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#Marisa Bianco
goddess-mixmi · 1 year
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I’m Mimi, I’m a black artist who draws whatever when I get the time to! I mainly focus on my oc’s / oc x canon and sometimes I do fan art of my favorites. I like JJBA, Marvel ( especially the cinematic universe), Demon slayer, JJK etc. I make content that I enjoy making because it brings me joy. I’m an Abbacchio enjoyer ( & his wife /hj) and part 5 enthusiast. Keep any and every form of discourse away from me thank you. No proship or anti nonsense either.
Here are a list my oc x cannon pairings (I have A LOT):
✨Jojo✨
(Leone Abbacchio x Daniella Kishibe), (Bruno Bucciarati x Angelina Rosa), (Rosaria Bianco x Secco), ( Nicolette Céleste x Weather Report), ( Christine Céleste x Rikiel),( Lucía Russo x Pesci), ( Trish x Antonio),( Terrence T. D’Arby x Nefera DeNile), ( Dirty Diana x Sandman), (Josuke Higashikata x Madeline DeNile-Kishibe) Kars x Normani, Esidisi x Selena, Santana x Magnolia, Maria x Luca
Demon Slayer
FlamingStar ( Akira x Rengoku), Hanako x Haganezuka,Megumi x Kokushibou,Megumi x The Hantengu Clones
Tokyo Revengers
Misa x Baji,Misa x Taiju,Misa x Hanma, Rina x Chifuyu,Ericka x Ran, Tianna x Kazutora, Ashanti x Izana
Jujutsu Kaisan
Marisa x Geto, Marisa x Choso,Willow x Fushiguro, Apollo x Shoko, Ai x Sukuna
Marvel
Ballet Punk ( Hobie x Mimi) ,Miglynn (2099 x Widow Spider),Imani x Erik,Imani x Bucky,Imani x Loki
Fairy Tail
Jarissa (Jackal x Marissa),Tempester x Liliana,Ajeel x Eleanor
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dildomentale · 2 months
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Ricordi Bolognesi 6
La Marisa mi prese per mano come se fossi un bambino e mi portò quasi di peso in bagno, senza che io facessi resistenza.
Lei voleva che mi lavassi i denti prima di procedere con quello che aveva in mente ma poi vide il mio slip appoggiato sul lavandino.
Lo prese in mano, vide le incrostazioni di sperma e sempre col sorriso sulle labbra lo portò al viso, per accertarsi annusandolo che quello fosse davvero il mio seme.
Il profumo che sentì dovette piacerle perché con voce incrinata dall'eccitazione mi chiese se mi fossi masturbato pensando a lei e io naturalmente confermai di averlo fatto quella mattina stessa.
La Marisa intascò il mio slip dicendo che avrebbe provveduto a lavarlo ma da quel giorno non l'ho più rivisto e direi che non me lo ha più restituito.
Poi disse di lavarmi i denti, io presi lo spazzolino con il dentifricio e cominciai le operazioni di pulizia orale con lei che mi controllava alle spalle.
Vedevo il suo viso riflesso nello specchio mentre facevo quello che mi aveva detto ma a un certo punto il suo bel volto sparì e l'istante successivo era lì che mi tirava giù i calzoni.
Poi mi abbassò lo slip e mi sentii sfiorare dal suo naso nel solco tra le natiche, mentre la sua mano, risalendo l'interno della mia coscia, arrivò ad accarezzarmi le palle.
Dopo le palle la Marisa si impossessò del mio cazzo, mentre la sua lingua curiosa si intrufolava alla ricerca del mio buchetto e dopo averlo trovato lo accarezzava con la punta.
Contemporaneamente il mio cazzo era diventato durissimo e certamente lei ne fu soddisfatta tenendolo in pugno come uno scettro che lo faceva sentire come una regina del sesso.
Il gioco non durò molto a lungo ma fu piacevolissimo ricevere quel tipo di carezza insieme alla sua stretta sul mio uccello, stretta che era decisa per quanto delicata.
Restai a guardare la sua immagine riflessa nello specchio quando si alzò e si tolse il grembiule blu, restando con le mutandine e il reggiseno di colore bianco coordinato.
Mi prese nuovamente per mano, mi condusse in camera da letto e dopo avermi detto di salirci sopra, si esibì in un mini spogliarello e restò nuda davanti ai miei occhi spalancati e al mio uccello in tiro.
Rimase per un po' in piedi lì davanti per farsi guardare bene da me e per la prima volta osservai i suoi grandi seni nudi sopra la pancia appena accennata e il grazioso ombelico.
Aveva un boschetto rigoglioso che le ricopriva la fica e le sue cosce molto carnose erano ben proporzionate rispetto al suo corpo.
Mi raggiunse sul letto, venne mettersi sopra di me e con le tette che ballavano davanti al mio naso, mi chiese se sarei riuscito a resistere, una volta che le fossi entrato dentro.
Riuscii a sussurrare un s-i-i-i strascicato e poi lei iniziò a cavalcarmi, come si cavalca uno stallone del quale ancora non si conoscono le caratteristiche.
Lei sorrise rallentando la corsa e per tranquillizzarmi aggiunse che non dovevo preoccuparmi perché potevo venirle dentro, dato che non era più fertile.
Poi riprese la cavalcata intimandomi scherzosamente di non sborrare subito, che voleva godere anche lei e non come al solito, essere solo l'oggetto del piacere di altri.
Continua
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lamilanomagazine · 4 months
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“C’è ancora domani” (2023) di Paola Cortellesi - Recensione
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“C’è ancora domani” (2023): questo film è una gioia per gli occhi. Ci sono tanti motivi per cui andare al cinema. Alcune volte è la voglia di vivere una storia d’amore, altre è la ricerca di evasione dai fatti della vita di tutti i giorni, altre ancora il semplice motivo di stare dietro alla serialità dei blockbuster americani. Un ragione per andarci, al cinema, è anche vedere qualcosa di bello, realizzato con cura, e fortemente voluto nei dettagli, quelli che fanno la differenza. Un’ottima occasione per uscire di casa, pagare un biglietto e rimanere al buio per due ore con degli sconosciuti è “C’è ancora domani”, di Paola Cortellesi. C’è ancora domani L’esordio da regista di Cortellesi, comica di lungo corso della televisione italiana, non è una commedia brillante, e non è nemmeno un film comico portato avanti dai personaggi e dai loro tormentoni. Piuttosto si tratta di un film attuale, anche se racconta una storia d'altri tempi, ed è anche, a sorpresa, un successo di botteghino. Il film ha innumerevoli pregi. “C’è ancora domani" mette in scena una storia con intelligenza, usando la vita di Delia - interpretata dalla stessa Cortellesi -, per raccontare una vicenda molto più ampia. Lo spettatore è portato tra le vie della Roma del 1946, con ancora i soldati americani a vigilare gli incroci, nella quotidianità di una borgata, e quando pensa di essere arrivato a destinazione, scopre di essere fuori strada, alla prima tappa di un percorso più lungo ed eminente. Più di tutto, questo è un film di donne. Sono tanti i personaggi femminili che di distinguono dalla sfondo, tra cui la volitiva figlia Marcella e la dolce amica Marisa, portate in scena da Romana Maggiora Vergano e da Emanuela Fanelli. Uomini e donne La protagonista è una donna come tante, come tantissime nel dopoguerra. Delia ha una vita fuori casa, lavora e incontra amiche e conoscenti, va a fare la spesa e sorride. E poi ha un'altra vita dentro casa, dove l'ombra scura del marito la trattiene, dove ci sono segreti, dove le peggiori verità sono taciute e le migliori costrette al silenzio. Cortellesi dimostra talento dietro la macchina da presa, trovando soluzioni nuove per problemi vecchi, come quello di un marito che picchia la moglie.  Girare una scena del genere lo si può fare in molti modi, ma la neo-regista ne trova uno tutto suo. Se la paura di lei e dei figli si può percepire nei silenzi, la violenza portata in scena in una maniera non banale, anche grazie all’aiuto di un altro senso oltre alla vista. Il marito, impersonificato da Valerio Mastrandrea, è un uomo come alcuni del dopoguerra: tetro, spento, segnato dalla vita. Un personaggio difficile, interpretato con grande mestiere, spoglio da manierismi, appare come un automa, e forse lo è. Una gioia per gli occhi Oltre a tutto questo,  “C’è ancora domani” è una gioia per gli occhi. Quando il film inizia, il passaggio dal mondo di fuori, a colori, e quello proiettato sullo schermo, che ne è privo, è tutto tranne che traumatico. Le luci tenue accolgono lo spettatore, che si sente a casa, in un posto familiare. Il film è realizzato in scala di grigi - un omaggio dichiarato al neorealismo italiano - e questa scelta è dettata dalla necessità di raccontare un’Italia in bianco e nero, quella del dopoguerra, così come è stata codificata dai grandi registi della nostra tradizione. Tradizione italiana Per tanti, sia per chi li ha vissuti sia chi li ha visti raccontati, in quegli anni non ci sono colori. I ricordi si sono sbiaditi, desaturati in una memoria storica che si è forgiata tramite le opere di , Antonioni, Rossellini, De Sica, Visconti e Fellini. Anche nella conclusione, dove ancora la regista Cortellesi si dimostra ispirata, c'è una scena tra madre e figlia, che potrebbe essere un omaggio al finale di un grande film, ed è anche un modo di concludere una pellicola di alto livello. La tradizione di un certo cinema italiano ha fatto in modo che la finzione abbia inciso la realtà che, filtrata tramite immagini che sono state viste un mare di volte, sia restituita tramite fiabe in bianco e nero. L'immagine, protagonista del cinema Spesso ci si dimentica della peculiarità del cinema, la sua dimensione specifica, che la distingue dagli altri media: l’immagine. Certo, adesso i film sono quasi raggiunti per qualità visiva dai prodotti da tv o streaming, che però offrono contenuti annacquati, stirati e allungati puntando sul creare un senso di familiarità, quello che alla fine convince lo spettatore a rimanere davanti allo schermo. Ma questi riuscirebbero a portare le persone nelle sale? Non penso. Per realizzare una grande opera di narrazione, la qualità della scrittura è un requisito fondamentale. Vale per un libro, vale per un film. Ciò che rende unico un prodotto audiovisivo, è ciò che può essere visto. E questo bel bianco e nero di “C’è ancora domani”, bisogna proprio dirlo, vale il prezzo del biglietto.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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likarotarublogger · 10 months
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Infiorata di Ventotene
Si è svolta domenica il 11 giugno, con la nutrita partecipazione dalla comunità parrocchiale di Santa Candida a Ventotene, la solenne processione del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo comunemente chiamato Corpus Domini.
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Per l’occasione le principali vie del centro storico dell’isola sono state addobbate a festa e sono stati allestite di numerosi quadri floreali in corrispondenza degli altarini dove il sacerdote ha appoggiato l’ostensorio durante la processione.
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Molte persone hanno partecipato all’evento già all’inizio della settimana, progettando i disegni floreali, raccogliendo i fiori che poi ieri in primo pomeriggio sono stati utilizzati per la messa in onda di vari quadri .
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Calici, ostie, acini d’uva, spighe di grano, sole,croci, cuore, fiori sono stati disegnati sull‘asfalto e riempiti di migliaia di fiorellini .
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I bambini, adulti, donne e uomini, isolàni, amici, ospiti sono stati loro a raccogliere i fiori nei campi di Ventotene e nei giardini privati.
Tanti colori, infinite sfumature hanno reso splendidi i numerosi quadri.
Il giallo delle ginestre, il rosa, il bianco e il fucsia degli oleandri e ancora tante varietà di rosso delle rose, il verde del pitosforo e del rosmarino, hanno inondato le nostre strade di tutti colori e di deliziosi profumi.
Il tutto rallegrato dal vocio e dalle risate delle tante persone che intanto allestivano le opere d’arte floreali .
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Rossella De Bonis, Annarita Matrone, Anna Curcio, Cristina Marotta, Palma Porretta, Elena Rodica Rotaru, Norma Lunardelli, Andreina Matrone, Vincenzo Assenso, Teresa Gargiulo,Antonietta, Rosamaria Curcio, Marisa Bizzini, Norma Lunardelli, Roberta e Luca,hanno preso parte anche Pro Loco di Ventotene come promotrice dell’evento grazie mille a tutti coloro e a Primo Francescotti e Stefania Sacchini.
È stata ripresa anche un’antica tradizione che vuole che i bambini in processione,muniti di cestino , hanno lanciato delle manciate di fiorellini al momento della benedizione verso Gesù.
Una grande fatica, certo! Ma ricompensata da una soddisfazione enorme.
Grazie a tutti e a tutte !
Grazie Gesù ! Anna Curcio
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L’articolo di @elenarodicarotaru-blog @likarotarublogger
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La Banda di Ventotene con Aurelio Matrone, Antonella Lancella e tanti altri che hanno suonato la banda!
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sciatu · 5 years
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Piccoli Fiori e Serlone
This Nouvelle is dedicated to Kimmie66 one of my oldest follower.
Si svegliò d’improvviso con la paura nel cuore. Si guardò intorno e vide solo le tre pareti della sua gabbia e quella in rete metallica che dava sul corridoio su cui si affacciavano tutte le gabbie del canile e dove c’era la porta anch’essa in rete metallica. Testa Chiara non c’era. Lei era buona, gli grattava sempre la schiena dove Lupo gli aveva quasi staccato la carne. Guardò la porta sdraiato in un angolo della gabbia, in un punto dove il sole non arrivava e li si sentiva sicuro. Mosse il naso a destra e sinistra cercando di sentire se c’era qualche odore noto ma non percepì niente. Sentì dei rumori e si mise seduto aspettando. Apparve Occhi Grandi, con quegli occhi larghi e piatti e con il suo profumo di umido. “Serlone, vieni – gli disse agitando qualcosa che sapeva di secco – guarda…. C’è un biscotto, prendilo…” Lui non si mosse. Si fidava solo di Testa Chiara. Lei lo aveva preso “nell’altro posto”, dove c’erano Lupo, il Grigio e il Padrone, e lo aveva curato, parlandogli, e imboccandolo perché non aveva più forza e con le ferite dei morsi che si erano infettate, non riusciva neanche a stare in piedi. Occhi Grandi alla fine capi che lui non gli avrebbe dato alcuna confidenza e sospirando se ne andò. Nell’aria smossa da Occhi Grandi sentì l’odore degli altri cani e la cosa lo riempì di rabbia perché odiava tutti i suoi simili; non poteva farci niente, era stato addestrato per questo. Ma ora non voleva combattere, gli mancava Testa Chiara, voleva le sue carezze e le sue coccole. Si sdraio di nuovo, chiudendo gli occhi ed aspettando.
Si sveglio d’improvviso con la paura nel cuore. Si guardò intorno vedendo solo le pareti della sua camera da letto e la porta che dava sul corridoio su cui si affacciavano tutte le altre porte della sua piccola casa. Si guardò intorno fermandosi ad osservare la cornice d’argento dove c’era la foto di quando si era sposata. Aveva ritagliato la foto di suo marito e dopo averla strappata in piccoli pezzi li aveva buttati nel cesso. Era per questo che odiava tutti i suoi simili: perché erano pronti a tradire. Tutti. Si alzò lentamente perché la cicatrice nel petto le dava fastidio. Andò in bagno e si sciacquò la faccia, guardandosi allo specchio. Si vedeva vecchia, con i capelli dove si notava la ricrescita e le borse sotto gli occhi. Vide anche un principio di quelle macchie che vedeva sulla mani di sua madre quando veniva a trovarla in ospedale. Doveva uscire, non poteva restare li. Fece tutto di fretta, come quando doveva andare al lavoro, si lavò, si vestì ed usci prendendo la macchina. Guidò per mezzora senza una meta, poi uscì dalla nazionale che portava da Messina a Catania ed entrò in una strada secondaria che saliva verso l’alto, in collina, voleva fermarsi in un punto panoramico e osservare lo stretto come quando, finito il liceo, doveva scegliere cosa fare. Voleva tenersi occupata, per non pensare a quello che le faceva paura e schifo, per dimenticare quello che sapeva di non poter dimenticare. Mentre andava vide sul bordo di cemento a lato della strada una scritta “Solo chi ama sopravvive” Sorrise scettica. Anche lei aveva dato una grande importanza all’amore, tanto che tutta la sua vita, con il matrimonio in età giovanissima ne era sta influenzata e ora distrutta. “Basta parlare d’ amore e altre cazzate del genere, se per sopravvivere bisogna amare allora io mi considero già morta” Si disse sconsolata perché non solo non amava nessuno, ma odiava ingiustamente anche se stessa per aver vissuto sempre sulla superfice delle cose, tradita dai suoi buoni sentimenti e dalla fiducia nella vita e in chi amava, che per buona parte del suo tempo, erano stati purtroppo la stessa cosa. Continuò sulla strada che invece che restare di fronte al mare entrava verso l’interno costeggiando un vallone. Stava quasi per tornare indietro ma di fronte ad un cancello sul lato della strada, vide una Land Rover gialla ricoperta di fiori rossi. Frenò di colpo. “Marisa! – si disse stupita – solo lei è così pazza da avere una macchina simile” E sorrise pensando alla sua vecchia compagna di classe famosa per il suo amore per la natura e gli animali. Accostò e scese dalla macchina seguendo un sentiero che partiva poco dopo la Land Rover. Arrivò ad una masseria da cui sentiva abbaiare dei cani. Entrò. L’abbaiare si moltiplicò. L’interno della masseria era diviso in tanti box che seguivano il perimetro, ed in ogni box c’erano due o tre cani di grossa taglia. Vide una ragazza con un enorme paio di occhiali stava accarezzando un grosso Bulldog e avvicinandosi le chiese sorridendo. “ciao per caso c’è Marisa? Sono una sua vecchia amica” La ragazza l’osservò attraverso gli occhiali grandi e spessi che le ingrandivano gli occhi “Ah ciao è in ambulatorio, la terza porta sulla destra.” Si diresse verso la porta indicata ed entrò dopo aver bussato velocemente. Entrata vide una donna in camice bianco con i capelli completamente bianchi, malgrado avesse la sua età. Quando entrò la donna con il camice si girò, tralasciando per un minuto un cane che messo su un tavolo ricoperto da una stoffa verde, la guardava tremando. Marisa strinse gli occhi per osservarla e una volta focalizzato chi era, allargando le braccia le andò incontro sorridendo “Questa si che è una bella sorpresa – disse felice e commossa – pensavo di non rivederti più” e mentre la stringeva continuò “ero venuta in ospedale quando ti hanno operata, ma eri sotto anestesia e non mi hai vista – poi si staccò e guardandola negli occhi continuò costernata – ho saputo di tuo marito e di Marta! Mi dispiace! Come hanno potuto fare quello che hanno fatto mentre eri tra la vita e la morte! È incredibile!” “Che vuoi fare- rispose lei – forse pensavano come tutti che sarei morta sotto i ferri, ed hanno incominciato a festeggiare troppo presto!” “È terribile! stavi con lui dalle superiori, siete cresciuti insieme… “ “infatti, forse da troppo tempo – poi volle cambiare discorso – e tu che fai qua?” “Questo era un canile clandestino, quando i carabinieri lo hanno scoperto, hanno trovato decine di cani morti buttati in un fosso qua vicino. Organizzavano incontri tra i cani dove il vincitore uccideva il perdente, c’era un giro di scommesse controllato dalla malavita. Ogni cane  qui dentro ha cicatrici ovunque, nel corpo e nell’anima” “un po' come me” penso lei “Lo hanno affidato alla nostra organizzazione per recuperare i cani ed affidarli a qualcuno. – continuò Marisa - hanno un istinto fortissimo ad uccidere i loro simili e noi cerchiamo si trasformarli in cani normali. Vieni te ne mostro qualcuno, a te i cani sono sempre piaciuti vero?” “si, ma ne mio padre ne mio marito ne volevano uno, in questo mi devo ancora emancipare” “magari te ne puoi prendere qualcuno: un cane non tradisce mai” “Allora è meglio degli uomini” rispose sorridendo e chissà perché gli venne in mente la scritta sul muro. “in questo non c’è dubbio” fece seria Marisa. Girarono tra i box per una diecina di minuti. Appena si avvicinavano alla rete su cui c’era la porta, gli ospiti del box si avvicinavano felici, cercando carezze e sguardi. Ve ne erano di tutti i tipi, da grossi alani a piccoli beagle e tutti avevano fame di affetto come le spiegava Marisa. “I cani più grossi erano addestrati per diventare campioni, i più piccoli servivano per allenarli ad essere feroci e ad uccidere” “Ma è terribile, come hanno potuto fare una cosa del genere” “Gli uomini sai, sono gli animali più spietati” “E’ vero - rispose lei e pensò subito a suo marito – magari me ne prenderò uno piccolo, uno facile da gestire” e pensò subito a un cucciolotto da stringere ed accarezzare quando era triste. Arrivarono in fondo al corridoio dove vi era una gabbia nascosta nell’oscurità; Marisa neanche la considerò tirando dritta come se non esistesse. Lei invece passando vide che dentro c’era qualcosa e si fermò a guardare, mentre Marisa proseguiva continuando a parlare, senza rendersi conto che lei era rimasta indietro. Nel buio in cui era immersa la gabbia vide due occhi marroni che la guardavano.
Aveva sentito Testa Chiara arrivare e aveva alzato la testa sperando che si fermasse, invece lei aveva continuato la sua strada senza far caso a lui. Qualcuno però si fermò e due occhi scuri fissarono i suoi. Lui annusò l’aria e senti un profumo di quei fiori piccoli e bianchi che nascevano quando c’era tanto caldo. Senti anche un altro odore. Era l’odore della carne che si cicatrizzava, lo stesso odore che sentiva lui sul suo corpo dopo ogni lotta, quando le sue ferite dovevano rimarginarsi. Si concentrò sugli occhi che lo guardavano . Erano senza cattiveria e senza paura. Sentì che chi era arrivato con Testa Chiara era simile a lui e l’osservo con maggior curiosità.
Lei allungò la mano come a porgere qualcosa “Ciao piccolo, come stai?” gli disse sorridendo. “No, non lo fare !!” gridò spaventata Marisa tornata di corsa su i suoi passi “Cosa” “Mettere la mano li dentro: Serlone non è cattivo, ma a volte attacca senza motivo e la mano te la potrebbe staccare” “Serlone? ma che nome gli avete dato?” rispose lei incurante, non poteva credere con un cane con gli occhi così buoni potesse essere cattivo “Non ti ricordi, il professore di storia mentre ci raccontava della battaglia di Geraci quando Sir Serlone con trenta cavalieri Normanni attaccò tremila cavalieri arabi e li mise in fuga….” Lei si ricordò il vecchio professore che con un lungo righello in mano mimava la lotta tra Serlone ed i nemici, dicendo che era il più valoroso dei cavalieri del Grande Conte Ruggero ed esaltato dall’ epica storia aggiungeva particolari poco realistici,  fino a che il loro compagno Alfio, in fondo alla classe, non gli gridò “Fozza professuri ci rumpissi i corna a s’arabi docu….” E il professore, arrabbiato per la presa in giro, diede cinque pagine di versione per il giorno dopo. Lo ricordò a Marisa e si misero a ridere “Si è per questo che l’ho chiamato Serlone perché come quel conte normanno lui non ha paura di lottare anche quando nessuno potrebbe credere nella sua vittoria. Lui è un incrocio di Pitt-Bull di taglia piccola e qualche altro cane. Gli hanno rotto i denti davanti perché non ferisse i campioni che allenava. Da ogni allenamento usciva mezzo distrutto ma non si arrendeva mai, anche ferito combatteva sempre fino alla fine, fino a che non lo rimettevano in gabbia più morto che vivo. I carabinieri mi hanno fatto vedere dei filmati strazianti di lui lotta contro due cani enormi, un lupo Cecoslovacco e un mastino napoletano grigio. Ma non si è mai arreso e non è mai stato ucciso: ha sempre lottato senza paura. Questa è stata la sua sfortuna.” “Un po' come me - fece lei triste – anch’io ho tante ferite e ho avuto la sfortuna di sopravvivere a tutte le mie disgrazie. Alle volte un punto è quello che da senso a tutta una frase! Come vedi abbiamo molto in comune.” Marisa non si arrese “Serlone non è il tipo che accetta un padrone qualsiasi – disse con sicurezza - Prova a chiamarlo, non verrà da te. Diffida di tutti: è qualcuno che degli altri ha conosciuto solo il lato peggiore. Chiamalo, se si alzasse e venisse da te, cosa che non credo, allora te lo puoi portare a patto che non lo fai avvicinare da nessun cane: anche senza denti, un cane comune non sopravvivrebbe contro di lui” Apri la porta della gabbia lasciò l’amica sull’ingresso. Lei si abbassò ed allungo la mano “Vieni piccolo, usciamo fuori da questo posto orribile ed andiamocene lontano, dove non ci sono uomini cattivi che ti usano e appena possono ti tradiscono….” Serlone la guardò. Gli arrivò l’odore dolce dei piccoli fiori e l’odore della carne offesa. Gli piaceva la sua voce e penso che doveva essere morbida. I suoi occhi dicevano che doveva essere dolce anche se lui sentiva che vi era dentro una tristezza simile alla sua. Si alzò lentamente. Restò a guardarla odorando l’aria con il suo muso pieno di cicatrici come quello di un vecchio pugile, poi si avvicinò a lei con un passo lento e deciso, da gladiatore. Annuso la sua mano e questa l’accarezzò sulla testa e poi lo grattò dietro all’orecchia. La cosa era piacevole e lui si strusciò contro di lei. Le sue mani ora gli accarezzavano le cicatrici e la cosa gli piacque moltissimo, si strusciò di più sentendo che era morbida come l’aveva pensata. Sarebbe stato volentieri con Piccoli Fiori, gli piaceva, sentiva che non gli avrebbe mai fatto del male. Era diversa dagli altri: aveva sofferto quanto aveva sofferto lui e allora voleva dire che verso tutti aveva una diffidenza e un bisogno che chi era stato sempre felice, non poteva capire. Lei guardò Marisa e sorrise mentre grattava la pancia di Serlone. “Ha scelto” disse stupita Marisa e osservò Serlone non capendo come mai si fosse comportato in quel modo. Andarono nello studio di Marisa con Serlone che la seguiva passo passo, guardandosi intorno curioso ma tornando sempre a cercare i suoi occhi, forse timoroso e preoccupato di quel mondo che non conosceva. Marisa le diede un sacco di croccantini, la coperta su cui il grosso cane si sdraiava per dormire, un pupazzetto verde che doveva essere una rana, due ciotole in acciaio, un collare ed una corda grossa un dito come guinzaglio
“Qui ci sono i suoi documenti, ha fatto tutti i vaccini ma forte com’è, resisterebbe a qualsiasi malattia. Non gli fare avvicinare nessun cane. Sono stati addestrati a non muoversi fino a quando non possono attaccare e quando attaccano lo fanno per uccidere. Non ti illudere quindi se non si muove, sta solo preparandosi a lottare fino alla morte. Ti prego stai attenta, Serlone ha sofferto tantissimo,  se ti ha scelto e se ti segue vuol dire che crede in te: non deluderlo Lei la guardò “io non ho mai tradito nessuno” Disse sottolineando  inutilmente “io”. Così usci con il cagnone e tutta la mercanzia che le avevano dato. Arrivati alla macchina mise tutto nel portabagagli e messa la coperta sul sedile posteriore disse decisa “Sali!” Lui la guardò seduto accanto la portiera aperta “ho detto Sali!” ripeté Ma Serlano non si mosse osservando con un’aria ancor più interrogativa Lei gli prese le zampe davanti e le appoggiò sul sedile posteriore, poi lo spinse da dietro. Serlone capì cosa voleva e con un agile balzo sali di dietro, accomodandosi pacificamente. Lei si mise al volante ed incominciò a dirigersi verso casa con Serlone seduto dietro che la guardava. “Allora – incominciò lei– patti chiari e amicizia lunga: non devi fare la pipì sulle mie rose in giardino, non devi scavare nell’orto, non devi abbaiare di notte, non devi mordere i mobili e soprattutto non devi leccarti le palle quando ci sono ospiti…! Io vi conosco bene a voi maschi, pensate solo a fare i comodi vostri e ve ne fregate della decenza e del rispetto!” Lo disse seccata e seria, tanto che Serlone osservando lo sguardo severo e sentendo il tono di voce perentorio, penso che avesse qualche problema, così saltò sul piccolo sedile davanti dove si accoccolò alla meno peggio; appoggiò il testone sulla coscia di lei e la guardò, come a dire “non ti preoccupare, ci sono io” e poi chiuse gli occhi come a sonnecchiare. Lei lo guardò stupita da quello che aveva fatto ed osservò gli occhi di lui semichiusi per guardarla anche se riposava. “Ho esagerato?” chiese a se stessa. Aveva messo i puntini sugli i ancora prima di scrivere la frase. Forse doveva rilassarsi. Serlone aveva già sofferto, non c’era bisogno di mettergli una museruola anche quando non abbaiava. Forse, se con il marito avesse fatto lo stesso, lui non l’avrebbe tradita. Sentì qualcosa di umido sulla mano. Era Serlone che ad occhi chiusi le leccava la mano che gli grattava la testa. “Va bene -  gli disse -  non faccio la vittima. Lui era uno stronzo e basta. Capitolo chiuso, ora devo pensare solo a me. Hai ragione!” Serlone sbuffò, come per chiudere l’argomento.
Il resto della giornata finì con lei che mostrava a Serlone la piccola casa dove ora viveva. Per fortuna c’era un giardino abbastanza grande da contenere un patio dove si tenevano le grigliate festive ed un grande orto con diversi alberi da frutto. L’orto era il risultato di anni di fatica di suo padre per cui, anche se lei non ne capiva molto e suo padre non c’era più, pagava un vecchio vicino perché mantenesse l’orto com’era sempre stato. Serlone la seguiva dovunque andasse segnando qua e la il territorio. Le piaceva la sua voce, la sua mano che l’accarezzava appena lui si avvicinava. Lui non capiva molto di quello che diceva, ma la sua voce e il suo profumo, insieme alla sua presenza e al suo continuo parlargli, lo facevano stare bene. Poi quel posto era pieno di odori nuovi che lo incuriosivano anche se alla fine, quello che sentiva e seguiva era solo quello di lei, ed era quello che dava senso a tutto, senza quel profumo tutti gli altri non contavano. Dopo mangiato gli mise la sua coperta in cucina, dicendogli che doveva dormire li e dopo che lui si sdraiò sulla coperta lo salutò. Quando lei andò in camera da letto, e chiuse la porta, lui si alzò e si sdraiò sul divano in salotto. In fondo era più comodo ed era pieno del profumo di lei. Appoggiò la testa contro il bracciolo che era morbido e caldo come la coscia di lei e, con la pancia all’aria si disse che Piccoli Fiori aveva proprio una bella cuccia e che li sarebbe stato bene.
Lei si svegliò al solito verso le quattro. Questa volta non perché stava sognando di morire mentre suo marito la guardava seccato con indifferenza. Si era svegliata per abitudine. Si mise a pensare a quello che era successo, a Marisa, al canile, alla lotta tra cani e a Serlone. Forse aveva sbagliato a prenderlo. Al massimo doveva prendere un cucciolotto, qualcuno di tenero che guardasse il mondo tremando dalle sue braccia. Non quel cagnone che era un killer e che si muoveva come un lottatore. Forse doveva riportarlo indietro. Si ricordò che aveva detto che lei non aveva mai tradito, e si vergognò  della sua presunzione e arroganza. Marisa forse avrebbe capito se lo avesse riportato, in fondo lo aveva lasciato andare con un po' di dispiacere. Si aveva sbagliato ancora una volta, non era adatto a lei, era fuori misura per un’imbranata come lei. Era un altro sbaglio che aveva fatto, la prova che la sua vita era un insieme caotico di sbagli. Incominciando da suo marito, passando per il male che aveva avuto e che aveva sottovalutato per arrivare a Serlone. Si mise a piangere, compatendosi e vergognandosi perché si comportava in quel modo debole e irrazionale da bambina viziata, ma si sentiva sola e doveva affrontare tutto il mondo che c’era la fuori e la sofferenza che gli dava. Come poteva farcela…..? Sentiva le lacrime scendere e bagnare la federa del cuscino ed i suoi singhiozzi volare nel buio della stanza. Aveva sempre sbagliato tutto, non riusciva a capire come girava il mondo; aveva pensato di ribellarsi al passato adottando Serlone. Ma cosa voleva fare? Sostituire un marito con un cane? Sentirsi indipendente perché aveva fatto quello che suo padre e suo marito le avevano sempre proibito? Alla fine aveva solo fatto il solito casino con l’aggravante di confermare la sua incapacità di vivere ed essere autonoma e di far del male a qualcuno che non aveva colpe e che era un povero cane. La porta della camera da letto si aprì e apparve il grosso cane. Si avvicinò con la sua andatura dondolante ed i muscoli che nella penombra si gonfiavano ad ogni passo. Arrivato vicino al letto si appoggiò con le zampe davanti sul letto e si alzò mostrandosi. “Serlone che fai?” gli chiese preoccupata. Poi vide che in bocca aveva il suo giocattolino, il pupazzo con la forma di rana. Lui lo appoggiò delicatamente accanto a lei e poi scese dal letto osservandola. Lei guardò il vecchio pupazzo sbavato e mezzo rotto prendendolo con due dita e tenendolo di fronte a lei e a Serlone. “Mi ha sentito piangere e ha pensato che ero triste, così mi ha portato il suo giocattolo per coccolarlo.” si disse. Lo guardò negli occhi.
“Piccoli Fiori non serve essere triste – penso lui – se ti stringi a Coso ti passerà tutto. Quando sono triste io gioco sempre con Coso. Se lo prendi tra i denti e lo butti all’aria vedrai che ti passa tutto….”
“Ho capito – disse lei a voce alta – non piango più. Vieni che ti coccolo” e incominciò a grattargli la testa. Lui si sdraio accanto al letto, dove la mano di lei arrivava a grattargli la pancia e si assopì. “Non lo riporto indietro – si disse lei -  lui ha sempre lottato contro tutti ed io farò come lui. Non mi ingabbierò nella paura. Devo avere coraggio, il suo coraggio e non arrendermi. Posso farcela da sola.” Mentre grattava la testa a Serlone si addormentò senza accorgersene e sognò che si stava preparando alla festa grande del paese, e che era felice. Il mattino dopo fecero colazione e lei decise di portare Serlone sulla spiaggia dove poteva fare i suoi bisogni senza rovinare le zucchine nell’orto. Lo prese e mettendogli la grossa corda al collo, attraverso la strada e si infilò nei vicoli delle case basse dei pescatori che arrivavano fino all’inizio della spiaggia. Una volta in spiaggia, visto che non c’era nessuno liberò Serlone che fino a quel momento le era venuto dietro preoccupato per tutti quegli odori strani che sentiva. Odori forte come la spazzatura sugli angoli della strada che doveva essere raccolta, l’odore intenso del sangue e delle interiora dei pesci lasciati dai pescatori, l’odore di urina di gatti e di cani che non aveva mai sentito. Sulla spiaggia Serlone rimase un po' sconcertato e lo preoccupò il fatto che lei lo liberasse, interrompendo quel continuo contatto che fino ad allora avevano avuto. Incominciò a camminare sentendo gli odori in quella terra morbida in cui le sue zampe affondavano. Poi si accorse che quel posto era enorme, vi era un sacco di spazio a destra e a sinistra e davanti aveva un enorme distesa di qualcosa che aveva un odore strano di acqua. Incominciò a correre senza sapere dove andare, solo perché ora si sentiva libero.
“Guarda Piccoli Fiori, guarda -  abbaiò -  è una gabbia tanto grande che non vedo nemmeno le pareti “ Arrivò in riva al mare ed osservò un’onda arrivare e scomparire in un rigoglio gioioso di schiuma “E’ acqua… , è acqua… – le abbaio – ma non si può bere. Vieni Piccoli Fiori, vieni che corriamo….” Lei lo osservava stupita per la gioia che provava nel correre in quell’enorme spazio. Lei non andava mai in spiaggia per la paura di trovare qualcuno che poteva chiederle del marito. Quella grande distesa la immalinconiva ed impauriva. La faceva sentire troppo sola, abbandonata a se stessa. Per lui era invece un mondo meraviglioso dove sentirsi libero e felice. “Era questa la differenza tra di loro: lui non aveva paura, non aveva paura a sbagliare e soffrire, per lui soffrire era naturale – si disse lei stupita - non era la sofferenza a definire la qualità della sua vita di cui lui vede solo le opportunità che scopriva oppure quanto gli dava un’emozione. Era per questo che si erano scelti, perché ognuno dava all’altro il senso della vita”. Serlone andava avanti e indietro, a volte si fermava a scavare una buca e subito rincominciava a correre abbaiando, oppure entrava in acqua e ne usciva di corsa correndo sulla spiaggia dove ad un certo punto si sdraio grattandosi la schiena, restò fermo a pancia all’aria qualche secondo e poi incominciò a correre di nuovo allontanandosi e tornando a cercarla in un andirivieni senza fine. “Serlone vieni qua” Lui la sentì e le corse incontro, poi vide un grosso ramo ed afferrandolo se lo portò dietro trascinandolo sulla sabbia. “Guarda Piccoli Fiori, guarda com’è grosso, vediamo se me lo prendi, dai prova a prenderlo” Le abbaiava seduto sulla sabbia come una sfinge con il ramo davanti a lui. “Ser, lascialo stare, dai vieni qua…” Lui si irrigidì. Davanti a lui, a meno di un centinaio di metri, apparve un cagnolino, un piccolo bastardino che stupito di vederlo, si fermò anche lui con una zampetta alzata. “Serlone – grido più forte lei - vieni qua , vieni …. Serlone”
Lui non le faceva caso, guardava solo il cagnolino, già immaginando di prenderlo di dietro per il collo, di sbatterlo a destra e sinistra per spezzargli il collo e poi di buttarlo in alto per piombargli addosso appena toccava terra. Lei si mise a correre nella speranza di raggiungerlo prima che lui si avventasse contro il piccolino. “Serlone, Serlone vieni qua, subito…” Ma lui sembrava non sentirla. Attendeva come il Padrone gli aveva insegnato che l’altro cane si avvicinasse abbastanza da non avere più scampo. Dietro al cagnolino apparve un uomo che osservò stupito Serlone pronto a scattare e a lei che correva per prenderlo. “Lo prenda in braccio -  gli gridò lei – prenda il suo cane in braccio se no il mio lo sbrana…” L’uomo sembrava non capire, ma guardando lei che correva concitata, si abbassò e con il braccio prese il cagnolino. “Serlone …. Serloneeee “ Gridava con tutto il poco fiato che aveva, affannata perché era la prima volta che correva negli ultimi quaranta anni e sentiva ancora addosso la debolezza dell’intervento. Le mancò la terra sotto i piedi. Qualcuno aveva scavato un canale e di fronte a lei c’era solo un metro di vuoto dentro a cui cadde a peso morto gridando.
Serlone sentì il suo grido. “Piccoli Fiori…” Pensò istintivamente voltandosi, ma non vedendola, si mise a correre verso la direzione dove l’aveva vista l’ultima volta. “Piccoli Fiori... “ abbaiava inquieto fino a che la vide accucciata in una fossa con un po' di sangue che le usciva dalla fronte che aveva battuto. Entro di corsa nel canale e con le zampe le sali addosso leccandola “Serlone, sto bene sto bene “ diceva lei mentre con un fazzoletto tamponava la fronte e lo stringeva agganciando la corda alla sua pettorina. Lui era felice che fosse li. L’aveva persa un’ attimo e si era preoccupato, ora si faceva stringere da lei leccandole le mani ed il collo. “Dai andiamo, aiutami ad uscire” fece lei alzandosi e guardando preoccupata il bordo del canalone. Lui non ci penso due volte e piantando i piedi incominciò a risalire il canalone tirandosela dietro a forza. Arrivati in cima trovarono davanti il signore con il cagnolino che li osservava stupito “Va tutto bene?” “Si, si - rispose lei sbrigativamente – tenga lontano il suo cucciolo che il mio cane è un killer” L’uomo guardando gli occhi di Serlone che fissavano il suo cagnolino con intenzioni omicida lo allontano da lui e precisò “Non è il mio cane. Me lo ha dato mia figlia per tenerlo una settimana mentre è in ferie. Io non sono pratico. Si è fatta male?” “No, niente di particolare “ “Le posso offrire qualcosa? un caffè così magari si tira su? io ne ho bisogno a vedere la sua corsa mi sono preoccupato” “La ringrazio” fece lei dolorante e indecisa. “Ci dev’essere un bar qui vicino, ci andavo sempre con mia moglie. In effetti volevo passarci per ricordare quando andavo li con lei. Ora purtroppo è mancata ed è la prima volta che torno qui da anni.” Lei lo guardò sott’occhi. Capì che per lui quella spiaggia era quello che era stata per lei la prima volta che Serlone si era messo a correre: un luogo dove sentirsi soli e abbandonati. Ed anche l’invito che lui gli aveva fatto, non era per farsi perdonare una colpa che non aveva, voleva solo darle quanto per lui contava moltissimo, come il ricordo di un giorno felice; aveva fatto come Serlone con il pupazzetto, le aveva dato qualcosa che per lui era importantissimo anche se per lei non aveva alcun valore. Anche lui era come loro. Solo che non aveva ancora capito che nella vita non devi aver paura di soffrire; ogni momento è una lotta e non bisogna arrendersi per la paura di farsi male. Questo aveva capito quando Serlone nella gabbia si era alzato al suo richiamo. Se fosse vissuto nella malinconia e nella paura del fallimento come viveva lei prima di incontrarlo, sarebbe rimasto nascosto nel suo angolo buio. Lui però era un lottatore e aveva capito che se qualcuno può meritare la tua fiducia, non devi aver paura a dargliela anche se questo potrebbe voler dire soffrire. Era questo che le aveva insegnato. “Magari un caffè – disse lei sorridendo - così mi pulisco la ferita. Tenga il suo cane però in braccio, il mio potrebbe fare il birichino” “Non si preoccupi – disse lui sorridendo – sta tremando dalla paura. È una femmina” “Allora forse la può far scendere, perché Serlone attacca solo i maschi. Ma faremo la prova più tardi” Fu lui a sorridere pensando che ci sarebbe stato un “più tardi”, perché in fondo aveva paura a restare solo in quella spiaggia. “Va bene – fece contento - dovrebbe essere da quella parte” Lei lo seguì chiedendogli il nome e lui rispose sorridendo mentre la cagnetta nelle sue braccia seguiva curiosa i movimenti di Serlone. Lei pensò che quell’uomo era un tipo troppo diverso da lei perché venisse fuori qualcosa, ma a veder Serlone per strada avrebbe detto che non sarebbe mai stato il suo cane; forse bisognava vedere e giudicare le persone per quello che avevano dentro, non per quello che sembrano. Aveva fatto così con il suo cagnone, erano stati i suoi occhi a dirgli che era il cane giusto per lei. Ormai il tempo della paura era finito, Serlone le aveva dato la sua forza e lei sentiva che poteva essere ancora felice come a lui quando correva sulla spiaggia. Serlone vide che si muovevano e si mise dietro di loro seguendoli sicuro, legato al guinzaglio con la sua andatura dinoccolata da lottatore, come fa un vero capobranco quando il suo branco si muove.
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pangeanews · 5 years
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Il libro introvabile di Umberto Eco. Prima di infilarsi in un’abbazia medioevale, il semiologo ha rivoluzionato il sistema scolastico. Proponendo una biblioteca infinita per i bimbi delle scuole elementari
Un rapace risultato la fiction l’ha ottenuto. Tiepido. Ma tangibile. Il nome della Rosa è tornato in classifica: posizione 18 nella ‘Narrativa italiana’, posizione 34 in assoluto. Mai come Elena Ferrante (4 libri tra i primi dieci nella classifica degli italiani). Non che ne avesse bisogno: Il nome della Rosa, che l’anno prossimo compie quarant’anni di vita, fa parte del ristretto club di libri sempreverdi: ha venduto oltre 50 milioni di copie, come rari libri buoni – Lolita, Il giovane Holden – e parecchi osceni – Il Codice Da Vinci, L’Alchimista.
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Prima di fare ingresso in una abbazia del Trecento – piena, più che di monaci, di polli editoriali dalle uova d’oro – tuttavia, Umberto Eco s’era infiltrato nelle scuole elementari, finendo, ovviamente, per smarrirsi in una libreria babelica, infinita.
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Il libro introvabile di Umberto Eco, certamente più attuale del Nome della Rosa, s’intitola I pampini bugiardi – sottotitolo: “Indagine sui libri al di sopra di ogni sospetto: i testi delle scuole elementari” – lo ha pubblicato l’editore Guaraldi nel 1972, ed è l’atto con cui l’illustre semiologo – aveva da poco pubblicato L’industria della cultura con Bompiani e ispirato la nascita del Dams – sculaccia, anzi, disintegra il sistema educativo italico.
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In realtà, Eco firma l’introduzione di uno studio compiuto da Marisa Bonazzi, che squaderna le antologie in uso all’epoca nelle scuole elementari, dimostrando come i baby venissero allevati in batterie ottocentesche, secondo uno stile moralista grottesco. Eco non si risparmia in salutari scudisciate. “Il ragazzo viene educato a una realtà inesistente… quando i problemi, e la risposta che ne viene fornita, concernono la vita reale, essi sono posti e risolti in modo da educare un piccolo schiavo, preparato ad accettare il sopruso, la sofferenza, l’ingiustizia, e a dichiararsene soddisfatto. I libri di testo dicono insomma delle bugie, educano il ragazzo a una falsa realtà, gli riempiono la testa di luoghi comuni, di platitudes, di atteggiamenti codini e acritici. Quel che è peggio, compiono quest’opera di mistificazione attenendosi ai più vieti cliché della pedagogia repressiva ottocentesca, per pigrizia o incapacità dei compilatori”.
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Riformare l’educazione? Macché: rifondarla. Ma neanche. Distruggerla. Le parole di Eco riecheggiano quelle di Giorgio Colli, l’accademico eretico (“L’educazione dev’essere sottratta all’Università. La scuola non può essere riformata, ma solo combattuta”) e quelle di Maurice Blanchot che nei filosofi servi delle Università, cioè del sistema statale, asserviti al linguaggio del ‘comunicare’ e del ‘far capire’ e del ‘produrre’ – al posto di indirizzare verso l’ignoto, l’inesauribile e l’inafferrato – vedeva dei vili, dei traditori della sapienza.
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Con brutale lucidità Eco, Guglielmo da Baskerville scatenato tra i pedanti architetti del sistema scolastico – da prendere a pedate – capisce che la scuola è il pollaio dei consumatori, il ventre che partorisce schiavi: “si può riconoscere in tali testi lo strumento più adeguato di una società autoritaria e repressiva, tesa a formare sudditi, uomini dal colletto bianco, folla solitaria, integrati di ogni categoria, esseri a una dimensione, mutanti regressivi pre-gutenberghiani… Questi libri sono manuali per piccoli consumatori acritici, per membri della maggioranza silenziosa, per qualunquisti in miniatura, deamicisiani in ritardo che fanno elemosina a un povero singolo e affamano masse di lavoratori col sorriso sulle labbra e l’obolo alla mano”.
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Non è ancora così? La scuola dovrebbe essere liberatoria, un cantiere della creatività non il cratere delle convenzioni, la burocrazia del noto, per diventare notabili nel tedio. A scuola s’impara il sé, grazie al quale (e in virtù del quale) si riesce ad apprendere un mestiere – e il mestiere è l’esercizio concreto del talento, la vita, insomma, la soddisfazione di trarre una forma dal nulla, qualunque essa sia – che sia una sedia o un libro o una protesi – mica la cosa che bisogna fare per guadagnare soldi da spendere.
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La risposta di Eco al disastro scolastico è affascinante. Al deserto culturale, alla scuola a senso unico – mentre dovrebbero proliferarne a migliaia, di scuole, ciascuna con un progetto educativo diverso, vero – si risponde con la biblioteca infinita, con l’avventura della lettura, con la meraviglia e l’assalto. “Il problema non è di fare dei libri di testo «migliori»: il problema è di fornire a bambini e insegnanti biblioteche scolastiche talmente ricche e una tale disponibilità alla realtà (quella dei giornali, della vita di tutti i giorni) che l’acquisizione di nozioni veramente utili avvenga attraverso una libera esplorazione del mondo, la lettura dei giornali, dei libri di avventure, degli stessi fumetti (e perché no, letti, criticati insieme, e non letti di nascosto e per disperazione, visto che i libri ufficiali di lettura sono quello che sono), dei manifesti pubblicitari, dei rendiconti di vita quotidiana forniti dagli stessi allievi…”.
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Senza organizzare ‘chiavi di lettura’ del mondo, lasciamo che siano i ragazzi a spalancarci il loro mondo. I libri, in questo caso, sono caleidoscopi, binocoli, pontili da cui decolla il deltaplano. Nella realtà ci si avventa, non si tentenna, e il libro si morde non è vieto esercizio d’educazione o di erudizione – certi hanno ancora paura: se gli studenti pensano, al posto di obbedire ai diktat di mercato, è un problema. (d.b.)
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mir-stuff · 3 years
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#Argentina #América #Elecciones2021: #Elección de #PreCandidatos a #Concejales y #ConsejerosEscolares de #RivadaviaPrimero. Será este #Sábado y #Domingo, éstos son los #Candidatos a #Concejales; Macelo Bitanga, Maricel Botasso, María Graciela Carmona, Natalia Caro, Yamil Iturrat, María Cecilia Leiva, Julia Monasterio, Leonardo Paterno, Magalí Pérez, Leandro Piorno y Marisa Repetto. #Candidatos a #ConsejerosEscolares: Lorena Argüello, Víctor Lo Bianco, Célica Montané y Angélica Sebastián. (en Fotografía Mirtha Muhs) https://www.instagram.com/p/CRX6WxqtxSC/?utm_medium=tumblr
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fashionbooksmilano · 6 years
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Bulgari Serpenti Collection
Marion Fasel
Assouline , New York 2013, 200 pages
euro 100,00*
La preziosa antologia ripercorre 70 anni di storia del talismano nelle collezioni Bulgari, dai primi bracciali a maglia Tubogas degli anni 40, agli straordinari modelli di orologi realizzati con Jaeger-LeCoultre, fino a schizzi e disegni di bijoux inediti. Le 80 immagini, di cui 10 in bianco e nero, ritraggono invece alcune bellissime donne, come Veruschka, Benedetta Barzini, Julianne Moore, Rachel Weisz, lascivamente avvolte nei preziosi gioielli a spirale con diamanti e rubini, che si lasciano sedurre in pose voluttuose dal rettile con gli occhi di diamante. Nel volume, la storica del gioiello Marion Fasel racconta anche come il seducente serpente sia diventato un simbolo eterno della casa di gioielli. A partire dagli evidenti richiami pittorici. Basti pensare alla Medusa di Gian Lorenzo Bernini del 1636, al dipinto «Igea» di Klimt, fino ai bracciali con contorsioni d’oro del I secolo rinvenuti a Pompei. Anche nella mitologia antica la simbologia del rettile trionfa. La dea Afrodite indossa un braccialetto a forma di serpente sinuoso e curvilineo, una biscia avvolge il bastone del dio Esculapio, simbolo della medicina, mentre l’imperatore romano Tiberio usava serpi velenose come guardie. Ma è Cleopatra, la regina d’Egitto, la reincarnazione della dea Iside, ad ispirare la collezione della maison. Il diadema della mangiatrice d’uomini, un cobra in posizione eretta, è l’emblema del potere dell’Antico Egitto, mentre i preziosi, intriganti bracciali a spirali d’oro inducono in tentazioni peccaminose. Nel celebre kolossal «Cleopatra», Liz Taylor ne incarna il mito, indossando gli splendidi gioielli sul set. «L’unica parola che Liz Taylor conosce in italiano è Bulgari» disse una volta Richard Burton, spiegando la liaison amorosa tra la maison orafa e l’attrice. Recentemente, molte altre celebritiessi sono cinte i polsi con gli snodati, avvolgenti e morbidi bijoux a forma di cerchio. Nel film «Affari d’oro», Bette Midler sfoggia un orologio-cobra, ne «Il diavolo veste Prada» al polso di Meryl Streep brilla un snake-jewel in acciaio, mentre lo scrittore Philip Roth ha regalato un timepiece con la testa in smeraldo alla moglie Claire Bloom.
Since the 1940s, with the creation of bracelet-watches in the form of a snake, the serpent has been one of Bulgari’s most emblematic and eternal symbols. Representing everything from birth, rebirth, beauty, sex appeal, and wisdom in Greek mythology and Roman civilization, the snake motif also alludes to founder Sotirio Bulgari’s Greek heritage and adopted home of Rome. This new tome explores the Serpenti collection’s rich heritage, distinguished elegance, and status as one of the Roman jewelry house’s contemporary icons. Featuring imagery of Elizabeth Taylor, who famously sported a serpent-shaped watch while filming Cleopatra in 1962; Marisa Berenson; and Diana Vreeland, who, in one of her legendary Vogue memos, declared her fascination for the snake motif, this oversize book speaks to the timelessness, sensuality, and beauty of Bulgari’s Serpenti collection.
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spinebookstore · 4 years
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🔵🔴⚫ 𝗦𝗽𝗶𝗻𝗲 𝗰𝗼𝗹𝗼𝘂𝗿𝗶𝗻𝗴 𝗮𝗿𝘁. Illustratori da colorare #acasatua.
https://www.lorenzanatarella.com/
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Le giornate passano lente, e tutti quanti restiamo in casa con il lavoro da svolgere e le faccende da sbrigare. Abbiamo pensato quindi che la distrazione più adatta alle nostre passioni, oltre a quella di leggere libri e fumetti, può essere quella di disegnare. Perché allora non unire le due operazioni con dei disegni d’autore da colorare, per i nostri piccoli o anche per noi bambini adulti? Stiamo chiedendo ad alcuni #fumettisti e #illustratori italiani amici di donarci un loro #disegno, inedito o già pubblicato, nella sua versione primaria in bianco e nero da stampare e colorare facilmente a casa per dare sfogo alla nostra vena da artisti casalinghi o a quella dei nostri piccoli pasticciatori. Posteremo sui nostri canali una serie di disegni in download gratuito e in formato A4, da stampare con una qualsiasi stampante casalinga e colorare con i colori che più vi piacciono.  Qui sotto la lista completa, in continuo aggiornamento e con il link al file.
▶ SILVIA ROCCHI  ▶ Free download 
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▶ ALESSIO SPATARO ▶ Free download 
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▶ CARLA INDIPENDENTE ▶ Free download 
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  ▶ ANTONIO “HOLDENACCIO” ROSSETTI ▶ Free download
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▶ ISABELLA BERSELLINI ▶ Free download
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▶ SILVIA SCHNEIDER ▶ Free download
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▶ GIULIA ROSA ▶ Free download
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▶ MASSIMILIANO DI LAURO ▶  Free download
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▶ DAVIDE BARONI ▶ Free download
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▶ CECILIA CAMPIRONI ▶ Free download
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▶ VALENTINA LORIZZO “VALORIZE” ▶ Free download
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▶ LUIGI LEUCE ▶ Free download
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▶ SALVATORE GIOMMARRESI ▶ Free download   
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▶ ELEONORA ANTONIONI ▶ Free download
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▶  MARCO CORONA ▶ Free download
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▶ NADIA GELSOMINA ▶ Free download
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▶ GRINFOL ▶  Free download ▶  Free download
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▶  MIRIAM TRITTO ▶  Free download
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▶  ALE MOMENTANEAMENTE ▶  Free download
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▶ TOMMASO ARMENISE ▶ Free download
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▶ MARISA LIUZZI ▶ Free download
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▶ PIETRO SCARNERA ▶ Free download   
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▶ LORENZA NATARELLA ▶ Free download
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▶ PAOLA ROLLO ▶ Free download
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▶ ALICE PASOTTI ▶ Free download
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▶ MICHELE ZANGIROLAMI ▶ Free download
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metaforum-it · 6 years
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Sulla violenza ancora
“Il 25 novembre, giornata contro la violenza maschile sulle donne, ci sarà a Roma la manifestazione nazionale di Non Una Di Meno e la presentazione del Piano femminista contro la violenza maschile sulle donne e tutte le forme di violenza. Il Gruppo del Mercoledì lavora da tempo sulla violenza e i suoi differenti codici. Questo è un momento della riflessione che vogliamo allargare ad altre, altri.
SULLA VIOLENZA, ANCORA
Uccidere è decidere della vita e della morte di un essere umano. Lo ha fatto Vincenzo Paduano, ventisette anni, quando si è servito di una tanica di benzina per bruciare Sara Di Pietrantonio; l’hanno decretato i massacratori del Bataclan ricaricando, come nei film americani, le armi tre volte. L’azione dell’uno e quelle degli altri non sono sovrapponibili. L’unicità è data dalla parola violenza che tuttavia copre fenomeni differenti. Almeno per il modo in cui si impossessa della nostra quotidianità.
“””””””””””””””” Dominare un essere umano di sesso femminile; immaginare di tenere in pugno prigionieri, ostaggi, etnie, gruppi religiosi, oppositori politici, comunità, collettività di uomini, donne, bambini, famiglie che passeggiano nelle strade, nei mercati, nei luoghi turistici. In Spagna, Belgio, Australia, Somalia, Nigeria, Cameron, Iraq, Siria. E dall’elenco mancano certo molti nomi. Ci sono somiglianze e differenze, affinità e distanze incommensurabili tra chi uccide per “troppo amore” e chi per avere una contabilità dei morti. Emanuele Severino ha tagliato corto: “Il giovane terrorista che si sente emarginato dalla società sempre più complessa, è portato a vendicarsi in modo analogo a quello del maschio che si trova respinto”.
“””””””””””””””” C’è anche una violenza bellica più lontana, che investe “a pezzetti”, come dice il Papa, l’intero pianeta. Una guerra senza le antiche passioni eroiche dell’onore maschile, spesso indecifrabile, nella quale, ai soldati – e soldatesse – degli eserciti nazionali professionali, si mescolano i “contractors” nuovi mercenari, gli interessi di Stati e poteri economici globali, le passioni di popoli e sette religiose. Le vittime civili e i profughi si contano a milioni. Migliaia ogni anno muoiono nei nostri mari. Lo vediamo nelle tragedie dei migranti, nell’odio che suscitano, mascherato dietro l’ambiguo criterio della “sicurezza”.
“””””””””””””””” C’è una violenza verso la natura e l’ambiente. Le isole di plastica negli oceani, lo smog che avvolge interi continenti e soffoca le città, il clima impazzito che mette sempre più a rischio la vita degli umani, di metà delle specie di piante, di un terzo degli animali. Il furto di futuro verso chi verrà dopo di noi è violenza. L’uomo che governa gli Usa ha stracciato gli accordi sulla diminuzione delle emissioni. E gli altri paesi, anche quelli firmatari, non li rispettano. L’Italia è un paese fragilissimo. Potremmo essere noi, nei prossimi anni, i futuri profughi ambientali.
“””””””””””””” Sottrarre la vita è la forma estrema di quella violenza che si diffonde con analogie, contiguità e differenze profonde. Eppure, il rumore dei passi, di notte, sulla strada, ci provoca un sentimento di incertezza simile a quello che proviamo nel salire sul treno il giorno dopo un attentato. Una guerra non proprio dichiarata. Eppure, al di là di una parola che ne racchiude tante, chi pratica la violenza? I massacratori di umanità, come i nemici della sessualità femminile lasciano – generalmente – un’impronta maschile. “La responsabilità della violenza agita è degli uomini e gli uomini ne sono totalmente responsabili” (Marisa Guarneri). Possiamo azzardare che gli uomini tolgono la vita, aiutati da una strumentazione tecnica mortifera, perché vivono il loro corpo, e quello altrui, nel segno patriarcale del possesso e della disponibilità illimitata, comune alle diverse tradizioni culturali? Possiamo azzardare che questo avviene perché non sono in grado direttamente di generare la vita?
“””””””””””””” Tuttavia, non tutti gli uomini sono assassini. E/o carnefici. Non intendiamo crocifiggere un sesso che forse comincia a vedere e a rifiutare i comportamenti aggressivi. I comportamenti di una sessualità, quella maschile “fatta di amore e violenza” (Lea Melandri).
“””””””””””””””””””””””” Nella sessualità maschile c’è sempre, in primo piano, la questione del potere. Un legame cruciale, quello tra sesso, potere e denaro che da anni abbiamo denunciato (“Sesso potere denaro” convegno dell’ottobre 2009 indetto da Maria Luisa Boccia, Ida Dominijanni, Tamar Pitch, Bianca Pomeranzi e Grazia Zuffa). Ben evidenziato nella lettura del sexygate di Berlusconi (Ida Dominijanni), oggi troppo poco nominato. Il potere gli uomini lo esercitano sulla carne femminile, screditando (Rebecca Solnit) la parola delle donne. La tipologia non varia molto: insegnante-allieva; produttore-attrice; direttore-impiegata; caporeparto-operaia. “La voglia maschile di affermare la propria potenza sessuale è esplicita. Una virilità connaturata con il potere” (Edoardo Albinati). Finisce che i reprobi vengono cacciati dai loro simili che, in questo modo e contemporaneamente, si autoassolvono. D’altronde “Io non l’ho mai fatto”.
“””””””””””””””””””””””” Anche le donne non sono tutte da una sola parte: delle vittime, o delle indignate e solidali con le vittime; comunque innocenti, estranee alla violenza. Vi sono anche quelle che gli hanno dato “uno schiaffo”; quelle che hanno “sbattuto la porta”. Quelle che “se l’è cercata” e quindi pretendono prove certe, nero su bianco. Complicato muoversi in un gioco che è non solo di potere ma anche di seduzione. “ Vogliamo piacere, ma non è detto che vogliamo fare l’amore” (Cate Blanchett). Comunque, l’ondata di testimonianze, confessioni, denunce innescate dal #Me Too ha messo sotto gli occhi lo squilibrio che esiste nel rapporto tra i sessi.
“””””””””””””” Questa sorta di planetaria presa di parola non è una vendetta o un’invenzione isterica. Succede però che abbia esiti imprevisti. La gogna mediatica, certo. E una divisione che vede da un lato i carnefici, dall’altra le vittime. Le vittime, notoriamente, essendo vulnerabili, hanno bisogno di protezione. La protezione è la legge, unico strumento in grado di mettere un freno al potere. E pazienza se la libertà si riduce. Comunque, non è una legge, una condanna in tribunale che può fare giustizia tra uomini e donne. “Una lira” fu la richiesta di Tina Lagostena Bassi nel processo per stupro di Latina del 1978: “Non ci interessa la condanna. Noi vogliamo che in quest’aula ci sia resa giustizia, che è cosa diversa. Chiediamo che anche nelle aule dei Tribunali, e attraverso ciò che avviene nelle aule dei Tribunali, si modifichi la concezione socio-culturale del nostro Paese, si cominci a dare atto che la donna non è un oggetto”.
“”””””””””””””” Abbiamo scommesso sulla nostra capacità di “mettere al mondo il mondo”. Ed è questa la politica che ci interessa, che con altre continuiamo a praticare. Ma attualmente si fa sentire più forte la tendenza a restringere lo sguardo, ad aggrapparci “ai nostri temi”, concentrati sul corpo femminile, racchiusi nel grembo materno. Contrastare la violenza significa saper uscire dal perimetro del nostro corpo e del corpo materno. Usare ragione e sentimento per non ripetere le forme e i modi della sopraffazione, incominciando dal linguaggio.
“”””””””””””””” La violenza è sempre in agguato per danneggiare i nostri discorsi. Se permettiamo che vi si insinui quel virus, avremo compromesso la possibilità stessa di una trasformazione della vita che parla di desiderio, conflittualità, ricchezza delle relazioni. Per questo dobbiamo avere cura delle parole che scegliamo.
“”””””””””””””” La violenza non si contrasta se ci isoliamo. Si contrasta con le relazioni che sono il collante del legame sociale. Nessuna causa, pur giusta, legittima il gesto di uccidere. Avversare la violenza significa avere un’attenzione e un’apertura: a sé, all’altro/altra, al mondo e alla terra in cui viviamo, alle forme di convivenza un quotidiano pensiero per l’altro, l’altra. Prendersi cura è già politica.”
Il Gruppo del Mercoledì (Fulvia Bandoli Maria Luisa Boccia Elettra Deiana Letizia Paolozzi Bianca Pomeranzi Bia Sarasini Stefania Vulterini)
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wineandotherstories · 4 years
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🍷WINE AND OTHER STORIES BLOG🍷 In 1958 the most iconic Italian song “Volare” was released. Interpreted by Domenico Modugno, and written by Franco Migliacci. Few people know that the song was inspired by Marc Chagall and… wine. Let me tell you the story. Paired with the splendid “Fiorduva” Furore Bianco by Marisa Cuomo
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Selective Serotonin Reuptake Inhibitors (SSRI’s) increase the brain’s ability to restructure itself, allowing for change. The project Serotonin visually represents my process of reconstruction and change by narrating my recovery from anxiety. The images feature different moments from the past months. They begin distorted and out of focus, representing the way I see the world under the cloud of anxiety. As the images progress, they become sharper and more clear. This progression represents the way SSRI’s have allowed me to interact in the world without the distortions of severe anxiety. In this respect, Serotonin is a visual experiment in the reconstruction of myself.
Marisa Bianco
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RECORDING ACADEMY™ AND REPUBLIC RECORDS REVEAL 2019 GRAMMY® NOMINEESALBUM TRACK LISTING
LATEST INSTALLMENT OF THE BEST-SELLING SERIES FEATURES 22 HITS FROM THE WORLD'S BIGGEST SUPERSTARS AND EMERGING ARTISTS 2019 GRAMMY® NOMINEES ALBUM HITS STORES AND DIGITAL RETAILERS JAN. 25 ALBUM PRE-ORDER AVAILABLE NOW AT2019GRAMMY.COM; FANS CAN WIN A TRIP TO MUSIC'S BIGGEST NIGHT® SANTA MONICA, CALIF. (JAN. 11, 2019) — The Recording Academy™'s GRAMMY Recordings® and Republic Records have revealed the track listing for the 2019 GRAMMY® Nominees album. Set for release on Jan. 25 in stores and via digital retailers, the latest installment of the best-selling series—now in its 25th year—features a collection of top-charting hits from many of this year's illustrious GRAMMY-nominated artists. A portion of album proceeds will benefit the year-round work of the GRAMMY Museum® and MusiCares®—two charitable organizations founded by the Recording Academy that focus on music education programs and critical assistance for music people in need. The 2019 GRAMMY Nominees album features 22 hits from the world's top recording artists and emerging talent, including Record Of The Year nominees Cardi B, Bad Bunny & J Balvin; Brandi Carlile; Childish Gambino; Drake; Lady Gaga & Bradley Cooper; Kendrick Lamar & SZA; Post Malone featuring 21 Savage; and Zedd, Maren Morris & Grey. "The artists highlighted on this year's album represent the overall diversity of the artists being recognized as 2019 GRAMMY nominees," said Neil Portnow, President/CEO of the Recording Academy. "We are very grateful to partner with Republic Records to release this impressive collection of songs, and to raise funds and awareness for the GRAMMY Museum and MusiCares—the two philanthropic organizations of the Recording Academy dedicated to supporting our musical culture and music creators." "This year's 2019 GRAMMY Nominees album is a testament to an incredible year in music," said Monte Lipman, founder and CEO of Republic Records. "It’s an honor to work alongside the Recording Academy and support these two important charities in the artist community." Music fans can log on to 2019GRAMMY.com to pre-order the album and enter for a chance to win a trip for two to the 61st Annual GRAMMY Awards® on Sunday, Feb. 10, at STAPLES Center in Los Angeles. The 61st Annual GRAMMY Awards telecast will be broadcast live on the CBS Television Network at 8 p.m. ET/5 p.m. PT. *No purchase necessary to enter or win. Visit 2019GRAMMY.com for details and eligibility requirements. 2019 GRAMMY Nominees Album Track List 1.         JANELLE MONÁE            "Make Me Feel"             Album Of The Year 2.         CARDI B, BAD BUNNY & J BALVIN            "I Like It"             Record Of The Year             Album Of The Year 3.         KENDRICK LAMAR & SZA            "All The Stars"            Record Of The Year            Album Of The Year 4.         DRAKE            "God's Plan"             Record Of The Year             Album Of The Year 5.         ZEDD, MAREN MORRIS & GREY            "The Middle"            Record Of The Year            Best Pop Duo/Group Performance 6.         KACEY MUSGRAVES            "Slow Burn"            Album Of The Year 7.         POST MALONE FEAT. 21 SAVAGE           "rockstar"            Record Of The Year            Album Of The Year 8.         H.E.R. FEAT. DANIEL CAESAR            "Best Part"             Album Of The Year     9.         CHILDISH GAMBINO            "This Is America"             Record Of The Year 10.       BRANDI CARLILE            "The Joke"            Record Of The Year            Album Of The Year 11.       LADY GAGA & BRADLEY COOPER            "Shallow"             Record Of The Year             Best Pop Duo/Group Performance 12.       ARIANA GRANDE            "God Is A Woman"            Best Pop Vocal Album 13.       CAMILA CABELLO FEAT. YOUNG THUG            "Havana"             Best Pop Vocal Album 14.       TAYLOR SWIFT             "Look What You Made Me Do"             Best Pop Vocal Album 15.       SHAWN MENDES            "In My Blood"             Best Pop Vocal Album 16.       KELLY CLARKSON            "I Don't Think About You"             Best Pop Vocal Album 17.       P!NK            "Beautiful Trauma"            Best Pop Vocal Album 18.       JUSTIN TIMBERLAKE FEAT. CHRIS STAPLETON            "Say Something"            Best Pop Duo/Group Performance 19.       MAROON 5 FEAT. CARDI B            "Girls Like You"             Best Pop Duo/Group Performance 20.       CHRISTINA AGUILERA FEAT. DEMI LOVATO            "Fall In Line"             Best Pop Duo/Group Performance 21.       BACKSTREET BOYS            "Don't Go Breaking My Heart"             Best Pop Duo/Group Performance 22.       TONY BENNETT & DIANA KRALL             "'S Wonderful"             Best Pop Duo/Group Performance ABOUT THE RECORDING ACADEMY The Recording Academy represents the voices of performers, songwriters, producers, engineers, and all music professionals. Dedicated to ensuring the recording arts remain a thriving part of our shared cultural heritage, the Academy honors music's history while investing in its future through the GRAMMY Museum, advocates on behalf of music creators, supports music people in times of need through MusiCares, and celebrates artistic excellence through the GRAMMY Awards—music's only peer-recognized accolade and highest achievement. As the world's leading society of music professionals, we work year-round to foster a more inspiring world for creators. For more information about the Academy, please visit www.grammy.com. For breaking news and exclusive content, follow @RecordingAcad on Twitter, "like" Recording Academy on Facebook, and join the Recording Academy's social communities on Instagram, Tumblr, and YouTube. ABOUT REPUBLIC RECORDS A division of Universal Music Group, the world's leading music company, Republic Records is home to an all-star roster of multi-platinum, award-winning legends and superstar artists such as Ariana Grande, Black Sabbath, Florence + the Machine, Hailee Steinfeld, James Blake, James Bay, John Mellencamp, Julia Michaels, Kid Cudi, Liam Payne, Of Monsters and Men, Post Malone, Seth MacFarlane, Stevie Wonder, Taylor Swift and more. Founded by brothers and chief executives Monte and Avery Lipman, it is also comprised of innovative business ventures, including American Recordings (The Avett Brothers), Boominati Worldwide (Metro Boomin), Brushfire (Jack Johnson), Casablanca Records (Tïesto), Cash Money (Drake, Jacquees, Nicki Minaj), Hollywood Records (Sofia Carson, Zendaya), Lava Records (Greta Van Fleet, Jessie J, Lorde), Monkeywrench (Pearl Jam), XO (The Weeknd, Belly, NAV), Young Money (Drake, Lil Wayne, Nicki Minaj), Roc Nation (Jaden Smith, Justine Skye, The Dream), among others. Republic also maintains a long-standing strategic alliance with country powerhouse Big Machine Records, and Universal Music Latin Entertainment.  In addition, Republic has expanded to release high-profile soundtracks for Universal Pictures (Fifty Shades of Grey, SING), Fox TV (Lee Daniels' STAR, The Four), and NBC TV (The Voice), as well as other notable film and television franchises. CONTACTS Christina Cassidy Communications Director T. 310.581.8670 [email protected] Marisa Bianco VP, Media, Republic Records T. 212.331.2030 [email protected]
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micromondi · 7 years
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#DisplayMarisa (20 aprile 2017)
Nel pomeriggio del 20 aprile 2017, al MLAC - Museo Laboratorio di Arte Contemporanea della Sapienza si è aperta la mostra Lo studio di Marisa Volpi. Arte critica scrittura. Dedicata alla storica dell’arte, scrittrice e docente di Storia dell’arte contemporanea Marisa Volpi (1928-2015), la mostra vuole ricostruire la figura di questa donna geniale, che ha intrecciato lo studio dell’arte classica e moderna, la critica militante, l’insegnamento e la scrittura narrativa.  Le curatrici Antonella Sbrilli, Maria Stella Bottai e Michela Santoro - tutte allieve di Volpi alla Sapienza - in collaborazione con le nipoti Caterina e Paola e con il direttore del MLAC Claudio Zambianchi, hanno scelto di allestire nel museo una ricostruzione parziale del vero “studio” di Marisa Volpi. Così nella sala del museo sono stati sistemati i mobili e le testimonianze della vita e dell’attività di Volpi, trasformando lo spazio in un set, in una citazione immersiva, che richiama in piccolo l’esperienza e l'atmosfera della casa originale.
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Foto di Carlotta Barillà
“Lo studio di Marisa Volpi è un luogo del pensiero e la testimonianza di uno stile. Lo stile è quello del design moderno e minimale: un tavolo Saarinen ovale, le sedie Breuer, la lampada Arco di Castiglioni, un tappeto sardo, in un salone luminoso all’ultimo piano di un palazzo in via Panama, a Roma” si legge nel sito dedicato alla studiosa. "Il pensiero è quello che si è esercitato giorno dopo giorno in quello spazio, fra i cataloghi d’arte, le opere degli artisti, le risme di fogli per i saggi e i quaderni neri su cui Marisa Volpi scriveva le prime versioni dei suoi racconti e dei diari. La mostra al Mlac di Roma ha come fulcro la ricostruzione parziale di questo ambiente e il tavolo bianco a sua volta ne è il centro. Intorno a questo tavolo, gli ospiti dell’inaugurazione hanno preso letteralmente e idealmente posto per ascoltare i ricordi e le letture e prendere un tè rituale, che unisce presenti e assenti nella continuità dello studio”.
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Lo studio com’era; lo studio ricostruito al MLAC; lo studio durante l’inaugurazione
Ricostruzione, immersività, re-enactement ideale di una vita trascorsa a studiare, a scrivere, a insegnare, sono i criteri che informano questa mostra, aperta fino al 15 maggio 2017 e a cui partecipano attivamente allieve e allievi dei corsi di Studi storico-artistici e di Storia dell’arte della Sapienza.
Per seguire le iniziative sui social e gli eventi della mostra: Twitter: @artedescritta #DisplayMarisa Facebook: pagine Diconodioggi e Lo studio di Marisa Volpi www.marisavolpi.it/eventi
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