Tumgik
#Matrimoni forzati
crazy-so-na-sega · 8 months
Text
Tumblr media Tumblr media
Senza inoltrarci in quelle che sono le informazioni biografiche del grande e unico Thomas Sankara, partiamo subito a razzo sottolineando che costui, la prima cosa che fece una volta al potere nel 1983 fu disfarsi del nome “Alto Volta”. Prese due parole, una della lingua Moré e una della lingua Dioula, e le mise insieme: Burkina Faso. Tradotto in italiano più o meno è come dire “la terra degli uomini integri”. Questo fu il principio, il seguito è la parte più bella. Cos’è che fece Sankara per il suo popolo?
Avviò una campagna di alfabetizzazione a livello nazionale, aumentando il tasso di alfabetizzazione dal 13% nel 1983 al 73% nel 1987;
Fece piantare oltre dieci milioni di alberi per prevenire la desertificazione;
Diede il via ad una serie di costruzioni di strade e una ferrovia per unire la nazione, senza l’ausilio di aiuti stranieri;
Aprì la strada alle donne all’interno delle sfere governative e rese effettivo il congedo di gravidanza durante l’istruzione;
Bandì le mutilazioni genitali femminili, i matrimoni forzati e la poligamia a sostegno dei diritti delle donne (in maniera sana, niente femminismo e altri derivati della Scuola di Francoforte);
Ridistribuì la terra dai feudatari e la diede direttamente ai contadini, (esattamente come fece Pëtr Arkad’evič Stolypin il più grande uomo politico russo prima di essere assassinato e di cui abbiamo parlato in un articolo a lui dedicato e a cui Putin non è degno di lucidare nemmeno le scarpe). Con Sankara, la produzione di grano del Burkina Faso è passata in tre anni da 1700 kg per ettaro a 3800 kg per ettaro.
Ma questo non è tutto, c’è ancora una questione da affrontare, la più importante: il debito. Quello che Sankara voleva più di ogni altra cosa era eliminare gli aiuti internazionali dal quale il paese (così come tutta l’Africa) dipendeva, fonti di assistenzialismo e impedimento per uno sviluppo interno. Egli gridò al mondo la verità, ossia che i prestiti finanziari servissero solo a produrre il debito tramite il quale gli usurai ai vertici delle banche centrali e private potevano controllare e indirizzare l’azione governativa in tutta l’Africa, esattamente come continuano e continueranno a fare. Egli aveva predetto ciò che sta accadendo proprio in questo momento, ossia una guerra su larga scala ai popoli della terra e non tra i paesi. Egli lo disse a chiare lettere che gli stati operano tutti sotto la stessa unica regia. Proprio ora, come abbiamo sottolineato altre volte, stiamo vivendo questa guerra che è incentrata sulla popolazione europea, in particolare sul piano economico, al fine di farla farla cadere e aderire al grande reset, attraverso il suo inserimento nel blocco euroasiatico, epicentro della Sinarchia Universale, conosciuta più comunemente come Nuovo Ordine Mondiale.
Ciò che decretò la condanna a morte di Sankara fu il discorso sul debito del 29 luglio del 1987 pronunciato ad Addis Abeba in occasione del vertice dell’Organizzazione dell’unità africana dove erano presenti i leader di tutti i paesi del continente. Sankara evidenziò come l’eliminazione del debito fosse di vitale importanza per lo sviluppo dell’Africa e che dovesse essere affrontato con una strategia comune a tutti gli stati africani. Corre voce a tal proposito che il Burkina Faso dipendeva (e tutt’ora dipenda) dalla Francia. Corre voce che Parigi era (ed è) di gran lunga il suo principale donatore di aiuti, fornendo circa 60 milioni di dollari ogni anno, i quali costituivano il 40% del bilancio del Burkina Faso già negli anni ’80. E corre voce che il Paese già a quel tempo dovesse alla Francia circa 155 milioni di dollari e che il debito pubblico consumava un quarto delle entrate statali. Ebbene, l’unica cosa vera di tutte queste voci è l’ultima. I debiti non erano e non sono con la Francia, bensì con la Banca centrale degli Stati dell’Africa Occidentale (BCEAO) di cui abbiamo parlato prima, governata dalla Banca per i Regolamenti Internazionali che abbiamo analizzato prima, il cui governatore, come detto, è membro del WEF. La BCEAO nasce nel 1959 ed è l’unica autorizzata ad emettere moneta (il Franco CFA che nei programmi futuri dovrebbe trasformarsi nella Eco) nei paesi che abbiamo visto prima: Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea – Bissau, Mali, Niger, Senegal e Togo. La banca risponde direttamente alla Lazard Frères e alla famiglia Concordia, rami francesi del gruppo Rothschild, ecco perché erroneamente si attribuisce alla Francia un dominio che in realtà di francese ha poco o nulla. Certo questo lo si comprende solo se si conosce la vera storia dei potentati dietro alle colonie prima e del neocolonialismo tutt’ora in atto poi; quindi, chi è che muove i paesi gli uni contro gli altri? Chi è che finanzia guerre, rivoluzioni,, colpi di stato e tutte quelle altre cose che conosciamo bene? La risposta è davanti ai nostri occhi.
In tutta onestà, credo che la realtà parli da sola, non penso che ci sia bisogno né di un mio personale punto di vista né chissà che altro. Si può scegliere di guardarla in faccia, oppure credere alle peggiori sciocchezze che vengono propagandate da una parte e dall’altra. Una cosa però la posso dire, ossia che sono sicuro che in questo momento, Sankara a vedere quel pagliaccio di Ibrahim Traoré, si stia rivoltando nella tomba. Dal Sud Africa al Burkina Faso, passando per il Niger e via via tutti gli altri, attraverso questo fil rouge, in Africa si sta preparando il territorio adatto per il Grande Reset. Come abbiamo visto l’Africa è stata sfruttata e martoriata, ma ha ancora tantissimo da offrire e lo spostamento dell’ago della bilancia di cui abbiamo parlato in precedenza è la prova che il peggio per questa bellissima e meravigliosa terra deve ancora arrivare. Vi lascio con tre estratti significativi di quel famoso discorso di Thomas Sankara pronunciato ad Addis Abeba poco prima di essere ucciso da Blaise Compaoré, servo dell’usurocrazia che gli succedette al potere per ben ventisei anni. No, non c’entra la CIA, non c’entra la Francia, queste sono mere storielle di facciata per far sì che le persone guardino il dito e non la luna. La morte di Sankara fu opera degli USURAI.
Estratto 1
«Riteniamo che il debito debba essere visto dalla prospettiva delle sue origini. Le origini del debito vengono dalle origini del colonialismo. Quelli che ci prestano denaro sono quelli che ci hanno colonizzato. Sono gli stessi che gestiscono i nostri stati e le nostre economie. Questi sono i colonizzatori che hanno indebitato l’Africa attraverso i loro fratelli e cugini. Noi non avevamo collegamenti con questo debito. Quindi non possiamo pagarlo. Il debito è il neocolonialismo, in cui i colonizzatori si sono trasformati in “assistenti tecnici”. Dovremmo piuttosto dire “assassini tecnici”. Ci presentano denaro, come se il sostegno di qualcuno potesse creare sviluppo. Ci è stato consigliato di rivolgerci a questi istituti di credito. Ci sono stati offerti dei buoni accordi finanziari. Siamo indebitati per 50, 60 anni e anche di più. Ciò significa che siamo stati costretti a compromettere la nostra gente per oltre 50 anni. Nella sua forma attuale il debito è una riconquista dell’Africa abilmente gestita, intesa a soggiogarne la crescita e lo sviluppo attraverso regole straniere. Così, ognuno di noi diventa lo schiavo finanziario, vale a dire un vero schiavo, di coloro che erano stati abbastanza traditori da immettere denaro nei nostri Paesi con l’obbligo di ripagarlo. Ci viene detto di ripagare, ma non è una questione morale. Non si tratta di questo cosiddetto onore di ripagare o meno. Signor Presidente, abbiamo ascoltato e applaudito il primo ministro norvegese quando ha parlato proprio qui. Lei è europea ma ha detto che l’intero debito non può essere ripagato. Il debito non può essere rimborsato, innanzitutto perché se non lo rimborsiamo, i prestatori non moriranno. Questo è certo. Ma se ripaghiamo, saremo noi a morire. Anche questo è certo. Chi ci ha portato all’indebitamento ha giocato d’azzardo come in un casinò. Finché hanno avuto guadagni, non c’è stato dibattito. No, signor presidente, hanno giocato, hanno perso, questa è la regola del gioco e la vita continua. Non possiamo rimborsare il debito perché non abbiamo i mezzi per farlo. Non possiamo pagare perché non siamo responsabili di questo debito. Non possiamo ripagare ma gli altri ci devono quello che la più grande ricchezza non potrebbe mai ripagare, cioè il debito di sangue. Il nostro sangue è stato sparso.»
Estratto 2
«Non possiamo essere complici. No! Non possiamo andare a braccetto con coloro che succhiano il sangue della nostra gente e vivono del sudore della nostra gente. Non possiamo seguirli nei loro modi omicidi. Signor Presidente, abbiamo sentito parlare di club: il Club di Roma, il Club di Parigi, il club la qualunque. Sentiamo parlare del Gruppo dei Cinque, del Gruppo dei Sette, del Gruppo dei Dieci e forse del Gruppo dei Cento. E che altro? È normale che anche noi abbiamo il nostro club e il nostro gruppo. Facciamo in modo che Addis Abeba diventi ora il centro da cui emergerà un nuovo inizio. Un Club di Addis Abeba. È nostro dovere creare un fronte unito di Addis Abeba contro il debito. Questo è l’unico modo per affermare che il rifiuto di rimborsare non è una mossa aggressiva da parte nostra, ma una mossa fraterna per dire la verità. Inoltre, le masse popolari europee non sono nemiche delle masse popolari africane. Ma coloro che vogliono sfruttare l’Africa sono anche quelli che sfruttano l’Europa. Abbiamo un nemico comune! Quindi il nostro Club di Addis Abeba dovrà spiegare a tutti che quel debito non sarà ripagato!”
Estratto 3
«Vorrei che la nostra conferenza si assumesse l’urgente necessità di dire chiaramente che non possiamo ripagare il debito. Non con spirito bellicoso, ma per impedirci di essere assassinati individualmente. Se il Burkina Faso è il solo a rifiutarsi di pagare, io non sarò più qui per la prossima conferenza! Ma con il sostegno di tutti, di cui ho bisogno, con il sostegno di tutti non dovremmo pagare. In tal modo, dedicheremo le nostre risorse al nostro sviluppo. E vorrei concludere dicendo che ogni volta che un paese africano acquista un’arma, è contro un Paese africano. Non è contro un paese europeo, non è contro un paese asiatico, ma è contro un paese africano. Di conseguenza, dovremmo approfittare della questione del debito per risolvere anche il problema delle armi. Sono un soldato e porto una pistola. Ma signor presidente, vorrei che ci disarmassimo. Quindi miei cari fratelli, con il sostegno di tutti, faremo la pace in casa nostra. Utilizzeremo anche le nostre immense potenzialità per sviluppare l’Africa, perché il nostro suolo e il nostro sottosuolo sono ricchi. Abbiamo abbastanza uomini e un vasto mercato – da nord a sud, da est a ovest. Abbiamo capacità intellettuali sufficienti per creare o per lo meno utilizzare la tecnologia e la scienza ovunque le troviamo. Signor Presidente, formiamo questo fronte unito di Addis Abeba contro il debito. Prendiamo l’impegno di limitare gli armamenti tra i Paesi deboli e poveri. Pistole, mazze e coltelli che compriamo sono inutili. Facciamo anche del mercato africano il mercato degli africani: produciamo in Africa, trasformiamo in Africa, consumiamo in Africa. Produciamo ciò di cui abbiamo bisogno e consumiamo ciò che produciamo invece di importare. Il Burkina Faso è venuto qui mostrando il tessuto di cotone prodotto in Burkina Faso, tessuto in Burkina Faso, seminato in Burkina Faso, per vestire i cittadini del Burkina Faso. La nostra delegazione ed io siamo vestiti dai nostri tessitori e mangiamo i prodotti dei nostri contadini. Non c’è un solo filo proveniente dall’Europa o dall’America o altrove. Non farei una sfilata di moda, ma direi semplicemente che dobbiamo accettare di vivere come africani: questo è l’unico modo per vivere liberi e dignitosi. La ringrazio, signor presidente.”
------
7 notes · View notes
luposolitario00 · 1 year
Text
Aveva 22 anni la giovane donna uccisa in Iran per una ciocca di capelli fuori posto. Masha Amini, questo il suo nome, ha avuto la colpa di non aver indossato correttamente il velo. Ciò che è accaduto ha messo in moto ondate umane di donne e uomini che reclamano i propri diritti non soltanto scendendo in piazza in Iran ma anche in Italia e in molti altri Paesi europei. L'obiettivo è essere a fianco della lotta delle donne iraniane e di tutte le donne.
Non si può essere arrestate, per poi morire, a causa di una ciocca di capelli fuori posto sotto il velo.
Non si può essere vittime, ancora oggi, di matrimoni forzati (profondi e sofferenti, da far venire i brividi, sono gli occhi delle spose-bambine), stupri impuniti. È intollerabile essere schiave di lavori disumani, di tratte; non si può essere condannate “all’analfabetismo”. Tante e troppe sono le discriminazioni, gli abusi e le ingiustizie che nell’epoca attuale molte donne in diverse parti della Terra subiscono sulla loro pelle silenziosamente.
Se da un lato nei paesi civili sempre più donne faticosamente e meritatamente conquistano ruoli di prestigio e riescono a occupare spazi che fino a pochi anni fa erano riservati ai soli uomini, dall’altro diversi sono i Paesi in cui anche solo la strada verso la conquista della libertà, del rispetto e della tutela dei diritti del mondo femminile è totalmente al palo. Ci sono luoghi in cui molte sono le donne a cui anche il solo decidere “cosa indossare e come” è vietato.
Tumblr media
5 notes · View notes
Text
>ANSA-INTERVISTA/ 'Tratta di esseri umani, forte impegno Italia'
(di Giuseppe Maria Laudani) Lavoro forzato, sfruttamento sessuale e minorile, matrimoni forzati. Sono i variegati aspetti della tratta degli esseri umani, un reato a cui l’Unione europea intende mettere la parola fine, coinvolgendo tutti e 27 i Paesi, con un approccio multidimensionale.     “Nella mia missione a Roma ho avuto modo di incontrare i rappresentanti delle organizzazioni della società…
View On WordPress
0 notes
carmenvicinanza · 4 months
Text
Samira Sabzian
Tumblr media
Samira Sabzian era una donna di trent’anni che quando ne aveva solo 15 anni era stata costretta a sposare un uomo più grande di lei che la picchiava, molestava e che le ha imposto due figli.
Accusata di aver avvelenato il suo carnefice, nel 2013 era stata denunciata dai genitori di lui, i suoi suoceri.
Secondo il codice penale islamico, le persone accusate di omicidio sono tutte condannate a morte, indipendentemente dai motivi e dalle circostanze del crimine. La famiglia della vittima può scegliere se accettare la pena di morte o optare per un risarcimento finanziario e nel suo caso, era stata chiesta l’esecuzione capitale.
Incarcerata per dieci anni senza poter vedere i suoi figli, affidati ai nonni paterni, i suoi accusatori, li ha visti soltanto un’ultima volta, quando la sentenza di morte era stata decretata. È stata impiccata all’alba del 20 dicembre 2023, nel carcere di Qeezel Hesar a Karaj, come riferito da Iran Human Rights. L’esecuzione era prevista per una settimana prima, ma era stata ritardata a causa delle proteste della società civile che aveva tentato in ogni modo a salvarla, ma che non hanno fermato la decisione delle autorità.
Nel solo 2023 in Iran sono state impiccate diciotto donne. Nessuna delle esecuzioni registrate da Iran Human Rights è stata riportata da fonti ufficiali, perché le donne sono disuguali davanti alla legge del paese.
Samira Sabzian è stata vittima della pratica dei matrimoni precoci e forzati, di violenza sessuale e di violenza istituzionale.
È stata uccisa da un regime che si è sostenuto esclusivamente uccidendo e instillando paura, quello di Ali Khamenei. Come Mahsa Amini, uccisa di botte dalla polizia per aver indossato male lo hijab, morta il 16 settembre 2022 e diventata il simbolo della condizione femminile e della violenza esercitata contro le donne sotto l’attuale Repubblica islamica e di tutte le altre donne che stanno perdendo la vita solo per essersi ribellate alla repressione agita sui loro corpi e diritti fondamentali.
“Le leggi iraniane consentono i matrimoni forzati e precoci, dall’età di 13 anni per le bambine. Ma non proteggono le donne dalla violenza domestica e poi le ammazzano quando si ribellano”, ha denunciato Amnesty International Italia.
1 note · View note
lamilanomagazine · 5 months
Text
Sabato 25 novembre, il Ministro Antonio Tajani alla Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le donne
Tumblr media
Sabato 25 novembre, il Ministro Antonio Tajani alla Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le donne La Farnesina ha aderito alla campagna di sensibilizzazione per l’eliminazione della violenza contro le donne. Anche la Farnesina aderisce alla campagna di sensibilizzazione delle Nazioni Unite per la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Domani sabato 25 novembre alle ore 18.15, il Vicepresidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri, On. Antonio Tajani, parteciperà a una cerimonia di illuminazione del Palazzo della Farnesina, che avrà luogo nel piazzale antistante l’edificio. “La Farnesina si colorerà di arancione per dare un forte segnale di attenzione e ribadire la ferma condanna di ogni tipo di violenza contro le donne, un crimine odioso che costituisce una forma di violazione dei diritti della persona tra le più gravi e le più diffuse al mondo ogni ora vengono uccise 5 donne in ambito domestico, mentre una donna su tre è vittima di violenza fisica o psicologica o di abusi e sfruttamento” ha dichiarato Tajani. “La violenza contro le donne è una piaga che purtroppo colpisce anche il nostro Paese. Come Vice Premier e Ministro degli Affari Esteri, ho deciso di dedicare alla memoria di Giulia Cecchettin, la cui uccisione ha sconvolto il Paese, il principale programma di eccellenza di borse di studio promosso dalla Farnesina, ‘Invest Your Talent in Italy’, rivolto ai migliori talenti stranieri provenienti da 17 Paesi focus e interessati ad approfondire in Italia le discipline ingegneristiche, economiche o architetturali.” ha indicato Tajani. Su indicazione del Vicepremier, la Farnesina e la sua rete estera aderiscono alla campagna “Orange the World”, che dà il via a 16 giorni di iniziative a fianco della società civile. La campagna, dal titolo “UNITE! Invest to prevent violence against women and girls”, si focalizza sulla promozione degli investimenti e risorse finanziarie dedicati al contrasto alla violenza di genere, ponendo un obiettivo ancora più ambizioso: proclamare il 25 di ogni mese un “Orange Day”, quale strumento per rafforzare e rendere continuativa l’attenzione dell’opinione pubblica sul tema. La condizione di vulnerabilità delle donne e delle ragazze risulta aggravata nei conflitti armati, così come in ogni situazione di emergenza, in cui risultano essere le più esposte. Dinanzi a questi dati allarmanti, l’Italia torna a esprimere la più ferma condanna contro ogni forma di discriminazione e di violenza sulle donne. L’eliminazione della violenza sulle donne e il sostegno all’emancipazione femminile sono tra i pilastri dell’azione di politica estera e di cooperazione allo sviluppo italiane. Ne sono testimonianza le numerose campagne internazionali, come quelle per l’eradicazione delle mutilazioni genitali femminili e dei matrimoni precoci e forzati, che da sempre vedono l’Italia in prima linea, e il nostro impegno nell’ambito della Commissione ONU sulla Condizione Femminile. Anche nell’ambito dell’Agenda ONU “Donne, Pace e Sicurezza”, l’Italia si pone all’avanguardia in seno alla comunità internazionale sia nella promozione di iniziative volte a valorizzare il ruolo delle donne nella prevenzione e nella soluzione dei conflitti e nella ricostruzione post-conflitto, sia attraverso il Quarto Piano d’Azione Nazionale 2020-2024. L’Italia partecipa ai programmi di UNIDO volti a sostenere le opportunità di imprenditorialità femminile nella regione MENA e siamo orgogliosi sostenitori della Rete delle Donne Mediatrici del Mediterraneo, nonché del "Gender Equality Trust Fund - Affirmative Finance Action for Women in Africa" della Banca Africana di Sviluppo. Le recenti Linee guida della Cooperazione italiana sull’uguaglianza di genere e il rafforzamento di donne, ragazze e bambine mirano a intensificare ulteriormente il nostro impegno attraverso specifiche iniziative che vanno dalla salute femminile, materno-infantile, sessuale e riproduttiva, al sostegno a programmi in favore dell’educazione delle bambine e delle donne e a progetti di sviluppo dell’imprenditoria femminile. La pianificazione e l’attuazione di politiche efficaci a livello internazionale sono di fondamentale importanza anche per la piena realizzazione del 5° obiettivo di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030, del Piano d’Azione dell’UE sui Diritti Umani e la Democrazia 2020-2024 e della Strategia UE sulla parità di genere 2020-2025.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
rosaleona · 1 year
Text
“Libere. Il nostro No ai matrimoni forzati”: parlano Fatima, Yasmine, Zoya, Khadija e X che si sono ribellate. Il racconto delle protagoniste e di chi si batte per cambiare le cose – Leggi l’estratto
“Libere. Il nostro No ai matrimoni forzati”: parlano Fatima, Yasmine, Zoya, Khadija e X che si sono ribellate. Il racconto delle protagoniste e di chi si batte per cambiare le cose – Leggi l’estratto https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/11/04/libere-il-nostro-no-ai-matrimoni-forzati-il-racconto-delle-protagoniste-e-di-chi-si-batte-per-cambiare-le-cose-leggi-lestratto/6860553/
1 note · View note
mezzopieno-news · 3 years
Text
MAI PIÙ SPOSE BAMBINE: NELLE FILIPPINE ARRIVA LA LEGGE
Tumblr media
Le Filippine hanno reso il matrimonio tra minori una pratica illegale.
Il Parlamento ha approvato una legge che impedisce alle bambine di essere date in spose prima della maggiore età, fenomeno che nel Paese coinvolge oltre 800 mila minori ogni anno. La vicepresidente Bernadette Herrera, tra gli autori della legge, ha affermato che il matrimonio precoce nega alle bambine la loro infanzia, interrompe la loro istruzione e limita le loro opportunità. Herrera ha citato i dati del Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA) affermando che nei paesi in via di sviluppo nove gravidanze su dieci di ragazze adolescenti avvengono all'interno di un matrimonio o di un'unione combinata in minore età e che queste ragazze spesso vanno incontro a complicazioni legate alla gestazione e al parto, tra le principali cause di mortalità tra le adolescenti.
Secondo un rapporto dell’Unicef, negli ultimi 10 anni oltre 1,2 milioni di ragazze tra i 10 e i 18 anni hanno dato alla luce almeno un figlio. Grazie a questa legge, qualsiasi tipo di violenza o molestia sessuale verrà punita con una pena dai 16 ai 30 anni di reclusione.
"Lo sviluppo delle ragazze è ostacolato dai matrimoni infantili e precoci forzati poiché spesso abbandonano la scuola e perdono la possibilità di ricevere un'istruzione che le permetterà di ottenere un buon lavoro", ha detto Herrera. Secondo la Philippine Statistics Authority, il 20% delle donne sposate ha subito violenze sessuali domestiche dal partner dall'età di 15 anni.
__________________
Fonte: Philippine News Agency - 31 agosto 2021
Tumblr media
✔ VERIFICATO ALLA FONTE | Guarda il protocollo di Fact cheching delle notizie di Mezzopieno
✖  BUONE NOTIZIE CAMBIANO IL MONDO | Firma la petizione per avere più informazione positiva in giornali e telegiornali
Tumblr media
Se apprezzi il nostro lavoro e credi nel giornalismo costruttivo non-profit ✛ sostieni Mezzopieno
1 note · View note
Text
i charleston e le bacchette;
«Però devi ricambiare il favore» le dice, intanto che le porge ufficialmente il maglione con tanto di spilla «Nel senso, mi devi parlare un po` dei Charleston» la guarda un istante, come in attesa, per poi voltarle le spalle e distanziarsi di qualche passo. Offrendole la privacy necessaria per cambiarsi, se lo volesse.
« I Charleston, eh? » domanda, mentre si infila il maglione altrui dalla testa: sostanzialmente è come se fosse un altro vestito per lei, solo che questo arriva a metà coscia o poco sopra. « I Charleston possono essere privati di tutto, persino di un braccio o di una gamba, ma prova a togliere loro la bacchetta e sei un mago morto! » afferma con solennità, ed il nasino all’insù. Gli picchietta sulla spalla per invitarlo a voltarsi, se non l’avesse già fatto da solo, e si mette seduta di nuovo sul letto molto più comoda di prima. « A casa mia c’è tipo un arazzo dove c’è uno dei miei vecchi parenti, ormai morto da tipo un sacco di tempo, che rovescia un calderone pieno di veleno addosso ad un altro mago che gli aveva preso la bacchetta. » facendo spallucce con il naso che si arriccia. « Dice che fossero amichetti e che il mago che gli aveva preso la bacchetta voleva fare pace, fargli capire che non voleva duellare con lui ma.. » ai Charleston non si tolgono le bacchette. « Ah, lo sai? Noi c’abbiamo pure un albero da bacchetta, nel giardino di casa. » roba seria.
«Ma che razza di modo èèè per fare pace? Che parac*lo, quel tizio» scoppia di nuovo a ridere, incredulo «E come mai avevano litigato?» le domanda, puntellandosi sino a poggiare la schiena contro il cuscino «... `spe» ma è l`albero di bacchette a catturare principalmente il suo interesse «Nel senso che c`avete un albero che al posto dei rami ha delle bacchette? E c`hanno già dentro il nucleo e tutte le robe?» spalanca gli occhi, veleggiando un po` troppo con la fantasia.
« Boh, la storia dice che si erano litigati a causa di robe tra purosangue e non purosangue. » facendo spallucce, e lasciando uscire dell’aria dalla bocca in un sospiro. « È solo un albero adatto. Nel senso: che fa tipo dei rami e da quei rami ci si possono creare delle bacchette che vanno create però con tanto di anima e tutto un po’. C’è tutto un luuuungo processo, credo. » facendo un cenno con la mano per dirgli che la storia è lunga, ma non che la sappia proprio tutta. « La tua che legno c’ha? » domanda, incuriosita, e finisce di sistemarsi i capelli che poi si lascia scendere giù occupando quella parte di cuscino che Tris non occupa con la schiena.
Tumblr media
«Maddai, serio? Mica lo sapevo che ci stava una differenza... pensavo che andassero bene tutti gli alberi» scuote la testa, almeno finché non lo coglie un`illuminazione improvvisa «Ah! Ma ora ho capito! Ecco a cosa fanno la guardia gli Asticelli! Ce li hai presente, no?» domanda, rivolgendosi alla Serpeverde anche con il volto. «Mh. Sicomoro» mugugna tra un morso e l`altro «E con la piuma di Jobberknoll. E te?» non gli passa neppure per la testa che possa trattarsi di una domanda inopportuna, per una Charleston, rivolgendole un`occhiata con una punta di curiosità.
« Uhm. » dando qualche morso alla torta, per altro buona « .. lo sai che, ecco, che dichiarare la propria bacchetta è un po’ come dire chi sei apertamente? » fa un sorrisetto, strigendosi nelle spalle. Dato che lui ha condiviso, seppur non con la stessa sua linea di pensiero « La mia è di sequoia, comunque. » un altro pezzettino di torta per aggiungere, piano « Con polvere di fata. » non lo dice con vergogna e nemmeno con imbarazzo, glielo dice come se stesse dicendogli un segreto-segretissimo.
«... ah seh?» sbatte un po` le palpebre ma non è che si scomponga poi tanto, essendo noncurante di natura «Vabè, tanto tu mi conosci già bene» le fa notare con un sorriso, cercando di pinzarle di nuovo la vita tra pollice e indice. Dopo una premessa del genere, è con un sorriso tutto nuovo, intimamente grato, che ascolta la confessione di Charlotte «Vedi? Sei proprio `na fatina!» la indica, sbuffando una risatina «Strano, però. Un nucleo così... boh, minuscolo, per un albero tanto grande. Questa cosa vuole dire che, pure se sei piccina, c`hai carattere e ti fai rispettare?»
« Uhm sì, hai ragione. » prendendosi quella punzecchiata alla vita, ridcchiandoci sopra. « Però se non ti conoscessi direi che ti piace fare l’avventuriero, senza annoiarti mai. » dicendogli cosa, eventualmente, si può capire da una bacchetta. Per quel poco che ne sa. « Sì, immagino proprio sia anche questo. » anche. « Sai, le fatine hanno tutto il loro potere magico nella polvere quindi.. c’ho carattere e mi faccio sempre rispettare! » facendosi un po’ più impettita e l’occhio cade sulla spilla. « Infatti vedi, sono pure un prefetto. Sono troppo favolosa. »
« La bacchetta dice tutto, sulle persone. Il modo in cui la impugni, il colore del legno, il tipo, l’anima.. » facendo tutto l’elenco e manco tutto. Deve ringraziare la sua famiglia per questo e Myron che ogni tanto la pungola con queste faccende che di certo non tutte ricorda o sa. « Ahn, ma lo sai che, a proposito dei Charleston » tornando un attimo al discorso « prima-prima, tipo cioè una cifra di anni fa, alcuni della mia famiglia prima frequentare un mago o una strega chiedevano il legno della bacchetta e l’anima. Sennò tipo non si permettevano mai di fidanzarsi con uno che c’ha la bacchetta che non va bene per la sua. » i Charleston e le bacchette.
«`sta cosa sarebbe da spiegare a quelli che pensano che tutti i matrimoni tra Purosangue sono forzati, oppure boh, che vengono fatti solo tra sconosciuti totali» è ciò che dice nel riprendere la parola, lasciandosi dietro un sospiro dal retrogusto un po` stanco «E le nostre bacchette se la intendono?» che forse è ciò che al momento gli preme capire di più, anche se di fatto non attende risposta, limitandosi a incurvare un sorriso colmo di insinuazioni «Secondo me, sì. Come noi» ammette senza problemi, con una solida sicurezza che cerca di ritrovare anche nello sguardo di lei.
« Sì, non si è mai davvero sconosciuti se, prima di conoscerti, ti chiedo solo il legno della tua bacchetta. » fa notare lei con un annuire convinto del capo. Fa un sorrisetto furbo, che le fa arricciare il naso e mordere poco poco il labbro inferiore. Socchiude poco gli occhi e riaprendoli, conferma al Grifondoro: « Sì, che se la intendono. Come noi. »
9 notes · View notes
corallorosso · 3 years
Photo
Tumblr media
La sovrappopolazione incide sull’ambiente. Ma non è questo che fa andare il mondo a rotoli Ogni volta che provo a parlare di stili di vita, che testimonio come si possono ridurre i consumi, che parlo di giustizia ecologica e globale, immancabilmente qualcuno mi attacca dicendomi: “Ipocrita, taci, tu vegana e senz’auto, inquini più di me che mangio tutti i giorni la bistecca e che vado sempre col Suv, perché hai fatto 4 figli”. Considerare i figli come un grave errore di cui vergognarsi, o un motivo per accusare e zittire una donna impegnata nell’ambiente, è piuttosto desolante, sintomo di una società vecchia e reazionaria. Non ho mai “sbandierato” questa scelta (la pianificazione familiare è un fatto privato). Mi accorgo però che sul concetto della sovrappopolazione tanti si aggrappano, forse per mettersi a posto la coscienza. Pochi figli (o zero figli) legittimano stili di vita inquinanti? Al contrario è colpa di chi fa più figli se il mondo va a rotoli? Una settimana fa i Fridays for Future Italia hanno sollevato questo tema, scatenando un vespaio. Hanno citato un articolo di Monbiot, giornalista del Guardian, che affermava (2020): “Non c’è dubbio che la crescita demografica sottoponga l’ambiente a uno stress. Ma l’impatto globale è molto più esiguo di quanto molti possano immaginare. La crescita demografica globale (annua) è oggi dell’1,05% e costituisce la metà del tasso di crescita massima, raggiunto nel 1963 (2,2%). In altre parole, la crescita demografica non è, come molti sostengono, esponenziale. Anzi, il tasso è in rapido calo. Di contro, fino alla pandemia, la crescita economica globale si era aggirata per diversi anni intorno al 3% e ci si aspettava che restasse stabile. In altre parole, la crescita era esponenziale. Poiché la crescita demografica riguarda soprattutto i più poveri del mondo, questi hanno un impatto sul pianeta molto più lieve rispetto ai ricchi e quindi la crescita demografica è molto inferiore a un terzo dell’aumento complessivo dei consumi”. George Monbiot sottolineava una vena più o meno consapevolmente razzista e colonialista nell’accusa che le nazioni ricche fanno alle nazioni povere. Sono infatti le società ricche, quelle con crescita demografica zero, ad essere più inquinanti, consumiste e ad avere impronte carboniche maggiori. Prendiamo l’Italia, dove ci sono più morti che nati, dove il cemento avanza imperturbabile la sua corsa e le auto aumentano di anno in anno. Sempre meno persone, sempre più oggetti. Una società vecchia, sempre meno attenta ai bisogni delle nuove generazioni, e piuttosto cinica rispetto al futuro. In Italia i bambini sono 5 volte in meno delle auto (8 milioni contro 39 milioni), i diritti e lo spazio destinato ai bambini in città è sempre più esiguo. Nel Sud del mondo la sovrappopolazione è davvero un problema, ma è un problema soprattutto di diritti. Le donne dei paesi poveri hanno tanti figli non sempre per libera scelta, ma perché non hanno diritti, sono costrette in matrimoni forzati e precoci, hanno scarso accesso ai metodi contraccettivi, alle cure sanitarie, all’istruzione, i bambini sono braccia da lavoro, sfruttati nel lavoro minorile. Con programmi di emancipazione, salute e istruzione per donne e bambini, mettendo al bando lo sfruttamento del lavoro, la crescita demografica naturalmente rallenta. Ma perché i bambini lavorano? Perché gli adulti non hanno salari adeguati, perché le multinazionali subappaltano chiudendo gli occhi sui diritti, perché noi occidentali abbiamo fame di continui vestiti, giocattoli, oggetti a prezzi stracciati. Solo dando maggiori diritti a donne e bambini si riuscirà a rallentare la crescita demografica nei paesi poveri. Al contempo il modello occidentale, consumista ed energivoro non può essere un modello da seguire per chi esce dalla povertà. E siamo noi i primi a dover dare il buon esempio, consumando meno. Il punto è tutto qua. Nel mondo ci sono quasi 2 miliardi di auto (concentrate soprattutto nel nord del mondo), qualcosa come 210 miliardi di animali allevati, (carne destinata per lo più a occidentali ipernutriti – e malati) e una marea di cibo sprecato. Il 5% dei 7 miliardi di attuali esseri umani usa il 25% delle risorse disponibili e il 20% della popolazione mondiale usa l’80% dell’energia. Le Nazioni Unite stimano che la popolazione mondiale toccherà i 9,8 miliardi nel 2050 per poi diminuire. Se tutti vorranno mangiare così tanta carne come mangiamo noi, se vorranno avere un’auto a testa come noi, cementificare, produrre rifiuti, sprecare cibo e comprare vestiti come facciamo noi, cosa diremo loro? “Noi sì, voi no, stateci a guardare e fate meno figli”? Oltre a garantire diritti, istruzione e salute nei paesi del Sud del mondo, dobbiamo ridurre la nostra impronta ecologica, per permettere a tutti gli abitanti del pianeta di raggiungere la stessa dignità e sobrietà. Non c’è pace senza giustizia ecologica. Linda Maggiori
6 notes · View notes
pensierispettinati · 5 years
Photo
Tumblr media
Le donne del giorno sono tutte le combattenti curde, che hanno scelto di schierarsi e lottare contro il terrorismo fondamentalista islamico. L’Unità di Difesa delle Donne (YPJ) è nata in aprile 2013, per garantire l’autonomia del Kurdistan siriano. La loro battaglia è iniziata nel settembre del 2014, quando l’Isis lanciò un’offensiva contro la città di Kobane: da allora decisero di schierarsi contro l’avanzata degli estremisti islamici. Le donne sono un terzo dei militanti che mettendo da parte le diversità politiche, si sono unite/i contro il nemico comune: l’Isis. In 10mila che hanno abbandonato la loro vita per sostenere la causa del popolo curdo. Non ricevono alcun sostegno dalla comunità internazionale e si appoggiano sulle comunità locali per rifornimenti e cibo. Si tratta di un raro esempio di forti successi portati a termine da delle donne in un luogo nel quale sono pesantemente discriminate. Sono contro i regimi del mondo islamico, non contro l’Islam inteso come religione. Lottano contro l’oppressione dei regimi e dei vecchi modelli feudali e patriarcali. Combattono per difendere un territorio, la libertà del loro popolo e, soprattutto, per i diritti che hanno conquistato in quanto donne. Non sono eroine in cerca di attenzioni, ma donne che tentano di cambiare la mentalità della società, sfidando una realtà dove le donne sono vittime di stupri e violenze, sono costrette a matrimoni forzati e, generalmente, sono vittime di una della società patriarcale.
(Grazie a Carmen Vicinanza)
28 notes · View notes
thegirlofmilkshake · 5 years
Text
Essere donna è bellissimo
Mi hanno sempre detto che essere donna è bellissimo. E ho finito per pensarlo anche io.
Dovrebbero saperlo,che essere donna è bellissimo, anche in Afghanistan dove l’ 85% delle donne è senza istruzione, l’80% è costretto a sposarsi in maniera forzata e il 50% di queste non ha ancora compiuto i sedici anni. Sono, infatti, le più giovani (di solito ragazze tra i 10 e i 14 anni) ad aver maggiore possibilità di subire violenza sessuale e fisica. Le statistiche continuano registrando che il 95% dei suicidi in Afghanistan riguarda proprio le donne, 120 di queste si sono date fuoco successivamente a matrimoni forzati e/o a ripetute violenze. Sempre in Afghanistan, ogni donna ha in media sei figli, e ogni due ore una donna muore dando alla luce un bambino. Nell’ultimo anno i casi di violenza sono cresciuti del 25% e l’Afghanistan è stato definito il posto peggiore al mondo in cui nascere donna.
Eppure essere donna è bellissimo.
Dovrebbero saperlo anche in Congo che essere donna è bellissimo.
Sì, in Congo, dove 44 bambine, tra i 2 e gli 11 anni, sono state prelevate di notte, condotte nella foresta e poi ripetutamente violentate da uomini armati per una credenza magica che avrebbe dovuto dare loro più armi.
Nel 2015 sono stati registrati 15 mila casi accertati di violenze sessuali.
Sì, in Congo, dove contrarre l’HIV è all’ordine del giorno, terra dove ogni fonte di ricchezza è profanata come il sottosuolo di diamanti, come le donne che la abitano, dove il corpo della donna è il campo di battaglia, dove lo stupro è un’arma.
Il Congo, dove ogni donna che rimane incinta spera con tutto il suo cuore che sia un figlio maschio, perché non potrebbe sopportare di vivere con la paura che la propria figlia sia sfruttata, degradata, abusata, violata.
Il Congo che non è terra per gli uomini, ma ancor meno per le donne.
Eppure essere donna è bellissimo
Dovremmo ricordarlo anche in Nepal che essere donna è bellissimo.
Le donne, in Nepal, non subiscono solo violenze fisiche nell’ambiente domestico, ma anche in quello pubblico, con stupri, abusi sessuali sul lavoro e a casa, fino alla tratta di essere umani.
Persistono, inoltre, delle pratiche tradizionali, legate spesso alla religione, che consistono in atti come quello d'offrire bambine e ragazze, che in alternativa avrebbero solo la possibilità di vivere senza la minima cura o istruzione, ad alcuni templi, in cambio di meriti religiosi per le famiglie (è come una forma di prostituzione mascherata dal rituale religioso); oppure atti come la segregazione in capannoni lontani dalle proprie abitazioni di ragazze nel loro periodo mestruale, considerate impure e indegne di partecipare alle normali attività familiari.
Più del 20% degli uomini e delle donne nepalesi ormai interpretano la violenza di tipo domestico come fatto perfettamente accettabile.
Eppure essere donna è bellissimo.
Ditelo alle donne pakistane che essere donna è bellissimo. Ditelo alla società del Pakistan, in cui lo stupro non è un crimine, ma una giusta punizione. Le donne possono essere condannate allo stupro, da tribunali tribali e religiosi non ufficiali, se solo una voce riguardante la loro impudicizia rechi imbarazzo ai maschi della famiglia. Qui l’"onore", sempre più spesso associato alla parola "uccisione", giustifica e dà la disponibilità ad atti come il massacro delle donne della propria famiglia.
Essere donna non è bellissimo se nasci in Paesi come Costa D’Avorio, Kenya, Niger, Haiti, Nuova Guinea, India, o ancora come a Mali dove ci sono bambine che vengono fatte sposare a 10 anni e che, dopo la prima notte di nozze con il marito trentenne, muoiono dissanguate. Altre subiscono stupri di gruppo perché si oppongono ad esercitare il loro “dovere di mogli”. Ce ne sono alcune a cui vengono tagliate 6 dita in omaggio ai morti della comunità: gliene restano 4, per entrambe le mani, non abbastanza per imparare a scrivere ma sufficienti per i lavori domestici. Altre ancora, considerate “ribelli”, vengono ricondotte alla disciplina con un tizzone ardente infilato tra le gambe, botte continue e privazione di acqua e cibo.
Si parla di una realtà di cui non si parla mai se non per un giorno, si parla di donne che non hanno i diritti per sentirsi tali, si parla di posti che sembrano dall’altra parte del mondo, ma che in realtà poi è il vicino di casa.
Anche in Italia si parla di femminicidio, spesso è fonte di speculazione, ma se non esistesse non potrebbero specularci su, e invece in Italia muore una donna ogni 72 ore a causa di violenze fisiche o sessuali.
Essere donna è bellissimo, ma sono sicura che chiunque l’abbia detto fosse un uomo.
- TheGirlOfMilkshake
( @thegirlofmilkshake )
1K notes · View notes
luposolitario00 · 2 years
Note
Questa cosa non è così tanto grave. È molto più grave la violenza fisica, mettere le mani addosso o violentare.
Non bisogna però sottovalutare la molestia che è pur sempre una violazione dei diritti umani.
Tutti dovrebbero vivere la propria sessualità perché è diritto fondamentale e non va danneggiato.
Si tratta di violenza sessuale quando si obbliga una persona a subire o compiere. È violenza quando non si chiede il consenso e si agisce per soddisfare i propri bisogni.
Ci sono diverse forme di violenza sessuale:
- Violenze sessuali con penetrazione o tentativo di penetrazione vaginale, anale, orale con il pene, le dita o un oggetto. Per esempio: violenza carnale, sodomia, fellatio, coazione sessuale.
- Violenze sessuali con contatto fisico. Per esempio: toccamenti, carezze e baci imposti, masturbazione forzata, obbligo ad assumere posture degradanti.
- Violenze sessuali senza contatto fisico. Per esempio: esibizionismo, costrizione a guardare materiale pornografico, molestie a connotazione sessuale per telefono, e‑mail o tramite i social media, gesti, parole o commenti osceni, insulti sessisti, proposte sessuali indesiderate, ripresa e diffusione di immagini a vostra insaputa.
- Le violenze sessuali includono anche: i matrimoni forzati, le mutilazioni genitali, lo sfruttamento sessuale, il mantenimento o l’interruzione forzata della gravidanza e, a livello strutturale, le discriminazioni basate sul sesso, l’identità di genere o l’orientamento sessuale.
Tumblr media
LupoSolitario00 🐺
6 notes · View notes
Text
Marocco: ong, sale rischio violenze sessuali e matrimoni forzati
Attivista Beslimane: ‘gli uomini dicono salveremo le ragazzine’source
View On WordPress
0 notes
carmenvicinanza · 2 years
Text
Gita Sahgal
https://www.unadonnalgiorno.it/gita-sahgal/
Tumblr media
Dissentire è umano.
Gita Sahgal è una scrittrice, giornalista, regista e attivista per i diritti umani indiana. Tutto il suo lavoro si basa su temi come femminismo, lotta al fondamentalismo e al razzismo.
Nata a Mumbai, nel 1957, è figlia della celebre romanziera Nayantara Sahgal e pronipote dell’ex primo ministro Jawaharlal Nehru.
Laureata alla School of Oriental and African Studies di Londra, ha vissuto tra Inghilterra e India.
Nel 1979 ha co-fondato la Southall Black Sisters e dieci anni dopo contribuito a creare l’organizzazione Donne contro il fondamentalismo.
È direttrice esecutiva del Center for Secular Space e socia onoraria della National Secular Society.
Intellettuale libera e integra, non ha mai temuto di sfidare i poteri forti, ha criticato apertamente la Gran Bretagna per le leggi sulla blasfemia e per aver protetto soltanto il cristianesimo a discapito delle religioni delle persone immigrate, contribuendo alla ghettizzazione e alla conseguente svolta verso il fondamentalismo religioso.
Si è molto spesa contro lo stupro nei conflitti etnici, usato per sconvolgere le società colonizzate e aumentare il numero della popolazione discendente dalle etnie conquistatrici.
Si è anche pronunciata in merito all’aumento della prostituzione e degli abusi sessuali associati alle forze di intervento umanitario osservando, nel 2004, che “il problema con le Nazioni Unite è che le operazioni di mantenimento della pace sembrano fare la stessa cosa che fanno gli altri militari. Sostenendo, a voce alta, che anche coloro che dovrebbero sorvegliare le violazioni dei diritti umani dovrebbero essere tenuti sotto controllo.a
Contraria all’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti e degli alleati, ha condannato la detenzione extragiudiziale e la tortura di uomini musulmani a Guantanamo.
Tra i suoi vari scritti, nel 1992, ha curato, insieme a Nira Yuval-Davis, il volume Refusing Holy Orders: Women and Fundamentalism in Britain.
Nel 2002 ha prodotto Tying the Knot film commissionato dalla Commissione del Ministero degli Affari Esteri e del Commonwealth, istituita per gestire il problema delle vittime di matrimoni forzati di donne condotte dall’estero in Gran Bretagna per sposarsi contro la loro volontà.
Ha sottoscritto la Dichiarazione dei Liberi Pensatori alla Conferenza Internazionale sulla Libertà di Coscienza e di Espressione a Londra, nel 2017.
Ha realizzato il documentario Unprovoked, sul caso di Ahluwalia Kiranjit, una donna punjabi che era stata portata nel Regno Unito per un matrimonio combinato, ripetutamente abusata dal marito che ha ucciso, dandogli fuoco mentre era ubriaco e addormentato.
Ha anche prodotto il film The War Crimes File, sulle atrocità commesse durante la guerra di liberazione del Bangladesh del 1971.
È stata a capo dell’unità di genere di Amnesty International fino al 2010, quando, sul Sunday Times, ha pubblicamente criticato l’organizzazione umanitaria per il suo legame con Moazzam Begg, direttore di Cageprisoners, che rappresentava gli uomini in detenzione extragiudiziale.
“Come ex detenuto di Guantanamo, era legittimo ascoltare le sue esperienze, ma come sostenitore dei talebani era assolutamente sbagliato legittimarlo come partner“, ha sostenuto, dicendo di aver ripetutamente sollevato la questione con Amnesty per due anni, senza alcun risultato.
È stata sospesa dal suo incarico, ma la controversia ha suscitato risposte da parte di vari politici e giornalisti che l’hanno sostenuta, così come lo scrittore Salman Rushdie.
Gita Sahgal, continua inarrestabile il suo lavoro in difesa delle donne e delle parti più deboli della società, non ha peli sulla lingua e non ha paura di metterci la faccia e subire le conseguenze delle sue opinioni.
0 notes
lamilanomagazine · 1 year
Text
ACS, aumento casi di rapimenti e matrimoni forzati di minorenni cristiane in Pakistan
Tumblr media
ACS, aumento casi di rapimenti e matrimoni forzati di minorenni cristiane in Pakistan. Più di 30 organizzazioni umanitarie in Pakistan, tra cui la Commissione Giustizia e Pace della locale Conferenza Episcopale, sostenuta dalla fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), hanno sollecitato il Governo affinché prenda in seria considerazione gli ultimi dati sugli episodi di conversione forzata. Il numero di casi sta infatti aumentando a un ritmo allarmante. In un rapporto presentato al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite a luglio, il Centro per la Giustizia Sociale con sede a Lahore ha riferito di 78 episodi, ufficialmente denunciati, di conversione forzata nel 2021, ma secondo fonti locali di ACS il numero di casi sarebbe fortemente sottostimato a causa della mancata denuncia. Un caso ha riguardato la quattordicenne cristiana Mehwish Bibi, rapita da un vicino di casa musulmano che l'ha convertita con la forza all'Islam e l'ha sposata. Bibi ha fatto molta strada dall'ottobre 2021, quando un tribunale le ha concesso il divorzio da Muhammad Imran, un uomo sulla quarantina, sulla base del suo "comportamento duro e crudele". L'incubo dei mesi trascorsi nella sua prigionia ossessiona ancora questa ragazza, figlia di una povera coppia cristiana di Sheikhupura, a circa 20 miglia da Lahore. Il 4 agosto 2021 Imran le ha proposto un passaggio per andare al lavoro. “Dopo aver accettato mi ha offerto una bibita con qualcosa dentro, e non so cosa sia successo dopo”, racconta Bibi. È stata portata a Sargodha, a 85 miglia dal suo villaggio natale, e tenuta all'interno di un furgone. Una settimana dopo, Imran ha prodotto presso un tribunale locale i documenti della sua presunta conversione e del suo matrimonio con lui. I suoi genitori a quel punto hanno chiesto aiuto a Christians' True Spirit (CTS), un'organizzazione con sede a Lahore, che ha presentato istanza di scioglimento del matrimonio al Tribunale della famiglia. Bibi vive in un rifugio del CTS da quasi un anno. Situato in un affollato bazar, l'edificio a due piani ospita ragazze e donne di età compresa tra i 13 e i 60 anni. Anche se ora è al sicuro, è spesso turbata da incubi. L'anno scorso Aghania Rafaqat, una psicologa qualificata che lavora con il CTS, ha iniziato a svolgere sessioni bisettimanali con Bibi e le altre residenti. “Le mie sfortunate pazienti hanno comportamenti diversi. Alcune diventano aggressive e hanno frequenti crisi di pianto. Provano una profonda tristezza e sono molto ansiose per il loro futuro. Gli incubi spesso portano a fobie”, afferma Rafaqat. La quattordicenne Shumaim Lazir è stata rapita per tre giorni e stuprata da due musulmani lo scorso gennaio a Rahwali, una piccola città a 63 miglia a nord di Lahore. Un uomo di 36 anni è stato denunciato ed è in carcere, mentre l'altro indagato è ancora latitante. “Voleva sposarmi, ma io non volevo lasciare la mia fede. Quando ha saputo delle irruzioni della polizia nella zona, una notte mi ha lasciato andare vicino casa mia, minacciando di uccidermi se avessi denunciato”, racconta Lazir. Nel rifugio del CTS ha in questi mesi imparato a fare la sarta. Il CTS ospita anche 15 studentesse della St. Joseph’s Girls High School di Lahore, una scuola cattolica gestita dalle Suore della Carità di Gesù e Maria. Tra loro 5 figlie cristiane di donne convertite con la forza all'Islam e 10 ragazze che lavoravano nelle fornaci di mattoni. Tra queste ultime c'è Sara Fayaz, 12 anni, nata da madre cristiana e padre musulmano. Dopo che Fayaz è stata violentata da suo padre, la madre, a sua volta rapita nel 2007 e convertita all'Islam, ha preso con sé Fayaz ed è fuggita da Islamabad. Anche sua sorella minore è stata violentata da uno dei suoi cugini. “Mio padre picchiava mia madre”, ricorda la studentessa di prima media, con le lacrime agli occhi, ma è determinata a diventare un medico per aiutare gli altri.    ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
affascinailtuocuore · 3 years
Text
Sibilla Aleramo-UNA DONNA. Un destino disseminato di trappole, ma l'anelito di libertà è più forte.
Sibilla Aleramo-UNA DONNA. Un destino disseminato di trappole, ma l’anelito di libertà è più forte.
  Una donna di Sibilla Aleramo  è il racconto di vicende familiari che potrebbero essere  quelle di molte altre donne, anche contemporanee. Non a caso l’autrice non fa nomi, I protagonisti sono   una donna,  suo marito,  suo padre,  sua madre, il figlio, le sorelle. E la gente intorno, più o meno vicina, come  i colleghi, il dottore, la suocera, la cognata, il profeta, l’amica e così via… Eppure…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes