Tumgik
#propria res
phjlavtia · 7 months
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my brain's drawing connections i myself am not even able to catch up with
#its just.#il parallelismo padre-figlio/catone-roma/libertà/roma come repubblica#e il padre-figlio/patria-pompeo#catone che si immagina quasi come un pater patriae che stringe tra le braccia il cadavere di roma senza ancora sapere di essere destinato a#suicidarsi ad utica lontano dal cadavere della res publica (non ci sono più forze repubblicane cesare ha vinto ha rimandato il funerale#fin troppo e ora si rifiuta di vederne bruciare il cadavere?)#e pompeo che fugge dalla res publica e forse e perfettamente cosciente che sarà lontano dalla propria patria dove troverà la sua fine#nessuno dei due alla fine vedrà le fiamme che avviluppano le carni della res publica#e poi foscolo e la madre/patria#almen le ossa rendete allora al petto della madre mesta#foscolo in esilio cosciente che troverà la sua fine lontano dalla patria/madre e implora che almeno i suoi resti possano tornare tra le sue#braccia e la condizione di esilio eterno il crescere passivamente nella propria patria e sciegliersela poi attivamente difendendola e#combattendo per essa e la realizzazione del dover morire senza lo sguardo della propria madre/patria e senza il suo abbraccio#una pietà di michelangelo senza maria#una pietà di michelangelo senza cristo e maria che rivolge lo sguardo oltre l'osservatore verso il vuoto#raga non lo so im just talking at this point#i was probably mildly reaching the entire time idk. my brain just started screaming this at me#e poi.#il padre che innalza la pira e tiene le tetre torce fra le mani/catone disposto a tenere dietro al vacuo fantasma della res publica#la patria che viene risparmiata dall'essere macchiata dal sangue del suo figlio pompeo/l'implorazione di foscolo che almeno le sue ossa#possano essere sepolte nella terra della patria che è stata risparmiata (privata indebitamente?) del suo sangue#idk. a lot of reaching im aware#reference tag#hania collects
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kon-igi · 7 months
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A COSA FA MALE IL PORNO
Il titolo è fuorviante ma siccome cerco di tenerli corti per il colpo d'occhio incuriosente (non è proprio clickbait ma quasi), in realtà l'argomento è estremamente serio e si riaggancia al mio precedente post sul patriarcato dei 'cari amici uomini'.
Il porno, così come lo si (dovrebbe) intende(re), è la rappresentazione visiva di una manifestazione fisica, nello specifico della sessualità e in genere dell'affettività: ci si sofferma in modo evidente sull'atto del copulare o su pratiche che orbitano comunque intorno alla sfera genitale o paragenitale.
Premettendo che LA CONSENSUALITA' sta alla base di qualsiasi pratica - anche la più estrema - e che questo mio ragionamento ha pure valore indicativo di una mia intuizione senza alcun giudizio (TL;DR fate tutto quello che volete con il/la vostro/a partner se maggiorenne e capace di decidere per sé) ho notato che il porno mainstream offre TANTISSIMO MATERIALE su pratiche sessuali in cui la donna, per quanto immagino e spero consensuale, viene degradata e umiliata dalla controparte maschile, con tanto di mascara colato per lacrime e secrezioni varie, difficoltà respiratorie per dita strette attorno alla gola oppure oggetti e parti di corpo infilati a lungo in gola e posizioni un po' troppo costrette.
Per carità, io lo so che chi mi legge lo fa come gioco di ruolo in cui la propria partner è consenziente e consapevole di recitare un ruolo limitato nel tempo e che poi la vita prosegue nel rispetto reciproco
MA
vista L'ENORME QUANTITA' di materiale video con tali modalità che, senza scomodare canali specifici, sembrano comunque essere la norma, non vi sembra che il ruolo dell'attrice, dell'esordiente o della semplice persona che fa il video amatoriale sia quello DI SODDISFARE IL DESIDERIO DELLO SPETTATORE MASCHILE DI AVERE UNA DONNA SOTTOMESSA A TUTTE LE PROPRIE FANTASIE DI CONTROLLO E DI DOMINIO?
Lo dico perché io ho ricevuto questa impressione e anche se non mi addentrerò mai nel ginepraio del vietato (lol) ai minori di 18 anni, mi chiedo come una persona giovane possa codificare per sé una sessualità rispettosa del consenso se praticamente non esiste il concetto di educazione sessuale/affettiva e questi è demandato a contenitori di porno dove un 80% di video dipinge il ruola della donna in questo modo.
Nessuna soluzione diretta e/o immediata, per carità, e soprattutto nessuna censura o proibizione, però se esistono video che provengono da un sito (forse ora chiuso) che si chiama ex-gf e che alcune donne hanno sentito il bisogno di inaugurare un genere che si chiama 'porn for ladies', forse un problema di percezione e di educazione a monte esiste.
Grazie degli eventuali contributi ben ragionati ma tenete i coltelli nei foderi perché io comunque sarò sempre più veloce a estrarre e a rovesciarvi le budella sulle scarpe <3
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ma-pi-ma · 10 months
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Non fatevi ingannare, adesso, dall’unanimità, con qualche puntino sulle i, del cordoglio.
Persino il modo in cui se ne è andato, con gran dignità, è stato un atto di orgoglio e di coraggio, di tenacia, di grinta, di passione. Anche negli ultimi giorni della sua vita l’agenda era sempre piena, appuntamenti disattesi solo all’ultimo per non rinviabili problemi di salute.
Non fatevi ingannare, adesso, dai vari slogan che leggeremo bipartisan: “un grande politico, un grande imprenditore, un uomo intelligentissimo”. Vacui tentativi di ristabilire i migliaia di torti rivoltogli in vita.
Non fatevi ingannare, adesso, dai toni docili e compassionevoli da chi, fino a pochi anni fa, urlava al dittatore fondando la propria carriera e gloria di periferia sull’antiberlusconismo.
Non fatevi ingannare, insomma, dalla solita ipocrisia tutta italiana, che col morto seppella cattiverie gratuite rese per rimpiazzarle da elogi falsi e, tutto sommato, vigliacchi.
Se ne va un uomo di successo e di fortuna, un uomo intelligente, furbo, scaltro. Un imprenditore capace, il Re Mida italiano che ha trasformato in oro qualsiasi impresa al solo tatto.
Se ne va un uomo di libertà. Libertà pagata a caro prezzo, perché in una democrazia tutti possono tutto, tranne se ad esercitare la libertà era Silvio Berlusconi. L’uomo più invidiato d’Italia, ma di un invidia che ha distrutto e umiliato solo gli invidiosi, mai l’invidiato. Se ne va un uomo di pace.
Se ne va un uomo che ha amato l’Italia, Paese che non ha mai abbandonato.
Se ne va un uomo generosissimo. Un uomo che ha sempre fatto beneficienza senza darla in pasto ai giornali, ma con riserbo e umanità. La stessa umanità esercitata quando fu condannato ai servizi sociali presso una casa di riposo, dove li parlava con le anziane, ascoltava le loro vite, raccontava i suoi migliaia di aneddoti, portava doni e allegria.
Se ne va un grande comunicatore, il più amato ed il più odiato di sempre: in entrambi i casi tutti gli hanno dedicato un sentimento. Si chiude un capitolo di Storia ed oggi è impossibile non essere tristi.
Mario Improta
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fridagentileschi · 5 months
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A Roma c'è una splendida ed antica piazza che sorge tra vetuste mura romane in parte crollate.
Lì è posta la statua a cavallo di Giorgio Castriota, detto "Skanderbeg" o Alessandro riferendosi ad Alessandro, il grande re e famosissimo conquistatore.
Il Castriota, rapito dal sultano, fu convertito all'islam e razzió senza freni le coste italiane, la stessa Albania tanto da meritarsi il titolo di Iskander "conquiststore".
Ma per miracolo divino, una lettera della madre lo fermó... Comprese cosa stesse facendo e abiuró la fede isl@mica tornando ad essere cristiano.
Ritornó in Albania e combatté per 20 anni il sultano che l'aveva rapito, bloccando, di fatto, l'avanzata dell'impero Bizantino nel cuore dell'Europa.
Dobbiamo moltissimo a questi personaggi come il Castriota e a Vlad Têpes perché hanno trascorso la VITA a combattere l'avanzata dell'isl@m...
Quando vedo in televisione certe scese nel mare della mia amata Terra Patria,Italia mia, mi si rivolta lo stomaco!!
I due grandi uomini si stanno rivoltando nelle loro fredde tombe!!
L' idolatria come è scritto nella Bibbia è il male del mondo perché permette di amare tutto senza amare nulla: la dove tutto è Patria non c'è Patria.
Possa Iddio far sorgere lo Spirito dei due eroi in ognuno di noi innamorati della propria Patria!!!
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ilpianistasultetto · 1 year
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Siamo stati tutti ragazzi e tutti siamo andati a scuola. La storia e' sempre stata una materia ripetitiva. Partiva sempre da lontano, dagli uomini primitivi. Poi si perdeva nei rivoli del prima e dopo Cristo. Arrivava giugno e ti ritrovavi quasi sempre alle prese con mille camice rosse e con Garibaldi che "obbedisco" al re piemontese, incontrato a Teano. Qualche anno riuscivi a sentire il mormorio del Piave o vedevi un omaccione tozzo e pelato su un trattore intento a spigolar grano per rendere opulenta l'italica patria. Mai si andava oltre. La storia contemporanea si studiava dopo, finiti gli studi, da "autodidatta", tra politica, letture e filmografie neorealiste degli anni '60-70. Chi sapeva pero' spiegare bene la storia moderna erano i milioni di persone che quel periodo lo hanno vissuto sulla propria pelle. Ecco che oggi, invece, si alza la seconda carica dello Stato, il fascista Ignazio Benito La Russa e in 5 min spiega come e' andata negli anni prima del 25-aprile-1945. Niente occupazione nazista, niente fascismo, niente tirannia, niente sanguinari nazionalisti. L'italia era un Paese triste, povero, analfabeta e senza cultura, cosi Mussolini invito' l'amico Hitler a mandare in Italia le sue migliori bande musicali per allietare il popolo. Roma fu la piu' fortunata. Tutti i giorni era traversata da un battaglione di musici tirolesi che allietava bimbi, donne e anziani con la loro migliore canzone, Hupf mein Maden..
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C'era divertimento, allegria, euforia al passaggio di chi era venuto nel nostro Paese per regalare divertimento e cultura. Fin quando non arrivo' un gruppo di facinorosi assassini partigiani comunisti e.. buuummm..fecero un attentato contro quei poveri suonatori innocenti prossimi alla pensione. @ilpianistasultetto
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libero-de-mente · 4 months
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𝗗𝗶𝗮𝗿𝗶𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹'𝗔𝘃𝘃𝗲𝗻𝘁𝗼
𝟲 𝗱𝗶𝗰𝗲𝗺𝗯𝗿𝗲 𝟮𝟬𝟮𝟯
Caro diario,
oggi ho conosciuto una madre.
Una madre coraggiosa e determinata, nonostante abbia perso da non molto la sua giovanissima figlia.
Come le ho detto esistono molti termini per definire la perdita di un famigliare. Puoi diventare vedova o vedovo, orfana oppure orfano, ma non esiste un termine per chi perde una figlia. O un figlio.
Potrei pensare che il termine adatto sarebbe "inumano".
Mentre l'ascoltavo ho pensato a Niobe, nella mitologia classica si racconta di lei. Della punizione degli dei che per mano di Apollo e Artemide uccisero i suoi figli. Niobe pregò Zeus di trasformarla in pietra per non soffrire. Zeus l'accontentò e, nonostante la sua figura si trasformò in roccia, continuò a piangere per il grande dolore. In eterno.
Invece questa donna in carne e ossa mi ha investito con la sua forza, la sua determinazione a trasformare il suo dolore in una condivisione con chi ha provato sulla propria pelle questo inumano destino.
Un genitore non dovrebbe mai assistere al funerale di un suo figlio.
Questa madre, perché ancora lo è nel cuore, ha tanti progetti, tanta energia e un cuore immenso. Mi ha riscaldato.
Questa sera rincasando ho raggiunto i mie figli, sono entrato in camera loro e senza dire una parola li ho abbracciati. Fortissimo.
Ho capito dai loro sguardi che stavano chiedendomi cosa fosse successo ma, incrociando il mio sguardo, non l'hanno fatto.
Credo che un paio di lacrime non sia riuscito a trattenerle e questo li ha paralizzati.
In questi giorni di dolore in cui il padre di Giulia, Gino Cecchettin, durante il funerale ha detto: "Nonostante la sua giovane età era già diventata una combattente, un oplita come gli antichi soldati greci", io per restare in tema mitologico, paragono questa donna conosciuta a Gorgo, la regina spartana moglie di re Leonida.
Tanto è il suo coraggio e la sua forza nell'affrontare a viso aperto questa vita che l'ha colpita così crudelmente.
L'avere conosciuto questa madre è un dono prezioso per me, perché avrò molto da imparare da lei.
Le persone più profonde sono quelle che seppur piene di dolore e sofferenza evitano di riversarli sugli altri.
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susieporta · 3 months
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Quattro di Denari.
"Io ti libero dal mio senso di perdita".
Ci sono delle esperienze di relazione che non ci siamo mai concessi di vivere con onestà.
In particolare nella dimensione della coppia.
Memori di antiche sofferenze e tradimenti, la maggioranza delle relazioni ruotano intorno ad un senso di perenne "disillusione", mista ad aspettativa e controllo.
In quest'ottica "non è concesso sbagliare", allontanarsi dallo "schema madre", portare ad evoluzione le energie che vogliono trasformarsi. E neppure ripristinare le originali condizioni di connessione.
Non si riesce proprio a considerare la possibilità che ci si possa amare senza il doloroso bisogno di "controllare l'esperienza dell'altro".
Non si coltiva la fiducia reciproca. Né il confine sacro dei rispettivi spazi evolutivi.
Si controlla costantemente l'altro attraverso la sotterranea o manifesta svalutazione, il giudizio, la sottile imputazione della colpevolezza: "Io sto male perché tu non mi vedi, non ti curi di me, non mi sostieni, non mi ami abbastanza".
O al contrario: "Mi stai troppo addosso. Mi togli l'aria".
O ancor peggio: "Io vedo ciò che mi interessa vedere. Io amo il mio bisogno, non la tua essenza",
Tutto ruota intorno a modelli idealizzati, derealizzati, finti, recitati e definitivamente lontani dalla realtà delle cose.
Quante fratture crea la disfunzione di comunicazione! Quanti traumi irrisolti nella sfera emotiva! Quante incomprensioni e accuse!
Amare è un atto di pura accoglienza.
Ed è una profonda scelta d'Anima e di Cuore.
Si ama cio che è. Non ciò che vorremmo che fosse.
Ed è umanamente complesso.
Perchè ci hanno ingabbiato nell'aspettativa del "per sempre", nella vergogna del tradimento, nella favola della principessa salvata dal principe, nella triste e depauperante sensazione che evolvere e lasciare andare una relazione sia un atto di feroce e crudele disamore.
Evolvere è fondamento della natura umana. Cambiare, crescere, scoprire nuove parti di noi stessi, manifestare nuovi desideri.
Non tutte le relazioni debbono forzatamente durare "per sempre".
L'Amore dura per sempre. Non la relazione.
E l'Amore sente sempre quando il compito evolutivo condiviso è concluso.
Quando è necessaria una separazione per poter permettere ad entrambi una nuova esperienza di se stessi.
Il "per sempre" è nel Cuore.
Se hai amato veramente qualcuno, seppur la relazione fosse minata dalla classica dinamica distruttiva e disfunzionale, quella memoria affettiva ed emozionale non morirà mai.
Perché amare è un atto interiore potente e personale, non appartiene all'altro. Ma a noi stessi.
E come tale ritorna sempre a chi l'ha generato. Sempre.
Perciò lasciate che tutto si rompa quando è destinato a concludersi, quando l'esperienza ha esaurito la sua funzione.
Non è negando l'Amore che si passa oltre, ma riconoscendo la fine di un viaggio insieme.
Ciascuno dovrebbe benedire la strada che l'altro ha scelto di percorrere lontano da noi.
E riempire d'amore e di curiosità la propria.
Ci sarà un momento in cui le Anime si re-incontreranno e si inchineranno l'una all'altra, come segno di rispetto e di devozione reciproca all'altrui spazio evolutivo. Senza giudizio, senza rancore, senza recriminazione. Con Amore, Riconoscimento e tanta tanta Gratitudine per l'esperienza condivisa.
Forse non subito. Non adesso.
Ma accadrà.
Perché non siamo qui per soffrire o per sacrificare i nostri Doni alla gabbia sistemica.
Siamo qui per manifestare la nostra Bellezza.
Per risplendere dei nostri Doni.
Per sperimentare attraverso l'Altro la nostra crescita ed evoluzione.
Per spronare chi amiamo a sentirsi libero di vivere, di sperimentare, di espandere il proprio sogno interiore.
Non certo prigioniero e costretto ad asservirsi alla nostra Ferita.
A quella ci pensiamo noi. Siamo adulti.
In una reciprocità che non ricatta, non sminuisce, non spegne il fuoco interiore.
E' per pochi.
Ma sarà per molti.
Si chiama Amore.
Mirtilla Esmeralda
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scogito · 10 months
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"Lo spettro dell'omofobia ormai è una psicosi collettiva.
Sono stato in prima linea a livello tanto pubblico quanto personale a combattere ogni forma di discriminazione delle inclinazioni sessuali fin dagli anni '90, e quel che sta avvenendo oggi ha a che fare con quella lotta quanto fornire armi ai nazisti ucraini ha a che fare con la pace: è soltanto una becera, stupida, offensiva, contraddittoria e oltretutto illogica strumentalizzazione.
Quel che si fa oggi, dai testi di scuola ai contenuti delle serie TV, è destrutturazione programmata di qualsiasi modello di riferimento identitario ad ogni livello concepibile. E non è solo del tutto controproducente riguardo all'evitare discriminazioni di ogni genere (di fatto le rende molto più socialmente accettabili, come abbiamo visto negli ultimi anni) ma è anche e soprattutto una operazione psicosociale assai pericolosa: senza un modello di riferimento non puoi né accettare né rifiutare, senza un "altro da te" non c'è nemmeno un "te". Questi non stanno difendendo identità di minoranza, stanno cancellando il concetto stesso di identità individuale.
(Stefano Re).
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In questa società tutto è possibile poiché si arriva a capire il senso delle cose sempre troppo tardi.
La gente non impara né dai propri errori, né da quelli della comunità.
Se oggi si destruttura l'identità delle persone è solo perché non c'è mai stata prima. Le persone hanno una falsa identità di massa, che non è la stessa cosa di quella individuale.
Cioè la gente non ha capito né ha imparato che doveva creare la propria identità, anche a costo di lasciare il branco di appartenenza.
Perciò la maggioranza oggi non ha un ego, oppure ce l'ha distorto.
Una società senza ego è una massa informe di manipolabili privi di buon senso e di criterio logico;
Una società con ego distorto annienta se stessa perché pensa solo al potere personale e non rispetta niente e nessuno.
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der-papero · 7 months
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Oh, un giochino estivo! A me pare un dejavù, ma è un modo anche per capire la propria evoluzione nel tempo, del quale esperimento ringrazio tanto tanto @ilmetodoscientifico ... cioè, @pianetatschai (c'avete troppi blog, disse quello con le personalità confuse).
Relationship status: sono Steuerklasse III
Favorite color: ovviamente ARANCIO
Song stuck in my head: cioè, da 3 giorni, che palle ...
Favorite food:
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Last song listened to: ok, è una lunga storia, ed è tutta colpa di @ross-nekochan 😌
Dream trip: mi è rimasto sempre nella trachea il non aver partecipato a quel posto di lavoro come amministratore di sistemi per un anno in una base antartica italo-francese
Last thing googled: cercavo la pagina FB di una persona che non vedo da vent'anni, che ho sognato la notte scorsa e che è stata uno di quei momenti tipo "inizio del resto della tua vita", ma ahimè non l'ho trovata, mi sarebbe piaciuto vedere come se la passa
OOOOHHH, e infine la parte che dà un senso a questi giochini, ovvero poter romper le pall ... ehm ... coinvolgere persone :)
@re-cordari @lssiafb @lontanodameinmeesisto @vanigliaecannella @vivenda @spaziodihilbert @noncecrisinelmercatodellebugie @non-catalogabile @biggestluca @minimorischio @letargo
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claudio1959 · 3 months
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Il *7 gennaio 1797* nasce a Reggio Emilia il Tricolore, come bandiera della Repubblica Cispadana, costituita dai territori di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia.
A proporre che lo stendardo o bandiera cispadana, formato dai colori verde, bianco e rosso, fosse innalzato in tutti i luoghi soggetti alla sovranità della repubblica cispadana, è il sacerdote cattolico Giuseppe Compagnoni.
La bandiera rossa, bianca e verde, allora a strisce orizzontali con il rosso in alto, sarà confermata come vessillo della Repubblica Cisalpina. Adottato dai patrioti del Risorgimento già nei moti del 1821 e poi nel 1848 dal Re Carlo Alberto di Piemonte, il tricolore sarà la bandiera dell’unità d’Italia.
Ma perché vennero scelti il verde, il rosso e il bianco? L'Italia del 1796 era un agglomerato di piccole Repubbliche di ispirazione giacobina che si erano sostituite agli antichi assolutismi.
E per omaggiare la conquista delle libertà, e chiaramente il modello francese, quasi tutte le Repubbliche si dotarono di bandiere caratterizzate da tre fasce di dimensioni uguali. Mentre i tre colori derivano dalla Legione Lombarda i cui vessilli presentavano proprio con i colori verde, bianco e rosso, fortemente radicati nel patrimonio di quella regione; il bianco e il rosso, infatti, comparivano nell'antichissimo stemma comunale di Milano (croce rossa su campo bianco), mentre verdi erano, fin dal 1782, le uniformi della Guardia civica milanese. Ma anche la Legione Italiana, che accoglieva, i soldati delle terre dell'Emilia e della Romagna, si era dotata di questi tre colori; motivo che probabilmente spinse la Repubblica Cispadana a confermarli nella propria bandiera.
Successivamente al Congresso di Vienna, il tricolore fu soffocato dalla Restaurazione. Ragione per cui assunse, nell'immaginario collettivo, un ruolo di libertà e di speranza; e ciò è testimoniato dai moti del 1831, dalle rivolte mazziniane; o lo si può ritrovare nella disperata impresa dei fratelli Bandiera e nelle sollevazioni negli Stati della Chiesa. E quando giunse la stagione del '48, e della concessione delle Costituzioni, la bandiera divenne il simbolo di una riscossa ormai nazionale, che investì l'intera penisola: da Milano a Venezia, da Roma a Palermo.
Nel 1997, in occasione del secondo centenario del Tricolore, il parlamento proclama il 7 gennaio “giornata nazionale della bandiera”.
Oggi ricorre il 227 anniversario della Giornata nazionale della Bandiera, un simbolo codificato nell'articolo 12 della Costituzione italiana che ne definisce la foggia: "verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni".
Consacrata nella Costituzione, la Bandiera è il simbolo dell’Unità nazionale, racchiude i valori di libertà, solidarietà ed uguaglianza sui quali si fonda la nostra Patria e incarna quello straordinario patrimonio storico, culturale e identitario che universalmente viene riconosciuto all’Italia.
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La vecchiaia non è solo un destino biologico, ma anche storico-culturale. Quando il tempo era ciclico e ogni anno il ritmo delle stagioni ripeteva se stesso, chi aveva visto di più sapeva di più. Per questo “conoscere è ricordare”, come annota Platone nel Menone, e il vecchio, nell’accumulo del suo ricordo, era ricco di conoscenza. Oggi con la concezione progressiva del tempo, non più ciclico nella sua ripetizione, ma freccia scagliata in un futuro senza meta, la vecchiaia non è più deposito di sapere, ma ritardo, inadeguatezza, ansia per le novità che non si riescono più a controllare nella loro successione rapida e assillante.
Se smascheriamo il mito della giovinezza e curiamo le idee malate che la nostra cultura ha diffuso sulla vecchiaia potremmo scorgere in essa due virtù: quella del “carattere” e quella dell’”amore”. La prima ce la segnala Hillman ne La forza del carattere: “Invecchiando io rivelo il mio carattere, non la mia morte”, dove per carattere devo pensare a ciò che ha plasmato la mia faccia, che si chiama “faccia” perché la “faccio” proprio io, con le abitudini contratte nella vita, le amicizie che ho frequentato, la peculiarità che mi sono dato, le ambizioni che ho inseguito, gli amori che ho incontrato e che ho sognato, i figli che ho generato.
La faccia del vecchio è un bene per il gruppo, e perciò Hillman può scrivere che, per il bene dell’umanità, “bisognerebbe proibire la chirurgia cosmetica e considerare il lifting un crimine contro l’umanità” perché, oltre a privare il gruppo della faccia del vecchio, finisce per dar corda a quel mito della giovinezza che visualizza la vecchiaia come anticamera della morte. A sostegno del mito della giovinezza ci sono due idee malate che regolano la cultura occidentale, rendendo l’età avanzata più spaventosa di quello che è: il primato del fattore biologico e del fattore economico che, gettando sullo sfondo tutti gli altri valori, connettono la vecchiaia all’inutilità, e l’inutilità all’attesa della morte. Eppure non è da poco il danno che si produce quando le facce che invecchiano hanno scarsa visibilità, quando esposte alla pubblica vista sono soltanto facce depilate, truccate e rese telegeniche per garantire un prodotto, sia esso mercantile e politico, perché anche la politica oggi vuole la sua telegenìa. La faccia del vecchio è un atto di verità, mentre la maschera dietro cui si nasconde un volto trattato con la chirurgia è una falsificazione che lascia trasparire l’insicurezza di chi non ha il coraggio di esporsi con la propria faccia. E poi l’amore che, come ci ricorda Manlio Sgalambro nel Trattato dell’età, non cerca ripari, non si rifugia nella “giovinezza interiore” che è un luogo notoriamente malfamato, ma si rivolge alla “sacra carne del vecchio” che contrappone a quella del giovane, mera res extensa buona per la riproduzione. “L’eros scaturisce da ciò che sei, amico, non dalle fattezze del tuo corpo, scaturisce dalla tua età che, non avendo più scopi, può capire finalmente cos’è l’amore fine a se stesso”. Una sessualità totale succede alla sessualità genitale. Qui si annida il segreto dell’età, dove lo spirito della vita guizza dentro come una folgore, lasciando muta la giovinezza, incapace di capire. Forse il carattere e l’amore hanno bisogno di quegli anni in più che la lunga durata della vita oggi ci concede per vedere quello che le generazioni che ci hanno preceduto, fatte alcune eccezioni, non hanno potuto vedere, e precisamente quello che uno è al di là di quello che fa, al di là di quello che tenta di apparire, al di là di quei contatti d’amore che la giovinezza brucia, senza conoscere.
Umberto Galimberti, tratto da “la Repubblica” - 29 febbraio 2008
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abr · 7 months
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l politologo Jérôme Fourquet ha fatto notare come il 74 per cento dei maomettani francesi sotto i 25 anni consideri la propria religione più importante dello stato. Non potrebbe essere diversamente: se sei religioso consideri la religione più importante dello stato.  Anch’io, che pure sono un cristiano italiano sopra i 25 anni, considero la mia religione più importante. Molto più importante. Chi non considera Cristo più importante dello stato non è un cristiano, al massimo è un chierico (Jacques Ellul ricorda che “qualunque sia la forma scelta dal potere politico, le Chiese, attraverso i loro responsabili, si trovano sempre dalla parte dello Stato”). O magari un ciellino di quelli che a Rimini hanno applaudito il presidente della Repubblica per quattro minuti (...). Il culto dello stato è così pervasivo e scontato che gli irreligiosi, gli ex religiosi, i chierici e i ciellini non riescono nemmeno a vederlo. Io prego di riuscire a vedere, prima di morire, un sacerdote come quel Mattatia che disse (Primo libro dei Maccabei): “Non ascolteremo gli ordini del re per deviare dalla nostra religione a destra o a sinistra”.
Sempre grande Langone, per chi non l'avesse capito il post è contro certi sedicenti cristiani, via https://www.ilfoglio.it/preghiera/2023/09/01/news/-non-ascolteremo-gli-ordini-del-re-per-deviare-dalla-nostra-religione-a-destra-o-a-sinistra--5635510/
Quanto ai musulmani, il problema non è la loro religione é averli accolti en masse, sperando che si laicizzassero - tipica mossa autoinculante sinistra; se le femministe e gli lgbtq+ politicizzati alla Zab avessero cervello, se li sarebbero già mangiati vivi i mariti piddini accoglioni.
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lunamarish · 11 months
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Sisifo, il re di Efira, era famoso nella mitologia greca per la sua ingegnosità; era infatti così intelligente da ingannare la morte due volte, facendo arrabbiare gli dèi. Questi si vendicarono condannando Sisifo a un tormento eterno negli inferi: doveva far rotolare un enorme masso fino alla cima di una collina. Quando arrivava in cima, il masso rotolava di nuovo verso il basso e lui doveva ricominciare tutto da capo, all’infinito.
Al giorno d’oggi, qualsiasi compito che combini tedio, lotta, stress e inutilità può essere definito un “supplizio di Sisifo”. Pensate ai cosiddetti duct-taper, cioè quelli che lavorano per un servizio clienti e che hanno il compito di trattare con persone arrabbiate tutto il giorno, mentre intanto le condizioni che creano questa aggressività dei clienti non cambiano mai.  [...] Si potrebbe anche affermare che tutta la vita è un supplizio di Sisifo: mangiamo per avere di nuovo fame e facciamo la doccia per sporcarci di nuovo, giorno dopo giorno, fino alla fine.  
Assurdo, non è vero? Albert Camus, filosofo e padre di un’intera scuola di pensiero chiamata assurdismo, la pensava così. Nel suo libro del 1942, Il mito di Sisifo, Camus individua in Sisifo l’icona dell’assurdo, notando che “il suo disprezzo per gli dèi, il suo odio per la morte e la sua passione per la vita gli valsero quella pena indicibile in cui tutto l’essere è proteso verso il non realizzare nulla”. Se questo non vi fa venire voglia di accendervi una sigaretta senza filtro, non so cosa possa farlo. 
Sarebbe facile concludere che una visione assurdista della vita escluda la felicità e porti chiunque abbia un po’ di buon senso a disperare per la propria esistenza. Eppure, nel suo libro, Camus conclude che “bisogna immaginare Sisifo felice”. Può sembrare impossibile, ma in realtà questa svolta inaspettata nella filosofia della vita e della felicità di Camus può aiutarvi a cambiare prospettiva e a vedere le vostre lotte quotidiane in modo nuovo e più equanime.  
La sofferenza infinita e l’infelicità sono intese come temi dominanti della vita nelle filosofie d’oriente e d’occidente. La prima nobile verità del buddismo è che la vita è sofferenza. Allo stesso modo, il filosofo cristiano del diciassettesimo secolo, Blaise Pascal, scrisse della nostra “costante infelicità” e dei futili sforzi per combatterla: “Gli esseri umani cercano il riposo lottando contro le difficoltà; e quando le hanno vinte, il riposo diventa insopportabile”. In entrambe le tradizioni, la felicità non è che una breve interruzione del triste ritmo della vita.
[...continua]
Articolo completo qui Come trovare la gioia in una vita degna di Sisifo di Arthur C. Brooks, 19/03/2023                                                                                   
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chez-mimich · 3 months
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WILL HERMES: “LOU REED RE DI NEW YORK” (parte I)
Cominciamo da un dubbio: le 771 pagine del possente libro di Wille Hermes, ci restituiscono un Lou Reed visto al microscopio. Un lavoro immane di ricostruzione, quasi maniacale, della vita di Reed, della sua sfera privata, dei rapporti con i Velvet Undergound e con Andy Warhol che può lasciare anche qualche dubbio. E' pur vero che Will Hermes, collaboratore della rivista "Rolling Stones" e del "New York Times", ha potuto lavorare sui materiali che la famiglia di Reed ha reso disponibili e che sono attualmente conservati presso la New York Public Library, ma nonostante questo è difficile credere ad una ricostruzione fedele al reale di dialoghi, confessioni, serate, atteggiamenti, persino rapporti intimi, come se la vita di Lou Reed si fosse svolta in una sorta di faraonico "Grande Fratello" che copra quasi settant'anni della sua vita.
Al di là di questa considerazione preliminare e del tutto personale, il libro di Hermes è oltremodo interessante e rivelatore di fatti e cirocostanze, atteggiamenti e convinzioni di questo gigante della controcultura Underground e della sua musica. Molto complesso anche sintetizzare in un post (di lunghezza accettabile), il succo dell'intero lavoro di Hermes. Certamente, dalla lettura, emerge un affascinante parallelismo tra la convulsa e maledetta vita di Lou Reed e il profilo di una città, New York City, che hanno riempito la scena della musica d'avanguardia, dell'arte, del cinema e del costume dalla metà degli anni Sessanta fino al Duemila e oltre. Del resto anche il titolo allude ad un regnante e al suo regno in maniera piuttosto inequivocabile. Ma ci sono anche altre storie che scorrono come fiumi carsici in questo volume e nella vita di Lou Reed e molti artisti della sua generazione: la storia della dipendenza dalla droghe e qualche volte dall'alcol di Reed e di moltissimi musicisti e addetti ai lavori della sua generazione e le rivendicazioni nascenti della “Queer Culture” che si affacciava massicciamente in quegli anni, soprattutto negli ambienti legati all’arte e alla musica. Lou Reed incontrò gli stupefacenti molto presto e non se ne liberò mai e Will Hermnes ne rende conto puntualmente, anzi con una precisione quasi maniacale a partire dagli anni della Syracuse University, dove Reed studiava giornalismo e dove ebbe il fondamentale incontro con lo scrittore Delmore Scwartz, anch’egli dipendente dall'alcol. Gli anni dell'università videro anche la nascita del suo primo gruppo musicale, "The Shades"; il secondo gruppo non ha bisogno di nessuna presentazione perchè si chiamava, come tutti sanno, "Velvet Undergorund", gruppo che paradossalmente, come sottolinea Hermes, non aveva alcuna possibilità di avere un pubblico di massa, benché figli della propria epoca e facenti parte di un panorama musicale dominato dal rock e dal pop in tutte le loro multiformi sfaccettature,perché erano troppo sofisticati per piacere a tutti, troppo cerebrali, troppo incuranti del pubblico. Un gruppo che già nel 1966 aveva una batterista donna, Maureen Tucker, non poteva andare lontano nel mondo maschilista della musica. Il libro indaga e descrive fin troppo dettagliatamente, come si diceva i rapporti di Reed con Sterling Morrison, Nico, John Cale. (Continua)
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fridagentileschi · 5 months
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STORIA DEL CORNETTO: INTERESSANTISSIMO!!!
La tipica forma a mezzaluna viene, in modo forse leggendario, correlata alla battaglia di Vienna del 1683 che pose fine all'assedio della città da parte dell'Impero Ottomano. La città era stata posta sotto assedio il 14 luglio del 1683 da 140.000 turchi guidati dal gran visir Mustafa pascià. L'assalto turco fu durissimo e molti furono i tentativi di penetrare in città. Si narra infatti che per conquistare definitivamente Vienna, abbattendo le sue poderose mura, l'esercito ottomano andava scavando nottetempo delle gallerie sotterranee al di sotto di queste per minarle e farne saltare così le fondamenta. I rumori delle pale e dei picconi furono udite dagli unici lavoratori svegli a notte fonda: i fornai, che diedero tempestivamente l'allarme sventando l'imminente pericolo. L'11 settembre 1683 Giovanni III Sobieski, re di Polonia, giunse a Vienna guidando la coalizione cristiana e i turchi vennero rovinosamente sconfitti. Per celebrare l'importante vittoria Giovanni III chiese ai panettieri di ideare un dolce che ricordasse l'avvenimento. Secondo la tradizione sembra sia stato un fornaio di nome Peter Wendler a inventare la specialità a forma di mezzaluna. La ricetta era simile a quella attualmente usata per il cornetto: uova, farina, burro, zucchero, lievito, acqua tiepida. La particolare forma rimandava chiaramente al simbolo della bandiera turca: la nuova golosità venne chiamata kipferl, mezzaluna in tedesco proprio come in francese il termine croissant. Mangiando il kipferl simbolicamente si mangiava il turco.
La specialità si diffuse in Italia e più specificatamente in Veneto subito dopo il 1683, grazie agli intensi rapporti commerciali tra l'allora Serenissima Repubblica di Venezia e Vienna. Bisognerà attendere invece il 1770 perché anche la Francia, con il matrimonio tra l'austriaca Maria Antonietta e il futuro re Luigi XVI, scopra il cornetto. La sua ricetta venne modificata dai pasticceri di Versailles, che lo arricchirono di burro e lo battezzarono croissant.
Nel 1797, con il trattato di Campoformio e successivamente con l'istituzione del Lombardo Veneto, il kipferl o cornetto, insieme ai krapfen e al gulasch, accrebbe ulteriormente la propria popolarità. L'arte di prepararli divenne patrimonio di maestri fornai veneti.
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diceriadelluntore · 11 months
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Storie di Orse
Callisto era una bellissima ninfa. Che fosse bella, lo dice il suo stesso nome: Καλλιστώ, la più bella. Era una ninfa di Artemide, abilissima cacciatrice. Il suo mito è raccontato sia da Eschilo (opera persa, ma Eratostene di Cirene riporta la versione di Esiodo nei suoi Catasterismi), sia da Anfide, commediografo ateniese contemporaneo di Platone, nella sua Kallisto (perduta anch'essa, ma riassunta in un'altra opera, De Astronomia).
Il mito è questo: essendo al corteggio di Artemide, era a lei legata e, come la Dea, vergine. Un giorno, dopo una caccia stancante, era stesa senza faretra su un prato di un boschetto, quando capitò lì Zeus. Il Re degli Dei, con la consueta furbizia e cupidigia, prese le forme della dea, e la ninfa "ne accettò l'amore" (ovviamente la situazione è più violenta, ma tant'è atteniamoci alla favola). Questo punto è importante perchè è forse l'unico esempio di seduzione omosessuale femminile, e secondo alcuni studiosi era simbolico di riti iniziatici femminili scomparsi verso il I° millennio a.C. (tesi suggestiva si, ma piuttosto eterea). La ninfa rimase comunque incinta. Ma non lo disse ad Artemide, fino a quando, mesi dopo durante un'altra battuta di caccia, la Dea chiese alle ninfe di fare un bagno rigenerante: fu allora che scoprì la gravidanza della ninfa (un meraviglioso quadro di Tiziano ferma questo momento, del 1556-1559, conservato presso il Kunsthistorisches Museum di Vienna)
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Scoperto il fatto, Artemide la scaccia: offesa e adirata, la trasforma in orsa.
Ovidio nelle Metamorfosi (che è un libro da tenere e leggere ogni tanto) narra che Callisto fu inizialmente avvicinata da Giove (Zeus per i greci) sotto le sembianze di Diana (Artemide greca), ma che, una volta accortasi della passione di questo, tentò di fuggire, costringendo il dio a riassumere il suo vero aspetto per prenderla con la forza. Uscita dal boschetto dove si trovava, Callisto notò Diana che la chiamava ma, per paura che potesse trattarsi di un nuovo travestimento di Giove, si rifiutò di avvicinarsi finché non vide il resto del corteo avvicinarsi, al che, convinta dell'identità della dea, si riunì al gruppo. Dopo tempo e in una nuova battuta di caccia, Diana propose di fare il bagno presso una fonte. Callisto tentò di nascondersi dietro alle altre ancelle per occultare il fatto di essere incinta, ma venne infine scoperta e Diana, adirata, la scacciò. Callisto diede quindi alla luce il figlio di Giove, Arcade, e solo allora Giunone (Era per i greci), infuriata per la messa al mondo di un figlio illegittimo del marito, la trasformò in un'orsa. Il figlio fu trovato da dei cacciatori e portato al re Licaone. Callisto vagò nei campi e nei pressi degli uomini ma avendo le sembianze di un orso fu temuta e scacciata sia dagli uomini che dai cani (in questo caso, il mito segue evemeristicamente il naturale comportamento dell'animale con l'uomo e gli animali addomesticati). Similmente, nella natura, era lei stessa a fuggire dalle altre bestie selvagge, compresi i lupi, "nonostante suo padre fosse un lupo", poichè secondo Ovidio era figlia di Licaone, Re della Pelasgia. Quindici anni dopo riconobbe il figlio Arcade che si era addentrato nella foresta per cacciare, ma quando cercò di avvicinarsi questo spaventato tentò di colpirla con una lancia nel petto. Giove, tuttavia, non permise il crimine di un figlio che uccide la propria madre, e mandò un vento che li sollevò entrambi da terra e lì collocò come costellazioni in cielo. Callisto diventò l'Orsa Maggiore, Arcade l'Orsa Minore. Giunone, infuriata nel vedere i due venire onorati con questa condizione, si recò da Teti e Oceano per chiedere che impedissero a madre e figlio di riposarsi nelle loro acque tramontando: si dice infatti che le due costellazioni "non si lavano nelle onde" poichè non scendeno mai sotto l’orizzonte, dove si riteneva vi fosse l’oceano. L’Orsa Maggiore è infatti alle latitudini mediterranee una costellazione circumpolare, di quelle cioè che non tramontano mai, non si inabissano sotto la linea dell’orizzonte.
Non tutti i favolisti seguono questo finale, poichè Arcade è riconosciuto un eroe greco importantissimo: infatti successe a Nittimo (figlio di Licaone, che per i favolisti greci era padre di sua madre Callisto, quindi suo nipote), e come nuovo re introdusse la coltivazione dei campi (che aveva imparato da Trittolemo, re degli Eleusi, e conoscitore dei famosi Misteri Eleusini), insegnando ai sudditi a fare il pane, a filare e a cucire i vestiti. Dopo di lui, la terra precedentemente chiamata Pelasgia fu chiamata Arcadia, e il suo popolo gli Arcadi. L'Arcadia divenne sinonimo di bellezza, della forza bucolica e dove uomini e natura vivono in perfetta armonia. Solo in seguito alla sua morte fu portato vicino la madre come stella, la più brillante, nella costellazione dell'Orsa Maggiore che i Greci chiamavano Arctophylax, Sorvegliante dell'Orsa, custode dell'amore che legava indirettamente madre e figlio.
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