Tumgik
#significa molto
perpassareiltempo · 10 months
Text
Ma amare una persona significa pensare che lei viene prima di tutto. Se non avessimo abbastanza cibo, darei a te la mia parte. Se avessimo pochi soldi, piuttosto che acquistare qualcosa per me, comprerei quello che tu desideri. Se mangi qualcosa di buono tu, è come se avessi la pancia piena anch'io. Se sei felice tu, allora lo sono anch'io. Questo significa amare una persona. Credi che esista qualcosa di più importante? A me non viene in mente nulla. 
Kyoichi Katayama - Gridare amore dal centro del mondo
48 notes · View notes
omarfor-orchestra · 5 months
Text
Ma quando arriva MirkoFrezza
1 note · View note
2stelle · 2 years
Text
Niente mi farà impazzire più di ‘sei povera? colpa tua. Trovati un lavoro che ti faccia guadagnare di più!’ mamma mia la gente privilegiata deve starsi zitta non aprire bocca sui problemi delle classi sociali più basse perche veramente non servono a nulla
3 notes · View notes
asllanismo · 6 months
Text
Molto onestamente dirò che io ero convinto che Bisseck fosse stato preso per fare numero, giusto per dire "visto? qualcuno in difesa abbiamo preso" quando i soldi veri volevano spenderli per l'attaccante. E invece!! Cioè va bene che ha giocato probabilmente per la mini-emergenza a destra però Inzaghi sembra fidarsi veramente, significativo che abbia scelto lui e non Stefanino e inoltre dimostra che ci stanno lavorando tanto su sto ragazzo
1 note · View note
gaysessuale · 2 years
Text
Ieri ho riguardato la terza serata di Sanremo 2021 e non sono ancora stato capace di elaborare il duetto di Max Gazzè e Daniele Silvestri
Tumblr media
cinema poetico
1 note · View note
ipusheveryoneaway · 7 months
Text
Mio padre mi diceva che
per far felice una donna non ci vuole molto,
ma ci vuole molto.
Cioè, si spiegava meglio,
non ci vuole molto impegno,
ma ci vuole molta passione.
Non ci vogliono molti soldi,
ma ci vuole molta creatività.
Per vedere se
la donna che hai accanto sta bene,
tu portala a passeggiare, mi diceva.
Portala nei vicoli della città,
portala a guardare le cose piccole,
come le vecchiette che
annaffiano dai balconi.
Che poi le passeggiate aiutano pure
ad innamorarsi di più, mi diceva.
Perché quando si cammina
i pensieri stupidi scorrono via,
e rimane solo il presente,
la bellezza del giorno, voi due.
Poi, portala a fare un aperitivo, mi diceva;
quella sarà la prova del nove.
Fate un bell'aperitivo insieme,
riposatevi dalla passeggiata,
bevete e mangiate, ridete,
diamine falla ridere.
E se dopo l'aperitivo ti dice:
io ho ancora fame, andiamo a cena ?
Allora significa che quella persona
sta davvero bene con te.
E felice, mi diceva.
Perché una donna quando sta bene
ha sempre fame.
Gio evan
229 notes · View notes
kon-igi · 4 months
Text
Tumblr media
8000 terroristi
su
22.185 vittime palestinesi (al 2 gennaio, sottostimate)
significa
14.000 vittime civili
su una popolazione di cui il 40% ha meno di 14 anni.
Quindi, anche se l'ONU nel diritto internazionale dà una definizione molto stringente di 'genocidio', direi che al netto dei numeri quello che stanno facendo gli assomiglia comunque molto.
Concludo ribadendo che una sofferenza subita in passato ti può dare la possibilità di comprendere meglio quella degli altri ma non è affatto detto che ti rende automaticamente una persona migliore.
Una possibilità evidentemente non colta.
143 notes · View notes
orotrasparente · 15 days
Text
quando vedo i miei amici che postano foto con le ragazze, fanno sorprese strane, fiori e tutto il resto e penso a me che non sono mai stato bravo in queste cose, ma in generale non sono mai stato molto bravo a esternare le emozioni perché è così che sono cresciuto, da bambino sminuivano ogni mio sentimento, non significa che ho avuto una infanzia di merda sia chiaro, semplicemente mi è stato inculcato il pensiero di dover trattenere piuttosto che lasciar andare, oggi sono una persona emotivamente instabile, scostante, non so dire ti voglio bene, non so amare nel modo giusto, non sono in grado di fare tante cose che nelle mie fantasie io farei anche ma il mio corpo proprio non riesce a metterle in pratica e quindi mi dico che c’è un motivo se gli altri restano con la stessa persona per decenni e io più di tanto non riesco a far durare una storia, magari prima volevo incolpare le circostanze avverse ma dopo tutti questi anni di fallimenti la realtà è che l’unica circostanza comune a tutte le situazioni sono io e quindi anche il problema è tutto mio
69 notes · View notes
ilfascinodelvago · 4 months
Text
La capacità recettiva delle masse è molto limitata e la loro comprensione è scarsa; d’altra parte, essi hanno una grande capacità di dimenticare. Premesso questo, tutta la propaganda efficace deve essere limitata a pochissimi punti che devono essere esposti sotto forma di slogan finché anche l’ultimo uomo sia in grado di comprendere ciò che ogni slogan significa.
Potrebbe averlo scritto Licio Gelli,
potrebbe averlo scritto Mussolini.
Invece è il Mein Kampf
e sapete chi lo ha scritto.
73 notes · View notes
angelap3 · 18 days
Text
Tumblr media
Non so perdonare. Né dimenticare.
Lettera scritta in risposta ad Alberto Jacoviello, inviato di «la Repubblica» e «L'Unità», che si scusava per averla offesa in passato.
Caro Jacoviello,
....chiedere scusa, come tu hai fatto, quando si ha torto, è sempre nobile. E non molti ne sono capaci, non molti ne hanno il coraggio. Però devo dirti ciò che dirò e, se non lo facessi, mentirei non solo a te ma a me stessa.
....Io non so perdonare. Né perdonare né dimenticare. È uno dei miei più grandi limiti forse, e il più lugubre. E meno che mai so perdonare quando una ferita mi è stata inferta da persone dalle quali mi aspettavo affetto, tenerezza, o sulle quali mi facevo illusioni positive. Ciò non significa, naturalmente, ch'io dichiari guerra o resti in guerra con coloro che mi hanno ferito, offeso. Significa che quelle persone le liquido. Le cancello dai miei pensieri, dalla mia vita. Se le incontro per strada le saluto, in alcuni casi ci scambio una parola, ma dentro di me è come se mi rivolgessi a un'ombra. Esse non esistono più.
.....In questi ultimi due anni, cioè da quando la morte e il dolore si sono abbattuti su di me indurendomi, ho liquidato più persone che in tutta la mia vita. Non v'è uomo o donna colpevole verso di me che non sia finito nella Siberia dei miei sentimenti.
Hai perfettamente ragione a chiudere la tua lettera dicendo che chi non sa perdonare condanna sé stesso alla solitudine. Però hai torto a ritenere che tale «condanna» sia per tutti insopportabile. E dimentichi il proverbio che dice: «Meglio soli che male accompagnati». Non sempre la solitudine è una prigione. A volte, per alcuni, è una conquista che difende da ulteriori ferite ed offese. Solo i deboli e i poveri di spirito hanno paura della solitudine e si annoiano a stare soli. Io non sono debole. Sono molto forte, e durissima ormai. Non sono neanche povera di spirito. Quindi non ho paura della solitudine.
Tutte le volte che ti ho visto mi hai raccontato antichi insulti scritti i pensati. E tutte le volte che ti ho visto è stato come ricevere una coltellata nel cuore. Mi ha colto una nausea che solo la mia capacità di controllo è riuscita a nascondere o a vestire con gli abiti dell'indignazione. È probabile che la tua coscienza si senta lavata dal fatto di avermi confessato quegli antichi insulti scritti o pensati. Ma io non credo che confessare un peccato equivalga a cancellare il peccato. Quel concetto cattolico, anzi cristiano, mi ha sempre inorridito. I peccati commessi restano peccati commessi e niente può cancellarli: né Dio, né il diavolo, né gli uomini, né una sfilata di pater e di ave-maria detti per penitenza. Ciò vale per me, per te, per l'umanità intera presente e passata. Ecco perché non riesco a perdonare. Non voglio.
Ciò è spietato? Sono tanto spietata con me stessa che non vedo perché dovrei essere dolce con gli altri. Il massimo ch'io possa consentirmi è rispondere in modo esteso a chi mi ha scritto in modo esteso. Spiegarmi a chi mi ha spiegato. Ed è molto. Tu sei l'unica persona fra le decine che ho liquidato, esiliato nella Siberia dei sentimenti, cui abbia detto no con una lettera e non col silenzio. Di solito oppongo un silenzio di pietra. Quello che seguirà a questa lettera.
E così farò, sempre, in tutte le circostanze della vita, con tutti coloro che tentano di impormi una prepotenza. E non cederò, mai. Mai. E guai a chi si permette o si è permesso o si permetterà di mettere in dubbio la mia onestà professionale e personale: che poi sono, ovvio, la medesima cosa.
Ora mi è più facile dirti addio.
Peccato. Ma addio.
Oriana Fallaci
41 notes · View notes
omarfor-orchestra · 10 months
Text
Posso dire una cosa
2 notes · View notes
pgfone · 5 months
Note
Ti seguo da un po' e da quello che ho capito sei un esperto in olio di oliva ti faccio quindi questa domanda da qualche tempo vedo sulle bottiglie di olio pregiato la scritta [BLEND] cosa significa? grazie, sono sicura che ci spiegherai questo mistero!
Esperto in olio di oliva mi ha fatto molto ridere ti giuro! XD
Allora, non è facile da spiegare ma cerco di semplificartela il più possibile, quella scritta significa che il produttore raccoglie le varietà di olive che ha presenti in oliveto separatamente, ne fa olio, e poi chiama un esperto che ne fa una miscela con le varie percentuali delle varie cultivar, questo lo si fa per dare oli più equilibrati possibile (non troppo piccanti, non troppo amari ecc..). Complicato eh? Ti faccio un esempio, io ho perlopiù 3 varietà di olivi: Leccino, Moraiolo e Frantoio, siccome queste olive danno oli completamente diversi tra loro, adatti a pietanze diverse, dovrei macinarle separatamente e poi chiamare un esperto che mi fa il blend, blend per il pesce, blend per le carni ecc ecc, insomma una vera e propria stronzata da chef stellato, visto che a mio parere il bello dell'olio italiano è proprio che ogni singolo oliveto (piantato da mani sapienti in passato) da un olio con dei profumi e dei sapori unici.
ecco tutto, spero sia abbastanza esplicativo.
112 notes · View notes
crazy-so-na-sega · 2 months
Text
L’idea che il sionismo sia un colonialismo di insediamento non è nuova. Gli studiosi palestinesi che negli anni ’60 lavoravano a Beirut nel Centro di Ricerca dell’OLP avevano già capito che quello che stavano affrontando in Palestina non era un progetto coloniale classico. Non inquadravano Israele solo come una colonia britannica o americana, ma lo consideravano un fenomeno che esisteva in altre parti del mondo, definito come colonialismo di insediamento. È interessante che per 20-30 anni la nozione di sionismo come colonialismo di insediamento sia scomparsa dal discorso politico e accademico. È tornata quando gli studiosi di altre parti del mondo, in particolare Sudafrica, Australia e Nord America, hanno concordato che il sionismo è un fenomeno simile al movimento degli europei che hanno creato gli Stati Uniti, il Canada, l’Australia, la Nuova Zelanda e il Sudafrica. Questa idea ci aiuta a comprendere molto meglio la natura del progetto sionista in Palestina dalla fine del XIX secolo ad oggi, e ci dà un’idea di cosa aspettarci in futuro.
Credo che questa particolare idea degli anni ’90, che collegava in modo così chiaro le azioni dei coloni europei, soprattutto in luoghi come il Nord America e l’Australia, con le azioni dei coloni che arrivarono in Palestina alla fine del XIX secolo, abbia chiarito bene le intenzioni dei coloni ebrei che colonizzarono la Palestina e la natura della resistenza locale palestinese a quella colonizzazione. I coloni seguirono la logica più importante adottata dai movimenti coloniali di insediamento, ossia che per creare una comunità coloniale di successo al di fuori dell’Europa è necessario eliminare gli indigeni del Paese in cui ci si è stabiliti. Ciò significa che la resistenza indigena a questa logica è stata una lotta contro l’eliminazione e non solo di liberazione. Questo è importante quando si pensa all’operazione di Hamas e di altre operazioni di resistenza palestinese fin dal 1948.
Gli stessi coloni, come nel caso di molti europei che arrivarono in Nord America, America Centrale o Australia, erano rifugiati e vittime di persecuzioni. Alcuni di loro erano meno sfortunati e cercavano semplicemente una vita e delle opportunità migliori. Ma la maggior parte di loro erano emarginati in Europa e cercavano di creare un’Europa in un altro luogo, una nuova Europa, invece dell’Europa che non li voleva. Nella maggior parte dei casi, hanno scelto un luogo in cui viveva già qualcun altro, i nativi. Quindi il nucleo più importante tra loro era quello dei leader e ideologi che fornivano giustificazioni religiose e culturali per la colonizzazione della terra di qualcun altro. A questo si può aggiungere la necessità di affidarsi a un Impero per iniziare la colonizzazione e mantenerla, anche se all’epoca i coloni si ribellarono all’Impero che li aveva aiutati e chiesero e ottennero l’indipendenza, che in molti casi ottennero e poi rinnovarono l’alleanza con l’Impero. Il rapporto anglo-sionista che si è trasformato in un’alleanza anglo-israeliana è un esempio.
L’idea che si possa eliminare con la forza il popolo della terra che si vuole, è probabilmente più comprensibile – non giustificata – sullo sfondo dei secoli XVI, XVII e XVIII, perché andava di pari passo con la piena approvazione dell’imperialismo e del colonialismo. Era alimentato dalla comune disumanizzazione degli altri popoli non occidentali e non europei. Se si disumanizzano le persone, è più facile eliminarle. L’aspetto unico del sionismo come movimento coloniale di insediamento è che è apparso sulla scena internazionale in un momento in cui le persone di tutto il mondo avevano iniziato a ripensare il diritto di eliminare gli indigeni, di eliminare i nativi e quindi possiamo capire lo sforzo e l’energia investiti dai sionisti e successivamente dallo Stato di Israele nel cercare di coprire il vero obiettivo di un movimento coloniale di insediamento come il sionismo, che era l’eliminazione dei nativi.
Ma oggi a Gaza stanno eliminando la popolazione nativa davanti ai nostri occhi, quindi come mai hanno quasi rinunciato a 75 anni di tentativi di nascondere le loro politiche di eliminazione? Per capirlo, dobbiamo apprezzare la trasformazione della natura del sionismo in Palestina nel corso degli anni. (segue nel link)
molto interessante
35 notes · View notes
vintagebiker43 · 1 month
Text
Indirizzata a Tajani da Vitalba Azzolini su X
"Premesso che ripetono tutti le stesse parole - da Valditara a Salvini a Tajani - come se avessero imparato a memoria un'unica scheda informativa divulgata in una chat privata, il discorso non torna:
1) le scuole hanno a disposizione alcuni giorni di chiusura facoltativi, e possono disporne in relazione al contesto sociale, culturale, educativo in cui operano. Dunque, possono chiudere per carnevale così come per un ponte o in un giorno in cui ci saranno molte assenze;
2) sospendere le lezioni per la fine del Ramadan non significa "santificare" quel giorno, ma prendere atto che, per esigenze didattiche, è meglio chiudere;
3) affermare che in Arabia Saudita le scuole non chiuderebbero per festività cristiane significa dire che il nostro ordinamento giuridico, la nostra cultura democratica, la nostra civiltà istituzionale è pari a quella di tale Paese o di Paesi similari: ma veramente Tajani pensa questo?
4) Inoltre, davvero Tajani reputa che la nostra identità - intesa come religione, tradizioni, cultura giuridica e democratica e molto altro - sia intaccata da uno giorno di chiusura delle scuole per esigenze didattiche determinate da assenze per la festa di una religione diversa dalla nostra?
Caro ministro, «La mente è come un paracadute: funziona solo se si apre» (Albert Einstein). Ecco, la apra."
25 notes · View notes
catsloverword · 2 months
Text
- Come sta?
- Insomma.
- Così male?
- Ho detto insomma.
- Lei quando dice che sta bene significa che sta male e quando dice che sta molto bene poi scopriamo che è il minimo accettabile per un essere umano. Con insomma mi fa un po’ preoccupare.
- Sempre insomma rimane.
- Vuole parlarne un po’?
- Non c’è niente da parlare, son sempre le solite cose.
- Se sono sempre le solite cose perché si sente così?
- Perché sono stanco. Sono esausto. E lo so che tutti sono stanchi e tutti sono esausti, e lo so che nel Sierra Leone ci sono i bambini soldato che immagino siano parecchio esausti pure loro, ma io questa settimana di più. Scusi.
- Non si scusi per essere stanco.
- Scusi.
- Sa cos’è lei?
- No, ma inizio a sospettarlo.
- Lei è un Atlante.
- Geografico?
- Mitologico. Conosce la leggenda di Atlante?
- Ho fatto il liceo artistico, conosco pochissime cose.
- Atlante era un titano che durante la guerra si era alleato con Crono, il padre di Zeus. Dopo la vittoria Zeus lo punì piazzandogli sulle spalle il peso del mondo.
- Ah sì, adesso mi ricordo, avevo una cosa DeAgostini con il disegno.
- Lei tiene sulle spalle il peso del mondo, del suo mondo, che poi è lo stesso. Non so quando o come, ma a un certo punto, qualcuno o qualcosa le ha fatto credere che quel peso fosse suo. Solo suo.
- Dice?
- Ci sono tante tribù in giro per il mondo, tribù affettive, tribù emotive, tribù nascoste, società segrete legate fra loro da vizi, paure, paranoie, traumi. E poi ci sono i figli di Atlante, come lei, piegati sotto il peso di tutto quello che si portano sulle spalle.
La vita un giorno vi ha detto “reggi qui un attimo” e voi, un po' perché siete stati colti alla sprovvista, un po' perché non volevate disturbare nessuno, avete risposto “va bene” e vi siete caricati qualcosa sulle spalle. E poi l'avete rifatto e poi l'avete rifatto ancora. Sa cos’è successo dopo ad Atlante?
- Si è reso conto che pagava uno psicologo per farsi raccontare puntate di Pollon?
- Un bel giorno arriva Ercole, che è impegnato nelle dodici fatiche e ha bisogno di una mano per recuperare le mele sacre nel giardino delle Esperidi. Così chiede aiuto ad Atlante, e in cambio si offre di reggere il peso del mondo per un po’. Atlante accetta di aiutarlo, si scarica il mondo dalle spalle e per la prima volta da chissà quanto tempo raddrizza la schiena e scopre com’è la vita senza quel peso costante a piegarlo.
- E poi?
- E poi niente, torna con le mele, Ercole lo frega con un trucco idiota alla “c’hai la scarpa slacciata” e gli piazza di nuovo il globo sulle spalle per il resto dell’eternità.
- Bella. Grazie. Adesso sto molto meglio. È sicuro che debba venire in studio e non possiamo semplicemente mandarci delle mail?
- Ogni tanto nella vita succede qualcosa, spesso son cose abbastanza banali, una buona giornata, un motivo d’orgoglio, un momento felice che riusciamo a non sprecare, cose che per un attimo il peso ce lo tolgono di dosso. E noi in quell’attimo percepiamo com’è vivere con la schiena dritta. Poi però arriva Ercole.
- E chi sarebbe Ercole?
- Questa è la parte deprimente. Il più delle volte siamo noi. Ci inganniamo in tutti i modi per convincerci a rimettere quel peso sulle spalle e finiamo col cascarci sempre.
- Perché non se ne andava?
- Atlante?
- Sì. Perché non mollava tutto, non mollava il mondo?
- Perché non è facile, perché era la sua punizione, e forse come succede spesso pensava di meritarsela. Ma io ho un’altra teoria.
- Sentiamo.
- Perché, a forza di reggerlo, si era convinto che quel peso fosse una sua responsabilità, che fosse lui quel peso. Lei pensa che quel peso che la schiaccia sia una sua responsabilità?
- Certo, è il mio mondo.
- Ecco, lei è un Atlante perché non ha ancora capito una cosa fondamentale.
- Cioè?
- Se è pesante non è il suo mondo.
Ordine Psicologhe e Psicologi del Veneto
Tumblr media
Illustrazione di Amandine Delclos
30 notes · View notes
occhietti · 8 months
Text
Tumblr media
Amare la solitudine non significa non avere amici. Non significa non sapere stare in mezzo agli altri.
Amare la solitudine non significa odiare le cene, le feste. Gli attimi di confusione. Le attese. Non significa rifiutare attenzioni o non avere mai bisogno di aiuto.
Le persone che amano la solitudine non sono noiose, silenziose, assenti. Non sono spente. Le persone che amano la solitudine sono pulite, sono vere. E portano dentro una luce meravigliosa. Perché è così.
Perché se ci pensate bene conoscono e custodiscono la forma d’amore più vera che esista. Perchè non è da tutti e costa molto caro prendersi per mano e raccontarsi la verità. Imparare a non aver paura mai di rimanere soli con se stessi e scegliere di vivere abbracciati alla propria libertà...
- Andrew Faber
72 notes · View notes