Tumgik
#due volte giuda
bicheco · 6 months
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In Francia ci si bacia tre volte, in Italia due volte, Giuda baciava una volta e tra marito e moglie non ci si bacia più. Così va il mondo, questa la vita delle labbra.
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amicidomenicani · 1 year
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Quesito Caro Padre Angelo, volevo chiederle: esattamente quando è nata la Chiesa? Il giorno di Pentecoste o prima? Grazie in anticipo per la risposta.  Risposta del sacerdote Carissimo,  a proposito della fondazione della Chiesa dobbiamo dire tre cose: Gesù Cristo l'ha promessa, Gesù l'ha fondata, Gesù l'ha manifestata. 1. Innanzitutto l'ha promessa quando ha detto a Pietro: “E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa” (Mt 16,18). La parola Chiesa tra gli evangelisti è usata solo da Matteo e per due volte. La prima nel versetto che ho appena citato, la seconda in Matteo 18,17 quando Gesù dice: “Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano”. Nel testo greco, che è l'originale del Vangelo, al posto di comunità si trova la parola “ecclesìa”, Chiesa. Chiesa significa comunità, assemblea, convocazione. 2. Quando Cristo ha fondato la Chiesa? Ecco che cosa dice il concilio Vaticano II nella Lumen gentium, che è la costituzione dogmatica sulla Chiesa: “Il Signore Gesù diede inizio alla sua Chiesa predicando la buona novella, cioè la venuta del regno di Dio da secoli promesso nelle scritture” (LG 5). E: “Questo regno si manifesta chiaramente gli uomini nelle parole, nelle opere e nella presenza di Cristo” (LG 5). Si potrebbe dire pertanto che ha fondato la Chiesa progressivamente. Prima ancora di renderla visibile attraverso un gruppo di persone l’ha fondata nel cuore di coloro che ascoltavano la sua predicazione. 3. Tra le opere con le quali Cristo ha costituito la Chiesa come comunità dotata di una sua struttura vi è la scelta dei 12 Apostoli con Pietro come loro capo. Ecco che cosa si legge nel Vangelo di Marco: “Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui.  Ne costituì Dodici - che chiamò apostoli -, perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demòni.  Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro, poi Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè «figli del tuono»; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì” (Mc 313-19). Qui la chiesa è visibile per la prima volta con la sua struttura. Li ha costituiti come collegio. Per questo viene detto che la Chiesa è stata gerarchicamente costituita. Visibilmente questo è stato il primo nucleo. 4. Tuttavia non va dimenticato che la Chiesa è nata principalmente dal cuore di Cristo e dalla sua volontà di donarsi totalmente agli uomini. Allora nel sangue e nell'acqua usciti dal costato di Cristo appeso alla croce giustamente i Santi Padri hanno visto la nascita della Chiesa. E hanno commentato così: come dal costato di Adamo che dormiva Dio trasse da una sua costola Eva, così dal costato di Cristo nuovo Adamo "dormiente sulla croce” ha tratto la Chiesa, la sua mistica sposa. 5. In un terzo momento Gesù ha manifestato pubblicamente la Chiesa alla moltitudine degli uomini nel giorno della Pentecoste. Dice il Concilio Vaticano II: “Compiuta l'opera che il Padre aveva affidato al Figlio sulla terra, il giorno di Pentecoste fu inviato lo spirito Santo per santificare continuamente la Chiesa (LG 4): E nel decreto Ad gentes sulla vocazione missionaria della Chiesa il medesimo Concilio afferma: “Ma fu nel giorno della Pentecoste che lo Spirito Santo si effuse sui discepoli, per rimanere con loro in eterno; la Chiesa apparve ufficialmente di fronte alla moltitudine ed ebbe inizio attraverso la predicazione la diffusione del Vangelo in mezzo ai pagani” (AG 4). 6. Per concludere mi piace ricordare che proprio dalla parola Chiesa, che significa convocazione, appare la natura missionaria della
chiesa inviata da Cristo a tutti i popoli per farli suoi discepoli: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,19-20). Con l'augurio che tu possa essere sempre figlio della chiesa, come si è espressa fieramente Santa Teresa d’Avila sul letto di morte, ti benedico e ti ricordo nella preghiera. Padre Angelo
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almeriamovies · 3 years
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“Twice a judas”.AKA Due Volte Giuda by Nando Cicero (1968) Klaus Kinski in front of Pico de Alfaro, Las Salinillas #Almeria
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yessferatu · 3 years
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Due volte Giuda/Twice a Judas (Nando Cicero, 1969)
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intotheclash · 3 years
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Quella mattina faceva un freddo cane nel nostro quartier generale. In barba all'estate, un vento impetuoso di tramontana spazzava la piazza con furia maniacale. Sbatacchiava senza pietà le chiome delle vecchie Paulonie, lì da sempre, danzava con le loro foglie e tutte le cartacce sparse per terra a quell'ora, per poi infilarsi direttamente su per i nostri calzoni corti, fino a ghiacciarci le palle. Ma non sarebbe durata. A Luglio, quel vento infame, di solito, aveva vita breve. durava appena lo spazio di poche ore, poi, come si era alzato, si riabbassava altrettanto improvvisamente, per poi sparire in chissà quale altro posto. Io, Sergetto, Tonino e il Tasso eravamo in attesa, sugli scalini della fontana, in attesa di quei dormiglioni di Schizzo e Bomba. Ci stava aspettando la nostra seconda giornata di lavoro. La prima ci aveva rotto le ossa, ma non ci aveva piegato. Certo, ci era andata molto vicino, ma avremmo resistito. Erano ormai quasi le otto e dei due perdigiorno, neanche l'ombra. anzi no, un'ombra sbucò all'improvviso dal vicolo che proveniva dalla Ripa dei Somari; chissà mai perché si chiamava proprio in quel modo curioso. quell'ombra avanzava verso di noi con una lentezza esasperante ed aveva una forma assai bizzarra: sembrava quella di un avvoltoio, uno di quelli che apparivano sempre, al tramonto, nei cartoni animati. Era Schizzo. Che arrivava da non si sa dove, visto che la sua casa era dalla parte opposta del paese. “Alla buonora!” Urlò il Tasso, non appena lo riconobbe. “Con calma, eh! Tanto noi non si sa cosa fare, possiamo aspettare!” Schizzo si bloccò all'ingresso della piazza, alzò quel suo sguardo assente che, generalmente, tendeva sempre a sfiorare l'asfalto, come se fosse una delle cose più interessanti del mondo, perse un po’ di tempo a metterci a fuoco, per via di quelle lenti esagerate che si portava addosso, e, con un candore disarmante, chiese: “Chi stavate aspettando?” Ci guardammo un attimo allibiti, poi scoppiammo a ridere, come se avesse detto la battuta del secolo. Schizzo era un comico nato, solo che lui non lo sapeva, si erano dimenticati di avvisarlo. “Ma brutto sciroccato di un quattrocchi! Si può sapere dove cazzo sei stato?” Gli urlò, di nuovo, il Tasso. “Sono passato a trovare mia nonna.” Rispose, spiazzandoci di nuovo. Non era mai scontato. “Tua nonna? Certe volte mi fai paura sul serio, Schizzo. Ma come tua nonna? tua nonna è morta l'anno scorso!” “Lo so che è morta, mica sono un idiota. C'ero anch'io al suo funerale. C'era un sacco di gente al suo funerale. Infatti non è che sono andato a trovare proprio lei…” “Giuro che non ti capisco.” Affermai. E, a giudicare dalle facce degli altri, era evidente che neanche loro avessero capito. “Sono andato a trovare la casa di mia nonna. Quella dove abitava quando era viva.” “Ecco, adesso si che è tutto chiaro!” Si intromise Tonino. “Sei stato a trovare la casa. Mi sembra giusto. Chi è che non va a trovare le case? Io stesso, ogni tanto, ci vado.” Ma il sarcasmo non sfiorava nemmeno Schizzo, che continuò per la sua strada: “Ci vado spesso. Ci passo quasi tutte le mattine. Mi fermo un po’ sotto al portone, guardo la facciata tutta scrostata, le persiane che, ormai, stanno cadendo a pezzi, annuso l'aria e ricordo com'era. E quasi mi sembra che ci sia ancora. Che non sia morta. La vedo esattamente come l'ho sempre vista. Con quella sua veste scura, con sopra il grembiule da cucina, a trascinare quelle sue gambettine rinsecchite da una stanza all'altra, sempre in moto, sempre indaffarata. Oppure la vedo davanti al camino, quello grande della cucina, dove ci appendeva un paiolo di rame grosso come una carriola e ci cuoceva certi minestroni profumatissimi, con dentro tutte le erbe selvatiche che trovava in campagna. Come era buono il minestrone di mia nonna! E anche lei era buona. non mi ha mai picchiato. Neanche una volta. Era un angelo mia nonna.” “Beato te, Schizzo,” Disse il Tasso con un moto di invidia, “La mia mi carica di botte. La stronza! A casa mia, tutti me le danno, lei compresa. E’ sciancata, cammina di traverso come i gamberi, ma come le passo a tiro di bastone, me la fa pagare, anche quando non ho fatto un cazzo. E’ cattiva nell'anima, la vecchiaccia. Non poteva morire la mia, al posto della tua! ci avremmo guadagnato tutti e due!” “Dio non è così giusto come dicono. Oppure è troppo vecchio per fare quel lavoro. E’ distratto, non si ricorda una sega…dovrebbe scegliere bene chi far morire. Forse sarebbe ora che si trovasse un aiutante, uno giovane e serio, che faccia il lavoro per lui.” “Infatti. A me quella cosa che se ne debbano andare i migliori, mi pare proprio una bella stronzata.” Aggiunse il Tasso. La fragorosa risata di Tonino ci colse tutti di sorpresa, così ci voltammo a fissarlo con aria interrogativa. “Ma che ti sei bevuto il cervello? La nonna di Schizzo è morta, la mia mi massacra di legnate e tu te la ridi? Bell'amico che sei!” “Scusa, Tasso, è che mi hai fatto venire in mente quella volta che abbiamo aiutato tuo padre con la lavatrice nuova. Te lo ricordi?” “E chi se lo scorda più! Ancora porto addosso la cicatrice!” Conoscevamo tutti la storia, non c'erano segreti tra noi. L'avevamo già sentita più di una volta, ma era una bella storia, divertente, e una bella storia non stanca mai. Poi avevamo tempo, visto che Bomba chissà dov'era. “Se ci ripenso, mi vien voglia di suonartele ancora oggi!” Disse minaccioso il Tasso, ma si vedeva bene che gli veniva da ridere. “A me? E che c'entro io? Hai fatto tutto da solo! Te le sei cercate. Quella volta, tuo padre aveva ragione!” Replicò, Tonino. “Col cazzo! Mio padre non ha mai ragione. E tu dovresti stare zitto, perché se no…” “Piantala, Tasso! E racconta.” Lo esortammo in coro. “E’ successo l'anno scorso, durante le vacanze di Natale. Alla vecchiaccia si era rotta la lavatrice, ma rotta, rotta, tanto che il tecnico non fu in grado di ripararla. Mio padre, allora, fu costretto a decidere di comprarne una nuova e di farle un regalo, anche se si vedeva che gli giravano i coglioni, sia per la spesa, che per il fatto che fossimo sotto Natale. Perché dice che, sotto le feste, quelle carogne dei negozianti aumentano tutti i prezzi e siccome alla gente non va di fare una figuraccia, di passare per pidocchiosa, va a finire che compra lo stesso. Si fece prestare il furgone da suo fratello, quello che fa il muratore, quello gentile, tant'è che dicono, anche mio padre lo dice, che sia dell'altra sponda. Però io, una volta, mentre me ne andavo in bici su per le curve di Orte, l'ho visto fermo sul ciglio della strada, dove stanno le donnacce. ciò significa che è solo gentile e quello che dicono di lui è una stronzata. Insomma, mio padre prende il furgone e va a Viterbo a comprare la lavatrice. Al ritorno, trova me e Tonino a giocare al calcio nella piazzetta, sotto casa di nonna, così ci chiede di aiutarlo a scaricare l'attrezzo e a portarlo su per le scale. ” Tonino rideva forte e si batteva le mani sulle gambe. “Non posso pensarci! Ancora mi piscio addosso dalle risate. Quante ne hai prese quel giorno!” “Tu non fiatare, bastardo di un amico! E, quel giorno non ne ho prese tante come dici. Non più di tutte le altre volte che me le ha date, almeno. la differenza è che le ho prese per colpa tua!” “Mia? Che colpa ne ho io se quell'affare pesava come un morto e, quando stavamo a tirarlo giù dal pianale, mi è sfuggito di mano e il morto è finito sul piede di tuo padre?” “Ecco, bravo, è proprio questo il punto. E’ sfuggito a te, ma il calcione nel culo l'ho preso io!” “Mi sembra giusto! mica sono io il figlio! Mica si possono picchiare i figli degli altri!” disse Tonino, che non la finiva più di ridere. “Mi fa incazzare ancora, ma fin qui ci posso stare. Dopo, però, sulle scale, il morto ti sarà sfuggito un'altra mezza dozzina di volte. Quindi le cose sono due: o tu hai le mani di merda, oppure lo facevi apposta!” Il quesito era elementare, e il Tasso conosceva già la risposta. Tonino rise ancora più forte, quasi si strozzò per i singhiozzi. “Cazzo, tuo padre tirava fuori certi bestemmioni che non avevo mai sentito. E ti mollava certe sberle che l'eco rimbalzava giù per tutta la tromba delle scale che era una bellezza!” “Allora lo ammetti, vile traditore!” “Certo che lo ammetto, ma la cicatrice non è stata colpa mia. Quella te la sei cercata. Hai fatto tutto tu. E’ stato tutto merito tuo.” “Quale cicatrice?” Chiese improvvisamente Schizzo. “Quale cicatrice? Questa cicatrice!” Strillò il Tasso, mostrando con orgoglio il bottoncino, ancora rosso vivo, al centro del polpaccio. “E come te la sei fatta?” Ci rotolammo tutti in terra dal ridere. Ogni volta la stessa domanda, come se Schizzo non avesse mai ascoltato la storia. Il Tasso decise di non dargli peso e tirò dritto: “Una volta arrivati in casa, mio padre, sudando come un maiale per lo sforzo, liberò la lavatrice dagli imballaggi e iniziò ad armeggiare con i tubi per collegarla e metterla in funzione. Io E Tonino avevamo finito, non servivamo più, stavamo per andarcene, quando mi andarono gli occhi sulla marca della lavatrice. Mi voltai e guardai mia nonna che appoggiata al suo bastone, trascinava per casa la sua faccia cattiva e quella sua gamba matta. Mi uscì di bocca senza pensarci: bravo, papà! hai scelto la lavatrice giusta per la nonna. Una Zoppas! Calò un silenzio di tomba, poi questo giuda di Tonino scoppiò a ridere. Mia nonna faceva fiamme dagli occhi e prese ad insultare me e mio padre per avermi messo al mondo. Tentò anche di colpirmi con il bastone, ma fui lesto a schivare. Fui lesto a schivare pure il tentativo di presa al volo del mio vecchio, ma lui, con l'altra mano, afferrò il cacciavite e me lo lanciò contro, quando ormai, ero convinto di averla scampata. Sentii una fitta tremenda al polpaccio e mi schiantai in terra. Vidi quell'arnese infame piantato, per metà, nella mia gamba e il sangue che iniziava ad uscire. Cacciai un urlo che nemmeno Tarzan nella giungla si sarebbe mai sognato, mio padre si avvicinò lentamente, con la faccia soddisfatta, recuperò il suo maledetto cacciavite, lo pulì sui suoi pantaloni da lavoro e disse: Così un'altra impari a fare lo spiritoso! E se ne tornò soddisfatto alla sua cara lavatrice.” “Giuro che, in quel momento, non mi veniva affatto da ridere, anzi, mi presi pure un bello spavento; chi se la sarebbe aspettata una mossa del genere! Ma ora, ora che è passato, cazzo se mi fa ridere!” Terminò Tonino.
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silvyelle-blog · 3 years
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La bellezza ✨🧡 l’emozione era praticamente a mille !!!!! Spalla sorella sicura!!!! , un sogno che ogni volta si avvera ogni volta, questa è stata speciale per vari motivi; il primo é che in questi due anni sono successe cose abbastanza così …… il secondo ma non meno importante anzi è che dopo tutto ci siamo riviste , ci siamo scambiate un pugnietto pieno d’affetto e dei sorrisi pazzeschi e rigeneranti✨✨🧡 Grazie per essere SEMPRE UN RIFUGIO. Grazie per le magiche persone che GRAZIE A TE ho conosciuto e sono la mia seconda famiglia, Grazie per avermi ripassato l’autografo tre volte ✨e si , la sedia va da sola ah , Grazie per avermi fatto da Giuda ….. sei speciale sempre al tuo fianco ovunque e sempre ❤️❤️❤️
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doblondoro · 3 years
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Questa domenica in Settembre non sarebbe pesata così,
l'estate finiva più "nature" vent' anni fa o giù di lì
con l'incoscienza dentro al basso
Ventre e alcuni audaci, in tasca "l'Unità"
la paghi tutta
e a prezzi d'inflazione, quella che chiaman la maturità
ma tu non sei cambiata di molto anche se adesso è al vento quello che
io per vederlo ci ho impiegato tanto filosofando pure sui perché,
ma tu non sei cambiata di tanto e se cos'è un orgasmo ora lo sai
potrai capire i miei vent'anni allora e i quasi cento adesso capirai
Portavo allora un eskimo innocente dettato solo dalla povertà
non era la rivolta permanente: diciamo che non c'era e tanto fa
portavo una coscienza immacolata che tu tendevi a uccidere, però
inutilmente ti ci sei provata con foto di famiglia o paletò
E quanto son cambiato da allora e l'eskimo che conoscevi tu
lo porta addosso mio fratello
ancora e tu lo porteresti e non puoi più
Bisogna saper scegliere in tempo, non arrivarci per contrarietà:
tu giri adesso con le tette al vento, io ci giravo già vent'anni fa!
Ricordi fui con te a Santa Lucia, al portico dei Servi per Natale
Credevo che Bologna fosse mia
ballammo insieme all'anno o a Carnevale
Lasciammo allora tutti e due un
qualcuno che non ne fece un dramma o non lo so
ma con i miei maglioni ero a disagio e mi pesava quel tuo paletò
Ma avevo la rivolta fra le dita, dei soldi in tasca niente e tu lo sai
e mi pagavi il cinema stupita e non ti era toccato farlo mai!
Perché mi amavi non l'ho mai capito così diverso da quei tuoi cliché,
perché fra i tanti, bella,
che hai colpito ti sei gettata addosso proprio a me
Infatti i fiori della prima volta non c'erano già più nel sessantotto
scoppiava finalmente la rivolta oppure in qualche modo mi ero rotto
Tu li aspettavi ancora
ma io già urlavo che Dio era morto, a monte, ma però
contro il sistema anch'io mi
ribellavo cioè, sognando Dylan e i provos
E Gianni, ritornato da Londra, a lungo ci parlò dell'LSD
tenne una quasi conferenza colta sul suo viaggio di nozze stile freak
E noi non l'avevamo mai fatto e noi che non l'avremmo fatto mai,
quell'erba ci cresceva tutt'attorno,
per noi crescevan solo i nostri guai
Forse ci consolava far l'amore, ma precari in quel senso si era già
un buco da un amico, un letto a ore su cui passava tutta la città
l'amore fatto alla "boia d'un Giuda" e al
freddo in quella stanza di altri e spoglia
vederti o non vederti tutta nuda
era un fatto di clima e non di voglia
E adesso che potremmo anche farlo e adesso che problemi non ne ho,
che nostalgia per quelli contro un
muro o dentro a un cine o là dove si può
E adesso che sappiam quasi tutto e adesso che problemi non ne hai
per nostalgia
lo rifaremmo in piedi scordando la moquette stile e l'Hi-Fi
Diciamolo per dire, ma davvero si ride per non piangere perché
se penso a quella che eri
a quel che ero, che compassione che ho per me e per te
Eppure a volte non mi spiacerebbe essere quelli di quei tempi là
Sarà per aver quindici anni in meno o avere tutto per possibilità
Perché a vent'anni è tutto ancora
intero, perché a vent'anni è tutto chi lo sa
a vent'anni si è stupidi davvero
quante balle si ha in testa a quell'età
Oppure allora si era solo noi non c'entra o meno quella gioventù
di discussioni, caroselli, eroi quel ch'è rimasto dimmelo un po' tu
E questa domenica in Settembre se ne sta lentamente per finir
come le tante via, distrattamente, a cercare di fare o di capire
Forse lo stan pensando anche gli amici
gli andati, i rassegnati, i soddisfatti
giocando a dire che si era più felici
pensando a chi s'è perso o no a quei party
Ed io che ho sempre un eskimo addosso uguale a quello che ricorderai
io, come sempre, faccio quel che posso, domani poi ci penserò se mai
Ed io ti canterò questa canzone uguale a tante che già ti cantai
ignorala come hai ignorato le altre e poi saran le ultime oramai
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Per esercitarmi nell'ascolto sto cercando di trascrivere la diretta per il compleanno di Ermal. (Solo la conversazione tra Ermal e Fabrizio, però -  la cosa intera è lunghissima.)  Ecco la prima parte.
Se qualcuno potrebbe fare qualsiasi correzione, o aiutarmi con i tratti che non riuscivo a distinguere, sarei molto grata! A volte parlano molto veloce e la qualità della connessione non è la migliore. A volte, anche con la velocità messa a 0.25 non riconosco le parole, o penso di capire quello che dicono, ma non come lo stiano dicendo. Presto posterò una traduzione inglese, e poi il resto. ==== ERMAL: Allora, io sto aspettando Bizio. Fabrizio Moro, ecco qua, aggiunto. In attesa di Bizio. Bizio!
FABRIZIO: Ci sei?
ERMAL: Oh la la!
FABRIZIO: Auguri!
ERMAL: Ciao, fratello, come stai?
FABRIZIO, senza pietà o considerazione per la povera trascrittrice inglese che non sa i dialetti: Ma che fatt e capill? [Cosa hai fatto ai capelli?]
ERMAL: Mi sono ... [RIDE] Tu che cazzo hai fatto? Mi sono appena fatto la doccia, non sono riuscito ad asciugarli in tempo, tu devi provar del tutto, eh? Che cazzo ridi, ingenuo sorridi che mi prendi in giro adesso, e ridi tu. Ma senti, ma ...
FABRIZIO: Ma Pasqua è passata.
ERMAL: Lo so, lo so, e c'era una bella sorpresa qui in mezzo, ma te, piuttosto, hai smesso di comprare le camicie di due taglie più piccole per esaltare il pettorale?
FABRIZIO: Ma che vuoi esalta qui io, con tutti gli stili [???] che stavo per [XXX] dentro casa, c’è poco da esaltare.
 ERMAL: No, sei sempre ... guarda, ho scritto anche qualche giorno fa, sei sempre il DILF della musica italiana, proprio... io che conosco un sacco di giornaliste come anche te, però a me le cose vere vengono a dire, veramente, no che ti sentiresti interessato ...
FABRIZIO: Che dicono, che dicono?
ERMAL: Dicono [FARFUGLIA] “Guardalo, che sguardo da piacione, guardalo!” Dicono che ti spolperebbero vivo.
FABRIZIO: Ohh!
ERMAL: Sì, ma proprio tante, che tu sei proprio il sogno proibito di un sacco ... davvero. Quindi cosi ti voglio svelare questa cosa qua. Ma chi c'è la indietro, tuo figlio Libero - ciao, Libero!
LIBERO: Ciao, auguri.
ERMAL: Grazie, come stai?
LIBERO: Bene.
ERMAL: Come fai a sopportare tuo padre tutti i giorni?
LIBERO: [ROTEA GLI OCCHI]
FABRIZIO: Lo sai quanti anni fa?
LIBERO: No.
FABRIZIO: Secondo te, dei due chi è più vecchio, papà o lui?
LIBERO: Lui. È una domanda trabocchetto.
ERMAL: Gli vuoi compiacere, eh, gli vuoi compiacere.
FABRIZIO: Ha detto sei un vecchio te!
ERMAL: No, no, ma lo sai cosa l’ha ha detto prima, tuo papà? Mi ha detto "ma quanti anni fai?" "Trenta-nove." "Ma mortacci, non ci arrivi mai, eh? A quaranta mai ci arrivi, sempre là stai, sempre sui trenta." 
FABRIZIO: Senti, ma … gli auguri … toglimi una curiosità?
ERMAL: Dì.
FABRIZIO: Ti ho fatto gli auguri sulla story d'instagram, no?
ERMAL: Già. [MA IN REALTÀ DICE QUALCOSA PIÙ COME “EH, JA”???]
FABRIZIO: Però poi mi hanno iniziato a scrivere tanti i tuoi fan dicendomi che non t'ho taggato.
ERMAL: Eh, infatti, io l'ho visto attraverso screenshot perché se tu non mi tagghi ...
FABRIZIO: Te ho taggato, però, perché il tag è ...
ERMAL: Che ne so. Hai visto tuo papà vecchio? non sa neanche la storia della chiocciola.
FABRIZIO: A parte gli scherzi, io ho messo la chiocciola poi scritto Ermalmetamusic...
ERMAL: Ma non mi è uscito.
FABRIZIO: E ti ho taggato sulla ...
ERMAL: Non mi è uscito. Infatti, te l'hanno detto in tanti. Vabbé, dai, ma tanto sappiamo che non è che tu sei molto tecnologico. Come va la quarantena, fratello?
FABRIZIO: Bene. Bene.
LIBERO: Io ce l’ho Play.
ERMAL: Tu giochi a Play, eppure io. Sai che anch’io, ogni tanto. A cosa giochi, tu, Libero? 
LIBERO: Io Fortnite
ERMAL: Che cos'è Fortnite?
FABRIZIO: Dai …
ERMAL: Non so.
FABRIZIO E LIBERO: [XXX grosso ????].
ERMAL: Fortnite è cosa, un gioco di spari - non spari a tutto?
FABRIZIO: Senti, a proposito dei giochi, a parte gli scherzi, come stai?
ERMAL: Bene, bene. Chiuso qua, come tutti. Si va avanti in scrittura, ma molto molto a rilento, veramente molto a rilento, perché, non so, mi sembra un periodo assurdo, perché è come se le cose che mi vengono da scrivere adesso, è come se non avessi qualcuno a cui rivolgermi, capito, perché comunque l'attenzione di tutte le persone, ovviamente, giustamente va in un'altra direzione, capito
FABRIZIO: Lo sai che sto facendo fatica anch'io.
ERMAL: Eh, ma ho visto che c'è ... ho visto in giro che più persone insomma ...
FABRIZIO: Io dicevo sempre a tutti i colleghi che abbiamo che ho sentito in questi giorni, a tutti quasi appunto la stessa cosa, che è un conto poi è decidere di stare a casa per scrivere e un conto è che invece [XXX ??? !!!] in posto, no
ERMAL: No, ma infatti, questa è quasi un’imposizione, tutti pensano, o magari si immagina come diceva anche Barico, qualche giorno fa, ho visto il suo video e mi trovo assolutamente d’accordo. Molta gente pensa che chi è creativo in un momento così possa comunque sfruttarlo per dare libero sfogo alla creatività, però la creatività, secondo me, in questo momento non viene nutrita, perché comunque, quella parte di te che tira fuori cose, e temo, [???] sai bene, è un po’ come un mostro vorace, ha bisogna di vita, bisogna di nutrirsi di un sacco di cose, no?
FABRIZIO: Devo dire, su un punto di vista dei testi è cosi, no? 
ERMAL: Si. FABRIZIO: Poi, da punto di vista musicale perdo un sacco di tempo in camera qui … a un certo punto ho [XXX] tutto, ho acceso tutto, ho portato tutta la roba che avevo in cantina ... ho il mio preferito basso, la mia preferita chitarra, [QUALCOSA DEL GENERE MA CHE DICE, AIUTATEMI???] la batteria, tutto quanto, tutto qui, facendo casini, proprio.
ERMAL: Ma riesci a registrare qualcosa, hai buttato giù della roba?
FABRIZIO: Si, si, butto giù delle robe, però ti ho detto testi ancora, un po’ 
ERMAL: Guarda, io per fortuna ho scritto tanto prima, dico per fortuna, dal punto di vista del dirompere [???] creativo, cioè, dal periodo di ottobre più o meno fino a… anche da settembre, proprio da ottobre, fino poi a quando non ci siamo rinchiusi, avevo scritto tantissimo, ce ne avrò, oh 26, 27 di pezzi, però te mi conosci, lo sai, non sono mai contento poi alla fine. Solo che poi anche gli stessi pezzi che ascoltavo prima e mi cassavano [???] dicevo, “cazzo, che figata [???], mi piace ‘sta roba” adesso li ascolto e non li ascolto più con le stesse orecchie di prima. Non so se riesco a spiegarti questa cosa qua
.FABRIZIO: Infatti per me è sempre così. Infatti io sono … ho bisogno spesso io, di un produttore, voglio dire un confronto, no? 
ERMAL: Ah, ti produco io, tranquillo.
FABRIZIO: Capita spesso pure a me ma penso capiti a tanti, ’sta cosa.
ERMAL: Si, si, capita con tanti nostri amici, colleghi insomma, è capitato di parlarne…
FABRIZIO: A te è capitato…devi ascoltare … dicevo, per scritto il pezzo della vita, bellissimo, poi dopo una settimana…?
ERMAL: Dopo una settimana ti viene da prender e buttar via tutto, cancelli tutte le tracce e lo rifai. Io, adesso, come ti dicevo, stavo scrivendo un libro. Però mi sono arenato. Mi sono arenato in un punto, e non riesco a sbrogliare … un momento, che è un momento fatidico nella storia. [LEGENDO I COMMENTI] Dicono: “Moro, cambiati gli orecchini.” Ma che c’avete contro gli orecchini di Moro? Ragazzi, ma voi lo avete capito che Bizio è bono, qualsiasi cosa si metta, qualsiasi cosa faccia?
LIBERO: Altro che Fabrizio Moro, qui abbiamo Libero Mobrici.
ERMAL: Ah, che bello, bellissimo! Ma da chi hai preso, Libero? Perché da papà no.
FABRIZIO, [dietro la foto da Libero da bimbo]: Le creme per la vecchiaia che mi metto, che effetto fanno? 
ERMAL: Sei un [XXX] pazzesco. 
ERMAL: Ma che stai a fumar? L’albus. [???] Ma tu la accorgi della puzza di calzini sporchi che hanno quelle sigarette lì?
FABRIZIO: No ma il loro fumo non si sente.
ERMAL: No, non a te, ma tutti gli altri lo sentano, però.
FABRIZIO: Sto fumando di meno, però.
ERMAL: Bravo. Ma, per la voce, com’è? Tutto a posto, perché hai avuto quel calo lì… ti sei ripreso alla grande?
FABRIZIO: Si, mi sono ripreso, mi sono ripreso grazie a Dottore … come-si-chiama Dottore …
ERMAL: Fussi, Fussi. Ah, ma anch’io ci sono andato. Quando … due o tre anni fa, non ricordo, ebbi un calo pazzesco. Fu l’estate di 2017, tra altro mi fu costretto [XXX] ad annullare una data, perché proprio non riuscivo… [XXX]
FABRIZIO: Io ho posticipato tre concerti, mi sembra.
ERMAL: Si, si.
FABRIZIO: Poi ho smesso di fumare perché, in pratica, ho l’asma. Non potevo fumare.
ERMAL: Anch’io sono un po’ asmatico. Però la mia asma è determinata dalla polvere. C’è la polvere, mi fa scattare ‘sta roba qua, c’è una sorta di allergia misto asma, un casino. Però ultimamente, devo dire che stanno un po’ meglio.
FABRIZIO: Senti, ci dobbiamo vedere. Porco giuda, non ce la faccio più.
ERMAL: Non ce la fai più senza di me, vuoi dire? Ti capisco, ti capisco.
FABRIZIO: Anche. Anche.
ERMAL: Appena ci vediamo la prima cosa che facciamo è scrivere un pezzo, va bene?
FABRIZIO: La cosa più … aldilà del pezzo, si.
ERMAL: La prima cosa, senza neanche parlare, senza salutarci. Arriviamo con le chitarre e scriviamo, dopodiché ci diciamo tutto quello che abbiamo da dire. Dai. Dobbiamo fare un pezzo insieme di nuovo. Urge per esorcizzare quest’altra paura. Perché noi ci incontriamo nei momenti in cui la gente ha paura. In questo momento la gente ha paura, quindi probabilmente dovremmo fare qualcosa del genere. Ma senza arrogarci nessun tipo di diritto, per il puro gusto di … scacciare questa sensazione. Lo stiamo dicendo davanti ai 5856 persone, qual è la tua risposta definitiva, l’accendiamo? [ACCORDO DRAMATICO.]
FABRIZIO: Scriviamolo, scriviamo...
ERMAL: Scriviamolo?
FABRIZIO: Ma a casa.
ERMAL: A distanza, dici? Certo.
FABRIZIO: A distanza, lo scriviamo a distanza e...
ERMAL: Mettiamo su Skype?
FABRIZIO: Ci mettiamo su Skype, dai.
ERMAL: Ci mettiamo su Skype, e lo scriviamo su Skype. 
FABRIZIO: Guarda, davvero sto dicendo.
ERMAL: Anch’io lo sto dicendo davvero, te l’ho detto io.
FABRIZIO: Creiamo una bella canzone … beh, che la riusciamo a scriverla bella, vuoi. Scriviamo che vuoi tu. [XXX] canzone [XXX] che vuoi.
ERMAL: Stavolta, partiamo dal titolo: “Qualcosa Me L’Avete Fatta.”
FABRIZIO: “Qualcosa Me…” [RIDE] No. Non c’hanno fatto niente.
ERMAL: Continuerebbe … stavolta, sai. Con tutta la gente che soffre, sai che quel pezzo, cantarlo in un momento così… non lo so. Non Mi Avete Fatto Niente era ... è un bellissimo inno legato a quella cosa lì e sono estremamente fiero e orgoglioso di aver fatto questa cosa insieme a te, perché sei fra quelli che stimo assolutamente di più e lo sai. Non è perché … sei qui adesso, lo sai quello che penso di te. Però questo momento in cui… non me la sentirei di cantarla, sai, con un sacco di gente che soffre.
FABRIZIO: Lo spirito deve rimanere vivo. Sempre.
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sciatu · 4 years
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IL MARESCIALLO MUSCARA’ e la legge degli uomini
Il maresciallo Muscarà stava leggendo il rapporto del Capitano Pioppolo, che era, a suo modesto giudizio uno dei migliori scrittori di carabinese, così lui chiamava quell’italiano burocratico e legale che si usava per scrivere un rapporto anche inutile che presto finiva nell’assurdo ed irreale. “Il Cosimo Foti, di professione ambulante, domiciliato in un appartamento locato in via … civico .. interno … trovandosi a svolgere la sua suddetta attività nella strada ove aveva domicilio il Lo Cascio Salvatore, incensurato senza fissa dimora  con cui aveva avuto da dire a motivo di Rosa Concetta di professione badante ma denunciata più volte per prostituzione e raggiro di incapace,  con cui il suddetto Lo Cascio conviveva e da cui aveva avuto cinque figli germani, lo affrontò con ingiurie e minacce a cui il Lo Cascio Salvatore reagiva con incontrollata veemenza procurandogli un taglio nel sopracciglio destro che al pronto soccorso veniva curato con punti tre di sutura e una prognosi di quindici giorni, salvo complicazioni!” “poesia!” commentò tra sé e sé il maresciallo. “pura poesia!” concluse soddisfatto con una punta di invidia. “Maresciallo – fece la voce agitata dell’appuntato Cacace che apparve dal nulla sulla porta del suo ufficio – ce lo abbiamo!” “Bene Cacace! E chi abbiamo?” “Il nostro primo omicidio del mese!” “Ah, e chi è il fortunato?” “Un certo Campisi, Sam Campisi di anni 83!” “Non mi sembra di conoscerlo…” “È uno che viveva in America e che sembra sia rientrato da poco! Così ci ha detto l’assassino, il sedicente Raffaele Saija che è venuto a consegnarsi. È di là nell’ufficio piccolo. Vuole interrogarlo?” “Ha chiamato l’avvocato.?” “No vi ha rinunciato e vuole farle una dichiarazione spontanea” Il maresciallo pensò che era tutto molto strano e decise che era meglio se andava a sentire. Si alzò e si diresse verso il piccolo ufficio dove parcheggiavano le persone in attesa o i commilitoni di passaggio. Prima di entrare osservò da un angolo della vetrata dell’ufficio malamente ricoperta da un foglio di plastica opaco la stanza dove seduto davanti ad un tavolino dell’ Ikea di Catania che faceva da scrivania,  vi era un vecchio dai capelli bianchi con in mano una vecchia coppola. La giacca era almeno di due misure più grandi, forse di quando era più giovane e forte ed era di un consunto velluto nero che faceva risaltare il bianco intenso della camicia e quello dei capelli e della barba. Le scarpe erano di quelle del calzolaio del paese rinforzate nella punta e nel tacco per durare secoli. Lo sguardo appariva un po’ perso ma per nulla impaurito o sottomesso. Il Maresciallo entrò di corsa “Buongiorno, sono il Maresciallo Muscarà,” “”Mi chiamo Raffaele Saija di anni settantanove e mezzo coniugato con Cosima Galletta di anni ottantatré con due figli, Vittoria e Pasquale di anni…” “Signor Saija, signor Saija, questo lo dirà dopo nelle sedi opportune. Lei ha rinunciato all’avvocato quindi qui siamo solo noi due Muscarà e Saija. Prenda un sospiro e mi dica tutto quello che è successo” Il vecchio si fermò nel ripetere una litania che chissà quante volte aveva snocciolato tra se e se. Si toccò il petto come se sentisse una fitta Il Maresciallo gli chiese “Vuole un bicchiere d’acqua ? – e senza aspettare la risposta gridò – Cacace porta un po’ d’acqua” Cacace usci di corsa e rientro dopo poco portando un grosso bicchiere colmo d’acqua. Il vecchio ringraziò, prese da una scatoletta una pastiglia, la mise in bocca e bevve due lunghi sorsi. Finito di bere si asciugò le labbra con un fazzoletto ed iniziò a parlare “Ecco Maresciallo, se devo dire tutto devo iniziare da quando avevo dieci anni. Fu la prima volta che vidi mia moglie vestita con il suo abito della prima comunione. Maresciallo, era bellissima, una piccola madonna, con i lineamenti aggraziati, la pelle bianchissima, due occhi nerissimi e lucenti come u vitru da lava e i capelli neri come gli occhi e ntrizzati (intrecciati)in due lunghe trecce. Io non sapevo cosa era l’amore e non capivo perché il cuore mi battesse cosi forte. Dentro mi sentivo sottosopra come quando avevo fatto indigestione di sfinci. Da allora, ogni volta che la vedevo mi succedeva la stessa cosa. Crescendo per me lei diventò la persona più importante del paese; quando nel cortile della scuola la vedevo restavo tutto il tempo dell’intervallo ad osservarla, in chiesa andavo solo per vederla e nelle gite del primo maggio o di pasquetta mi aggregavo sempre ai suoi amici per stare con lei. Quando avevo poco più di vent’anni, la vidi una sera che si baciava dietro il campanile cu du figghiu i buttana i Samueli u stottu. Maresciallu: mossi (sono morto) nta du mumentu chi visti. Pi mia Samu era na mala pissuna: sfriggiusu, latru, fausu e cu chiù n’avi chiossa ni po’ diri! Vidiri a idda chi pi mia era na madonna baciata da iddu, era comi vidiri Giuda baciari nostru signuri Gisu Cristu. Passai a notti cu l’anima mei chi si strazzava comi i fogghi di rami dill’abbiri quannu cu maistrali veni a ragnola e passa paru facendo divendare le foglie piccoli coriandoli verdi. Milli voti mossi e milli voti risuscitai sulu pi moriri ancora quannu pinsava a iddu e a idda.” Cacace si mosse come a dire al vecchio che l’aveva presa troppo alla lontana. Il vecchio guardò il Maresciallo che immobile attendeva che continuasse. “Poi marisciallu successi u patatracche. Mi dissiru chi idda era incinta e jo già pinsava chi s’avianu spusari comi si fa tra persone che si vogliono bene e sono da rispettare. Mi stava mittennu u cori in paci. Inveci vinni a sapiri che iddu, du disunuratu figghiu i spasciata, l’avia lassata, era scappatu a merica lassannula sula nto menzu i na strada!” Il vecchio fece il gesto di sputare in un angolo della stanza “Puu figghio ibuttana, nta l’infennu ta caliari l’ossa - fece rivolgendosi alla figura ideale a cui aveva idealmente sputato, poi rivolgendosi al maresciallo che aveva guardato severamente il gesto che aveva fatto continuò – Scusassi Maresciallu, ma a pinsari a iddu mi si ntucciunianu i budeddi! Comunque, la famiglia di lei la cacciò di casa e lei si ridusse a vivere a casa di una sua zia in campagna. Da quel momento, appena la notizia si diffuse in paese, da tutti venne considerata na buttana. Sua zia poi era una menza pazza che viveva in un catoio (cesso) di casa e la trattava peggio i na criata (serva). Una volta sono andato a vederla e la trovai con la pancia grossa che stava raccogliendo ligna nto boscu. Era magrissima, i capelli raccolti alla meno peggio, gli occhi circondati da due brutte occhiaie per la vita mala che faceva, vestita di stracci rupizzati (piene di pezze) e i piedi nudi pieni di caje (ferite). Ci incontrammo e ci guardammo senza dire una parola. Quando le dissi  “ciao” dalla vergogna scappò piangendo.” Il vecchio prese il fazzoletto e si asciugò gli occhi e la bocca. ”Io no sapia chi vulia diri vuliri beni. L’amuri era una parola che sentivo nelle canzoni, nella predica che faceva il parrino in chiesa. Jo sapevo solo che così infelice e sofferente lei non doveva restarci, perché era come se il dolore e la vergogna che lei provava, li sentivo io nelle mie carni e nella mia anima! Annai i cussa a casa e a me patri ci dissi ca vulia spusari. Me patri, chi era patri, mi disse quello che doveva dire un patri in questi casi: che ero pazzo, chi era na mala fimmina, ma jo continuava a diri ca vulia spusari e che l’avrei fatto anche me ne dovevo fujri (scappare) cu idda. Mio padre allora il giorno dopo andò dal padre di lei e gli disse che io ero intenzionato a fare cose serie. Suo padre rispose che sua figlia per lui era morta, che non ne voleva sapere cosa, chi era na buttana e da buttana doveva finire nel catoio dove era. Mio padre lo guardò stupito, lui viveva per noi figli e non capiva questo odio. “Anche Dio ha fatto morire suo figlio ma dopo tre giorni lo ha fatto resuscitare: Tu non si nu patri” gli disse con disprezzo e se ne andò. Mi venne a prendere e mi portò dal prete pregandolo di andare con me dalla ragazza per proporgli di sposarmi. Il prete mi guardò scettico e diffidente. Mi chiese “Ma tu si nu carusu, chi ni sai i vuliri beni?” io gli risposi quello che sapevo. Che di volere bene non sapevo nulla, ma sapevo che era lei la mia vita. Allora il prete mi portò da lei e la convinse che chi doveva nascere aveva bisogno di un padre ed io ero quello giusto perché già volevo bene a lei e allo stesso modo avrei voluto bene anche a chi aveva in grembo. Così ci sposammo e lei venne a vivere da noi e ci nacque Vittoria: Maresciallo una rosa bellissima, bella come poteva essere solo sua madre. Mia figlia Vittoria, perché il padre non è chi fa i figli, ma chi sa crescergli! Poi nacque mio figlio Pascale e fu la gioia di mio padre. Vittoria la mandammo a scuola dalle suore, perché la gente del paese diceva cose brutte su sua madre, lei era brava a studiare e ora fa il medico o spitali i Missina. A mio figlio che aveva il suo nome, mio padre lasciò l’uliveto e un gran pezzo di terra che lui ha trasformato in una vigna e da lavoro a tutti i figli di quelli che chiamavanu buttana a sua madre: tutti per parlare con lui si devono levarsi il cappello!!” Concluse con orgoglio  il vecchio. “Ho capito, signor Raffaele, - fece il maresciallo Muscarà – ma mi dica cosa è successo oggi, perché è venuto qui a dire che ha ucciso questo Sam!” “L’omu chi parra sulu pi dari sciato a bucca è n’omu i pagghia! Jo ci l’avia dittu e u fici! – rispose con veemenza il vecchio – anni fa nu so cumpari da merica era venuto e mi aveva detto che Sam sarebbe tornato al paese per prendersi sua figlia e jo ci rispunnii che se fosse tornato, appena u vidia quant’è veru Diu, jo ci sparava! Ca nta menzu l’occhi ci mittia na padda i ghiummu a du fitusu, figghiu i buttana malu cavatu! E comi dissi, fici! Appena ho saputo chi era tornato annai e ci sparai nto menzu l’occhi ,Ca propriu nta frunti!” “e con che cosa gli ha sparato” “ Cu chista Marisciallu” fece il vecchio tirando fuori dalla grande giacca un enorme revolver e puntandolo verso il militare “Maresciallo.. “ Gridò Cacace buttandosi verso l’arma. Il Maresciallo aveva reagito d’istinto e con una mano aveva afferrato la canna spostandola verso l’alto. Si senti un botto secco e del fumo uscì dalla canna della pistola e dal tamburo. Il maresciallo strappò di mano la pistola al vecchio e lanciò un’occhiata severa a Cacace dicendo “Ma non l’avevi perquisito?” “Ecco io … pensavo.. “ “e non pensare che è meglio.” Commentò severo il Maresciallo che osservò il revolver. Era una vecchia Webley, una pistola d’ordinanza che l’esercito inglese aveva usato fin dopo la seconda guerra mondiale. Era coperta da una patina di grasso vecchio e attaccaticcio e sul tamburo vi erano degli ossidi che avevano avvolto le cartucce nel tamburo. Per questo il colpo alla fine si era trasformato in “flop”. “ e questa dove l’hai presa?” Chiese il Matesciallo. Il vecchio scosse la testa come seccato a ripetere una cosa nota a tutti. “ Quannu ci fu a guerra e rivarunu i miricani e l’anglisi, una camionetta di questi si erano fermati a chiedere dell’acqua e mio nonno, insieme all’acqua gli diede anche il vino. Questi si mbriacarano. Quando avevano bevuto tanto che non stavano più in piedi e si erano messi a dormire per terra, mio nonno li prese e li mise sulla camionetta lasciandoli al paese, vicino a dove stavano i loro. Arrivato a casa, sotto una sedia trovarono la pistola. Non è che la poteva riportate a quelli che aveva lasciato per strada a dormire, così l’ha tenuta. Me nonnu a misi in una pezza impregnata di olio e la nascose vicino alla gebbia (vasca per la raccolta dell’acqua) e li è sempre rimasta. Mio nonno e mio padre ogni tanto la pulivano con l’olio per farla funzionare e devo dire che funziona benissimo!” Il maresciallo lo guardò serio e preoccupato “Signor Raffaele, lo sa che per quanto mi ha detto lei può essere accusato di omicidio preterintenzionale e la legge è molto severa in questi casi!” Il vecchio si drizzo sulla sedia “I liggi i fannu l’omini, i stissi omini chi a me figghia a chiamavanu figghia i buttana e ora chi avi nu pezzu i catta i dutturi, ci vannu a baciari i mani mi cura di brutti mali! – con l’indice scarno si toccò il centro del suo petto e tutto serio disse – jo haiu a me liggi!” Il maresciallo lo osservò “Andiamo a vedere a chi ha sparato, Cacace, Caccamo venite con noi” Cacace guardo le manette, ma il Maresciallo fece un veloce cenno di capo per dire che non servivano. All’uscita dalla porta della caserma il maresciallo era davanti e il vecchio tra i due carabinieri.  Pochi passi dalla porta si era raccolto un capannello di vecchietti che malgrado il sole si erano riuniti a gregge intorno come ad aspettare che qualcuno uscisse dalla caserma. Il Maresciallo a vederli chiese con lo stesso timbro di voce di quando dava gli ordini “Cos”è questo assembramento, lasciate passare” I vecchi però neanche lo guardarono ed il più vicino si rivolse al vecchio “Raffaele bonu facisti…” “ su miritava du porcu…”   aggiunse subito un altro “omu i medda era…” concluse un terzo “Circolate, circolate, - aggiunse il Maresciallo arrivando alla camionetta – Non avete niente da fare?” E fece entrare sulla camionetta Raffaele che per tutto il tempo, con uno sguardo da statua, guardava davanti a se indifferente a tutti. “dove dobbiamo andare?” chiese Caccamo che si era messo al volante “o campusantu” Fece il vecchio e quindi partirono di corsa Al Maresciallo però il fatto di andare al camposanto gli suonò strano. Uccidere qualcuno nel momento in cui meno se l’aspetta rivela la bravura del killer professionista. Il cimitero era un ottimo posto, fuorimano, con pochissimi testimoni, e la vittima veniva sorpresa in un momento in cui era distratto dalle sue emozioni. Ma Raffaele non era un killer, uccidere Sam in piazza o al cimitero per lui era indifferente. “A cosa non quatra” Si disse alla fine. Arrivarono presto al cimitero e vi entrarono. Camminando Muscarà chiese “Ma Raffaele,perché gli hai sparato qua? Al camposanto” Il vecchio alzò le spalle e disse con semplicità “Iddu stava ca…..” E si fermo e indicando una tomba e continuò con odio “stu cunnutu figghiu i buttana!” Caccamo e Cacace guardarono la tomba in pietra nera con quattro sbuffi di polvere pirica in quattro punti intorno alla fotografia spaccata in mille pezzi da una pallottola. “Ma Maresciallo è ….” Fece Cacace sorpreso e deluso “Mottu è – fece il Maresciallo con Naturalezza – dopo cinque colpi che ti aspettavi che restasse vivo? Fozza fate qualche foto e recuperate qualche palla per l’esame balistico.” i due lo guardarono ed essendo militari obbedirono all’inutile ordine. “lo hai preso proprio in mezzo agli occhi” Disse a Raffaele “Chistu si miritava sa cosa fitusa, s’omu i nenti chi era” “Maresciallo, Maresciallo” Tutti e quattro si voltarono a vedere una donna elegante che camminava nel mezzo del viale del camposanto cosi come un raggio di sole attraverso un campo gelato dalla brina. Era infatti una donna bellissima, da capelli neri e gli occhi ancor più neri dal taglio a mandorla. Una collana di corallo rosso sobbalzava ad ogni suo passo sospinta verso l’alto dal seno procace della donna coperto da un vestito di candido lino, tanto che a guardarla arrivare come una tempesta nel mezzo del deserto Cacace e Caccamo restarono immobili con gli occhi che non perdevano di vista quell’inatteso spettacolo della natura. “Maresciallo, sono la dottoressa Vittoria Saija, non c’è motivo perché arresti mio padre, non ha fatto niente di male. Lei sta approfittando della sua situazione di povero vecchio per interrogarlo senza il suo avvocato: si vergogni!” Il Maresciallo pensò che se la figlia assomigliava alla madre, allora Raffaele aveva fatto bene a sposarsela contro l’opinione di tutto il paese. “Suo padre ha fatto una dichiarazione spontanea scegliendo di non avvalersi della presenza di un avvocato - ed aggiunse severo – lei sapeva che suo padre deteneva un arma di guerra?” e senza aspettare che la donna rispondesse gridò “Cacace, Caccamo, portate il sign Saija in macchina e aspettatemi “Ma era una pistola che ha sparato forse nella guerra dei boeri il secolo scorso! Lei non si rende conto…” “E’ lei che non si rende conto!” disse severo il maresciallo una volta che i due sottoposti si erano allontanati. “Suo padre ha atteso una vita questo momento e lei glielo vuole rovinare” “come ?” fece la donna presa di sorpresa dalle parole del maresciallo. Lui la prese sottobraccio e si incamminò lentamente verso la macchina. “Suo padre ha aspettato per una vita – riprese sottovoce – di mostrare al paese che avrebbe ucciso chi ha fatto soffrire lei e sua madre” “non capisco” “ci pensi! se avesse solo sparato e poi se ne fosse tornato a casa chi avrebbe saputo del gesto? La tomba è priva di fiori segno che dopo tutti questi anni Sam non ha più alcun parente o nessun parente lo vuole riconoscere come tale! Nessuno avrebbe denunciato, ipotizzato, supposto o sarebbe stato minimamente interessato a denunciare suo padre. Il suo sarebbe rimasto un gesto anonimo, solitario e alla fine da vigliacco. Quindi perché sparargli e venire poi in caserma a denunciarsi magari dicendolo tutto ai quattro vecchietti seduti in piazza? che senso c’è in tutto questo? Suo padre poi non crede nella Legge e quindi per lui non c’è senso nello scontare una pena perché ha infranto un codice morale ed etico valido per tutti gli altri uomini ma non per lui. Perché per lui era così importante attraversare la piazza del paese in mezzo ai carabinieri?” La donna si fermò e l’osservò stupita e preoccupata “Perché Maresciallo, ha fatto tutto questo” Il Maresciallo sorrise restando qualche secondo in silenzio “Per amore e per quale altro motivo avrebbe potuto farlo?” “Per amore ? ma Maresciallo…” “Non lo giudichi come se fosse una persona normale. Suo padre non lo è! In un tempo in cui tutti si riempivano la bocca della parola onore, lui ha fatto una scelta in cui, in un certo modo si disonorava, legandosi ad una donna che era stata violata e abbandonata, diventando padre di una bambina non sua e per anni ha visto i suoi concittadini insultarvi e disprezzarvi. Per questo motivo ha voluto mostrare a tutti che la sua scelta di allora non era stata la scelta di un debole che sceglie chi non lo può rifiutare. La sua era stata una scelta cosciente d’amore e di forza perché per sua madre è stato per tutti questi anni pronto ad uccidere chi le ha fatto del male ingannandola e abbandonandola ed appena ne ha avuto l’occasione ha virtualmente fatto questo gesto estremo.” “Ma ormai tutto questo è passato, ormai tutti lo rispettano!” “Lui pensa solo per bisogno, e forse è vero, perché lei cura i mali e suo fratello da lavoro, non perché pensano che lo meritiate! E’ questo quello che suo padre ha voluto dire sparando alla tomba. Forse anche prima alcuni lo rispettavano per i figli che ha e il futuro che ha dato loro, ma suo padre è uno all’antica e non dimentica le offese del passato. Poi lo sa come siamo noi siciliani: le forme, gli atteggiamenti, non sono esteriorità, ma i contenitori della sostanza, dell’essenza di quello che un uomo è. Noi siciliani non consideriamo “chi è” una persona, se è il figlio di questo o quello, se è laureato o nobile o ricco, ma “cosa è”, se è una persona affidabile, rispettosa, giusta e valida o, come diceva Sciascia, se uno è un quaquaraqua, un ominicchio o un uomo. Suo padre ha voluto ribadire che quella che fece anni fa fu una scelta da uomo, basata sull’amore che ha per sua madre, e che quindi sua madre aveva fatto quello che aveva fatto perché ingannata e tradita e non per altro.” La donna l’osservò attentamente. “Cosa vuol fare adesso, lo porterà in prigione?” “No, lo porterò in caserma attraversando la piazza e in caserma verbalizzerò il suo ritrovamento casuale di un’arma da guerra; non credo che farà caso a quello che gli farò firmare o che gli leggerò prima della firma; finita la parte burocratica tra circa un’oretta lo farò uscire da dietro la caserma dove lei lo aspetterà per portarlo a casa. Tutti penseranno che venga presto incriminato di qualcosa di grave, ma saranno solo loro supposizioni” Lei restò qualche secondo in silenzio “Grazie” disse alla fine sorridendo. Lui la salutò e raggiunse nella camionetta gli altri. Guidarono fino al limite della piazza dopodiché Muscarà fece scendere tutti e mettendosi davanti ai tre si diresse con passo militare verso la caserma avendo cura di passare davanti al bar, a quell’ora con i tavolini pieni di vecchietti che giocavano a briscola o a scopa. A vedere il gruppetto di militari le voci dei vecchietti pian piano si spensero e tutti li osservarono. Quando Raffaele fu alla loro altezza, un vecchio seduto in un tavolino più prossimo a Raffaele, si alzò in piedi come al passaggio della Madonna Santissima Addolorata durante la processione paesana di Pasqua. Subito dopo di lui, uno ad uno, tutti gli altri fecero lo stesso.
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Oggi, anzi qualche giorno fa, ho parlato con un poveretto. Ce ne saranno sicuramente diversi là fuori di poveretti, ma questo ha creato un ottimo sito, ha assunto persone, si è messo in gioco insomma. Solo che non sa come si fanno le cose dopo aver preso il cliente, non ha idea di cosa sia un ICA, e mi scrive dal suo piccolo ufficio in una suburb del cazzo a Londra dove vive e dorme. L' ho appioppato alla mia chiamiamola " assistente" , io nel mio diario la chiamo " Giuda, mio fedele servitore" ( in Onore di Venerdì 17 di Leo Ortonali) . Oggi l' ho chiamato per la stipula di un contratto, un contratto di cui io non godrò che pochi spiccioli. Infatti l' assistente che sta sudando e studiando per essere me, non ha ancora ben chiare le cose e dunque, e il poveretto non aveva i soldi per pagarmi a prezzo pieno e quindi gli ho detto " Guarda per quel prezzo provo a chiedere se ti fa  la mia assistente ha 10K su Upwork, è brava ma non quanto me, e fa anche quello che fai tu. per il prezzo che chiedi lei è quello che ti posso dare" E lui ha accettato di prendersi l' assistente e i potenziali danni che può fare ( immagino purché faccia qualcosa). Immagino solidali. Nessuno dei due è capace di vendere: lei con 10k su Uowork fatti a 3.5 $ l' ora, lui con un; agenzia che offre 1200 servizi e non  ha una VAT " perché "devi raggiungere un certo livello di fatturato per avere la VAT". Oppure forse perché gli piace il nero, non só. A volte guardo il mondo dal mio osservatorio privilegiato, e penso che se non fossi arrivato io forse quell' indiana che vive in culo al mondo non avrebbe avuto dei miglioramenti nella sua vita, e che forse ora, lei rifletterà questi miglioramenti su qualcun altro. Sarò un illuso, ma lo spero tanto. Good Luck, Brave world
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chiunque-qualunque · 4 years
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L’incurabile e miserabile essenza di una stronza
Quella che nei miei momenti di sconforto, anziché supportarmi voleva convincermi a lasciar perdere le mie aspirazioni in virtù di lavori ipoteticamente più remunerativi (prima lo scattino di notte nei locali, poi il b&b) per farsi sistemare, per il proprio tornaconto, la propria egoistica felicità. In barba ai sacrifici che ho fatto per costruire quello che ho oggi.
Quella che voleva costringermi a restare a scrivere per un essere immondo per vivere il suo sogno a mie spese, soprattutto emotive.
Quella che, in quei rari momenti in cui metteva qualcosa da parte, mi rinfacciava di guadagnare più di me. Che per colpa mia non si poteva andare a convivere.
Quella che mi chiamava venti volte al giorno urlandomi contro senza motivo, facendomi pentire di aver osato trascorrere 2 fottuti giorni fuori, con il fidanzato di mia sorella.
Quella che non era in grado di svolgere il proprio lavoro di webwriter, e dovevo scrivere io al suo posto, venendo persino criticato aspramente. Nemmeno in grado di compilarsi le fatture da sola, dovevo farle sempre io.
Quella che ogni cosa era un assillo continuo senza alcuna possibilità di dialogo, una forma di quotidiana tortura, nel gioco della poverina bisognosa, facendo leva sul mio senso di colpa, nel non fare abbastanza per lei.
Quella che non ascoltava mai i miei reali bisogni emotivi, che anziché darmi respiro e migliorarsi, continuava a rimproverarmi se ormai provavo disagio e disturbo perfino nel baciarla. L’unica cosa che contava era assillarmi per ogni suo capriccio, usandomi ogni giorno, nell’oblio perenne dei miei bisogni e dei miei spazi vitali.
Quella che mi ha spremuto come un limone, a sostituire il padre che non ha avuto, la madre abusiva che addenta le sue carni.
Quella che, dopo un mio sprazzo di vita, scoprendo nuove cose e persone, continuava a tenermi giù nelle sue irrimediabili miserie e castrazioni, contrazioni psico muscolari. Non poteva accettare il mio guardare avanti, la voglia di un'altra persona nella mia vita.
Quella che negli anni mi ha isolato da chiunque, ma che si è tenuta ben stretta la sua cerchia di amichetti. Non contenta, ha persino ricamato su fatti e persone attorno a me, mettendo parole in bocca a mia madre e tentando di portare mia sorella dalla sua parte. Ridotto a essere chiuso in me stesso, senza parlarne con nessuno, per anni.
Quella che parla male di me in maniera sottile, facendomi terra bruciata intorno, dicendo quanto mi ami ancora nonostante io sia praticamente una persona di merda, che in fondo sono buono e non può farci niente.
Quella che, in barba a ogni forma di rispetto per se stessa e per me, insisteva nel tirare avanti un morto che cammina, noi due. Usando sempre e comunque l'arma della damigella in pericolo, che da un momento all'altro può cadere e morire. Una vita senza dignità.
Quella che per gelosia mi ha messo le mani addosso tre volte, pazzoide violenta. Impossible alcun dialogo.
Quella che non si è mai voluta migliorare, nelle piccole e nelle grandi cose.
Quella che preferisce vivere in una palude di fango e lacrime, nella paura di restare sola, incapace di guardare avanti, al di fuori del miserabile cerchio di ignoranza di cui si circonda. Il confortevole far nulla.
Quella che, non contenta del mio isolamento da lei pianificato, ha portato via il mio migliore amico, rivelatosi un passivo della vita senza dignità e spina dorsale, quindi un Giuda. Mio successore non solo per la prevedibile ripicca a spese della propria felicità, ma scelto anche perché disperatamente miserabile e per questo meglio manipolabile da lei. Il gesto di mettere una pezza alla propria vita spezzata, moltiplicando la miseria per due, ma senza di me, stavolta.
Quella che la “notizia” me l’ha rivelata al matrimonio di un’amica comune, con tutti e tre tra gli invitati e con decine di “amici” comuni presenti. Fu lei a farsi avanti, con lui passivo e silenzioso per la vergogna, manco le palle di dirmelo in faccia, semplicemente scomparso dal mio radar da mesi e mesi, avevo già capito tutto. Con lei che mi diceva di quanto lui facesse schifo (anche a letto), tentando (invano) anche di baciarmi per riavermi a spese del suo cagnolino, lurida puttanella da due soldi.
Quella che ci prova sempre a ricontattarmi, ma il mio cazzo non lo succhierà mai più.
Quella che mi ha reso una persona peggiore, rabbiosa e triste. Ma solo finché gliel'ho lasciato fare, per ben quindici anni.
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Come NON pagare il bollo, l’assicurazione e la manutenzione della propria auto
Per quanto ognuno di noi provi a risparmiare e fare acquisti con giudizio, l’uso dell’auto personale è senza ombra di dubbio un costo e pure parecchio pesante per le tasche di molti di noi.
L’auto in molti casi ci serve e difficilmente riusciamo a farne a meno ma è anche vero, se ci pensi bene che l’auto il più delle volte la lasci ferma sotto casa a meno che tu non sia un agente di commercio, un tassista o qualcuno che l’auto la usa come vero e proprio strumento di lavoro.
L’auto, il 90% del tempo sta ferma. Pazzesco! Noi paghiamo migliaia di euro per acquistarla e migliaia di euro l’anno per mantenerla.
Non mi dire: “Hai scoperto l’acqua calda” !
Vabbè starò anche dicendo una cosa banale ma rimane il fatto che ciascuno di noi butta via ogni anno migliaia di euro per avere un’auto propria e su questo non ci piove.
Ok, mi dirai, ma allora il titolo così pomposo, aspetti ancora molto per spiegarlo o devo cliccare altrove su un’altro sito!
Già!
Un minimo di introduzione andava fatta se non altro per inquadrare il problema.
Ma eccoci al dunque: hai mai sentito parlare di CONDIVISIONE DELL’AUTO TRA PRIVATI?
Sì, No?
Beh, in effetti detta così sembra una banalità, tutti noi abbiamo prestato la propria auto ad amici, parenti, ecc.
Ma se questi prestiti, fatti ovviamente col cuore, li facessi con persone che non conosci o conosci poco chiedendo loro un piccolo rimborso spese?
Ci hai mai pensato?
Sì lo so, mi dirai, la mia auto non la guida nessuno a parte me e se proprio necessario in casi straordinari, super eccezionali (tipo pistola alla testa)  la potrei dare solo a qualcuno che mi è molto vicino, qualcuno di fidato.
Allora se proprio attaccato alla tua auto come un bambino al suo peluche?!!!
Ok! In questo caso, forse questa notizia non fa al caso tuo, ti capisco, è nell’animo umano tipico di noi italiani. Ci possono toccare tutto a parte la propria auto. Nulla di male, ero anche io così.
Però.
Sarà l’età che avanza, sarà che le cose che un tempo erano importanti ora lo sono diventate meno e altre hanno preso il loro posto, la mia auto, sebbene mi rimanga ancora in fondo al cuore il culto dell’auto la vedo come un semplice strumento, da tenere bene e in ordine ma come uno strumento, un veicolo che mi aiuta nella mia vita quotidiana, nulla di più.
Con il cambio di mentalità sono cambiate anche le priorità e se prima il costo complessivo di acquisto e mantenimento dell’auto non mi pesava più di tanto in quanto la consideravo quasi di famiglia, ora con una visione più obiettiva e forse anche più matura, non posso fare a meno di trovare il modo per spendere il meno possibile su questo “centro di costo”.
Durante uno dei miei ultimi viaggi in Spagna e Francia ho scoperto una idea tanto banale quanto geniale.
Loro, sì i nostri cuginetti francesi e spagnoli, si erano messi a prestare l’auto tra privati cittadini con un piccolo rimborso spesa tramite delle piattaforme online come getaround.com e, LEGGI BENE: ci guadagnavano abbastanza soldi per coprire tutte o quasi le spese di gestione della propria auto mentre chi le usava in prestito poteva godere di diversi vantaggi rispetto ai noleggi tradizionali.
Esempio?
Per esempio, il costo a giornata, generalmente più basso (dipende dalla stagione), il costo tutto incluso (i noleggiatori classici ti sparano il vero prezzo solo quando vai da loro), la possibilità di trovare un’auto vicino a casa (quando di solito le devi andare a prendere all’aeroporto o in stazione se ti va bene), la possibilità di scegliere tra tantissime tipologie di auto (dai noleggiatori di solito hai una tipologia da scegliere e hanno pochissimi tipologie di modelli) e tanti altri piccoli vantaggi.
BOOM!
Lo so, 100.000 domande ti stanno passando per la testa. Io me ne sono fatte per tutta la vacanza non appena ho scoperto questa ideona.
Provo intanto a rispondere ad alcune di queste, sei pronto?
D: Mi hai parlato di una piattaforma online che funziona in Spagna e Francia ma in Italia?
R: Bravo! Proprio qui ti volevo, in Francia e Spagna ma anche in Germania, Uk e USA questa forma di prestito dell’auto tra privati è una realtà ormai consolidata da molti anni. In Italia da almeno un paio di anni è nata una piattaforma molto simile che si chiama auting.it. Sviluppata interamente in Italia da italiani che conoscono bene il nostro mercato, le nostre leggi e le nostre paure…
D: auting.it? interessante ma come la mettiamo con l’assicurazione? Io ho una assicurazione base senza kasko, se presto la mia auto e fanno un incidente?
R: auting.it proprio per garantire il miglior servizio ai propri utenti ha scelto sia come partner che come socio la prestigiosa Reale Mutua Assicurazioni che permette ad auting.it di fornire durante la condivisione della tua auto un pacchetto assicurativo come:
Furto
Cristalli
Kasko fino a 20.000 euro
Copertura Bonus Malus sulla la tua RCA.
Assistenza stradale
Supporto telefonico Auting.it
Tutto questo compreso nel prezzo.
D: Pazzesco ma non ho capito bene come funziona, mi fai un esempio?
R: Guarda, è semplice. 
Hai un’auto privata che non ha più di 15 anni, con una assicurazione che abbia la “Giuda Libera” e hai più di 21 anni? 
Bene! 
Ci siamo, leggi attentamente:
Fai alcune foto alla tua auto bella pulita e stirata…
Crea un account su auting.it e vai alla sezione “pubblica la tua auto”.
Carica tutti i dati che vengono richiesti… ci vuole un po di tempo ma lo fai una volta sola. Di solito bastano 15 minuti del tuo preziosissimo tempo.
Fissa il prezzo di condivisione giornaliera che ritieni più giusto per la tua auto (ricorda che più è basso maggiore sono le possibilità di condividerla).
Configura il calendario della disponibilità della tua auto (magari sai in anticipo quando la tua auto è sicuramente ferma)
Completa il tuo profilo personale, parlando un po di te e la descrizione della tua auto (più è minuziosa, meglio è).
FATTO!
Ora non ti resta che aspettare che qualche altro utente di auting.it ti faccia una richiesta di condivisione.
D: Non sembra complicato, ma dimmi e dopo se mi arriva una richiesta? Che faccio? Mi fido, non mi fido, insomma che succede dopo?
R: All’inizio ti devo dire la verità, ero molto preoccupato anche io, ma alla fine, come ti dicevo all’inizio, l’auto è uno strumento come tanti altri, l’importante è che io non abbia problemi di nessun tipo. La mia prima volta alla fine è stato facile:
Mi è arrivata una richiesta per qualche giorno dopo da un tizio che voleva la mia auto per 2 giorni.
Prima di confermare la condivisione ho guardato il suo profilo e quali recensioni avesse e ho visto che in diversi gli avevano prestato l’auto senza alcun problema e con soddisfazione, in più aveva 5 stelle.
Lui mi ha subito contattato via chat privata di auting.it presentandosi e spiegando per quale motivo gli serviva l’auto.
Gli ho risposto che per me andava bene e ci siamo messi d’accordo sul posto e l’ora del ritiro e consegna.
Ho acconsentito alla sua richiesta cliccando su un semplice pulsante sull’app di auting.it (si ha una app comodissima oltre che il sito web).
Lui ha pagato subito attraverso la piattaforma auting.it e la procedura è partita definitivamente.
Il giorno della consegna dell’auto, ci siamo trovati all’orario e posto prestabilito, mi ha dato i suoi documenti (patente e carta d’identità), abbiamo firmato i moduli forniti da auting.it e fatto qualche foto per sicurezza.
2 chiacchiere di cortesia tra utente auting.it ed è partito con la mia auto.
Il giorno della consegna, stessa scena e tanti ringraziamenti.
3 giorni dopo mi è arrivato un bonifico in banca con il 70% dell’importo che aveva pagato l’utente che mi aveva preso l’auto.
D: Ma dimmi, quindi alla fine quanto hai guadagnato?
R: Beh, io avevo messo la mia Golf a 30 euro al giorno. Lui l’ha presa per 2 giorni, quindi ha speso 60 euro e io ho ricevuto in banca dopo soli 3 giorni, 42 euro, senza fare praticamente nulla. Ovviamente mi ha riconsegnato l’auto con la stessa quantità di benzina con cui l’avevo lasciata a lui.
Quindi PENSA:
In un anno, se la condivido per 60 giorni (solo 2 mesi su 12), guadagno circa 1260 euro con cui alla fine ci pagherò sicuramente bollo e assicurazione.
Potrei anche considerare di condividerla anche di più e azzerare completamente i costi di gestione della mia auto.
D: In effetti hai ragione non sarebbe così difficile e se ci prendi la mano potresti andare anche oltre, ma che sbattimento però! Non credi?
R: Vero, un minimo devi mettere anche del tuo, tipo incontrarsi con gli utenti che prendono la tua auto o mantenerla in perfetto ordine ma parliamo veramente di pochissimo tempo alla fine se ci pensi bene. 
Se per te è uno sbattimento tutto questo? Trovami tu qualcosa che ti faccia guadagnare 1260 euro con qualche ora di lavoro (sempre che lo possiamo chiamare lavoro…)
Ripeto se per te questo è uno sbattimento, allora questa soluzione non fa proprio al caso tuo e mi dispiace che sei arrivato fin qui a leggere.
Ora che ti ho spiegato per sommi capi il perchè del titolo ad effetto, che ne dici? Pensavi al solito titolone acchiappa click, Vero?!
INVECE…
Sì, sì, sì, stai pensando già a tutte quelle domande che volgono al peggio, alle catastrofi, agli zombi. Furto, mega incidenti, rapine, Godzilla sopra la tua auto, ecc.
Beh, non è che posso scrivere un poema anche perchè a tutte queste domande ci sono tutte le risposte, basta andare sul sito auting.it  e troverai tutto, Infografiche, FAQ, Documenti legali e se non basta la chat live con il supporto, il loro numero telefonico…. 
MA
Ma c’è una cosa che voglio ancora dirti.
Auting.it è da poco che è nata e non tanti la conoscono, le richieste da parte degli utenti che hanno bisogno di un’auto sono moltissime e spesso la domanda supera l’offerta, quindi ci sono moltissime richieste.
Prima che questa modalità di condivisione diventi di dominio pubblico è meglio iscriversi quanto prima, uno perchè ora guadagni di più, due perché quando la massa arriverà tu avrai già molte recensioni positive, conoscerai bene le modalità di fruizione e avrai un enorme vantaggio competitivo rispetto a quelli che si iscriveranno più avanti nel tempo.
Giorgio Montaldo
“Testo tratto da articolo di R. Laterza”
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lanimadellamosca · 4 years
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Le fave e la fame
Il senso di rallentamento del ritmo di vita, e il silenzio in tutta la valle che mi riportano agli anni della mia infanzia, si sono portati dietro… una cena a base di fave. Cotte, direi, “alla boia d’un Giuda”: tutta la notte e tutto oggi a mollo, due o tre ore di cottura in pentola di coccio, e poi due mestolate di fave e acqua di cottura su due fette di pane; origano, peperoncino e un filo di olio.
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Roba appunto d’altri tempi; di quando bisognava aver fame per mangiare, perché vi assicuro che le fave, se non avevano fame, al mio paese, a Pachino, i pachinesi non le mangiavano; ma siccome avevano sempre fame, le fave erano un loro alimento base, d’inverno. 
Di pasta e fave se ne faceva per tre o quattro giorni, perché si conservava bene nella credenza; al massimo inacidiva, ma anche inacidita non faceva male, a seconda della fame si poteva mangiare anche così. Riso e fave si conservava meglio: ne veniva fuori una specie di budino che poi potevi tagliare col coltello, per giorni e giorni; non inacidiva, al massimo faceva una muffa sulla superficie, ma restava buono, e la muffa era purissima flora batterica. Stiamo parlando di quando i frigoriferi non c’erano, eh?!
Le fave erano guardate con sospetto, a cominciare dal momento in cui si compravano: “Su’ cucivuli?” non si mancava di domandare. Sono “cuocibili”? Perché il primo problema era la difficoltà a cuocerle, a volte non c’era verso. Le donne dicevano che era questione di acqua, che quella dei rubinetti non andava bene, che bisognava farle cuocere nell’acqua piovana, ed allora, se cadevano due gocce, il giorno dopo si mangiavano fave.
A rendere più complicato il consumo c’era anche un parassita, una tarma che scavava lunghi cunicoli all’interno della fava e che era impossibile eradicare, e quindi ti dovevi rassegnare a mangiare. Non faceva schivo, non la vedevi nemmeno perché non usciva dalla tana, si lasciava tranquillamente cuocere, ma certo l’idea di mangiare l’ospite del buco che vedevi nella buccia della fava non facilitava le cose.  
La ricetta più temuta era u maccu, una specie di purea di fave. Era tanto temuta che le mamme ne avevano fatto una canzoncina da cantare ai bambini piccoli mentre li spupazzavano sulle ginocchia:
Ma nanna fici u maccu e a mia nun mi ni resi ‘sta piezzu ri vicciazza chi collira ca mi resi.
Mi resi ‘n surdicieddu m’accattai ‘nu sciccarieddu ‘rrivannu a Palazzuolu sciddica u sceccu e cari… ta suoru!
Vale a dire: mia nonna ha fatto u maccu, ma non me ne ha dato; quella vecchiaccia mi ha proprio fatto arrabbiare. Mi ha dato invece un soldino, mi ci sono comprato un asinello, ma arrivato a Palazzolo, l’asino è scivolato e ha fatto ruzzolare per terra… tua sorella.
È evidente il senso sarcastico del rammarico di non avere avuto u maccu, che secondo la canzoncina sarebbe più prezioso di quanto potesse valere un asino, in un paese in cui l’asino era indispensabile. Pensate un po’.., questa nonna non dà il maccu al nipotino e per toglierselo dai piedi gli dà abbastanza soldi per comprarsi ‘nu sciccarieddu!
A proposito di fame e di cibo: tempo fa, alla fine di una ispezione a un mulino, volli chiedere al mugnaio se riteneva che le farine d’una volta fossero migliori: “c’era la fame, e questo le rendeva più buone”, mi rispose. Non sono tuttora convinto che sia del tutto vero, però la risposta ha la sua bella parte di verità.
Mi piacerebbe sapere come si preparano al pranzo i gourmet della Guida Michelin: non credo che si siedano a tavola affamati, perché mangerebbero troppo velocemente e tutto gli sembrerebbe buono. Invece, per scrivere le cose che qualche volta m’è capitato di leggere, secondo me devono essere pieni, e anche un po’ schifati, di modo che se una cosa è buona ma proprio buona, gli piace; ma poco poco che la cosa non sia straordinaria, allora gli fa schifo. 
La fame, sì, la fame fa una gran differenza.
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chouncazzodicasino · 5 years
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Porco Giuda ma perché questa che lavora qui davanti deve passare ogni giorno minimo due volte a salutarmi e a parlare? Ma che cazzo vuoi? Ma chi ti conosce? E’ chiaro che voglio mantenere le distanze, perché perché vieni qui a rompermi i coglioni, porco il clero infame?
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