Tumgik
#Siamo stati anche felici
fuoridalcloro · 7 months
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"E anche se siamo stati brevemente e raramente felici, tutto poi è stato sporcato, calpestato e travolto. Ma non si amano soltanto le memorie felici. A un certo punto della vita, ci si accorge che si amano le memorie."
Natalia Ginzburg - Caro Michele
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byronnight2 · 2 months
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Febbraio 2024.
Dicono che si torna sempre dove siamo stati felici...
Ed io sono di nuovo al mio vecchio lycée des beaux-arts. Guardami...ho di nuovo 16anni.
I sogni sono ancora quelli.
Eppure tutto è cambiato. Il liceo ha inglobato nuovi indirizzi di studio,il nome ha perso quell'altisonante riverbero che lo ammantava. Era il liceo delle arti e dei liberi pensatori. Ora è omologato al resto. Si occupa soltanto di arte. Anche se,ai miei occhi,quel "soltanto" è un insulto.
Ed io vivo Parigi,con lo stesso disperato ardore di sempre.
Perché quí il sangue si incendia di emozioni e ricordi...
So long.
#parigi
#byronnightisback
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armiamoci · 19 days
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Caro Stefano,
Scriverti queste parole è difficile, ma sento che è necessario per chiudere un capitolo importante della mia vita in modo sereno e maturo. Abbiamo attraversato tanto insieme, 9 anni che ci hanno cambiato profondamente, che ci hanno fatto crescere e scoprire chi siamo veramente. Abbiamo condiviso momenti bellissimi e momenti difficili, abbiamo affrontato sfide che ci hanno reso più forti e uniti.
In questi anni, abbiamo imparato a volerci bene in modo profondo, a comprendere l'importanza dell'amore e della comprensione reciproca. Abbiamo costruito un futuro insieme, pianificando e sognando di realizzare i nostri obiettivi. Le nostre vacanze alla scoperta del mondo resteranno sempre nei miei ricordi come momenti preziosi di felicità e serenità.
È doloroso dover dire addio dopo tanto tempo, soprattutto per motivi che potrebbero sembrare banali agli occhi degli altri. Ma credo che sia giusto rispettare il percorso che ciascuno di noi deve intraprendere, anche se ci porta su strade diverse. Anche se non saremo più insieme, tu resterai sempre nel mio cuore come il mio primo grande amore, colui che mi ha insegnato tanto sull'amore e sulla vita.
Ti auguro tutto il bene del mondo, ovunque tu vada e qualunque cosa tu faccia. Che tu possa trovare la felicità e la realizzazione personale che meriti. Sarò sempre qui, a ricordare con affetto i momenti felici che abbiamo condiviso e a serbare nel mio cuore il ricordo di quello che siamo stati. "Buona fortuna amore nel viaggio che farai, buona fortuna amore ovunque tu sarai."
Con sincero affetto,
Stefania
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e-ste-tica · 3 months
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quando il gruppo si riunisce al completo, un venerdì sera va più o meno così. ci ritroviamo al solito bar, gestito da una tipa che ormai ci vuole e le vogliamo bene, ci chiede sempre come va e nota ogni volta un dettaglio "Hai cambiato tinta blu!" "Hai tagliato i capelli!". iniziamo chi con degli spritz chi con della birra, siamo sempre felici di vederci e più o meno la prima mezz'ora passa con frasi come Oooh ma quant'era che non ci vedevamo!!, abbracci e teste sulle spalle che intervallano i discorsi. siamo un gruppo di laureat e laureand in filosofia - attorno ai quali ruotano partner e amic di qualcun di noi - piuttosto sfigaty, non di quelli vestiti bene con una prospettiva di futuro: gente di provincia con un profondo odio di classe transfemminista che attende la lotta armata, a parte me e A. tutti depressi, e senza paura nei confronti delle scomodità perché tanto - cito - "Si fa tutto". qualcuno ha 28 anni e sta ancora scrivendo la tesi, qualcuno ha iniziato il dottorato, qualcuno viene sfruttato per 500€ al mese. quando arriva il momento di passare dallo spritz al negroni, C. racconta un'insolita esperienza sessuale che non ha gradito, facendo nascere confronti infiniti tra J. e M. che devono sviscerare i dettagli della cosa. Verso l'una qualcuna tira fuori le parole crociate e il gruppo si divide tra chi cerca di indovinare le definizioni e chi continua a parlare di chissà cosa - io provo a giostrarmi tra le due fallendo in entrambe. qualcuno va a fumare e fa avanti e indietro, quando rientra fa finta di nulla ma a fine serata si scopre che in quelle intime pause sigaretta a due o a tre si confessano segreti. C. è ubriaco - quando beve gli prende qualcosa che chiama "vena pansessuale", smette di essere etero e mi propone di fare sesso. in effetti in quel tavolo gli incroci negli anni sono stati parecchi ma tra noi due mai, non ci avrei mai pensato però e mi pare un po' strano che me lo dica così, poi mi rendo conto che non so neanche quanti negroni abbia bevuto quindi ha senso: gli dico che gli voglio bene ma magari un'altra sera. M. confessa a J. di essere innamorato di C. e quando il pettegolo me lo racconta la prima cosa che diciamo è Cazzo ecco perché sta così male! ci mettiamo settant'anni a prendere la via di casa, C. prova a picchiarsi usando le nostre mani mentre A. è l'unica che ride sguaiatamente alle cose che dico mentre cerco di trascinarli via. ci salutiamo pregando M. di ricordarsi di far mangiare C. domani, perché si dimentica di farlo ogni giorno e se non fosse per lui si potrebbero contare sulle dita di una mano le volte in cui mangia in una settimana. C. reggendosi a mala pena in piedi prima di salutarmi mi dice Adesso ti darò un bacio ok? io rispondo NO non farlo grazie, ti voglio bene segui L. e vai a casa, e mi chiedo Ma perché cazzo gli è presa così stasera. saluto gli altri e J. viene via nella mia stessa direzione, M. convinto di smascherare chissà quale segreto mi chiede Ma quindi tornate a casa insieme stasera??!! e io per l'ennesima volta gli devo ripetere che J. sta andando a dormire dalla ragazza che abita vicino a me, aggiungendo che ormai sono passati anni da quando scopavamo. alle interminabili ore 3:00 finalmente le nostre strade si dividono e io faccio l'ultimo pezzo di strada con J. che più che un amico per me è un braccio o un rene. oggi l'ho visto per la prima volta con la sua ragazza in un momento di tenerezza e mi sono sembrati innamorati, è bello vedere le persone che amo felici. ed è bello anche essergli accanto quando mi dicono che stanno male. da fuori forse sembriamo uno sgangherato gruppo di strambi maniaci, ma l'ambiguità ci piace anche quando non accade niente, la chiacchieriamo più di quanto non la pratichiamo davvero, e quella che più ci riesce è l'ambiguità emotiva - col cazzo che l'amore romantico è più importante dell'amicizia che abbiamo. ci prendiamo cura l'uno dell'altra: con una birra, con medicine, con la febbre la depressione la povertà la tesi i problemi d'amore, ci siamo.
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io-e-la-mia-mente · 3 months
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Finalmente un po di tempo da dedicare ai miei pensieri e ai desideri , o meglio, compiti, assegnatomi dal Padrone.. Sono reduce da una full immersion di coccole, punizioni , camminate , godimenti, insegnamenti e dolori, ma soprattutto sono tornata cambiata , sono cresciuta, ho acquisito nuove informazioni sul mondo che riguarda il Padrone ,sulle Sue abitudini, sul lavoro, sulla famiglia, su ciò che gli piace mangiare ( dice di no ma l'ho piacevolmente scoperto goloso ).. Abbiamo chiacchierato tanto, abbiamo parlato molto , abbiamo condiviso non solo la parte BDSM ma anche la quotidianità di due persone, senza dimenticare di vivere le nostre nature.. Non è facile vivere insieme ad una persona dopo tanti anni di vita da single o di infiniti rapporti finiti , ma devo dire che ci siamo trovati bene, c'era sintonia, era come se ci conoscessimo da tanto tempo , abbiamo persino accennato ad una canzoncina , nello stesso momento e senza esserci messi d'accordo , ci siamo guardati e siamo scoppiati a ridere .. Non credevo di poter raggiungere la felicità anche solo mangiando un raviolo alla griglia o inventando piatti con dell'improponibile formaggio Quartirolo , eppure è accaduto .. Le ultime sere ci siamo dedicati alla visione di film orrendi, sdraiati nel Suo letto e mangiando porcherie ,e posso dire che sono state sere piacevolissime, dove ad ogni scena truculenta mi avvinghiavo più del solito al Suo braccio e sprofondavo il viso sul Suo petto , e ad ogni affondo nella Sua carne ne sentivo il Suo odore, sentivo il battito del Suo cuore cullare i miei pensieri , sentivo la Sua voce raccontarmi cosa mi stavo perdendo , lo sentivo vicino e in tutto questo mi abbandonavo serena , perchè le Sue braccia sono sempre l'unico posto in cui sentirmi sicura , dove mi sento a casa .. In quei gionri , appiccicarmi a Lui , nuda o vestita poco mi importava, ogni volta che potevo , era diventato il mio motto segreto , facevo scorpacciate dei Suoi abbracci, dei Suoi odori , dei Suoi liquidi , dei Suoi baci, tutto di Lui lo volevo per me , non potevo non farlo, stargli appiccicata era una necessità e Lui me lo concedeva , era sempre gentile e presente , nonostante il lavoro lo impegnasse moltissimo .. Sono stati giorni felici, siamo entrambi cresciuti e ho avuto la fortuna di vederlo sorridere spensierato, di vederlo nervoso , l'ho visto restare sorpreso di fronte a dei miei gesti per me naturali, l'ho visto arrabbiato e deluso per alcuni miei comportamenti, l'ho visto rilassato , l'ho visto e l'ho sentito ogni secondo di tutti quei bellissimi giorni , e oggi mi manca , oggi Lui non è qui con me e i miei occhi si inumidiscono al pensiero che passeranno molti , molti giorni prima di poterlo rivedere , ma sarò forte perchè la mia presenza deve essergli di sostegno e non di peso, il mio esserci deve essere per Lui un valore aggiunto e non un tormento
schiava-di-ING
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susieporta · 8 months
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DA DOVE VENGO.
Mia madre mi asciugava il sudore, passava un fazzoletto tra la maglietta e la schiena, a volte ce lo lasciava per assorbire il bagnato. I figli, per star bene, dovevano tenere occhi e schiene all’asciutto. Io vengo da lì.
Da dove vengo si dice “ho voglia di piangere” ad alta voce per non piangere davvero.
Da dove vengo si urla “vattene via”, sperando che l’altro resti.
Da dove vengo la cosa peggiore da sentire è “ti devi vergognare”. E in effetti ancora ora vergognarmi mi fa fisicamente male.
Da dove vengo ti mandavano in collegio, svizzero. Ma per finta, non c’erano i soldi per il collegio, svizzero poi. In pratica da dove vengo i genitori per far star bravi i figli minacciavano di offrir loro un’ottima istruzione, internazionale, in un paradiso fiscale. A pensarci è un buffo posto quello da dove vengo.
Da dove vengo c’è silenzio. Il silenzio è un valore non è un caso che si debba rispettare. Da dove vengo ho comunque imparato che di troppe o di troppe poche parole ci si muore. Da dove vengo quando dicevi qualcosa di brutto, volgare, sbagliato, maleducato, ti intimavano di lavarti la bocca col sapone, dove sto ora invece laviamo le parole.
Da dove vengo eri tu che ti facevi delle fantasie e non erano mai gli altri ad illuderti.
Da dove vengo i genitori chiudevano le contrattazioni con “fai un po’ quel che vuoi”, non bluffavano, ma tu sapevi che poi i cocci erano tuoi.
Da dove vengo i miei nonni sono stati insieme settantacinque anni. Come scemi ci siamo domandati come avessero resistito tutto quel tempo quando il vero mistero resta come abbia resistito lei per altri quattro anni alla morte di lui.
Da dove vengo io “se sei felice e tu lo sai” era una canzone per bambini, ma nessuno ci chiedeva se fossimo felici. Ho ricevuto un’educazione cattolica, non ricordo che i Vangeli parlassero di felicità, di beatitudine certo sì, ma Gesù non era felice o almeno così mi pare, era un tipo ok, con un sacco di preoccupazioni e le idee chiare, ma felice non direi. Vengo da luoghi in cui la tristezza era culturalmente più approfondita, quindi sono anche più preparata. So per esempio che l’infelicità è diversa dalla tristezza, la tristezza crea anticorpi per ricondurti alla guarigione, l’infelicità è appiccicosa, endemica a volte posturale.
Il posto da dove vengo non lo abito più, sono andata via, ma a pensarci a volte mi ammazzo di nostalgia, mi viene da piangere e lo dico ad alta voce, per non piangere davvero.
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canesenzafissadimora · 6 months
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Cinque sono le cose che un uomo rimpiange quando sta per morire. Non saranno i viaggi confinati nelle vetrine delle agenzie che rimpiangeremo, e neanche una macchina nuova, una donna o un uomo da sogno o uno stipendio migliore.
La prima sarà non aver vissuto secondo le nostre inclinazioni ma prigionieri delle aspettative degli altri. Cadrà la maschera di pelle con la quale ci siamo resi amabili, o abbiamo creduto di farlo. Ed era la maschera creata dalla moda. La maschera di chi si accontenta di essere amabile. Non amato.
Il secondo rimpianto sarà aver lavorato troppo duramente, lasciandoci prendere dalla competizione, dai risultati, dalla rincorsa di qualcosa che non è mai arrivato perché non esisteva se non nella nostra testa, trascurando legami e relazioni.
Per terzo rimpiangeremo di non aver trovato il coraggio di dire la verità. Rimpiangeremo di non aver detto abbastanza ”ti amo” a chi avevamo accanto, ”sono fiero di te” ai figli, ”scusa” quando avevamo torto, o anche quando avevamo ragione. Abbiamo preferito alla verità rancori incancreniti e lunghissimi silenzi.
Poi rimpiangeremo di non aver trascorso tempo con chi amavamo. Non abbiamo badato a chi avevamo sempre lì, proprio perché era sempre lì. E come abbiamo fatto a sopportare quella solitudine in vita? L’abbiamo tollerata perché era centellinata, come un veleno che abitua a sopportare dosi letali. E abbiamo soffocato il dolore con piccolissimi e dolcissimi surrogati, incapaci di fare anche solo una telefonata e chiedere come stai.
Per ultimo rimpiangeremo di non essere stati più felici. Eppure sarebbe bastato far fiorire ciò che avevamo dentro e attorno, ma ci siamo lasciati schiacciare dall'abitudine, dall'accidia, dall'egoismo, invece di amare come i poeti, invece di conoscere come gli scienziati. Invece di scoprire nel mondo quello che il bambino vede nelle mappe della sua infanzia: tesori.”
Alessandro D'Avenia
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lupo1 · 5 days
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Eravamo belli insieme riguardo quelle foto che parlano di noi della nostra felicità ricordi la prima foto a mare quando facevamo gli scemi era quella per me L
Espressione più vera della felicità eh si perché quando la gioia ti scorre nelle vene fa nascere sorrisi sinceri stai bene ovunque anche se hai pochi soldi in tasca e non ti diverti facendo chissà cosa noi riuscivamo a star bene in qualsiasi posto incontrarti per caso sembrava quasi che il nostro amore
Era destinato a durare x sempre invece il
Caso si e intromesso nella nostra favola e tutto è finito prima che ancora c’è ne accorgessimo quella foto di noi felici e con gli occhi pieni d’amore è stata bruciata dal fuoco che scatena
Problemi e ne abbiamo avuti tanti pensavamo che fossimo giganti capaci di schiacciarli tutti mentre quello che sono stati schiacciati siamo solo noi 2
La felicità ha lasciato il posto a un nervosismo costante non bastava che uno di noi due dicesse qualcosa che scoppiava un litigio è una furia pesante che ci allontanava
Avevamo perso la pace e l’innocenza dei primi tempi abbiamo
Cercato di muoverci lentamente per non far innervosire l’altro come
Se non ci sopportassimo
Più e vivevamo
La storia come per abitudine negli ultimi mesi e pure L amore era ancora vivo nei nostri cuori ma forse lo
Eh ancora non so se quello
Eh provo adesso è semplice nostalgia per quel bellissimo passato vissuto insieme oppure è ciò che resta de mio amore per te e non so nemmeno se sia stata la scelta giusta quella di lasciarci la mano che ci teneva per non cadere so solo
Che qualcosa mi ha spinto a scrivere qsta lettera per te sulla nostra storia d’amore finita così o che sia stato davvero l’amore a guidare la mia mano?
So solo
Che mi hai aiutato su tante cose crescere e maturare riflettere e andare avanti
Sai che avevo avuto una lunga storia ma
È sparita dalla mente dopo pochi gg che me sei entrata tu mentre tu ci sei sempre ci sei ancora ci sarai sempre un grande angolo de mio cuore ne farai sempre parte ora penserai che sono cose che si dicono in una relazione terminata ma no sei lì e ne resterai
Prenditi cura di te sempre non farti calpestare da nessuno come
Ho sempre fatto io con te e scappa dove non stai bene si forte vorrei dire in altra cosa che sai qual eh la piccola frase che ci siamo
Detto ripetutamente per tt qst tempo
Fatta da 5lettere ma la terrò per me vab dai una cosa la dico
(Flick) il mio cuore è allagato ciao mia piccola barbie💝
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ninoelesirene · 2 years
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Mi capita di appassionarmi a persone che in fondo hanno poco o nulla a che fare con me. Non me ne accorgo, anche se all’inizio è certamente l’alterità ad agganciarmi.
Mi impegno molto ad apprezzarle, proiettando su di loro il mio racconto e adattandomi al loro, a volte anche disperatamente. Mi inganno un po’ e un po’ però non ho paura: ché alle persone ci credo, e penso sempre si possa costruire una storia nuova che tenga presente chi siamo, ma anche ci cambi. Insieme.
Succede non sia così. L’attitudine a pensare che l’altro sia custode di mondi inesplorati e accessibili mi deriva da una rete originaria di relazioni, dalle persone mie, mie da sempre.
Il coraggio di farci cambiare, di mischiarci con l’altro è spesso frutto del privilegio di avere stretto connessioni profonde negli anni in cui il cuore si forma e impara a reagire al mondo intorno. Il coraggio viene dall’assenza di solitudine, dall’essere stati invitati ad entrare quando era importante che fosse così.
A prescindere dall’eventuale reciprocità del sentire, il momento in cui comprendo di essere stato attratto da questa differenza ontologica è anche quello in cui l’interesse comincia a estinguersi. E mi sento male, perché una parte di me vorrebbe tanto proseguire la catena virtuosa della grazia che salva, ma non si può. Non è giusto, non è utile, è arrogante, persino.
Ciò che si può fare, invece, è scegliere. Scegliere di indagarsi, di guardare da vicino, di avere intorno chi è giusto per noi e condivide la nostra visione del mondo.
Per me, ad esempio, se è vero che il coraggio viene dalla fortuna di poggiare la propria esistenza sul fondamento di un amore antico e avvolgente, è pure vero che per essere felici, in un mondo di persone tra persone, è necessario anche provare a procedere all’inverso: coltivare il coraggio, per non essere mai soli. È un lavoro continuo ed estenuante, ma vale la pena.
Per ll coraggio che arriva da chi mi ha amato, sarò sempre riconoscente.
Di tutto il coraggio generato dal mio impegno, sarò ogni giorno fiero.
Al coraggio di quanti scelgo di avere accanto, mai rinuncerò.
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princessofmistake · 1 year
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Cinque sono le cose che un uomo rimpiange ... E non sono mai quelle che consideriamo importanti durante la vita: 1) La prima sarà non aver vissuto secondo le nostre inclinazioni ma prigionieri delle aspettative degli altri. Cadrà la maschera di pelle con la quale ci siamo resi amabili, o abbiamo creduto di farlo. Ed era la maschera creata dalla moda, dalle false attese nostre, per curare magari il risentimento di ferite mai affrontate. La maschera di chi si accontenta di essere amabile. Non amato.
2) Il secondo rimpianto sarà aver lavorato troppo duramente, lasciandoci prendere dalla competizione, dai risultati, dalla rincorsa di qualcosa che non è mai arrivato perché non esisteva se non nella nostra testa, trascurando legami e relazioni. Vorremmo chiedere scusa a tutti, ma non c'è più tempo.
3) Per terzo rimpiangeremo di non aver trovato il coraggio di dire la verità. Rimpiangeremo di non aver detto abbastanza "ti amo" a chi avevamo accanto, "sono fiero di te" ai figli, "scusa" quando avevamo torto, o anche quando avevamo ragione. Abbiamo preferito alla verità rancori incancreniti e lunghissimi silenzi.
4) Poi rimpiangeremo di non aver trascorso tempo con chi amavamo. Non abbiamo badato a chi avevamo sempre lì, proprio perché era sempre lì. Eppure il dolore a volte ce lo aveva ricordato che nulla resta per sempre, ma noi lo avevamo sottovalutato come se fossimo immortali, rimandando a oltranza, dando la precedenza a ciò che era urgente anziché a ciò che era importante. E come abbiamo fatto a sopportare quella solitudine in vita? L'abbiamo tollerata perché era centellinata, come un veleno che abitua a sopportare dosi letali. E abbiamo soffocato il dolore con piccolissimi e dolcissimi surrogati, incapaci di fare anche solo una telefonata e chiedere come stai.
5) Per ultimo rimpiangeremo di non essere stati più felici. Eppure sarebbe bastato far fiorire ciò che avevamo dentro e attorno, ma ci siamo lasciati schiacciare dall'abitudine, dall'accidia, dall'egoismo, invece di amare come i poeti, invece di conoscere come gli scienziati. Invece di scoprire nel mondo quello che il bambino vede nelle mappe della sua infanzia: tesori. Quello che l'adolescente scorge nell'addensarsi del suo corpo: promesse. Quello che il giovane spera nell'affermarsi della sua vita: amori.
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iviaggisulcomo · 1 year
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L'ultima volta che siamo stati felici eravamo a colazione in quel piccolo bar all'angolo dal nome lungo e complicato ma che era tanto piccolo quanto accogliente. L'amore giovane passa per le nostre mani attraverso gli occhi e non contempla il cuore che così, sovente, si spezza e restiamo incastrati in una piega maligna del tempo.
"Quanto credi nel destino" mi hai chiesto appena dopo un sorso del tuo caffè, mentre hai alzato lo sguardo alla bella giornata. Aspetti la mia risposta ma non sembri preoccupato, ed io so rispondere in maniera scomposta che non credo nelle coincidenze, un po' sulle mie ma senza mostrarlo troppo.
Cieco verso il presente ma oracolo al passato, sei certo che se avessi saputo che quella non era una delle tante ma proprio l’ultima volta per sempre allora ogni istante sarebbe stato semplicemente migliore.
Forse non ti avrei aspettato annoiata sul letto sfatto, pensi, sarei scesa in strada per venirti incontro, girare l’angolo e vederti arrivare da lontano: riflesso nella mia pupilla, avrei iniziato a contare uno due tre mentre ti avvicini e ti dilati quattro cinque sei nella mia mente disegno la tua bocca da baciare a lungo e il tuo collo da annusare sette otto nove non mi lamenterò più che non parli di prima mattina ti lascio i tuoi silenzi anzi prendi anche i miei senza lesinare dieci undici dodici ti prego indicami dove mi sono persa cosa ho sbagliato quando l’amore è finito tredici quattordici quindici voglio continuare a guardarti mentre continui a camminare, immergere le mani nei tuoi capelli e addentare il tuo sapore sedici diciassette diciotto fare e disfare le incomprensioni, le differenze, le parole cattive diciannove venti ora ti stringo così forte che mi tremano le dita ti sento tremare su di me e tu non ci badare smetto di contare quando finisce di far male.
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schizografia · 1 year
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Elogio di uno scrittore
Il 30 maggio del 1939 fu sepolto nel cimitero di Thiais a Parigi un uomo, il cui funerale era stato benedetto da un prete cattolico, benché egli non fosse mai stato battezzato. Era ebreo, ma i suoi amici ebrei rinunciarono a recitare il kaddish. Era probabilmente morto di delirium tremens, ma i medici diagnosticarono una sincope. Era cittadino della repubblica austriaca, ma si dichiarava suddito degli Asburgo.
Quest’uomo – uno dei massimi scrittori del XX secolo – si chiamava Joseph Roth. Aveva soltanto quarantacinque anni, ma pensava che la morte sarebbe giunta comunque troppo tardi. Non aveva – così diceva – nessuno alle spalle, né un popolo né uno stato. Solo la lingua in cui scriveva – ma nemmeno questo è sicuro, se qualcuno ha potuto sentire nel suo tedesco la voce dello yiddish e il respiro del russo. Eppure forse nessuno come lui aveva visto con tanta lucidità lo sfacelo del mondo che lo circondava né descritto con tanta inaudita vivezza e gioiosa precisione le strade, i caffè, gli alberghi delle città in cui gli era capitato di vivere. Forse nessuno era stato così insolentemente felice in tutto ciò che andava perdendo, che aveva già irrevocabilmente perduto.
Per questo nessuno scrittore del Novecento ci è come lui vicino. Anche noi non possiamo crederci cittadini dello stato in cui ci è toccato di vivere. Siamo stati battezzati, ma non apparteniamo in alcun modo alla chiesa. Come lui, non abbiamo più nulla alle spalle, non un popolo e tanto meno una nazione. Ma questo non ci toglie la capacità di essere felici e di provare a scrivere e a parlare lietamente in una lingua che ci rifiutiamo di identificare con l’insulso sproloquio che i media e le scuole non si stancano di propagare e avvilire. Senza credere in nessuno dei valori e delle leggi che ci sono imposti, abbiamo come lui conservata vergine e intatta la fede nell’erba, nel cielo stellato, nel silenzio e nella bellezza dei volti.
Giorgio Agamben
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ambrenoir · 7 months
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Cinque cose che rimpiangeremo Cinque sono le cose che un uomo rimpiange quando sta per morire. E non sono mai quelle che consideriamo importanti durante la vita. Non saranno i viaggi confinati nelle vetrine delle agenzie che rimpiangeremo, e neanche una macchina nuova, una donna o un uomo da sogno o uno stipendio migliore. No, al momento della morte tutto diventa finalmente reale. E cinque le cose che rimpiangeremo, le uniche reali di una vita. 
La prima sarà non aver vissuto secondo le nostre inclinazioni ma prigionieri delle aspettative degli altri. Cadrà la maschera di pelle con la quale ci siamo resi amabili, o abbiamo creduto di farlo. Ed era la maschera creata dalla moda, dalle false attese nostre, per curare magari il risentimento di ferite mai affrontate. La maschera di chi si accontenta di essere amabile. Non amato.
Il secondo rimpianto sarà aver lavorato troppo duramente, lasciandoci prendere dalla competizione, dai risultati, dalla rincorsa di qualcosa che non è mai arrivato perché non esisteva se non nella nostra testa, trascurando legami e relazioni. Vorremmo chiedere scusa a tutti, ma non c'è più tempo.
Per terzo rimpiangeremo di non aver trovato il coraggio di dire la verità. Rimpiangeremo  di non aver detto abbastanza "ti amo" a chi avevamo accanto, "sono fiero di te" ai figli, "scusa" quando avevamo torto, o anche quando avevamo ragione. Abbiamo preferito alla verità rancori incancreniti e lunghissimi silenzi.
Poi rimpiangeremo di non aver trascorso tempo con chi amavamo. Non abbiamo badato a chi avevamo sempre lì, proprio perché era sempre lì. Eppure il dolore a volte ce lo aveva ricordato che nulla resta per sempre, ma noi lo avevamo sottovalutato come se fossimo immortali, rimandando a oltranza, dando la precedenza a ciò che era urgente anziché a ciò che era importante. E come abbiamo fatto a sopportare quella solitudine in vita? L'abbiamo tollerata perché era centellinata, come un veleno che abitua a sopportare dosi letali. E abbiamo soffocato il dolore con piccolissimi e dolcissimi surrogati, incapaci di fare anche solo una telefonata e chiedere come stai.
Per ultimo rimpiangeremo di non essere stati più felici. Eppure sarebbe bastato far fiorire ciò che avevamo dentro e attorno, ma ci siamo lasciati schiacciare dall'abitudine, dall'accidia, dall'egoismo, invece di amare come i poeti, invece di conoscere come gli scienziati. Invece di scoprire nel mondo quello che il bambino vede nelle mappe della sua infanzia: tesori. Quello che l'adolescente scorge nell'addensarsi del suo corpo: promesse. Quello che il giovane spera nell'affermarsi della sua vita: amori. (Alessandro D'Avenia - Ciò che inferno non è - Mondadori 2014)
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ipotesi-controversa · 11 months
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ciao.
oggi è una giornata di quelle strane.
vorrei proprio averti qui per chiacchierare.
rollarci le sigarette e poi dirti che c'è qualcosa che non va.
guardare la tua faccia che diventa seria, le tue mani che si appoggiano piano alle mie ginocchia e cercare in mezzo al mio caos interiore i tuoi occhi grandi.
te lo ricordi un anno fa?
io sì.
preparavano lo zainetto per andare a Trento ad ascoltare il mio cantante preferito.
al posto delle mimose, il giorno della festa della donna, eri tornato a casa da me con i biglietti.
sei l'unica persona con la quale io abbia condiviso Vasco.
prima di te, solo mio papà.
è passato un anno. un anno esatto.
come stai? dove sei? sei felice? cosa fai nella tua vita ora?
queste sono domande che mi pongo spesso, anche più volte nella stessa giornata.
sei cambiato? o sei lo stesso di sempre?
i primi mesi sono stati una tortura, ora sta diventando una pacifica convivenza con questo stato di tristezza mascherata da buone intenzioni; Mara qualche giorno fa, mi ha scritto "pacifica convivenza è quello che direi anche io".
chissà come saremmo ora se quella sera non avessi esagerato con le parole e se tu non avessi detto che andava bene così.
chissà dove saremmo ora, chissà se saresti ancora qui a tenermi le mani sulle ginocchia quando ti parlo dei problemi, chissà se mi porteresti ancora i girasoli nelle giornate pesanti. chissà se sbufferesti ancora quando ti dico "dai facciamoci una foto"
chissà.
c'è tutta la tua roba sparsa nel mio armadio. e no, non l'ho buttata come mi avevano consigliato di fare, non sono fatta così. ci sono le nostre foto, le nostre miniature Lego, la camicia di papà, le polaroid. ci sono due anni e mezzo li. chiusi in un armadio per non farmi male ancora.
ci sono io, a giornate alterne. quando piove ed è venerdì, mi sento tremendamente malinconica perché ti penso anche se vorrei veramente non farlo. ti penso. forte. e ti sento, addosso. nei pensieri. nelle ossa. dentro. è viscerale e anche se non vorrei, non posso farci nulla. non posso sradicare qualcosa che è ovunque. lo capisci, vero?
e poi ci sei tu. lontano da me. altrove. chissà dove, chissà con chi. tu.
tu ed io lontani, separati.
questo finale non era previsto. o forse si.
non era desiderato da parte mia, lo sai.
te li ricordi i miei occhi mentre cantavamo quella sera? ti ho dedicato con gli occhi tutte le canzoni che sono dentro di me, da molto prima di me. tutte le canzoni che sono dei miei genitori. tutte guardandoti, con gli occhi lucidi, felici.
e oggi invece piove fuori e io sono profondamente triste, è venerdì, tornerò a casa e tu non ci sarai. non sentirò il tuo profumo tra le lenzuola, non ti preparerò il caffè domattina, non ti accarezzerò la guancia per farti addormentare.
ci penso. e vorrei non farlo, credimi, è una tortura.
dover smettere d'amare per forza, è un po' come fare il cambio stagione quando non ne hai voglia, ma fuori fa troppo caldo per girare con il maglione di lana.
no. non ho smesso. non ho smesso mai di cercarti, di aver bisogno, di pensarti, di immaginarti mentre esci dalla doccia la domenica mattina, mentre rolli la sigaretta, mentre scegli le canzoni da farmi sentire anche i nostri musicali sono sempre stati così diversi da non incontrarsi mai, nemmeno per sbaglio.
non ho smesso di salire a Casalnuovo da papà, non te lo posso raccontare, ma non ho smesso.
non ho smesso di andare a Superga come quel giorno di febbraio in cui a metà pomeriggio ero triste e tu mi hai portata li. ci vado da sola, ma non ho smesso.
non ho smesso di sentirmi in colpa per le parole di quella sera, di cercare una soluzione, di volerti bene, di ricordarmi di te e dei posti in cui siamo stati insieme.
una cosa che ho smesso di fare c'è: non riesco proprio più ad ascoltare Vasco. mi viene da piangere e quando parte per caso, in macchina, per radio, per un istante, anche se piccolo, mi sembra proprio che il cuore salti il battito. mi muore in gola il respiro e non riesci a fare nulla.
per tutto il resto, spero che il tempo sistemi tutto quanto.
ti mando un abbraccio.
ciao.
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venus-es · 1 year
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Elogio di uno scrittore
Il 30 maggio del 1939 fu sepolto nel cimitero di Thiais a Parigi un uomo, il cui funerale era stato benedetto da un prete cattolico, benché egli non fosse mai stato battezzato. Era ebreo, ma i suoi amici ebrei rinunciarono a recitare il kaddish. Era probabilmente morto di delirium tremens, ma i medici diagnosticarono una sincope. Era cittadino della repubblica austriaca, ma si dichiarava suddito degli Asburgo.
Quest’uomo – uno dei massimi scrittori del XX secolo – si chiamava Joseph Roth. Aveva soltanto quarantacinque anni, ma pensava che la morte sarebbe giunta comunque troppo tardi. Non aveva – così diceva – nessuno alle spalle, né un popolo né uno stato. Solo la lingua in cui scriveva – ma nemmeno questo è sicuro, se qualcuno ha potuto sentire nel suo tedesco la voce dello yiddish e il respiro del russo. Eppure forse nessuno come lui aveva visto con tanta lucidità lo sfacelo del mondo che lo circondava né descritto con tanta inaudita vivezza e gioiosa precisione le strade, i caffè, gli alberghi delle città in cui gli era capitato di vivere. Forse nessuno era stato così insolentemente felice in tutto ciò che andava perdendo, che aveva già irrevocabilmente perduto.
Per questo nessuno scrittore del Novecento ci è come lui vicino. Anche noi non possiamo crederci cittadini dello stato in cui ci è toccato di vivere. Siamo stati battezzati, ma non apparteniamo in alcun modo alla chiesa. Come lui, non abbiamo più nulla alle spalle, non un popolo e tanto meno una nazione. Ma questo non ci toglie la capacità di essere felici e di provare a scrivere e a parlare lietamente in una lingua che ci rifiutiamo di identificare con l’insulso sproloquio che i media e le scuole non si stancano di propagare e avvilire. Senza credere in nessuno dei valori e delle leggi che ci sono imposti, abbiamo come lui conservata vergine e intatta la fede nell’erba, nel cielo stellato, nel silenzio e nella bellezza dei volti.
20 aprile 2023
-Giorgio Agamben
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nonbiblicnephilim · 2 years
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Se penso mai alla morte? Sento che il conto alla rovescia va avanti, ma bisogna solo accettare quella che è la vita. Abbiamo una possibilità su miliardi di nascere, e dobbiamo essere felici di aver vissuto, siamo stati fortunatissimi. E quindi va anche accettato che, ad un certo punto, il biglietto sia scaduto.
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Carissimi tutti, penso di aver fatto la mia parte. Cercate di fare anche voi la vostra per questo nostro difficile Paese.
Un grande abbraccio
Piero Angela ❤️
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