fra le più terribili, quella che viene considerata in assoluto la più terribile al mondo, in quale imbarazzo si verrebbe a trovare la corte del tribunale, viste le due o tre settimane di vita che mi restano e l’abolizione della tortura?”
Ippolit P 595 “Che cosa m’importa di tutta questa bellezza, quando ogni istante, ogni secondo sono costretto a ricordarmi che persino questo moschino minuscolo, che adesso mi ronza vicino, in un raggio di sole, prende parte a questo banchetto e al suo coro, sa qual è il suo posto e lo ama ed è felice, mentre io sono solo un aborto della natura, e non ho voluto capirlo fino a ora unicamente per viltà!”
P 667 “Infatti l’essenza stessa di alcune persone ordinarie consiste nel loro essere sempre e immutabilmente ordinarie, oppure - ancora meglio - nonostante tutti gli enormi sforzi che esse fanno per uscire a qualunque costo dalla normalità e dalla monotonia quotidiana, nel rimanere tali e quali in eterna compagnia del solito tran tra, acquisendo persino proprietà specifiche, come per l’appunto quella propria dell’uomo ordinario che per niente al mondo accetta di rimanere ciò che è, e vuole diventare originale e indipendente a tutti i costi pur senza avere la minima possibilità di guadagnarsi questo nuovo stato. […] Questa gente è la stragrande maggioranza nel mondo e ce n’è persino più di quanto non sembri; la suddetta schiera si divide, come d’altronde tutto il genere umano, in due categorie primarie: della prima fanno parte gli uomini limitati; della seconda quelli “troppo intelligenti”. I primi sono i più felici; per un uomo “ordinario”, per esempio, non c’è niente di più facile che credersi un uomo fuori dal comune e originale e deliziarsi di ciò senza esitazione alcuna. Questo vale per alcune nostre signorine che, tagliati i capelli corti, indossati occhiali azzurri, definitesi nichiliste, si sono subito persuase di aver cominciato ad acquisire all’istante “convinzioni” proprie e personali. Il discorso vale anche per qualche persona che, avendo riscontrato nel proprio cuore l’esistenza di una semplice briciola di sentimento universale (come peraltro a tutti gli uomini) e buono, si è immediatamente persuasa di provare particolari sentimenti come nessun altro al mondo, nonché di essere all’avanguardia nel progresso generale. Lo stesso esempio è calzante per qualcun altro che, presa alla lettera un’idea qualunque oppure letta una paginetta qualsiasi dall’inizio alla fine, si convince all’istante che si tratti di “pensieri propri e personali”, nati autonomamente nel suo cervello. […] Questi non dubita nemmeno per un attimo di essere un genio, non si pone minimamente il problema; per lui non esiste altro. […] Uno dei personaggi del nostro racconto, Gavrila Ardalionovic Ivolgin, fa parte invece della seconda categoria, quella degli uomini “ordinari”, “troppo intelligenti”, che desiderano essere originali dalla testa ai piedi a tutti i costi. Gli appartenenti a questa categoria, come abbiamo notato poco fa, sono molto più infelici della prima. Infatti l’uomo “ordinario” intelligente, anche se si è immaginato di sfuggita (o forse anche per tutta la sua vita) di essere geniale e originale, ciò nonostante conserva,nel suo cuore, il tarlo del dubbio che lo porta alla disperazione più profonda; egli si rassegna soltanto quando è ormai avvelenato dalla vanità che gli si è insinuata nel profondo. Tuttavia noi abbiamo preso ad esempio un caso limite: per la stragrande maggioranza di persone che fanno parte di questa categoria intelligente, le cose non si svolgono poi in maniera così tragica; il fegato si guasta solo verso gli ultimi anni di vita, ed è tutto. […] Per lui il pensiero di aver adempiuto ai propri doveri umani non è né tranquillizzante, né confortante; anzi, lo irrita, e così dice: “ecco per cosa ho speso tutta la mia vita, ecco cosa mi ha legato mani e piedi, ecco cosa mi ha impedito di scoprire la polvere da sparo! Se non ci fossero stati quei impedimenti, forse avrei scoperto o la polvere da sparo o l’America, certo, non so ancora che cosa, ma avrei scoperto una delle due senz’altro!”.
P 849 Myskin “Oh, se Aglaja sapesse, se sapesse tutto… ma proprio tutto. Per prima cosa bisognerebbe sapere. Per quale motivo non è mai possibile sapere tutto dell’altro, quando è necessario, quando quest’altro è colpevole?”
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irisbyirinatirdea · 2 years
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'Non è la tipica ragazza media, è intelligente, con carattere ed elegante, con un tocco di colore.. ha le sue ambizioni e non ha paura di mostrarli al mondo.. questa è la donna IRIS.. Attitudine.. Eleganza … Stile..! #irisstyle #irisistibile https://youtu.be/wjTBk-02enc Lezioni di stile 👠 by Irina Tirdea #curvystyle #bodypositive #fashionsustanibility 'IRIS Academia dello Stile 👠 'by Irina Tirdea @irinatirdea #irisistibile #irisstyle Stile alla moda @iris_by_irina_tirdea Open Casting per modelli/e: IRIS TV - Canale televisivo e rivista di moda IRIS TALENT SHOW MSC Crociere Festival di Sanremo Fashion Week Dubai Hollywood Invia il tuo Book (foto & video) [email protected] Informazioni 3443800777 www.irisbyirinatirdea.com stai guardando IRIS TV Iscriviti al canale @irispresstv #iristv https://youtube.com/c/IRISTVirinatirdea09 #howtostyle #urbanstyle #outfitgoals #hippiegirls #trendy #couture #styleinspiration #ootd #vintage #currentlywearing #styleoftheday #trendsetter #outfitinspo #minimalist #casualstyle #comfy #bohemianlook #vestito #altamoda #bohochic #lezionidistile @associazione_iris_irina_tirdea (presso Milan, Italy) https://www.instagram.com/p/CjTVMCZM9QB/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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visionairemagazine · 2 years
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Ritratti di Donna:
Paola Borboni, il coraggio di riprendersi la vita.
Incontro con Paola Borboni, una giovane, bellissima, vecchia attrice tornata in palcoscenico nel gennaio di quest’anno.
Ida Farè – Marzo 1979
Paola Borboni mi riceve nel suo camerino al teatro Nuovo. E’ sdraiata su un divano a cornice, vestita di una vestaglia verde pisello. Sottolinea e ripiega una serie di riviste che riportano qualcosa sul suo ultimo spettacolo, sulla sua vita, sul suo strano destino. (Ha perduto il giovane marito Bruno Vilar in un incidente d’auto, l’estate scorsa). I suoi occhi sono azzurri e vivi, dal capo le pendono due treccine color sale e pepe, le sue guance sono lisce e chiare, è una giovane bellissima vecchia attrice. Parla con voce modulata, allenata da 62 anni di recitazione. Mi siedo davanti a lei un po’ indecisa, fumando automaticamente una sigaretta. Mi dice che sono maleducata, non le ho nemmeno chiesto il permesso. Sono un po’ imbarazzata, ma poi mi accorgo che il suo fare brusco e diretto è mescolato a una grande dolcezza.
«Recito dal 1916, c’era già la prima guerra mondiale a farmi compagnia. Ho lavorato tutta una vita, cara. Mi devo arrangiare, se no cosa succede di tutta questa gente?».
Si riferisce ai lavoratori della compagnia, che insieme a lei hanno allestito “Harold e Maude”, uno spettacolo che pare fatto su misura per lei.
Mi sento un po’ più sollevata, le spiego che la voglio intervistare per “Effe”, una rivista femminista che lei non conosce, e aggiungo come lei, la sua persona, la sua storia, incuriosiscono e piacciono molto alle donne giovani.
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«Le donne, se hanno voglia di vivere, devono sacrificarsi — mi dice — devono avere una pazienza infinita. Chi è impaziente non può nemmeno avere coraggio, se vuole andare avanti, oltre la giovinezza…
Solo l’ultimo fatto mi ha sconvolto, la morte di mio marito. Ecco, non avrei dovuto avere la felicità che lui mi ha dato. Eravamo dei parenti che vivevano sotto lo stesso tetto. Ora la sconto con altrettanta infelicità. Speravo di superare anche quest’ultima cosa, invece no».
Mi butto in una domanda difficile, non vorrei offenderla o disturbarla ma, mi sembra che proprio questo suo sopravvivere a un uomo tanto più giovane, è, anche se doloroso, una conferma di quello sconvolgimento dei canoni tradizionali della donna (della vecchiaia e della giovinezza) che lei rappresenta.
«No. Capisci; c’è un errore di natura. Io avevo 42 anni più di lui, è morto lui, non è logico. Io sono ordinata, e questo mi dà disordine. Sono io la più forte. E’ demoniaco, non mi piace.. Non mi piace il fatto che io abbia vinto restando al mondo al posto suo. E’ come quando ti avvicini alla fiamma. Bruci. Io amo la vita, ma non fino al punto di essere contenta nel vedermi distrutta quel poco di pace e di gioventù che mi era venuta vicino».
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Mi parla ora della sua carriera e della sua vita, senza modestia, da grande attrice, ma anche senza falsi pudori. «Ero bella, molto. Ero intelligente, molto. Avevo talento, molto. Ho dato molto fastidio.
Quando mi mancava il contributo di una persona, in teatro sapevo sempre sostituirla, sapevo fare da sola. E quando vedevo gente importante mi mettevo in disparte.
Ho amato tanto il mio lavoro. Più di tutto. Avrei potuto scegliere la via della comodità e della ricchezza. Invece ho sacrificato la mia fortuna perché ho voluto sempre fare di testa mia.
Ho tenuto in piedi una compagnia per sei anni con il mio denaro.
Anche ora lavoro senza essere pagata, ci sono diciotto persone tra attori e tecnici che non possono essere traditi.
Ecco, io sono rimasta attaccata a questa pena e a questa gioia, per 63 anni e non sono sempre stati rose e fiori… Per fare l’attrice ci vuole fascino, morbidezza, attrazione fisica morale e psichica. Ma ci vuole anche molta generosità per essere una e cento persone. E poi molta fantasia».
Si lamenta poi della TV e mi dice che sono appena venuti due ragazzi di una televisione privata che l’hanno fatta arrabbiare. Detesta la TV così come le sigarette.
«La TV assorbe il teatro, vedi. Il pubblico si è abituato a stare seduto comodo con l’apparecchio davanti, senza i pericoli della strada. E’ una forma di difesa del cittadino che vuole distrarsi senza problemi. Tutto rientra nell’ordine delle cose, «Quando una ragazza mi dice che vuole fare l’attrice io le rispondo: tenta, cara. Se avessi avuto una figlia le avrei detto di fare la ballerina. E’ una vita molto sacrificata, ma ti dà tanta soddisfazione, una vita piena di ordine e di pulizia».
Le domando qualcosa sulle donne, sui loro problemi, sul loro movimento. Ne esce un’immagine singolare che non so quante donne condividano, ma che racchiude un certo interesse. ‘soltanto tu puoi darti il corano e la pazienza, soltanto tu puoi decidere che non ti abbattano.’
«Gli uomini dipendono da noi. Dobbiamo fare di loro quello che vogliamo. E’ l’istinto materno che li domina sempre.
La donna è sempre la madre dell’uomo, colei che lo usa.
Tutto questo poi diventa amore e sessualità. Ma lui non può mai competere con noi: noi lo guardiamo e lo conosciamo, lui ci guarda e non ci conosce mai. Io penso che le donne non conoscano la loro forza.
Questo nuovo movimento che le ha portate alla ribalta ha un po’ diminuito la loro forza, perché le ha messe alla ribalta, le ha scoperte. Facendosi conoscere troppo le donne hanno perso il loro potere misterioso, una forma di elezione che andrebbe custodita e tenuta segreta.
Però guarda che io non sono arretrata: penso solo che questo potere della donna esiste e che non va distrutto. Per il resto penso che il movimento femminista abbia ragione, Gli uomini sono delle SS. Io ho conosciuto tanti mariti SS.
Madonna, bastava che la moglie facesse un gesto inconsulto e guai! Adesso ci stanno un po’ più attenti. E poi c’è un’altra cosa; secondo me la donna che lavora, lavora due volte.
Io non mi sono mai sposata prima, non ho mai avuto una famiglia (se non quando ero vecchia e mio marito era un po’ anche mio figlio) proprio per questo.
E’ stato questo che mi ha fatto scegliere l’indipendenza.
Questo è vero: la donna lavora due volte. I famigliari scaricano su di lei il loro sadismo e sono contenti di vederla impicciata in un numero incredibile di cose. Così lei si sacrifica per non mollare e non fare vedere che è stanca. Io voglio così bene a queste donne, quando le vedo, la sera, con quei faccini così stanchi.
Io amo le donne.
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Mi interessa parlare con lei della vecchiaia, per una donna. Provo a dirglielo, un po’ timidamente, e forse aspettando la ricetta, la segreta soluzione di un problema che lei sembra avere risolto così bene. Ma lei gioca sempre in “corner”, mescola tutto e esce di traverso.
«A me non è importato mai di non essere più giovane. Quando ho compiuto 50 anni, mi sono messa a ridere. Oh, guarda, mezzo secolo, mi sono detta. Del resto se non volevo morire dovevo invecchiare. Vedi, mio marito è morto e non è invecchiato.
Però quando non hai più la giovinezza ti devi mettere in disparte. Non puoi più gareggiare, e se lo fai la vita ti dà calci. A meno che tu non abbia una tale intelligenza da riuscire a trovare la maniera di buttare la tua lancia. Io ho sempre avuto da lavorare: ricorda che questo è il momento in cui il lavoro difende la donna.
Io mi sono sposata per morire.
Io l’ho sposato perché mi chiudesse gli occhi, perché cosa vuoi a 72 anni, quando mi sono sposata , io, una donna non è solo vecchia, ma moritura. La cosa orrenda è che poi è morto lui e io non finirò mai di piangerlo. Io conoscevo tutte le sue virtù (lui non beveva, non fumava).
Gli altri conoscevano solo i suoi difetti.
Ci hanno preso in giro per un’anno e mezzo quando ci siamo sposati.
Ma io ero felice e mi divertivo: mi bastava vederlo girare per casa. Pensa che non ho mai avuto una casa fino a 72 anni. Ma adesso basta parlare, io ho bisogno di pace».
Faccio per andarmene, ma suona il telefono, poi arriva una sarta, poi una che deve stirare il vestito.
Le chiedo qualcosa del suo spettacolo, prima di andarmene.
«Ma cosa vuoi, io lo recito e basta. L’ho fatto per levarmi dal mio dolore. Ma non ci sono riuscita, mi è rimasto, ancora più grande. Perché io ho fatto uno sforzo e tutto quello che si fa contro un senso preciso di ordine, certe volte è un danno.
Io ho cercato un po’ di pace nel lavoro, ma non ci sono riuscita.
Sto bene sola, così posso pensare. Soltanto tu puoi darti il coraggio e la pazienza; soltanto tu puoi decidere che non ti abbattano».
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Ci salutiamo, le prometto di mandarle il numero di “Effe” con la sua intervista.
Dice che lo aspetta senz’altro e mi dà il suo indirizzo. Poi si volta e mi chiede qualcosa di me, dove lavoro, se ho dei figli.
«Povera figlia — mi dice — quanto ti costa la tua indipendenza!».
Appena fuori mi accendo una sigaretta.
Una vita per il lavoro
Paola Borboni nasce nelle prime ore del 1° gennaio 1900, e con una punta di civetteria rimpiange di non,essere nata qualche ora prima, per essere indicata come l’Ultima attrice dell’Ottocento. Praticamente figlia d’arte (il padre era impresario teatrale) debutta a Milano con la compagnia di Alfredo De Sanctis, nella commedia di Shalom Asch, Dio della vendetta. 
Ha diciassette anni e questa sua prima recita coincide con il suo primo successo. Nella prima parte della sua carriera è attrice brillante.
Il lavoro «più famoso» di questo periodo è Alga marina di Carlo Veneziani, in cui lei appare nelle vesti di una sirena. Attraverso varie compagnie, arriva, nel 1935, a mettere in scena Come prima meglio di prima di Pirandello. In questo periodo è già direttrice di compagnia e attrice di successo. Di Pirandello rappresenterà anche Vestire gli ignudi e La vita che ti diedi.
Pur rimanendo sempre fondamentalmente attrice di teatro, Paola Borboni recita anche per il cinema. Vivere del 1936, Nina non far la stupida del 1937 fino a Giorno di nozze del 1942.
Nel 1967 le viene assegnato il Premio dell’Istituto del Dramma Italiano, in occasione dei cinquant’anni di attività teatrale al Sant’Erasmo di Milano, con la commedia Farfalla, farfalla di Aldo Nicolai.
Subito dopo si impegna a Torino con La casa di Bernarda Alba di Garcia Lorca.
Nel luglio 1968 il primo momento critico della sua carriera: durante un recital al teatro Mentana di Verona (in questa occasione le viene offerto il Premio Renato Simoni) l’attrice ha un vuoto di memoria.
Lo spettacolo viene sospeso.
Nel settembre dello stesso anno dichiara che presto tornerà alle scene. L’incidente era dovuto soltanto ad affaticamento.
Nella primavera del 1970 interpreta, al teatro Valle di Roma, La professione della Signora Warren di G. B. Shaw.
Riscuote un notevole successo nel 1972 a Milano, in un recital con brani di diversi autori contemporanei Luna lunatica. 
E’ dello stesso anno il suo matrimonio con l’attore e poeta Bruno Vilar.
Nel 1974 prende parte per la prima volta ad una rappresentazione «aera.
E’ l’Addolorata in uno spettacolo che si tiene nell’ambito delle manifestazioni del «Settembre Artistico» a Caserta Vecchia.
Nel 1976 prende parte alla lavorazione del film Nerone di Pingitore e Castellacci.
Novembre 1976: Paola Borboni esordisce nel cabaret, a Milano; con lei recita anche il marito.
Un anno dopo mette in scena, come regista teatrale, la Lina Cavalieri Story, con Michael Aspinall. Con lo stesso lavoro inaugura a Roma il teatro Parnaso, agli inizi del 1978.
Dopo un periodo difficile, seguito all’incidente automobilistico in cui ha trovato la morte il marito, è tornata in teatro nel gennaio di quest’anno con «Harold e Maude», in cui interpreta la parte della deliziosa Maude che a ottant’anni insegna la vita a Harold.
Fonte: Archivio Effe Mensile Femminista Autogestito
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TEDDY - Jason Rekulak
Trama:
Teddy è un dolce bambino di cinque anni, intelligente e curioso, che ama disegnare qualsiasi cosa: gli alberi, gli animali, i genitori e, occasionalmente, anche la sua amica immaginaria, Anya, che dorme sotto il suo letto e gioca con lui quando è da solo. Ma ora a occuparsi di lui per tutta l’estate c’è Mallory, la nuova babysitter. I due si sono piaciuti fin dal primo incontro, tanto che il signor Maxwell non ha potuto opporsi all’assunzione della ragazza, che nonostante la giovane età ha dei difficili trascorsi con la droga. All’apparenza tutto è perfetto: i Maxwell sono gentili e comprensivi, la loro casa sembra uscita direttamente dalla copertina di una rivista e le giornate sono scandite da una routine serena, che comprende giochi, pisolini e bagni in piscina. Fino a quando i disegni di Teddy cominciano a cambiare, diventano sempre più strani, cupi, quasi macabri e rivelano un tratto decisamente troppo complesso per un bambino di quell’età. Che cosa sta succedendo? Per Teddy è colpa di Anya, è lei a dirgli cosa rappresentare e a guidare la sua mano. Qualcosa non va e, anche se può sembrare una follia, solo Mallory può scoprire la verità prima che sia troppo tardi. Un thriller che sconfina nel paranormale e che, grazie alla forza espressiva delle illustrazioni, vi sorprenderà, pagina dopo pagina, in un inquietante crescendo, fino all’imprevedibile colpo di scena finale.
La mia opinione:
Premetto di non avere le competenze adatte per recensire un libro.
Ho letto diversi thriller ed è un genere che ultimamente mi sta appassionando sempre di più, quindi appena ho letto la trama di questo libro sono corsa in libreria a comprarlo.
Mi è piaciuto molto, la scrittura è molto scorrevole e ha toccato temi molto importanti e attuali (dipendenza e razzismo ad esempio). Devo dire, però, che alcune parti le ho trovate trattate in modo frettoloso.
⭐⭐⭐ e mezzo/5
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uominiedonneblog · 2 years
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La dottoressa Diabetologa Serena Missori spiega come combattere la fame nervosa
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Non sempre mangiamo per soddisfare il nostro appetito. Spesso capita di utilizzare il cibo per dimenticare lo stress, la tristezza o anche solo la noia, cedendo a quella che viene definitiva fame nervosa o emotiva. un disturbo già molto diffuso che è andato ad aumentare ulteriormente dall'inizio del periodo di emergenza Covid in tutte le fasce d'età . A differenza della fame fisica, quella nervosa arriva improvvisamente magari dopo una sensazione emotiva forte, richiedendo una soddisfazione immediata, spesso di alimenti molto calorici "Non è un caso . La fame nervosa è veramente una brutta nemica"
Afferma la dottoressa Serena Missori endocrinologa e diabetologa
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" Ma se impariamo a conoscere i meccanismo che la innescano la possiamo sconfiggere definitivamente" Ci sono una serie di caratteristiche che possono aiutarci a riconoscere di che tipo di fame si tratta. Quella legittima o giustificata è quella motivata da un dispendio energetico importante, se non ci si è nutriti a sufficienza nei momenti giusti della giornata " Per esempio se rispetto alle vostre abituali attività e alimentazione, avete fatto attività fisica o mentale extra routine" Continua l'esperta oggi anche autrice del volume il reset mondiale, dal ciclo della menopausa senza stress. C'è poi una fame illegittima o ingiustificata rispetto all'introito calorico o nutrizionale. "Se ci si nutre correttamente, ma si ha la fame all'improvviso e frequentazione nella stessa giornata, la causa può essere la noia, la frustrazione , l'ansia nelle donne anche la sindrome premestruale, la menopausa , alterazione ormonali cicliche continuative eccetera" Quest'Ultimo tipo di fame non si risolve mangiando, perchè il cibo gratifica solo per pochissimo tempo. Come rimediare? "Occorre prima di tutto verificare se si stanno commettendo errori nella distribuzione di nutrienti e iniziare a seguire una dieta specifica. Dopo 2 settimane, se la fame nervosa non si è ridotta, sarà necessario fare degli esami specifici" dice l'esperta. A ogni modo le diete proibitive drastiche o il rifiuto di determinati alimenti non sono mai una soluzione "Mai privarsi di carboidrati, da consumare nei momenti corretti della giornate e nelle giuste quantità in base alle necessità" Da evitare invece tutti i prodotti definiti light, se ne mangiamo di piu' e non sono sazianti . Se proprio si vuole placare la fame esistono piuttosto dei rimedi naturali, come la cannella che favorisce la stabilità glicemica, evitando di entrare nel vortice senza fine della voglia di zucchero, aggiungerla a tisane, fritta e qualsiasi alimento che si preferisce può essere un primo passo per ridurre gli attacchi di fame. Concedersi ogni tanto uno sfizio non deve essere vissuto con sensi di colpa, soprattutto se si scelgono dei confort food in maniera intelligente. Cosa non Mangiare per evitare la fame nervosa "Non solo mangiare un pò di cioccolata fondente a fine d pasto a pranzo ci aiuta a tiraci su di morale, ma aggiungere uno smack pomeridiano aiuta a lavorare il senso di appagamento e sazietà" Continua la dottoressa Missori. Se poi si decide di fare sport al posto della frutta meglio prediligere cereali o pane, che danno energia immediatamente utile all'attività fisica che andremo a svolgere. E poi non dimentichiamo l'aspetto emotivo,: la consapevolezza è fondamentale per capire meglio come si vince la fame nervosa. Quando tornate a casa dal lavoro e vi si apre una voragine oppure se siete già a casa, ma dal pomeriggio e vi sentite inquieti , cercate di capire se la fame non nasconde invece una voglia di colmare dei vuoti. Invece di riempire lo stomaco provate a sconfiggere la noia, la tristezza o l'ansia anche solo distraendovi con una passeggiata o qualche attività che vi rende felici. All'inizio non sarà facile, ma esistono anche dei nutraceutici per contrastare e gestire lo stress favorendo la calma. Intervista tratta dalla Rivista VERO Vi consigliamo i seguenti cibi Risotto con le Erbe Polenta e Tocio Read the full article
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a-tarassia · 3 years
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Il vecchio mondo sta morendo, quello nuovo tarda a comparire (semi cit.)
Workers Don’t Want Their Old Jobs on the Old Terms - “labor shortages” is a good thing, not a problem. The pandemic may have given many Americans a chance to figure out what really matters to them — and the money they were being paid for unpleasant jobs, some now realize, just wasn’t enough
Stamattina mi sono imbattuta in una discussione sulla situazione lavorativa attuale, ovvero la mancanza di incontro tra la curva di domanda e quella dell’offerta di cui tanto si è lamentato soprattutto alla ripartenza estiva, non ci sono lavoratori è colpa del reddito di cittadinanza. Niente di più falso se si considera la percentuale di cittadini (nuclei familiari) che si affida al rdc, basterebbe solo cercare i dati e scoprire che di certo qualcuno a cui serve lavorare è rimasto, ma. È tutto più complicato di così, quindi mettiamo da parte i titoli clickbait del new journalism e approfondiamo il malessere, questa nuova forma di presa di coscienza della classe lavorativa del tipo “preferisco la povertà alla schiavitù”. Come sempre, visto anche l’inciso di cui sopra, tratto da un articolo pubblicato sul New York Times e scritto dall’economista Paul Krugman, dicevo, come sempre accade negli ultimi secoli, le prime avvisaglie di discrepanza culturale tra passato e presente (futuro) partono dagli Stati Uniti, possiamo stare qui ore, giorni, mesi, anni, a discutere sulla caratteristica dicotomica dell’America, ma quello che ne trarremmo sarebbe la solita vecchia cantilena: è troppo diversa, stratificata e grande per poterla rinchiudere in una categorizzazione, quindi deal with it. Negli USA, posto in cui non hanno mai dato uno stipendio effettivo ai camerieri,  la questione lavoro è tematica dominante di cui ormai si discute senza se e senza ma.
Da qualche mese anche in Italia siamo arrivati al punto in cui si grida alla mancanza di manodopera, ma come gli ultimi dati ufficiali hanno dimostrato ciò non è propriamente vero, anzi, secondo i dati dell’Inps in Italia da gennaio 2021 ci sono state 617mila assunzioni in più rispetto allo stesso periodo del 2020. Però come ben sappiamo le statistiche sono effimere e cangianti, come delle olografie, cambiano in base al punto da cui le guardi e al risultato che vuoi ottenere, quindi giri la luce cambi angolazione un po’ e ti dicono quello che vuoi sentirti dire. Dove sta quindi la verità? Sempre dalla parte dei lavoratori, non ci si sbaglia.
Non dico che stiamo sopravvivendo su condizioni lavorative discusse e concordate nel 1930, ma quasi, di sicuro dal 1980 quasi nulla è cambiato a momenti nemmeno gli stipendi. You remember Scala Mobile? Innanzitutto io stessa che ho un CCNL e quindi dovrei essere tra le più tutelate mi  ritroverò un aumento indiscriminato dei prezzi e costo della vita sicuramente dal 2022, causati dalla Cina (vista soprattutto la situazione complessa di approvvigionamento, scarsità di materie prime e ritardi improponibili nelle spedizioni), sapete se non diversifichi le sedi di produzione internazionali, oggi tantissime in Asia, e ti fai mandare tutto dalla Cina, se la Cina aumenta il prezzo dei container, finchè non corri ai ripari (come?) possiamo discuterne in un altro luogo di questo), l’aumento te lo ciucci tutto e chi lo paga? Bravissimi. E secondo voi gli stipendi saranno adeguati? Bravissimi. Oltre che gli stipendi erano già inadeguati prima, figuriamoci tra un po’, vogliamo parlare di quanto invece sono aumentati gli stipendi dei CEO? Parliamone ancora dati alla mano:
41 million people lost their jobs in 2020 as the pandemic ravaged the U.S. economy, the most layoffs in at least two decades. But CEOs had a pretty good year. A great one, in fact, earning 351 times on average as much as the typical worker in their industry (qui)
Poco, solo 351 volte di più.
The weekend was won with no reduction in pay for workers and there was a gradual reduction in hours since then until about the 1980s. But since the 1980s working hours have not reduced at all, despite greater automation and new technology. We're overdue a reduction in working hours. (qui)
Toccando il punto, invece, delle ore lavorative (un articolo al link sopra), che nel migliore dei casi restano otto per cinque giorni a settimana, è chiaro che la regolamentazione rimasta invariata da oltre trent’anni deve essere rivista. Non solo servono meno ore per fare le stesse cose, ma si dovrebbe rivedere radicalmente i contratti così come sono stati concepiti dai sindacati quasi un secolo fa, lavorare part time, lavorare meno lavorare tutti, turnazioni, dare spazio alla digitalizzazione che straripa dall’armadio come farebbero tutte quelle tshirt nuove che hai comprato, mentre ti ostini ad utilizzare quella vecchia coi buchi perché sei affezionato e non ti va di cambiare che hai paura del nuovo. Digitalizzazione che porterebbe finalmente in campo molti giovani che sono specializzati nel settore ed eviterebbe perdite di tempo inutili e dannose per ogni individuo e spreco ingente di carta che io renderei legalmente perseguibile. È chiaro ed evidente che ridurre le ore lavorative e rimettere in mano agli individui il proprio tempo li rende persone più felici, you don’t say? La produzione resta invariata se non moltiplicata e hanno più tempo per spendere i soldi che portano a casa, per dirla in termini capitalistici:
Aumenti gli stipendi, aumenti il tempo libero, aumenti i guadagni, it’s not a difficult concept.
Riduzione di ore e regolamentazione del lavoro da remoto, che ad oggi esiste in varie forme in base a cosa fa più comodo all’azienda, ho sentito anche il concetto di mobile working, che tradotto è un altro modo per metterla nel culo al lavoratore. in Italia le aziende stanno ancora aspettando una risposta dallo Stato in termini di legislatura del lavoro agile, voi avete visto qualcosa? Io no e lavoro in un’azienda a cui piacerebbe, almeno in questo caso, fare un passo avanti. Il mondo della ristorazione, della logistica, dei servizi essenziali, necessita di controlli, strutturazione e tutele per i dipendenti, dovrebbe senza ombra di dubbio essere preso d’assalto dalla convenzione di ginevra, perché sfido io che un ragazzo nato negli anni ’90 oggi potrebbe prendere la decisione di chiudersi in catene per due spicci salvo che non sia davvero disperato o completamente pazzo. Qualcuno ha visto Sorry we missed you, di Ken Loach? È un consiglio. Poi dopo ci continueremo a lamentare che Amazon ci porta la presa schuko con un giorno di ritardo, ma almeno ci sentiremo in colpa. Dici non vogliono lavorare, ma meno male e grazie, salvate anche noi per favore ragazzi!
Dopo quasi due anni trascorsi chiusi in casa a fare a meno di tutto, forse finalmente qualcuno ha capito che magari si può fare a meno anche di lavorare a certe condizioni? Forse qualcuno ha capito che nella vita voleva fare altro, anche intrecciare cestini e venderli ai vicini o riprendersi mentre in doccia si lava il culo usando la spugna coi piedi e postarlo su onlyfans? Non trovo manodopera per il mio ristorante costruito abusivamente sulla spiaggia vista gabbiani e per cui pago 5€ all’anno al demanio, chiedo solo dieci ore al giorno sette giorni a settimana più straordinari nelle due centrali di agosto e pago profumatamente seicento euro al mese magari dovrebbe essere sostituito con assumo regolarmente con tutte le tutele del caso, malattie, ferie, stipendio adeguato e orario secondo contratto nazionale e partire da lì innanzitutto senza discriminazione di razza o sesso? Se avessimo regolamentato tutti gli stranieri che chiedono documenti legali dalla notte dei tempi forse anche il problema di “ci rubano il lavoro” sarebbe risolto con “meno male che da voi state alla canna del gas così almeno ho chi mi serve ai tavoli”, ma siamo un popolo di razzisti, questa sarebbe semplice utopia. È un discorso classista? Lo chiamerei più realista, sarebbe anche funzionale se si facesse di necessità virtù, ma anche le necessità in questo caso sono da prendere con le pinze. Sarebbe in ogni caso un improvement per tutti, ma troppo intelligente. È lampante come per determinate tipologie di lavoro necessitiamo di manodopera estera, non facciamo discorsi da finti buonisti, per quanto ci sia ancora l’italiano che fa il pizzaiolo, quella che fa la badante, l’oss, quello che impasta il cemento o guida la ruspa o raccoglie arance e pomodori è ovvio che saranno lavori per cui dovremmo sempre di più affidarci a chi arriva da fuori, questo per vari motivi che spero di non dovervi spiegare e quindi è anche arrivata l’ora che si smetta di fare finta che non sia così e mettere una mano anche sulla questione immigrazione in senso umano, civile, legale e burocratico. Again, più lavorano, più guadagnano, più tempo hanno, più spendono. Certo, la sostituzione razziale.
Anche il lavoro è un bene, un prodotto per cui c’è domanda e offerta e per cui deve esistere differenziazione, se si vuole occupare più gente possibile bisogna che ci siano più posti di lavoro possibili e non solo in termini quantitativi, ma anche e soprattutto qualitativi, le specializzazioni sono cambiate, le attitudini sono cambiate, le generazioni si evolvono e anche la realtà si sta chiaramente sdoppiando perché viviamo parallelamente nel mondo fisico e in quello virtuale e in entrambe serve la struttura digitale.
Siamo indietro, indietrissimo, in retromarcia.
Se l’istruzione fosse in linea coi tempi e pure preparasse professionalità adatte a gestire il mondo digitale il mercato del lavoro non sarebbe al passo, la stragrande maggioranza delle aziende ancora fa fatica ad abbandonare gli archivi fisici per essere banali, moltissime non hanno nemmeno ancora previsto lontanamente l’e-commerce nemmeno all’interno del gruppo stesso, digitalizzazione degli acquisti.
Stampiamo le fatture per portarle da un ufficio ad un altro, come possiamo pretendere di capire che serve un ufficio che gestisca i dati del sito quando il sito è ancora in manutenzione dal 2001 e sulla pagina facebook non c’è manco la foto sulla cover?
Le ragazzine vogliono fare le influencer, le youtuber, aprirsi un canale su twitch per far vedere le tette dipinte da unicorno rosa e noi invece di insegnare loro come gestire il mondo virtuale, fare dei corsi a scuola su diritti e doveri nell’era digitale e strutturare un pensiero anche per un domani lavorativo, che magari capiscono che esistono altri lavori nel campo anche più divertenti e remunerativi le incalziamo perché non vogliono fare le cassiere e poi le riempiamo di nozioni sul femminismo e il bodyshaming.
I ragazzi di oggi non studiano, beh convincimi che hanno torto.
Se la regolamentazione del mercato del lavoro si adeguasse e rivedesse la struttura dell'offerta per renderla attuale, in linea con le nuove necessità,  generazioni e in linea con le contingenze del momento, evidentemente diverse da anche solo cinque anni fa, allora potremmo parlare di un confronto tra domanda e offerta e dissertare sui numeri.
Se invece si continua a proporre situazioni lavorative tali e quali al 1950, senza considerare necessità ambientali, parità di genere, riduzione di orario di lavoro, smartworking, turnazioni, diversificazione dei compiti per le nuove specializzazioni soprattutto digitali, attitudini delle nuove generazioni e etica, soprattutto etica lavorativa, allora ogni discorso è aria fritta.
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mealbowl66 · 3 years
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Gli effetti dannosi degli smartphone e delle app mobili
I telefoni cellulari e gli smartphone sono ovunque in questi giorni. Anche i giovani oggi con i loro account Myspace e Facebook sono noti per essere esperti di tecnologia. In effetti, non sarebbe sbagliato dire che queste nuove generazioni sono la prima generazione per essere completamente esperti tecnologicamente. Questo è il motivo per cui non è un grosso problema se vuoi comprare un telefono cellulare. Tuttavia, prima di uscire e comprarne uno, dovresti imparare come distinguere quale è il telefono giusto per te. È più importante per te comprare uno smartphone o un telefono cellulare? Potresti aver sentito che l'uso dello smartphone è l'ultima tendenza in questi giorni. Questo è in parte vero. In effetti, l'uso di smartphone è probabilmente il mezzo di comunicazione più popolare in questi giorni. È vero che l'uso dello smartphone è abbastanza popolare tra i giovani. Ma sei sicuro che ti piacerà l'uso degli smartphone? Ti piacerà abbastanza per trascorrere i tuoi soldi guadagni per uno smartphone o un cellulare? È un dato di fatto che la tecnologia dello smartphone ha preso il mondo per tempesta. Di conseguenza, la concorrenza è molto alta tra i produttori di questi telefoni caratteriali. Alcuni dei marchi ben noti sono Nokia, Samsung e Sony Ericsson. Bene, questi tavoli telefoni non sono così male rispetto ai fendi figurano alcuni anni fa. In effetti, è vero che i prezzi di questi smartphone sono davvero economici in questi giorni. Quindi se hai un budget limitato, allora non c'è bisogno di preoccuparsi. Puoi ancora ottenere un telefono cellulare fresco e nifty con un prezzo estremamente conveniente. Se ti stai chiedendo quale dovrebbe essere il miglior telefono cellulare per te, allora la tua prima tappa è senza dubbio Internet. In effetti, Internet è il posto migliore per cercare informazioni sugli ultimi telefoni cellulari e i loro prezzi. Ci sono centinaia di negozi di telefoni cellulari online in questi giorni vendendo vari tipi di smartphone. Ciò significa che non devi saltare da un sito Web a un altro solo per scoprire qual è il miglior telefono cellulare per te. Un altro vantaggio dello shopping per telefoni cellulari e smartphone online è che puoi facilmente confrontare le funzionalità, i prezzi, nonché altre specifiche di vari smartphone. Tutto quello che devi fare è sederti davanti al computer e controllare i vari siti che vendono questi gadget. In questo modo, puoi ottenere il miglior affare e salvare un po 'di soldi. Puoi anche passare attraverso le riviste di telefonia mobile, che sono pubblicate a intervalli regolari. Se ti iscrivi alla rivista, puoi ottenere le informazioni su nuovi telefoni cellulari e i loro accessori entro pochissimo tempo. Ci sono molte aziende che producono telefoni e offrono loro a prezzi competitivi. Alcune di queste aziende includono Nokia, Samsung, Motorola, Sony Ericsson, Blackberry e Apple. Uno degli ultimi concetti nel consumo mobile è lo shopping virtuale. Questo concetto ha acquisito un'immensa popolarità tra tutte le persone in tutto il mondo. Fondamentalmente, questo è il concetto di shopping online utilizzando una carta di credito virtuale. La cosa migliore di un tale shopping è che ti consente di effettuare acquisti senza dover fare un singolo centesimo dalla tasca. In questo modo, puoi facilmente godere dello shopping illimitato sul tuo prossimo abbonamento mobile.
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https://letterboxd.com/jackigreen35/ Se vuoi stare lontano da gravi disturbi mentali come l'ansia e la depressione, allora dovresti usare il tuo smartphone intelligente. Ci sono vari siti Web sul World Wide Web, che forniscono molte informazioni su diversi gadget e accessori. L'iPhone è uno dei migliori gadget che può aiutarti a stare lontano da gravi disturbi mentali. L'iPhone è un dispositivo straordinario che non solo può aiutarti a stare lontano da gravi disturbi mentali, ma ti consente anche di navigare facilmente su Internet. Questo è il motivo per cui l'iPhone viene utilizzato da migliaia di persone in tutto il mondo da tenere lontano da gravi disturbi mentali. Anche i pazienti bipolari dovrebbero essere attenti ai loro smartphone e agli smartphone. Secondo diversi studi, i pazienti bipolari si trovano ad avere livelli di stress più elevati a causa dell'uso del telefono pesante. Questo è il motivo per cui i pazienti bipolari stanno trovando difficile far fronte alla loro vita. Trovano difficile concentrarsi e mantenere il loro lavoro e le loro vite personali separate. Pertanto, è necessario provare a mantenere il tuo utilizzo dello smartphone sotto controllo. Se ritieni veramente di essere influenzato dal disturbo bipolare a causa dell'uso eccessivo del tuo smartphone, è necessario contattare gli specialisti delle cliniche della salute mentale più vicine. La maggior parte delle persone prende per scontato i propri smartphone. Ciò significa che non capiscono gli effetti negativi che stanno causando se stessi. Se vuoi veramente mantenere la tua salute in tatto, allora dovresti cercare di capire gli effetti dannosi dei tuoi smartphone e app mobili. Se consulti uno specialista in qualsiasi clinica di salute mentale, ti darà sicuramente tutti i consigli necessari su smartphone e app mobili. Questi professionisti ti insegnerà come mantenere il tuo utilizzo dello smartphone sotto controllo in modo da poter guidare una vita sana.
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falcemartello · 4 years
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Lettere da un paese chiuso 28
Quando muore Babbo Natale. Eravamo felici, e non lo sapevamo.
Queste lettere hanno un mese, il 21 febbraio ci fu il primo caso di contagio rilevato, a Codogno. Sembra passata una vita, e sono passate invece tante morti. Bergamo ha preso il posto di Codogno, perfino il primo morto a Cuba era un bergamasco: due coppie di anziani in vacanza a basso costo, le due donne contagiate, l’altro uomo no. Nelle ultime 24 ore ci sono stati, a Bergamo, 509 contagi (a Milano di più, 526, ma non c’è proporzione tra le due città). I malati restano in barella anche 48 ore, in attesa del ricovero. Ormai si muore spesso in casa, le ambulanze faticano a tener dietro alle chiamate, i parenti sanno che i più fragili non avranno accesso alle terapie intensive, e si rassegnano a tenerli a casa: morire, ma non da soli. Non è che manchi la solidarietà: Ci sono almeno dieci ambulanze guidate da autisti delle altre provincie. Vi ricordate Amatrice ? Hanno mandato cento camici chirurgici. Vi ricordate l’ Irpinia del terremoto ? Stanno facendo una sottoscrizione. Ma un’altra colonna di camion militari è pronta. Muore il custode dell’orologio planetario di Clusone, muore il presepista di Ponte San Pietro, muore il dottore degli oleandri di Pumenego, muore Siro, il Babbo Natale di Torre dei Roveri, muoiono preti e suore, muore l’ex carabiniere che aveva fondato la onlus “Caduti di Nassirjia” e il carabiniere in servizio, muore la cassiera del supermercato: muoiono le piccole storie delle piccole comunità. Mi sono chiesto perché non mettiamo una scritta sui balconi, o un distintivo da Facebook con sopra scritto “Io sono bergamasco”. L’abbiamo fatto tante volte: mettere i colori francesi sui nostri profili per dire che eravamo con loro, dopo quella raffica di attentati a Parigi, “ Je suis Charlie” per dire che eravamo con quella redazione colpita. Adesso diciamo che stiamo con i medici e gli infermieri, ci mancherebbe altro. Ma nessuno dice “io sono bergamasco”. Il fatto è che nessuno di noi vive a Parigi, nessuno fa satira sul fondamentalismo islamico: e invece tutti potremmo essere una seconda Bergamo, e Brescia teme di diventarlo. E allora non ci arrischiamo a dire “Io sono bergamasco”: anche la solidarietà impone le distanze, qualche volta. Ci sono molti angoli d’Italia che per causa di focolai trascurati e misure di sicurezza non rispettate, rischiano di diventare come Bergamo: il record di contagi milanesi negli ultimi giorni è figlio di un maledetto week end di inizio mese, sole e parchi. E questo, con un po’ di scaramanzia, frena le chiacchiere e i distintivi. Un modo di dire la nostra solidarietà c'è: fare in modo che le nostre città e i nostri paesi tengano a bada il contagio, mantengano posti liberi nelle terapie intensive, si prendano cura dei bergamaschi vivi e dei bergamaschi disposti sui camion, come i bergamaschi si sono sempre presi cura degli altri. Ho pensato perchè in certi momenti , adesso, mi sento bergamasco. Intanto perché è difficile non voler bene a un popolo che stringe i denti per non piangere, o piange e stringe i denti.
E poi per me è una terra di alpini. Sono stato una volta in un cinema di Bergamo bassa, sul viale che sale dalla stazione, invitato dagli alpini a parlare di qualcosa, forse della vicenda dei marò. Io non ho fatto l’alpino: mi hanno spedito, artigliere, in punizione in Sicilia, dall’altro capo di Italia: mai punizione fu così felice, perchè ho scoperto e imparato ad amare la Sicilia. Ma vengo da una terra di alpini, li conosco, e ho prestato il mio nome quale direttore di una rivista di sezione dell’Ana in Friuli, “Alpin jo mame”, che non ha bisogno di traduzioni. Io non vi chiedo di ricordare quello che hanno fatto in Bosnia o in Mozambico, o in Afghanistan, no. Li abbiamo visti in Abruzzo, no ? Li vediamo quando c’è da fermare il traffico per una gara podistica, o regalare il loro lavoro, il loro tempo per qualunque cosa serva, fosse pure solo donare il sangue ? Li abbiamo applauditi quando sfilavano a Milano, pochi mesi fa ? Certo, non sappiamo che a Sefro, una frazione marchigiana sulla strada che da Assisi conduce a Loreto, c’è un edificio polifunzionale in legno appena finito, e finirlo sono stati gli alpini bergamaschi. Il solo gruppo ANA di Nembro ha avuto undici vittime. Andati avanti, nel linguaggio degli alpini. Gli altri, adesso, sono alla Fiera, a mettere in piedi un ospedale da campo.
Non solo loro, quanto a solidarietà: ho incontrato più missionari e volontari bergamaschi, negli angoli sfortunati del mondo, che di qualunque altra città italiana. Per anni sono stato tallonato affettuosamente da una persona speciale, Giangi Milesi, presidente del Cesvi. Sapeva del mio rapporto difficile con le ong, e lo scavalcava con affetto ed entusiasmo. Andavo una volta l’anno in un teatro di Bergamo, dove Cristina Parodi conduceva una serata per raccogliere fondi per la solidarietà ai quattro angoli del mondo, in stile bergamasco: poca ideologia, maniche tirate su, molti fatti. Adesso Giangi ha il Parkinson, e lo affronta con coraggio. I suoi sono in missione sotto casa, ad aiutare gli anziani soli e l’ospedale Giovanni XXIII.
Come tanti, posso dire di conoscere più l’aeroporto di Bergamo, che la città. Ci sono tornato l’ultima volta due o tre anni fa, in Città Alta, per parlare a un evento dedicato ai viaggi, Ulisse Fest. Provo, adesso, a ricordare i bergamaschi che mi ricordo di aver conosciuto. Il primo è il mio caporedattore quando stavo a “Epoca”, Gualtiero Tramballi. Un capo duro e gentile, intelligente e severo, che ti aiutava a crescere. Mi ricordo quella volta che andai, per non ricordo più quale storia, a Bergamo. Mi passò il pezzo con un’attenzione doppia. Mi ricordo Gigi Riva, allora inviato de Il Giorno nei Balcani, e poi a L’Espresso, un bergamasco innamorato dei Balcani. L’altro giorno, dopo che avevo scritto in queste note di Sarajevo, ho parlato al telefono con Bogdan Tanjevic, l’uomo del basket. Abbiamo parlato di Sarajevo, e di Trieste dove vive, e alla fine mi ha detto : “Salutami Gigi Riva”. Diciamo che ho molti conflitti d’interesse, anche quello egoista di pensare che se diciamo “io sono bergamasco” vorrà dire che non lo siamo diventati, che abbiamo smorzato l’onda del contagio. Gualtiero Tramballi, il caporedattore di cui vi ho detto, aveva scritto, nel 1976, un libro sul terremoto del Friuli. Forse mi aveva preso a benvolere per questa ragione. Certe volte mi chiedo ancora cosa mi correggerebbe, se scrivessi che un mese fa eravamo felici e non lo sapevamo. Oppure siamo stati felici senza saperlo, fino a poco più di un mese fa. Accetterei ancora adesso quelle sue correzioni, da bergamasco ruvido e buono.
Il decreto CuraItalia ha molte cose che non vanno, ma bisogna essere uniti. Mi limito a segnalarne umilmente una: là dove si definiscono obbligatorie le mascherine chirurgiche per i medici e il personale sanitario. Non è così: le mascherine chirurgiche possono bastare per i malati, non per chi li cura. E del resto mancano anche quelle. E’ un’idea borbonica cavarsela imponendo qualcosa per legge, e così lavandosene le mani, io ho la coscienza pulita. In Francia, dove pure seguono il modello italiano, il governo ha sequestrato tutte le mascherine, e le ha distribuite al personale medico. Quelle in più nelle farmacie, distribuite con ricetta medica innanzitutto a immunodepressi e anziani. Ieri in televisione, parlando di scarse protezioni, mi sono tornati in mente gli alpini, e mi è venuto da dire che abbiamo trattato i medici e gli infermieri come gli alpini in Russia: scarponi di cartone, e via con l’eroismo.
Toni Capuozzo
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spettriedemoni · 4 years
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Cristina
Era magrissima Cristina e questo suo fisico magro la faceva apparire anche più alta. Aveva un modo di muoversi elegante, direi quasi ricercato.
Appariva un po’ freddina. Quando ci conoscemmo meglio disse che la ritengono tutti un po’ “algida” all’inizio e dopo averla conosciuta meglio, quando glielo fanno notare, risponde immancabilmente che è “Un po’ più Motta che Algida” denotando una grande ironia e auto ironia. Cristina era così: una ragazza un po’ fredda ma solo all’apparenza.
Se ci penso anche nel nostro primo incontro apparve come una persona fredda e perfino antipatica. Dovevamo leggere dei racconti scritti da dilettanti per un concorso letterario e li avremmo letti durante una serata di degustazione di vini. Cristina era la presentatrice dell’evento in quanto responsabile comunicazione di una associazione di donne viticoltrici, io uno dei lettori data la mia esperienza come studente di un laboratorio teatrale. 
Arrivò con piglio sicuro, noi eravamo già lì da forse mezz’ora. Chiese i nostri nomi e i titoli dei racconti che avremmo letto. Si scrisse una scaletta e poi iniziò la serata. A uno di noi in particolare apparve veramente antipatica. Al solito io preferii sospendere il giudizio perché non credo alle “prime impressioni” e spesso l’esperienza mi ha insegnato che le persone hanno molte sfaccettature. 
La seconda serata di quell’evento Cristina era di nuovo lì, ci scambiammo le solite info sugli autori e sui racconti e ricominciammo come la precedente. Stavolta però prima di iniziare ero riuscito a scambiare due parole con lei e non so come il discorso era finito sugli e-books e i lettori portatili dei libri in formato elettronico. Lei preferiva ancora il cartaceo disse che in fondo un libro cartaceo non ti lascia a piedi perché la batteria è scarica, per esempio.
Convenni con lei perché anche io amo il profumo dei libri, la colla e la carta. Forse anche l’avere fisicamente fra le mani un libro mi da più piacere dell’avere un lettore per il formato elettronico.
Pensai non l’avrei rivista più se non magari sporadicamente in giro. Invece accadde che scrissi un commento a un’amicizia comune su Facebook e mi ritrovai la sua richiesta di amicizia. Non ricordo neppure quale fosse il commento che avevo lasciato, ma lei lo trovò interessante o intelligente e con un po’ di fatica aveva ricollegato dove mi aveva conosciuto decidendo così di chiedermi l’amicizia. Così parlammo un po’ via chat, ci scambiammo altre opinioni su vari argomenti. Scoprimmo molte affinità, molte cose che piacevano a entrambi e diversi autori che ci consigliammo.
Ci siamo visti in giro in vari eventi per via dei nostri lavori (lei giornalista e io grafico) e abbiamo così avuto modo di conoscerci meglio. Ho scoperto che crede abbastanza nell’astrologia, che è della bilancia e apprezza i nativi del mio segno, il capricorno, perché entrambi siamo segni “cardinali”. 
Poco tempo dopo ha realizzato il suo sogno di pubblicare una raccolta di racconti brevi ispirati a fatti di cronaca realmente avvenuti nelle nostre zone. 
Si tratta di racconti in cui il narratore è un defunto che racconta la sua storia. Andai alla presentazione del libro e ovviamente mi feci mettere una dedica.
Fra i tanti racconti ce ne fu uno che mi colpì più di altri. Mi venne in mente di farne un fumetto, tanto mi era piaciuto. 
Le chiesi il permesso di farlo, timoroso che magari potesse non piacerle l’idea o che fosse troppo gelosa della sua opera. Lei invece fu entusiasta sin dai primi schizzi che le feci vedere. Ero sempre a chiederle consigli su come vedeva questo o quel personaggio, a quali luoghi aveva pensato per determinate scene. Alla fine mi disse: «Fallo tuo. Fallo come lo hai immaginato tu. Per me questo racconto è un po’ come un figlio che ormai cammina da solo ed è cresciuto. È giusto che adesso sia tu a metterci del tuo».
Nel frattempo Cristina è passata dall’avere solo un’iguana in casa all’aver anche un figlio. Un figlio che ha qualche anno in più di Tigrotto, credo un anno in più. 
Mi ha chiesto di pubblicare sulla sua pagina di autrice una delle tavole che ho messo sul mio profilo Facebook. Ho ovviamente acconsentito perché la storia l’ha scritta lei. 
Ho ripreso a disegnare questa storia dopo l’intervento di linfoadenectomia che ho fatto a Milano. Poiché è un racconto che parla di un padre e di un figlio ho sentito ancor di più l’urgenza di finirlo proprio ora che sono padre. 
Mi ha detto Cristina che oggi, da genitore, da madre, non riuscirebbe a scriverlo: troppo dolore, mi ha detto.
Per me è invece forse un modo per esorcizzarlo quel dolore, in un cero senso. Un modo per ritrovare me stesso e dare un senso a certi fatti che mi sono capitati, posto che un senso questi fatti ce l’abbiano.
In fondo ci si può perdere ogni tanto. L’importante è ritrovarsi, come mi scrisse Cristina nella dedica al suo libro “Loro non mi vedono”.
Se ve lo state chiedendo e non lo avete ancora capito, il fumetto è quello di cui ogni tanto pubblico le tavole.
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