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#Rosa nera
kaliarda · 2 months
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cecy83 · 7 months
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asterargureo · 2 years
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Se penso che dovremo giocare con Alex Sandro e con Bonucci e Danilo adattato ad mentula canis mi sa che mi dovranno ricoverare per l'ulcera.
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luigiviazzo · 11 months
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Maglia nera del Giro d’Italia, lo strano fascino dell’ultimo posto e un modo di dire divenuto imperituro in ogni campo dallo sport alla cultura financo all'immaginario collettivo.
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s-a-f-e-w-o-r-d--2 · 5 months
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E poi il silenzio... I rumori nella stanza... Li sento dietro di me... Sento i tuoi passi riecheggiare nella mia testa... La paura... La voglia... Il sesso che si bagna... Sentirsi sfiorare... La bocca che si asciuga... Mille emozioni vissute al buio... Quel buio che hai dentro di te e che vuoi farmi assaggiare... Sono in attesa... Fammi sentire chi sei... Fammi capire cosa vuoi... Raccontami le tue paure... I tuoi cancri... Sono la tua spiaggia desolata e arida... Metti il tuo seme del peccato in me e guardalo sbocciare... Fiorirà sotto alle tue fredde mani come una rosa nera che piange di dolore... Quel dolore così intenso che fa tremare... Che fa godere oltre ogni limite... Che fa ansimare... Che ci unisce... Che ci rende un unica stella nella notte dei nostri cuori soli... Che ci fa brillare in questa oscurità che ci avvolge... Emozioni che ci rendono schiavi dei nostri demoni... E che solo assieme sappiamo liberare...
~ Virginia ~
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clo-rofilla · 1 month
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Amo la nostra casa sul lago, che abbiamo ampliato, progettato, ristrutturato come un lungo capolavoro di sudore e sogni, e amo queste montagne che abbracciano il Lario e ci si specchiano dentro, e adesso anche il cane, un altro tassello del puzzle che mi sedimenta qui, ma -
A volte Parigi mi manca come un pugno in pancia che ti mozza il respiro.
E quelle volte lì, quando fa più male, non mi manca affatto per la vita patinata, i ristoranti, il fois gras o le vetrine sugli Champs Élysées. Mi mancano i tetti azzurri, le scale a chiocciola interminabili, i vecchi palazzi dalle corti fatiscenti e gli studió col parquet che scricchiola, tutto storto. Le strade bagnate dallo scolo dell'acqua sporca al mattino presto, il freddo di febbraio che ti sferza il viso. Mi mancano i metró strapieni delll'ora di punta, trasportare la spesa su a casa e girare le chiavi nella toppa, varie rampe di scale dopo, accaldata e col fiatone nella mia pelliccia nera. I bistrò affollati; i camerieri col grembiule che fumano une petite clope fuori da quei bistrò. Il parco di Buttes Chaumont gremito di mamme che chiacchierano e bambini col pallone, di ragazzi e ragazze con baguette e vino, sdraiati come lucertole al sole quando arriva la bella stagione. Le pantegane di notte sul bordo della Senna. Le coppie di notte sui ponti sulla Senna. La canicule insopportabile di agosto. Il profumo della boulangerie all"angolo sotto casa - sotto tutte quelle case che ho chiamato chez moi, e ognuna di esse. I signori col completo e le scarpe stringate a punta che sfrecciano a lavoro in vélo. L'attrazione libertina per le donne di questa città, struccate, spregiudicate, rumorose, autentiche, di loro stesse e di nessun altro. Le scalinate del sacro cuore al tramonto quando il cielo di marzo si tinge di rosa e di azzurro prima dell'imbrunire. Quel senso pulsante di libertà.
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themotherofrevelation · 5 months
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On the wisdom of Mary Magdalene
Saint Mary Magdalene, the Kallah-Masih, is the womb-source of the Lord’s guiding power. She is the Mother Heart and the Minister of Divine Union. She is the vortex of the hurricane. In the Sacred Heart of Jesus, Shakti (nera rosa) and Shiva (santa croce) return to universal oneness (the ultimate reality/the infinite Divine) via ecstatic marriage.
“All natures, all formed things, all creatures exist in and with each other, and they will dissolve into their own root” (Mary 2:2).
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mucillo · 3 months
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Brace - C.S.I.
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Chi è Ginevra di Marco
Ginevra Di Marco: «Abbiamo bisogno di donne guerriere che dicono no al dominio maschile»
Gli esordi con i CSI, la storica band di Giovanni Lindo Ferretti. Le collaborazioni e gli incontri con musicisti, con scienziate come Margherita Hack, scrittori come Luis Sepúlveda e poeti come Franco Arminio. La vocalist porta in tournée tre spettacoli, tra suoni e parole
Ginevra Di Marco, lo spettacolo “Donne guerriere” rende omaggio a due donne del passato, Caterina Bueno e Rosa Balistreri, esponenti fondamentali della cultura popolare italiana. Cosa l’ha colpita della loro storia?
«È uno spettacolo che nasce da un'idea di Francesco Magnelli, che condivido sul palco con lui, con Andrea Salvadori e l’attrice Gaia Nanni. Raccontiamo la storia di Rosa Balistreri e Caterina Bueno, due figure fondamentali della scena folk italiana degli anni Sessanta, che in qualche modo hanno cambiato il loro destino».
Perché erano due donne guerriere?
«Hanno ribaltato un destino prefissato da altri, si sono imposte in una cultura assolutamente dominata dagli uomini, sono un bell’esempio da studiare. Hanno fatto della loro arte un grande atto politico, perché la politica si fa con le scelte più che con le parole. Erano due persone che venivano da due realtà completamente diverse: Caterina altolocata, figlia di artisti stranieri, trapiantata in Toscana, a un certo punto ha sentito stretto quel mondo così ben strutturato e ha voluto mescolarsi con i contadini e gli operai, è andata nelle campagne toscane a conoscere i canti che senza il suo apporto sarebbero stati dimenticati. Invece Rosa veniva dalla Sicilia più nera, più povera, più disastrata. Ha avuto una vita piena di dolori indicibili, di grandissime sofferenze. E invece è riuscita a emergere, a farsi rispettare da tutta l'intellighenzia culturale dell'epoca. Due bellissime figure insomma, che raccontiamo con grande passione».
Oggi c’è ancora bisogno di donne guerriere?
«Le donne guerriere sono tutte coloro che senza distinzione di ceto età cultura si oppongono a un destino prefissato da altri, che credono nel proprio sogno e lottano per realizzarlo. Tutte coloro che riescono a dire no al dominio maschile, nel nostro tempo ancora molto forte».
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ilsalvagocce · 10 months
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fine giugno
quando guardo le foto di mamma, cioè le cerco, scompiglio scartafratto ricerco sbrindello cartelle sotto cartelle di sotto cartelle cartelline nomi nomini ma mamma grazia grace madre mini baby tutto quello che negli ultimi 15 anni di computer posso aver salvato senza ordine, quando sento insomma desiderio di scovar qualcosa, che so già a memoria e magari mi ritrovo dentro una cartella di un compleanno di pranzo di casa di giugno tra noi in pigiama senza alcuna velleità artistica, solo così, tra quei file che ancora si chiamano con AAAA0076 o IMG_vattelappesca tanto non le hai mai nominate 
dico che quando le guardo io non sono triste. la guardo in faccia che mi guarda, nel pieno di sé del suo sé del suo sorriso intatto canaglia presaingiro perenne, provocazione davanti al pollo in potacchio o le patate al forno le forchette le bottiglie la tavolata apparecchiata per noi, fermagli tra i capelli per farseli più gonfi, più alti, poi se li scordava in testa, la matita nera sugli occhi di lago la camicia da casa rosa salmone, le rose di babbo dell'orto le braccia spalancate il sorriso a chi la guarda, io rido ma proprio rido. la guardo e mi viene da ridere — secondo me l'ho sempre fatto, da quando sono a questo mondo. io sono nata, ho visto lei e ho, perennemente, sorriso.
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bicheco · 2 days
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per me a fede e a ivan gli piace tutto il sex anche la rosa lato bbi, rosa rossa blù o sbiancata (nera non credo)sì insomma fai attenzione. te lo dico per amicizzia
un amico sincero 💋
Parole sante. Incomprensibili e sgrammaticate, però sante.
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mccek · 10 months
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Resiste ancora il bisogno di raccontare in un certo modo queste storie, come il caso di Giulia Tramontano, di andare a cercare un particolare, una parola, in un momento inopportuno.
Non condivido un approccio che trasforma la cronaca nera in cronaca rosa.
Ricordo una trasmissione nella quale veniva invitata sempre una signora, che intervistata più volte per la morte della sua vicina di casa, appariva sempre più pettinata, truccata e in tiro.
Così si trasforma tutto in uno spettacolo.
Immaginate se fosse un vostro famigliare, dato in pasto alle reti televisive, dove abbonda lo sciacallaggio continuo.
Il rispetto non è fare una decina di post al giorno su Giulia e suo figlio, quando, con uno, sanno benissimo che si potrebbe riassumere tutto, non è intervistare persone che “potrebbero aver visto/sentito”, andare da due madri senza alcuna colpa a porre loro mille domande, facendole sentire ancora più in colpa.
Voi nei vari social, come i giornalisti, non siete giudici, avete tutti il diritto di esporre il vostro pensiero ma, non di rendere tutto un circo, e all’essere umano piace approfittarsene per buttare tutto in “caciara”, per farsi qualche like o seguace in più.
Questo è l’Italiano medio, quando puoi capita a lui, allora non va più bene, con gli altri tutti criminologi, giudici.
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missfreija · 7 months
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title: /// (mi rifiuto di dare un titolo lol)
fandom: vampire chronicles
pairing: armand/marius
romance, fluff, venice era
Il pennello intinto di nero scorreva veloce nello spazio della tela, stretto tra le dita sottili di Marius che, in piedi tra le pieghe del suo abito ampio, dipingeva la fine dell'umanità per mano del Dio cristiano. Le sue labbra si increspavano in un guizzo di nervosismo, mentre gli occhi, ombreggiati dai capelli biondi, gli conferivano un’ espressione assorta. Tra le mura del palazzo echeggiò un lontano rimbombo di passi. “Maestro, non dovrebbe affaticarsi troppo, è da più di una settimana che non stacca le mani da quel lavoro.” Gli occhi pensosi erano mutati in pozze colme di beatitudine non appena il giovane umano dai capelli ambrati ebbe varcato la soglia. “Dovresti sapere che non ti è permesso entrare in questa stanza senza il mio consenso, Amedeo" mormoró il vampiro, accennando un lieve sorriso indulgente. Amedeo si avvicinò alla composizione con curiosità, mentre Marius si accingeva a riprendere la sua meravigliosa opera, dopo aver ripulito frettolosamente le macchie di pittura disseminate sul pallido braccio. “Che concetto si cela alla base della vostra nuova creazione?” domandò il giovane. “È scaturito da un mio sogno.” Precisò. “Devi sapere, Amedeo, che ciò che per gli umani pare molto tempo, dal calar del sole al sorger della luna, per una qualsiasi divinità equivale a meno di un secondo. Così, il sole si abbassa sulla terra sfumando di rosa aranciato il cielo e le nuvole per poi scomparire, lasciando il palcoscenico alla luna ed accendendo le costellazioni davanti agli occhi di Dio. Rifulgono i bianchi marmi dei templi nella notte, colonne scanalate dai capitelli fioriti d'acanto sostengono fregi rappresentanti imprese eroiche e miti del passato. Bassorilievi muti fissano le tenebre della terra sovrastate dalle splendenti stelle accompagnate dal chiaro volto di Proserpina. E un soffio da oriente, vento ormai debole, adagia una corona intrecciata di fiori, in via di appassire, sulla gradinata di fronte all'alta ed imponente statua del Cristo. Io mi trovavo in questo scenario e piangevo, come morte, persone ancora in vita, guardando l'oro delle nuove città bagnarsi del sangue causato dalle guerre e i cadaveri dei morti venir risucchiati nel regno degli inferi, ove si nasconde il più profondo male dell'uomo, nutrimento demoniaco o forma del demonio stesso. Mi trovavo, in questa illusoria macchinazione febbrile, proprio nel cuore della strage, dove gli arcangeli sterminavano le creazioni dell’umanità. Desideravo scomparire, chiudere gli occhi e tornare a dipingere: illuminare il cielo nella raffigurazione per cancellare la notte che tentava invano di rammentarmi tele e dipinti passati, mai dimenticati nel mio cuore.” Il signore del palazzo veneziano sorrise amaramente, posò il pennello e premette una mano sulla schiena di Amedeo, attonito, in un invito a precederlo. Si avviarono lungo un buio porticato che si affacciava sul cortile. Gocce di pittura nera rigavano i volti di cento angeli nel cielo al tramonto.
Marius entrò nella stanza e i suoi occhi non ebbero bisogno di attendere qualche istante per abituarsi alla nuova atmosfera dalla scarsa luminosità. Il tenue bagliore sprigionato dalle poche candele sul tavolo era più che sufficiente per illuminare il suo mondo circostante. Pian piano andò notando la radiosa ed armoniosa figura che rimaneva semi sdraiata sull'ampio letto dai cuscini di prezioso velluto. Era abbastanza longilinea e sorrideva verso il vampiro, il ritratto della paziente attesa. La pelle chiara rifletteva la luce soffusa delle candele che sprigionavano profumi delicati di spezie e di sandalo, le gambe distese sui soffici cuscini erano leggermente piegate per dare una postura eretta al bacino. Marius mosse un passo verso l'oggetto del suo desiderio. Un sottile velo di seta, che copriva le spalle del giovane ucraino, era scivolato lentamente di lato nascondendo in parte i capezzoli che risaltavano più scuri nella sua trasparenza. Un braccio in tensione, il sinistro, reggeva il busto affondando la mano tra i cuscini mentre l'altro si scaricava rilassato su di un fianco mostrando l'avambraccio. Il giovane portava al dito un onice di piccole dimensioni. Lo sguardo limpido di Amedeo pareva ebbro di gioia, le sue palpebre inondate di una misteriosa polvere dorata che scuriva il contorno dell' occhio dando un' apparenza di intensa profondità. Le mani statuarie sul suo bacino fecero perdere l'equilibrio a quella postura precaria; il suo corpo si distese sui cuscini e la pelle fremette a quel contatto, bramando una connessione più penetrante e appagante. Il capo era reclinato sulla spalla sinistra, gli occhi ora semichiusi e ombreggiati dalle ciglia scure. ''Siete finalmente tornato, Maestro'' mormorò il cherubino. Quell'amore rendeva completa e significativa tutta la sua esistenza di giovane ragazzo umano, e Marius in qualche modo lo sapeva. Posó baci morbidi come petali sulle gote e sui capelli di Amedeo, con immensa gentilezza mentre il giovane si metteva a sedere e reclinava il capo in avanti per accogliere quel gesto, lottando contro le lacrime che minacciavano di rigargli le guance e contro l'emozione che gli serrava la gola. Le sue mani cercarono il petto ricoperto dalla tunica di Marius. Era troppo forte il desiderio di far scorrere le labbra sulla pelle marmorea del suo signore, in una scia di baci adoranti. Le labbra rosee si socchiusero in un respiro più profondo degli altri; il giovane alzò la testa con un movimento quasi felino, trascinante, e incontrò lo sguardo di Marius. Le iridi brune simili a granato parevano celare arcani antichi ed impenetrabili. Il potere insito in quello sguardo lo sopraffece. Armand serrò gli occhi al socchiudersi delle labbra fredde sulle proprie, baciando con trasporto il suo signore. Sotto il peso del corpo del vampiro, l'umano alzò involontariamente una gamba e la seta strusciò contro il suo fianco. La mano destra di Amedeo corse a sistemare una ciocca dei capelli chiari del maestro dietro l'orecchio; erano setosi e parevano vivi, sciogliendosi fino alle spalle in una morbida cascata color miele. Le sue labbra lasciarono intravedere visibili per un attimo i bianchi denti in un sorriso, la lingua rossa per un istante passò ad inumidire il labbro superiore, ma fu fermata, come animale intrappolato, tra canini aguzzi. Marius scoprì le parti nascoste di quel corpo che aveva imparato a conoscere; con adorazione, passò le dita tra i capelli profumati che giacevano sparsi sulla superficie morbida delle lenzuola. ''Esprimi i tuoi desideri, Amedeo''
Marius parlò con inflessione melodiosa, quasi vibrante, e con una punta di decisione nel tono, ma parve infinitamente dolce alle orecchie rapite di Amedeo. Gli attimi di felicità che aveva condiviso con lo scomparso Andrei gli restarono nei ricordi.
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apropositodime · 7 months
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Una gonna nera in tulle ce l'ho.
I capelli castani anche.
Ho una pianta di Peonie rosa.
C'è chi dice che a Milano abbiamo solo la nebbia, quindi ho anche quella e a volte la trovo confortevole.
🌺
C'è tutto insomma.
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schizografia · 3 months
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[…] Sì, come un’intuizione, come una capacità divenuta folle di intuizione del fuori, ma che passa comunque attraverso l’intasamento dell’ombra interna, che annega, che muore di fronte alla memoria luminosa e che poi, un giorno, sorge davanti a noi quasi irriconoscibile e riempie le pagine bianche. Un giorno vediamo un fiore – una rosa – la dimentichiamo, passa attraverso la morte e la rivediamo dopo, la riconosciamo, si chiama Anne–Marie Stretter: il percorso della rosa, dalla sua scoperta fino a quel nome, è il dolore, è la scrittura. Ciò che è doloroso, il dolore – il pericolo – è la creazione dell’opera, la messa sulla pagina di quel dolore, è uccidere quell’ombra nera perché si espanda sul bianco della pagina, perché porti fuori ciò che è natura interiore. I folli, l’ho già detto, scrivono in modo totale, la loro memoria è il fuori: le favolose passeggiate attraverso i venti e le maree, le fortezze, gli oceani di vita e poi la fine della pagina. È forse un’assenza, un’assenza da sé, l’assenza da un dolore elementare con cui si ha confidenza, di questo sono convinta. Noi scrittori abbiamo una vita personale molto povera, parlo ovviamente di chi scrive veramente. Questa dilapidazione di sé è totale. Gli scrittori vivono in un’assenza totale di vita personale, non conosco nessun altro che abbia una vita personale minore della mia. Mi viene detto: ma tu fai tante cose, fai dei film, fai questo, quello. Ma questo non rimpiazza mai la vita personale. Eppure questa assenza, o piuttosto questo relegare la vita personale è a sua volta una passione. Anche quando ero imbarcata nelle storie precedenti, per violente che fossero, raramente hanno rimpiazzato questa passione di non essere altro che una sorta di messa a disposizione totale verso il fuori. È difficile a volte. Ciò che meglio rimpiazza la scrittura è l’occupazione materiale. Quando non scrivo mi precipito nella mia casa di campagna, a Neauphle, e lavoro come una schiava (ride).
Marguerite Duras
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georgeeyre · 2 months
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Data, un giorno lontano.
Volevo regalarti me, non lo hai capito.
Davanti a te nuda insieme a quel gioiello, una rosa nera.
Quella rosa che potevi guardare, toccare, baciare se solo tu mi avessi guardato, dietro.
Hai sorriso poi, ma non hai mai compreso il motivo.
Sei un bel ricordo che non ha mai compreso i doni.
Rammenti il vibratore? Lo portai con me quel giorno, ricordo ancora le tue parole
-E con questo che ci fai?-
Ho sorriso per non rovinare il nostro incontro, ho sorriso perché sapevo sarebbe stato l'ultimo, ho sorriso perché volevo godere attraverso le mani di un uomo prima di piombare nel nulla.
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musicaintesta · 1 year
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Nina Simone: To be young, gifted and black
Corrado Antonini
21 Aprile 2023
Nel 1944 una ragazzina nera di undici anni, Eunice Kathleen Waymon, tiene il suo primo recital di pianoforte nella sala del municipio di Tyron, nella Carolina del Nord, Stati Uniti d’America. In paese è già una celebrità. La sua maestra di pianoforte, la signora Muriel Massinovitch, ha da poco aperto il “Fondo Eunice Waymon” per raccogliere del denaro affinché la ragazzina, cresciuta in una famiglia povera, possa seguire una lezione di pianoforte a settimana. I cittadini bianchi e neri di Tyron danno quel che possono ed Eunice, ogni tanto, offre loro un concerto così che possano verificare i suoi progressi, compiacendosi di avere un simile prodigio in paese. Quella sera, per la prima volta, Eunice si avvede di qualcosa che la turba ma che non riesce a decifrare appieno: quando è già sul palco, seduta al pianoforte, i suoi genitori, vestiti a festa per la serata, vengono invitati a lasciare la prima fila a beneficio di una famiglia di bianchi che Eunice non conosce. Nessuno obietta, men che meno i genitori di Eunice. Lei, undici anni, scosta lo sgabello, si alza dal pianoforte e stiracchiando il vestitino inamidato si rivolge alla platea: se volete sentirmi suonare è necessario che i miei genitori siano seduti in prima fila. Silenzio in sala. I genitori, imbarazzati, riguadagnano i loro posti. Eunice si risiede al pianoforte e, prima di mettersi a suonare il Bach previsto a programma, si accorge che alcuni spettatori bianchi stanno ridendo di lei.
Undici anni d’età, e undici anni prima di Rosa Parks.
Probabilmente nessuno come Nina Simone, fra le interpreti della sua generazione, ha saputo incarnare la concomitante oppressione di razzismo e sessismo nell’America degli anni ’50 e ‘60. Nina aveva conosciuto in prima persona la discriminazione e la violenza, lo sfruttamento e lo stupro.
Web
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