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#trascendenza
sophiaepsiche · 10 months
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Sul perdono
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“Molti parlano di perdono senza capire l’impercettibile ma grave pericolo che si nasconde dietro alcune situazioni, come ci si deve comportare? Il perdono è trascendenza o è un particolare comportamento?”
Sicuramente il vero significato è il medesimo, purtroppo però il termine ‘perdono’, col tempo, si è caricato di condizionamenti culturali e spirituali che sembrano dover implicare specifici comportamenti. Il perdono è stato troppo concettualizzato ed è collegato, almeno nell’immaginario comune, ad una serie di ‘istruzioni’ su cosa fare. Della serie: ‘se sei buono, ci si aspetta che tu faccia così’. Questo può creare ulteriori dissonanze cognitive in chi già viene confuso e manipolato da persone cattive, il che indebolisce ancor di più. Il perdono è quindi più fraintendibile e, sono d’accordo, può diventare anche pericoloso. Non a caso negli insegnamenti religiosi una delle virtù da coltivare è anche la prudenza, proprio per controbilanciare tutti questi concetti che possono essere fraintesi.
La nuda trascendenza non ha queste accezioni solitamente. È già spiritualità e, come tale, non è fatta di concetti, è la soluzione più pratica e semplice che ci sia. Se non provo rabbia o dolore, perché li ho trascesi davvero, non sento di aver nulla da perdonare, mantenendo, allo stesso tempo, un contatto con la realtà impeccabile e non manipolabile. La lucidità è priva della scia psichica e valuta molto meglio l’accaduto. Le azioni che ne conseguono sono solo frutto di intelligenza. Il perdono, ad esempio, non implica affatto continuare a frequentare una persona distruttiva e subdola, soprattutto se si deve difendere, non solo se stessi, ma anche qualche persona di cui si è responsabili. Lo ripeto, soprattutto se si è responsabili di qualcuno che deve essere difeso.
Non serve odiare il lupo per non farlo entrare in casa, serve solo il buon senso. Lo si può addirittura reputare bello e augurargli ogni bene. Con la trascendenza è impossibile nutrire avversione e relativi pensieri vendicativi e cattivi e questo basta di per sé. La pratica spirituale, nell’atto pratico, è sempre un processo di sottrazione, non è mai fatto di concetti o di consigli su cosa fare. Dobbiamo sempre e solo togliere contenuti mentali o emozionali, tutto qua.
La situazione più difficile che può capitarci è proprio quella in cui effettivamente non c’è via d’uscita. Potremmo vivere una situazione tossica da cui è davvero impossibile sottrarsi o una crisi generale in cui non appena trascendiamo una reazione, ne viene stimolata un’altra troppo presto. In questi casi dovrete avere compassione soprattutto per voi stessi e non condannarvi se, a volte, le vostre reazioni risultano un po’ nevrotiche. Continuate a praticare intensamente e imparate a farlo sempre. Queste crisi sono da prendersi come un corso full immersion di meditazione. Finita la crisi diverrete forti come leoni e avrete un distacco ben maggiore del precedente. Vedrete che la base della vostra pratica subirà una sorta di upgrade. Prendete tutto, ma proprio tutto, come uno stimolo alla pratica e purificate il più possibile. Le azioni che seguono la purificazione, così ottenuta, sono spontaneamente le più intelligenti,  che siano severe e restrittive o accoglienti e accomodanti. Questa spontaneità vi renderà più leggeri e agili.
La differenza tra concetti e trascendenza separa la sfera umana dalla sfera spirituale. Tutti i dubbi sulla spiritualità sono solo concettuali, perché, se praticassimo davvero, sapremmo che dobbiamo solo ed esclusivamente trascendere le reazioni interiori e i relativi pensieri che si presentano. In passato ho spesso definito i condizionamenti come ‘lato psichico della realtà’. È come un’appendice che può essere tolta da tutto, grazie al distacco. Una volta tolta, resta solo la realtà. Così sviluppiamo la capacità di riconoscere il vero dal falso e, inoltre, alleniamo la forza di accettare la realtà per ciò che è, e questo è l’antidoto migliore contro qualsiasi tipo di dissonanza.  
Il perdono e la benevolenza sono sottolineate in ogni religione perché il bivio tra creatività e distruttività (o tra bene e male, se volete) parte proprio dal dolore . Il dolore mal gestito degenera fino a causare risposte distruttive: rabbia, avversione, odio, vendetta. Chi è maturo e cerca perlomeno l’elaborazione del dolore a livello psicologico non diviene distruttivo e ha più energie per essere creativo. Può, però, ancora sbagliare parecchio nell’atto pratico, perché il suo perdono, come detto, può essere ancora condizionato da quella serie di aspettative che sembra comportare. Ancor più se chi ha intorno preme per un comportamento ‘da manuale’. L’influenza degli altri può far perdere la lucidità che serve in situazioni potenzialmente pericolose. 
Il contemplativo difficilmente farà questi errori perché trascende gli elementi psichici lasciando l’azione totalmente libera. Non si fa influenzare da consigli, frecciatine o paternali varie, non ha a cuore quello che gli altri pensano di lui ed ha la forza di stare solo contro il mondo.  Non c’è manipolazione che tenga. È dunque integro in un modo inaccessibile agli altri proprio in quanto più distaccato dal mondo e disinteressato a ciò che il mondo pensa di lui. Il contemplativo sa che Dio lo guarda e lo giudica da dentro, resta quindi a pulire dove davvero conta. 
Invece di decidere le azioni col pensiero, come gli altri, chi trascende segue un flusso naturale dettato dalla sensibilità. Quando si può sperare di salvare il salvabile, egli darà naturalmente delle seconde possibilità senza neanche pensarci. Se e quando arriva a chiudere del tutto con una persona, non sta chiudendo il suo cuore e la sua compassione, sta solo chiudendo la manifestazione esterna del suo amore, perché risulta controproducente. Tutto questo avviene intuitivamente e senza scelta. Avviene inoltre senza dubbi o pentimenti perché, in quel caso, è evidente che la persona in questione ha più possibilità di imparare col dolore della perdita che con la manifestazione aperta del suo amore. Il perdono non deve mai abbandonare i nostri cuori ma può manifestarsi o non manifestarsi esternamente.
Nella trascendenza, oltre alle risposte intelligenti e libere da condizionamenti, si verifica una vera e propria trasmutazione energetica. Ciò che interviene, in questo caso, non è più solo creativo, è creazione stessa. Si comincia, allora, ad essere testimoni di piccoli e grandi miracoli quotidiani. E vi assicuro che, se avete qualche hater incallito, comincerà a chiedersi come fate ad evitare gli ostacoli e a tramutare le loro vendette in benedizioni. Loro ancora non sanno che essere buoni conviene e questa lezione gliela può impartire solo un buono forte ed integro, saldo nella consapevolezza e dedito alla trascendenza. 
La spiritualità dona una forza divina e non una bontà debole.
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area1789 · 3 months
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L’autonomia delle creature e la loro dipendenza da Dio
L’ordine soprannaturale e quello naturale sono distinti, ma non separati. Nell’angelo c’è un duplice ordine che porta con sé una duplice beatitudine. Fu creato beato, ma nell’ordine della natura. Il suo fine: la beatitudine soprannaturale. Continue reading Untitled
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maotse · 2 years
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Nulla svetta. Nulla si approfondisce.
Noi non conosciamo più quel sacro tacere che ci eleva alla vita divina, fino al cielo. La beata dimenticanza di sé cede il passo all'eccessiva autoproduzione dell'ego. L'ipercomunicazione digitale, la connessione senza confini non crea legami, non crea mondi. Anzi, ha un effetto isolante e accentua la solitudine. L'Io isolato, privo di mondo, depresso, si allontana ad quell'esser soli foriero di gioia, da quella sacra cima del monte. Abbiamo eliminato qualsiasi trascendenza, qualsiasi ordine verticale che necessiti del silenzio. Il verticale cede il passo all'orizzontale. Nulla svetta. Nulla si approfondisce. La realtà viene livellata riducendosi a flussi di informazioni e dati. Ogni cosa s'allarga e prolifera. Il silenzio è un fenomeno della negatività. Esso è esclusivo, mentre il baccano derica da una comunicazione permissiva, estensiva, eccessiva.
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stefandreus · 2 years
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"Annunciazione", Olio su tela, 186 X 266 cm, Giovan Battista Salvi detto il Sassoferrato.
Vista dal vivo nel mio paese, per una "reunion" chiamiamola così, dei quadri del Sassoferrato...nel paese del Sassoferrato (nel 2017). Ero con un tizio che conoscevo, faceva la guida lì. Sembra che abbia letto i miei pensieri quando mi disse: "Guarda _ sembra una de noialtri".
E' proprio così. Il realismo nel volto della Madonna è qualcosa che mi ha lasciato interdetto. Non solo il realismo, come una donna che potresti incontrare tranquillamente cioè nel tuo paese, e già questo; ma anche il senso di...presenza oltre il tempo, è una ragazza d'ogni tempo e oltre il tempo.
Quando le parole finiscono e inizia la trascendenza.
Mi sarebbe successo anche alla Cappella Sistina ma purtroppo eravamo in gita...quindi chi comprende cosa sono le gite per certe persone...comprenderà.
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alberodelpensiero · 2 years
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Riflessione sugli elfi - seconda parte
Riflessione sugli elfi – seconda parte
Riprendiamo la nostra riflessione sugli elfi da dove l’avevamo lasciata. Qui potete leggere la prima parte dell’intervento. Buona lettura! Luce ed elfo. – A livello filosofico la luce è l’elemento simbolico fondamentale. Aristotele diede alla luce la caratteristica di essere il quinto elemento, l’etere, che circonda e comprende l’intero universo degli enti composti dai quattro elementi…
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dominousworld · 1 year
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Soggetto radicale e fenomenologia della trascendenza
Soggetto radicale e fenomenologia della trascendenza
di René-Henri Manusardi La percezione della Trascendenza Nel precedente articolo Soggetto Radicale e fenomenologia dell’Immanenza , abbiamo delineato l’Immanenza come prima forma di presenza diretta del Divino , all’interno della Via della Mano Vuota , che si manifesta antropologicamente come praticale abituale della Consapevolezza, la quale col tempo e la tenacia si trasforma in habitus…
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sauolasa · 2 years
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Atleta della trascendenza: un italiano vince la gara di fondo più lunga del mondo
Si chiama Andrea Marcato, ha 40 anni ed è un convinto vegetariano oltre che amante di preghiera e meditazione. Il che non è un caso, dato che la Sri-Chinmoy race fu concepita da un mistico indiamo come esercizio di trascendenza
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falcemartello · 5 months
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Perché di fronte alla fenomenologia lgbtp rimaniamo increduli e attoniti?
Perché non abbiamo la corretta chiave di lettura. Si tratta di una religione. Una volta capito questo sarà tutto chiarissimo.
Il punto è il trascinamento del trascendente nel materiale.
La (post)modernità è negazione del trascendente.
La Gender Theory vorrebbe sembrare qualcosa di "medico" o "psicologico" mentre ha tutte le caratteristiche della religione, compresa la trascendenza che viene riposta nella realizzazione sessuale trasformativa. Culto ermafroditico.
Boni Castellane
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In sostanza, questo è il risultato...
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SENSI DELL'ARTE - di Gianpiero Menniti
I FERMENTI NASCOSTI DELLA RIFORMA
Ecco una delle opere del Botticelli "maturo", influenzato dallo spirito della Firenze di Savonarola, il riformatore "ante-litteram" che a differenza di Lutero subì con la scomunica una sorte tragica. Non è dato sapere quanto la conversione verso la materia della trascendenza, legata all'iconografia cristiana, fosse dovuta a un moto dell'animo oppure alla fine dei fasti medicei e con loro alla committenza del "Magnifico" e della sua cerchia. Tuttavia, lo stile rimane inconfondibile, ormai radicato in un'estetica che non smette mai la ricerca della bellezza e dell'armonia di forme e tratti espressivi. Semplicemente, è trasposta in un nuovo campo del racconto per immagini. Ma qui, a colpire è la separatezza tra il luogo dell'avvenimento celeste (l'incoronazione della Vergine) e la consapevolezza partecipe dell'assemblea dei Santi confinati al di sotto, sulla terra. Era già accaduto alcuni anni prima con la "Pala di San Marco" dello stesso autore. Questa struttura del tema evangelico si affermerà, da lì in avanti, come uno strappo tra la modernità e il modello medievale, rappresentato, per esempio, dalle opere del "Beato Angelico" sul medesimo soggetto: quasi a marcare una distanza impossibile da colmare perfino per le figure dei Santi. Come un fardello pesante, l'esistenza terrena può solo aspirare alla beatitudine dell'ultraterreno. La fede e le opere non rappresentano una misura sufficiente. Non vi è libertà e nessuna certezza della grazia, il destino rimane segnato dal mistero. Questa è forse la traccia pittorica di un sentimento religioso che altrove, nella secolare crisi di autorevolezza del papato, stava meditando la riforma. Che in Italia, l'ancoraggio alla Chiesa di Roma, ha sopito in un limbo cocente ma inespresso. Sorprendente Botticelli.
- Sandro Botticelli (1445 - 1510): "Incoronazione della Vergine e Santi", data incerta tra il 1498 e il 1508, Villa La Quiete, Firenze
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sophiaepsiche · 8 months
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Le due facce del dolore
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"Perché in alcune tradizioni il dolore è esaltato, quasi cercato direi, e in altre è considerato qualcosa da superare?"
Perché sono le due facce della stessa medaglia.
Per prima cosa ricordiamo che la gestione del dolore è importantissima perché il dolore è l’emozione spartiacque tra i sentimenti di pace e quelli di distruttività. Non gestire il dolore porta alla distruttività, trascenderlo perfettamente porta all’amore e alla pace. Tra questi due estremi ci sono tanti gradi diversi di gestione: da quella puramente psicologica, ai primi tentativi di elaborazione in solitaria, che portano alla creatività, a quelli di presenza mentale, tipici della meditazione, fino ai risultati di trascendenza.
Chiunque abbia già una buona capacità di trascendenza del dolore ‘personale’ comincia a star meglio degli altri, non perché gli giungano meno colpi o abbia meno ostacoli ma perché li supera sempre meglio. Su questo mi soffermo un attimo per farvi notare che è sempre la pratica ad elevarsi e migliorare, mai il resto. Nessuno dovrebbe mai porsi limiti sulla pratica, i limiti dettati dalla natura umana sono più che sufficienti. Sappiamo teoricamente che esiste un grado talmente ottimale da non richiedere più uno sforzo ma il modo di arrivarci è di praticare sempre. I miei maestri, che non finirò mai di ringraziare, sono chiarissimi su questo punto.
Più capiamo che è la consapevolezza a risolvere tutto, meno la lasceremo andare. Meno la lasceremo andare e più risolverà tutto.
Tornando al dolore, quello che succede in chi supera ormai facilmente quello personale è molto importante: può cominciare a trascendere il dolore collettivo. Avendo compreso il carattere spartiacque del dolore, capirete che questo significa cominciare ad eliminare la distruttività dal mondo. Capite l’importanza evolutiva di queste persone? Forse no e purtroppo non si può dimostrare. Comunque, sebbene sia proposto in modo diverso nelle varie tradizioni, è una cosa naturale ed è presente in ogni insegnamento.
In oriente è generalmente più esaltato l’effetto positivo delle pratiche meditative: la serenità, la calma, la pace e si tende a dire meno che il realizzato è una specie di ‘macchina mangia karma’ dell’intera umanità. Si sa che è così e gli stessi illuminati a volte lo ammettono ma si dà più risalto al fatto che ne rimangono imperturbati. In occidente, soprattutto nel cristianesimo, è più esaltato il concetto di sacrificio, dell’offerta del dolore a Dio per salvare l’umanità, nello specifico per salvare ‘i peccatori’. Capisco che la terminologia cristiana è meno moderna e allettante ma è esattamente ciò che avviene. È solo formulato diversamente. Qui i concetti di ‘salvatore’ del mondo, per quanto riguarda Gesù, e di ‘co-redentori’, per i santi, sono da prendersi, per quanto mi riguarda, alla lettera. I santi non invitano il dolore per masochismo ma per consolidata capacità di trascendenza e il fatto di offrirlo a Dio rappresenta il loro motivo, ad imitazione di Cristo, esempio più straordinario mai giunto al mondo di tale capacità.
Il bilanciamento tra i due atteggiamenti apparentemente diversi, negli insegnamenti, è da cercarsi nell’eterna lotta tra conscio e inconscio. La pratica non è altro che questo.
La barriera del ‘personale’ è già molto ridotta nei praticanti esperti e le sensazioni in entrata, anche negative, non vengono neanche sempre percepite come proprie. So di ripetermi ma non è l’inconscio ad essere collettivo, è il collettivo ad essere inconscio. Qualsiasi sensazione salga al conscio, a prescindere se accompagnata o meno dalla sensazione ‘personale’, è un fenomeno collettivo. Questo il praticante esperto lo sa solo più degli altri.
Quando si presenta un’emozione sgradevole sa restare pienamente attento e fermo, in perfetta comunione con essa, determinandone la scomparsa.
Più fa questo, per i sentimenti, e più capisce e si allontana dal pensiero psichico, più acquisisce una sorta di trasparenza, dovuta proprio alla mancanza di barriera ‘personale’. Tale barriera, il nostro ego, è infatti solo un insieme di pensieri incessanti che riguardano il personale e di resistenze inconsce alle sensazioni che non vogliamo, il che sfocia, a seconda della gravità, in vari gradi di distruttività. Più va via la sensazione personale, più importante diviene il ruolo evolutivo dell’individuo per la collettività e più grande è la pace che egli prova. Questo è il secondo punto d'incontro che, nonostante la differenza tra terminologie, troviamo in tutti gli insegnamenti.
La pace è la meta di tutti.
‘Vi lascio la pace, vi do la mia pace’ dice Gesù. Anche se più sottolineata negli insegnamenti orientali, la pace è il risultato per tutti e, per fortuna, non è solo la meta finale, perché ogni tentativo di trascendenza, o anche di mera elaborazione del dolore, sarà ricompensato da una pace mai provata prima. Questa ricompensa spetta a qualsiasi praticante di qualsiasi livello. Intraprendere davvero questo cammino vuol dire cominciare ad accumulare talmente tanti vantaggi da non poter più neanche immaginare di vivere come prima.
Questa pace è da guadagnarsi interiormente attraverso ciò che, nel linguaggio meditativo, è presentata come ‘igiene mentale’, e, in quello devozionale, è espressa come ‘coscienza pulita’. Sono la stessa identica cosa. Qualsiasi sia il tuo maestro e la tua tradizione, o anche se non credi a niente e nessuno, la pace puoi averla se pulisci i contenuti psichici. Per farlo devi renderli dapprima consci, ed ecco le due facce della medaglia: la prima faccia del dolore non è tanto gradevole e dobbiamo imparare in primis ad accoglierlo, senza condanne o giustificazioni, senza resistenze, altrimenti non sale al conscio. Quando si presenta va ‘cercato’, proprio come dici nella domanda. Dopo tale accoglimento e in virtù di una totale comunione viene poi trasceso o ‘superato’… e arriva la pace, la seconda faccia del dolore.
Se si è molto pratici i due aspetti diventano quasi impercettibili, poiché meno c'è resistenza più c'è trasparenza.
Quando la purezza aumenta, infatti, si comincia una pratica più profonda in cui si trascende l’ego stesso e non più i contenuti psichici. Diverse tradizioni danno diversi nomi a questa pratica: ‘dimorare indipendente’, ‘dimorare nel sé’, dimorare nella ‘vacuità’, nel ‘silenzio’, nel ‘cielo’ dell’anima, nella ‘consapevolezza’, nell’‘auto-attenzione’, a volte lo chiamo samadhi. Qui si comincia a morire alla carne e a rinascere allo spirito. La sensazione di essere materia va via e l’evanescenza rivela la nostra vera natura. Che lo si chiami spirito, coscienza, consapevolezza o non lo si definisca affatto non importa, la cosa essenziale è che questa leggerezza la sperimenterai tangibilmente ogni volta che trascenderai il dolore, a qualsiasi livello lo farai, e potrai spingerti fin dove vorrai, anche fino al punto di non volerla più lasciare!
La teoria da sola non ha mai portato la pace a nessuno, la pratica sì.
Buona sperimentazione!
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Trascendenza
Ieri, in un video, ho sentito parlare della possibilità di "trascendenza" della razza umana, ma non in senso spirituale, bensì tramite la digitalizzazione della coscienza e l'ibridazione con la macchina fino a un totale innesto della coscienza in essa; poiché la digitalizzazione della coscienza non equivale, come vogliono farci credere, a un suo trasferimento, ma a una sua duplicazione, il termine trascendenza mi sembra abusato: il termine giusto sarebbe "reificazione", ovvero la riduzione dell'essere umano a "cosa", processo che nulla ha a che vedere con la trascendenza, ma che ne è, anzi, l'antitesi. Portando alle estreme conseguenze questo processo di reificazione dell'uomo, si potrebbe proiettare la visione di un mondo che sia un museo dell'essere umano, un cimitero di morti resi illusoriamente vivi in quanto privati della morte, e interagenti fra loro come riproduzioni di coscienze, di fatto senza coscienza, in quanto "macchine". In un mondo del genere, il termine "artificiale" attribuito alla sostanza fisica o all'intelligenza, perderebbe di significato per mancanza di termine di paragone con la natura, e gradatamente si verrebbe a formare un nuovo concetto di natura, del tutto coincidente con l'artificialità: non lo trovate affascinante? E non pensate che qualcosa di simile possa già essere successo…proprio a noi? 😊
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superfuji · 5 months
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Quanti anni aveva quando ha scoperto la matematica? Direi piú di quanti ne ha la memoria. Inizialmente mi sono dedicata alla musica. Ero perfettamente intonata. Lo sono tuttora. Piú tardi suppongo di essere arrivata a vedere il mondo come assai impermeabile a qualsiasi descrizione esaustiva ne venga data. Ma la musica sembrava sempre fare eccezione a tutto. Sembrava inviolabile. Autonoma. Completamente autoreferenziale e coerente in ogni sua parte. Volendola descrivere come qualcosa di trascendente potremmo parlare di trascendenza ma dubito che andremmo lontano. Ero profondamente sinestesica e pensavo che se la musica aveva una realtà intrinseca – colore e sapore – che solo poche persone erano in grado di cogliere, magari aveva altri attributi ancora da individuare. Il fatto che fossero cose soggettive non le bollava in nessun modo come immaginarie. Potrei fare di meglio, vero? La sto ascoltando. Se stirassi – per cosí dire – un brano musicale, mentre il suono scema il colore sbiadirebbe. Non so proprio cosa dedurne. Quindi la musica da dove viene? Nessuno lo sa. Una teoria platonica della musica non fa che confondere le acque. La musica è fatta di niente se non un pugno di regole alquanto semplici. D’altra parte è vero che non le ha inventate nessuno. Le regole. Le note stesse non corrispondono praticamente a niente. Ma come mai una disposizione particolare di queste note possa influenzare cosí profondamente le nostre emozioni resta un mistero che va addirittura oltre ogni speranza di comprensione. La musica non è un linguaggio. Non allude a niente se non a se stessa. Se vuoi chiama pure le note con le lettere dell’alfabeto ma non cambia. Per quanto curioso possa sembrare, non sono astrazioni. Cosí come la conosciamo la musica è completa? In che senso? Esistono categorie quali maggiore e minore che dobbiamo ancora scoprire? Sembra poco probabile, vero? Eppure molte cose sono improbabili finché non appaiono. E cosa esprimono queste categorie? Da dove sono uscite? Che cosa significa che sono di due diverse sfumature di blu? Ai miei occhi. Se la musica era qui prima di noi, per chi lo era? Da qualche parte Schopenhauer dice che se l’intero universo svanisse l’unica cosa che rimarrebbe sarebbe la musica. Piuttosto ardito. Lo credeva davvero? Probabilmente no. E lei? Penso che stesse solo cercando di stabilirne il primato. Della musica. In quanto fenomeno trascendente forse? Una cosa che può esistere senza bisogno d’altro? Può qualcosa esistere senza bisogno d’altro? A rigor di logica no. Se lo spazio contenesse una sola entità tale entità non esisterebbe. Non esisterebbe niente che ne giustifichi l’esistenza. Non capisco. Non importa. Fatto sta che questo è un mondo classico.
Cormac McCarthy - Stella Maris
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L’autonomia delle creature e la loro dipendenza da Dio
Ogni angelo è creato direttamente da Dio. San Tommaso spiega che gli angeli non sono creati fin dall’eternità, che è un connotato propriamente divino. Ma quando sono stati creati rispetto al mondo corporeo? Le due posizioni. Continue reading Untitled
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lonelyrosebindery · 1 year
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My first stab binding!
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It's a traditional 4 hole Japanese stab binding. The fic is 水火 by Trascendenza.
More pics below the cut.
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Yes, I lit the endpaper on fire. Yes, it was on purpose. No, I did not burn the house down. Yes, I burned my thumb. 😁
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canesenzafissadimora · 6 months
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Io, un tempo, credevo solo a ciò che era osservabile, ripetibile, dimostrabile, e avevo una grande fiducia in questo metodo di accettazione o rifiuto di conoscenza. Sennonchè a un certo punto mi sono accorto che con la razionalità si può anche accumulare una grande conoscenza ma non si può riuscire a essere felici. La consapevolezza dell’anima può arrivare attraverso o un’esperienza diretta o un’esperienza di trascendenza, o attraverso un’esperienza che porta ad aprire la propria capacità intuitiva, cioè partendo dal presupposto che ogni essere umano, nessuno escluso, è dotato per natura di una capacità intuitiva che potenzialmente gli può consentire l’accesso a qualunque conoscenza.
Franco Battiato
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