Tumgik
Text
Figlio di Dio o del falegname?
Tumblr media
Un giorno lo stesso Gesù chiederà ai suoi discepoli: «Chi dice la gente che io sia?». Egli era quindi ben consapevole che voci e giudizi diversi venivano formulati sulla sua persona. Cristo però non smetterà mai di proclamare la verità circa la sua origine divina. Oggi la proclama, dopo la lettura del brano profetico di Isaia domenica scorsa, affermando che quella scrittura, proprio a Lui si riferisce e in Lui trova il pieno adempimento. Egli è l'inviato del Padre, il liberatore dell'uomo, colui che possiede la pienezza dello Spirito e che porta un annuncio di salvezza inaugurando il tempo della redenzione. Conferma la sua affermazione solenne con miracoli e segni, ma nonostante ciò continuano le contestazioni e le visioni miopìstiche sulla sua persona e sulla sua dottrina. Vittime di questi limiti e di queste trame sono i soliti scribi e farisei e tutti coloro che in essi in modi diversi si identìficano. Formano la schiera di coloro che presumono di guardare Cristo con la sola fioca luce della ragione e fanno tacere il dono della fede, soffocandola. È impossibile ridurre alle mere categorie umane le cose di Dio: Egli trascende i limiti della nostra migliore intelligenza e se non ci fossero la fede e la rivelazione, resteremmo al buio completo. Gesù visto con gli occhi della carne è il figlio di Maria e di Giuseppe, visto con i bagliori dello Spirito e con l'umiltà della fede è invece il Figlio di Dio, che ha assunto la nostra natura umana nel seno verginale di Maria. È triste costatare che anche quando Gesù cerca di illuminare e scuotere i suoi nemici riceve come risposta la loro indignazione e le loro minacce. Quanto accadeva ai tempi del Signore accade spesso anche oggi: dal buio della fede sgorgano le violenze e le persecuzioni perché la luce divina ha il potere di rendere visibili le cattiverie degli uomini ed essi non gradiscono che vengano svelate. Viene così da pensare che certe dichiarazioni di ateismo sgorghino spesso da un precedente disordine morale ed abbiano la loro radice dall'offuscamento del peccato. Per questo un cantore di Dio, un salmista, afferma: «Nella tua luce, Signore, vediamo la luce». Ed è per la stessa ragione che Gesù stesso si proclamerà Luce del mondo aggiungendo che chi lo segue avrà la luce della vita. La fede è un fuoco che arde solo se alimentato dalla preghiera e dalle buone opere altrimenti inevitabilmente si spegne.
4 notes · View notes
Text
Domenica 30 gennaio Meditazione Quotidiana J.Main da "Il Silenzio e la Quiete"
Tumblr media
dom John Main osb
    Non fraintendete l'impegno che la disciplina comporta, ossia accantonare tutte le limitazioni, che siano parole, idee, immagini, visioni o simboli.
       La meditazione somiglia alle sessioni di allenamento di un atleta. La ferrea disciplina conduce alla completa libertà di movimento nella prestazione, laddove la disciplina stessa viene trascesa. Se non lo si comprende, purtroppo si è portati a dire: "Medito un po'. A modo mio. Ripeto la parola di tanto in tanto. Quando me la sento. Cos'è tutta questa faccenda della dedizione assoluta?". A chi pensa in questo modo, infatti, la ripetizione del mantra per tutta la durata della meditazione appare essenzialmente un coacervo di rigidità assoluta e auto-limitazione, e potrebbe affermare che sarebbe come mettere lo Spirito santo in una camicia di forza. Eppure, come sa chiunque abbia praticato questa disciplina, non si può neanche lontanamente provare a mettere lo Spirito santo in una camicia di forza.
       Iniziate a ripetere il mantra dall'inizio alla fine e ripetetelo finché non ne potete più: a quel punto, se c'è in giro una camicia di forza, è lo Spirito santo che vi ci mette dentro: la camicia di forza di una inevitabile libertà. Nel silenzio assoluto c'è solo Dio, solo unione, quell'unione in cui "tutto è in tutti". 
0 notes
Text
Sabato 29 gennaio Meditazione Quotidiana J.Main da "Il Silenzio e la Quiete"
Tumblr media
dom John Main osb
            Il grande maestro di preghiera del quarto secolo, Giovanni Cassiano, aveva già rilevato questo rischio nell'alludere a ciò che egli chiama 'pax perniciosa', la pace dannosa. Questa vivida espressione indica qualcosa che occorre ricordare, se mai pensiamo di poter affermare: "Non farò un passo di più". Perniciosa significa chiaramente rovinosa, fatale. Sono convinto che nella preghiera molti non progrediscono come dovrebbero, né divengono liberi come sono chiamati a essere, semplicemente perché optano per questa apatia devastante e rinunciano troppo presto al loro faticoso pellegrinaggio sul declivio montuoso: abbandonando la ripetizione costante del mantra.
        Quando iniziamo a meditare, dobbiamo ripetere il mantra per tutti i venti o trenta minuti della meditazione, indipendentemente dal nostro umore o da qualsiasi reazione ci sembra di stare avendo. Divenendo più esperti nel ripeterlo con costanza, lo dobbiamo fare risuonare per tutta la durata della meditazione, quali che siano le distrazioni o le emozioni che sorgono. Poi, quando il mantra si sarà radicato nel nostro cuore, dobbiamo ascoltarlo molto attentamente, senza interruzione. 
0 notes
Text
La tempesta sedata.
Tumblr media
Perché avete paura? Non avete ancora fede? Nel breve commento al vangelo di oggi vogliamo riflettere su questo spunto molto attinente al nostro attuale contesto sociale. Siamo insidiati, ormai quasi vinti dalle paure! Sembra chiaro dal vangelo di oggi, che la radice delle nostre paure sia la mancanza di fede. Quindi, il contrario della fede non è l’incredulità ma la paura. Facendo omaggio al servo di Dio don Tonino Bello, riportiamo qualche riga della sua riflessione, che oggi è attuale come non mai. Infatti dice: "E' dal cuore umano che nasce e si sviluppa la nube tossica delle paure contemporanee. Paura del vicino di casa. Paura del proprio simile. Paura dello Zingaro. Paura dell’altro. Paura del diverso. Paura di uscire di casa. Paura della violenza. Paura del terrorismo. Paura della guerra. Paura di non farcela. Paura di non essere accettati. Paura di non essere più capaci di uscire da certi pantani nei quali ci siamo infognati. Paura che sia inutile impegnarsi. Paura che, tanto, il mondo non possiamo cambiarlo noi. Paura che ormai i giochi siano fatti. Paura di non trovare lavoro. Quante paure! Paura ha la stessa radice di pavimento. Viene dal latino pavére; significa: battere il terreno per allivellarlo. Anche terrore ha la stessa radice di terra. Paura, quindi, è la conseguenza dell’essere battuto, calpestato, allivellato, appiattito. Ora, che cosa ci chiede Gesù? La tempesta simboleggia i momenti difficili che attraversiamo appunto come questo della pandemia in atto. Quindi aver Gesù nella barca della nostra vita non ci rende immuni da momenti difficili. Impariamo dunque dai Discepoli. Nei momenti difficili chiamiamolo, invochiamolo, ossia sappiamo a chi e dove chiedere aiuto. Con Lui non dobbiamo avere paura e nulla ci deve spaventare!
0 notes
Text
La parabola del seme che cresce da sé.
Tumblr media
A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? Nel vangelo odierno emerge questa problematica che farà l’oggetto della nostra meditazione. Davvero il Regno di Dio è una parola enigmatica al punto che Gesù non ne dà una spiegazione chiara. Quando ne parla usa immagini, fa paragoni, similitudini. Prima di tutto bisogno precisare che il regno di Dio non è un luogo come pensiamo comunemente ma piuttosto uno stato di pienezza. E' Gesù stesso che dice che il regno di Dio è già in mezzo a noi. Ma in questo brano Gesù paragona il Regno di Dio come un seme gettato in terra. Il seminatore è Dio e il seme è la parola. Appunto, il punto focale di questa similitudine del seme, che cresce da sé, consiste nella certezza, che nonostante la quasi passività del seminatore, la mietitura ci sarà. Canta infatti il salmista nel salmo 126: chi semina nelle lacrime miete nella gioia. Nell’andare se ne va e piange, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con giubilo, portando i suoi covoni. Chiaramente la nostra semente è il bene che facciamo senza che nemmeno ce ne accorgiamo e i nostri covoni saranno la ricompensa escatologica. Infatti come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra… Chiediamoci cosa sta cambiando nella nostra vita grazie alla parola che ci feconda ogni giorno.
0 notes
Text
Venerdì 28 gennaio Meditazione Quotidiana J.Main da "Il Silenzio e la Quiete
Tumblr media
dom John Main osb
         La parola che vi consiglio di ripetere, la parola aramaica Maranatha, dovrebbe essere pronunciata senza muovere le labbra, ossia interiormente, nel vostro cuore, e dovrebbe continuare a risuonare dall'inizio alla fine della vostra meditazione. La meditazione è un processo di crescita, una crescita spiritualmente più consapevole e, come in ogni processo di crescita, ha la sua velocità, il suo ritmo. 
       Dovete, per così dire, radicare il mantra nel vostro cuore. Gesù ha parlato molto spesso della Parola evangelica che mette radici nel cuore degli uomini e che deve cadere su un terreno fertile.
In altre parole, tutto il nostro essere deve essere coinvolto in tale processo. Facendo risuonare il mantra e ritornando fedelmente ad esso ogni giorno, lo radicate nel vostro cuore e, una volta attecchito, prospera. Anzi, fiorisce.
     E il fiore della meditazione è la pace, una pace profonda. È una pace che scaturisce dall'armonia, dall'armonia dinamica che incontrate quando entrate in contatto con il fondamento del vostro essere, perché ciò che scoprite è che il mantra grida nel vostro cuore, il centro del vostro essere, che è radicato in Dio, il centro di ogni essere.
0 notes
Text
Tumblr media
Ricordare per non dimenticare!
0 notes
Text
Tumblr media
0 notes
Text
Tumblr media
0 notes
Text
Tumblr media
0 notes
Text
La Parabola della lucerna e della misura.
Tumblr media
Possono orientare la nostra meditazione, le due immagini che incontriamo nel vangelo di oggi, quella della lampada e quella della misura. Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? L’immagine della lampada è molte forte, ci interpella. Ma è anche facile a capire perché fa parte della nostra quotidianità, non possiamo fare nulla senza la luce. Ovviamente la lampada, di cui ci parla il vangelo, non è quella che attualmente ci costa cara nelle nostre case ma piuttosto la testimonianza della Parola di Dio, l’adesione alla fede. Infatti il salmista dice nel salmo 119: lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino. Sappiamo che l'importanza della lampada è quella di fare luce altrimenti non avrebbe senso. Quindi sarebbe insensato nasconderla sotto il letto, come ci dice il vangelo. Quante volte ci vergogniamo della nostra adesione a Cristo forse perché non sappiamo difenderlo oppure perché non riflettiamo più ciò che siamo? Dobbiamo essere fieri di appartenere a Cristo e trasmetterlo agli altri perché noi siamo luce della terra. Fate attenzione a quello che ascoltate… perché a chi ha, sarà dato, ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. Sono parole che scuotono la coscienza! L'altra immagine, quella della misura in Marco, si riferisce alla comprensione della Parola. Quindi stiamo attenti a come ascoltiamo la Parola. Non basta ascoltare però, bisogna mettere in pratica ciò che ascoltiamo.
0 notes
Text
Giovedì 27 gennaio Meditazione Quotidiana J.Main da "Il Silenzio e la Quiete"
Tumblr media
dom John Main osb
     Quando iniziamo a meditare è naturale chiedersi: "Quanto tempo ci vorrà?". Occorre che ci venga detto - e la nostra tradizione vivente ce lo dice - che non ci vuole tempo, ossia che serve solo il tempo per comprendere che non ci vuole tempo. Impiegare il tempo in modo autentico, infatti, significa pazientare. Quando siamo genuinamente pazienti, semplicemente disponibili, il piccolo ego che ci tiene concentrati su noi stessi svanisce nel nulla cui proveniva e il nostro spirito, centrato in Cristo, fluisce nella pienezza di Dio che è il silenzio e la sua fine, l'alfa e l'omega. 
       La fede è la nostra pazienza, la nostra apertura a ciò che già è, perché non stiamo aspettando tanto che Dio venga quanto di comprendere che Egli è con noi in Cristo, l'Emanuele, il Dio-con-noi. 
Dobbiamo imparare non  "rendere Dio reale", ma a diventare abbastanza immobili e silenziosi da consentire alla coscienza di Gesù, al suo Spirito in noi, di espandere e ampliare i confini delle nostre limitazioni, per rivelarci che siamo in Dio. 
0 notes
Text
Ridonare
Tumblr media
MichaelDavide Semeraro
La liturgia, dopo la celebrazione della festa della Conversione di San Paolo, estende, per così dire, la nostra contemplazione al ministero dei suoi discepoli. Se l’esperienza forte dell’amore invitto e della grazia penetrante sta al cuore e alla base dell’esperienza interiore che ha trasformato Saulo in Paolo, è più che naturale che l’eredità trasmessa dall’apostolo sia della stessa qualità: «ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani» e aggiunge con impagabile chiarezza:
«Dio, infatti, non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di prudenza» (2Tm 1,6-7).
Pertanto, non c’è nulla di violento o di virulento nella forza apostolica che Paolo ritiene di avere trasmesso ai suoi discepoli che, a loro volta, sono divenuti pastori. Il contesto di queste parole di Paolo rivolte a Timoteo è pieno di tenerezza e di squisita umanità che rendono, in tutta verità, questa forza in tutto evangelica e cristologica:
«ricordandomi di te nelle mie preghiere sempre, notte e giorno. Mi tornano alla mente le tue lacrime e sento la nostalgia di rivederti per essere pieno di gioia» (1Tm 1,3-4).
È stupendo poter cogliere in Paolo – ormai alla fine della sua vita e del suo ministero – gli stessi tratti del Signore Gesù alla vigilia della sua passione. Come non sentire tutto il dolore del Signore Gesù che, proprio mentre celebra la sua ultima e tanto desiderata Pasqua (Lc 22,15), vede sorgere «una discussione tra i discepoli: chi di loro poteva essere considerato il più grande» (Lc 22,24). Perenne e mai scongiurato pericolo che attenta alla vita di ogni comunità di discepoli e in particolare a ogni assemblea di pastori è la tentazione della preminenza! E per tutti – fedeli e pastori – è la parola del Signore Gesù, che sgorga dal profondo del suo più grande desiderio di dare la sua vita per noi perché sia fonte di speranza per tutti. Per questo i discepoli sono rimessi continuamente “sulla strada” per vivere della stessa logica del loro Maestro:
«li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi» (Lc 10,1).
Paolo e il Signore Gesù sono testimoni di un distacco interiore da ogni forma di potere, che comincia sempre con la ricerca di un certo comodo da cui, continuamente, il Vangelo ci disarciona: «Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali» (10,3-4). Segno di questo distacco e di questa libertà di Paolo è la memoria piena di ammirazione che si trasforma in fiducia verso il suo discepolo:
«Mi ricordo, infatti, della tua schietta fede, che ebbero anche tua nonna Loide, poi tua madre Eunìce e ora, ne sono certo, è anche in te» (1Tm 1,5).
L’apostolo e la tradizione apostolica si fondano su questa fiducia reciproca e su questa gratitudine verso coloro che ci hanno trasmesso la fede come un dono da godere e da trasmettere. Per questo il segno che garantisce di essere apostoli di Cristo e del suo vangelo, e non semplicemente di essere tra coloro che approfittano di Cristo e del suo vangelo, è questa sensibilità crescente all’onore dell’altro, che si manifesta nella capacità di accogliere la fede come dono, senza privatizzarla e senza identificarla con noi stessi. Se viviamo in questo respiro apostolico, la nostra sarà una vita «insieme… per il vangelo» (1Tm 1,8) e una testimonianza efficace di quanto
«È vicino a voi il regno di Dio» (Lc 10,9).
0 notes
Text
Mercoledì 26 gennaio Meditazione Quotidiana J.Main da "Il Silenzio e la Quiete"
Tumblr media
dom John Main osb
      La meditazione è la via per antonomasia per gestire le distrazioni, giacché il fine dell'unica parola è semplicemente portare la mente alla pace, al silenzio e alla concentrazione. Non si tratta di abbandonarsi solo a pensieri santi, ma di trascendere completamente ciò che intendiamo con pensiero. E il mantra, che serve a questo scopo, somiglia a un aratro che passa nella mente accantonando qualsiasi altra cosa - "appianando terreni accidentati".
       Ricordatevi che cosa disse Cassiano a proposito di "eliminare e rigettare l'abbondante e vasto materiale di cui sono fatti tutti i tipi di pensieri.". La mente infatti è "leggera e vagabonda", sensibile ai pensieri e alle immagini come una piuma alla più lieve brezza, e perciò Cassiano prescrive il mantra quale via per trascendere la distrazione e raggiungere la stabilità. 
        L'essenza, l'arte di recitare il mantra, consiste nel ripeterlo, sentirlo risuonare, ascoltarlo e ignorare le distrazioni. Date la priorità al mantra sopra ogni altra cosa. A poco a poco, perseverando nella ripetizione del mantra, le distrazioni perderanno consistenza. Il mio maestro mi diceva sempre che i primi tre obiettivi da porsi quando si inizia a meditare sono questi: prima di tutto, ripetere il mantra per tutta la durata della meditazione. 
      Questo è il vostro primo obiettivo, che potrebbe richiedere un anno oppure dieci. Il secondo obiettivo è di ripetere il mantra e rimanere perfettamente imperturbabile di fronte a tutte le distrazioni che sopraggiungono. E il terzo obiettivo è di ripetere il mantra per tutta la durata della meditazione senza distrarsi. 
0 notes
Text
Io sono!
Tumblr media
MichaelDavide Semeraro
Verso la fine della sua vita e della sua esperienza di credente, l’apostolo Paolo diventa capace di dire:
«Io sono un Giudeo… educato… formato… pieno di zelo… sentii una voce» (At 22,3ss).
Paolo ci indica il compito che riguarda ciascuno di noi, un compito che può realmente cambiare la nostra vita rendendola sempre più toccata dalla grazia fino a renderla capace di mediare il dono della grazia e della salvezza: passare dalla visione all’ascolto. Ciò che segna, fino a cambiare radicalmente la vita di Saulo-Paolo, tanto da toccare e incidere sullo stesso cammino della Chiesa, è questo passaggio fondamentale della sua vita sulla strada di Damasco ove:
«verso mezzogiorno, all’improvviso una grande luce dal cielo sfolgorò attorno a me; caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”» (At 22,7).
Per la prima volta l’apostolo sente pronunciare il suo nome come un appello e - sulle labbra di Cristo Signore - il suo nome rivela tutto l’abisso della sua verità: la promessa di una santità che esige un passo di superamento di se stessi.
Il testo insiste su un aspetto importante che differenzia Paolo da coloro che condividono il suo viaggio e che, molto probabilmente, partecipano alla sua missione contro i discepoli di Gesù:
«Quelli che erano con me videro la luce, ma non udirono la voce di colui che mi parlava…» (At 22,9).
Ciò che dà consistenza alla nostra vita discepolare non è, in realtà, quello che vediamo che corrisponde a quello che sappiamo, ma ciò che siamo in grado di ascoltare fino a lasciarcene cambiare. La parola che il Signore affida alla sua Chiesa è una traccia di discernimento non solo per l’annuncio, ma prima di tutto per l’esperienza di Dio:
«se berranno qualche veleno, non recherà loro danno» (Mc 16,18).
Il veleno più antico e il più pericoloso è quello che fece cadere i nostri progenitori, che furono ammaliati da ciò che vedevano e si nascosero invece alla «voce» (Gn 3,10).
Come Paolo, anche noi siamo in viaggio, come l’apostolo anche noi siamo in cammino per le nostre strade e, forse senza che neppure ce ne avvediamo, si apre davanti a noi una «Via» (At 22,4) che ancora non abbiamo intravisto e che pure è davanti a noi come una possibilità e un appello. Se ci lasciamo destabilizzare e ci rimettiamo per strada, allora sarà possibile scoprire chi siamo veramente, a partire da ciò che avremo accettato di diventare - per dire in verità - partecipando allo stesso mistero dell’Altissimo: «Io sono!». Certamente ricordiamo il giorno della nostra nascita, ricordiamo forse anche quello del nostro battesimo e di altri momenti fondamentali della nostra vita… ma ci sarebbe anche da festeggiare – nel segreto del cuore – il momento o i momenti in cui il passaggio della grazia ha segnato e cambiato la nostra vita dal profondo. È da festeggiare intimamente il momento in cui la nostra vita, pur sembrando uguale a se stessa, è diventata così nuova da esigere un passo indietro da ciò cui eravamo abituati con noi stessi… e questa sarebbe la conversione senza la quale rischiamo di rimanere ignoranti del meglio di noi stessi.
0 notes
Text
Martedì 25 gennaio Meditazione Quotidiana J.Main da "Il Silenzio e la Quiete"
Tumblr media
dom John Main osb
    Se volete imparare a meditare, dovete imparare a sedere immobili e a ripetere la vostra parola dall'inizio alla fine. 
Se riuscite a perseverare, scoprirete che, dopo aver ripetuto la parola per un po', sentirete una certa pace e serenità e sarete tentati di dirvi: "Va abbastanza bene, vorrei fare questa esperienza e capire cosa provo adesso. Smetterò di ripetere il mantra e andrò avanti con la pratica". Questa è la strada maestra che conduce alla rovina: non meditate per fare un'esperienza, bensì per entrare nell'esperienza.
     Meditare significa giungere alla consapevolezza e superare la coscienza introspettiva, imparare a guardare al di là di noi stessi, infrangere il sistema chiuso dell'auto-referenzialità che imprigiona l'ego, e lo facciamo proprio grazie alla disciplina con cui ripetiamo la parola. Nel ripetere la parola non vi soffermate sui vostri pensieri, non esaminate ciò che vi succede: lasciate andare. Nella visione cristiana, meditare è il semplice lanciarsi nell'infinità di Dio grazie allo Spirito che dimora nei cuori. Equivale a lasciarsi andare, a lanciarsi nelle profondità e, in ogni epoca storica, le persone hanno compreso che per abbandonare l'ego occorre un atto di fede.
0 notes
Text
Con il Dito di Dio...
Tumblr media
La scrupolosità degli scribi, pronti a puntare il dito, emerge ancora nel vangelo di oggi. Ma i farisei vanno più lontano, accusando Gesù di essere posseduto, perché scaccia i demoni per mezzo del capo dei demòni. Ma Gesù risponde, difendendo anche gli apostoli, come quando erano accusati di violare l’osservanza del sabato, del digiuno… Infatti replica Gesù: come può satana scacciare satana? Chiaro che può capitare per mancanza di discernimento che fraintendiamo gli altri giudicando i loro gesti secondo i nostri schemi mentali. Questo ci può capitare per carenza di discernimento, perché siamo accecati dai nostri pregiudizi e quindi non siamo più in grado di distinguere la destra dalla sinistra. Se vogliamo evitare questa trappola dobbiamo sempre aver lo sguardo di misericordia e non quello di pregiudizio nei confronti degli altri, se li vogliamo amare. E quindi lasciamoci interpellare da questo brano odierno, infatti quanto è difficile apprezzare il bene degli altri? E qui che la nostra fede è mesa in crisi, perché a volte si cade nell’invidia invece di gioire con chi gioisce. Nel penultimo giorno della settimana dell’unità dei Cristiani, il vangelo è luce per ciascuno di noi, per superare le barriere degli interessi, che ci separano uni dagli altri. Guardiamoci dalle divisioni perché non sono opere di Gesù ma piuttosto di satana. Preghiamo per la Chiesa, le famiglie, le comunità religiose… affinché Dio ci dia la forza di combattere la piaga delle divisioni che ci ruba la vita.
0 notes