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[ Kaleb & Byron _ 27/02/2021 _ Medical Practice _ #Ravenfirerpg ] 
*  Era ritornato. Aveva un’altra delle sue sedute con quell’uomo che gli altri consideravano assai preparato nella sua materia, ma che Kaleb, dal canto suo, considerava soltanto uno stupido qualsiasi che non aveva compreso ancora nulla del suo paziente. Nonostante, infatti, l’uomo si fosse avvicinato a lui in veste di paziente, Kaleb non aveva mai percepito un vero e proprio interesse. Era qualcosa che era scattato, come si soleva dire,  ‘a pelle’ . A pelle... eppure quelle sensazione che Kaleb sentiva crescere dentro di lui scaturivano dalla sua psiche o forse dalla parte più recondita d’essa che non voleva essere scoperta. In ogni modo, il ragazzo non comprendeva perché avesse quelle reazioni nei suoi confronti e perché quella psiche che il suo cervello custodiva era così complessa da dover essere studiata. Non bastava un semplice psicologo? Sbuffò. La psiche umana era un mistero e in quel mistero Kaleb si era ritrovato anche ad essere protagonista di quella discesa pericolosa del proprio corpo e della propria mente, non solo: a partecipare a quell’autodistruzione vi era anche quell’uomo di cui il ragazzo non si fidava per nulla al mondo. D’altra parte, l’inimicizia non poteva che essere soltanto la conseguenza di qualcosa di più profondo eppure bastava poco per far sì che due persone provassero sentimenti negativi. A tal proposito, vi si doveva affermare che esistevano mille sentimenti negativi differenti e quello che quei due rappresentavano era soltanto uno dei tanti: era l’antipatia che regnava forse fra i due o vi era dell’altro? Non vi era ancora una risposta certa, tutto era ancora da valutare. 
La sedia a rotelle si fermò davanti alla porta. Un altro sbuffo animò il ragazzo e poi sentì il suo cuore sussurrargli di andare oltre. Era semplicemente il suo turno, il turno dell’inimicizia. * 
- Buongiorno, penso sia il mi- mio turno...
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 🌻💫     —     𝐍𝐄𝐖 𝐑𝐎𝐋𝐄       𝐠𝐞𝐫𝐭𝐞 𝐡𝐞𝐢𝐤𝐞,   𝐤𝐚𝐥𝐞𝐛   &   𝐚𝐥𝐞𝐱       ❪    ↷↷     mini role ❫       raven's           cafè        23.12.2020  —  #ravenfirerpg             traccia role #1 Lavorare anche durante la settimana di Natale non sembra entusiasmare la fate, eppure il suo lato stacanovista era ancora lì, pronta ad andare di strada in strada per raccogliere tutte le opinioni possibili. Era realmente interessata a che cosa pensassero tutti i cittadini di Ravenfire sull'operato del sindaco recentemente rieletto, ma soprattutto era curiosa di ciò che teneva viva la comunità di Ravenfire. Nonostante la di lei fantasia fosse giunta ad un punto morto, credeva che andare in giro a raccogliere interviste fosse un modo più che perfetto per farsi ispirare. Quali erano i loro timori, quali erano le migliorie che avrebbero voluto vedere in atto, e soprattutto l'opinione che avevano nel vedere le strade di Ravenfire piene di quegli stand che, a suo avviso, davano un senso di spensieratezza. Erano quelle le domande principali che voleva porre, ma giunta al Raven's Cafè, Gerte decise di prendere una piccola pausa. Un semplice caffè, un po' di calore di quel locale che attraeva sempre decine di clienti e sarebbe stata pronta a ripartire, ma la sua attenzione fu catturata dai due ragazzi in coda. Non conosceva i loro rispettivi nomi, eppure li aveva già visti, prima che lei stessa si accasciasse nella pista del resort appena un mese e mezzo prima. Aveva dato sfoggio delle sue ali, incapace di trattenersi, priva di alcun controllo eppure non aveva ancora parlato con Leah riguardo a quella faccenda. Un passo alla volta, ecco ciò che avrebbe fatto, ma prima era fondamentale avvicinarsi ai due giovani sconosciuti. Kaleb Mieczyslaw Walker * Non vi era una sola persona che non nutriva nei confronti di quella cittadina una serie di sentimenti contrastanti, eppure, immersi in quelle numerose domande che gli eventi devastanti suscitavano di volta in volta, gli abitanti di Ravenfire non facevano che nascondersi nel silenzio più profondo. Ci si chiedeva spesso al telegiornale, nei bar, nella stazione di polizia se prima o poi il silenzio avrebbe aiutato a rimettere al suo posto gli animi ormai scomposti dal male, ma la risposta sembrava ritardare sempre più, segnando inesorabilmente chi veniva attaccato e probabilmente anche chi attaccava. Quella era ormai una verità constatabile: i cassetti, o forse meglio gli scomparti dell'anima di ciascun abitante di quella città erano stati buttati all'aria, scompigliati, rovesciati totalmente, e al singolo non era rimasto che sorvegliare su se stesso in silenzio o annegare nella pura follia delle domande che avrebbero potuto ferire più della verità. Kaleb Walker era uno di quelli che, nonostante i problemi che doveva vivere ogni giorno e i disagi causati dalla sua 'mitica' sedia a rotelle, nuotava nel mare infinito delle domande che riguardavano quella città e a cui non sapeva darsi una vera e propria risposta. Non riusciva a darsele neppure in quel momento in cui, immobile come al solito sulla sua carrozzella, era in fila per fare lo scontrino. Si trovava nel Raven's Café che era un po' come dire che si trovava a casa: adorava quel posto, amava persino il profumo che quel locale aveva, perché era diverso da tutti i locali di Ravenfire, sapeva di famiglia, di chiacchiere, di cioccolato caldo, di.... conoscenza. Ebbene sì, il ragazzo dagli occhi intensamente color nocciola non sapeva che da lì a qualche passo vi sarebbero state delle nuove persone con cui avrebbe condiviso... chissà! * Alex Maxwell Era stato il tedio, quel fardello incomprensibile composto da tanti se e altrettanti ma, a indurlo a uscire dal suo piccolo ma caloroso appartamento. Nonostante le lamentele della signora Graham circa il terreno scivoloso a causa della neve, pericoloso per chiunque, anche per uno come lui – lei intendeva sempre dire strano, non umano – che in assenza di personale, diceva, la coltre bianca non si spalava mica da sola! Nonostante questo rimbrotto continuo e la cicatrice sul polpaccio che si era un po’ arrossata a causa delle basse temperature, Alex si era armato di sciarpa, copricapo di tipo ušanka e cappotto, e si era diretto nel centro mondano della cittadina in cerca di svago e di un calore diverso – certamente non quello che si respirava nel suo b&b. Ma forse più che il tedio a spronarlo era stata la consapevolezza che, anche se si fosse distorto una caviglia o slogato una spalla scivolando sulla ghiaia o sulla neve, come lo aveva avvertito la carinissima signora Graham, dopo l’evento di Halloween niente lo avrebbe spaventato più di tanto. Il ricordo di quella notte era ancora evidente. Il livido intorno al suo occhio era diventato giallino, e la ferita che si era procurato su uno zigomo, sbattendo contro un’ascia decorativa, era quasi del tutto guarita, divenuta visibile soltanto come una sottile linea cicatrizzata e rosea. Il suo amante lo aveva esortato a usare una pomata per quella cicatrice, ma Alex aveva preferito il vecchio rimedio della nonna: impacchi di rosmarino e lavanda; e adesso la sua faccia profumava di primavera – mentre l’umore rimaneva più tetro di una notte invernale. < Un cappuccino e un donut fondente. > Alex depose un paio di banconote sul bancone del ravens e attese in silenzio, guardandosi intorno – le persone che, dietro di lui, in coda insieme a lui, lo ricambiavano disattente. Gerte Heike A. Ivanova Il bisogno di rinnovamento sembrava aleggiare in ogni angolo della città, forse dovuto alla festa di Halloween appena passata, o forse i cittadini avevano semplicemente voglia di qualcosa di nuovo. Per contro, il risentimento che impregnava l'aria di quel locale era ben noto alla fata, un borbottio che si poteva leggere nei volti dei presenti, come nei due giovani che aveva davanti a sé. « Che musi lunghi, ragazzi... Non ditemi che non apprezzate le novità che hanno organizzato in città. » Affermò la fata prendendo l'occasione di intavolare così il discorso su sui voleva andare a parare. Vi era tempo per presentarsi, lo avrebbe fatto con calma e senza spaventare nessuno dei due. La curiosità che spingeva la fata a intervistare anche completi sconosciuti nasceva dal suo bisogno di poter raccontare una storia, che avesse un fondo di verità ma che venisse comunque dalla normalità. S'avvicinò per ordinare un caffè d'asporto, macchiato e con una spruzzata di panna, prima di voltarsi in direzione dei due giovani. « Mi chiamo Gerte Ivanova, lavoro per il Raven's News e mi piacerebbe potervi fare qualche domanda, che ne dite, ci state? » Kaleb Mieczyslaw Walker * Il tedio non apparteneva a Kaleb Walker che, fin da quando aveva memoria, era sempre all'opera e sempre alla costante ricerca di qualcosa che avrebbe potuto rendere la sua esistenza più interessante. Quel qualcosa, nonostante le sfaccettature alquanto inquietanti, era contenuto in quella città, nella /sua/ Ravenfire. Non si era mai spostato da quella città, mai se non si contava qualche breve soggiorno vacanziero quando era decisamente più piccolo. Era per questo che l'affetto e l'attaccamento che provava per quella piccola città era davvero molto per Kaleb. Quei pensieri verso la propria città natìa fecero sì che Kaleb non percepisse le prime parole della giovane, ma l'attenzione le si rivolse quasi subito. Gli occhi curiosi di Kaleb osservarono prima la figura della donna, poi quella dell'altro che si trovava nelle vicinanze. * < Ehm... > * Cercò di dire qualcosa, ma l'imbarazzo lo bloccò per qualche secondo mentre, invece, la figura femminile sembrava essere pronta a presentarsi e a parlare con una certa spavalderia professionale. Fu a quel punto che il nostro giovane corrucciò le sopracciglia e alla fine annuì. * < Sì, ma di cosa si tratta?... E.. vorrei essere comunque un anonimo, sono figlio dello Sceriffo, non voglio mettere in difficoltà nessuno > Alex Maxwell Non immaginava che ordinando un cappuccino avrebbe ottenuto anche la possibilità di essere intervistato da una donnina del Ravens News, non era preparato, e non aveva altro tempo da perdere – nel suo b&b lo attendevano una serie di faccende burocratiche che andavano risolte, per non parlare del nuovo personale chiamato dalla signora Graham che andava approvato, della neve che andava spalata, e del gruppo di turisti proveniente da New York che andava accolto e, no, non poteva permettersi di rilasciare un’intervista e al contempo godersi l’unico bicchiere di cappuccino – consumato direttamente al Ravens – che si sarebbe concesso quel giorno. Si voltò dunque in direzione delle due voci, la prima da donna, una certa Gerte, e la seconda da uomo, a lui del tutto sconosciuta. < Sì, di cosa si tratta? > osservò entrambi mentre prendeva un sorso di cappuccino, attento a non imbrattarsi le labbra di schiuma. Un secondo sguardo più curioso lo aiutò a imprimere nella propria mente il volto di entrambi. La domanda che aveva posto poc’anzi finì per essere scacciata via da un’altra domanda ancora, che elaborò prima che uno dei due potesse dire qualcosa, e questa fu: < Perché non venite entrambi a pranzo da me? Mi trovate... uhm... > insinuò una mano nella tasca del cappotto per trovarvi un suo biglietto da visita, lo porse alla giornalista e lo indicò all’altro con un cenno del capo, facendogli capire che poteva tranquillamente dare un’occhiata anche lui – se voleva. < Nel mio bed and breakfast. Se siete d’accordo vorrei rimanere anch’io anonimo, e al momento non posso intrattenermi oltre. È una città piccola, credo conosciate la strada per arrivare al cimitero, il mio bed and breakfast si trova lì accanto. E ora vogliate scusarmi...> pagò quel che aveva ordinato e si avviò nuovamente verso l’uscita del café. Il cappuccino in una mano e nell’altra la scatola di donut al cioccolato fondente, la signora Graham avrebbe avuto da ridire anche sulla scelta di quella colazione, ma dell’intervista non era certo che avrebbe detto qualcosa.
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[ Kaleb & Nicole _ 23/12/2020 _ Afteernoon _ #Ravenfirerpg ]
* Da sempre, alcuni sostenevano che l’anima delle persone era come la neve, era leggera e profondamente effimera come i fiocchi freddi che si posavano sul suolo di Ravenfire in quel periodo, a detta di Kaleb, glaciale. Si diceva che l’anima si posava allo stesso modo della prima neve d’inverno: veloce e silenziosa, essa si stabiliva dentro un corpo caldo. Era così che anche l’anima di Kaleb aveva preso possesso di quel corpo così strano? O era un’anima stravagante che aveva preso possesso di un povero innocente corpo? E... dove risiedeva l’anima di chi, in realtà, ce n’aveva /forse/ due?*
« Promettimi di non mentirti mai. »
* Sussurrò tra sé e sé, deglutendo lentamente, mentre gli occhi color nocciola del ragazzo cercavano di trovare un appiglio a quel mondo reale eppur più folle della realtà. La mano destra corse veloce dalla ruota della sedia a rotella fino ai capelli, li tirò indietro e prese un respiro. La verità era che non aveva mentito, ma aveva omesso. Voleva cercare prima una situazione di stabilità, ma con la scomparsa di Ivy che era durata mesi non era riuscito a concludere niente, ergo il problema era lì, ancora lì, sempre lì. Allungò la mano, cercando di non pensarci, e bussò alla porta.
La porta dei Maffei. La porta dell’amicizia. La porta.... Sbatté le palpebre per qualche secondo all’udire quel campanello.
La domanda ora era: avrebbe aperto Joshua? *
« Sono Kal! » See less Nicole Jayne Maffei Era da sola Nicole. I suoi genitori erano usciti e avevano portato la bambina con se. Joshua era da qualche parte, ma comunque fuori casa. E qull'enorme villa, quando mancava la famiglia, sembrava davvero troppo silenziosa. Però era stupenda e Nicole avrebbe potuto passare ore ed ora ad osservare gli addobbi che e il suo fratello avevano messo. Erano stati bravi e l'aria che si reapirava, era proprio quella del Natale. Quando sentí suonare, la Maffei andò ad aprire, anche se aveva già capito chi fosse dall'altro lato. Aveva sentito la sua voce, mentre stava girando la maniglia. Aprí e osservò il ragazzo. I due, non si vedevano davvero da tanto tempo e la Maffei si chiedeva se Kaleb in tutto quel tempo l'avesse ignorata di proposito o meno. < Ciao Kaleb. Forse cercavi Josh.. Non c'è. Puoi accomodarti, ci sono io. Vieni, ti offro qualcosa. > Kaleb Mieczyslaw Walker * Lo strano silenzio che si faceva strada nella mente di Kaleb era soltanto il riflesso del silenzio che, invece, invadeva il circondato della casa in cui si stava dirigendo con la sua solita carrozzella. L'enorme villa dei Maffei era un ambiente che quel ragazzo conosceva ormai alquanto bene, d'altra parte aveva passato davvero tanto tempo con Joshua che in quella casa sarebbe potuto arrivarci anche ad occhi chiusi eppure era un sacco di tempo che non passava di là, o almeno per lui. Per uno come Kaleb non vedere Joshua anche soltanto per una settimana e per soli dieci minuti significava ''strage''. Ci aveva sempre tenuto molto ai Maffei in generale e probabilmente ci avrebbe sempre tenuto. Quando il Walker bussò alla porta non dovette aspettare molto per vedere una giovane donna comparire sulla soglia del proprio portone: era Nicole. Kaleb aveva sempre la fortuna di incontrarla così, a sorpresa, ed inevitabilmente balbettare prima di riprendersi. * « Oh-Nic-Nicole! Ciao, sì, in realtà cercavo Joshua, ma.. mi fa sempre piacere vederti! » * Disse cordiale come al suo solito. A guardarla bene e a pensarci con altrettanta intensità, il giovane Walker non vedeva la ragazza da davvero tanto tempo eppure Ravenfire era una cittadina piccola e con pochi abitanti. Deglutì mentre si spingeva con la carrozzella all'interno dell'abitazione. * « Come stai? Cosa mi racconti di bello? E'... davvero tanto che non ci becchiamo noi due.. Ravenfire è diventata NY? » * Scherzò come era suo solito fare * Nicole Jayne Maffei Nicole non riuscì a non sorridere nell'udire le parole di Kaleb. In fondo quel ragazzo, a parte quando non era in lui, era sempre stato un tipo molto dolce. Dolce e tranquillo. Nicole aveva sempre provato un senso di protezione nei suoi confronti, visto che ea più piccolo. Per questa ragione Nicole, voleva sapere come stesse. Però prima avrebbe tenuto una conversazione più tranquilla con lui. < Si, un sacco di tempo, ma sono mamma adesso, sai? Quindi devo fare la mamma e anche studiare. Per non parlare del tirocinio. Praticamente non ho tempo per fare nulla. Strano detto da me, vero? > Strano perchè Nicole un tempo era la regina delle serate. Un tempo per la Maffei, non esistevano limiti. C'erano solo lei e il divertimento.
Kaleb Mieczyslaw Walker 
  * Quando la ragazza sorrise, gli occhi di Kaleb inevitabilmente si dipinsero di dolcezza. Provava un chiaro affetto verso la famiglia dei Maffei e ancor più per i ragazzi che erano sempre stati al suo fianco, probabilmente Joshua un po' di più ma soltanto perché era suo coetaneo ed era un ragazzo come lui. Gli voleva un bene dell'anima, seppure, avrebbe dovuto ammetterlo, quell'anima era divisa. Fortunatamente, però, in quel momento l'Altro sembrava essersi acquietato: a parlare, infatti, era Kaleb. *
< E' strano sentirtelo dire, questo è vero, ma sono certo che tu sei una mamma giovanissima e splendida.. E soprattutto non sei pasticciona come me.. Eri solo più festaiola >
* Finì per accennare una risata, pensando a quanto fossero diversi in alcune cose. A differenza sua, infatti, Kaleb non era assolutamente il tipo festaiolo, piuttosto era soltanto sempre scherzoso e disponibile. *
< Ehm... e la bimba come sta? >
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W𝕚𝕝𝕝𝕒 B𝕝𝕒𝕚𝕟𝕖𝕣𝕤 &  K𝕒𝕝𝕖𝕓 W𝕒𝕝𝕜𝕖𝕣 ~ • ԹӀɑϲҽ: kαlєв'hσusє • †ïmε: 10l12l20 [ ιи тнє αfтєяиσσи - 5:00 pm ] #Ravenfirerpg Come si sarebbe comportata? Come avrebbe potuto far finta di niente? Come sarebbe riuscita a mascherare ciò che provava nei /suoi/ confronti? Beh, tecnicamente nei confronti di Belak, l'alter ego di colui con cui la giovane avrebbe passato un pomeriggio insieme, ma era tanto diverso? Sì, forse nella sua mente risultava molto meno complicato. Quella situazione stava diventando fin troppo strana, non che prima risultasse migliore. Kaleb era Belak e Belak era Kaleb, giusto? Erano la stessa persona, seppur con due menti differenti. E Willa si era ritrovata ad innamorarsi di tutte e /due/ seppur inconsapevolmente. Tuttavia, bisognava anche sottolineare ch'ella non conosceva Kaleb. Altra cosa bizzarra da dire e da pensare. L'aveva visto una volta in ospedale ed aveva sentito che ci fosse una connessione, ma come spiegarla? Se solo fosse stato tutto più semplice, se solo fosse stata capace di tenere a bada i suoi sentimenti... Tutta quella storia pareva una barzelletta. E mentre la sua mente elaborava in modo confuso quei pensieri, uno dopo l'altro, Willa si ritrovò improvvisamente a suonare il campanello della dimora del ragazzo, la stessa in cui la veggente si era abbandonata alla passione, in cui aveva legato il suo corpo e la sua anima al /demone/ che l'aveva intrappolata nella prigione più oscura. Kaleb Mieczyslaw Walker * Kaleb era ritornato a casa, o meglio c’era sempre stato, ma ormai spesso e volentieri restava in garage per continuare a protestare per quello che il padre aveva fatto ormai mesi prima. Questo dimostrava certamente quanto era testardo quel giovane quando aveva delle idee in mente. Peccato che la tradizione del Natale e dell’albero di Natale l’aveva riportato a stare di più a casa: più precisamente sarebbe stato quello il primo giorno in salotto di nuovo. Aveva portato tutto dal garage al salone: l’aveva messi su di un aggeggio strano e aveva legato questa specie di slittino alla sedia a rotelle. Era in quello strano modo che Kaleb era riuscito ad anticipare un po’ del lavoro che lui e Willa avrebbero fatto. Willa. Che nome strano quello, che sensazioni strane che emanava. Ogni qual volta che pensava a quel nome un leggero brivido percorreva la schiena dell’umano: era troppo strano... Doveva capire meglio, doveva capire cosa nascondeva e soprattutto chi era. La moltitudine dei pensieri lo sovrastò, ma il campanello lo riportò alla realtà: la ragazza dai bei capelli era arrivata. Percorse il corridoio ampio spingendo la carrozzella e aprì la porta. * « Ciao.. Willa! Entra pure, fuori si gela vero? » * La velocità del suo parlare non era nient’altro che il riflesso di un sé che forse avrebbe voluto... chissà! * Willa Blainers Il Natale era un periodo magico, un periodo in cui tutti si riunivano per stare insieme alla famiglia e ai parenti, un periodo che Willa adorava più che altro per adornare casa con tutti gli addobbi possibili: ella si divertiva un mondo, tornando quasi bambina nel fare l'albero o nell'appendere festoni e attaccare stickers con immagini natalizie per tutta casa. Quella stessa mattina la Blainers aveva scritto all'umano per chiedergli se avesse avuto voglia di passare un po' di tempo insieme e proprio Kaleb, l'alter ego meno conosciuto dalla veggente, l'aveva invitata per aiutarlo a decorare la sua dimora. Inutile dire ch'ella aveva accettato, forse con troppa foga, tanto da farsi riconoscere.Ora di fronte al ragazzo, che pareva avesse aspettato il momento giusto per aprirle, Willa accennò un piccolo sorriso, entrando a casa Walker come da lui richiesto. 《 Ciao! Fa un po’ freddino, sì... 》 Fu un attimo.Non appena mise piede all'interno di essa, varie furono le immagini che percorsero la mente della giovane. Quello fu lo spazio in cui tutto accadde. Rimase ferma, immobile per pochi, ma interminabili secondi.Gli occhi fissi davanti a sé, persi nel vuoto, sembravano il segno dell'inizio di una visione, ma era tutto, tranne che una visione, ciò che stava avendo la ragazza; piuttosto un ricordo che non avrebbe mai dimenticato. 《 Uhm... Sei da solo? 》 Mormorò, scuotendo la testa per ritornare alla realtà.Iniziava bene... Se avesse avuto questi ricordi ogni volta che si trovava assieme a lui, bloccandosi in tal modo, probabilmente l'avrebbe presa per pazza.
Kaleb Mieczyslaw Walker
* Non aveva mai festeggiato un Natale come gli altri ragazzi. Kaleb aveva vissuto i suoi anni guardandosi attorno, guardando le madri degli altri donargli sorrisi per cercare di consolarlo e osservando come queste donne si chinavano sulle fronti dei propri fanciulli per donargli un bacio. Avrebbe voluto ricevere anche lui un bacio da sua madre, uno di quei baci casti ed innocenti che, invece, non aveva mai potuto sperimentare. A Natale le mancanze si facevano più forti, più prorompenti e i vuoti più profondi. Tutto diveniva estremamente privo di senso eppure quell’aria natalizia gli piaceva. Non avrebbe mai rinunciato, infatti, a decorare casa sua, a rendere quella casa una normale dimora di una famiglia comune. Voleva vivere una vita comune, lo avrebbe desiderato davvero ed invece si era ritrovato a giacere anche su di una sedia a rotelle. Che strano il destino! Ancor più strano, però, era certamente quell’invito fatto da lui stesso e rivolto alla giovane incontrata in ospedale. Willa. 
Ora come ora, Kaleb aveva di fronte a sé la fanciulla che si faceva strada in casa sua dopo averlo salutato. Le mani sulla sedia a rotella incominciarono a muovere le rotelle e finirono per far muovere il mezzo, accompagnandola verso il salotto. *
« Immagino quanto faccia freddo.. Sì, sono solo, ma tranquilla.. non ti faccio nulla, mi muovo a malapena.. » * Scherzò mentre con sguardo vispo notava come la ragazza avesse dei chiari blocchi. Fu a quel punto che con voce amichevole le chiese: *  « Hey, tutto bene? »
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Kaleb & Willa _ Hospital _ #Ravenfirerpg
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Soundtrack : https://m.youtube.com/watch?v=D2C96iZHObk  * Aveva assaggiato di nuovo la polvere, il vuoto ed il pericolo, eppure Kaleb Walker era ancora lì, su quella terra, ad aspettare il momento giusto per andare via e raggiungere, forse, sua madre. Probabilmente non era ancora giunto il suo momento, il momento di passare oltre, perché sì, chiunque sarebbe sicuro che egli non si sarebbe fermato ancora a Ravenfire. Nonostante tutte queste ipotesi, Kaleb continuava a respirare, continuava a vivere. In ospedale da un po’ di giorni, il giovane si era alquanto ripreso, aveva varie fratture tra cui al ginocchio e al polso e, dunque, appariva fasciato un po’ ovunque. La frattura più importante, però, restava quella al cuore, quella legata a quella visione, a quella ragazza dal volto fanciullino e dai capelli  lunghi e lucenti. Non l’aveva vista da quella notte, eppure sembrava sentire dentro sé un bisogno profondo di... vederla. Era stato così che, messosi sulla carrozzella con l’aiuto di un’infermiera, incominciò a curiosare tutto il reparto, ovviamente l’ala femminile. Il destino lo portò da lei, strano ma vero, Kaleb riconobbe quei capelli. * « ...Ehm...» Willa Blainers Giorni di miglioramento, ma di puro inferno, erano quelli che stava trascorrendo la giovane veggente all'interno dell'ospedale in cui era stata portata. Si era ripresa dalla notte di Halloween, ma i medici avevano deciso di farla rimanere ancora per un po' di tempo, affinché si fosse ripresa per tornare a casa in modo prudente. Aveva iniziato a camminare, ad essere poco più agile, eppure faceva ancora tanta fatica. Ella era abituata ad essere libera nei movimenti, era abituata ad essere una libellula che si muoveva con disinvoltura, ma quell'incidente le era costato tanto, da farle pensare di non poter più inseguire la sua più grande passione. Tuttavia, c'era ancora speranza; quella sarebbe stata l'ultima a morire. Ora la nostra libellula, che si trovava a percorrere i corridoi dell'ospedale, venne destata da una voce maschile. Quella voce la conosceva bene, eppure in quell'istante le sembrò diversa, più soave, più cauta, ma allo stesso tempo più nervosa. Si girò. Lo vide. Era lui, ma non il suo lui. Era l'altra metà. Era Kaleb. Come lo aveva capito? Semplice. Sapeva quali fossero i tratti che delineavano e caratterizzavano la figura di Belak e quelli davanti a sé erano diversi. Come si sarebbe rivolta a lui? La conosceva? Come funzionava, ora che era /Kaleb/ ? 《 Ciao... 》 Sorrise e gli si avvicinò. Era così difficile dover far finta di niente. Non sapeva cosa dire, né come muoversi. Non era il ragazzo che conosceva lei. Kaleb Mieczyslaw Walker * Ad ogni miglioramento corrispondeva un’esperienza infernale ed era forse questo meccanismo contorto a cui Kaleb doveva abituarsi ancora. Quell’ennesima esperienza infernale di Halloween non aveva fatto altro che riuscire ad ottenere una piccola miglioria nella vita: incontrare quella ragazza. Kaleb la ricordava come un sogno, come qualcosa di mistico. Ricordava le sue mani, i suoi capelli, addirittura qualcosa di inconsueto gli rimembrava l’odore di quei suoi capelli soavi, ma non la sua voce, non il modo di parlare o di guardarlo. Era come se questi ultimi dettagli fossero /ricordi rubati/. Una cosa era certa, o forse no: Kaleb non sapeva niente di lei, ma la verità era che, da qualche parte di quel suo cervello esasperato, lui conosceva tutto di quella ragazza. Ed eccolo lì, sulla carrozzella dell’ospedale mentre i suoi occhi cercavano di memorizzare quanti più dettagli fossero possibili, d’altra parte Kaleb era un ricercatore, un curioso, uno di quelli che amava curiosare e apprendere. La realtà dei fatti era che egli doveva comprendere ancora troppe cose di quella sua dannata e precaria esistenza, sarebbe stato il primo step per andare oltre nella conoscenza di qualsiasi altra cosa. Il leggero mugolare insicuro che riecheggiò nei corridoi dell’ala femminile dell’ospedale ebbe il potere di far voltare una fanciulla dai capelli leggermente mossi di un colore simile a quello dell’oro rosso. La fanciulla si voltò e mostrò così a Kaleb il suo volto: era lei. Fu inevitabile sentire il proprio petto emettere un tonfo abissale, cadere nel silenzio per un attimo mentre le proprie mani incominciarono a sudare. Appoggiò allora un palmo sul ginocchio come per volersi asciugare la mano, ma quel sudore era il sudore dell’anima o forse dell’Altra Coscienza. * « Ehm... Ciao. Sei Willa? Come stai? » * Disse, cercando di usare un tono della voce più pacato e meno esplosivo ed espansivo del solito. La guardò intensamente. Quella ragazza sembrava il riflesso di un tormento remoto. Rabbrividì. * Willa Blainers Il destino. Cos'era il destino, se non un'entità superiore che nessuno sarebbe stato in grado di controllare? Una volta era stata proprio la veggente a nominarlo in presenza di Belak, fin tanto da minacciarlo: il destino li avrebbe fatti rincontrare in un modo o nell'altro, ed ora eccoli là, l'uno di fronte all'altra, seppur non nelle condizioni in cui ella si sarebbe immaginata. Nonostante lo /conoscesse/, quest'ultima percepiva emozioni differenti, contrastanti, che la rendevano nervosa e quasi incerta sul comportamento da adottare nei riguardi dell'umano. Ma come avrebbe potuto mentirgli? Come avrebbe potuto far finta di non sapere chi fosse?Ci provava, ma i suoi pensieri le dicevano tutt'altro. E se avesse detto qualcosa di sbagliato? Kaleb interagiva con Belak? L'uno sapeva dell'altro? Aveva così tanti quesiti irrisolti, che non sapeva nemmeno da dove incominciare a chiedere. Ma se avesse chiesto, probabilmente avrebbe mandato in crisi sia lui, che lei stessa. 《 Sì, sono io... Rispetto a qualche giorno fa sto meglio. Tu invece sembri stare peggio. Qual è...qual è il tuo nome? 》 Rimase vaga, non sapendo quanto fosse diverso dal suo alter ego, non sapendo fin dove si sarebbe potuta spingere. Avrebbe dunque sfruttato quel giorno per iniziare a conoscere anche /lui/.
Kaleb Mieczyslaw Walker 
* L’incontrollabile destino aveva fatto sì che i percorsi di vita di quei due si incontrassero per intrecciarsi in modo inaspettato in quel dato momento e probabilmente quello era soltanto l’inizio di vari incontri che avrebbero portato a qualcosa, qualunque cosa. Era proprio quell’ espressione, ‘qualunque cosa’, che teneva sospeso l’animo del giovane Walker. Che fosse Belak o Kaleb, quella persona nella sua interezza era pur sempre un enorme curioso. La curiosità, in quel caso, però avrebbe potuto ferire se stesso, d’altra parte, nonostante la ricerca disperata del proprio io, il ragazzo era terrorizzato all’ idea di comprendere chi fosse l’Altro. L’altro. Si aveva sempre paura dell’altro, ma quando costui era interno all’io sembrava non esserci alcuna vincita, sembrava come se si lottasse per qualcosa che in fin dei conti era già qualcosa di perso e Kaleb aveva perso se stesso fin troppo tempo fa. In quel gioco di perdizione e di ritrovamenti, Kaleb aveva avuto l’occasione di posare gli occhi su quella ragazza, su Willa. Aveva riconosciuto quella donna ma doveva ammettere di non saperne nulla eppure ora ce l’aveva lì, davanti ai suoi occhi e dentro sé pregava di non diventare l’Altro, quell’Altro stronzo. Gli occhi di Kaleb non si muovevano da quella visione, osservavano piuttosto ogni dettaglio della ragazza. Deglutì e cercò di sorriderle educatamente a quella risposta. Stava bene, era quello l’importante no? * 
« Peggio? In che senso?  »
* Fu inevitabile ripetere quell’aggettivo corrucciando quell’espressione educata di poco prima. * 
« Non sto peggio. Comunque.... Ehm.. Kaleb. Piacere.  »
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[ Kaleb Mood _ #SpookyRavenfire _ #Ravenfirerpg ]
~ This is not a goodbye, my darling, this is a thank you. Thank you for coming into my life and giving me joy, thank you for loving me and receiving my love in return. Thank you for the memories I will cherish forever...~ * Erano questi i sussurri che, esterni, sembrarono piombare nel cuore di quel giovane quando una fragile donna venne portata in barella, circondata da medici urlanti. Gli occhi di Kaleb guizzarono, curiosi, verso di loro, alla ricerca di comprendere chi /ella/ fosse. Sì, sapeva, in cuor suo che si trattava di /lei/. Ma lei chi? Era proprio impazzito. Il destino lo aveva salvato di nuovo e sicuramente vi era un motivo, d’altra parte non tutti i miracoli erano miracoli e Kaleb sapeva bene che quello non poteva essere un aiuto divino. Dio non esisteva, non era mai esistito. Se fosse esistito... Lasciò perdere, ma riuscì a lasciar perdere solo quel pensiero e non le lacrime. Una lacrima scivolò sulla sua guancia per una... Sconosciuta? Conosciuta? Il suo cuore si lacerò, il suo sguardo seguì le azioni dei medici intorno a quella che noi sappiamo essere Willa Blainers. * « Io.... Io... » * Cercò di parlare, di dire qualcosa di sensato, ma il caos che lo circondava fece sì che soltanto il pronome venne inteso dal resto del mondo. Cosa stava dicendo Kaleb, infatti, il mondo non lo saprà mai...*
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[ Kaleb & Zoe _ #SpookyRavenfire _ #Ravenfirerpg _ ]
* Quella festa si era appena trasformata in un dramma esistenziale o forse nell’ultima festa possibile da vivere davvero, seppur sarebbe finita con la sua morte. Non ci aveva mai pensato a come sarebbe morto, ma quella prospettiva non sembrava poi così male. Sarebbe stato vittima, l’ennesima vittima di quel purgatorio di anime morte a causa di una Ravenfire maledetta. Era ormai chiaro a tutti che quella città era maledetta, che vi era qualcosa che serpeggiava di tanto in tanto nei cuori delle persone che vi abitavano. Kaleb conosceva soltanto i dooddrear grazie ad Ivy, ma in quel momento nella sua testa non vi erano razze, l’umanità si era trasformata in un’eterna bestialità. Ora come ora, egli cercava di trascinare il suo corpo ferito da qualche parte al riparo di piedi che avrebbero potuto calpestarlo. I gomiti che, a terra, erano diventati rosso fuoco a causa di tutta la loro forza impiegata per salvarsi, sembravano cedere. Respirava affannosamente, ma il suo sguardo non si fermò a se stesso. Mai. Incontrarono, piuttosto, il corpo di una donna non lontano da lui. Aveva un viso familiare. * « Ehi... dimmi che sei viva... » * Sussurrò a fatica, cercando di capire se entrambi avrebbero potuto sperare o a Kaleb era rimasta soltanto la speranza di sperare in solitudine di morire degnamente. * Zoe Faɾnstɾom Il caos più totale, ecco cosa era diventata quella festa. Si era completamente pentita di aver seguito i consigli delle persone a cui voleva bene, non doveva lasciarsi trascinare a quella festa. Ora non sarebbe ferita, non starebbe male e non avrebbe nemmeno difficoltà a respirare. Ma la cosa buona era che poteva aiutare immediatamente tutte le persone coinvolte. Persa fra i suoi pensieri per un istante, non si era resa conto della persona, che le aveva rivolto la parola, ma non appena volta il viso, incontra lo sguardo del giovane che aveva conosciuto durante la manifestazione, il giovane in sedia a rotelle. Come dimenticarlo? Istintivamente si avvicina a lui e scuote la testa, facendogli capire che non doveva preoccuparsi per lei, stava bene o meglio non aveva nulla di grave. « Sto bene — e tu? Stai bene? » No, non stava bene, ma doveva occuparsi di Kaleb e la sua salute veniva prima, così si inginocchia accanto a lui e controlla i suoi parametri vitali, cominciando a controllare persino le sue ferite poco dopo. « Cosa senti? Cos'è successo? — Devo saperlo prima di portarti in ospedale, Kaleb. » Kaleb Mieczyslaw Walker * Era il caos ormai a regnare indisturbato fra gli esseri presenti a quella festa, era stato così infimo da colpire chiunque, da colpire ad occhi chiusi e ad annientare chiunque avrebbe potuto ostacolare la sua strada. Quella notte vivere, o meglio continuare a vivere sembrava un mero miraggio per chi, come Kaleb ora si trovava a terra, soppiantato dal dolore e dal terrore. Non pensava che la sua vita sarebbe giunta al termine proprio durante quella festa, dopo aver subito un coma, la paralisi, le litigate, il tentato omicidio da parte della sua seconda personalità e tanto altro ancora che a sol pensarci avrebbe potuto morire a causa dei ricordi ed invece... invece il suo destino probabilmente avrebbe dovuto compiersi diversamente. Ora come ora, il giovane Walker si trovava a guardare una donna di cui non avrebbe mai potuto dimenticarsi né il volto né la voce. Fu istintivo per lui assicurarsi ch'ella fosse viva. La morte lo terrorizzava, non la sua, ma quella altrui, d'altra parte la morte della madre era già stata abbastanza nella sua vita. Deglutì a quella risposta, ma, combattivo, cercò di sorridere. Era bello sapere che fosse viva, che riuscisse a parlare. * « Mmh.. più o meno... I-io.. Tu? » * Insistette su di lei, d'altra parte Kaleb era una persona alquanto altruista e non riusciva a pensare solo a se stesso. Questa sua caratteristica traspariva perfettamente dalle sue parole, ma la donna, altruista più di lui, si affrettò ad avvicinarsi. * « S-sono salt- dalla sed- » * E incominciò a tossire dal dolore mentre le sue labbra si incominciarono a colorar di viola. * Zoe Faɾnstɾom Qualcuno di certo aveva già pensato a chiamare i soccorsi, quindi decide di continuare a concentrarsi su di lui, di prendersi cura di Kaleb, cercando di non fargli mancare nulla. Ricorda il loro primo incontro e di certo quello non sarebbe stato l'ultimo. « Solo una botta in testa, niente di preoccupante, non ti preoccupare per me. » In realtà era molto di più, ma il suo obiettivo principale era quello di prendersi cura di Kaleb, di portarlo verso l'ambulanza, che di certo sarebbe arrivata in poco tempo, probabilmente anche più di una. « Andrà tutto bene, Kaleb. Te lo prometto. — Nessuno morirà, non con me. » Aggiunge, portando un braccio del ragazzo attorno alle sue spalle, così da poterlo prendere in braccio e portarlo verso l'esterno della struttura, doveva farcela, doveva farlo per lui e per i suoi cari. Quando aveva deciso di diventare medico, aveva anche promesso di prendersi cura di tutti e quello era il suo momento, quella era il momento di tirare fuori le palle e di aiutare più persone possibili. « Ti porto fuori. » Kaleb Mieczyslaw Walker * Il rumore dei soccorsi che incominciarono ad invadere il circondato sembrarono riecheggiare anche all’interno di quell’enorme locale dove stavano festeggiando qualcosa che forse li aveva maledetti. Kaleb Walker era stato maledetto dal destino, questo era certo, ma allo stesso tempo qualcosa gli sussurrava che non era solo e che non lo sarebbe stato mai. La presenza femminile, che aveva già incontrato in precedenza, ne era la pura constatazione. Era davvero strano, ma il ripetersi di quegli incontri sembravano quasi dei chiari segnali che quei due avrebbero dovuto davvero avere a che fare ancora. Gli occhi nocciola del giovane Walker si scurirono dalla preoccupazione quando la donna disse della botta. Cercò di sorreggersi sul gomito per controllare che anch’ella potesse stare bene. * « Ci incontriamo sempre così... forse è il segno del destino che dovremmo essere il custode della salute... o non lo so.. » * Accennò ad una lieve risata mentre con l’espressione del volto cercava di ringraziarla. Il ragazzo non si sarebbe mai aspettata l’azione successiva che la donna compì: lo abbracciò e in quell’abbraccio solidale ella mise forza e amore affinché Kaleb potesse restare in braccio, come un bambino. Inevitabilmente, gli occhi di Kaleb brillarono di lacrime. L’umanità, quand’era vera, quand’era solidale, era un’umanità perfetta. Zoe era un chiaro esempio. * « Io... » * Kaleb era rimasto senza parole, era emozionato e percepiva l’ardore da medico di quella donna, ma soprattutto la sua umanità, quell’umanità che, proprio quella sera, sembrava essere stata persa, uccisa... Fu istintivo allora un gesto: una mano del giovane si aggrappò alla donna mentre l’altra, con una delicatezza infinita, si poggiò sulla sua guancia e l’accarezzò. Per un solo attimo quella donna sembrava avere il volto della sua defunta madre, la donna che non aveva mai potuto conoscere, ma che si immaginava esattamente così. * « Grazie... Ti devo tutto. » * Parole fragili, parole sussurrate, parole.. d’umano amore e ringraziamento. * Zoe Faɾnstɾom Un piccola risata esce dalle labbra della dottoressa, che scuote la testa e comincia a camminare verso l'esterno di quella struttura. In effetti si erano incontrati a causa di disastri successi a Ravenfire. Era sempre così in quella città, raramente le persone si incontravano per caso a causa di eventi tranquilli e divertenti, no era sempre in quei momenti di rabbia o terrore che succedeva. « E' la città che è maledetta. — Non potremmo mai incontrarci in situazioni differenti. » Risponde prontamente Zoe, che finalmente esce da quell'edificio, cominciando anche lei a respirare aria pulita, che era ciò di cui aveva bisogno per liberare i polmoni di quella sostanza, che l'aveva fatta stare così male. CI sarebbe sicuramente voluto più tempo, ma poteva farcela. Resta sorpresa per quel gesto, non se l'aspettava, anche se in ospedale aveva ormai visto di tutto. « Non devi ringraziarmi, Kaleb. Dico sul serio. Sono diventata un medico, anche per aiutare le persone, anzi . . . per aiutare le persone. E' il minimo che posso fare e poi tu al posto mio sicuramente avresti fatto la stessa identica cosa. — Hai bisogno di qualcosa? Acqua? Hai sete? » Domanda con tono lievemente preoccupato la dooddrear mentre osserva il ragazzo negli occhi e poi attende la sua risposta. Kaleb Mieczyslaw Walker | Fine ❤
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[ Kaleb Monologue _ #SpookyRavenfire _ Halloween2020 _ ]
 * Dove andavano le anime morte durante quei giorni di strani festeggiamenti? Dove si trovavano le anime di quelli che lasciavano la terra in modo così inaspettato? Cosa succedeva a quei tipi così sventurati? Che senso aveva aver vissuto senza madre per oltre vent’anni ed essere tormentato dalla voglia di conoscerla? Che senso aveva essere Kaleb? Chi era realmente Kaleb? Come si comprendeva che egli non fosse soltanto un sogno e fosse, al contrario di quelle isterie di Halloween e di quelle presenza giacenti al cimitero, vivo? Chi non si era mai chiesto una cosa del genere era probabilmente un pazzo, o forse uno fin troppo sano messo a confronto con quel Walker. La strana sensibilità del ragazzo, infatti, spesso giungeva a degli interrogativi strani. In questo caso, durante una festa in cui avrebbe dovuto divertirsi e lasciare i pensieri oltre la soglia della porta, fuori da ogni tipo di porta, Kaleb giocava con i suoi pensieri mangiando e chiacchierando con chiunque. Halloween 2020. Sembrava una festa qualunque, una di quelle che non si sarebbe mai trasformata in un mostro, che non avrebbe mosso un dito contro nessuno dei presenti e invece... Il male si era insediato già, lì, agli spigoli della sala, pronto ad attaccare chiunque senza alcuna distinzione. D’altra parte, vi era mai stata differenza nella sofferenza? Vi era stata differenza nella morte? Purtroppo, o forse per fortuna, la risposta era un secco ed obiettivo no. Quella sera Kaleb non si aspettava nulla che non fossero guai. Uno strano presentimento, seppur nascosto dal sorriso, vagava ormai nei suoi pensieri. Probabilmente era l’assenza di Ivy, assenza alla quale non si sarebbe mai e poi mai abituato, o forse soltanto il clima così tetro che influenzava persino la sua visione positiva, o meglio “versione “ positiva. Il mondo del giovane Walker si faceva sempre più grigio che a colori eppure, letteralmente, egli ne aveva viste di tutti i colori, ma quei colori in pochi minuti si trasformarono in una scala di grigi e fumi e gente impazzita. La scala di grigi fumosi si trasformò ben presto in una scala di sofferenza pronta a crollare in qualsiasi momento. Non seppe mai spiegare a se stesso quelle dinamiche, l’unica cosa che il giovane ricordava erano alcuni particolari che lo segnarono profondamente come quel volto, quegli occhi e quei lineamenti che avrebbero da allora perseguitato i suoi giorni. Il fumo annebbiò la vista di molti, ma esso non annebbiò solo quella, anche il cuore delle persone si ingrigì totalmente proprio come la nebbia d’inizio inverno. Intorno a sé, la violenza e la pazzia incominciarono a far da padrone. Le palpebre continuarono a sbattere, volendo mettere a fuoco qualsiasi cosa, le mani andarono a controllare la presenza delle ruote della sua carrozzella che, mosse, l’avrebbero portato in salvo. Ma nulla ormai sembrava richiamare il concetto di salvezza. Esso infatti era fin troppo lontano e la salvezza stessa fin troppo astratta. Quel volto e quegli occhi così diversi contro i suoi color cioccolato al latte li avrebbe ricordati per sempre e quel per sempre avrebbe potuto trasformarsi in qualcosa di serio... se si fosse salvato. Sbattuto al muro, catapultata la sua vita e il suo corpo a terra, Kaleb aveva subito altra violenza dal destino che, in quel momento, veniva rappresentato da un ragazzo che, se si fosse salvato, avrebbe trovato. Se lo promise, lo promise a se stesso nel momento in cui il suo corpo non colpì fatalmente il pavimento. Era di nuovo a terra, aveva di nuovo perso. Sanguinante dalle labbra sue, incominciò a strusciare pesantemente da qualche parte. Il giovane Walker rischiava davvero di rimetterci la pelle quella notte, ma evidentemente neanche quella sera sarebbe stata la fine del suo destino. * 
« M-Mamma... Aiu-... Wil... »
* Ma chi era Wil? Che? Cosa Kaleb?... Peccato che quelle parole caddero come lacrime sul suo viso. *
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𝑫𝒂𝒎𝒊𝒆𝒏 𝑩𝒐𝒘𝒆𝒏 & 𝑲𝒂𝒍𝒆𝒃 𝑾𝒂𝒍𝒌𝒆𝒓     ┊𝑅𝑎𝑣𝑒𝑛𝑓𝑖𝑟𝑒, 𝑉𝑖𝑟𝑔𝑖𝑛𝑖𝑎      ↷ #ʀᴀᴠᴇɴғɪʀᴇʀᴘɢ #sᴘᴏᴏᴋʏʀᴀᴠᴇɴғɪʀᴇ
◦ « Vedo il terrore nei tuoi occhi. ».    
 ↺↺↺↺↺↺Damien si trovava di fronte al banco del buffet per la terza volta in dieci minuti e si era appena accorto che il vassoio contenente i crostini che aveva preferito in tutta la serata, fosse ancora vuoto.Ciò gli fece temere di aver finito tutti i crostini e che non ne sarebbero stati portati altri.Stava per chiedere ad uno degli addetti al bancone quando una frase detta da un ragazzo che conosceva, Kaleb, attirò la sua attenzione.« Puoi dirlo forte, se sono finiti i crostini alla bava di lumaca darò di matto. »Esclamò affinché il giovane lo sentisse, quando si trattava di cibo Damien poteva persino diventare serio e anche spaventoso, per non parlare del suo costume da vichingo con quel sangue finto in faccia che di certo non aiutava.« Li hai assaggiati? »
Kaleb Mieczyslaw Walker* Quando si trattava di cibo era inevitabile ritrovare il giovane Walker immischiato in faccende del genere. Il cibo era davvero l’unica gioia vera per quell’essere umano qualunque. Era per questo, ma anche per quella dannata sfortuna in fatto di ragazze, nonché a causa dell’assenza logorante della sua migliore amica Ivy, che Kaleb si era ridotto a sostare letteralmente davanti il bancone. Qui aveva divorato qualsiasi cosa egli avesse trovato e, in quel caso, anche i crostini alla bava di lumaca che ora venivano quasi disperatamente cercati da un ragazzo che conosceva, ovvero Damien. *« Sai, ne ho due nel piatto. Potrei condividerli con te! »* Un sorriso si espanse sul volto del ragazzo e i suoi occhi passarono dalla figura maschile che aveva di fronte al piatto, poggiato sulle gambe immobili che, a loro volta, poggiavano su di una carrozzella. *« Sì e... SONO UNA BOMBA. »* Continuò pieno di vitalità mentre prendeva il piatto e lo allungava verso l’altro. *« Allora... come vanno le cose? »
Damien Marcus BowenIl volto di Damien si illuminò di un grande sorriso quando Kaleb gli propose di dividere con lui uno di quei meravigliosi crostini che sembravano essere spariti.Menomale che esistevano persone gentili come il giovane a Ravenfire, forse non era una cittadina così terribile dopo tutto.Si avvicinò al piatto del Walker con la mano, prendendo velocemente quel crostino, prima che cambiasse idea dandogli un morso e annuendo alle sue parole in merito alla bontà di quel delizioso alimento che venne rimosso in fretta dalle mani del veggente, finendo nel suo stomaco.« Mh, insomma, non posso lamentarmi troppo, anzi, non mi lamento affatto. Tu invece? »Ovviamente non poteva lamentarsi più di tanto, certo la vita non era stata fortunata con il Bowen, ma neanche al Walker le cose erano andate tanto meglio e voleva sapere davvero come stesse il giovane amico che aveva perso di vista, se si fosse ripreso in qualche modo, almeno interiormente.
Kaleb Mieczyslaw Walker* Kaleb non poteva non sorridere di rimando quando i suoi occhi notarono il sorriso sornione di Damien che sembrava essere contento di quella sua proposta. L’umano non riusciva a non essere rispettoso e altruista, erano due caratteristiche così proprie alla sua natura che /probabilmente/ non ne sarebbe mai riuscito a farne a meno.Gli occhi del ragazzo seguirono attentamente tutti i gesti dell’altro e fu inevitabile vedere la punta della sua lingua scivolare velocemente sulle labbra, cercando di raccogliere, forse, l’acquolina. *« Oh, non lamentarsi è un grande pregio bro! Io... nemmeno, anche se ultimamente vivo più in garage che in casa... ma, si sta bene, te lo assicuro! »* Accennò una risata. Kaleb avrebbe potuto anche dormire sotto i ponti, la reazione sarebbe stata comunque ridere, perché vivere, vivere come respirare, vivere come andare all’avventura, era più importante del letto, anche conciato in quel modo!Il giovane Walker era un’ondata di vita, spesso sempre positivo, egli finiva per non vedere addirittura i pericoli. *« Sai... non condivido delle idee di mio padre e ci siamo un po’ allontanati.. Mi ama, lo amo, ma è diverso.. »
Damien Marcus Bowen Quando venne a conoscenza del fatto che il giovane Walker dormisse in garage, Damien smise di sorridere, volendo capire più a fondo la situazione.Kaleb non era conciato nel migliore dei modi e se avesse avuto bisogno di aiuto sicuramente avrebbe trovato appoggio in Damien. Egli passava la maggior parte del suo tempo ormai nella stanza al piano di sotto che aveva reso uno studio e dormiva lì, dunque la sua stanza era praticamente libera e se Kaleb avesse avuto bisogno sarebbe potuto restare lì, al resto ci avrebbe pensato Damien.Era una persona davvero altruista il Bowen, si prendeva cura della madre da quando era un adolescente dunque non gli sarebbe costato nulla fare lo stesso per un amico.« Mi dispiace per la situazione con tuo padre. L'unico padre del quale posso parlare è Alaric, mi ha fatto lui da padre ed ho un rapporto meraviglioso con lui. Certo, non mi sono trovato d'accordo con alcune sue scelte e alcune cose che ha fatto, ma bisogna anche saper perdonare chi amiamo, per quanto difficile. Il confronto è importante, avete provato a confrontarvi? »Solitamente si sarebbe fatto i fatti suoi, ma quel discorso lo toccava particolarmente e dunque fu più forte di lui non dare il suo punto di vista.« In ogni caso se avessi bisogno di un posto dove stare la mia camera è a disposizione Kaleb. »
Kaleb Mieczyslaw Walker* La vita che stava vivendo Kaleb non era sicuramente una delle migliori, ma non era certamente uno che si malediceva o che odiava le altre persone soltanto perché nella sua vita non vi era un suddetto ordine, una specie di tranquillità. Era diverso Kaleb dal resto delle reazioni naturali e cattive delle creature terrestri: sorrideva, davanti a tutto lui sorrideva. Fu per questo che allo scomparire del sorriso di Damien il suo si ridusse soltanto ma non scomparve per niente al mondo.Conosceva Damien, sapeva ch’egli era davvero molto altruista, ma altrettanto lo era Kaleb che, per di più, cercava di rassicurare tutti.Le parole del ragazzo furono travolgenti, calde e davvero amichevole. Kaleb le amò letteralmente. *« Sí, ma forse non nel giusto modo. Per la questione del perdono sai come sono fatto, lo perdonerei per quanto riguarda me, ma deve comprendere che ha fatto una scelta sbagliata o comunque avrebbe dovuto accertarsi prima sulle conseguenze che avrebbe portato, ma non ti ammorbo con i miei ragionamenti all’FBI »* Ridacchiò e i suoi occhi color nocciola incontrarono il volto dell’altro e fece spallucce, come per dire: “ehi, sei davvero speciale e non so cosa dire”. *« Grazie, Damien. È sempre bello parlare con te... sei un buon amico. »
Damien Marcus Bowen« E' vero, potresti perdonarlo per quanto riguarda te stesso e quanto ciò che ha fatto abbia causato una sensazione poco piacevole in te, ma resta tuttavia il fatto che sia tuo padre e che se gli vuoi bene lasciarsi alle spalle questo trascorso, anche solo sul momento, non può essere una scelta sbagliata. »Il fatto che a parlare fosse proprio lui, che un padre non lo aveva mai conosciuto purtroppo, era per tutto dire, ma se suo padre fosse stato una brava persona come lo sceriffo Walker, poiché sapeva che l'uomo nonostante avesse fatto delle scelte sbagliate avesse una indole buona, allora lo avrebbe perdonato e si sarebbe lasciato alle spalle i tristi ricordi e le cose brutte per costruirne di migliori. Era così Damien, forse troppo buono e anche troppo sognatore visto che una cosa simile non sarebbe mai accaduta.« E figurati, il piacere è mio, sai che se hai bisogno di parlare io sono qui. Ora devo andare a cercare Kilian che mi ha affidato il suo cellulare e sta suonando da venti minuti, però mi raccomando Kaleb, scrivimi se hai bisogno, su di me potrai contare sempre. »E dopo aver sorriso dolcemente all'amico si diresse in mezzo alla folla di persone nella pista da ballo, alla ricerca di Kilian.
/Fine <3 
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[ Belak & Willa _ #Foundationball _ #Ravenfirerpg ]
* Non vi era nulla di sbagliato in un invito eppure quella sera sembrava che il Destino avesse deciso prima di Belak Walker, prima che egli potesse comprendere qualsiasi cosa sia nel bene che nel male. Eppure, doveva ammetterlo, il confine tra il bene ed il male in quella sua precaria esistenza non era mai stato fissato. L’unica fissata era proprio l’ansia, quella sì, era fortemente presente e divinamente protagonista delle angosce sue e di chi ruotava intorno a lui. Fortunatamente, o sfortunatamente avremmo detto se fossimo presenti con lui, quella sera l’ansia faceva da padrone a chiunque in quanto la festa appena cominciata era sinonimo di fin troppe cose. Il ballo della Fondazione, dei Fondatori, della città in sé per sé, era uno di quegli eventi a dir poco spettacolari, quasi d’altro tempi, e faceva in modo che la città si vivacizzasse in modo frenetico. In ogni volto di quella sala vi si leggeva un po’ di ansia, l’ansia di ballare con un vero principe, per esempio. La verità, però, consisteva nell’assenza di veri principi, o almeno era questo che stava pensando il ragazzo dal cervello a dir poco fuso. In piedi, con una mano in tasca e l’altra fra i capelli, il ragazzo aveva puntato lo aguardo addosso alla donna dalle guance rosee e dal trucco fantasmagorico. Willa Blainers, la sua personale ossessione, quella sera brillava di una luce celestiale, era esattamente l’opposto di quelle occhiaie che caratterizzavano il tale.
Ma non è oro tutto ciò che luccica. Avrebbe imparato il detto, il giovane umano, o l’avrebbe inteso molto prima se solo avesse usato quegli occhi suoi intrisi di furbizia. I confini quella sera sembravano molto sottili quasi come i fili dei rasoi. Allungò la mano verso di lei mentre ancora i suoi pensieri fluttuavano ovunque. *
« Sei incantevole. »
* Pronunciò in modo formale, voleva toccarla, voleva ballare, voleva.... ma la verità era una: le bombe non si toccano! *  Willa Blainers Il ballo dei Fondatori. Il ballo a cui tutti avrebbero partecipato come da tradizione. Un evento spettacolare che tutti attendevano ogni anno; la stessa Willa era una di quelle persone che non vedevano l'ora di esserci, eppure quell'anno sarebbe stato esattamente il contrario. In un primo momento aveva deciso di non andarci, perché sapeva di incontrare lui, quel ragazzo a cui aveva riposto tutta la sua fiducia, a cui aveva donato il suo cuore. Non voleva vederlo. Erano giorni, infatti, che non si sentivano, che non si scrivevano. Era arrabbiata, con lui e soprattutto con se stessa, per non essere stata in grado di capire chi fosse realmente, per non essersi fidata dei suoi stessi poteri. Per più di un anno era rimasta all'oscuro della sua vera identità, per più di un anno aveva creduto al falso, ma ciò che provava per lui pareva così reale, anzi, lo era. Non seppe cosa riuscì a convincerla ad andare, ma una cosa era certa: la pazzia aveva preso il sopravvento sulla ragione. Un vestito corto, adornato da paillettes bianche che riflettevano la luce, fasciavano il suo corpo minuto e grazie a questo, dal momento in cui arrivò, ricevette molti complimenti, persino da colui che aveva sempre taciuto di fronte alla sua bellezza. 《 Lo so. 》 Rispose con fermezza, allungando a sua volta la mano, così da farla combaciare con quella dell'umano. " E tu sei meraviglioso" avrebbe voluto pronunciare, ma si fermò. Non avrebbe ceduto, gli avrebbe /invece/ fatto capire ch'egli non aveva nessun potere su di lei, non al momento. Ed ecco, quindi, la tensione che tornava a ruotare attorno a loro. Kaleb Mieczyslaw Walker * Il ballo dei Fondatori era qualcosa di straordinariamente galante per tutti lungi per quel tale di Belak che, per sua caratteristica propria, aveva dovuto faticare all grande per costringersi ad indossare qualcosa di elegante. Alla fine la costrizione era andata bene e Belak sembrava proprio un /bel/ ragazzo dagli occhi circondati di un viola audace forse quanto lui. La tradizione del ballo non era nient’altro che un modo per avere a che fare con più persone, ma anche per comprendere i comportamenti di più persone, compresa la Blainers. Non aveva mai pensato di non andare, perché la donna delle sue ossessioni sarebbe andata come al solito, lui se lo sentiva, o almeno era quello che il suo pensiero da folle umano gli suggeriva. La cosa più folgorante di tutta quella storia era proprio questa: il carnefice sarebbe diventato inconsapevolmente carneficina. Il nascosto sarebbe divenuto lo svelato con tanto di colpo al cuore se mai ce ne avesse avuto mai uno. Ora uno di fronte all’altro, un po’ come Napoleone e la sua amante, un po’ come Cleopatra ed il suo di amante. Quei due avrebbero arso la sala se avessero avuto la possibilità ed invece erano lì a sfoderare le migliori armi: i complimenti e le risposte secche. Belak sorrise, quasi con l’amaro in bocca alla risposta della giovane. * « Lo sai.. Sembra che nel tuo animo ci sia del ghiaccio. » * Ridacchiò cercando di allentare la pressione che sentiva, ma quella non faceva che aumentare a dismisura. * Willa Blainers Era la seconda volta che Belak si mostrava alla veggente in giacca e cravatta e per quanto avesse voluto complimentarsi, ella si trattenne, non proferendo parola alcuna a riguardo. Piuttosto, continuò a mantenere la sua compostezza, sorridendo leggermente alle parole che l'umano proferì. Bene. Aveva iniziato ad intendere il suo stato d'animo. 《 E tu saresti in grado di scioglierlo? Perché ti avverto, non sarà così semplice. 》 Mormorò e, senza dargli il tempo di rispondere, si avvicinò a lui, circondandogli il collo con le braccia. I loro corpi a pochi centimetri di distanza, come le loro labbra, che però furono divise dal volere della Blainers, che si accostò a sussurrargli qualcosa che mai si sarebbe immaginata di dire. 《 Fai un altro passo falso e tu, da questo ballo, non ne esci vivo. 》 Una vera e propria minaccia. E se il ragazzo non le avrebbe creduto, ella non si sarebbe fatta problemi a mostrargli l'arma che si era portata con sé. Kaleb Mieczyslaw Walker * Non erano i complimenti che quel ragazzo si aspettava da lei, seppure precedentemente ella non si era proposta che così davanti a quel tipo strambo. Era strano e così, in un batter di ciglia, in quel momento, le stranezze diventarono due: da una parte vi era Belak con le sue stranezze ormai scoperte e dall'altra invece vi era Willa, una giovane veggente, un'ossessione le cui stranezze erano affilate, molto affilate. Accennò un sorriso, cercando in una qualche maniera di non farsi vedere curioso, di non farsi vedere neppure ansioso. Per la prima volta, il sentore del pericolo sembrava sopraffare la sua persona . * << Non ti ho mai detto che sei tu quella che è in grado di sciogliere le cose? Di snodare i nodi con lo sguardo, di alzare le carte da gioco in aria... Non sei tu quella che gioca in questo mod-? >> * Ed ecco che le parole di Belak si fecero un po' più evanescenti, forse come i suoi stessi pensieri. La frase non terminò, le braccia della giovane veggente lo circondarono quasi come una trappola e forse era davvero una trappola. Belak si irrigidì e di lui rimase soltanto un soffio che dalle labbra sue giunsero a quelle di lei. * << Che vuoi? >> * La voce rauca, la domanda senza alcuna intonazione. Gli occhi circondati di viola non si mossero, deglutì, ma tutto incominciava ad essere in tensione. *
Willa Blainers Averlo davanti a sé era una soddisfazione unica per la veggente, la quale era sempre risultata dipendente nei suoi confronti, quasi non riuscisse a pensare da sé, ma quello era il suo momento, quello era il momento in cui lei si sarebbe fatta ascoltare dall'umano. Pareva tranquillo, forse fin troppo, eppure Willa aveva percepito, per la prima volta attraverso il suo tocco, che ci fosse qualcosa a rendere turbolento il suo animo. 《 Cosa credi di fare? Incantarmi, sapendo quanto io sia dipendente da te? Ti sei preso gioco di me. 》 Non si vergognava a dirlo, quella non era una novità; entrambi erano a conoscenza di com'ella fosse caduta ai piedi del ragazzo già da molto tempo a questa parte, rimanendo attratta dal fascino, dal bel parlare, dal modo di fare e dal mistero di cui si era circondato il ragazzo. 《 Voglio delle spiegazioni e voglio sapere perché non me lo hai detto prima. Mi hai ammaliata, hai fatto in modo che collaborassi con te, per cosa? Per illudermi? Ho letto la lettera. Per tutto questo tempo c'è stato qualcosa di vero? 》 Il suo corpo danzava in armonia con quello del suo cavaliere, al contrario della sua voce tagliente, la quale fendeva nettamente quel perfetto equilibrio esteriore. Kaleb Mieczyslaw Walker * Guardarla negli occhi avrebbe fatto tremare i polsi a chiunque tranne a Belak che sembrava fingere o che, reduce da miliardi di complotti, aveva soltanto vibrato per un secondo muovendo il pensiero verso agili soluzioni. Ma quella mossa non era stata astuta, assolutamente no: purtroppo o per fortuna la bella Blainers aveva compreso e adesso parlava a voce alta a lui. Non si vergognava, sembrava addirittura non aver pudore. Belak alzò lievemente un sopracciglio e il suo sguardo si intensificò nella direzione della ragazza, molto vicina a lui. * « La mia vita è mero gioco e follia. Cosa credi di ottenere da me? » * Ed eccola la foce sprezzante del giovane maledetto che, quasi in una specie di confessione spudorata, si definiva come un gioco, uno scherzo del destino. * « Tu non vuoi davvero delle spiegazioni. Tu vuoi capire, leggere i miei pensieri... ma non sei al livello giusto. » * Fu a quel punto che si avvicinò al suo orecchio. * « Fai in fretta ad attaccarmi. Potrei diventare un’altra persona e potresti non incontrarmi mai più. » * Un dolce sussurro eppur assai violento per il suo contenuto fuoriuscì dalle sue labbra rosee e pungenti. Volteggiavano, danzavano, sembravano quasi una coppia, ma quella era soltanto l’ennesima illusione. * Willa Blainers Illusione. Una parola astratta che pareva rappresentare alla perfezione le movenze di quella coppia - che coppia non era - . La voce tagliente della giovane avrebbe messo chiunque sull'attenti, avrebbe reso l'altro invulnerabile nei suoi confronti, ma non Belak che, seppur riuscendo a mascherare quel lieve nervosismo che si era fatto strada nel suo animo, continuava a sfidarla, ora senza pudore. Come a prendersi /ancora/ gioco di lei, egli alzò un sopracciglio in modo quasi divertito. Da quelle parole faceva trasparire una calma indescrivibile: egli la raggirava, la disprezzava, la ammirava. 《 Sono diventata più forte grazie ai tuoi giochetti. 》 Perché era così, oltre al suo allenamento, oltre agli insegnamenti ricevuti, ella doveva il merito anche a a lui, seppur avesse contribuito a modo suo. 《 Ah, davvero? Non ero la tua ossessione? 》 Parole sprezzanti dettate da una pazzia incontrollata, quella stessa che diede la forza alla Blainers di danzare fino ad una parte più isolata della sala e di posare una mano sul petto del ragazzo, per estrarre con l'altra un coltellino /non troppo affilato/. Glielo puntò alla gola, poi si avvicinò al suo orecchio. 《 Ti avevo avvertito ed entrambi sappiamo alla perfezione che il destino ci porterà ad incontrarci ancora e ancora. 》 Oh dolce Willa, chi ti ha reso così folle? Kaleb Mieczyslaw Walker * Illusione. Si diceva un tempo che l’illusione era come vedere il mondo al rovescio, come scorgere i segnali che nessuno percepirebbe mai. Si diceva, dunque, che le illusioni non erano mai vere illusioni, perché ogni possibilità era lì, all’angolo, pronta a diventare realtà. Era così che le illusioni diventavano realtà e in quella coppia - che coppia non era - ogni illusione sembrava diventare tangibile. Belak, pezzo di un mondo al rovescio o meglio di una coscienza spaventosamente malata, stava sfiorando quell’illusione violenta che avrebbe potuto distruggerlo. Sì, distruggerlo. Era così che le domande sorgevano spontanee: si sarebbe mai inginocchiato davanti a Miss Distruzione? Si sarebbe mai volontariamente arreso alla volontà della sua ossessione? Gli occhi color nocciola brillarono di una luce diversa, nuova, estremamente combattiva eppur furba e meschina come al suo solito. * « I giochetti. Hai mai giocato a Risiko? Se sì, saprai bene che i giochetti sono... funzionali per conquistare i territori.. » * I territori. Ma di quali territori l’umano stava parlando? Le metafore confuse, che di tanto in tanto Belak utilizzava per proteggersi con la calma che sembrava inespugnabile, sembravano da una parte vacillare e dall’altra erigersi a protezione. Ma chi assicurava che il corpo dell’umano sarebbe stato protetto dall’umana arte del parlare? * « Ossessione o Possessione o ostentazione. Potresti essere tutto o niente, Willa Blainers. » * La voce di Belak era tagliante. Sottile e quasi sussurrata, anzi a dir poco serpentesca, essa stava continuando a sfidare quella giovane. Ma ogni sfida portava con sé le proprie conseguenze. Ognuna di esse, senza alcuna esitazione. I passi di danza, come colpi di una lotta senza fine, condussero i due nella zona più isolata della sala dove un coltellino si posò sul petto di Belak. Il petto si paralizzò, l’espressione degli occhi cambiò soltanto per qualche secondo tingendosi di una paura viva, d’altronde la paura era un sentimento umano e lui era diventato più umano degli umani. Deglutì mentre la lama ora puntava alla sua gola. Chiuse gli occhi, beandosi di quella minaccia: non avrebbe perso il suo lavoro, non avrebbe perso quel capolavoro. E fu così che da folle qual era egli sorrise. * « Se mi sgozzi potremmo rincontrarci solo all’Inferno. » Willa Blainers Non tutto ciò che esiste appare come realtà. La realtà stessa può essere una percezione data dai nostri sensi, gli stessi che ci portano ad elaborare concetti del tutto soggettivi e personali. Ma allora qual è la vera realtà? Ne esiste una comune a tutti? Forse sì, forse no. Ciò che sappiamo per certo, è che l'uomo sarà sempre ingannato dai sensi che lo rendono tale, fin tanto da arrivare ad un momento in cui non riuscirà più a comprendere cosa sia giusto e cosa sia errato. Uno stato confusionario. Uno stato in cui la ragione non riusciva più ad essere dominatrice di un corpo dettato dall'irrazionalità. Quello stesso stato ormai raggiunto dalla donna, la cui realtà era stata associata ad un /meraviglioso/ incubo. Willa sapeva benissimo che Belak non avrebbe ceduto alle sue parole, né tanto meno alle sue minacce: uno dei tanti motivi per cui era rimasta attratta dalla sua persona. Quegli occhi chiari la sfidarono di nuovo in un'espressione alquanto divertita, mentre le parole che seguirono, raggirate in una metafora, in un un indovinello nascosto, parvero voler confondere la veggente, quasi intente a renderla vulnerabile, così che l'altro avesse potuto prendere il controllo su di lei, ma non quella volta. Ella rimase ferma sulle proprie mosse, non si fece ingannare. Rimase in silenzio per svariati secondi, senza dargli la soddisfazione di una risposta che avrebbe potuto ribaltare la situazione. Lei non era brava quanto lui in quel campo, l'unica sua difesa erano le azioni, che però sarebbero potute andare oltre le semplici minacce. L'espressione dell'umano cambiò non appena la lama gli venne puntata contro e Willa non si perse quell'attimo di paura che attraversò gli occhi altrui. Il tutto, durò un misero istante. Ora anche l'espressione soddisfatta della donna cambiò: i suoi smeraldi dominati da puro odio, le labbra premute in una linea sottile, la mano che, improvvisamente tremante, riusciva a stento a rimanere ben salda sull'arma. Tutta la rabbia che provava l'avrebbe portata a piangere, ed ecco che delle lacrime iniziarono a bagnarle il volto. 《 Sei uno stronzo! Tu e tutti i tuoi giochetti! Chi sono stata per tutto questo tempo? La tua bambola da muovere come una pedina? 》 Il coltello cadde a terra. Gli puntò un dito contro ripetutamente, assieme alle sue parole. Non le importava se l'avesse vista in tal modo, già l'aveva vista conciata così. | Fine ❤
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𝕏𝕒𝕧𝕚𝕖𝕣 & 𝕂𝕒𝕝𝕖𝕓 #𝕣𝕒𝕧𝕖𝕟𝕗𝕚𝕣𝕖𝕣𝕡𝕘 17.00p.m 𝕠𝕗𝕗𝕚𝕔𝕚𝕟𝕒
Girava di loCale in locale, alla sfrenata ricerca di se stesso. Di un posto sicuro, di un bicchiere nè troppo vuoto, né troppo distante. Si era crogiolato nel lusso, spendendo quantità considerevoli di danaro per il puro piacere di scialacquarlo, e per dissetare la sua sete di novità e cultura. Si era rifatto il guardaroba una, due volte, perché aveva dapprima pensato a quello invernale, e poi alla parte estiva. S’era gettato in piscine e terme rilassanti, aveva visitato più volte la palestra ed ogni anfratto di quella città, per il puro piacere di vagabondare  spensierato. Era strano che, dopo tutto quel tempo, non si sentisse a casa, perché odiava quel dannato posto. Non aveva nessuna buona giustificazione stavolta. Semplicemente, si era voluto svagare, senza pensare alle conseguenze. Solitamente non si comportava in quel modo, era sempre attento ad ogni minima sfaccettatura della vita, ogni minimo cambiamento e ripercussione. Tuttavia, ritornando finalmente al presente, s’era dato mentalmente dello stupido. Forse la megalomania gli aveva annebbiato completamente il cervello. Sapeva che il potere che lo pervadeva non era insignificante,ma lui non era mai riuscito ad accettarlo. Detestava essere un veggente perché non poteva esplorare i luoghi oltre quella dannata città, ed il suo sogno più grande era proprio quello di essere un po' come Cristoforo Colombo e Amerigo Vespucci, un vero e proprio esploratore, senza alcun legame, senza alcuna meta e con tanta voglia di non fermarsi mai.  Tirò un sospiro, lasciandosi guidare dai propri passi che sapevano esattamente dove condurlo e cioè dall'amato cugino. " Lavori troppo cugino, dovresti farti una vacanza lontano da questa bettola. Il grasso e le moto rotte non ti mancheranno, al massimo potrei mancarti io. " Disse ironico come sempre, mettendo piede in officina, avanzando verso Kaleb per salutarlo e scambiare quattro chiacchiere con lui. Era l'unico a stargli a genio, l'unico della famiglia. Kaleb Mieczyslaw Walker * La fortuna aveva fatto sì che la sua vita cambiasse radicalmente, o forse quella era la sua sfortuna. Era strano comprendere come la sfortuna di qualcuno diventasse fortuna di qualcun’Altro, ma quella era pura filosofia o semplicemente la reale definizione della vita di Kaleb Walker. La storia era partita dalla voglia strabiliante di essere un agente dell’FBI per poi finire all’essere una persona disabile con un mostro sulle spalle o forse meglio sulle ginocchia, su quelle stesse ginocchia bloccate dagli albori del 2018. Nonostante tutta quella sfortuna che aveva visto inondare la propria vita, Kaleb era rimasto solare come sempre, perché il sole non doveva oscurarsi per così poco, mai. La vita era preziosa e, nonostante le difficoltà, avrebbe continuato a vivere, vivere per davvero. Era probabilmente per questo che l’umano aveva deciso di non abbandonare quel lavoro part-time in Officina né tantomeno gli studi per il test dell’FBI seppure ormai sembrava un sogno infranto. Quel giorno, come quasi tutti i giorni, il ragazzo aveva le mani in pasta, sporche d’olio di motore eppure sorrideva come se avesse a che fare con uno dei lavori più belli e fantasiosi del mondo. * « Lavoro troppo non è una giusta definizione, dovresti provare l’ebbrezza di un motore. Quel brrruuum brummmm che fa sognare tutti. Mi mancherebbero le moto rotte, le mie mani piene di graffi. E mi mancherai anche tu, tu mi manchi sempre, cuginino sapientino! » * Rispose simpaticamente. Era quella la vera anima di Kaleb, una persona che lotta eppur tutto sembra tacere all’esterno. *
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[ Fire Food] #RavenfireRpg #Minirole Damon si era appena pigiato in bocca un po' di patatine, avrebbe voluto dire qualcosa ma era estasiato da quel cibo unto e pieno di calorie. Le serate con Kal erano sempre intrise di allegria, c'erano i momenti seri, ma insieme, anche i problemi diventavano a dimensione ridotta, quindi era uno spasso quando si aveva bisogno di relax. - Mi scappa.. mi scappa..- Il Fright non riuscì a silenziare il tutto ma per mantenere la faccia, si nascose sotto al tavolo, tornando a a sedere soltanto quando gli altri ai tavoli vicini ricominciarono a parlare. - Devo bere meno coca.. lo sò. Allora, vuoi raccontarmi le novità?  Io ne ho di sconvolgenti.- Asserì mentre con due morsi dilaniava il secondo Hamburger, perché infondo voleva raccontargli di Austin, ma iniziare il discorso non era facile . Kaleb Mieczyslaw Walker * Non vi era definizione giusta se non quella dell’allegria che potesse soddisfare il concetto di amicizia stessa per quei due. Se, infatti, le patatine che stavano letteralmente pappando erano deliziose, Kaleb e Damon lo erano ancor più. Quel duo era una vera e propria squadra pronta a marciare sul cibo quando questi stavano insieme e non solo, perché la compagnia di cui giovavano entrambi era davvero formidabile. Kaleb non avrebbe mai potuto fare a meno, non avrebbe mai e poi rinunciato a Damon, era da sempre stato così e sempre sarebbe rimasto tale. * « Dam!- » * Non riuscì neppure a terminare il suo nome che le risate in Kaleb si erano moltiplicate a dismisura e per nascondere la faccia utilizzò le semplici ed affusolate mani. * « Decisamente! Ti fa un brutto effetto. Novitaaaaà? Non ho molte novità, ma le tue voglio sentirle! » * Rispose, imitando in fatto di morsi l’amico, mentre il suo cuore ed il suo pensiero si metteva all’ascolto. Kaleb era uno alla mano, così tanto alla mano da riuscire a comprendere chiunque. * Damon Samael Fright Damon negli anni era stato spesso additato da qualche rompiscatole che non si faceva propriamente gli affari suoi, allontanato da tutti, lui stesso si era isolato da molti, ma tra lui e Kaleb , non era mai cambiato niente. C' era stato un semplice chiarimento del Fright, aveva spiegato tanto tempo prima che erano stati i genitori a fargli perdere la testa e lui non era in sé la notte che aveva ferito Lucas,, per quel motivo. Non che avesse scusanti, si sentiva perfino in colpa, ma con Kaleb, non avevano bisogno di tante spiegazioni. Erano amici, di quelli che " qualsiasi cosa accada, noi saremo amici in eterno" e così era accaduto, anche se a Ravenfire era una cosa rara. Le loro mangiate erano qualcosa che impressionava chiunque e Damon non se lo poteva permettere tutti i giorni, ma quella sera aveva preso lo stipendio all'Acquarium e aveva deciso di condividere quella sontuosa cena proprio con Walker . - Non ci credo che tu non abbia novità.. Eddai.. fai il timido con me ora? Okay inizio io. - Mandò giù il boccone, prese un sorso di coca e dopo aver ruttato con noncuranza, lasciò attimi di suspence. - Esco con qualcuno.. - Poteva essere uno shock per lui abituato a saperlo sempre con Ivy, ma voleva che bsapesse la verità, non importava quanto ridesse e per quanto. - Mi vedo con un ragazzo.- Kaleb Mieczyslaw Walker * Kaleb non aveva mai badato alle parole che circolavano, serpeggiando, fra i vicoli della città, insinuandosi nelle teste di tutti. Non era il classico tipo da ''l'ha detto lui, dunque è vero'',no, piuttosto preferiva sbatterci la testa personalmente e ferirsi. D'altra parte, questo bisognava dirlo, Kaleb era un ottimo curioso della vita, nonostante tutti i problemi che quell'io potesse nascondere al proprio interno, dunque non si faceva neppure tanti problemi a restar deluso dalle persone. Durante quegli anni in molti l'avevano deluso, molti abbandonato, ma, come si soleva dire, i veri amici non l'avevano lasciato da solo. Damon era sicuramente un esempio bellissimo di coloro che il giovane aveva nel cuore. Tra di loro non esisteva alcun bisogno di troppe spiegazioni, né di qualsiasi altra cosa che potesse complicare le cose. Alla base della loro amicizia vi erano due parole: ''per sempre'' e ''serena schiettezza''. Un unico problema poteva nuocere quell'amicizia: il cibo. Insieme quei due parevano due piccoli porcellini simpatici con lo stomaco simile ad un pozzo senza fondo. Era probabilmente per questo che si preferiva vedersi a casa, con i preparativi pasticciati di entrambi oppure optare per il fast food. Il fast food... Che acquolina. Kaleb mangiava e rideva, in fondo quando era contento mangiava anche il doppio del solito e la cosa era fantastica. Qualche anziana della città diceva che il ragazzo dava soddisfazione in fatto di cibo. Ormai lo stomaco di Kaleb era conosciuto. * - Beh... no, a parte aggiustare moto e aver scoperto come impiantare uno stereo wireless, no..non io per lo meno. Ok, inizia tu! * L'accenno leggerissimo e sottile a '' Quell'Altro '' gli era sfuggito pur non volendo. Da quando sia Nicole che Ivy l'avevano affiancato in quella ricerca e gli avevano dato delle notizie in più Kaleb spesso rifletteva su sé. In quel momento ci pensò soltanto una frazione di secondo, per poi ascoltare Damon, rutto compreso che non lo destò affatto. * - Cos? * Riuscì a dire prima che la patatina gli finì di traverso ed incominciò a ridere, a sputare, ad ammazzarsi in sostanza. La cosa che più gli faceva ridere non era neanche il ragazzo e il sesso maschile, ma il ''qualcuno''. Lui con qualcuno, di nuovo ad abbandonarlo per fare sesso a destra e a manca. Kaleb rideva, la verità era che sembrava uno stupido agli occhi di chiunque in quella sale. * - Io pensavo che ti sopportava solo Ivy! E invece.. Aspetta- Mica... Mica vuoi dire che vuoi uscire con me? No, perché.. no Damon, io non faccio niente con te, solo ridere.. Ti riderei in faccia anche se facessi il sexy - * Disse continuando a ridere, non riusciva proprio a smettere. *
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[ #Ravenfirerpg _ 7/08/2020 _ #Flashback ]
* Si erano incontrati, o meglio Belak era giunto a casa di Willa, si era arrampicato fin su dalla finestra. Doveva dirle una cosa, o forse no, questo nessuno avrebbe saputo dirlo. Aveva aperto la finestra, scavalcato ogni ostacolo, ma l’aveva trovata... dormiente. Era lì che giaceva sul suo morbido cuscino, pareva un angelo, un angelo da far divenire un soldato, un mercenario, una vera veggente, eppure lui, lui era soltanto un misero umano dalle occhiaie viola e la faccia cattiva, pronto a difendersi o forse attaccare. Deglutì, appoggiò le mani sulle ginocchia e prese un respiro, senza accorgersi che aveva perso qualcosa. Un qualcosa di molto importante. Un pezzo di sé. Un pezzo dei due sé. Fece un passo in avanti, la guardò meglio e alla fine scosse la testa. Era stato uno stupido, avrebbe dovuto sapere che ella dormisse. Ci si sarebbe aspettato a quel punto che egli si fosse avvicinato, invece non fece nulla. Mise una mano in tasca e sparì per le scale, l’avrebbe chiamata o forse il destino li avrebbe fatti incontrare. * •••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••• 𝓐 𝓟𝓲𝓮𝓬𝓮 𝓸𝓯 𝓟𝓪𝓹𝓮𝓻. 𝓐 𝓛𝓸𝓼𝓽 𝓣𝓱𝓲𝓷𝓰. •••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••• 7/08/2020. Casetta nel bosco. Oggi. Non ricordo come salito fino a qui, ma ho la netta sensazione che sia stato… beh, l’altro me. Qui a Ravenfire fa caldo, davvero tanto caldo, ma qui, in questo posto del cuore sembra stare da Dio ( se esistesse). Ultimamente, il cuore e la mente sembrano incominciare a comprendere qualcosa in più, eppure, si sa, non sono solo, non siamo soli. Lui è in me ed io in lui anche se scissi, anche se io non ricordo mai nul- Non respiro, non riesco nemmeno a tenere io stesso la penna con la quale sto scriven- Chiudi gli occhi, Kaleb, chiudi gli occhi. Respira. Non respi-. Respira. Perché sto scrivendo tut-? Ah sì, perché sta scrivendo Lu- .oletrid ovevod oi e enoissesso aim al atatnevid è alliW ,belaK  .erenec odnoib illepac iad attezzagar anu ni otatsefinam è is eroma’lleuq ,osivvorpmi’lla onroig nU .otaroifs ah im eroma’lleuQ …otalager ,otanoD .otanod eneiv im ehc eroma’lleuq id imitta idigluf ieuq eruppen erednerpmoc non a erpmes ad otatrop ah im ehc adnemert ìsoc è aznetsisnoc aus aL .è ol esrof o ,aigub anu arbmes ativ aim al osseps ,ittut omaippas oL .ativ alla elam odnegaer ,irouf oticsu onos ,onaip naip ,oi iuc ad eruap ellim noc otnatlos am ,omissorp led aidraugavlas aznes ,eroma aznes otaerc iah iM ?ìsoc è non ,otaerc iah im ut ,enif allA . ibmartne id è am ,icrederc eliciffid ‘E .artson è osseda am ,aut are ,belaK ,ativ alleuQ .ottaffa omaidnerpmoc al non ,esrof ,izna ,oneippa omaidnerpmoc non osseps ehc alorap anu ,artsoN .artson etnemecilpmes è ,onangesid al ec irtla ilg emoc è non ,ommerrov emoc iam è non ,attefrep è non ativ aL .itaerc itats è is iuc rep elaidromirp opocs olleuq a erednet rep ) oipmese da alotsip anu emoc( ineb irporp i oilgatneper a erettem ,itaella eravort angosib ,ilos ad adarts israf angosib odnom len ehc otarapmi oh otibus ad nif am ,allun erednerpmoc a ovicsuir non ,idrocir iout i ittut ,et id idrocir i noc ,odnom la otunev onos odnauQ .erirapmocs a otnorp onos ,elibaborp ùip otlom ,esrof o ,acinu ,alos àtitnedi’nu eratnevid a otnorp onos esrof ,opmet omitlu’llen esoc epport odeihc iM .àtlaer arup anu ni aisatnaf ellof aim al eredner a acseir ut emoc ,oizaps otad aibba im ut emoc etnanicsaffa etnemamertse ‘E .ìsoc itrepmorretni etnetrevid è de oirartnoc out li etnemattase onoS .belaK ,iout ia ilaugu es ehcna isrevid ihcco onos ihcco ieim I .eradna eved emoc av ossedA .oilgem av ossedA Adesso va meglio. Adesso va come deve andare. 
/ Offgame: Dato che Belak scrive a specchio per dati motivi da psycho, la trascrizione è la seguente: I miei occhi sono occhi diversi anche se uguali ai tuoi, Kaleb. Sono esattamente il tuo contrario ed è divertente interromperti così. E’ estremamente affascinante come tu mi abbia dato spazio, come tu riesca a rendere la mia folle fantasia in una pura realtà. Mi chiedo troppe cose nell’ultimo tempo, forse sono pronto a diventare un’identità sola, unica, o forse, molto più probabile, sono pronto a scomparire. Quando sono venuto al mondo, con i ricordi di te, tutti i tuoi ricordi, non riuscivo a comprendere nulla, ma fin da subito ho imparato che nel mondo bisogna farsi strada da soli, bisogna trovare alleati, mettere a repentaglio i propri beni (come una pistola ad esempio ) per tendere a quello scopo primordiale per cui si è stati creati. La vita non è perfetta, non è mai come vorremmo, non è come gli altri ce la disegnano, è semplicemente nostra. Nostra, una parola che spesso non comprendiamo appieno, anzi, forse, non la comprendiamo affatto. Quella vita, Kaleb, era tua, ma adesso è nostra. E’ difficile crederci, ma è di entrambi. Alla fine, tu mi hai creato, non è così? Mi hai creato senza amore, senza salvaguardia del prossimo, ma soltanto con mille paure da cui io, pian piano, sono uscito fuori, reagendo male alla vita.  Lo sappiamo tutti, spesso la mia vita sembra una bugia, o forse lo è. La sua consistenza è così tremenda che mi ha portato da sempre a non comprendere neppure quei fulgidi attimi di quell’amore che mi viene donato. Donato, regalato… Quell’amore mi ha sfiorato. Un giorno all’improvviso, quell’amore si è manifestato in una ragazzetta dai capelli biondo cenere. Kaleb, Willa è diventata la mia ossessione e io dovevo dirtelo.
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• ԹӀɑϲҽ: вєℓαк'ѕ нσυѕє • †ïmε: αт иιgнт #Ravenfirerpg 🔞🔞🔞 Il messaggio che Belak le aveva inviato, l'aveva sorpresa. Per qualche minuto l'aveva lasciato con il visualizzato, poi era riuscita a rispondergli e a tenergli testa /fin quando era riuscita/. Non si sarebbe mai aspettata una foto simile, eppure l'aveva lasciata spiazzata, tanto da chiedergli se, andando da lui, avesse potuto dedicarle del tempo. Voleva sfidarla? Benissimo, ma stavolta sarebbe stata lei a prendere il controllo. Ciò che aveva in mente? Fare una sfilata davanti ai suoi occhi con indosso tutto ciò che aveva comprato. Vergogna? Niente affatto. Aveva ormai condiviso ciò che non aveva mai pensato di condividere con quel ragazzo. Due tocchi. Come detto da lui, Willa aveva bussato per avvertirlo. Una mano poggiata contro il legno del portone, l'altra a reggere la busta piena di vestitini. Sotto una maglia larga e dei jeans push up, la veggente aveva indosso un intimo nero di pizzo: il suo preferito. Chissà quale sarebbe stata la reazione del ragazzo. Strano da lei pensarlo, strano da lei sentirsi a suo agio. Una notte piena di sorprese, quella che avrebbero passato i due. Kaleb Mieczyslaw Walker * Era divertito dalla reazione di Willa, perché in fondo quei due avevano più cose in comune di chiunque altro al mondo eppure sembrava che ancora non l’avessero capito, o forse sì e con modesta abilità lo si nascondeva di tanto in tanto. Per la prima volta, dopo tutto quello che era successo tra loro, con la città e con se stesso, Belak poteva far sul serio, ma in quale senso? Questo non ci è dato saperlo, sfortunatamente, o meglio fortunatamente. Un sorriso fugace, persuasivo, pronto a persuadere anche la giovane veggente, si dipinse sul volto dell’umano le cui occhiaie incominciavano già a diventar piuttosto viola. In men che non si dicesse i piedi nudi del moro toccarono il suolo e scese gradino dopo gradino come niente fosse, raggiungendo la porta. Il sorriso precedente, no, quello non l’aveva perso. Prese la maniglia e lentamente la tirò giù, aprendo la porta principale. Gli occhi scrutarono la veggente come se fossero pronti a rubarla, ancora. * « Hai fatto presto, Little Pony. » Willa Blainers Willa non dovette aspettare molto tempo prima che l'umano aprisse la porta e si facesse ritrovare in tutta la sua bellezza. Quegli occhi color nocciola parevano squadrarla in modo tanto curioso, da farle abbassare lo sguardo, quasi imbarazzata. Ciò che però la rese ancora più vulnerabile fu il suo sorriso ed il modo in cui la chiamò. Un nomignolo insolito, un nomignolo che non aveva mai sentito pronunciare prima d'ora dallo stesso ragazzo. Ma come aveva potuto anche minimamente pensare che avrebbe preso il controllo per quella sera, se era così dipendente da lui, da non riuscire nemmeno a contraddirlo? 《 Dovresti essere contento. 》 Disse, tornando a guardarlo con un piccolo broncio. 《 Penso di riuscire a farti cambiare idea... 》 Ed eccola di nuovo a sorridere, solo che stavolta non fu uno dei suoi soliti sorrisi dolci; questo nascondeva un non so che di mistero e di malizia. Kaleb Mieczyslaw Walker * Camminare era qualcosa di così naturale che Belak ormai non ci faceva neppure più caso. Le gambe gli reggevano come se niente fosse, come se fosse un'abitudine dal quale non destarsi mai, eppure compiere quella stessa azione, mesi prima, gli costava più fatica, tanto sforzo, proprio come se gli venisse sottratta l'energia vitale, quella stessa energia che ognuno di noi detiene all'interno di sé. Quando le sue mani afferrarono la maniglia della porta principali per aprirla, i suoi occhi color nocciola uscirono allo scoperto e, indagatori, si volsero verso la giovane veggente alla ricerca di qualcosa, forse uno spirito più forte, ma vi trovò soltanto dell'imbarazzo che non frenò il suo sorriso di soddisfazione. Fece un passo indietro e usò il capo per farle cenno di entrare tranquillamente, dopo averla chiamata con quel nomignolo che significava tante cose e che, forse, la giovane donna non aveva mai compreso ancora. Secondo la mente contorta di Belak, i piccoli cavalli erano destinati, se costretti a sforzi e ad allenamenti, a divenire dei puledri vincenti e così Willa. Ella sarebbe divenuta una lucente arma da guerra. * << Lo sono. >> * Poche parole, ma decise, uscirono dalle labbra del ragazzo, prima di sorridere ulteriormente a quel tentativo di dolcezza mista a malizia. * << Illuminami, sono tutt'orecchi, o forse tutt'occhi. >>
Willa Blainers Gli occhi indagatori dell'umano la facevano sentire debole, come se fossero in grado di risucchiare tutta la sua forza vitale, persino le sue abilità da veggente, eppure, allo stesso stesso tempo, la rendevano sicura di sé, libera dal fare qualsiasi cosa in sua presenza. Non aveva paura di mostrarsi a lui, non aveva paura di compiere azioni di cui, in passato, si sarebbe /sicuramente/ pentita. Belak era in grado di far uscire una personalità di Willa del tutto nuova, che da sempre aveva nascosto dietro la sua timidezza. Al cenno del capo del ragazzo, la ballerina fece un passo in avanti per entrare, poi chiuse con disinvoltura la porta alle sue spalle e, posando la mano libera contro il suo petto, lo spinse per farlo indietreggiare, avvicinando le labbra al suo orecchio. 《 Allora prepara i tuoi occhi, perché non penso siano abituati a ciò che stanno per vedere. 》 Kaleb Mieczyslaw Walker * Gli occhi sicuri del giovane Walker non si staccavano neppure un secondo da quella figura femminile che, con la sua forza vitale ben espressa, si manifestava davanti a sé. Willa era davvero particolare agli occhi di Belak, era qualcosa che neppure lui riusciva bene a spiegare. Era partita come un qualcosa di estremamente magico, di prettamente specifico e alla fine si stava riversando in una cosa che non riusciva neppure lui a definire. Se da una parte, Belak riusciva a tirar fuori una personalità tutta nuova di Willa, dall'altra la giovane pulzella di Ravenfire riusciva a far diventare molto più umano un umano che sembrava non esserlo affatto con tutti quei suoi calcoli. Ogni passo ed ogni gesto espresso da Willa fu osservato da Belak con un certo interesse fino a quando quegli stessi occhi non si spalancarono a quel suo modo di fare. Una mano non attese a raggiungere il fianco della ragazza ed un sorriso si animò. * << Cosa, Blainers? >>
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╰☆☆  𝓔𝓵𝓮𝓬𝓽𝓲𝓸𝓷 𝓭𝓪𝔂  ☆☆╮          ◦•●◉✿  𝓟𝓪𝓻𝓽𝔂 𝓪𝓽 𝓽𝓱𝓮 𝓰𝓵𝓸𝓻𝓲𝓸𝓾𝓼 𝓹𝓮𝓸𝓹𝓵𝓮   ✿◉●•◦                                ~ 17l07l20 ~ #Ravenfirerpg #anewmayor Conosciuto dalla veggente come Belak Walker, l'umano che, da un anno a questa parte, l'aveva torturata mentalmente, ma anche aiutata a superare gli ostacoli che si era prefissata da sé ( facendo in modo che si allenasse con i poteri ed aumentasse di livello ) ora si trovava di fronte a lei, vestito di tutto punto. Rare erano state le volte in cui lo aveva visto con indosso giacca e cravatta; eppure eccolo là, così bello, così elegante... così suo. Avrebbe tanto voluto dirlo, urlarlo e farlo sapere a tutti, ma sapeva che fosse sbagliato e impossibile. Chissà se aveva qualcun'altra, chissà s'ella fosse rimasta in trappola, se si fosse innamorata invano. Mai, prima d'ora, aveva provato emozioni simili, mai si era lasciata trasportare fino in fondo, ma fidarsi...era da sempre stato un suo punto debole. Si era sempre fidata delle persone che conosceva e che considerava tali da poter essere la sua famiglia, ma altrettante volte quella fiducia era stata tradita. Era arrivata a scoprire che quelle persone avevano giocato con lei e con i suoi sentimenti, ecco il motivo per il quale, nonostante ora si fosse donata al ragazzo, ella continuava a temere. A contrastarlo o farsi valere? Ci aveva provato diverse volte, ma con scarsi risultati. Tuttavia, ella aveva constatato che, anche se in modo strano, egli tenesse a lei. Era imperativo, ma anche protettivo nei suoi confronti e ciò era molto apprezzato dalla Blainers. 《 Mio cavaliere. 》 Mormorò con un sorrisetto sulla labbra, facendo un inchino al suo cospetto. Kaleb Mieczyslaw Walker * Come opposto a quell’eunuco di Kaleb, Belak non poteva non addentrarsi alla festa dei Price. Per lui, era questione di principio e quasi di onestà intellettuale andare al The Glorious People a sperperare qualche suo sguardo da imbroglione e da furbo. D’altronde pensava che i Price racchiudessero un po’ di quei suoi pensieri contro quella città maledetta e, soprattutto, amava l’idea che con quelle telecamere il problema “fantasmi” potesse scomparire. Sognare... Sì, Belak stava sognando un qualcosa che mai avrebbe potuto accadere, ma, in fondo, sognare era gratuito, infondato su qualsiasi cosa, era, appunto, vaneggiante proprio come lui. Belak era un sogno, uno di quelli che creano dipendenza, paura, ossessioni, ma non era nient’altro che un’identità a metà strada tra un sogno ed una realtà /malata/. Era lì, con le sue solite mani in tasca, ma con il suo insolito charme elegante. Era strano vederlo così, era strano sentirsi un ragazzo per bene e perfino fingere di esserlo pareva strano, lui, che in fin dei conti, imitava alla perfezione Kaleb. Si voltò: un barlume negli occhi si accese al vedere la giovane donna al suo cospetto. Deglutì, volgendo gli occhi per un attimo altrove e fingendosi infastidito come al solito. Non le avrebbe mai detto che era stupenda, in fondo lui era il cattivo. * « Donzelletta. » * Accennò un sorriso e perfino un inchino. * Willa Blainers Fin da piccola Willa aveva sognato di incontrare il principe azzurro. Il principe delle fiabe, colui che avrebbe risvegliato o salvato la sua principessa dalle grinfie della strega; eppure quei sogni svanirono quando ella incontrò un giovane ragazzo dagli occhi color nocciola e dallo sguardo accattivante. Ciò che, però, l'aveva veramente fregata? Il suo bel parlare. In primis, la giovane veggente si era innamorata di quella grande capacità e fu anche a causa di ciò che /inconsapevolmente/ era rimasta in trappola dell'umano, un umano che pareva avere il controllo su di lei, che pareva possedere dei poteri in grado di domare /inspiegabilmente/ quelli reali della veggente. Erano successe talmente tante cose tra loro, che la Blainers non sapeva più come comportarsi con lui. In quell'istante voleva solo averlo accanto perché, in un modo o nell'altro, egli riusciva ad illumunarle la giornata, a farla stare bene. 《 È un piacere rivederla. 》 Ed era vero. Fu anche per quel motivo ch'ella aveva deciso di partecipare a tutte le feste elettorali. Per rivederlo. Le era mancato, tanto, anche se, era certa, non gli avrebbe mai rivelato quelle due semplici parole, o almeno per il momento. 《 Si sta divertendo? 》 Kaleb Mieczyslaw Walker * Non vi era regalità nei disonorevoli pensieri di uno schizzfrenico, non vi era nulla di positivo, eppure gli inganni e tutta quella messa in scena che egli si era costruito intorno a sé, cucitosi quasi addosso, aveva fatto sì che alcune persone incominciassero perfino a fidarsi di un mostro. In quel di Ravenfire era accettabile trovare dei mostri, vi erano così tanti sovrannaturali che pullulavano la cittadina, ma la truce storia era che fra loro vi era anche un umano. E gli umani erano sempre stati più mostri di qualsiasi altra razza, da sempre. Il principe azzurro non esisteva, non nella concezione di un disgraziato come Belak che, più che principe azzurro, poteva sentirsi soltanto il demone ''azzurro'' eppur l'accoppiata figura- colore stonava quasi come l'opposizione originale-doppia personalità. Nonostante lo schifo che provava per queste figure favolistiche, non si sentiva così tanto un mostro, o meglio, era consapevole di essere un diverso, ma spesso ciò che pensava era giusto, almeno per le sue concezioni. Nell'istante in cui il giovane si vide avvicinarsi la graziosa Blainers, i suoi occhi nocciola si colorarono di un lieve soddisfacimento personale. Saperla così vicina, così preziosamente disponibile nei suoi confronti, lo illuminava, seppur non l'avrebbe mai ammesso neppur a sé. * << Rivedere significa rivalutare, cosa sta rivalutando ri-vendendomi? >> * Ed eccolo, pronto, come al suo solito, a giocar con le parole, a giocar con la mente sua e con quella della /sua/ signora. * << Forse. Pensavo che i Price dessero di più. Si vede il loro sfarzo, ma non la loro intelligenza.>> Willa Blainers Mai, la giovane Blainers, avrebbe potuto definire Belak Walker un mostro, piuttosto un demone di cui si era invaghita, un demone che però non disprezzava affatto. Ella lo ammirava, per la sua personalità, per il suo carattere, per il suo modo di fare, come se non gli importasse nulla del giudizio degli altri, se non del proprio. Era vero: aveva fatto cose inconcepibili, aveva compiuto azioni fuori dal normale, a tal punto da farla impazzire, ma forse erano state proprio queste azioni a farla innamorare. Egli non era solo negatività. In lui vi era del buono e Willa lo aveva visto sin dal primo momento che lo aveva incontrato, anche se probabilmente non tutti riuscivano a vederlo e forse nemmeno lo stesso Belak. Vi erano stati momenti in cui la veggente si era sentita protetta, amata da quel pazzo che l'aveva rapita. Ricordava perfettamente il giorno in cui tutto accadde: ella aveva avuto paura ed aveva temuto per la sua vita; tuttavia, ricordava anche quando, dopo aver fallito con i suoi poteri, egli non l'aveva rimproverata, donandole invece quelle attenzioni di cui lei non era mai stata abituata. 《 Credo di star rivalutando la sua magnifica presenza. 》 Un complimento, ma anche un modo implicito per dirgli che se le fosse stato concesso, sarebbe diventata la sua dama, per quella serata. 《 Spero allora che possa apprezzare il mio, di sfarzo. 》 Il colore della passione era quello scelto dalla giovane per quella festa elettorale. Un abito lungo metteva in risalto le sue forme, con altrettanti tacchi a slanciare le sue gambe ed un rossetto in tinta ad evidenziare le sue labbra carnose.
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• ԹӀɑϲҽ: нσυѕє ιи тнє ωσσ∂ѕ • †ïmε: α мσитн αgσ [ 11l06l20 ]          ★·.·´¯`·.·★𝕃𝕚𝕥𝕥𝕝𝕖 𝕗𝕝𝕒𝕤𝕙𝕓𝕒𝕔𝕜  ★·.·´¯`·.·★ #Ravenfirerpg
Il sole stava ormai tramontando. Tirava una leggera brezza, quando la ragazza uscì dall'appartamento per andare a trovare Belak nella casetta nascosta nel bosco. Il giorno precedente era stato il suo compleanno ed il fatto ch'ella non lo sapesse da quando si erano conosciuti, l'aveva fatta sentire in colpa, chiedendogli persino se avesse voluto ricevere qualcosa in particolare. Egli però era rimasto il solito menefreghista, dicendole solo che l'indomani si sarebbero visti sulla casetta sull'albero. L'aveva invitata,  ma chissà per quale motivo. Per passare una serata tranquilla assieme a lei? Era forse quello il regalo che desiderava? Poco ci credeva. Ma lei aveva rifiutato? Certo che no! Con lui non avrebbe mai potuto rifiutare, sia a prescindere, sia perché lei non ci sarebbe riuscita. " Dovresti farti valere di più. " si diceva ogni volta che usciva con lui, eppure il suo corpo pareva agire a comando delle sue richieste. Nessun vestito elegante a fasciarle il corpo minuto, solo un paio di jeans strappati sulle ginocchia ed una camicetta rossa a leggermente scollata, ma non troppo volgare. Ella era salita in macchina e, raggiunta in poco tempo la destinazione, si fermò nello stesso punto in cui il ragazzo aveva parcheggiato la sua Jeep il giorno di San Valentino. Arrivata finalmente davanti la famosa casetta, Willa bussò, aspettando una risposta dal ragazzo presente in modo fin troppo costante nella sua mente. Kaleb Mieczyslaw Walker * Quel giorno il sole faceva ribollire l'asfalto della cittadina come se volesse avvertire che da lì a poco avrebbe bruciato qualcuno con i suoi raggi così caldi di un'estate ormai pronta a verdeggiare. La leggera brezza che contaminava l'ambiente era calda quanto il sole e sembrava spingere il giovane verso la casetta nascosta nel bosco, quella che aveva mostrato alla veggente qualche tempo prima. Sarebbe stato un rifugio, un luogo neutrale eppure, in qualche modo, misterioso e perturbante. Quel giorno, invece, quell'incontro con la veggente avrebbe avuto un altro scopo, uno simile ad una tregua, o forse no. I passi di Belak accelerarono dopo aver notato l'ora, doveva arrivare prima lui di lei, seppur egli era sempre in ritardo. Fortunatamente non tanto quel giorno. Portava con sé una busta, una di quelle trasparenti bianche, le tipiche della spesa, ma nel suo interno non vi era traccia di cibo o di prodotti provenienti dal Market. Arrivato sul posto d'incontro, non esitò prima di salire sull'albero come una persona chiunque, come un saltimbanco, come un.... non-disabile. * << Vedi che è aperto, il lucchetto l'ho tolto. Non stare lì, arrampicata così. >> * La voce del ragazzo tuonò con una certa sicurezza. Non voleva di certo che la giovane, bussando, potesse farsi male, perché a quel punto sarebbe accaduto l'impossibile. * Willa Blainers Durante il tragitto, la veggente si era posta mille domande. Non che non si fidasse del ragazzo, ma temeva che in qualche modo l'avrebbe delusa, dopo tutto ciò che la sua mente aveva elaborato. Forse tutta pura fantasia, forse tutto un sogno, ma chissà, magari quella sera le sue aspettative si sarebbero realizzate. Era arrivata lì davanti in poco tempo, era salita e, senza entrare, aveva bussato. Lo aveva fatto per correttezza, per non sembrare invadente, ma ecco che, prontamente, la voce del ragazzo la obbligò ad entrare, facendole notare che fosse aperto. Il suo tono di voce sembrava nascondere un velo di terrore, ma per cosa? Aveva forse paura che potesse cadere? Quel pensiero la fece sorridere, tuttavia non sapeva se fosse così; dunque entrò, avanzò in quella casetta tanto accogliente, che le fecero venire alla mente diversi ricordi, ricordi piacevoli che mai avrebbe dimenticato. 《 Vorresti scusarmi per il mio outfit non elegante, spero tu possa apprezzarmi anche in tal modo. 》 Si presentò così, in modo diretto, perché sapeva ormai com'era fatto il ragazzo. Con sé non aveva portato nulla, nemmeno un piccolo regalo: e se gli avesse preso qualcosa che non avrebbe gradito? Non se lo sarebbe mai perdonato, dunque sperava che la sua presenza sarebbe bastata, almeno per quel giorno.
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   ★·.·´¯`·.·★𝕓𝕖𝕗𝕠𝕣𝕖 𝕥𝕙𝕖 𝕜𝕚𝕕𝕟𝕒𝕡𝕡𝕚𝕟𝕘 ★·.·´¯`·.·★ #Ravenfirerpg Joshua si era promesso di rimanere a casa finché non sarebbe cessato tutto quel caos, ma dopo i messaggi che si era scambiato con il suo migliore amico, l'istinto di andare da lui per farlo tranquillizzare e stare in sua compagnia diventò irrefrenabile. Sapeva che la sua famiglia lo avrebbe fermato, in particolar modo il padre, nonostante si trattasse di andare a far visita ad un amico che non stava bene psicologicamente; ecco perché decise di uscire dalla finestra: lui poteva capire Kaleb, non solo perché suo amico, ma anche perché lui stesso si trovava nella medesima situazione. Avete presente quando Rapunzel scese dalla torre grazie ai suoi infiniti capelli utilizzati come corda? Bene, Joshua fece lo stesso, ma senza alcun aiuto ( in modo prudente, si intende ) il tutto solo grazie alla sua testardaggine. Uno dei suoi motti era proprio quello di credere in sé stesso, percezione che, secondo il Maffei, Kaleb non sfruttava. Una volta riuscito nell'impresa, il ragazzo si diresse verso la sua meta finale e, raggiuntala, si avvicinò al garage, nel quale si trovava Kaleb. Evitando di chiamarlo ad alta voce, pensando si fosse rifugiato lì dentro senza che il padre lo sapesse, gli mandò un messaggio. 📲ωнαтѕαρρ мєѕѕαgє тσ: Brother☄ > Il rompiscatole di turno è arrivato. (✔) Kaleb Mieczyslaw Walker * La situazione era alquanto contorta, seppure i tormenti cittadini sembravano essere cessati da qualche giorno, eppure Kaleb comprendeva bene che lì, all’angolo di qualche vicolo della città c’era un mistero da risolvere, ma anche una soluzione, /la/ soluzione si quel caso che aveva portato James ad essere stato catturato. Amava il suo migliore amico ed era stato anche per questo che era sceso in piazza a fare il ribelle. Il ribelle, o forse meglio il giustiziere di pace, perché la verità era quella che quel gruppo professava non quella di suo padre, del sindaco e del resto. Non parlava con lo Sceriffo da tanto tempo. Non si faceva neppure aiutare o, quando capitava per ovvie ragioni, stava muto come a portare il muso per quella definizione che l’aveva ferito. Era un mostro, questo gli aveva detto, ma poi non si era fermato e aveva fatto pesare la morte di sua madre su di lui. Kaleb non avrebbe neppure voluto vivere se ciò costava la vita di Claudia, ma ella aveva deciso diversamente e non era colpa sua. Si trovava in garage, luogo che era perfino semi aperto. Aveva mille foto con sè, tutte spaiate su di un tavolo enorme a sinistra, appoggiato ad un muro. Erano foto delle vittime di Ravenfire. Erano le foto delle persone su cui si sarebbe occupato tra un esercizio di matematica e un aggiusto meccanico. Il telefono vibrò ed inevitabilmente lo sguardo del giovane si voltò su di esso e senza rispondere urlò con un gran sorriso. * « JOOOOSHH! ENTRA! » Joshua Maffei La risposta al suo messaggio arrivò subito dopo, ma non elettronicamente: Kaleb urlò a pieni polmoni il suo nome e solo in quel momento Josh notò che il garage fosse leggermente aperto. Si avvicinò ad esso e, alzando maggiormente la grande porta, vi entrò con più facilità. 《 Eccoti! 》 Esclamò sorridente, avvicinandosi al ragazzo che /purtroppo/ ancora si trovava sulla sedie a rotelle. Quale sarebbe stato il giorno in cui lo avrebbe rivisto in piedi? Gli mancavano quei tempi... 《 Allora, che mi racconti? 》 Guardandosi intorno, adocchiò alcune foto spaiate su un tavolo enorme a sinistra dei due e fu in quel momento che la curiosità, propria del Maffei, riemerse qualche secondo dopo. 《 Cos'hai scoperto? 》 Kaleb Mieczyslaw Walker * Quando la figura dell’amico si presentò sulla soglia del garage dopo aver spostato l’enorme entrata tipica, Kaleb sorrise come se non ci fosse un domani e mimò con entrambe le mani un gesto d’accoglienza come per dire “entra”. * « Che bello vederti! Sei proprio diventato un sex symbol, eh?! » * Esclamò spontaneamente e mosse la sedia a rotelle in avanti per potersi avvicinare anche lui. Era bello vederlo, davvero. Joshua gli aveva sempre illuminato le giornate, fin da quando si erano conosciuti. * « Sono alla ricerca di capire che è successo in questi ultimi mesi. Tuo padre e mio padre hanno coinvolto troppe persone e.... queste sono quelle che ho riconosciuto tramite un software che.. beh, ho scoperto su internet. Sai, non sono una cima, in informatica dico.. » * Spiegò tranquillamente, d’altra parte il danno che era stato fatto doveva corrispondere per forza a qualcosa* « Per adesso niente di importante... » * Finì con un sospiro* Joshua Maffei 《 Un...cosa? Ma quando mai! 》 Il ragazzo non poté fare a meno di ridere alla considerazione che fece Kaleb non appena entrò, mentre l'altro muoveva la sedia a rotelle per avvicinarglisi. 《 Oh, purtroppo so cosa ha combinato mio padre. Ultimamente non so come comportarmi con lui... 》 Sospirò, scrollando subito dopo le spalle. James era stato preso, ma non lui, non in quel momento. Lui era stato preso quando tutti parevano star elaborando ciò che era successo davvero. Se solo avesse potuto spiegare a Kaleb una parte della verità... A volte mentire lo innervosiva, lo faceva sentire in colpa ed era ciò che stava provando al momento. 《 Kal, sei in gamba, ti conosco. Non dare retta a tuo padre. Tuttavia, penso che ora ti meriti una pausa. Andiamo fuori? 》 Kaleb Mieczyslaw Walker * Quando il ragazzo rise alla sua risposta, Kaleb non poté non imitarlo in quella risata con una più fragorosa e convinta. Lo pensava davvero: Joshua era davvero un bel ragazzo e, soprattutto, non aveva mai perso il sorriso e mai l'aveva abbandonato, ergo ne si poteva dedurre che non avrebbe mai abbandonato nessuno. * << Ma dai! Lo sai anche tu! Scemo! >> * Controbatté con fare felice e bonario. Quando i due entrarono in argomenti più seri, Kaleb percepì in Joshua la stessa sua sensazione di essere in bilico, di non sapere bene come comportarsi con il proprio padre. A quel punto, quasi naturalmente, Kaleb fece spallucce. * << Nemmeno io so come comportarmi. Sono stati così ambigui, così... all'inizio mi sembrava che lo facesse per proteggermi, alla fine sembrava una vera e propria presa di posizione. Mi ha riversato di nuovo colpe che non ho, soltanto perché ho detto la mia... Hanno preso James e non mi ha dato una spiegazione. Non potevo non alzarmi le maniche e capire quale sia la verità. >> * La verità, almeno quella dettata dalla parte dell'originale, era quella che aveva esposto e null'altro. Era terribilmente estenuante non sapere bene, o comunque fingere di non sapere dell'esistenza dei Dooddrear, unica razza che conosceva grazie a Ivy, l'unica che aveva parlato con lui. * << Sì... penso di meritare una pausa. Più tardi spulcio qualcos'altro, devo pur trovare un solo appunto. A costo di...... Joshua, entreresti in ufficio da mio padre mentre io faccio il piantone? >> * Ed ecco che l'avventura poteva incominciare. * Joshua Maffei Inutile. Così si sentiva il giovane Maffei, da diversi giorni. Inutile ed in colpa nei confronti di tutti coloro che avevano dovuto subìre le direttive del padre. Eppure non era il solo. Anche il suo amico Kaleb si trovava nella sua stessa situazione: anche lui aveva combattuto con le scelte del genitore ed era per questo motivo che lo ammirava. Joshua era fiero di avere un amico come lui. 《 Allora usciamo da qui e andiamo a fare una passeggiata. Penso già di sapere dove andare. 》 Ma prima di fare altro passo verso l'uscita, le parole dell'amico lo fermarono. Che strana idea gli era appena passata per la mente? Non era certo di ciò che avrebbe dovuto fare, ma sicuramente lo avrebbe appoggiato. 《 Sputa il rospo. 》
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