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#john leggend
diceriadelluntore · 6 months
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Storia Di Musica #300 - Miles Davis, Live-Evil, 1971
Quando si ascoltò questo disco per la prima volta, i critici ebbero un profondo senso di smarrimento: Come bisogna definirlo? Cosa è? È jazz? È rock? È qualcosa di altro? In parte era lo scopo del suo creatore, in parte perfino a lui, genio incontrastato delle rivoluzioni musicali, qualcosa "sfuggì di mano", divenendo addirittura qualcosa di altro dalla sua idea primigenia. Questo è un disco che parte da un percorso iniziato qualche anno prima, quando Miles Davis e il suo storico secondo quintetto iniziano ad esplorare le possibilità che gli strumenti elettrici e le strutture della musica rock possono dare al jazz. I primi esperimenti con Miles In The Sky (1968), poi con quel capolavoro magnetico che è In A Silent Way (1969), il primo con la nuova formazione elettrica, la quale sviluppa a pieno quella rivoluzione che va sotto il nome di jazz fusion con il fragoroso, e irripetibile, carisma musicale rivoluzionario che fu Bitches Brew (1970, ma registrato qualche giorno dopo il Festival di Woodstock, nell'Agosto del 1969). Davis è sempre stato curioso e non ha mai avuto paura di guardarsi intorno dal punto di vista musicale, ne è testimone la sua discografia. E nell'idea che il jazz stesse morendo, era sua intenzione innestarlo di nuova vitalità contaminandolo con altri generi, non solo il rock, ma anche il funk, il soul, la musica sperimentale europea. A tutto ciò, per la prima volta nel jazz (e questa fu l'accusa più viva di eresia), il ruolo del produttore, del suo fido e sodale Teo Macero, è proprio quello di cercare tra le sessioni di prove le parti migliori, o come amava dire Davis "le più significative", e metterle insieme in un lavoro sorprendente e meticoloso di collage musicale, che in teoria elimina la componente espositiva solista del musicista jazz, ma che allo stesso tempo regala una nuova filosofia musicale ai brani, del tutto inaspettata. Decisivo fu, nel 1970, il compito che fu affidato a Davis di curare la colonna sonora del film documentario A Tribute To Jack Johnson, di Bill Cayton, sulla vita del pugile che nel 1908 divenne il primo pugile di colore e il primo texano a vincere il titolo del mondo di boxe dei pesi massimi, quando sconfisse il campione in carica Tommy Burns. Per questa ragione fu considerato una sorta di simbolo dell'orgoglio razziale della gente di colore all'inizio del ventesimo secolo, soprattutto poiché nel periodo erano ancora in vigore le leggi Jim Crow, leggi che di fatto perpetuarono la segregazione razziale in tutti i servizi pubblici, istituendo uno status definito di "separati ma uguali" per i neri americani e per gli appartenenti a gruppi razziali diversi dai bianchi, attive dal 1875 al 1965.
Il disco di oggi somma tutte queste istanze, in maniera unica e per certi versi selvaggia, divenendo di fatto una sorta di manifesto che Il Signore Delle Tenebre ostenta alla sua maniera, cioè nel modo più sfavillante possibile. Live-Evil esce nel Novembre del 1971, ma è frutto di storiche serate live al The Cellar Dome di Washington DC, dove la band di Davis si esibì per diverse serate nel Dicembre del 1970, e una parte di registrazioni in studio sotto lo sguardo attento di Teo Macero, presso gli studi della Columbia di New York. Con Davis, nelle esibizioni al Cellar Dome, che come prima pietra dello scandalo usa la tromba elettrica, infarcita di pedali di effetti e di wah wah (amore trasmessogli da Jimi Hendrix) c'erano Gary Bartz (sassofono), John McLaughlin (chitarra elettrica), Keith Jarrett (piano elettrico), Michael Henderson (basso elettrico), Jack DeJohnette (batteria) e Airto Moreira (percussioni) e in un brano solo, come voce narrante, l'attore Conrad Roberts. Nelle sessioni in studio di aggiungono altre leggende, tra cui Herbie Hancock e Chick Corea (con lui nei precedenti dischi citati), Billy Cobham, Joe Zawinul e il fenomenale musicista brasiliano Hermeto Pascoal, la cui musica e i cui brani saranno centrali in questo lavoro. Tutto il magma creativo di queste idee sfocia in un doppio disco dalla forza musicale devastante, tanto che oggi alcuni critici lo definiscono un heavy metal jazz, che parte dalle origini più profonde ma sfocia in una musica caotica e sfacciatamente meravigliosa, trascinante e indefinibile, che gioca tutto sulle dissonanze, sugli ossimori, sui palindromi simbolici e musicali. E manifestazione più chiara ne è la copertina, bellissima, di Mati Klarwein, artista francese autore di alcune delle più belle copertine musicali, tra cui quella di Bitches Brew: lasciato libero di creare da Davis, pensò alla copertina con la donna africana incinta, come simbolo di creazione "primordiale", ma fu lo stesso Davis, a pochi giorni dalla pubblicazione, una volta deciso il titolo, che gli chiese un nuovo disegno, che accostasse il "bene" al "male" attraverso una rana. Klarwein in quel momento aveva una copertina della rivista Time che raffigurava il presidente Hoover, che fu presa come spunto per la rana del male, che campeggiò sul retro della copertina, e che vi faccio vedere:
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Musicalmente il disco si divide in brani autografi di Davis, che diventano lunghissime jam session di sperimentazione, di assoli di chitarra, sfoghi di batteria, con la sua tromba elettrica che giganteggia qua e la, che raccolgono quel senso di rivoluzione, anche giocata sulla sua storica abilità di comunicazione (Sivad e Selim, che sono il contrario di Davis e Miles, la seconda scritta per lui da Pascoal, languida e dolcissima), il medley Gemini/Double Image, scritta con Zawinul, e le lunghissime e potentissime What I Say, quasi una dichiarazione di intenti, Funky Tonk, rivoluzionaria e la chiusura con Inamorata And Narration by Conrad Roberts, che è quasi teatro sperimentale, e le altre composizioni di Pascoal, Little Church e Nem Um Talvez, musica che stupì tantissimo lo stesso Davis, che considerava Pascoal uno dei più grandi musicisti del mondo: il brasiliano, polistrumentista, arrangiatore, produttore, è una delle figure centrali della musica sudamericana, e essendo albino è da sempre soprannominato o bruxo, lo stregone. Tutti brani vennero "perfezionati" da Macero, e addirittura nelle ristampe recenti è possibile leggere nelle note del libretto l'esatta costruzione dei brani, ripresi dalle sessioni live e dalle registrazioni in studio. Di quelle leggendarie serate al The Cellar Dome, nel 2005 la Columbia pubblicò un inestimabile cofanetto, di 5 cd, The Cellar Door Sessions 1970 con le intere esibizioni del Dicembre 1970: le parti usate in Live-Evil sono nel quinto e sesto disco, nei precedenti ulteriori esplorazioni musicali da brividi, per una delle serie di concerti storicamente più importanti del jazz.
Il disco verrà considerato il capolavoro che è solo dopo anni, in un periodo, quello degli anni '70, dove Davis accettò apertamente di sfidare la critica con la sua musica. Da allora però, per quanto in parte ancora enigmatico e "difficile", è considerato l'ennesimo pilastro della leggenda Davis, in uno dei suoi capitoli musicali che ebbe più fortuna, poichè buona parte dei fenomenali musicisti che contribuirono a questo disco erano in procinto, o già alle prese, con esperienze musicali che partendo dalla lezione del Maestro, ne approfondiranno i contenuti, e ne esploreranno i limiti: sarà quest'ambito che legherà le altre scelte di Novembre e questo omaggio, che come i precedenti numeri miliari (1,50,100,150,200,250) è dedicato al formidabile uomo con la tromba.
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chez-mimich · 1 year
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MARC RIBOT-THE JAZZ BINS
Ci sono delle leggende nel rock, nel blues e anche nel jazz che raccontano di concerti favolosi, storici o tutte e due le cose, dove per assistervi gli spettatori (il popolo del rock e anche quello del jazz) hanno dovuto sopportare improbe fatiche. A Woodstock si è dovuto soggiornare nel fango mangiando solo muesli, a Venezia per sentire i Pink Floyd ci si è dovuti arrostire sotto il sole e via di questo passo, come per la famosa edizione di Umbria Jazz che si è tenuta sotto una pioggia battente. Ognuno di noi si ricorda di un concerto in cui ha dovuto sopportare il caldo, la sete, la calca o la pioggia…Ecco, in scala ridotta, annovero tra questi anche il concerto di Marc Ribot E “The Jazz Bins” per Nj Weekender Spring Edition che si è tenuto sabato scorso presso Nòva a Novara. Ne è valsa la pena? Decisamente sì, naturalmente, anche se lo spazio Nòva forse non era il luogo più adatto per un pezzo da novanta come Ribot. Ma la “policy” degli organizzatori è questa e tanto vale dimenticarsi la schiena a pezzi e parlare di musica. Ma anche parlare della musica di Marc Ribot è una fatica improba, poiché le parole non riescono a supplire minimamente a ciò che le corde della sua chitarra trasmettono e si finirebbe per ricorre e fantasiose immagini mentali, a metafore, sineddoche, ellissi, insomma figure retoriche che poi lasciano sempre il lettore insoddisfatto. Ma certo non sarebbe sufficiente dire che il concerto-monster di questa edizione di Novara Jazz Weekender Spring Edition sia stato bellissimo senza aggiungere altro. E allora diciamo che Marc Ribot, assediato da centinaia di fans nella sala di Nòva e con lui Greg Lewis al sontuoso Hammond e Joe Dyson alla (esplosiva) batteria hanno incantato il pubblico. Proprio inutile cercare di definire il repertorio di Ribot che, ricordiamolo fece parte, negli anni Ottanta, dei “Lounge Lizards” di John Lurie che suonavano un jazz che sembrava punk o forse un punk che sembrava jazz. Ma Marc Ribot, oltre ad avere suonato, ha anche composto per artisti e chitarristi da storia della musica, come Wilson Pickett, David Sylvian, Tom Waits, Caetano Veloso, John Zorn, Elvis Costello, Robert Plant, Elton John, Diana Krall, Marianne Faithfull, tanto per buttare lì qualche nome, ed è proprio dovuta a questa diversità di approcci e di suggestioni musicali, la musica affascinante che Ribot propone. Sale sul piccolo palco di Nòva e, senza esitazione alcuna, attacca a suonare con piglio secco, deciso. Niente parole inutili, solo musica, di quella che è impossibile dimenticare. Cavalcate intense, variate all’infinito, “riff” possenti che inglobano tutto, free jazz, rock, groove, una potente e accurata centrifuga di generi che sembra produrne uno del tutto nuovo ed inimitabile che è poi la cifra stilistica propria di Marc Ribot. Che musica faceva Jimi Hendrix? Il rock? Il blues? È più facile rispondere che faceva la musica di Hendrix. Succede solo per i grandissimi che si chiamino Pink Floyd o che si chiami Bob Dylan. Lo stesso è per Marc Ribot che con quella chitarra in mano, che diventa una specie di bacchetta magica, è in grado di confonderci beneficamente le idee e il nostro razionale, ma spesso sterile, desiderio di catalogare tutto. Questo unico concerto italiano di Ribot è un altro gran colpo della premiata Ditta Novara Jazz che sembra ormai essere andata molto oltre, il pur prezioso festival di inizio estate, ed aver intrapreso una attività più complessa che copre tutto l’anno, con produzioni discografiche, iniziative ed eventi di più grande respiro. Però, la prossima volta, per raggiunti limiti di età, vorrei stare seduto in una confortevole poltrona o anche più semplicemente su una sedia…
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cinquecolonnemagazine · 4 months
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King Kong: un mito cinematografico
King Kong è una figura iconica della cultura popolare, protagonista di numerosi film, fumetti, videogiochi e altri media. La sua storia è quella di un gigantesco gorilla che viene catturato da una spedizione di filmati e portato a New York, dove viene esibito in un luna park. Kong, tuttavia, riesce a fuggire e si innamora di una giovane donna, Ann Darrow. I due vengono poi uccisi da un gruppo di aerei da caccia, ma la loro storia rimane immortale. L'origine di King Kong King Kong è apparso per la prima volta nel film del 1933 diretto da Merian C. Cooper e Ernest B. Schoedsack. Il film è stato un successo immediato e ha contribuito a definire il genere del monster movie. L'idea è nata da Cooper, che voleva realizzare un film che fosse allo stesso tempo un'avventura, un dramma e un horror. Il regista si è ispirato a una serie di fonti, tra cui il romanzo "Il mondo perduto" di Arthur Conan Doyle e il film "Il mostro della laguna nera" del 1932. La storia Il film del 1933 racconta la storia di Carl Denham, un regista cinematografico che sta cercando di realizzare un film che sia un successo sicuro. Denham decide di girare il film su un'isola remota dove si dice vivano creature preistorici. Denham e la sua troupe arrivano sull'isola e scoprono che le leggende sono vere. L'isola è abitata da una serie di animali preistorici, tra cui un gigantesco gorilla che viene chiamato Kong. Denham cattura Kong e lo porta a New York, dove lo esibisce in un luna park. Kong, tuttavia, riesce a fuggire e si innamora di Ann Darrow, un'attrice che fa parte della troupe di Denham. I due fuggono insieme, ma vengono inseguiti da Denham e dalla sua troupe. Alla fine, Kong viene ucciso da un gruppo di aerei da caccia, ma Ann sopravvive. La rappresentazione di King Kong King Kong è spesso rappresentato come un simbolo della natura selvaggia e della forza primordiale. Il gorilla è un essere imponente e temibile, ma è anche in grado di provare amore e compassione. La storia di King Kong è una storia di amore, perdita e conflitto tra la natura e la civiltà. Il film è un classico della cinematografia americana e ha avuto un'influenza significativa sulla cultura popolare. Le rielaborazioni Dopo il successo del film del 1933, King Kong è stato rivisitato numerose volte. Tra le rielaborazioni più famose ci sono: - King Kong (1976): un remake del film del 1933 diretto da John Guillermin. - King Kong Lives (1986): un sequel del film del 1976 diretto da John Guillermin. - King Kong (2005): un remake del film del 1933 diretto da Peter Jackson. - Kong: Skull Island (2017): un prequel del film del 2005 diretto da Jordan Vogt-Roberts. - Godzilla vs. Kong (2021): un crossover con Godzilla diretto da Adam Wingard. La popolarità King Kong è una figura iconica che ha catturato soprattutto l'immaginazione del pubblico per generazioni. Il gorilla è apparso in numerosi film, fumetti, videogiochi e altri media. La popolarità è dovuta a una serie di fattori, tra cui anche la sua storia avvincente, la sua rappresentazione iconica e il suo messaggio universale di amore e perdita. Foto di HUNG QUACH da Pixabay Read the full article
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pollicinor · 4 months
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"Le leggende sono probabilmente invenzioni recenti che sfruttano vecchie storie per spiegare da dove proviene l’usanza dei lucchetti dell’amore e per attirare i turisti", afferma Houlbrook. Le prove concrete raccolte durante la sua ricerca individuano l’origine della tendenza a Pécs, in Ungheria, in una storia non ha niente a che vedere con il romanticismo. Negli anni ’70, il bassista dei Sex Pistols Sid Vicious (accusato di aver ucciso la sua ragazza nel 1978) indossava un lucchetto al collo, che la comunità punk adottò come simbolo di resistenza contro le convenzioni. I lucchetti affissi a un cancello negli anni ’80 probabilmente fecero germogliare questa sottocultura, un segno di dissenso nei confronti del dominio sovietico.
Dall'articolo "Perché bisogna fermare la moda dei lucchetti dell'amore nelle mete turistiche" di John Garry
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JLo in un film musicale sul Bacio della Donna Ragno
Jennifer Lopez farà un film musicale che il regista e sceneggiatore di Dreamgirls e Beauty and the Beast Bill Condon ha adattato dallo show di Broadway del 1993 Il Bacio della Donna Ragno. La musica sarà firmata dalle leggende John Kander e Fred Ebb, mentre il libretto è quello di Terrence McNally, basato sul romanzo dallo stesso titolo di Manuel Puig che è già stato adattato per il grande…
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personal-reporter · 6 months
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Storie delle Olimpiadi: L’impresa del Dream Team di Barcellona
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A Barcellona nelle Olimpiadi 1992 il basket venne dominato dal Dream Team degli Stati Uniti, un gruppo che, oltre  a Michael Jordan e al suo amico Scottie Pippen dei Chicago Bulls, comprendeva nomi come Larry Bird dei Boston Celtics, Charles Barkley dei Phoenix Suns, Patrick Ewing dei New York Knicks, Clyde Drexler dei Portland Trail Blazers, John Stockton e Karl Malone degli Utah Jazz, Chris Mullin dei Golden State Warriors, David Robinson dei San Antonio Spurs e il collegiale Christian Laettner. Il gruppo era guidato da Magic Johnson, leader carismatico determinato a tornare in campo dopo aver dichiarato la sua sieropositività il 7 novembre 1991 e riuscì ad abbattere i pregiudizi verso l’Aids con una comunicazione trasparente, facendo informazione sul tema. L’ignoranza sulla distinzione tra AIDS e HIV diminuì con il tempo anche grazie alla dedizione alla causa di Johnson, un uomo capace di parlare alle persone, ribaltare i luoghi comuni, scuotere le coscienze e dare un messaggio di speranza. Allenatore del Dream Team era Chuck Daly che definì quell’esperienza “Un viaggio con 12 rockstar. Era come se avessero messo insieme Elvis e i Beatles”. I professionisti della NBA, alla loro prima apparizione ai giochi olimpici, vinsero otto partite su otto con uno scarto medio di 44 punti, mentre la finale contro la Croazia del talentuoso Dražen Petrović e dell’astro nascente Toni Kukoč terminò con il punteggio di 117-85., con  una medaglia d’oro conquistata dopo due settimane di pura esibizione con protagonisti i giocatori e le loro storie. Durante gli allenamenti a porte chiuse il gruppo cercò di trovata il giusto equilibrio di un gruppo composto da grandi personalità, come  Magic Johnson e Michael Jordan e, se il primo aveva contribuito a rilanciare l’immagine della Lega dopo anni bui, il secondo la stava proiettando in un grande cambiamento, grazie ad una mentalità vincente fuori dal comune e una leadership in grado di motivare i compagni di squadra. Il Dream Team diventò leggendario per la capacità di unire le gesta di grandi atleti a messaggi di inclusione sociale e contribuì in modo decisivo a promuovere l’immagine della NBA in tutto il mondo, al punto che Commissioner David Stern intuì che la crescita del mondo del basket passava dall’allargamento del bacino di utenza oltre gli Stati Uniti. L’apertura a giocatori africani, asiatici ed europei permise alla Lega di diventare il primo fenomeno sportivo globale, oltre all’arrivo di leggende come  Shaquille O’Neal, Kobe Bryant e LeBron James e  niente fu più come prima nel mondo del basket americano e non solo. Read the full article
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tempi-dispari · 2 years
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“Keep rock‘n roll alive”, terzo album della formazione guidata da Edo Arlenghi
Un inno al rock, nel suo essere musica, questo disco del combo di Edo Arlenghi, ma anche ispirazione. Il rock’n roll, infatti, è uno stile di vita che in queste dieci tracce prende forma attraverso le emozioni che animano il popolo del rock e le storie. Leggende e narrazioni ormai diventate mitiche, che affascinano per i loro misteri irrisolti, dove la vita e la morte la fanno da padrone. 
C’è tanto anche di autobiografico nel nuovo disco di The Rocker. La scelta delle emozioni e delle vite da raccontare sono quelle che più toccano il leader della formazione, Edo Arlenghi e gli altri componenti della sua band. L’ascolto invita alla presa di coscienza che il rock’n roll, in fondo, è una scelta di vita e di ideali. È così che un’esistenza può diventare dannata, nel nome di una coerenza che la porta fuori dagli schemi precostituiti.
Racconti di miti, fatalità, lotta, esperienza, coerenza, amore e sogni animano questo disco, il terzo di inediti della formazione. 
Track by track 
Keep rock’n roll alive
È un inno al Rock’n Roll. Una dedica al club dei 27: Jimi Hendrix, Janis Joplin, Brian Johns, Robert Johnson, Amy Whinehouse e Curt Cobain.
Una maledizione? Una casualità, forse una coincidenza? È tutto avvolto in un grande mistero che unisce fama e morte.
Let the music take control 
La descrizione di come un genere musicale, il Rock’n Roll, arrivi a tatuarsi nell’anima per passione. Questo brano parla delle vibrazioni positive che scaturiscono dall’appartenenza ad una band che sceglie la coerenza, sia sul palco che giù dal palco, il romanticismo e l’attaccamento a dei valori immutabili. 
One minute
La storia di due ragazzi, un lui ed una lei, attratti dal sogno di rapinare una banca e diventare ricchi in poco tempo. Hanno un piano, lo mettono in atto, ma tutto finisce in un terribile scontro a fuoco con la polizia. Lui muore con i soldi in mano, colpito da un proiettile.
Police on my back 
Il brano è scritto da Eddy Grant contro il regime dell’apartheid in Sudafrica, poi ripreso da The Clash nel 1980.
Proprio da questa seconda versione, arricchita da tutta l’energia e la rabbia della band londinese, nasce la cover di The Rocker. Il testo parla di un uomo che ha appena commesso un omicidio, ha sparato ed ha ucciso presumibilmente un poliziotto. Da quel momento scappa, corre e si rifugia ovunque, sentendosi braccato. Cosa ha fatto? Improvvisamente si rende conto che da quel momento in poi avrà un conto da pagare con la giustizia, una sensazione di panico che fa a schiaffi con il motivo musicale allegro della canzone.
They can’t kill your idols 
Seguire i propri sogni in questa vita è l’unica cosa che conta e che dà veramente soddisfazione. Sentirsi realizzati è ‘fonte di una vita serena, ma per questo traguardo bisogna soffrire e faticare, perseverando.
Il viaggio è importante forse più della destinazione, ma provarci con tutto sé stessi è una prova di forza e volontà.
Restless soul 
Un brano autobiografico che, senza fronzoli, racconta una vita, descrive un’anima, le esperienze negative e gli insegnamenti che illuminano la strada. Ricordando il passato, ma vivendo sempre in positivo, presente e futuro.
Under the low lights 
Un brano contemporaneo riferito al periodo nefasto che stiamo vivendo. La pandemia, la guerra, i valori della vita che cambiano in un momento e sembrano invertire il naturale moto delle cose. 
Never back down
Mai voltare le spalle ad un problema. Anzi, appena si presenta va affrontato subito, chiudendo eventualmente i conti con il passato. Un consiglio valido sempre, ma soprattutto quando c’è un malintenzionato pronto ad aggredirti.
Take it to the limit 
Gli attimi che vive un atleta di MMA prima di entrare nella gabbia.La massima concentrazione, la visione delle combinazioni possibili per uscirne vittorioso, sentire il proprio corpo ed ascoltare i consigli del proprio coach .ll suo viso esprime solo grande sicurezza. A breve inizierà a combattere. 
Glorious day 
Un giorno perfetto, un giorno glorioso come capita, a volte, nella vita. Una giornata passata a fare sport, ridendo, godendosi la vita con gli amici in totale armonia.
Un giorno speciale, un brano speciale, nato per diventare la sigla dell’Y-40 la piscina più profonda del mondo. 
Autoproduzione
Release album: 9 ottobre 2022
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Il Castello di Glamis tra Reali e fantasmi
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Il Castello di Glamis tra Reali e fantasmi
Il castello di Glamis in Scozia presso Angus è noto per alcune leggende, oltre a essere la residenza natale della regina consorte Elizabeth Bowes-Lyon, madre della regina Elisabetta II e figlia del 14. conte di Strathmore.
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Infatti, il luogo molto caro alla sovrana Elisabetta, dove la madre ha vissuto la sua infanzia, trascorso la luna di miele con Giorgio VI e dove nasce anche la sorella Margaret, appare intriso di vicende sinistre: fantasmi, diavoli e mostri. Il castello in stile gotico, risale al secolo XII ed è l’abitazione ufficiale dei Conti di Strathmore. Sembra che intorno al castello siano stati trovati anche dei reperti preistorici di pietra pitta chiamata Eassie Stone. Si presenta circondato di parchi, giardini e persino con un cimitero per animali domestici. Il re scozzese Roberto II concede nel 1376 la tenuta a John Lyon, Lord Glamis, poi Conte di Strathmore e Kinghorne, che costruisce una casa. Si suppone sia usato inizialmente come una riserva di caccia reale e poi come la loro residenza.
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Il castello all’inizio era solo una dimora a forma di L, che poi viene ampliata e ristrutturata prima nel 1600 e soprattutto tra diciottesimo e diciannovesimo secolo. Oggi la residenza appare regale con i suoi arredi preziosi, gli appartamenti reali, il salotto, la cappella e la cripta. E alla straordinaria bellezza si aggiunge un alone di mistero e inquietudine in armonia con le vicende storiche. Sembra che l’area sia teatro di fatti sanguinari, come l’omicidio di Duncan I per mano del cugino e da cui Shakespeare trae ispirazione per Macbeth. E secoli dopo Janet Douglas, la vedova di Lord Glamis nel 1540, viene accusata di stregoneria e bruciata sul rogo da Giacomo V. Da allora non contenta del brutale epilogo, appare sotto l’orologio della torre avvolta in una vampata di fuoco.
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Inoltre, nel diciassettesimo secolo il castello viene ereditato dal Conte Patrick Strathmore, un uomo molto violento con il vizio del gioco, che vende l’anima al diavolo. Patrick, obbliga tutti a giocare e a farlo vincere dai parenti alla servitù. Un giorno non trovando nessuno disposto ad accontentarlo appare uno sconosciuto, con cui perde tutta la sua fortuna. Ma riesce a recuperarlo vendendo la sua anima al vincitore, cioè il diavolo. E da allora vive tormentato, rinchiuso nella stanza segreta dove muore pochi anni dopo. Insomma per essere una residenza immersa nel verde non è proprio un soggiorno riposante. Con il tempo si diffondono alcune leggende e tra le più famose il mostro di Glamis, un erede della famiglia che nasce deforme. Motivo per cui viene nascosto e murato vivo in una stanza segreta. Nel 1821 Lord Glamis e sua moglie infatti, hanno un bambino chiamato Thomas che però sembra muoia presto. In realtà il bambino deforme viene nascosto e il segreto rivelato ai giovani rampolli solo con la maggior età vietando di parlarne.
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Alcuni sostengono che questo essere viva per circa duecento anni, superando di gran lunga le note sovrane. Ma per quanto la famiglia sia molto longeva, duecento sembrano effettivamente un po’ tanti. Comunque in famiglia questa strana nascita non è l’unica, basti pensare alle due cugine della regina Elisabetta II, Narcissa e Katherine Bowes-Lyon, che per problemi mentali vengono rinchiuse in manicomio. E si apprende della loro esistenza solo al momento della sepoltura vicino alla nobile casata, dove possono giacere finalmente silenziose e composte e senza isterismi.
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L’ala della dimora invece, in cui si trova la stanza segreta viene chiamata “Mad Earls Walk”, tradotto i Conti che camminano. E tra le altre curiosità nel castello sembra che il re Malcolm II di Scozia nel 1034 muoia proprio sul luogo durante una battuta di caccia, che ispira Oscar Wilde nell’ambientazione del fantasma di Canterville. La dimora preceduta da un lungo viale è ritenuta tra i castelli più belli della Scozia e appartiene dal 27 febbraio 2016 a Simon Patrick Bowes Lyon, il 19. conte di Strathmore.
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Le sue leggende attirano negli anni l’attenzione di molti studiosi come Peter Underwood, famoso per gli studi sul paranormale nel Regno Unito e che dichiara l’esistenza degli spettri e anche della stanza segreta. Notizia confermata tempo prima anche dallo scrittore Walter Scott, che incuriosito visita il castello sostenendo di aver visto il conte giocare a carte nella Torre con il diavolo. Ora per chi avesse intenzione di visitare l’affascinante maniero, meglio non addentrarsi nei meandri scuri dei corridoi o torri, ed evitare di parlare o invocare il demonio. Si potrebbe rischiare la vita eterna in una stanza segreta e non rivedere più la luce. DI: Antonietta Pezzullo FONTE: Read the full article
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nonsololibristore · 2 years
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Bentrovati amici della Non Solo Libri, ecco un carico di novità tutte da leggere e collezionare: 001 EDIZIONI: - GANNIBAL 5 - JINMEN 1 (DI 13) PANINI COMICS: - ASSASSIN'S CREED VALHALLA LA SPADA DEL CAVALLO BIANCO - ASSASSIN'S CREED BLADE OF SHAO 4 - ARTE 7 - RISTAMPA - BORUTO: NARUTO NEXT GENERATION 16 - CITRUS 7 - RISTAMPA - CITRUS+ 3 - DEADLY CLASS 9 - 1989 BONE MACHINE - DEMOKRATIA COMPLETE EDITION - DEVIL'S REIGN 4 (DI 4) - DUNE - CASA DEGLI ATREIDES 3 - DARTH VADER OSCURO SIGNORE OMNIBUS - DARTH VADER 1 - IL CUORE NERO DEI SITH - EYESHIELD 21 COMPLETE EDITION 5 - EDEN ULTIMATE EDITION 2 (DI 9) - FULLMETAL ALCHEMIST DELUXE ED.13 - GANTZ:E 2 - ICHI THE KILLER 2 - RISTAMPA - KITCHEN OF WITCH HAT 2 - LE MOLTE MORTI DI LAILA STARR - MARVEL INTEGRALE: THOR DI J.AARON 2 - MASTER KEATON 10 - RISTAMPA - MARVEL MASTERWORKS: THOR 11 - MADE IN KOREA - MARVELS X - OTAKU TEACHER 26 - PUNISHER 2 - STAR WARS: L'ALTA REPUBBLICA - L’EQUILIBRIO IN BILICO 1 - STAR WARS: L'ALTA REPUBBLICA 15 - SPIDER-MAN DI J.M.DEMATTEIS 18 - SPIDER-MAN 799 - UOMO RAGNO 90 - STITCH E IL SAMURAI 2 (DI 3) - SHERLOCK 5 - SCANDALO A BELGRAVIA 2 - SIDOOH 5 - RISTAMPA - TENKEN - REINCARNATO IN UNA SPADA 6 - TEENAGE MUTANT NINJA TURTLES 55 PANINI COMICS - DC: - ARKHAM CITY - L'ORDINE DEL MONDO - BATMAN 52 - BATMAN - LEGGENDE METROPOLITANE 2 - DC CLASSIC - SUPERMAN 2 - JLA ANNO UNO - JUSTICE LEAGUE VERITÀ E GIUSTIZIA - LUCIFER 2 - BIMBI E MOSTRI - LUTHOR - SANDMAN DI N. GAIMAN - DC ABSOLUTE 1 - SUPERMAN 2 - LA SAGA DELL'UNITÀ - SUPERMAN DI JOHN BYRNE 19 - WONDER WOMAN 29 VI ASPETTIAMO!!! #fumetterianonsololibri #fumetti #manga #comics #graphicnovel (presso Non Solo Libri - Store) https://www.instagram.com/p/CgebdGQN-Sn/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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jetaime03 · 2 years
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Walt Whitman:una delle leggende della poesia americana.
Walt Whitman è nato nel 31 maggio 1819. Scrisse diverse poesie raggruppate in foglie d'erba tutte perfezionate durante il corso della sua vita. Legge da ragazzo Shakespeare, Dante e Omero voracemente e in più conobbe la schiavitù e lavorò come operaio. Lavorò come stampatore e fu un'autodidatta. Insieme a Emily dickenson fu una leggenda americana grazie al suo stile molto unico. Fu accusato dai cristiani come sodomita, e il suo orientamento sessuale oscilla tra l'essere gay e bisessuale, nel corso della sua vita ha un sacco di giovani amanti e una vecchia fiamma femminile per cui non si hanno pulsioni sessuali. La democrazia è il suo orientamento politico e in foglie d'erba vi sono poesie che parlano di sé stesso, e la più celebri sono la canzone di me stesso, e Oh capitano, mio capitano!. Considerate classici della letteratura. Molti autori tra cui John Green si rifanno a questo autore e alla sua poetica, anche Cesare Pavese si ispira a lui. Era molto amato e venerato, infatti la tomba non si vedeva nemmeno per via dei fiori che c'erano. È un poeta libero, si vede dal suo stile di vita, dallo stile di scrittura, dalle sue metafore grazie al corpo, e infatti chi tocca questo libro tocca un uomo, è una frase celebre. È speciale.
Vorrei leggere le sue poesie e scrivere qualcosa di simile io sebbene non so se io sia bravo. Vorrei esserlo come lui awawa.
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diceriadelluntore · 2 years
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Storia Di Musica #232 - Roy Buchanan, Second Album, 1973
La storia di oggi inizia più o meno come altre che ho raccontato già in questo mese di chitarristi leggendari ma dimenticati: il nostro guitar hero di oggi a 5 anni è già un prodigio, a 15 anni va via di casa per cercare la sua strada di musicista, armato solo della sua Fender Telecaster. Ha il primo colpo di fortuna unendosi a Tulsa a Dale Hawkins (quello Susie Q, poi ripresa dai Creedence Clearwater Revival) e inizia a girovagare per il mondo del rock’n’roll che conta. Ma non si riuscirebbe a capire in fondo cosa sia stato Roy Buchanan solo da queste info, un tizio dal talento straordinario, ma che per vari motivi (sfortuna, mancanza di salute psicofisica nei momenti decisivi e aggiungo pure un caratteraccio da sbruffone) non è il primo nome che viene in mente alla voce: grandi chitarristi della storia del rock. Eppure già quando, e siamo nel 1958, Buchanan è con Hawkins, alla mitica Chess Records, per incidere My Babe, quel chitarrista canadese lascia sempre tutti a bocca aperta. Nel ’61 si trova con Hawkins in tour in Canada, dove conosce il cugino di Dale, Ronnie, che aveva una band di supporto, gli Hawks, che qualche anno più tardi cambieranno il nome in The Band e scriveranno pagine memorabili di storia del rock. Buchanan fa solo in tempo a insegnare qualche trucco al chitarrista di quella band, tale Robbie Robertson, da lui inventati, tra cui lo smanettare col volume di chitarra e amplificatore per creare una specie di wah wah ante litteram, prima delle pedaliere. Ma lui l’occasione per svoltare l’avrebbe anche avuta: nel 1971 un documentario della PBS, la tv pubblica americana, dal titolo Introducing Roy Buchanan lo fa scoprire al grande pubblico, tanto che lo stesso documentario è conosciuto con il bizzarro epiteto di The Best Unknown Guitarist in the World. Lo contatta John Lennon, la Polydor gli fa firmare un sontuoso contratto, e ci sono due leggende memorabili. La prima, anche documentata, vuole che i Rolling Stones gli propongano di prendere il posto di Brian Jones, prima di scegliere poi Mick Taylor: Buchanan passerà alla storia anche per l’uomo che disse di no al più grande gruppo rock della storia; la seconda, che sa più di sentito dire, vuole che sua maestà Eric Clapton lo avesse contattato per suonare con Derek & The Dominoes, ricevendo un nuovo no. Sono anni comunque di soddisfazioni discografiche, con dischi d’oro e un nuovo contratto con la Atlantic, per una produzione discografica che per tutto il decennio ’70 è di alto livello. Ma la sua vita sregolata passa all’incasso: l’alcolismo e la dipendenza dalla cocaina, sette figli da mantenere avuti da 3 donne diverse lo allontanano dalla musica. Nel 1985, dopo anni di oblio, una piccola etichetta specializzata nel blues, la Alligator, gli propone di suonare e incidere per loro. Buchanan si sente quasi in debito con loro e dopo essersi ripulito, registra tra il 1985 e il 1988 tre meravigliosi dischi di blues in libertà assoluta: When A Guitar Plays The Blues, Dancing On The Edge e Hot Wires. Tre esempi di classe e virtuosismo, con la sua capacità innata di innestare il blues con il funky, il flamenco, ritmi latini, messi in fila con la sua amata e fidata Telecaster e con una più morbida Les Paul che proprio in quegli anni inizia ad alternare alla sua amata solid body Fender. Ma l’album che ho scelto dalla sua discografia è probabilmente il suo disco più conosciuto, il più facile anche da reperire: Second Album del 1973, gli anni dei dischi Polydor. Roy Buchanan lavora di nuovo con il produttore Pete Sigel. Tanta attenzione per il blues così amato, con ben cinque originali. Buchanan prende i riflettori con la sua voce frastagliata in un paio di brani, per me la sua esibizione vocale migliore è in Thank You Lord. Ma per altre cose passerà un po’ alla storia, tipo il suo remake di After Hours di Avery Parrish (considerato dai chitarristi un classico di tutti i tempi per tecnica, passione, dedizione e creatività),  il bellissimo strumentale Filthy Teddy, la sbalorditivo Five String Blues, Treat Her Right (con Chuck Tilley alla voce solista) e I Won't Tell You No Lies, con un emozionante omaggio ad un suo mito in Tribute To Elmore James. Come tutta la sua storia, persino l’uscita di scena ha dei tratti sbalorditivi: il 14 agosto del 1988 una lite familiare degenera, Roy si mette alla guida ubriaco e viene arrestato. Lo sceriffo lo lascia in cella per una notte, a smaltire la sbornia, ma qualcosa va storto. Al mattino Buchanan viene trovato morto, si è impiccato con la sua camicia. Sulla sua morte ci furono anche delle versioni diverse, con una tesi di alcuni suoi amici che supposero, visto il corpo gravemente ferito, una relativa messa in scena della polizia; non si ne seppe più nulla, fatto sta che si conclude nel modo più strano la parabola di uno che poteva davvero diventare una leggenda clamorosa, una sorta di Jimi Hendrix bianco secondo molti addetti ai lavori, ma che non ha mai voluto esserlo davvero, dato che per tutta la vita sostenne sempre che: Se non ho mai avuto successo è perché non ho voluto. Per avere successo bisogna volerlo, mentre io volevo solo suonare la chitarra.
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volpedellaneve · 3 years
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What would I do without your smart mouth?
Drawin' me in, and you kickin' me out
You've got my head spinnin', no kiddin'
I can't pin you down
What's going on in that beautiful mind?
I'm on your magical mystery ride
And I'm so dizzy, don't know what hit me
But I'll be alright
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Giocatori di tennis amati da chi fa scommesse virtuali, ma che lasciano il gioco nel 2022
Roger Federer e Serena Williams si sono ritirati. Forse questa è la più grande notizia nel tennis del 2022. Tuttavia, questi atleti non sono le uniche leggende del campo che hanno concluso la loro carriera alla fine dell'anno. Ecco nomi di alto profilo conosciuti dai giocatori che effettuano scommesse virtuali ma che stanno lasciando gli sport professionistici. Catherine Bellis L'ex top junior del mondo è stata pronosticata per un grande futuro da coloro che amano fare scommesse virtuali. A 15 anni, ha battuto Dominika Cibulkova come 208esima giocatrice al mondo. Tuttavia, Bellis è stata ostacolata dagli infortuni per affermarsi tra le migliori. Nel 2018, Catherine si è sottoposta a un intervento chirurgico al polso destro per quattro volte in sei mesi. L'americana ha cercato di recuperare la forma nei tornei di seconda fascia e nel 2020 ha disputato i Major australiani. Nel 2022, Bellis ammette di non poter più continuare. A 23 anni, con sette titoli ITF e un titolo WTA 125K, Catherine ha detto addio allo sport professionistico. Kevin Anderson Il miglior sudafricano nella storia del grande tennis ha affrontato tutti i Big Four tranne Rafael Nadal. Complessivamente, Kevin ha battuto 19 volte i primi 10 giocatori ATP. Anderson non ha ancora vinto nessun Major, ma ha sfiorato la vittoria due volte: a Wimbledon e nella finale degli US Open. Il sudafricano ha anche raggiunto le semifinali degli Open. Nelle semifinali di Wimbledon 2018, Kevin ha trascorso 7 ore in campo con l'americano John Isner. Questa partita è stata la seconda più lunga nella storia del tennis. Solo Isner e il francese Nicolas Mayoux hanno giocato più a lungo nei major britannici. Monica Puig La portoricana ha ottenuto un solo risultato di rilievo nella sua carriera: l'oro in singolare alle Olimpiadi di Rio 2016. Grazie ad esso, Monica è conosciuta da chi fa scommesse virtuali come: - La prima medaglia olimpica femminile proveniente da Porto Rico; - Il primo campione olimpico non selezionato; - Il primo atleta portoricano a vincere l'oro olimpico. Puig non ha mai superato il secondo turno nei Major e la sua classifica WTA più alta è la 32esima. Juan Martin Del Potro Nel 2009, l'argentino ha vinto il suo unico major, gli US Open, un fatto che vi farà capire il valore di questo titolo: prima e dopo la vittoria di del Potro, 30 tornei BS sono stati conquistati dai Big Four. Nella carriera di Juan Martin ci sono state finali e 4 semifinali dei Major, ha vinto il Masters, l'argento e il bronzo dei Giochi Olimpici. L'argentino voleva continuare, ma gli infortuni sono intervenuti. Del Potro ha subito numerose operazioni al polso destro e alle ginocchia. Ora, per stessa ammissione del tennista, può solo camminare. Tommy Robredo Lo spagnolo è entrato nella storia del tennis come il re delle fasce. Al Roland Garros 2013 ha raggiunto i quarti di finale. Per tre volte nel corso del torneo, Robredo ha rimontato da 0-2 nei set per vincere. Questo risultato unico è ancora imbattuto. Tommy non ha trionfato nel Grande Slam, ma ha 12 titoli ATP, tre Coppe Hoffman e due Coppe Davis. Nel 2006 lo spagnolo è stato tra le prime cinque racchette al mondo. Roger Federer Vincitore di 103 titoli diversi, 20 volte vincitore del Grande Slam, campione olimpico ed ex numero uno del mondo, questi sono solo una piccola parte dei successi dell'atleta. Roger ha fatto innamorare del tennis milioni di persone in tutto il mondo. Roger ha perso l'ultima partita della sua carriera su tutti gli utenti terrorizzati dalle scommesse virtuali. La sua coppia con Nadal ha perso contro il duo Thiafou e Soka alla Leiver Cup. Nonostante non sia stata la più bella delle partenze, Federer è entrato nella storia del tennis come uno dei migliori tennisti di tutti i tempi. E la sua corsa con Novak e Rafa per il record di titoli del Grande Slam è la più spettacolare trilogia di titoli maschili. Read the full article
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rogers-lashes · 5 years
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Skinny legend🤤🥵
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Gambelli a RBN: “Elkann non cederà la Juve. Aumento di capitale il significato. Allegri? Basta guerre”
Stasera al Pala Alpitour di Torino andrà in scena Together, a Black & White Show, la festa dei 100 anni della proprietà targata Agnelli. Oltre ai vertici societari, saranno presenti tante leggende bianconere del passato: tra questi Platini, Zidane, Del Piero. Ieri inaugurata la nuova sala trofei al JMuseum. A margine dell’evento, John Elkann ha rilasciato dichiarazioni di estrema fiducia su…
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365moviesin2017 · 7 years
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10. LA LA LAND (2016) 10/10 🏆
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