Tumgik
#ogni maledetto giorno
animadiicristallo · 1 year
Text
4 notes · View notes
illsadboy · 2 years
Text
Se potessi passare il resto della mia vita in ospedale, lo farei. Perché quando sei in ospedale, hai zero responsabilità…
Tumblr media
…e poi casa mia è diventata peggio di una farmacia per tossici, sono dentro a una spirale. 🌀
Tumblr media
8 notes · View notes
iltuopostofelice · 2 years
Text
da bambina avevo davvero tanta paura della solitudine.ero terrorizzata dal fatto che nessuno potesse amarmi sapevo che io stessa non avrei potuto amare in modo perfetto.
Massimo bisotti
1 note · View note
kon-igi · 1 month
Text
LA FESTA DEL PAPÀ È DIVISIVA
Ma oramai non credo che esistano argomenti di condivisione comune sui quali poter fare affermazioni nette e aspettarsi che tutti siano d'accordo.
Il cielo è blu? Ma va'... il cielo è celeste! No, guarda che è nero ed è un fenomeno di rifrazione dei raggi solari sull'atmosfera. Ti sbagli, è giallo! Sì, però togliti quel sacchetto dell'Esselunga dalla testa. Basta! Il cielo è marrone con radici che penzolano. Zitto tu che sei morto!
La scelta del giorno della festa del papà, poi, coincide con quel santo del calendario che credo abbia avuto il peggiore martirio fra tutti, cornuto, mazziato e ringrazia pure. Cioè, come papà sfigato il primo posto se lo prende di sicuro Darth Vader ma perlomeno aveva una spada laser e il suo arco di redenzione è stato più appassionante.
Insomma, la festa del papà è divisiva per due ragioni, una sociale e l'altra personale.
Da una parte, è una ghiotta occasione perché alcuni frignino che non esistono più i papà di una volta, tutti pipa e cinghiate, e che anzi, se andiamo avanti così non esisterano più nemmeno gli uomini, dall'altra è che al netto di tutto, i padri molte volte più che festeggiati spesso vanno perdonati.
Adesso come adesso, i papà sul mercato sono figli o nipoti del patriarcato, nel senso che difficilmente non avranno assorbito per osmosi familiare e sociale l'idea di quello che deve essere il ruolo di un genitore maschio all'interno della famiglia.
In sintesi il pater familias.
[maledetto genitivo ellenico ma sono cose mie]
Quando io e la mia compagna dobbiamo fare cose importanti che implichini decisioni tecniche, burocratiche, meccaniche, matematiche o notarili, il mio gesto preferito è questo
Tumblr media
perché tutte le volte il venditore di auto parla rivolgendosi a me che distinguo le macchine solo per il colore, l'avvocato quando io risolverei tutto con il trial by combat e la commercialista dove io opterei per il baratto.
Io sarei il pater familias, quindi automaticamente il detentore delle decisioni familiari e è invece è la mia compagna quella che prende le migliori, senza spargimenti di sangue o una pila di conchiglie che l'enel non accetta come forma di pagamento.
Sì, vabbè... non sa accendere la motosega o da che parte si impugna un coltello da lanciare e se proprio dobbiamo dirla tutta non riesce neanche ad accendere il fuoco nel camino (cosa che le rimprovero sempre ricordandole che erano le vestali ad accudire il Fuoco Sacro del focolare domestico). Poi però c'è quell'altra che disegna tubi e motori idraulici usando termini strani tipo 'valvola di massima' o 'dislocamento positivo' e quell'altra ancora che snocciola a memoria le caratteristiche di ogni macchina o moto e parla per due ore di maderizzazione e di vendemmia in neve carbonica.
Questo per dire che i ruoli sono solo ruoli ed è solo questione di abitudine... le abitudini cambiano e ci si abitua al nuovo.
Quindi buona festa a quella persona alla quale dovrebbe essere solo chiesto, dopo la fornitura di migliaia di gameti scodinzolanti, di amare in modo vasto e profondo chi non ha mai chiesto di essere portato su questa spaventosa e bella terra, ricordando che amore non è mai possesso, conferma od orgoglio.
L'amore per i propri figli è essere partecipe della gioia che abbiamo insegnato loro a conquistarsi da soli.
E per concludere, si può essere padre amorevole pure senza aver mai partecipato con un singolo spermatozoo.
65 notes · View notes
francesca-70 · 1 month
Text
Sono donna anche oggi, anche se non è l'8 marzo e nessuno mi porta una mimosa.
Sono donna anche oggi, che non ho nessuna serata in discoteca con uomini nudi che dovrebbero farmi divertire ballando e invece, poveretti, mi fanno solo pena...loro e chi ci va quel maledetto 8 marzo.
Sono donna ogni giorno, quando mi alzo e ho la forza di dire ''tocca a me'', senza nessuno che mi impone qualcosa o senza obblighi legati ad ormai morte tradizioni ed usanze.
Mi piace essere donna, non sono una femminista sfegatata che difende ad ogni costo e ad oltranza il mio genere, perché le stronzate le facciamo anche noi e non siamo sante, almeno io aureole in testa non ne vedo proprio a nessuno, ma mi piace la mattina pettinarmi i capelli, mettere il mascara e perdere quegli intramontabili venti minuti davanti ad un armadio, sempre pieno di cose che a me in quel preciso istante non piaceranno.
Mi piace essere donna, perché in quel lontano 1907 e poi 1909 e infine in quel 1910 qualcuno finalmente capì che anche io ho un pensiero, e posso renderlo libero come ogni altro maschietto del tempo stava facendo; mi piace essere donna perché mi piace esser come tutti gli altri, in fondo cosa cambia?
Al posto di averle in basso due palle, le ho appiccicate sul petto.
Non voglio dire frasi e luoghi comuni come "grazie a noi avete i vostri figli, uomini", perché a riguardo nessuno ha un merito superiore, perché se qualcuno ci ha creati entrambi siamo complementari e non subordinati.
Se qualcuno ha lottato per una parità di diritti, se esiste questa benedettissima uguaglianza voglio lottare e conquistarla ogni giorno, voglio esser donna anche quando le cose si metton male e c'è da rimboccarsi le maniche, voglio esser donna quando c'è da lavorare anche se non si tratta di gonna sexy ma di una tuta grigia e sporca di nero a fine giornata, voglio essere donna e voglio combattere tenacemente in una società "evoluta" e dinamica, in una società dal libero pensiero e dalla mentalità aperta che ancora boicotta l'espressione di ogni genere e di tutti i generi.
"Dichiarazione universale dei diritti umani" e "Dichiarazione dei diritti umani di Vienna", 1945 prima e 1993 poi... vi dice nulla? A me sì, e dice che se io voglio studiare, laurearmi e lavorare in un'azienda e starne a capo, posso farlo perché ho la stessa brama, grinta e forza che avrebbe il mio collega dalle palle attaccate in basso che il colloquio non lo ha superato. Mi dice anche che la mia mansione non è esclusivamente accudire i figli e sfornare lasagne e torte al cioccolato per il mio amato maritino che, povero, al rientro dal suo faticoso lavoro deve trovare qualcosa in tavola e il figlio che già dorme, pulito e profumato. No. Non sono una serva, una schiava, un'allevatrice e macchina di procreazione. Gli antichi romani si sono estinti e siamo nel ventunesimo secolo.
Io sono donna e ho diritto di vivere, io sono donna e ho diritto, io sono donna, io sono. Io. Quell' "io" promotore di soggettività, indipendenza ed esistenza. Non esiste moralmente, eticamente, metaforicamente (chi più ne ha, più ne metta) UOMO e DONNA, esiste io. E quest'ultimo devo ogni giorno, ora, minuto confermarlo senza che altri io prendano il sopravvento.
Io sono donna anche oggi, che non è l'8 marzo, ma in ogni attimo della mia esistenza pretendo reciproco rispetto e fedeltà, detengo la mia dignità e manipolo senza vincoli i fili di un burattino chiamato Vita.
Tumblr media
Silvana Blasco
29 notes · View notes
Text
Tumblr media
Yuriko Tiger personal facebook post 09/24/2023
(No, non ho lavorato per Capcom! Mettiamolo in chiaro!) Anche se una delle mie amiche e colleghe di agenzia, si! Come Juuri 😍 Quest’anno ho fatto solo un giorno da business day per parlare di affari, sabato niente perché ero MORTA dal jet lag e dal viaggio e domenica mi son vestita da Manon perché mi piace, fine (sempre a far i francesi oh). Però chissà… Chissà 👀 Non mi dispiacerebbe visto che il 6 è l’unico titolo a cui sto giocando più degli altri dopo millenni! E mi piacerebbe fare cosplay con una persona che già conosco e so che gli piace il gioco!! Adoro i personaggi egocentrici come Karin (e si era capito) ma ho fatto Manon più per “sfida” pensando ci starci malissimo!! E invece mi ci vedo un sacco 😳 Comunque do un consiglio a chi vuole far diventare il cosplay un lavoro: Le bugie hanno le gambe corte e soprattutto i clienti (o potenziali clienti come aziende), lo notano e si vanno a informare. Per quanto si può dire su di me, ogni mio lavoro è registrato direttamente insieme all’immigrazione 😐. Dire che “non è vero” perché non si sa leggere il giapponese equivale a diffamazione e anche una denuncia. Persona avvisata mezza salvata 🙏🏻 Ve lo dico giusto per visto che molti fanno i furbi dicendo “ho lavorato al TGS” e poi hanno il pass da… Visitatori. Questa storia l’abbiamo già sentita, no? ….. Ecco. Non fatelo. Ci stanno gia alcuni italiani (ovviamente italiani) a puntare il dito sul “eh ma non eri sul palco della Bandai” (non pensate che son scema, conosco più gente di voi e vivo qua da dieci anni. Daje.) Ora vi spiego: I lavori vanno a titoli di contratto! Si, rimango sempre la cosplayer ufficiale di Tekken ma questo non vuole ne’ che son l’unica, ne’ che lavori solo per loro! Ho lavorato a tutti Tekken7 ma non so’ nulla dell’8 perché in 7-8 anni, i team di marketing cambiano e anche le mode. Una delle Xiayou è un’altra mia amica cosplayer quindi son solo felice quando qualche mia collega lavora al mio stesso titolo ✨(era un sacco patata e so quando gli piace Tekken perché abbiamo legato per quello). È proprio brutto vedere solo gente che rosica di continuo.. Divertitevi con il proprio cosplay qualche volta 🥲💦 Avevo dei lavori, non per vantarmi ma non avevo proprio cazzis. Mi sono fatta due settimane in Italia belle piene, atterrata e 6 ore dopo ero MakuhariMesse… MACHICHAPIULASBATTAH. Se ci sono novità, le scriverò 🙂!! Al momento posso solo dirvi: EvoJapan2024 - Aprile Se siete in Giappone per quel periodo, non potete perdervelo 🍵 Ora dormo che provo a combattere questo fuso orario maledetto..
65 notes · View notes
princessofmistake · 5 months
Text
Caro Ivan, Vorrei dire a tutti che non c’é niente di bello nell’essere Sofia e questo perché ho smesso di poterti accarezzare. Ho lasciato ad un’altra donna la possibilità di svegliarsi accanto a te, di prepararti la colazione, di baciarti in una di quelle giornate grigie che sembrano non finire mai. Mi fa ancora male pensare che tu corra da lei dopo lavoro, che la stringa con forza prima di aprire la porta per non perdere nemmeno mezzo secondo insieme e se ti vedo, se ti incontro nei soliti posti, mi si gela il cuore, penso subito a come devo comportarmi, a quanto devo restare composta e fingere che non mi importi nulla. Non ti amo più, ma tremo ancora quando so dove sei, spero ancora di incrociare il tuo sguardo da qualche parte, magari dopo esser stato con lei, dopo averci fatto l’amore. Spero ancora che guardandomi tu possa pensare che con me era meglio. Vorrei dirti che sono felice, che quando mi parlano della tua nuova storia sorrido, ma non posso, questa é l’avventura che non ci siamo concessi per paura, ed io ho maledetto il nostro mancato coraggio ogni giorno, ho pensato a tutte le lotte che potevamo evitare, a tutti i capricci mai risparmiati, a quella gelosia che toglieva il respiro, e a quella fiamma che non smetteva mai di bruciare dentro di noi. Ricordo ancora le urla e i messaggi con scritto “non cercarmi più” almeno mille volte, sperando di non esser mai presi alla lettera, eravamo così terrorizzati dall’idea di perderci che abbiamo fatto in modo accadesse. In tutto questo tempo non sono riuscita a sostituirti, quando altre braccia mi stringevano pensavo soltanto che non erano le tue e a quanto spesso ho dovuto allontanarti mentre tu adesso hai un’altra persona d’amare, userai anche con lei il sapone all’arancia, un giorno finirà e dimenticherai anche quello, ma ogni volta che ci vedremo, ovunque saremo e chiunque avremo al nostro fianco, sentirò ancora il cuore uscire dal petto e poi fare le corse per rientrare lontano da noi.
41 notes · View notes
papesatan · 5 months
Text
per esorcizzare il futuro
Quest’implacabile e oscuro inquisirmi che mi fruga dentro e fuori, mi spinge a investigarmi il cuore alla malata ricerca di potenziali violenze passate e future. Mio nonno, uomo mansueto di sconfinata bontà, invecchiato in silenzio all’ombra d’un suocero dragone e una moglie arpia, è morto dopo esser stato corroso giorno per giorno dal Parkinson, roso sin dentro le ossa, fino a diventare un altro da sé. Quando la malattia lo lasciò, non c’era più niente in lui dell’uomo che era, non ne era rimasto più nulla, come scrive Flaubert: “il l’ouvrit et ne trouva rien”. Negli ultimi tempi s’era fatto estremamente violento, quasi ferino, tirava calci a tutti, schiaffi, pugni e spinte, parole al veleno, bestemmie e imprecazioni mai udite da quella sua bocca garbata, paranoie continue per cui era convinto che il fratello s’intrufolasse in casa di nascosto per scopargli la moglie, ben corrisposto, o che gli amici sparlassero di lui al bar. E giù d’insulti e botte. Oggigiorno non se ne ricorda più nessuno e di lui, fortunatamente, è rimasto solo il ritratto d’un uomo retto e buono, come effettivamente è stato per gran parte della sua vita. Ora penso, mio nonno era un uomo buono... (intravedete già il punto del mio discorso?) la storia della mia famiglia non ha niente a che fare coi Rougon-Macquart, ma risalendo le generazioni risulta evidente una certa predisposizione alla follia. Benché la scienza mi rassicuri d’avere solo una piccola esigua possibilità d’ereditare il male, io ne sono intimamente convinto. E se mio nonno, che era un uomo buono, s’è degradato in “nu diavl” (per dirla con le urla di mia nonna), io che non lo sono, che speranza avrei di restare umano? Solo la mia assoluta integrità morale mi permette di tener docile al guinzaglio il lupo in me. Se perdessi ogni freno, cosa mi distinguerebbe da un mostro senz’anima? Diverrei pari a un lupo mannaro, il povero professor Lupin morso dalla luna piena, Harvey Keitel che si tramuta in vampiro e morde a morte l’amato figlio, un maledetto zombie in un qualsiasi film di zombie. Tanto varrebbe sopprimermi prima. Non posso perdere me stesso, non voglio perdere me stesso, la mia mente è tutto ciò che ho. Un giorno, prima di perdersi per sempre, mio nonno mi prese per un braccio, mi fissò con la disperata urgenza della fine e disse: “La cosa più importante per una persona è essere padroni di se stessi. Ricordalo!” Non l’ho dimenticato, nonno, non l’ho fatto. Non posso prometterlo, ma spero solo di poterlo ricordare per sempre. 
29 notes · View notes
mccek · 1 year
Text
Tumblr media
Come ogni anno, mi ritrovo qui a scrivere una riflessione, per il giorno del mio compleanno.
Non penso che il problema sia l’età, ma bensì ciò che mi circonda.
Più passano gli anni e più mi rendo conto che la gente si dimentica di te come nulla fosse.
E allora mi chiedo: a che serve continuare a fare del bene dalla mia piccola età se non è mai stato ricambiato nemmeno con semplice grazie?
Lo so, in molti avrebbero già mandato tutto a quel paese e, magari si sarebbe fatto contagiare dalla più grande malattia di cui soffre la nostra generazione, l’odio, che prova indifferenza verso chiunque, anche chi ti starebbe accanto nonostante tutto.
Certe volte mi vorrei lasciare andare, per diventare ciò che forse sarei sempre dovuto essere, uno dei tanti.
Vorrei usare la stessa cattiveria che in tanti hanno usufruito per frustrazione sfogandosi nei miei confronti senza una ragione, perché a casa mia il male non è mai esistito, ah…purtroppo quello c’è in effetti, ma è qualcosa che non scegli, che ti tocca subire contro la tua volontà.
Andrea, Eleonora, tutti voi lassù che vi ho conosciuti in quel reparto, Mamma, che sei ancora qui con me, e non desidero altro, ogni giorno che passa, di poterti continuare a sentire, a vedere, la tua presenza è vitale, come era la loro.
Non voglio piangermi addosso, ognuno ha perso qualcosa nella propria vita, e a volte quel qualcosa è tutto che che avevi, e i miei amici erano l’unica cosa che mi rimaneva, ma vivete dentro me, siete quella parte buona che tiene a bada il marcio che ogni giorno mastico a causa di chi non sa più fermarsi, ragionare, pensare che oltre all’idea che ci si fa sparando a zero, senza almeno provare una volta a conoscerla per quello che è davvero quella persona, c’è un abisso di tristezza, uguale alla vostra, che ci accomuna tutti, e propria essa c’ha sempre lasciato tanti messaggi mai ascoltati, un po’ come quelli in segreteria, e non sarò mai convinto che sia uno psicologo a salvarci veramente, e nemmeno noi stessi, soli, con le proprie forze, ma unendo il nostro male, cosa che da testardi cronici che siamo, mai compiremo, piuttosto godiamo nel vederci soffrire, quasi sapendo che c’è sempre qualcuno che sta peggio di noi, e questo ci rincuora no?
In questo momento mi vengono in mente solo le parole di mia nonna: “non abbandonare mai quella semplicità mista a amore verso il prossimo che hai dentro di te.”
Perché io ho un sogno, che va oltre la scrittura che accompagna le mie lacrime e ogni sera, va oltre la voglia di riscoprirmi ogni giorno, di mettere da parte i miei brevi istanti di felicità per dedicarli a chi ne ha più bisogno di me (e sono tanti), oltre il mio ballare con il mostro che mi porto dentro da fin troppo tempo.
Io sogno che un giorno o l’altro, io, te, noi tutti, ci dimenticassimo di questo maledetto telefono, che ormai c’ha resi automi, frustrati, insopportabili e più trasparenti agli occhi della gente di quanto già lo fossimo.
Chissà, sarebbe una grande conquista tornare a vivere con quel poco di spensieratezza che ci basterebbe, che sicuramente non sarebbe mai quella che avevamo da piccoli, ci sarebbero sempre gli insormontabili problemi legati al lavoro, al costo della vita, ma volete mettere in confronto a come stiamo vivendo ora?
E mi rivolgo sempre alla mia generazione e purtroppo, a quelle che verranno.
Chiedete e scrivete sempre tutti, che vi manca qualcuno che vi ascolti, che si prenda cura di voi, senza se o senza ma…e mi domando cosa stiamo aspettando ancora e quanto aspetteremo!?
Siamo il male che vediamo fare ma che tolleriamo.
Nel frattempo mando lo stesso abbraccio che mi faccio ogni sera a tutti voi, forse il più sincero di quelli che ho ricevuto finora, a te papà, che nonostante le difficoltà e i gravi problemi di lavoro non mi hai mai fatto mancare il cibo a tavola, e pur essendo totalmente diversi, ogni giorno cerchi di spronarmi, senza mai farmi sentire “arrivato”.
A te mamma, che mi hai cresciuto, lasciandomi libertà di agire e pensare, sbagliando e imparando, anche se sono ancora un puntino in questa vita,
A te che trascuri la tua malattia pur di non farmi mai mancare un sorriso, una parola di conforto, quando sprofondo nel deserto della mia depressione.
E a quelle stelle dei miei amici che da lassù illuminano ogni momento buio della mia vita,
ricordandomi che non sono solo, che c’è sempre qualcuno che ha occhi puntati su di me, e non mi lascerà solo per nessuna ragione al mondo.
Resterò sempre ciò che sono.
🐬
74 notes · View notes
osmosidelladecenza · 4 months
Text
Caro Ivan,
Vorrei dire a tutti che non c’é niente di bello nell’essere Sofia e questo perché ho smesso di poterti accarezzare.
Ho lasciato ad un’altra donna la possibilità di svegliarsi accanto a te, di prepararti la colazione, di baciarti in una di quelle giornate grigie che sembrano non finire mai. Mi fa ancora male pensare che tu corra da lei dopo lavoro, che la stringa con forza prima di aprire la porta per non perdere nemmeno mezzo secondo insieme e se ti vedo, se ti incontro nei soliti posti, mi si gela il cuore, penso subito a come devo comportarmi, a quanto devo restare composta e fingere che non mi importi nulla. Non ti amo più, ma tremo ancora quando so dove sei, spero ancora di incrociare il tuo sguardo da qualche parte, magari dopo esser stato con lei, dopo averci fatto l’amore. Spero ancora che guardandomi tu possa pensare che con me era meglio.
Vorrei dirti che sono felice, che quando mi parlano della tua nuova storia sorrido, ma non posso, questa é l’avventura che non ci siamo concessi per paura, ed io ho maledetto il nostro mancato coraggio ogni giorno, ho pensato a tutte le lotte che potevamo evitare, a tutti i capricci mai risparmiati, a quella gelosia che toglieva il respiro, e a quella fiamma che non smetteva mai di bruciare dentro di noi. Ricordo ancora le urla e i messaggi con scritto “non cercarmi più” almeno mille volte, sperando di non esser mai presi alla lettera, eravamo così terrorizzati dall’idea di perderci che abbiamo fatto in modo accadesse. In tutto questo tempo non sono riuscita a sostituirti, quando altre braccia mi stringevano pensavo soltanto che non erano le tue e a quanto spesso ho dovuto allontanarti mentre tu adesso hai un’altra persona d’amare, userai anche con lei il sapone all’arancia, un giorno finirà e dimenticherai anche quello, ma ogni volta che ci vedremo, ovunque saremo e chiunque avremo al nostro fianco, sentirò ancora il cuore uscire dal petto e poi fare le corse per rientrare
Lontano da noi.”
Sofia
11 notes · View notes
Text
Siamo istanti, istanti che muoiono. Viviamo per le piccole cose, per i sorrisi e per i tramonti, per i momenti che possono durare secondi o minuti, per i baci, per i testi delle canzoni che il più delle volte non capiamo neppure. Siamo fatti di tanti piccoli istanti, un po’ come un puzzle a più pezzi, di quelli grandi, che sembrano non dover finire mai. E andiamo alla ricerca, tutta la vita, di queste tessere, degli istanti che mancano, perché a tutti manca sempre qualcosa, sebbene non sia mai chiaro cosa. Andiamo alla caccia degli istanti che muoiono, e ogni volta che ne troviamo uno, ci sembra di morire un po’ con lui, quando ormai è tutto finito, e il momento è andato via., scomparso per sempre. Così amiamo senza speranza sempre tutto quello che è destinato a non durare. Che poi, le cose più belle spesso non durano. Se i baci potessero essere per sempre, sarebbe come non baciarsi mai, e se la felicità più pura fosse perenne, non si saprebbe neppure che quella è la vera gioia. Così, eccoci trafelati alla ricerca degli istanti che muoiono. La ragazza che vuole l’amore vero, e fa di tutto per trovare, invece, qualcuno che semplicemente le dia il suo maledetto primo bacio, per poi lasciarla sola di nuovo; la bambina che vede la luna inseguire la sua auto dal finestrino, e si chiede ridendo, perché si trovi sempre li, nello stesso punto, e rincorra la macchina, punto microscopico e inutile dell’universo; la moglie, che aspetta con ansia che il marito torni dal lavoro per abbracciarlo; il ragazzo che non riesce a dormire, perché vuole a tutti i costi vedere di nuovo la ragazza nella classe all’ultimo piano il giorno dopo, anche solo per pochi secondi; la vecchia, che si gode quello che sa essere l’ultimo tramonto con il compagno di una vita, a cui presto dovrà dire addio per sempre. Tutti questi, tutti questi sono istanti che muoiono. Fugaci, quasi non ci accorgiamo di loro, che non hanno passato nè futuro. Leggeri come il nulla, e nel nulla tornano subito dopo. Eppure, noi siamo la somma di questi gesti insignificanti e apparentemente inutili, che, paradossalmente, ci rendono più vivi di altri.
Tumblr media
Muriel Barbery, "L'eleganza del riccio"
6 notes · View notes
belladecasa · 10 months
Text
Gesù perché mi hai fatto incapace di svolgere più di una maledettissima mansione al giorno??? Perché se ho un impegno a una determinata ora non riesco a fare un cazzo per tutte le ore precedenti e seguenti? Perché l'unico modo che trovo per rilassarmi è chiudermi in camera priva di ogni fonte luminosa? Perché nel momento esatto in cui acconsento/chiedo di uscire mi passa la voglia e mi pento?? Perché parlare/interagire con chiunque mi fa sentire esausta? Perché non riesco a rispondere a un maledetto messaggio prima di due ore/giorni/mesi? Perché non riesco a rispondere alle telefonate? Mi odioooo maledetto il giorno in cui mia madre mi ha espulsa dalla sua cervice uterina
45 notes · View notes
t-annhauser · 10 months
Text
"Maledetto quel giorno che hanno tolto la naja" dice uno a commento dell'incidente di Roma provocato dagli youtuber, perché ogni tanto rispunta questo antica credenza che la naja servisse a raddrizzare la gioventù, ad elevarla moralmente, a svezzarla alla vita adulta, invece io della naja ho il ricordo di una specie di manicomio criminale, però serenamente istituzionalizzato. La suora incattivita dell'ospedale militare tirava addosso le mele ai sobillatori del reparto rivedibili con il rischio di procurargli una bella commozione cerebrale, e qualcuno per di più se l'andava anche a cercare, perché con una bella commozione almeno ti davano dei giorni di congedo, se non proprio l'assoluzione definitiva nei casi più conclamati. Come ritorsione per non essere stato giudicato idoneo alla leva ti comminavano una bella interdizione dai pubblici uffici, come a dire "te lo scordi il posto fisso da statale": chi non è buono per il re, non è buono neanche per la regina. Per non dire dell'a dir poco lisergico "questionario dei tre giorni", attraverso il quale gli psicologi dell'arma avrebbero dovuto capire se come psicopatico potevi tornargli utile o meno ("Ti piacciono le riviste di meccanica? Vuoi bene a tua madre?" e tu dovevi rispondere salomonicamente sì o no). Per affrontare al meglio il servizio militare bisognava affondare nella sua stessa follia elevandola a metodo, premurandosi di lisciarsi gli ufficiali e di nonnizzare il più crudelmente possibile le reclute. Insomma, una cura in cui si rischiava seriamente di uscirne più deficienti di prima.
19 notes · View notes
kon-igi · 4 months
Text
UN VIAGGIO NELL'ORRORE
Tranquilli, non è il vostro viaggio ma il mio.
Io sono nato all'inizio degli anni '70, quindi mi sono fatto prima tutta la cinematografia horror di Dario Argento&co e poi tutti gli slasher americani con le icone classiche quali Jason, Freddy, Leatherface etc.
Ma c'è un problema...
Io non ho mai visto nessuno di quei film fino al 1990.
Vedete, io vivevo in una famiglia molto particolare™ dove la televisione era vista come il male assoluto, ragion per cui fino ai 14 anni io sono stato costretto ad andare a letto alle nove di sera e durante il giorno potevo guardare solo un'ora di televisione (stranamente non era conteggiato il tempo davanti al Commodore 64 e indovinate un po' chi era il mio migliore amico).
In quell'ora a disposizione io cercavo, ovviamente, di farci stare i miei cartoni animati preferiti ma non mi era possibile guardare film, tantomeno di sera.
Me li facevo raccontare.
Sì perché, evidentemente, il concetto di film non adatto ai bambini si applicava solo a me mentre tutti i miei amici, invece, rimanevano alzati fino a tardi a guardare film pazzeschi insieme ai loro genitori e il giorno dopo me li raccontavano.
A difesa dei miei genitori posso dire che in effetti ero un bambino particolarmente impressionabile ed è forse a causa dei sogni che facevo alle elementari che scelsero di non espormi a quello che in linguaggio tecnico viene definito nightmare fuel.
Non che ne avessi bisogno, intendiamoci.
Per esempio, in terza o in quarta elementare fui perseguitato da quello che io avevo soprannominato Il Burattinaio Cadavere, che si manifestava nel seguente modo: prima io mi trovavo in un qualsiasi luogo a me conosciuto (casa, scuola, parco giochi etc) poi improvvisamente tutto diventava scuro e dei fili tipo ragnatele scendevano dal cielo per toccare le decine di cadaveri che improvvisamente erano apparsi accasciati a terra, i quali si rianimavano come burattini e mi venivano barcollando incontro. Ovviamente mi svegliavo urlando come un ossesso.
E che dire della Lamante, una donna che ogni notte mi faceva vedere un buco sul braccio e mi sussurrava 'Se mi aspetti poi ti faccio vedere cosa mi hanno fatto'. E dopo tornava con le braccia amputate e due lame lunghissime innestate cercando di trafiggermi.
E poi il Buio, la Porta, il Verme Oculare, lo Sghignazzatore Maledetto...
(Beh, forse ero un qualcosa di diverso da 'impressionabile' ma vabbe'...)
Comunque, il primo film horror che vidi a casa di un amico fu Halloween di John Carpenter e al di là dell'angoscia di vedere REALMENTE un qualcosa horror, mi piacque parecchio e lì cominciò la mia collezione di problemi.
Come qualsiasi manuale di pedagogia insegna fin dai primi capitoli, la lunga privazione di un qualcosa di proibito che ero l'unico a non possedere mi spinse a fare binge watching di ogni film horror, di ogni libro di Stephen King, Clive Barker, Lovecraft e persino a scegliere come gioco di ruolo preferito Call of Cthulhu invece del più innocuo Dungeons&Dragons.
Andai fuori di testa.
Ogni notte un Geteit Chemosit che indossava la faccia strappata di mia madre cercava di entrare in camera mia e di giorno giravo sempre armato perché non si sa mai.
Mandai quasi in ospedale la mia povera mamma che ebbe la pessima idea di entrare in camera mia perché mi lamentavo nel sonno (non avevo capito che la faccia era attaccata alla persona giusta) e a distanza di anni ancora ridiamo con i miei amici di quando in campeggio tenni sollevato per il collo lo sventurato che fece un verso sospetto quando, uscendo per pisciare ancora mezzo addormentato, calpestai per sbaglio il suo sacco a pelo.
Per me valeva il motto 'L'uomo che dorme con un machete sotto al cuscino è un pazzo tutte le notti tranne una' e infatti la routine serale dei miei amici era aspettare che mi addormentassi e poi nascondere tutte le mie armi (grazie Francesca perché quella notte particolare avrei senza dubbio ucciso tutti con la mia Katana).
La notte, insomma, non mi è stata mai amica perché forte in me era la convinzione, per non dire la certezza, che il sonno rendesse possibile la venuta di orrori innominabili che si arrampicavano lungo la parte sbagliata della luce.
Verso i diciannove anni facemmo una festa per la fine della Maturità in un'enorme casa di campagna di non mi ricordo chi e dopo aver bevuto l'impossibile ognuno si appropriò di una stanza a casa, chi per trombare (non io) chi per collassare (io).
Solo che non collassai.
Come in un racconto breve di Stephen King mi misi a sedere su un vecchio letto col materasso di lana e tenendo i piedi nudi su un pavimento di cotto dalle piastrelle tutte storte (assurdo come certi particolari rimangano impressi) cominciai a fissare la porta chiusa.
Faceva caldo ma l'avevo chiusa.
Improvvisamente sento una sensazione strana sulla schiena, come di brividi, e i capelli mi si rizzano sulla nuca.
Un pensiero mi si insinua nelle tempie come un ago nel polistirolo...
'Sta arrivando'.
E poi abbasso lo sguardo e vedo che sto tenendo in mano un lungo coltello da macellaio, che evidentemente non ricordavo di aver preso giù in cucina.
Non ricordavo di averlo preso o forse in quel momento avevo capito qualcosa?
Sta arrivando
Punto i piedi a terra...
STA ARRIVANDO
Mi alzo e stringo più forte il coltello
STA ARRIV...
Ma io mi muovo per primo e scatto verso la porta con un fendente dal basso verso l'alto che avrebbe aperto in due la pancia dell'essere non appena avesse spalancato la porta.
TUNC!
Guardo la lama affondata a metà nel pannello della porta chiusa, assolutamente chiusa ma così chiusa che pareva l'emblema della possibilità che io quella sera trombassi.
Allora scendo in cucina, rimetto il coltello nel cassetto e tra i gorgoglii dei conati di vomito di chi aveva ecceduto e l'assoluto silenzio di chi non stava minimamente trombando, mi sdraio sul letto e mi addormento di un sonno senza sogni.
La parte più nobile e metafisica di me vuole pensare che con quell'ultimo fendente dato al vuoto in realtà uccisi definitivamente l'oscurità in me ma in realtà credo di aver semplicemente realizzato che chiunque fosse entrato in quel particolare momento si sarebbe visto rovesciare gli intestini sul pavimento e questo non rientrava tra le cose che avrei voluto fare da grande.
23 notes · View notes
emz26 · 4 months
Text
Era un bel posto
Soffro della “sindrome da barista”, come funziona? Semplice, entro in un bar e chiedo un caffè, “macchiato?” risponde di rimando la barista, e lì ho la mia prima crisi , “sì”, “caldo o freddo?”, e allora mi vuoi morto maledetta? Quindi, io non frequentatore di bar, io introverso, io che ho sempre la testa tra le nuvole e non sono troppo presente nella quotidianità degli umani affanni,io ho bisogno di un bar amico, che mi conosca, un luogo dove la barista mi prepara un caffè senza mettermi il cucchiaino, perché il caffè lo prendo amaro perché che voglia di sbattermi tra lo zucchero di canna e normale non ne ho, che poi nello scegliere tra gli zuccheri si entra argomenti filosoficamente urtanti , si vanno a cozzare sensibilità ancestrali e io non ho proprio voglia di sbattermici, mica vorremo urtare qualche strana armonia dell’universo che l’effetto farfalla è sempre dietro l’angolo? No! non lo vorrei, io non ho proprio sbatti, io voglio solamente un caffè.
Avevo trovato il posto, un piccolo bar con il suo dehor, carino e pulito, ordinato, la barista era gentile, lei sorrideva ed io sorridevo di rimando, era cortese ed io ero cortese, un “buongiorno” si susseguiva ad un altro “buongiorno”, un “buonasera” ad un “buonasera”, tutto carino e cortese, bevevo il mio caffè e pagavo, salutavo con un “arrivederci” rispondevano con un “arrivederci”, un bel posto, consueto e rassicurante, fino, fino al maledetto giorno.
Ero lì, mi stavo mangiando un gelato, sì, sì ogni tanto anche io commetto qualche follia, una botta di vita alla mia ordinarietà, uno stecco al caramello salato.
La barista smonta dal turno e si dirige verso la sua auto, ovviamente saluto gentilmente e lei risponde di rimando, attraversa le strisce pedonali e mentre è a meta percorso un tizio a caso, un capo cantiere del cazzo deve farle sapere quanto è bello il suo culo, la risposta è immediata ed istantanea corredata da un dito alzato, il capo cantiere del cazzo si gira verso i suoi commensali con il ghigno di chi crede di aver dimostrato chi sa quale capacità, ghigno che si spegne istantaneamente appena incontra gli occhi dei suoi commensali, evidentemente i suoi giovani sottoposti non tollerano un comportamento simile.
Ricapitolando, lei ha risposto a tono e lui è stato messo al suo posto, quindi è tutto risolto? No, questa è stata solamente la prima crepa.
9 notes · View notes
iovengodallaluna · 9 months
Text
“Cara Sofia, Sto amando un’altra donna e la sto amando con tutta quella serenità che tu non mi hai mai concesso, ora capisco che l’amore è questo, mettere in fila giorni di felicità non per forza conquistata con continue lotte. Lei è bellissima e coerente, la magia della coerenza è così stupefacente che non saprei descrivertela, a te quest’incantesimo non è mai riuscito. Sto bene, lei ha preso in mano la mia vita e la mia testa e ha fatto combaciare ogni cosa, ha dato un senso e un ordine alla mia casa, è stata il posto in cui mi sono salvato. Ci sono giorni di sole e tutti mi dicono che sono una persona nuova e anche io mi sento come se potessi mangiare le nuvole. Esco prima dal lavoro perché a volte mi manca troppo e ho bisogno di vederla, ci vediamo tutti i giorni ma solo quando sono con lei non penso a niente e credo di poter salvare il mondo quindi capiscimi perché ogni volta corro per abbracciarla il prima possibile. Non ti amo più e non mi ami più ma io ti scrivo perché quando ci incontriamo io lo vedo come mi guardi e posso anche vedere come io guardo te, io Sofia non ti amo più ma tu resti l’amore della mia vita, esiste un solo amore della vita e noi lo abbiamo conosciuto, amato e poi abbiamo smesso di sentirne la mancanza ma tu resti l’amore della mia vita, è difficile farlo capire agli altri ma io mi smonto quando ti vedo, cambio occhi e cuore, ritorno vecchio, dura solo un attimo perché io, e neppure tu, possiamo più permetterci noi, però quell’attimo c’è sempre, come quando ti chiamo al telefono per sapere come stai, quell’attimo c’è sempre perché tu sei l’amore della mia vita, l’incoerenza, le lotte, le ostinazioni io con te e per te tutto questo lo potevo sopportare. Se devo descrivere l’amore io parlo di lei ma se mai mi chiedessero di qualcosa che va oltre l’amore io parlerei di te perché tu resisti nonostante io abbia smesso di amarti molto tempo fa.”
•••
“Caro Ivan,
Vorrei dire a tutti che non c’é niente di bello nell’essere Sofia e questo perché ho smesso di poterti accarezzare. Ho lasciato ad un’altra donna la possibilità di svegliarsi accanto a te, di prepararti la colazione, di baciarti in una di quelle giornate grigie che sembrano non finire mai. Mi fa ancora male pensare che tu corra da lei dopo lavoro, che la stringa con forza prima di aprire la porta per non perdere nemmeno mezzo secondo insieme e se ti vedo, se ti incontro nei soliti posti, mi si gela il cuore, penso subito a come devo comportarmi, a quanto devo restare composta e fingere che non mi importi nulla. Non ti amo più, ma tremo ancora quando so dove sei, spero ancora di incrociare il tuo sguardo da qualche parte, magari dopo esser stato con lei, dopo averci fatto l’amore. Spero ancora che guardandomi tu possa pensare che con me era meglio. Vorrei dirti che sono felice, che quando mi parlano della tua nuova storia sorrido, ma non posso, questa é l’avventura che non ci siamo concessi per paura, ed io ho maledetto il nostro mancato coraggio ogni giorno, ho pensato a tutte le lotte che potevamo evitare, a tutti i capricci mai risparmiati, a quella gelosia che toglieva il respiro, e a quella fiamma che non smetteva mai di bruciare dentro di noi. Ricordo ancora le urla e i messaggi con scritto “non cercarmi più” almeno mille volte, sperando di non esser mai presi alla lettera, eravamo così terrorizzati dall’idea di perderci che abbiamo fatto in modo accadesse. In tutto questo tempo non sono riuscita a sostituirti, quando altre braccia mi stringevano pensavo soltanto che non erano le tue e a quanto spesso ho dovuto allontanarti mentre tu adesso hai un’altra persona d’amare, userai anche con lei il sapone all’arancia, un giorno finirà e dimenticherai anche quello, ma ogni volta che ci vedremo, ovunque saremo e chiunque avremo al nostro fianco, sentirò ancora il cuore uscire dal petto e poi fare le corse per rientrare.”
12 notes · View notes