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#Tony Destra
groupiewhoreee · 9 months
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can u pleasee write how reader does tom keifers makeup before he goes on stage for a show ?? take ur time ♡
omg sure! thank you for requesting this <3 i hope you enjoy this fic! 🫶
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♡ Gypsy Road ♡
pairing : tom keifer x fem!(gn?)reader
warnings : none <3
summary : in request by an lovely anon :)
NOTE : this was unedited, but yeah. im still going through everyones requests so give me some time :D
꒷꒥꒷꒷꒥꒷꒷꒥꒷꒷꒥꒷꒷꒥꒷꒷꒥꒷꒥꒷꒷꒥꒷꒥꒷꒷꒥꒷
his blue eyes were closed whilst the makeup brush you were using brushed black eyeshadow against his eyelid, adding it slightly below, underneath his bottom eyelashes to give it a smokey flare effect. he was moving, though a bit. you sighed softly, looking down at him. “stop moving,” you said in a gentle tone, a smile curled against your lips. tom nodded his head gently before speaking up, his eyes still closed. “sorry baby. how long will this take?” he questioned. “don't worry, your show isn't until just a bit. you still have time. it won't take long, though.” you explained. he simply nodded his head again and let you do his makeup. he wasn't an expert at makeup, and would always beg for you to do it, so here you were, doing his makeup for him for his upcoming show. once you were done with one side of his face, you leaned back to make sure it looked good (without the eyeliner).
his eyes fluttered shut, and you began to brush the makeup brush against his top eyelid, and underneath his bottom eyelashes on the other side of his face. he placed or rather, rested his hands on your thighs, while he let you use the brush on his face. once the other side was done, you made sure it looked similar to the left side of his face and it did, so you went to grab the eyeliner. you screwed off the cap, and his eyes opened.
“okay, look up,” you asked or, commanded and he obliged for you. he looked up and you ran the eyeliner a few times underneath his bottom eyelashes where his purple(ish) bags fell. you also made little wings almost by his eyes. “okay close your eyes again,“ you told him and he did so. you ran the eyeliner on his top eyelid. “open please,” you asked. he did. “alrighty, looks good on this side.” you explained. you did the same on the other side, and you ran some pinky blush against his flushed cheeks, and a bit on his nose, but you were rushing. he sprayed hairspray on his hair, and stood up, turning to you. “thank you baby. okay, i got to go up there. i love you babe!” tom said, quickly pecking ur lips before going up on stage. you nodded and mouthed 'i love you too' to him. the song “gypsy road” began to play and you watched backstage, a smile plastered on your face.
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adoringyouhxney · 1 year
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falcemartello · 30 days
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troppo stretta per contenerla. Quello che non torna è l'indice alzato a indicare l'unicità di Dio. Lo abbiamo visto in mille foto, ma è un gesto fatto con la mano destra. La sinistra nell' Islam è impura, destinata a compiti più umili, tanto che persino i mancini vengono esortati a utilizzare la destra. E qui il gesto sacro viene compiuto con la sinistra. Cosa spiegabile solo con un selfie, scattato dal primo a destra. Un po' artigianale per un gruppo che sta per compiere un'azione del genere.
Toni Capuozzo
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diceriadelluntore · 3 days
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Storia Di Musica #322 - Spoon, Kill The Moonlight, 2002
Alla cabina del mixer di The Stage Names dei Okkervil River c'era un ragazzo musicista, un batterista per la precisione: Jim Eno. Che all'uscita di quel disco era una sorta di celebrità della musica indie per via del gruppo che aveva fondato, circa dieci anni prima, con il cantante e chitarrista Britt Daniel. Ad Austin infatti agli inzi degli anni '90 fondano un gruppo che prende nome da una canzone dei leggendari Can, il famoso gruppo tedesco della Kosmik Music degli anni '70, che si chiama Spoon (da quel disco meraviglioso che fu Ege Bamyasi del 1972) e che faceva parte della colonna sonora di un film amato dai due ragazzi, Doppio Taglio (Jagged Edge), del 1985. Nel 1994 come duo con musicisti sessionisti incidono le prime canzoni: vanno in un EP, Nefarious (1994) e poi, assodati dalla etichetta Matador, in un LP, del 1996, Telephono, che vende poco ma viene notato da una certa critica come qualcosa di molto interessante. Nel 1997 un nuovo EP, Soft Effects, mostra l'embrione della loro musica futura: poco noisy, una musica geometrica che si rifà alla New Wave più illuminate (i Wire soprattutto) e una passione, soprattutto di Daniel, per Elvis Costello. Durante un concerto del 1996, invitano sul palco Josh Zarbo, bassista tra il pubblico, e finirà per suonare con loro per oltre dieci anni, fino al 2007. Nel 1998 hanno una grande occasione: li mette sotto contratto la Elektra, la leggendaria casa discografica dei The Doors, dei Love, centrale nella musica degli anni '70 negli Stati Uniti: esce persino un disco, A Series Of Sneaks, ma una serie di incomprensioni con il loro referente, Ron Laffitte, porterà ad una distribuzione scadente e persino a scelte produttive non concordate, tanto che la casa discografica li licenzia dopo un solo disco e gli Spoon dedicheranno a Laffitte una suite di sue brani, molto ironici ma potentissimi per la critica nei confronti dei suoi comportamenti, The Agony Of Laffitte e Laffitte Don't Fail Me Now che saranno incluse nella ristampa di A Series Of Sneaks del 2002, quando la band è sotto contratto con la Merge. Una delle etichette più importanti per la musica indipendente crede moltissimo in questo duo, che in tre anni scrive tre dischi bellissimi: Girls Can Tell del 2001 è l'antipasto per il disco di oggi, scelto per il misterioso motivo comune ai dischi di Aprile (che sono sicuro avete ormai capito).
Kill The Moonlight esce il 20 Agosto del 2002. È un disco che fa della semplicità sonora il suo fulcro, che non vuol dire affatto che sia un disco banale: anzi se ne apprezzano le idee, le influenze, le scelte degli arrangiamenti in modo più facile ed incisivo. È un disco che lascia da parte gli stili prefissati, meno dolente di Girls Can Tell, più gioioso e divertente, un omaggio alle loro passioni musicali. Il disco è trascinato da The Way We Get By, che diventerà molto famosa per l'uso in serie cult come The O.C., Scrubs e persino nella colonna sonora di Shameless (e di molti altri film). Il suono è semplice ma variopinto, con addirittura occasionali puntate di fiati, e per la prima volta il fulcro sonoro è di chitarra e pianoforte, quest'ultimo strumento mai usato precedentemente, nei crediti affidato al misterioso Eggo Johanson, in realtà lo stesso Britt Daniel (tra gli altri musicisti, il fido Zarbo e Mike McCarthy alla chitarra, altri due bassisti, Roman Kuebler e John Clayton, Matt Brown al sassofono e Brad Shenfield al Darbuka, che è un tamburo a cesto tipico della musica mediterranea, soprattutto lato africano). Meravigliosi gli intro di Small Stakes, molto rock, e quello quasi dadaista di Stay Don't Go. Someone To Look Foward To è più "sporca" e groove, salendo nei toni alti del canto tanto amati da Daniel. Jonathan Fisk è ritmica e sa di anni '80 (soprattutto nel timbro della batteria di Eno), ed è il più chiaro omaggio a Costello, anche nella tematica del brano (ricordi di bullismo da cortile, religione e politica di destra con "bombe atomiche e rasoi smussati"). C'è anche sufficiente angoscia in brani come All The Pretty Girls Go To The City. Ma è musicalmente che il disco sorprende: sono uno dei pochi gruppi rock indie del periodo che non "abusano" della chitarra ritmica fuzz, ricorrendo alle tastiere, che sono davvero la novità musicale nel loro stile, e anche ai campionatori. Chiude il disco un altro gioiello, Vittorio E., 3 minuti di malinconica e potente "anti-ballata".
Il disco viene osannato dalla critica, e finalmente anche dalle vendite: rientra in tutte le classifiche dei migliori dischi dell'anno 2002, del decennio 2000-2010 e persino nelle posizioni alte delle classifiche specialistiche dei migliori dischi indipendenti di sempre. Diventerà presto uno dei titoli migliori del catalogo Merge, dopo In the Aeroplane Over the Sea dei Neutral Milk Hotel e 69 Love Songs dei Magnetic Fields (li trovate tutte e due nelle Storie Di Musica). Ma il vero boom lo fece il disco successivo per gli Spoon: Gimme Fiction venderà centinaia di migliaia di copie, trascinato da un'altra canzone stupende, I Turn The Camera On, anch'essa usata in serie Tv (Veronica Mars, Bones e persino in una puntata de I Simpson), che segna il successo di una band che ha sempre fatto musica interessante, alla faccia di quel Ron Laffitte che non credette in loro.
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fridagentileschi · 10 months
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ANCHE LA CASA NELLA PRATERIA NELLA LISTA NERA
Nell'elenco idiota degli idioti finti antirazzisti anche la bellissima serie ''la casa nella prateria'' e i libri di Laura Ingalls Wilder a cui la serie e' ispirata. E perche'? Forse perche' le vite dei bianchi sono politicamente scorrette? O perche' lo e' famiglia?
La famiglia Ingalls e' molto unita, molto cristiana, ogni storia e' un messaggio che da valore ai valori,tutte le puntate sono insegnamenti d'amore che nascono nella famiglia per essere moneta corrente nella societa', in alcuni episodi ci sono anche personaggi neri e indiani: viene denunciata l'ingiustizia dell'epoca nei loro confronti ( 1870-1890), ingiustizia a cui gli Ingalls si sottraggono. Ho letto un bellissimo articolo di Melissa Gilbert ( Laura Ingalls nella serie) in cui ammette il suo stupore nel duro attacco alla serie..forse affermare che la famiglia e la spiritualita' sono valori non derogabili e' politicamente scorretto..come affermare che il sole sorge ogni mattina. Il grande scrittore Gilbert K. Chesterton fu un profeta quando disse che si sarebbe dovuto sguainare la spada per osservare che l’erba è verde in primavera.
L’Occidente terminale ha trovato il suo nemico definitivo, l’ultimo da sgominare, la famiglia appunto, con tutti i principi esistenziali, comunitari e morali che rappresenta. Sarebbe più esatto affermare che il nemico del progressismo trasversale – nato a sinistra, pagato a destra, che rappresenta, per disgrazia, l’asse delle società postmoderne- è la natura. L’attacco vero, assoluto, è infatti contro l’impero della natura, il creato dei credenti. Nulla di ciò che ha disposto è approvato dal transumano contemporaneo. I bambini non devono avere un padre e una madre, addirittura non è bene che si distinguano tra maschietti e femminucce; la sessualità tra uomo e donna è solo uno tra i tanti “orientamenti”, il più fastidioso, giacché porta a nascite indesiderate. Chi crede nella famiglia “tradizionale “(a proposito, non cadiamo nella loro trappola, quel modello non è tradizionale, ma naturale!) è uno sfigato.
I toni utilizzati dal nemico che ci vuole distruggere, nemico è chi il nemico fa, sono talmente volgari, disgustosi e sovreccitati da ricordare un pessimo intellettuale del dopoguerra, Ugo Vittorini. Un suo libro sulla resistenza si intitolava Uomini e no. A questo siamo tornati, la qualità di essere umano è revocata senza appello a chi non la pensa come loro. L’intera armata progressista è ormai intrisa dei peggiori istinti che attribuisce all’ odiato Altro. Sono razzisti etici, suprematisti, poiché la loro ragione è unica, autoevidente, non ha bisogno di dimostrazione, tanto meno di abbassarsi alla discussione. I signori del progresso stanno lasciando nelle nostre mani una battaglia fondamentale, per nulla confessionale, anzi laicissima. Le idee di famiglia e di matrimonio sono un elemento centrale dell’ingresso delle comunità umane nella civiltà. Distruggerle significa regredire di migliaia di anni, uscire dal recinto della legge – altra conquista della civilizzazione – e precipitare negli istinti, nella giungla del “poliamore” caro a mondialisti .
I figli sono prodotti da ordinare sul mercato, statura, colore della pelle, sesso, pardon genere. Osceni cataloghi sono disponibili in rete, ma i nazisti non sono loro, i caini antiumani del progresso, bensì chi richiama all’accoglienza della vita, chi smaschera lo schiavismo sessuale, la compravendita di ovuli e sperma, la riduzione zoologica dell’uomo, pratiche come l’utero in affitto che avrebbero fatto indignare Karl Marx. Presto avremo le nozze a tempo, il problema è come fare con i figli. Ma esiste la soluzione: possono essere affidati a cooperative, comuni collettive o allo Stato, imponendo di non farli crescere secondo istinto biologico naturale. Essenziale è che si estirpi la famiglia: totalitarismo disgustoso mascherato da emancipazione.
In tutto questo orrore una serie il cui perno e' la famiglia e' da debellare, censurare, abbattere,insieme alle statue, ai simboli, e all'occidente tutto. Ma noi paladini della civilta' non staremo a guardare inerti, noi combatteremo per difendere la famiglia, i bambini, e la vita: la vera vittima della tagliola del politicamente corretto e del mondialismo.
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abr · 4 months
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L’elezione di Javier Milei e i suoi primi passi stanno spiazzando non poco la sinistra. La quale, incapace ormai di pensare il mondo (...), aveva preventivamente catalogato il nuovo premier argentino nella categoria del “populismo”. Non risparmiando nemmeno ironie sulla sua folta e ribelle capigliatura (come per le fake news, la misoginia etc., anche l’accusa di body shaming non vale per gli avversari).
Che (...) la sua elezione fosse proprio una risposta dell’elettorato al potere pluridecennale del populismo argentino (...) lo si è capito bene dal discorso d’insediamento pronunciato qualche giorno fa, realistico fino ad essere spietato.
In esso, ovviamente con tutte le notevoli differenze del caso, sono sembrate risuonare le parole che Winston Churchill pronunciò agli inglesi in tempo di guerra, quando disse di non poter promettere loro altro che lacrime e sudore. Una via difficile da seguire, ma l’unica dietro la quale sarebbe stato possibile intravedere la luce che portava fuori dal buio tunnel del presente (...).
Milei non ha poi perso tempo e già ieri ha annunciato una sostanziale svalutazione della moneta nazionale. (...) Già pronte sono poi altre misure tese a ridurre la spesa pubblica, dal taglio dei ministeri ai trasferimenti dallo Stato alle Province, dalla riduzione dei sussidi alla liberalizzazione delle importazioni.
Forse Milei è piaciuto agli argentini anche perché essi si sono sentiti trattati per la prima volta (...) da adulti, cioè non come bambini da ingannare o peggio da trattare, come fa la sinistra, con “superiorità” e (paternalismo arrogante). (...)
Con Milei non funziona nemmeno l’altra retorica della sinistra, quella che fa gli avversari incolti e ignoranti. I suoi studi e i suoi libri, la sua carriera accademica, (...) ne fanno (...) uno dei maggiori economisti del continente (...). Quando parla di economia, ad uno come Milei è impossibile rispondere, come fa di solito la sinistra, con slogan e frasi fatte.
Ma la vera novità del nuovo presidente argentino, quella che ne fa attualmente un unicum mondiale, è sicuramente un’altra: la coerente e solida formazione liberale che lo ha portato a proporre ai suoi connazionali un “nuovo contratto sociale” basato sul “rispetto illimitato del progetto di vita” di ognuno. Egli ha tagliato corto contro la politica delle tasse e dei sussidi e ha fatto risuonare più volte, nei suoi discorsi, la parola libertà (...).
È una novità questa che un po’ spiazza anche la destra (quella sociale) (...). Milei inoltre, nel suo discorso d’insediamento, ha saputo usare anche toni di speranza, con una sapiente e dotta retorica, in un mix di realismo e idealismo che è ciò che forse manca ancora alla destra nostrana. (...)
via https://www.liberoquotidiano.it/news/esteri/37838798/javier-milei-presidente-argentino-realista-sincero.html
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nineteeneighty4 · 5 months
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Sogni d'oro.
Sono nella mia città natìa, solo che non mi trovo né nel presente, né nel futuro. Credo siano su per giù gli anni sessanta. A casa sono tutti morti, non ho più nonni, zii e cugini. È rimasta in vita solo mia madre. La cosa strana è che il mio sguardo osserva la realtà intorno come quando si guarda una vecchia fotografia dai colori poco nitidi e sbiaditi, i toni delle piante e degli oggetti, infatti, appaiono tenui. Entro in casa dove non si sente nulla se non il soffio del vento, nonostante tutte le finestre siano spalancate. Provo una sensazione bellissima, a me già nota, mista a una felicità immotivata. L'atmosfera è quella tipica dell'alba e non si ode nulla se non lo stridìo dei gabbiani che vanno, di tanto in tanto, a posarsi sugli archi medievali poco distanti dal mio balcone. È come se la città fosse abbandonata e tutti gli abitanti si fossero trasferiti altrove. D'improvviso, poi, mi affaccio alla finestra della stanza dov'ero solita dormire con mia madre e mi accorgo che il mare, un tempo abbastanza distante da poterlo scorgere in lontananza, adesso è piuttosto vicino. Posso sentire le onde, la brezza marina, l'odore di salsedine che si diffonde nell'aria. Posso osservarne il colore che varia dal blu più intenso al verde. Sono stupita dall'emozione che mi suscita, talmente contenta che provo ad immortalare il tutto in una fotografia. Quindi prendo il cellulare e cerco di mettere a fuoco. Zoommo, una volta,due fino a quando nell'obiettivo della fotocamera scorgo una persona. È una ragazza dai lunghi capelli scuri, la sola che stia nuotando tra le correnti. La osservo meglio, benché sia girata di spalle, e in quel momento capisco che si tratta di me. Entusiasta dell'atmosfera, dei ricordi che iniziano a riaffiorare alla memoria e delle sensazioni provate, chiamo mia madre, allora, e la informo su come tutto sia mutato. La cerco a voce, come se fosse lì presente e di fatto mi risponde subito ma il suo tono è insolito,la sua persona non si lascia vedere. Di lei percepisco solo la presenza. Poi la scena cambia ed è pomeriggio. Dalla finestra percepisco molta confusione. Il chiacchiericcio è quello tipico degli adolescenti in spiaggia e ogni tanto, le parole, le grida, le risate, sono interrotte da un brindisi, da colli di bottiglia che urtano tra loro. Mi affaccio nuovamente e adesso sotto la finestra il mare ha lasciato posto a dei blocchi di scogli artificiali e su questi tantissimi ragazzi sono seduti a prendere il sole, intenti a godersi l'estate, leggere o sono presi dal fare tuffi più in là, verso quella che una volta era una strada. Mi domando che senso abbia tutto ciò, nonostante stia dormendo. È il tramonto e la città ora è ancora più bella, perché di essa rimane immutata solo la struttura, persistono soltanto gli edifici invasi dagli uccelli che entrano ed escono dai vetri rotti degli appartamenti. Successivamente sono nel soggiorno. Lì la visuale è diversa, normale. Stranamente però mi accorgo che di fronte al mio balcone c'è una sorta di altalena piuttosto ampia sospesa nel vuoto e poggiata su un filo d'acciaio sottilissimo con sopra : una valigia antica, una coperta e un gattino bianco e nero a cui hanno legato il muso e le zampe. L'altalena oscilla a destra e a sinistra e il gatto prova a non scivolare giù. La coperta e la valigia passano prima da un lato e poi dall'altro. Capisco che devo fare qualcosa. Non è più il quarto piano. Le dimensioni del palazzo assomigliano ora a quelle di un grattacielo, sfioriamo le nuvole, superiamo i tetti degli altri. Dopo essere uscita fuori, quindi, provo a sporgermi nel tentativo di afferrare il filo d'acciaio ma mi accorgo che non ci riesco perché è troppo distante, non mi resta che una soluzione: arrampicarmi sulla ringhiera a mio rischio e pericolo. Senza pensarci due volte, decido di provarci. Tiro più forte che posso per avvicinare la dóndola ma qualcosa va storto. Il filo si rompe e il gattino, la valigia e la coperta precipitano giù, come me.
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girulicchio · 3 months
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Il tempo di una sigaretta
Dalle pareti di vetro, nonostante il contrasto tra caldo interno e umidità generasse un'iniziale appannamento, si vedeva tutto. Il barista preparava tre caffè ogni mattina, appena si metteva al bancone: il primo da buttare, il secondo da bere e il terzo sospeso, casomai qualcuno lo chiedesse freddo.
I clienti del bar non sono stati mai uomini d'affari, donne di successo o personaggi di spicco. L'ambiente era frequentato perlopiù da operai, impiegati e gente che cercava un bagno lungo la strada o un panino al volo ad ora di pranzo. Ai proprietari non è mai interessato alzare il livello sociale del posto. Del resto, in periferia, circondati da altri mille locali simili, che effetto avrebbe mai potuto sortire rinnovare una vecchia bettola, assumere personale qualificato e investire in pubblicità?
Gianni, come molti altri, entrava, salutava e rispondeva sì alla domanda: il solito? Un caffè, un cornetto vuoto e un bicchiere d'acqua frizzante. Segnava sul conto e, a fine mese, quando riceveva lo stipendio, saldava, senza mancare di lauta mancia al barista. Perché, si sa, spesso sono le persone più umili, in condizioni svantaggiate, ad avere solidarietà. E chi era dietro quel bancone viveva la stessa situazione, su per giù, di chi dalle otto alle due si rompeva la schiena per pochi spicci.
A fine giornata, il caffè freddo, puntualmente, veniva versato nel lavello e il bicchierino di vetro lavato, sciacquato e posto ad asciugare. In realtà, il bicchiere era lo stesso ad ogni mattina. Ormai, era deputato al caffè freddo sospeso.
Tuttavia, esistevano dei giorni in cui il caffè freddo non veniva gettato via. Quando le giornate erano particolarmente lunghe, il barista, nemmeno di nascosto, riempiva il resto del bicchiere con della grappa e buttava giù il tutto d'un sorso solo. Il problema non era la vergogna, o il senso di colpa, ma solo l'orario: un principio inamovibile vietava al barista di bere alcol prima delle cinque del pomeriggio.
Eppure, un ci fu una volta in cui il caffè freddo con grappa ebbe un destino diverso dal solito. Né buttato, né bevuto: divenne un eroe.
Sul tardi, mentre il barista si apprestava alla chiusura, in una giornata molto tetra e piovosa, con il cielo coperto da nuvoloni grigio topo, entrò un uomo, in cerca di riparo in attesa che spiovesse. I due scambiarono chiacchiere di circostanza per qualche minuto, con toni svogliati e frasi laconiche. Poi, regnò il silenzio per un tempo apparentemente infinito. L'uomo chiese se potesse fumare, con la sigaretta già accesa e in bocca. Il barista gli passò un posacenere dall'altro lato del bancone, facendolo scivolare come una pietra da curling. Il posacenere si fermò a metà strada, ma l'uomo non era così motivato da alzarsi per prenderlo, quindi decise bene di ciccare a terra all'occorrenza. Nel frattempo, il barista continuava le sue pulizie del bancone, ignorando con apatia l'uomo nella stanza.
Non appena smise di piovere, l'uomo si apprestò all'uscita. Si alzò dallo sgabello, allontanandolo con un colpo di bacino verso l'indietro, e salutò sottovoce il barista, lasciando cadere il portafoglio a metà strada tra la porta e il posto su cui era seduto. Il barista ignorò anche questo, come la cenere della sigaretta sul pavimento.
Il caffè, sebbene parzialmente inebriato dalla grappa, notò il tutto, dal vetro trasparente in cui si trovava. Sfruttò la tazzina come una barca al rovescio, saltò via dal bancone e spinse il portafoglio fino alla porta. Lì, si arrampicò sullo sgabello più vicino e fece un salto spericolato, spingendo la maniglia sufficientemente da aprire la porta. Così, continuò la sua avventura, spingendo il portafoglio lungo il marciapiede, guardandosi intorno alla ricerca del proprietario.
Sulla destra, lo vide in lontananza, fermo al semaforo. Spinse, spinse più forte e corse come un toro con un drappo rosso a sventolargli davanti. Fu una lotta contro il tempo e contro logica: ad ogni colpo d'ariete qualche goccia del caffè fuoriusciva dal bicchierino in vetro come tracce di sangue di una ferita aperta, ad ogni strusciata sull'asfalto schegge restavano a riprova dell'ardua fatica compiuta.
Il caffè, nonostante tutte le avversità, ce la fece e gridò all'uomo: scusi! Scusi, buonuomo! Lei, qui giù! Mi sente?!
L'uomo, confuso e infastidito, guardava in ogni direzione, ma non in basso. Con le ultime forze, il caffè diede un colpo al tallone dell'uomo, che si abbassò e trovò il suo portafoglio.
Questa è la vera storia di un caffè corretto.
Ogni lunedì mattina, potete chiedere al bar la combinazione caffè, cornetto e fumetto del giorno a soli due euro. (Promozione valida solo per punti vendita aderenti all'iniziativa dalle ore 8:00 alle ore 9:30, per singolo cliente e non più di due clienti per nucleo familiare)
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prncessniamh · 5 months
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⛸️ go ice skating together // @dddesiree
"Eu espero que você saiba que esse sequestro tá beirando a ilegalidade." O tom de brincadeira presente na voz não ocultava totalmente o toque de verdade por trás do comentário, fazendo com que a princesa erguesse as sobrancelhas levemente ao tentar incentivar a vinda de uma resposta, mesmo que a frase não parecesse precisar de uma. Desirée era uma selecionada e apesar de Niamh ter comentado várias vezes para Tony que roubaria as selecionadas da amiga, ela nunca estava verdadeiramente falando sério. Então, todas as vezes que a irlandesa se pegava observando a beleza alheia ou a vontade intrusa de lhe tomar os lábios aparecia, não era recebido com bons olhos. "Mas se você parar e pensar, talvez vá valer a pena." O som dos passos eram amenizados pela neve que caía, afofando o chão e escondendo as folhas teimosas e barulhentas que existiam em abundância entre as árvores que caminhavam. "Patinar em um lugar onde não vai ter mais ninguém, sem precisar ficar super consciente das aparências e do que as outras pessoas estão pensando sobre você…" Não se referia apenas ao fardo de ser uma selecionada, sempre observada e julgada, levava essa palavras um pouco perto demais dm próprio coração enquanto as dizia. "Liberdade." Disse, um pequeno sorriso se fez presente nos lábios ao virar o rosto para olhar a morena, levando a destra até a dela e as entrelaçando de forma inconsciente, acelerando o passo e a puxando junto no processo. "Bom, eu estou partindo do pressuposto que você não acha que eu sou só mais uma dessas pessoas chatas que estão aqui pra te fiscalizar." Guiar o caminho era uma tarefa fácil apesar de Niamh não ser parte daquela corte, ser criada tão próxima da família real francesa tinha seus privilégios e um dos muitos era conhecer o terreno como ninguém. Especialmente os melhores lugares para patinar no rio congelado. "Eu ficaria honrada se você me considerasse leve." Assim como ela mesma se via. Um espirito livre.
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vintagebiker43 · 1 year
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Meloni: "Invito tutti ad abbassare i toni"
I suoi fans di destra hanno subito accolto l'invito.
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innoia · 1 year
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*Tanto pe favvi capire*
1. Sei fiorentino se critichi Firenze con altri fiorentini, ma poi fuori, GUAI a chi te la tocca.
2. Sei fiorentino se sai cosa vuol dire ganzo, toni, bailame, cencio, bociare, diaccio e ignudo.
3. Sei fiorentino se i fochi di San Giovanni, belli si ma gli eran meglio l’anno scorso.
4. Sei fiorentino se il buontalenti è solo da i’Badiani e la crema da i’ Vivoli.
5. Sei fiorentino se hai sempre la battuta pronta
6. Sei fiorentino se tu usi la granata
7. Sei fiorentino se sai le battute de Il Ciclone a memoria 8. Sei fiorentino se tarapia tapioco come se fosse ant'anni con la supercazzola prematurata, con lo scappellamento a destra. 9. Sei fiorentino se tuo padre è i’ Babbo 10. Sei fiorentino se esclami “SIEEE!” quando non ci pensi nemmeno a fare quella cosa 11. Sei fiorentino se "da Firenze in un'ora si va dappertutto, mare, montagna, colline"... 12. Sei fiorentino se la Fiorentina è il tuo unico credo 13. Sei fiorentino se la bistecca alla fiorentina è solo al sangue e alta 3 dita. 14. Sei fiorentino se la polemica fa parte del tuo DNA. 15. Sei fiorentino se “a Firenze è nato e si parla il vero italiano”. 16. Sei fiorentino se buona parte dei tuoi amici sono gli stessi del liceo. 17. Sei fiorentino se spesso sei visto come uno snob. 18. Sei fiorentino se ti piace il panino con il lampredotto o con la trippa. 19. Sei fiorentino se rimpiangi le serate all’Universale. 20. Sei fiorentino se a uno poco furbo gli dici “O’bischero”! 21. Sei fiorentino se quando saluti dici “Faccio come il Baglioni… 22. Sei fiorentino se il primo maggio vai alla Mostra dei fiori all’Orticoltura.
23. Sei fiorentino se dici "ma che ssei grullo! 24. Sei fiorentino se facevi "forca" e andavi a Boboli. 25. Sei fiorentino se pensi che la tua sia la città più bella del mondo
26. Sei fiorentino se tu sei stato alla festa dì grillo
27. Sei fiorentino se tu sai icché vuol dir aver 6 palle
28. Sei fiorentino se … “te e la maiala di to mà”
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adoringyouhxney · 7 months
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Scrivere di persone etero che hanno è relazioni gay con persone della loro squadra o meno è una cosa strana, e per rispodere a dilfmancini, certo che si possono ricevere denuncie per diffamazione. Non è una questione legata alle "devianze omosessuali", visto che non avete altri modi per difendervi se non quello di buttarvi sull'omofobia. Queste persone sono etero, quello che fate, quello che scrivete, la merda che buttate sulle compagne di questi calciatori è strana. Un certo guro dek make up americano gay fu denunciato perchè lo beccarono in comportamenti legati al fatto che lui stesso ammise di volerci provare solo con uomini etero. Quello che molte fanno sul tumblrcalcio è feticizzare le relazioni omosessuali tra etero. Non capite quanto sia predatorio come comportamento. Se un giorno queste cose delle orge negli spogliatoi, o delle scopate fra calciatore uno e calciatore due dovessero arrivare ai figli di questi ultimi farebbe schifo. Nessuno vi impedisce di avere ship gay, ma lasciate stare le persone reali che hanno una vita loro. Buttatevi sui personaggi dei film o delle serie tv come fanno le persone normali.
Mi viene leggermente da ridere per tre motivi:
1) penso di aver parlato di ship 5 volte su questo blog ma vi vedo belli caldi e ok
2) per rispondere a Letizia lo dici a me? Ok.
3) pensavo di aver lasciato questa polemica ai One Direction ma grazie per questo tuffo nel passato
Ma a voi (o a te non so se sei solo tu o siete più di una persona visto che scrivete in anonimo) che cosa ve ne frega se io, Letizia, tizio o Caio scriviamo cose? Questa è una cosa che non capirò mai. Basta molto semplicemente smettere di seguire un blog o bloccarlo. Io giuro che non mi offendo. Mi spieghi perché ti da così fastidio? Cosa ti urta se io trovo carina l’idea di due persone insieme?
La merda che buttiamo sulle compagne lo stai dicendo alla persona sbagliata. Prendi un mio post in cui butto merda sulla compagna di qualcuno. Fallo. Poi ne riparliamo.
Il resto lo trovo tutto così esagerato che onestamente non so cosa rispondere. Ti consiglio però di abbassare i toni perché stai parlando di persone “normali” che evidentemente, per te, non siamo noi solo perché qui c’è gente che scrive storielle INVENTATE su un social.
Me li immagino che cercano su Google il loro nome e appena leggono la parola “fanfiction” associata a loro ci si fiondano con la bava alla bocca e la voglia di far scattare denunce a destra e a manca.
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salvo-love · 2 years
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Ma quali #centristi, #Calenda & c. pensano solo alla #poltrona - Il "70% al Pd, e il 30% ad Azione". C'è l'accordo per L'AMMUCCHIATA. 2 Agosto 2022 - 13:43
Lo show della #sinistra finisce con una stretta di mano tra #PD, #Azione e #+Europa: strada spianata per L'ACCOZZAGLIA contro il #centrodestra.
Ma un'ammucchiata disomogenea che va dalla sinistra di Fratoianni e da art. 1 di Roberto Speranza a #Gelmini, #Carfagna e #Brunetta ex di Forza Italia e centro destra fino ad arrivare all'ex cinque stelle Luigi di Maio ➡️ ( mai con il PD, mai con il partito di Bibbiano 🤔) e all'ex democristiano Bruno #Tabacci, passando per il PD ( in crisi di identità ), per Emma #Bonino e per il #centro inesistente di Calenda, potrà mai piacere agli italiani ??? Questa accozzaglia di partiti e persone, così diverse fra loro e con idee e programmi politici nettamente discordanti, potranno carpire il consenso degli italiani e convincere gli italiani a votare per loro ??? di Luca Sablone e di Guido Igliori
In Onda, Carlo Calenda delira dopo il #patto: "Per Azione meglio andare da soli".
Mister prezzemolino Carlo Calenda, oggi, è anche l'uomo del giorno: ha infatti #firmato il patto con Enrico #Letta, Pd e #Azione insieme alle elezioni. Tema che teneva banco in modo quasi inspiegabile da giorni, inspiegabile per il peso elettorale di Calenda, almeno stando ai sondaggi di oggi. Ma tant'è. Ed eccolo, dunque, in studio a In Onda, il programma condotto da Luca Telese e Marianna Aprile su #La7: Carlo Calenda, fresco d'accordo, spiega le sue ragioni e attacca "le destre" con toni rivedibili. Ma, soprattutto, riesce a dire che per Azione "era meglio andare da soli". Ma come, ha appena firmato l'accordo??
"Quello che ho chiesto a Letta non sono condizioni per me: per Azione era meglio rompere e andare da solo - riesce ad affermare poche ore dopo l'intesa -. Sono condizioni per prendere quell'elettorato. Quello che premia in Italia da tanto tempo è rompere con tutti: la rottamazione, la rivoluzione liberale, il vaffa, il prima gli italiani... Ma con tutta questa rottura, si è rotto tutto: io sono un uomo che facilmente rompe, ma se ci sono le condizioni per costruire rinuncio a un pezzettino di purezza con grandissima serenità", conclude Carlo Calenda con toni quasi poetici, lirici.
“Questa coalizione sta diventando una roba improponibile: ci facciamo ridere dietro”. E poi in un video: “Se la risposta sarà no, allora caro Enrico Letta la responsabilità della rottura sarà interamente tua”. Quindi no, un fermissimo no alle ammucchiate. Così parlò Carlo Calenda. “Ma teniamo aperta la porta al dialogo”. Giusto, non si sa mai. Era una telenovela che francamente non se la filava nessuno quella fra il leader di Azione e il segretario dem, una soap opera che aveva stancato ancor prima di iniziare (sui social, ormai la comunicazione politica la fanno così), poi i due si son visti faccia a faccia e..miracolo! Habemus papam, si son messi d’accordo, hanno raggiunto la quadra, al Pd il 70% dei candidati, ad Azione e il partito snob + Europa 30%. Ma al cittadino importa veramente tanto di queste alchimie partitiche che nulla hanno a che fare con i problemi veri della vita quotidiana degli italiani?? E il programma?? Non pervenuto, c’era da imbullonarsi alla poltrona. Perfino #Conte se n’è accorto: “In bocca al lupo alla grande ammucchiata”. E a proposito di fratelli coltelli nell’ex area 5Stelle, c’è pure Di Maio che ha lanciato Impegno Civico con l’onnipresente Tabacci proveniente direttamente dall’era democristiana/mesozoica. Aveva ragione Edoardo Sylos Labini direttore di CulturaIdentità, che una settimana fa ospite di Rai News 24 paventava le prove tecniche per la grande ammucchiata, perché le manovre di palazzo non vanno mai in vacanza: “L’agenda #centrista non è credibile”, diceva il direttore di CulturaIdentità, “dalla caduta della Democrazia Cristiana si cerca di andare nel cosiddetto Centro (che non esiste) solo per avere un posto in Parlamento. Praticamente un ufficio di collocamento più che un partito”.
L'inciucio è stato giustificato dalla necessità di compiere una scelta di campo alternativa a quella di Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia.
Il presunto «fronte repubblicano» di Calenda & C. è una polveriera: Andrea Orlando e Carlo Calenda litigano, Renzi sgomita e il segretario dem sonnecchia.
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diceriadelluntore · 1 year
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Storia Di Musica #250 - Miles Davis, Miles Smiles, 1967
Il traguardo delle 250 storie di musica lo festeggio con una delle sue rare foto in cui ride: probabilmente ne esistono altre, dato che è stato uno dei musicisti più fotografati di sempre, ma nelle copertine dei suoi dischi, dove compare sempre accigliato e “serio”, è un punto di svolta (unico tra l’altro). Il 24 e il 25 ottobre 1966, Miles Davis è con il suo formidabile Secondo Quintetto nei leggendari studi della Columbia sulla 30.ma strada a New York. Sotto gli occhi vigili del suo produttore principe, Teo Macero, arrivano i musicisti di questa nuova avventura, iniziata 3 anni prima: Herbie Hancock al pianoforte, Ron Carter al basso e contrabbasso, Tony Williams alle batterie e Wayne Shorter al sax. Quel periodo storico è una fase centrale della musica jazz, probabilmente anche poco conosciuta, perchè compressa dalla frenesia eccitante del bop degli anni ‘50 e l’arrivo delle avanguardie free form che dall’inizio del decennio successivo iniziavano ad incalzarla. Davis, non nuovo a innovazioni storiche (anzi, in pratica è passato in ogni trasformazione del jazz) fiuta che l’aria sta cambiando, ma rimane fermo su una convinzione (almeno per i successivi dieci anni): non gli importa del free jazz, ma una sua strada per il superamento degli schemi la vuole trovare. Buona parte degli esperimenti avvennero dal vivo, con il quintetto che nei primi anni sforna dischi dal vivo di successo (’Four' & More: Recorded Live in Concert del 1966, Miles in Berlin del 1965, registrato dal vivo alla Berliner Philharmonie nel 1964, prima prova del Secondo Quintetto con Shorter al sassofono, e anche altri titoli). Davis va in studio con l’obiettivo preciso di allargare la svolta modale degli anni precedenti. Lo fa prendendo la decisione di rallentare e mischiare i tempi ritmici, tanto Williams sa fare di ogni cosa una magia, e di giocare anche sugli arrangiamenti. Quello che ne viene fuori è un disco in cui l’alchimia tra le due istanze sembra magicamente riuscire, sebbene ancora oggi a distanza di anni la critica si divide tra chi lo vede come il suo primo esperimento di musica d’avanguardia (giudizio che a mio avviso è sbrigativo e smentito dalla musica stessa) e chi lo trova il primo, riuscitissimo, esempio di post-bop, per un processo simile a quello per cui i critici definiranno post-rock quella musica destrutturata e immaginifica di cui ho anche parlato in questa piccola rubrica per il rock occidentale. Sia come sia, Miles Smiles esce un anno più tardi, nel 1967, e quel sorriso sincero in copertina è con ottima approssimazione la sensazione che l’ascolto produce all’ascoltatore: 7 brani, uno solo a firma Davis, tre a firma Shorter e due cover riuscitissime. La scelta dei brani di Shorter fu un impegno gigantesco per il sassofonista, che sfodera nelle interpretazioni tutta la sua espressività magnetica, e i fraseggi tra i due fiati sono clamorosi. Ma la cosa stupefacente sono il pianoforte e la linea ritmica: Hancock spesso suona solo con la mano destra, per un suono più rarefatto e languido, Williams e Carter giganteggiano con i ritmi musicali, innestando nei brani scale africane, ritmi caraibici, soprattutto il tresillo cubano, in uno dei passaggi fondamentali di Footprints, brano di Shorter di qualche mese prima che qui viene suonato nella sua versione definitiva. C’è qui una delle ballad più intense e belle di Davis, Circles, di una dolcezza sconfinata, c’è il suono formidabile e accesso di Orbits, e Dolores, altro gioiello di Shorter. Le due cover sono brani che il quintetto aveva spesso suonato dal vivo, Freedom Jazz Dance di Eddie Harris, a cui vengono aggiunte due battute completamente diverse dallo standard, il quale ha però la struttura più classica di tutto il disco; Ginger Bread Boy fu scritta da Jimmy Heath, uno dei tre fratelli Heath grandi musicisti jazz, per la nascita di suo figlio, e appare nel suo disco del 1964 On The Trail. Davis ebbe Heath come sassofonista per un breve periodo nel 1959, durante l’assenza di Coltrane dal primo leggendario quintetto, per disintossicarsi. Anche questo brano faceva parte del “live book” di Davis e registrato per la prima volta solo in questo disco in studio. Come succede spesso con i grandi dischi di Davis, oltre la maestria e la tecnica musicale di uno dei gruppi più importanti e talentuosi della storia della musica, ciò che colpisce è la straordinaria sensazione che tutto sia naturale, che la sintonia mentale e spirituale tra i musicisti sia innata. Il disco ebbe sin da subito critiche formidabili, ma per tutta una serie di motivi storici successivi, tra cui l’esplosione della fusion del jazz, frutto delle sperimentazioni dello stesso band leader di oggi, verrà un po’ dimenticato. Tuttavia, dagli anni 2000, tutta la straordinaria musica del periodo verrà rivalutata, e Miles Smiles entrerà nella lista dei 1000 dischi fondamentali del Museo dei Grammy, e presente in tutte le classifiche dei capolavori del jazz. Fu il disco apice di una certa idea davisiana, approfondita con altrettanta bellezza, ma un pizzico di magia in meno, in due dischi successivi, Sorcener, che esce nello stesso anno, 1967, e Nefertiti, sempre del 1967. Bastano pochi mesi per il primo passo dell’ennesima rivoluzione, quando lo stesso quintetto suona gli strumenti elettrici in Stuff e George Benson entra con la sua chitarra elettrica in Paraphernalia, due cardini di Miles In the Sky: sono passati appena due anni, ma sembra un decennio. Ennesimo grande potere di uno dei più grandi stregoni della musica, personaggio unico e inimitabile.
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Schlein a Conte: "Basta attacchi". M5s: "Il confronto non è un litigio"
AGI – La lunga scia di botta e risposta fra Elly Schlein e Giuseppe Conte non comporta uno stop al dialogo e, soprattutto, alla costruzione di un campo progressista da contrapporre alla destra di governo. Fonti del Movimento 5 Stelle sottolineano come, soprattutto in politica, un confronto non può essere considerato un “litigio”. Eppure, alla presentazione del libro di Roberto Speranza, i toni…
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